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LINGUAGGIO E GENERE

INTRODUZIONE Che cos'è il genere grammaticale? è in molte lingue principalmente una categoria del nome. Se osserviamo il comportamento del numero e del genere in italiano notiamo che mentre il numero puo' assumere due valori nel nome (singolare e plurale) il genere non è variabile, (il libro non diviene libra, mentre libro puo' diventare libri) per questo diciamo che il genere ha la funzione di classificare i nomi. Articolo, aggettivo, pronomi anaforici e limitatamente anche le forme verbali si accordano con il nome sia per il numero che per il genere. Il genere ha anche la funzione di creare fenomeni di accordo. • Il cambio di classe, cioè il passaggio da un nome appartenente alla classe in –o alla classe in –a serve per formare derivati femminili da nomi maschili (ragazzo/ragazza) processo DERIVAZIONALE (e non flessivo! Se fosse flessivo allora tutti i nomi maschili potrebbero formare il femminile e viceversa, ma notiamo che non esiste il femminile, per esempio di " libro " , come effettivamente accade invece per gli aggettivi). • Il genere puo' anche essere segnalato tramite affissi derivazionali. In italiano per esempio abbiamo suffissi che servono per formare il femminile da nomi maschili (leone-leonESSA). Tutte le lingue indoerupee presentano numerosi affissi di questo tipo. Le lingue senza genere hanno spesso suffissi particolari sia per i femminili che per i maschili, che risultano dunque entrambi derivare da una forma senza genere specificato. • Un tratto per il quale le lingue si distinguono è la produttività della derivazione mediante tali suffissi. La produttività nella formazione delle parole è definita come la possibilità di impiegare un dato morfema derivazionale per la formazione di parole nuove. In inglese per esempio il suffisso-ess non è produttivo poiché nn impiegato con frequenza,a differenza del suffisso femminile –in che in tedesco è invece assai produttivo. Esistono sistemi di genere sicuramente piu' complessi del nostro: molte lingue indoeuropee presentano un sistema a tre generi, mentre altre, come le lingue bantu presentano sistemi ancor piu' complessi. il genere è ben lontano dall'essere una categoria universale: esistono lingue senza genere ed anzi sono abbastanza numerose. Dixon chiarisce che si parla di genere in presenza di un esiguo numero di classi (due o tre) e di accordo manifestato soprattutto nei pronomi anaforici, mentre si parla di classi nominali in presenza di un numero superiore di classi e fenomeni d'accordo molto estesi. Esiste inoltre una giustificazione per cosi' dire " naturale " per cui un essere animato sia classificato maschile o femminile (in base al sesso infatti il ragazzo è maschio), non c'è alcuna motivazione pero' per il genere degli inanimati : non esistono motivi per cui il il referente sedia debba essere denotato al femminile. Ci sono inoltre eccezioni anche in caso di referente umano. Criteri di assegnazione del genere Sistemi come quelli dell'Italiano o del tedesco presentano criteri misti di assegnazione del genere: nel caso degli esseri umani (ed alcuni animali), il genere viene assegnato su basi semantiche ma con eccezioni; per gli inanimati e generalmente anche per gli animali il genere è arbitrario o puo' avere al massimo una motivazione morfologica. Accordo Il genere è una categoria che crea accordo, ed anzi secondo in linguista americano Hockett questa sarebbe proprio al funzione specifica del genere. L'accordo è un fenomeno per il quale un certo elemento, determina la forma sotto la quale compaiono gli elementi ad esso associati detti target; tali elementi possono far parte dello stesso sintagma oppure no. In generale si puo' dire che piu' è stretto il legame sintattico fra controllore e target, piu' è probabile che ci sia accordo.

LINGUAGGIO E GENERE INTRODUZIONE Che cos’è il genere grammaticale? è in molte lingue principalmente una categoria del nome. Se osserviamo il comportamento del numero e del genere in italiano notiamo che mentre il numero puo’ assumere due valori nel nome (singolare e plurale) il genere non è variabile, (il libro non diviene libra, mentre libro puo’ diventare libri) per questo diciamo che il genere ha la funzione di classificare i nomi. Articolo, aggettivo, pronomi anaforici e limitatamente anche le forme verbali si accordano con il nome sia per il numero che per il genere. Il genere ha anche la funzione di creare fenomeni di accordo. Il cambio di classe, cioè il passaggio da un nome appartenente alla classe in –o alla classe in –a serve per formare derivati femminili da nomi maschili (ragazzo/ragazza) processo DERIVAZIONALE (e non flessivo! Se fosse flessivo allora tutti i nomi maschili potrebbero formare il femminile e viceversa, ma notiamo che non esiste il femminile, per esempio di “libro”, come effettivamente accade invece per gli aggettivi). Il genere puo’ anche essere segnalato tramite affissi derivazionali. In italiano per esempio abbiamo suffissi che servono per formare il femminile da nomi maschili (leone-leonESSA). Tutte le lingue indoerupee presentano numerosi affissi di questo tipo. Le lingue senza genere hanno spesso suffissi particolari sia per i femminili che per i maschili, che risultano dunque entrambi derivare da una forma senza genere specificato. Un tratto per il quale le lingue si distinguono è la produttività della derivazione mediante tali suffissi. La produttività nella formazione delle parole è definita come la possibilità di impiegare un dato morfema derivazionale per la formazione di parole nuove. In inglese per esempio il suffisso -ess non è produttivo poiché nn impiegato con frequenza,a differenza del suffisso femminile –in che in tedesco è invece assai produttivo. Esistono sistemi di genere sicuramente piu’ complessi del nostro: molte lingue indoeuropee presentano un sistema a tre generi, mentre altre, come le lingue bantu presentano sistemi ancor piu’ complessi. il genere è ben lontano dall’essere una categoria universale: esistono lingue senza genere ed anzi sono abbastanza numerose. Dixon chiarisce che si parla di genere in presenza di un esiguo numero di classi (due o tre) e di accordo manifestato soprattutto nei pronomi anaforici, mentre si parla di classi nominali in presenza di un numero superiore di classi e fenomeni d’accordo molto estesi. Esiste inoltre una giustificazione per cosi’ dire “naturale” per cui un essere animato sia classificato maschile o femminile ( in base al sesso infatti il ragazzo è maschio), non c’è alcuna motivazione pero’ per il genere degli inanimati : non esistono motivi per cui il il referente sedia debba essere denotato