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S O C I E TÀ D A N TE S CA I TALI A NA Centro di Studi e Documentazione Dantesca e Medievale QUADERNO 9 Brilli, Landino apologeta. Dante e Firenze col senno di poi. In: Per Cristoforo Landino lettore di Dante, a c. di LORENZ BÖNINGER e PAOLO PROCACCIOLI, Firenze, Le Lettere, 2016 (ma 2017), pp. 13-40. Anteprima parziale. PER CRISTOFORO LANDINO LETTORE DI DANTE Il contesto civile e culturale, la storia tipografica e la fortuna del Comento sopra la Comedia Atti del Convegno internazionale Firenze 7-8 novembre 2014 a cura di LORENZ BÖNINGER e PAOLO PROCACCIOLI Le Lettere Copyright © 2016 by Casa Editrice Le Lettere – Firenze ISBN 978 88 6087 975 2 www.lelettere.it Brilli, Landino apologeta. Dante e Firenze col senno di poi. In: Per Cristoforo Landino lettore di Dante, a c. di LORENZ BÖNINGER e PAOLO PROCACCIOLI, Firenze, Le Lettere, 2016 (ma 2017), pp. 13-40. Anteprima parziale. ELISA BRILLI LANDINO APOLOGETA: DANTE E FIRENZE COL SENNO DI POI È nota la scarsa affidabilità del Comento di Cristoforo Landino se considerato dal «punto di fuga del luogo dantesco»: l’adozione di questa prospettiva, in effetti, non può che fare torto all’opera di Landino e costringere a registrare, da un lato, la vasta dipendenza contenutistica delle sue chiose dai commenti anteriori; dall’altro, la sostanziale discrasia tra le coordinate culturali che furono del poema di Dante e la griglia ermeneutica applicata dal Comento, ciò che occasiona una sistematica distorsione del testo dantesco, specie in sede filosofica e ideologica, ma anche diverse macchie cieche, in un’impresa esegetica fondamentalmente reticente, se non proprio indifferente, nei confronti di numerosi e fondamentali aspetti della Commedia.1 C’è tuttavia un ambito nel quale mi pare invece che Landino dimostri una discreta comprensione nei confronti del poema e che proprio ciò gli consenta, così come già ad altri prima di lui (o forse con lui), di ribaltare completamente il discorso di Dante. Quest’ambito è Firenze. In questo contributo, mi propongo di ‘tornare’ sul portato ideologico del Comento, un portato insieme filo-fiorentino e filo-mediceo, soffermandomi prima, più brevemente, sulle strategie messe in opera da Landino per disattivare la polemica di Dante contro la città di Firenze; poi, più distesamente, sui nessi che l’operazione landiniana intrattiene con alcuni usi anteriori della memoria di Dante nella Firenze quattrocentesca, soffermandomi in particolare sul capitolo costituito dalla tela dipinta da Domenico di Michelino per il Duomo. ‘Tornare’, perché si tratta di problemi già ripetutamente e ottimamente discussi,2 ma a riguardo 1 Cfr. P. PROCACCIOLI, Introduzione a C. LANDINO, Comento sopra la Comedia, a c. di P. PROCACCIOLI, Roma, Salerno Editrice, 2001 (da ora in poi: LANDINO, Comento), I, pp. 9-105, in part. pp. 31 e ss. 2 Limitandosi a una selezione sommaria, si vedano gli studi di C. DIONISOTTI, Dante nel Quattrocento (1965), in ID., Scritti di storia della letteratura italiana, a c. di T. Basile, V. Fera, S. Villari, Roma, Edizio- 14 ELISA BRILLI dei quali si può forse svolgere ancora qualche osservazione, sia alla luce di una conoscenza più dettagliata dei tempi e dei modi della polemica dantesca contro Firenze, sia prendendo in conto alcuni documenti che, probabilmente perché extra-testuali, hanno ricevuto un’attenzione forse inferiore a quella che meritano nelle ricostruzioni complessive del culto dantesco nella Firenze del Quattrocento. 