al femminile. Ci sono inoltre eccezioni anche in caso di referente umano. Criteri di assegnazione del genere Sistemi come quelli dell’Italiano o del tedesco presentano criteri misti di assegnazione del genere: nel caso degli esseri umani (ed alcuni animali), il genere viene assegnato su basi semantiche ma con eccezioni; per gli inanimati e generalmente anche per gli animali il genere è arbitrario o puo’ avere al massimo una motivazione morfologica. Accordo Il genere è una categoria che crea accordo, ed anzi secondo in linguista americano Hockett questa sarebbe proprio al funzione specifica del genere. L’accordo è un fenomeno per il quale un certo elemento, determina la forma sotto la quale compaiono gli elementi ad esso associati detti target; tali elementi possono far parte dello stesso sintagma oppure no. In generale si puo’ dire che piu’ è stretto il legame sintattico fra controllore e target, piu’ è probabile che ci sia accordo. L’italiano e l’inglese sono due esempi di sistemi di accordo totalmente diversi : mentre in Italiano l’accordo è pervasivo, interessando i determinanti ed i modificatori del nome, in inglese l’accordo interessa solo i pronomi e i possessivi di terza persona singolare. Molte delle lingue indoeuropee moderne presentano sistemi di accordo piu’ simili quello dell’italiano che non all’inglese, anche se non identici. In tedesco per esempio concorda in genere con articoli e aggettivi attribuitivi ma non con gli aggettivi predicativi. La scelta di una strategia piuttosto che di un’altra dipende dagli elementi coinvolti all’interno della lingua. Corbett descrive infatti la scelta fra accordo grammaticale e referenziale (da lui chiamato accordo semantico) utilizzando la nozione di “gerarchia d’accordo”. In sostanza nella relazione tra elementi interni ad SN prevale l’accordo di tipo sintattico o grammaticale, mentre nella relazione tra pronome e suo antecedente prevale l’accordo semantico. -lingue slave: il russo è una lingua con tre generi (maschile, femminile e neutro). Pero’ i nom di genere maschile si differenziano in “animati” che estendono l’accusativo alla desinenza del genitivo e “inanimati” che hanno il nominativo uguale all’accusativo. dal punto di vista dell’accordo troviamo cosi’ 4 generi Sistemi di genere Le lingue indoeuropee si fanno risalire a una lingua ricostruita, l’indoeuropeo appunto, che in una sua fase tarda, presentava un sistema a tre generi. Questo tuttavia non era il sistema originario perché quello piu’ antico è in realtà a due generi. Tuttavia noi ci occupiamo il sistema tardo poiché è da quello che sono scaturite le moderne lingue indoeuropee. Le lingue europee hanno in parte conservato i tre generi (tedesco, russo) ed in parte no (inglese ove è evidenziata solo la terza persona). Le lingue romanze hanno invece proceduto alla dissoluzione del neutro. In italiano si verifica un fenomeno particolare in merito al genere: parole come “uova”, “dito”, “braccio”, sono maschili al singolare e femminili al plurale. Corbett chiama tale sistema “incrociato”. Un atro sistema convergente è presente in russo ed in tedesco dove l’opposizione di genere è presente al singolare ma si neutralizza al plurale. -un’importante base semantico-referenziale per la costruzione dei sistemi di genere è il sesso, al quale poi possiamo aggiungere l’animatezza. Per esempio in una lingua africana parlata per lo piu’ in Congo, lo Zande, abbiamo 4 generi: maschile umano, femminile umano, animato non umano e neutro. anche il Dyirbal, una lingua australiana presenta 4 generi; secondo Dixon esso è cosi’ strutturato: GENERE1-esseri umani maschi,animati e non umani (esclusi gli uccelli9, GENERE2-esseri umani di sesso femminile, acqua, fuoco, armi, uccelli, GENERE3-entità commestibili, escluse le carni, GENERE4- altri inanimati. La nostra dimestichezza con lingur basate sull’opposizione fra sessi ci rende difficile immaginare altri criteri, in realtà i sistemi per classificare i referenti sono potenzialmente infiniti. Creazione e scomparsa del genere Fra le lingue indoeuropee l’armeno ha perso completamente il genere (probabilmente a causa del contattp con lingue a loro volta prive di genere), l’inglese in buona parte, mentre le lingue romanze hanno perso il neutro. La categoria del genere puo’ essere instabile e scomparire in lingue che anticamente la presentavano. Per esempio la riduzione del genere nell’inglese e nelle lingue romanze si è accompagnata ai grandi mutamenti nel comportamento flessivo dei nomi. È anche documentato il procedimento inverso, ovvero la creazione del genere (per esempio nelle lingue slave si è aggiunto un quarto genere). Lo sviluppo del genere, inteso come sistema di classificazione nominale, va di pari asso con lo sviluppo dell’accordo, il quale puo’ rivelare la presenza del genere. Il genere come fenomeno sociale La parole genere è utilizzata per indicare il sesso di un referente umano con il quale il genere grammaticale intrattiene una relazione per lo piu’ indiretta. Tra genere e sesso non vi è un rapporto di stretta sinonimia. Il sesso rappresenta una categoria strettamente bologica, cui vengon associati, per effetto di una costruzione culturale, tratti e ruoli destinati a discriminare uomini e donne. Scott: definizione di genere che è diventata punto di riferimento il termine “gender” sarebbe stato impiegato per la prima volta dalle femministe americane con l’intento di ribadire la qualità fondamentalmente sociale delle distinzioni basate sul sesso, evidenziando cosi’ l’aspetto relazionale delle definizioni normative della femminilità. Glie elementi sui quali si è basta questa accezione di genere sono quindi il rifiuto del determinismo biologico e l’aspetto relazionale della differenza sessuale. Genere (o genere sociale) denota dunque le costruzioni culturali che sottostanno alla divisione sociale dei compiti e dei lavoro e al conseguente consolidarsi di norme che regolano i processi di socializzazione di uomini e donne a vari livelli. È proprio la distinzione fra una differenza sessuale socialmente e culturalmente costruita e una differenza determinata inesorabilmente dalla natura ad aver sollecitato la spinta al cambiamento e al perseguimento delle pari opportunità fra uomo e donna perseguite in prima istanza dalla cosiddetta linguistica femminista. Linguaggio ed identità di genere Nell’ambito della sociolinguistica sesso e genere vengono usati indifferentemente per indicare una variabile che caratterizza l’uso del linguaggio. È nata anche l’ipotesi di un linguaggio maschile diverso da quello femminile: la ricorrenza di elementi fatici, la maggiore cortesia e la maggior emotività sono solo alcuni tratti tipici del secondo. Gli studi su LANGUAGE SHIFT mettono in luce che vari fattori possono concorrere a spiegare dati comportamenti linguistici, per esempio lo status e il prestigio delle varietà, il numero di parlanti della comunità ecc. Le differenze solitamente attribuite a uomini e donne nell’uso del linguaggio sono effettivamente esistenti nel campione esaminato. Linguaggio ed indentità di genere: l’uso del genere grammaticale nella referenza umana Nel’ambito della linguistica femminista troviamo molte discussioni sugli spetti sessisti dell’uso del genere nella referenza umana. Tale filone di studi è nato negli stati uniti intorno agli anni 70 giungendo nei paesi europei circa 20 anni dopo. Accanto a proposte di una graduale riforma linguistica troviamo posizioni piu’ radicali inclini a ritenere l’intero patrimonio linguistico pervaso dalla cultura patriarcale e ina lcun modo rappresentativo della soggettività femminile. Alle nozioni di genere prima elencate va aggiunta quela di “genere lessicale”: proprietà semantica lessicalizzata, presente per esempio nelle coppie eteronomiche man/woman ed in grado di attivare, a prescindere da eventuali marche formali, l’accordo del egenere sugli elementi target. Sia i nomi con genere grammaticake sia nomi con genere lessiale possono avere sgnificato gender specific (essere cioè semanticamente marcati) oppure gender indefinte (essere cioè semanticamente non marcati). Il genere puo avere cosi’ due valori: marcato e non marcato. La critica dell’uso del genere nella referenza umana si è concentrata proprio sul maschile generico, in cui talvolta è stata intravista il riflesso di una precisa discriminazione. Fra i referent umani, infatti, quelli di sesso mschile, sembrano operare in vari contesti, come referent di riferimento, in garanzia della loro maggiore individuazione e quindi rilevanza anche ai fini discorsivi ( se i referenti umani maschi hanno maggir capacità di agire sarà anche necessario che una lingua abbia maggiori mezzi formali per potervici riflettere). L’uso pratico del genere grammaticale n una lingua come l’italiano puo’ dare uso a prassi discriminatorie in modo particolare all’accesso al lavoro. In italia il dibattito è stato sollevato partendo dalla pubblicazione nel 1986 delle raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana patrocinata dalla commissione nazionale per la realizzazione della parità fra uomo e donna. Neutralizzazione e femminilizzazione Strategie per non are adito a discriminazioni. Neutralizzazione: piu’ osservabile in lingue come l’inglese prive di genere nominale e con un sistema di accordo limitato a pochi elementi target, implica l’uso di termini non marcati per esempio Rapresentative al posto di Congressman “parlamentare”. Femminilizzazione: generalmente osservabile nelle lingue che presentano processi di mozione produttivi, implica la specificazione del sesso dei referenti attraverso l’uso di marche specifich. Sono strategie che in larga parte sembrano opporsi ma in realtà l’una non esclude l’altra. Tali rappresentano i processi piu’ ricorrenti ma ve ne sono alche altri quali lo splitting: riferimento indifferente ad ambo i sessi ( “i cittadini e le cittadine”). In tedesco la femminilizzazione dei titoli professionali è un fenomeno che caratterizza l’uso corrente della lingua standard ( per cui osserviamo coppie di termini quali Marler/Malerin “pittore”.) L’uso di certe forme puo’ disvelare gli stereotipi di genere soggiacente, poiché la sceltà di strutture linguistiche puo’ riflettere stereotipi sessisti. Il maschile: generico o pseudogenerico? cio’ che accomuna i movimenti di critica all’uso sessista della lingua in diversi paesi è la messa in discussione della funzione non marcata del maschile. Addirittura nei paesi anglofoni l’uso non marcato del maschile fu letteralmente prescritto dal legislatore. A questo punto possiamo chiederci se alternare l’uso del maschile non marcato con un uso non marcato del femminile possa risolvere l’uso stereotipato del maschile non marcato generico che va ad includere anche i nomi femminili. Tuttavia in italiano ed in molte altre lingu l’italiano è un genere marcato. Al fine di rimediare a tale problema i codici statunitensi stanno tentando di promuovere una riforma linguistica. I paesi, dinnanzi alla proposta di disambiguare e dunque di adottare un us non sessista della lingua, hanno avuto reazioni differenti. In italia, le “raccomandazioni” hanno sensibilizzato istituzioni e parlanti e hanno anche sollevato problemi di accettabilità. Sabatini per esempio si rivolge all’editri scolastica e raccomanda cosi’ di usare l’uso del maschile in espressioni quali “i diritti dell’uomo” (da sostituire con “diritti umani”) ma soprattutto nei titoli professionali (laddove esiste o puo’ essere formato il femminile esso deve essere esplicitato), nonché evitare la formazione del femminile utilizzando il suffisso –essa (studentessa per es). Si raccomanda inoltre l’uso del maschile per denotare posizioni di prestigio quando il femminile esiste ed è regolarmente usato solo per lavori gerarchicamente inferiori. ( va bene dunque chiamare Maria Rossi “Segretaria generale” e non “segretario generale”). Sabatini sembra dunque risolvere il problema dell’uso sessista dei titoli professionali femminilizzando i titoli stessi, tuttavia talvolta sorge la domanda se sia lecito femminilizzare certi titoli. L’assenza del genere non indica inoltre assenza di discriminazione; si ipotizza infatti che il significato non marcato dell’uno e dell’altro genere, di norma, rifletta uno stereotipo, ovvero la tendenza ad associare uomini e donne ad attività distinte: il femminile non ricorre come libera alternativa al maschile ma in riferimento ad una ristretta gamma di posizioni o di ruoli tipicamente femminili. l’indagine sulla pubblicità a stampa rivela che nell’uso di stereotipi l’immagine maschile è ancoa prevalentemente associata al lavoro retribuito mentre quella femminile alla cura familiare e alla bellezza, che non essendo retribuita non puo’ essere considerata un lavoro. CAPITOLO 2: La relazione semiotica fra la categoria grammaticale del genere e la sua denotazione. Introduzione: Corbett afferma che il genere è la piu’ sconcertante delle categorie grammaticali: esso è infatti una categoria classificatoria del nome e percio’ in esso ha un solo valore ( o maschile o femminile o neutro ecc), inoltre tale valore non è necessariamente segnalato dal sostantivo stesso. Inoltre ci si chiede se il genere sia arbitrario oppure abbai un significato che rimanda ad una realtà extralinguistica. Come sostiene Corbett ogni sistema di genere ha un nucleo semantico e quindi ci deve