1. L’apologia di Dante Il Comento di Landino disattiva pressoché completamente la carica antifiorentina che contraddistingue molti brani della Commedia. Primo fatto notevole, a differenza dei predecessori fiorentini che avevano sì avvertito la difficoltà rappresentata da quei passi ma scelto di gestirla per via indiretta, ora ridimensionandola ora passandola sotto silenzio, nell’Apologia nella quale si difende Danthe et Florentia da’ falsi calumniatori, Landino sceglie di trattare la questione in modo frontale e illustrandone subito la doppia consistenza: la polemica anti-fiorentina è «vituperio della città» ma anche «biasimo del poeta» nella misura in cui, così facendo, Dante non si sarebbe condotto come un «officioso anzi piatoso figliuolo».3 Per disfare quest’opinione, Landino afferma che «in molti luoghi dell’opera ni di Storia e Letteratura, 2009, II, pp. 173-212; E. GARIN, Dante nel Rinascimento (1968), in ID., L’età nuova. Ricerche di storia della cultura dal XII al XVI secolo, Napoli, Morano, 1969, pp. 179-213, e ID., Dante e il ritorno agli antichi (1974), in ID., Rinascite e rivoluzioni, Roma-Bari, Laterza, 1975, pp. 51-70; G. TANTURLI, Il disprezzo per Dante dal Petrarca al Bruni, in «Rinascimento», XXV, 1985, pp. 199-219; C. VASOLI, Tra “maestri”, umanisti e teologi: studi quattrocenteschi, Firenze, Le Lettere, 1991; G. TANTURLI, La Firenze laurenziana davanti alla propria storia letteraria, in Lorenzo il Magnifico e il suo tempo, a c. di G. C. GARFAGNINI, Firenze, Olschki, 1992, pp. 1-38; D. PARKER, Commentary and Ideology: Dante in the Renaissance, Durham-London, Duke University Press, 1993; S. TOUSSAINT, De l’enfer à la coupole: Dante, Brunelleschi et Ficin, Roma, L’Erma di Bretschneider, 1997; C. VASOLI, Dante e la cultura fiorentina del maturo Quattrocento, in Sandro Botticelli: pittore della Divina Commedia. Catalogo della Mostra, a c. di S. GENTILE, Milano, Skira, 2000, I, pp. 11-25; PROCACCIOLI, Introduzione, cit., in part. pp. 9-31; G. TANTURLI, Dante, Firenze, Leonardo Bruni, in «Studi Danteschi», LXVI, 2001, pp. 179-204; S. GILSON, Dante and Renaissance Florence, Cambridge, Cambridge University Press, 2005; J. BARTUSCHAT, Les «Vies» de Dante, Pétrarque et Boccace en Italie (XIVe-XVe siècles). Contribution à l’histoire du genre biographique, Ravenna, Longo, 2007, in part. pp. 97-149. 3 LANDINO, Comento, Proemio [II], I, p. 222. Sulla sezione apologetica e le implicazioni ideologiche del Comento, oltre agli studi già citati si vedano in particolare R. CARDINI, La critica del Landino, Firenze, Sansoni, 1973; M. LENTZEN, Le lodi di Firenze di Cristoforo Landino. L’esaltazione del primato politico, culturale e linguistico delle città sull’Arno nel Quattrocento, in «Romanische Forschungen», XCVII, 1985, 1, pp. 36-46; R. CARDINI, Landino e Lorenzo, in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnifico: politica economia cultura arte. Convegno di studi promosso dalle Università di Firenze, Pisa e Siena, 5-8 maggio 1992, Pisa, Pacini, 1996, II, pp. 449-61; PROCACCIOLI, Introduzione, in part. pp. 12 e ss.; E. HAYWOOD, Letteratura militante? Il “Comento sopra la Comedia” di Cristoforo Landino e la Congiura dei Pazzi, in L’Europa del libro nell’età dell’Umanesimo, Firenze, Franco Cesati, 2004, pp. 93-111; GILSON, Dante and Renaissance Florence, cit., in part. pp. 163-93. LANDINO APOLOGETA: DANTE E FIRENZE COL SENNO DI POI 37 dell’Inferno per descrivere la misera fine del poeta, e ciò subito dopo aver ricordato l’ingiusto trattamento riservatogli dalla patria:75 mera coincidenza o indice delle frequentazioni esegetiche dell’ideatore (o ideatori) dell’iscrizione? Dall’altro, l’immagine di «padre della patria» che l’iscrizione dipinta riferisce a Dante («QUEM FLORENTIA SAEPE / SENSIT CONSILIIS AC PIETATE PATREM») è, nel 1465, oltre che una reminiscenza ciceroniana, un titolo di sapore marcatamente cosmiano: già impiegato nel 1440 da Antonio Pacini nell’orazione funebre per Lorenzo de’ Medici, è solo dopo la morte di Cosimo il Vecchio nel 1464 che l’attributo di pater patriae gli viene ufficialmente riconosciuto, e