essere qualche lame fra la grammatica e la realtà extra linguistica che viene denotata per mezzo della lingua. Come abbiamo notato il genere non viene sempre segalato sulle parole alle quali è inerente. ( es, n ita non si sa di sostantivi che terminano in –e, i quali possono essere sia femminili come per es valle o maschili come per esempio nome, spetta ad altri elementi segnalare il genere. Significato e genere: nell’assegnazione del genere ai sostantivi si osservano spesso regole semantiche : interi gruppi di parole con un comune tratto semantico ricevono lo stesso genere (per es in italiano i nomi delle automobili sono femminili: la fiat, la kia, la yaris ecc; oppure in inglese i nomi delle navi sono femminili). La regola semantica pero’ piu’ pervasiva e riconosciuta dal maggior numero di lingue è quella del tipo “sesso” genere grammaticale cioè femminafemminile e lo stesso accade per il maschile o per il neutro ( a cui corrisponde la dicitura “senza sesso rilevante”). Generesignificato Il genere è una categoria grammaticale ed il suo significato è soprattutto grammaticale. Le categorie grammaticali hanno quasi sempre nucleo semantico rintracciabile. Secondo Wuzel questo nucleo semantico delle categorie grammaticali individuato in varie lingue fa parte di una classe di “concetti semantici di base” legati a “concetti grammaticali di base”. Sulle dimensioni semantiche e temporali ogni lingua specifica i valori che entrano nelel categorie grammaticali come per esempio al singolarità e la pluralità oppure la dualità di oggetti per la dimensione “numericità”. La categoria grammaticale stessa in questa concezione non ha un valore semantico in senso stretto. Invece viene introdotto il concetto grammaticale di base che realizza il concetto semantico base e media tra esso e la categoria grammaticale. In questo modo per esempio vi è un concetto grammaticale di base “singolarità” che realizza il concetto semantico di base del numero unico di oggetti. Il concetto semantico di base rappresenta un significato ben definito, mentre invece il concetto grammaticale di base è piu’ astratto, polisemico e non realizza solo il concetto semantico di base ma anche altri significati diversi. Concetti grammaticali di base sono secondo Wurzel a base della formazione dì categorie grammancali. Parla di una categoria grammaticale solo nel caso che esista un’espressione formale regolare di un concetto grammaticale di base, come per esempio il caso del genere in italiano, le desinenze dell’accordo obbligatorio per aggettivi, articoli ecc.. Applicando la sua concezione alla categoria grammaticale del genere in italiano, abbiamo i seguenti concetti: una dimensione di concetti semantici di base come “femmina” e “maschio”, i rispettivi concetti grammaticali di base come “femminilità” e “maschilità, i valori della categoria grammaticale del genere “femminile” e “maschile” e poi gli esponenti del genere che segnalano tali valori come buon-a, buon-i. Il concetto semantico di base della categoria del genere non denota necessariamente il sesso. In molte lingue la categoria del genere ha altri valori, cioè si riferisce ad un’altra dimensione semantica, come quella animato/inanimato quindi si basa su altri concetti semantici di base. Partendo da questa concezione del significato di una categoria grammaticale è possibile trasformare i diversi livelli proposti da Wurzel in segni di tipo sassuriano. In questo modo otteniamo una catenadi segni sovrapposti, cosi’ che il significante dell’un è nello stesso tempo il significato dell’altro. Pertanto quando parliamo del significato del genere grammaticale è necessario osservare che questo significato è doppio: da un lato il genere segnala in modo diretto il concetto grammaticale di base, e dall’altro lato, in modo indiretto, poiché mediato,il concetto semantico di base. Il concetto grammaticale di base non è in una relazione univoca con il concetto semantico di base. È possibile inoltre che una parola femminile denoti un essere umano di sesso maschile o una persona senza riguardo al sesso, come per esempio ‘persona’ o ‘vittima’. Il concetto grammaticale di base non puo’ essere in contraddizione con il significato di queste parole; cosi’ deve realizzare anche altri significati oltre a FEMMINA, ha pertanto anche altri denotazioni. Il legame con il concetto semantico di base ha una realtà psicologica e puo’ essere attivato anche per sostantivi inanimati. Significantegeneresignificato Come viene segnalato il genere dal significante? Principalmente ci sono due tipi di espressioni del genere: -desinenze obbligatorie del target d’accordo : buon-o, buon-a. -caratteristiche formali dei controllori dell’accordo: lampad-a, tavol-o. I controllori, cioè nella maggioranza dei casi i sostantivi, non dispongono sempre di caratteristiche formali che segnalino il genere. Di solito le desinenze dei target d’accordo sono piu’ affidabili nella segnalazione univoca del genere di quanto non lo siano le caratteristiche formali dei controllori. Nelal nstra concezione del genere come catena di segni a due facce una tale ambiguità di significa che la desinenza –e è il significante di due segni distinti ma sovrapposti : uno con il significato maschile l’altro con il significato femminile. Il significante è invece il medesimo. Inq uesto modo glie sponenti del genere sono molto spesso polisemici. Ma la polisemia ha ancora altre sfaccettature che di solito vengono riunite sotto il concetto “neutralizzazione”. Un caso che di solito viene trattato come neutralizzazione è il sincretismo totale dei generi in certi contesti, come nel caso della desinenza aggettivale –e in italiano o del plurale in tedesco o in russo, dove sia i target sia i controllori dell’accordo non distinguono tra maschile, femminile e neutro. Un altro caso di neutralizzazione riguarda invece il piano del concetto semantico di base; si tratta di casi di gender resolution di accordo forzato, che si verificano quando due o piu’ controllori di genere diverso sono congiunti in una stessa posizione sintattica, come per es in: maria (f) e gianni (m) sono arrivat-i. dove manca un controllore concreto il genere maschile viene inserito come deafult. In sloveno per esempio al forma di cortesia è quella della seconda persona plurale maschile, senza riguardo al sesso delle persone a cui ci si rivolge. In questi contesti sintattici uan forma (qui quela del maschile) è l’unica scelta grammaticale, quindi si tratta di una vera neutralizzazione, dove emerge un solo valore di uan opposizione. Il tipo non è ristretto al target ma occorre anche in posizioni che non sono controllate dall’accordo formale, come nel caso di candidati nell’esempio seguente: i due canditat-i Maria e Gianni stanno arrivando. qui il concetto grammaticale di base del genere femminile si trova in relazione polisemica con i concetti semantici di base sia del genere maschile, sia del genere femminile. Un’altra alternativa sarebbe quella di far riferimento ad un concetto di sesso irrilevante. Per le lingue che hanno il genere neutro questo è di solito il concetto semantico corrispondente. Ricordiamo per ultimo anche il caso del cosiddetto “maschile generico”, termien con il quale si intende l’uso di un sostantivo maschile per denotare persone il cui sesso non è conosciuto perché si tratta di gruppi misti o perché si tratta di persone ipotetiche. non si tratta di neutralizzazione in senso stretto ma piuttosto di polisemia. Conclusione Uno dei problemi che sorgono considerando il legame fra genere e i referenti extralinguistici è costituito dal carattere fortemente ambiguo di significante e significato. l’ambiguità si riscontra su diversi piani: 1.un esponente puo’ segnalare vari generi, per es: poet-a la a non identifica in questo caso il femminile. 2. un concetto grammaticale di base segnala un concetto semantico di base piu’ altri concetti , legati regolarmente con la categoria grammaticale in questione. La categoria del genere segnala ils esso extralinguistico, ma solo in modo indiretto, poiché il genere stesso non ha significati univoci. Questos tato di cose è dovuto da un lato alla polisemia degli sponenti stessi dall’altro lato all’assenza di esponenti nel sostantivo. CAPITOLO 3: L’ASSEGNAZIONE DEL GENERE Genere La categoria grammaticale del genere non è universale, cioè non è presente nella grammatica di tutte le lingue e nelle lingue in cui è presente puo’ essere organizzata secondo sistemi di valori anche abbastanza diversi. Un valore della categoria di genere è specificato inerentemente per ogni lessema che appartiene alla categoria lessicale Nome. La categoria del genere partecipa poi a fenomeni di flessione contestuale, per cui le parole appartenenti a categorie lessicali differenti dal noem ricevono un valore della categoria di genere per accordo con un nome. In una relazione di accordo di genere vanno identificati e distinti 3 elementi: 1.controllore dell’accordo 2.uno o piu’ target di accordo 3. un dominio entro cui la relazione di accordo si manifesta. Es: la/una/questa poltrona nuova. Il/uno/questo/ divano nuovo. Poltrona e divano rappresentano il controllore ed articoli ed aggettivi i target. I targe assumono forme diverse (la vs il ecc..) a seconda del enere del controllore. È anche possibile che nomi che terminano con una sequenza fonologica identica hanno generi diversi. Quando il valore del genere non è deducibile dalla forma fonologica della parola che lo porta si diche che esso è latente, quando invece lo è si dice che è manifesto. Neanche nel caso dei nomi italiani che terminano in –o, -a la vocale finale del nome puo’ essere considerata un indicatore manifesto e affidabile del valore di genere. Gli unici indicatori affidabili del gere di un nome sono i target con i quali questo nome entra in relazione. -La denominazione dei due valori che la categoria genere puo’ assuemre in italiano si spiega osservando che i nomi indicano i rappresentanti prototipici delle categorie naturali dei maschi e delle femmine. In italiano, come in molte altre lingue la divisione del nome in due generi è in larga misura arbitraria dal punto di vista semantico, dato che la maggior parte dei nomi che non indicano esseri umani ha comunque uno dei due generi. Corbett ha dimostrato che i criteri di base ai quali i nomi di una lingua si ripartiscono in due o piu’ generi possono essere di vario tipo: non necessariamente sono criteri di tipo semantico, ma possono essere fi tipo fonologico (ad es in Qafar i nomi che terminano in vocale accentata appartengono al genere femminile e tutti gli altri al maschile). Assegnazione l’assegnazione del genere è possible per almeno 4 diverse situazioni in cui qualcuno si trova nella necessità di assegnare un valore di genere ad un nome: 1.bambino che acquisisce L1 2.parlante che acquisisce L2 3.Un linguista che scrive una grammatica computazionale di Lx 4. Un parlante maturo di L1. Nella maggior parte degli studi non si distingue tar queste diverse circostanze tuttavia qui faremo riferimento all’ultimo caso. Quando un parlante si trova a dover assegnare un valore di genere ad un nome “on line” ovvero quando deve usare per la prima volta un nome il cui valore di genere non è ancora presente nel suo lessico mentale( nel caso in cui abbiamo a che fare con neologismi, prestiti di altre lingue, o un nome che occorre solitamente in costruzioni dove non vi è accordo). Studi condotti su testi letterari di diverse epoche ci dimostrano che i parlanti dell’italiano devono aver avuto a disposizione un criterio per assegnare un valore di genere ai nomi propri di città e che tale criterio sembra aver subito un mutamento diacronico ( un Milano, La Milano). Corbett ha proposto una classificazione dei criteri che i parlanti possono utilizzare per assegnare un genere ai nomi che ne hanno bisogno. Egli distingue tra: Regole semantiche Regole formali Permettono di assegnare il genere ad un nome assegnano un genere in base ad In base a qualche aspetto del suo significato. aspetti del significante di un nome. fonologiche Morfologiche (es. in Russo i nomi della IV declinaz sono neutri). procedono all’assegnazione del genere in base a qualche aspetto della procedono all’ forma base o della forma di citazione di un nome. Assegnazione del genere tenendo in considerazione piu’ forme del lessema della categoria nome, cioè la classe di flessione cui esso appartiene. Infine Corbett nota che quando nessuna regola semantica o formale puo’ applicarsi ad una data circostanza, al noem bisognoso viene assegnato un genere per deafult : per ogni lingua è quindi possibile individuare un genere di deafult. Regole semantiche Tutti gli studiosi concordano sul fatto che nelle lingue il cui sistema di genere comprende un maschile ed u femminile esistono regole semantiche che assegnano questi due generi a nomi che indicano rispettivamente esseri umani maschi e femmine. Corbett sostiene che ogni altra regola di tipo semantico è riducibile in fondo ad un unico criterio che chiama “associazione concettuale”. Sarebbe tale tipo di associazione ad essere responsabile sia del fatto che in italiano sono femminili i nomi di città, che del fato che in Dyirbal sono femminili i nomi di uccelli. Altri autori hanno però’ criticato il ruolo eccessivo assegnato a una non meglio specificata associazione concettuale come criterio di assegnazione