così lo adopera ad esempio Filelfo in una delle lettere con cui implora il perdono e il rientro.76 Rudolph Altrocchi giudicava l’epitaffio «the most intricate problem» posto dalla tela di Domenico.77 Gli si può dar ragione e insieme suggerire che quest’intrico è quello dei rapporti e degli scambi, degli echi e dei rimandi che animano una comunità discorsiva ben specifica, quella dell’entourage degli intellettuali filo-medicei decisi a riappropriare il primo dei poeti in lingua volgare alla gloria di Firenze, e ciò al costo di ribaltare e di ‘rimuovere’, è il caso di dire, tutto ciò che, dalla vicenda storica di Dante e dalla sua polemica contro la città agli usi filo-oligarchici che ne erano stati fatti nella prima metà del secolo, costituisce un ostacolo a quest’operazione. 6. Conclusioni Riassumiamo schematicamente gli apporti di questa ricognizione à rebours nel culto dantesco nella Firenze quattrocentesca. Oltre al riconoscimento di un’ekfrasis nel discorso di elogio del Comento di Ficino – più o meno intenzionale, e che risulterebbe tanto più appropriata e ludica se, come possibile, la cerimonia ebbe luogo in Santa Maria del Fiore e sotto gli occhi, tra gli altri, del Cancelliere che forse aveva voluto quel quadro – gli apporti son tre e riguardano rispettivamente la cronologia interna del culto dantesco del secondo Quattrocento, i fautori di queste varie riletture della figura di Dante, e una 75 Cfr. Benevenuti de Rambaldis de Imola Comentum super Dantis Aldigherij Comœdiam, a c. di J. P. LAICATA, Firenze, G. Barbèra, 1887, I, pp. 6-7: «Nam, postquam patrios Florentia saeva penates / linquere cospicuum jussit sine crimine civem» e oltre «Scribere non possem viduas quot fletibus artes, / Quotque novem Musas lacrimis subiere dolores / Cum rapuit mors saeva virum, sed fama superstes / Gentibus extinctum memorat, populumque per omnem / Vivet, et aeterno referretur laudibus aevo». 76 Per queste informazioni, cfr. A. BROWN, The Humanist portrait of Cosimo de’ Medici, “pater patriae”, in EAD., The Medici in Florence, cit., pp. 3-52, a p. 9 n. 20 e 21. Il cortocircuito tra Dante, Cosimo e Cicerone è stato notato anche da TANTURLI, Dante, Firenze, Leonardo Bruni, cit., p. 200, in relazione però al magistero di Leonardo Bruni e delle sue Historiae in materia dantesca. 77 ALTROCCHI, Michelino’s Dante, cit., p. 51. 38 ELISA BRILLI riflessione complementare sulle ragioni che possono aver sollecitato l’impresa editoriale landiniana. Innanzitutto, qualora si prenda seriamente in conto la tela realizzata da Domenico di Michelino, forza è retrodatare almeno alla metà degli anni Sessanta del Quattrocento il delinearsi di quella congiunzione di culto dantesco, apologia di Firenze e orientamento filo-mediceo che costituirà il nerbo ideologico del Comento di Landino. Il dipinto, in particolare, anticipa la stessa strategia comunicativa, ma si dica anche propagandistica, in merito al problema che Dante pone a Firenze: questa strategia, audace e incisiva, consiste nel mettere in scena una restitutio impossibile sul piano storico, così da zittire ogni tentativo di reclamare la memoria di Dante in funzione anti-fiorentina e forsanche, all’interno di Firenze, in funzione anti-medicea.78 Con ciò non si devono certamente minimizzare le specificità che, presenti in quella messa in scena iconografica, non avranno seguito: si pensi all’immaginario religioso relativamente tradizionale che è mobilizzato da questo Dante ‘patrono’ accanto a una Firenze che l’articolazione tanto dello spazio dipinto che dello spazio ecclesiale consacrano come civitas Dei.79 Rimane che questo documento pittorico – che è un documento ufficiale voluto da una committenza pubblica – è tanto radicale nel proporre una nuova ‘versione della storia’ quanto cronologicamente precoce (perché