del genere. Thornton ha osservato che tra le regole che possono essere considerate effettivamente operanti vi sono solo regole che assegnano ad un certo nome lo stesso genere di un suo iperonimo( come per esempio l’assegnazione del femminile a nomi di città). Casi nei quali l’iperonimo ha un genere e la supposta regola proposta in letteratura ne assegnerebbe un altro in italiano sono risultati inesistenti: gli esempi tratti dalla letteratura sono poco affidabili poiché basati su dati incompleti o vacui. Una regola semantica secondo la quale i nomi di continente riceverebbero il genere femminile (nonostante l’iperonimo continente sia maschile) è inadeguata a livello descrittivo. I nomi di livello basico non ereditano necessariamente il genere dal loro iperonimo di livello sovraordinato (veicolo), mentre i nomi di livello subordinato ereditano il genere del loro iperonimo di livello basico. Non è quindi la semplice relazione di iperonimia a costruire un possibile criterio semantico per l’assegnazione del genere: sono solo iperonimi di livello basico che possono costruire fonti per i loro iponimi. Thorton ha proposto un ulteriore distinzione fra: 1. nomi di livello sovraordinato (il veicolo) 2.nomi di livello basico (la macchina, la bicicletta ecc): 3. livello subordinato ( la panda, la mountainbike) L’assegnazione del genere in caso di prestiti: 1. assegnazione del genere in base al genere di un nome che costituisce o viene percepito come traducente del prestito (la butterfly spagnolo: la mariposa). 2.assegnazione del genere in base al genere di un nome che, benchè non percepito come traducente, è semanticamente fortemente associato al prestito. ( panda e koala in italiano sono maschili per l’associazione con “orso”). L’utilizzazione in italiano di criteri semantici che portano ad assegnare ai prestiti il genere di un loro traducente o di un nome semanticamente associato è stata scriticata da Pasquali: egli propone di lasciare le parole che nella lingua originale hanno un genere con il medesimo genere anche nel prestito, considerando nel caso dell’italiano i neutri come maschili. Tuttavia egli stesso ammette che il suo metodo è difficilmente estensibili a prestiti da lingue con sistemi di genere che non comprendono un’opposizione maschile/femminile o prive di genere in tali casi è possibiel applicare soltanto il metodo arbitrario. Regole morfologiche Assegnano un genere sulla base della flessione cui il nome appartiene. Per esempio si potrebbe formulare in italiano una regola secondo la quale i nomi con singolare in –a e plurale in –e sono femminili. Ogni tant nella letteratura vengono chiamate morfologiche anche regole che assegnano il genere ad un prestito sulla base del genere di un suffisso derivazionale il cui equivalente si trova nel prestito: ad esempio regole che assegnano il femminile ai prestiti inglesi in italiano –tion , come complication, in quanto suffisso viene identificato con il suffisso femminile italiano –zione. In realtà lo status di regole che assegnano il genere ad un prestito dopo aver identificato in esso un certo suffisso derivazionale è dubbio: potrebbero essere considerate anche regole semantiche, in quanto il suffisso ha una forma fonologica stabile. Regole fonologiche Esse assegnano un valore di genere ad un nome in base a qualche aspetto del significante della sua forma base o della sua forma di citazione. Ad esempio in italiano esiste una regola che assegna ik genere femminile a nomi terminanti in –a. Conflitti nell’assegnazione di genere Se esistono regole di diversa natura –semantiche e formali- qual è il rapporto tra di esse in caso di conflitto? Se in una lingua un noem bisognoso di assegnazione di genere potrebbe ricevere generi diversi in base a regole di diverso tipo, come si risolverebbe il conflitto? se si ha un conflitto fra regole semantiche e formali sono sempre quelle semantiche a prevalere : -corbett e fraser concordano universalmente con tale affermazione. -Altri autori come Nasset ipotizzano ivece che solo uno specifico tipo di regole semantiche, quelle che prevedono l’assegnazione di un genere in base al sesso del referente, prevalgono universalmente sulle regole formali. -Audring sostiene che la gerarchia fra diversi tipi di regole di assegnazione del genere non è universale ma puo’ variare da una lingua all’altra: se in russo la regola semantica prevale su quella formale in altre lingue potrebbe invece accadere il contrario. -Rice sostiene che non esistono gerarchie fra diversi tipi di regole . egli propone una teoria dell’assegnazione di genere inquadrata nell’ambito della teoria dell’ottimalità detta OPTIMAL GENDER ASSIGNMENT THEORY (OGAT). Secondo Rice in ogni lingua le diverse regole di assegnazione di genere hanno uguale peso; l’unica gerarchia si ha tra i valori di marcatezza dei diversi generi: in una lingua con due generi , il genere di Deafult è meno marcato dell’altro e anche in una lingua con 3 o piu’ generi si puo’ individuare una strategia di marcatezza che ordini i vari generi per marcatezza crescente. - in generale in italiano i criteri semantici prevalgoo su quelli formali in caso di conflitto bilanciato. Modelli senza gerarchie Vediamo il comportamento dell’assegnazione nei modelli nei quali non è prevista una gerarchia tra i diversi criteri di assegnazione esistenti. 1. Nel modello di Dloeschal ogni nome è associato a una serie di schemi che connettono uan proprietà sematica, morfologica o fonologica del nome con un valore di genere. nell'assegnazione del genere non si procede secondo una gerarchia degli schemi (che possono essere semantici o formarli) ma il genere è rappresentato dal maggior numero di schemi a cui un nome viene associato. Quindi ogni nome può essere associato per caratteristiche semantiche, morfologiche e fonologiche. Nel caso di conflitto per cui un nome appartiene a degli schemi che gli assegnerebbero il genere femminile in ugual misura a degli altri che invece assegnerebbero allo stesso nome il genere maschile, viene assegnato a quel nome il genere che ha più associazioni con il nucleo prototipico di un certo genere. Alcuni schemi hanno inoltre un valore particolare perché rappresentano il nucleo prototipico (?). 2. un altro modello che non ipotizza gerarchie di dominanza tra regole di diversa natura è quello che merge dallo studio di Polpack, Pousada, Sankoff sull’assegnazione di genere ai prestiti inglesi nello spagnolo parlato da portoricani a New York. Gli autori verificano sperimentalmente che diversi fattori operanti nell’assegnazione possono operare contemporaneamente e non, in modo tale che un certo fattore predomini sugli altri. Il loro studio porta dati in favore dell’ipotesi di Nasset. Per quanto riguarda gli altri tipi di regole invece il loro studio verifica un’ipotesi secondo la quale l’assegnazione di genere è soggetta a variazioni: diversi fattori possono avere influenza nell’assegnazione di un genere e il genere assegnato è predicibile soltanto in modo probabilistico. Secondo Polpack, Pousada e Sankoff , i prestiti, il cu genere viene assegnato grazie all’effetto probabilistico di tute le possibili regole nel cui dominio essi rientrano, presentano poi un genere costante per effetto della pressione all’uniformità all’interno della comunità linguistica. I pochi dati italiani presenti mostrano che la totale uniformità nell’assegnazione di genere per un dato prestito non è ancora stata raggiunta dopo alcuni anni dal suo accoglimento. La diversa incidenza della variabilità del genere tra i dati dei 3 studiosi ed il dato italiano è probabilmente dovuta alla diversa complessità ed estensione delle comunità lingustiche coinvolte: Poplack, pousada e Sankoff hanno studiato gli usi del parlato di una lingua di una piccola comunità di portoricani residenti in un singolo isolato di un quartiere di New York, mentre i dati in italiano provengono da internet e tengono conto potenzialmente dell’uso di parlanti dall’italiano di ogni provenienza regionale o sociale. ¨ Tuttavia anche i modelli che prevedono criteri di risoluzione del conflitto basati sulla gerarchia di dominanza tra regole e sulla prototipici di certe connessioni tra caratteristiche di un nome e valori di genere, la variazione di genere osservata nelle fasi iniziali di entrata in uso di un prestito puo’ essere spiegata ipotizzando che nella grammatica mentale dei parlanti che effettuano una determinata assegnazione manchi la regola o la connessione in conflitto con l’assegnazione per loro vincente ( ad esempio chi usa trackball al maschile potrebbe non essere consapevole che l’elemento ball significa palla). Permangono tuttavia problemi irrisolti. CAPITOLO 4: IL GENERE NELLE LINGUE SENZA GENERE Determinate famiglie linguistiche non possiedono il genere ( per es la famiglia uralo-altaica). Le lingue con genere Dixon in un importante volume dedicato alle lingue australiane fa una breve storia dei termini “gender2(genere) e noun classes (classi nominali). Il primo termine è usato per descrivere lingue che dispongono di sistemi di classi nominali semplici ( con la distinzione fra due o tre generi), come il francese o il tedesco mentre il concetto di classe nominale sarebbe stato introdotto piu’ tardi a fronte di sistemi molto piu’ complessi come quelli che ritroviamo nelle lingue Bantu dell’Africa contro meridionale. Corbett chiama Gender cio’ che Dixon preferisce chiamare Noun class. Dixon afferma che la diffrenza fra il genere (sistema semplice con due o tre distinzioni) e la classe nominale(sistema complesso di distinzioni) consiste nel fatto che la seconda implica l’accordo (concordanza) fra il genere di una testa nominale o pronominale e i suoi determinanti e il predicato, mentre cio’ non vale per la distinzione di genere. È già stat sottolineato che Dixon adottando tale prospettiva si fonda esclusivamente su lingue come l’inglese e mette in ombra altre lingue dotate di genere come quelle romanze o slave. Genere grammaticale e genere naturale L’esempio dei pronomi he, she,it dell’inglese induce a ritenere che tale lingua germanica occidentale faccia coincidere la distinzione di genere grammaticale con il genere naturale, vale a dire la differenza sessuale fra maschio e femmina, per cui he è appartenente al sesso maschile e cosi’ via. Tuttavia alcuni usi dell’inglese violano tale distinzione animato vs inanimato tant’è vero che i marinai inglesi si rivolgono alle navi usando il pronome “she”. Genere e tipologia morfologica la mancanza del genere grammaticale è uno dei tratti caratteristici della famiglia linguistica uralo-altaica. In realtà non è stato dimostrato che le lingue uraliche (ugrofinniche e samoidee) e altaiche (turche, mongole, manciu-tunguse) siano fra di loro imparentate ma è certo che tali lingue condividono molte somiglianze strutturali. La tipologia linguistica classica (morfologica) considera tali lingue appartenenti al tipo agglutinante in cui ogni elemento morfologico della flessione della parola ha uan sola funzione grammaticale. Ne deriva che sembra abbastanza naturale che le lingue agglutinanti, che accumulano spesso una lunga serie di suffissi, si risparmino almeno la distinzione di genere. Ciononostante la conclusione che tutte le lingue agglutinanti siano prive di genere grammaticale è smentita da diversi esempi: il baso non presenta nessuna manifestazione di genere grammaticale negli elementi nominali ( nomi, aggettivi, pronomi personali) tuttavia presenta la singolare anomalia di diistinguere nel verbo la seconda persona maschile e femminile. Genere nei nomi e nei pronomi l’assenza di genere nel pronome personale di terza persona singolare sembra una prova scura della mancanza del genere in una lingua. Tale impressine ha suggerito a Greenberg la formulazione del seguente universale “se una lingua ha categoria di genere nel nome, ha categorie d genere nel pronome”. Tuttavia ci sono dei controesempi. Il curdo settentrionale fondato sul dialetto di cizre-botan (turchia) distingue nomi maschili e femminili ma il pronome personale di terza persona ew significa tanto lui quanto lei. Genere e appartenenza gerarchica L’appartenenza ad una determinata famiglia linguistica caratterizzata dalla presenza del genere grammaticale non è garanzia che tutte le lingue che fanno capo a quella famiglia condividano tale tratto strutturale. Il caso dell’inglese (lingua germanica) che ha perso la triplice distinzine di genere tranne nel pronome di terza persona (he, she,it) e altrettanto si puo’ dire dell’Afrikans in sud africa. L’armeno sembra invece aver smarrito la distinzione di genere a causa di contato con il georgiano, in cui non esiste genere grammaticale. Genere e lingue creole I creoli li sono lingue nate dal pidgin, strumenti di comunicazione fra dominanti e dominatori, padroni di schiavi e i loro schiavi, datori di lavoro e lavoranti impiegati nelle piantagioni. La base lessicale del Pidgin è in genere una lingua europea diffusa durante l’epoca del colonialismo ma la grammatica del Pidgin è stata completamente ristrutturata rispetto a quella dei modelli originali e non è quindi sorprendente che in una fase iniziae di semplificazione, il genere grammaticale sia stato elemento di cui sbarazzarsi. Quando i Pidgin diventano creoli, cioè lingue a tutti gli effetti con parlanti per i quali costituiscono la lingua madre, generalmente