coevo sì al dantismo diffuso del Matteo Palmieri della Città di Dio e agli studi danteschi di Bernardo del Nero e Antonio di Tuccio Manetti ma anteriore a tutti i capitoli ‘ufficiali’ del nuovo dantismo di secondo Quattrocento, il volgarizzamento ficiniano della Monarchia, probabilmente le lezioni dantesche del professor Landino e la politica culturale che si manifesterà compiutamente nella Raccolta aragonese). Dunque, sempre che si veda bene, la tela-manifesto ridefinisce e rende più complessa la fase germinale del nuovo corso dantesco definitosi tra anni Sessanta e Settanta.80 In secondo luogo, per spiegare le forti consonanze che sussistono tra il quadro della metà degli anni Sessanta e il Comento del 1481 (nonché l’Orazione ficiniana), due strade sono praticabili. Si potrà credere che queste si dessero ex post, perché quell’evento visivo, chiunque fossero stati gli ideatori, si era imposto nella memoria culturale fiorentina e aveva riplasmato l’immaginario dei rapporti tra Dante e Firenze. Il successo del dipinto è in effetti ben 78 L’audacia della tela era stata ben colta, ma non spiegata nelle sue implicazioni ideologiche, da ALTROC59: «Artistically, the picture certainly has that ‘mildness’ that is the product of a mediocre artist; but from the point of view of the subject and its exploitation, the composition of Michelino is, I believe, more than adequate, even effective. In scope it was original, in treatment it was audacious». 79 Per un approfondimento di questi elementi, cfr. BRILLI, Image et autorité. 80 Per brevità, cfr. GILSON, Dante and Renaissance Florence, cit., pp. 132-60 (con bibl. precedente). CHI, Michelino’s Dante, cit., p. LANDINO APOLOGETA: DANTE E FIRENZE COL SENNO DI POI 39 testimoniato da numerose riprese della tela nella Firenze dell’ultimo quarto del Quattrocento, da chi trasferì l’immagine in xilografia81 a chi ne copiò e riscrisse l’epitaffio,82 a chi riusò quel modello per effigiare Leonardo Bruni,83 a chi ancora volle battuta una moneta recante lo stesso ritratto.84 Oppure si potrà credere che Landino e Ficino, lungi dall’essere degli epigoni tra gli altri, quando negli anni Ottanta ricorrono alla stessa topica del ritratto, stanno semplicemente ripetendo un discorso già mille volte fatto e che loro stessi avevano contribuito a tessere. Nulla di sorprendente vi sarebbe se, a consigliare lo zelante Bartolomeo Scala (e forse anche il pittore), si trovasse il suo ex compagno di banco, collega di schieramento e successore come Cancelliere della Parte Guelfa. Del resto, se in questi anni Cristoforo Landino non ha ancora iniziato a commentare Dante, già però lo ammira come mostra la Xandra e, da sei anni installato sulla cattedra di eloquenza allo Studium, deve apparire un consigliere naturalmente autorevole in fatto di studi letterari ed epitaffi latini.85 Quanto a Ficino, basterà ricordare, da un lato, il suo volgarizzamento della Monarchia, di poco posteriore, che si apre appunto con l’affermazione della totale appartenenza reciproca di Dante e di Firenze;86 e, dall’altro, la 81 Attribuita a Baccio Baldini di cui si conoscono tre esemplari a Vienna, Londra e Firenze, il terzo nel contropiatto anteriore dell’esemplare BML, Strozzi 148, sul quale si veda da ultimo Sandro Botticelli, cit., I, p. 239 (scheda di P. SCAPECCHI). 82 L’iscrizione è copiata nell’esemplare della Commedia oggi conservato a Roma, Casanatense, 392, f. 8v, con il titolo «Carmina quae suprascripta ad memoriam poetae Dantis». Questo manoscritto appartenne a Gaugello Gaugelli (m. post 1472) e fu copiato da Luca Peri da Pergola (cfr. M. CERESI, Catalogo dei manoscritti della Biblioteca Casanatense, IV, Roma, 1961, p. 114). Si trova invece echeggiata nell’epigrafe, di mano del XVI secolo, che compare sotto il profilo dantesco apposto nella carta di guardia di un esemplare quattrocentesco delle Rime: Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 1040, sul quale cfr. da ultimo Sandro Botticelli, cit., I, pp. 237-38 (scheda di G. LAZZI). 83 Sul manoscritto delle Historie di Leonardo Bruni volgarizzate da Donato Acciaiuoli della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Naz. II.III.53, f. 1r) del 1474. Su questa miniatura si veda TANTURLI, Dante, Firenze, Leonardo Bruni, e anche M. DONI GARFAGNINI, Il Teatro della Storia fra rappresentazione e realtà. Storiografia e trattatistica fra Quattrocento e Seicento, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002, pp. 54-58. 84 Ne esistono diversi esemplari conservati: cfr. G. F. HILL e J. G. POLLARD, Renaissance Medals from the Samuel H. Kress Collection at the National Gallery of Art, London, Phaidon Press-Kress Collection, 1967, nº 299; e J. G. POLLARD, Renaissance Medals. The Collections of the National Gallery of Art Systematic Catalogue, Washington, National Gallery of Art, 2007, I, nº 339. L’insieme di questi documenti è stato discusso da A. SPAGNESI, L’immagine di Dante e quella di altri «huomini illustri» nel primo Quattrocento, in Immaginare l’autore: il ritratto del letterato nella cultura umanistica, a c. di G. Lazzi e P. Viti, Firenze, Polistampa, 2000, pp. 71-79. 85 Sulla prossimità di Landino a Scala, cfr. CARDINI, La critica del Landino, cit., pp. 1-84; MARZI, Cancelleria, cit., pp. 603-607, 612; BROWN, Bartolomeo Scala, cit., pp. 202-203. La datazione dell’insegnamento dantesco è congetturale e oscilla a secondo delle ricostruzioni tra la fine degli anni Cinquanta e i Settanta, cfr. PROCACCIOLI, Introduzione, cit., p. 37 n. 88 (con bibl. precedente). 86 «[…] ccosì bene Firenze di Dante, che Dante da Firenze, si può dire» (D. ALIGHIERI, Monarchia, con C. DI RIENZO, Commentario e M. FICINO, Volgarizzamento, a c. di F. FURLAN, Milano, Mondadori, 2004, p. 369). Oltre allo studio classico di C. VASOLI, Note sul volgarizzamento ficiniano della “Monarchia”, in Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca, vol. III-2. Umanesimo e Rinascimento a Firenze e Venezia, Firenze, Olschki, 1983, pp. 451-74, si veda oggi G. C. GARFAGNINI, La Monarchia di Dante e la traduzione 40 ELISA BRILLI lunga amicizia che lo lega al Cancelliere, al quale anni appresso scriverà «unum sumus, immo sumus et unus» (1490).87 Tra queste opzioni non è semplice scegliere, e anche sono potenzialmente plausibili entrambe, avvenendo talvolta che le idee che si sono promosse convincano a volte ancor più in ragione del loro successo presso gli altri. L’ultimo apporto riguarda un elemento che, tutt’altro che ignoto, s’impone però con più nettezza alla luce di questa ricognizione. La tela di Domenico così come la precedente rispondono, pur se in modo opposto, a una comune problematica monumentale-sepolcrale. A ciò è sensibile Landino, autore di epitaffi danteschi nella Xandra e che richiama apertamente la questione nel Proemio del 1481, così come lo è il Magnifico che, come testimonia la lettera indirizzatagli da Antonio di Tuccio Manetti, si era interessato al ritorno della spoglia di Dante nel 1475-1476 presso Bernardo Bembo, all’epoca in visita a Firenze.88 In altri termini, nella storia quattrocentesca del culto di Dante a Firenze, la questione monumentale-sepolcrale è un elemento di lunga durata e l’innesco ricorrente di varie iniziative. Accanto allora alle motivazioni citate in genere per spiegare la «rivendicazione gelosa e integrale di Dante a Firenze» che è il Comento,89 mi pare vi sia ragione di riflettere anche sulla singolare ed ennesima concomitanza tra quest’affrettato lavoro di Landino e il restauro del sepolcro ravennate. A Bernardo Bembo che, deludendo le speranze laurenziane, di quel restauro era il patrocinatore, Landino scriverà un biglietto (corredato di un epigramma In Dantis poetae sepulcrum) nel quale afferma di aver appreso l’iniziativa solo di recente e a Comento già stampato: che le vie di comunicazione fiorentino-ravennati si fossero di colpo interrotte? Non saprei, ma queste righe, pur ossequiose, sono nette sul nodo apologetico: laudabile è il gesto di Bembo per dare nuovo lustro al sepolcro «Ravennae positum» ma trattasi del sepolcro «Danthis florentini poetae», e, mentre Landino ringrazia per l’omaggio prestato al poeta, sotto la sua penna Dante è e rimane «civis suus».90 S’intende, di Firenze. di Ficino un manifesto politico tra utopia e realtà, in Thinking Politics in the Vernacular: from the Middle Ages to the Renaissance, a c. di G. Briguglia e T. Ricklin, Fribourg, Academic Press, 2011, pp. 149-66, che illustra bene le implicazioni politiche dell’operazione ficiniana. 87 P. O. KRISTELLER, Supplementum Ficinianum Marsilii Ficini: Florentini philosophi Platonici opuscula inedita et dispersa primum collegit et ex fontibus plerumque manuscriptis, Firenze, Olschki, 1927, I, p. 60. Cfr. inoltre BROWN, Bartolomeo Scala, cit., pp. 207-209. 88 Edita per la prima volta in appendice a I. DEL LUNGO, Dell’esilio di Dante, Firenze, Successori Le Monnier, 1881, app. XIII, pp. 178-79; ora in Sandro Botticelli, cit., I, p. 243 (scheda di P. SCAPECCHI). 89 CARDINI, La critica del Landino, cit., p. 99. Si menzionano di solito: la reazione all’edizione del 1478 di Martino Paolo Nidobeato e l’intensificazione della politica culturale filo-medicea a seguito della congiura de’ Pazzi. 90 Se ne veda l’edizione in LANDINO, Comento, pp. 113-14. INDICE GENERALE LINO PERTILE, Premessa .................................................................................. p. 7 I. IL CONTESTO CITTADINO. CULTURA E IDEOLOGIA ELISA BRILLI, Landino apologeta: Dante e Firenze col senno di poi ............. » 13 SEBASTIANO GENTILE, Marsilio Ficino, Dante e Landino............................... » 41 STÉPHANE TOUSSAINT, «Excogitata inventione». Costruire l’Inferno nel Quattrocento: Bonaccorsi, Landino, Manetti ............................................ » 57 ROBERT BLACK, Cristoforo Landino, commentator on Horace’s Ars poetica and the academic tradition ......................................................................... » 75 II. LA STAMPA DEL COMENTO. I PROTAGONISTI LORENZ BÖNINGER, Il contratto per la stampa e gli inizi del commercio del Comento sopra la Comedia .................................................................... » 97 LUCA BOSCHETTO, Ritratto di Bernardo d’Antonio degli Alberti .................. » 119 PAOLO PROCACCIOLI, La redazione e la stampa del Comento. Tempi, modi, illazioni e implicazioni ................................................................................ » 137 ALESSANDRA BARONI, L’autore delle incisioni del Comento e la controversa figura di Baccio Baldini............................................................................... » 155 222 INDICE GENERALE III. LA FORTUNA DEL COMENTO. CRITICA E EDITORIA SIMON A. GILSON, La fortuna del Comento Landiniano nel Cinquecento: lettori e commentatori danteschi ................................................................ p. 175 PIERO SCAPECCHI, Esemplari conservati della Comedia impressa da Niccolò di Lorenzo (1481) ......................................................................... » 195 FABIO MASSIMO BERTOLO, Note sul Comento di Landino nel mercato antiquario .................................................................................................... » 201 Indice dei manoscritti e dei documenti d’archivio........................................ » 205 Indice dei nomi............................................................................................... » 209