non vi sono le condizioni per recuperare l genere perduto ma rimangono le risorse cui ricorrono le lingue senza genere per esprimere il genere naturale. Lessico e genere naturale Tutte le lingue del mondo possono distinguere il genere naturale oer mezzo delle radici lessicali. La distinzione fra “padre” e “madre” pu’ sembrare un fatto universale, tuttavia alcune lingue polinesiane, strettamente imparentate con il samoano e il rapuani dell’isola di Pasqua smenticscono quella che sembra una ragionevole aspettativa: nel maori della nuova zelanda Matua significa padre,zio,zia e per specifiare la differenza è necessario far ricorso ai composti. ( la composizione è tra l’altro una strategia molto in uso fra le lingue senza genere). Genere e classificatori Il casi del Vietnamita, una lingua della famiglia Vietmoung fa larghissimo uso dei classificatori in cui il classificatore NGU’OÎ viene usato per le persone come in nguo i sing vien (stidente in generale) ma con la possibilità di distnguere anh sinsh vien (m. stdente) e co sinh vien (f.studentessa), in cui i termini anh(M) fratello maggiore, e co(zia) sono considerati classificatori. Genere naturale, composizione nominale e derivazionale L’espediente più utilizzato per distinguere il genere naturale nelle lingue prive di genere è il ricorso a composti nominali o sintagmi nominali lessicalizzati. In calamuccoo (lingua mongola europea) abbiamo esempi come Er taka (gallo) vs Em taka (gallina). Un maggior grado di grammaticalizzazione del genere si verifica quando Ie lingue senza genere fanno uso della derivazione nominale, con morfemi formativi che talvolta sono trasparenti talaltra opachi per quel che riguarda .fa loro origine. Collinder (1965, p. 57) espone chiaramente e concisamente la situazione delle principali lingue ugrofinniche, il finico e l’ungherese: in finnico troviamo un suffisso femminile –ttare/ttäre derivato dal nome figlia. Il maschile è kuningas. Per l’armeno, la prima lingua indoeuropea ad essere attestata senza genere grammaticale, Godel ha osservato la formazione di suffisso femminile a partire da un prestito ìranico. L’armeno moderno ha reso produttivo il suffisso femminile scritto –owhi. Genere naturale e fonologia soprasegmentale In manciù troviamo un curioso utilizzo dell’ armonia vocalica è un fenomeno cli assimilazione progressiva, per cui il vocalismo (al)( di una parola è condizionato una vocale ( anteriore o posteriore} della prima sillaba. In manciù le vocali posteriori si associano a mi di significato maschile e, specularmente, le vocali anteriori si associano a nomi di significato femminile. Es. haha “uomo”, hehe (donna). Altr lingue distinguono il genre in base alla metafonia o Umlaut. Fenomeno è apparentemente simile a quello di lingue con genere che distinguono il maschile dal femminile per metafonia o Umlaut. (assimilazione regressiva del vocalismoo della prima sillaba da parte di una vocale anteriore .finale eventualmente poi scomparse). Genere naturale e nomi propri I nomi propri individuali di persona possono essere di significato traspa rente o opaco, ma in molte tradizioni vi è comunque una distribuzione complementare fra nomi tipicamente maschili e nomi tipicamente femmini.in inglese il ricorso ai nomi propri è un espediente per distinguere il genere naturale nelle denominazioni degli animali, assieme all’uso dei pronomi personali di terza persona. (he- cat se maschio she-cat se è femmina). In giapponese –yo compare tipicamente nei nomi femminili mentre –ro, -shi, ya e –o sono tipicamente parti finali di nomi maschili. L’uso di ko tuttavia è oggi in decino (malgrado il modello imperiale o celebrita come Yoko Ono). Genere naturale e mitologia secOndo Dixon, l’ attribuzione del genere in dyirbal si può spiegare in parte basandosi sulle credenze mitologiche proprie della comunità dei parlanti. .e credenze religiose possono rivelare un’ attribuzione di genere naturale anche in lingue prive di genere. Conclusione .I. dati riportati in questo capitolo non smentiscono la mancanza del genere n molte lingue del mondo. Tuttavia non si può nemmeno negare che in molti modi diversi le lingue senza genere devono confrontarsi con problemi comunicativi che non possono ignorare in primo luogo il genere naturale. Capitolo 5: la nascita del genere femminile in indoeuropeo A parte l’armeno che 1° perso il genere grammaticale in una fase predocumentaria, le lingue antiche che attestano I’ esistenza di un sistema a tre generi: maschile, femminile e neutro. tuttavia risulta chiaro dalJa formazione del femminile che questo genere è sorto solo in un secondo tempo. Dal punto di vista morfologico infatti, i nomi femminili sono in buona parte caratterizzati dalla presenza di un suffisso, mentre maschi.li e neutri non lo sono. Inoltre, prendendo in esame la distribuzione di tali suffissi, dobbiamo concludere che la loro funzione originaria non era quella di denotare il sesso. Deve aggiungere il fatto che le lingue anatoliche, ben descritte [o a partire dall’inizio del Novecento, hanno un sistema a due generi, corrispondenti dal punto di vista mrfologico al maschile e al neutrodelle altre lingue. ‘e, il sistema di genere che possiamo ricostruire per l’indoeuropeo ha conosciuto tre fasi. Nella prima, troviamo un’ opposizione che si pensa fosse basata sull’ animatezza, fra genere animato e genere inanimato, e nella seconda a questi due generi se ne aggiunge un terzo, che è poi diventato il femminile, ma che in origine aveva una diversa caratterizzazione. Infine la terza fase è quella che vede la formazione compiuta del sistema a tre generi che ci è noto nella maggior parte delle lingue indoeuropee antiche per esempio dal latino e da parte di quelle moderne, come il tedesco. Il femminile in indoeuropeo T, 1:, attribuzione cli genere può essere motivata semanticamente o puo’ non esserl. L’italiano e numerose altre lingue hann sistemi di assegnazione che sono in parte motivati dal sesso dei referenti umani, un sistema simile si trova anche nelle lingue indeuropee antiche, come il latino. Come in italiano, anche in latino osserviamo un parziale legame fra genere e classe flessiva. In italiano> in particolare per i nomi in –a, questo legame è biunivoco: i nomi in –a con plurale in –e sono femminili {portal porte), mentre i (molto meno numerosi) nomi in –a con plurale in –ì sono maschili (poeta/poeti). La creazione di un sistema di accordo un’importante funzione del genere grammaticale è quella di creare un sistema di accordo fra il nome e i suoi modificatori, e con i pronomi anaforici. Secondo alcuni studiosi questa sarebbe addirittura la funzione principale del genere. L’accordo doveva esistere già nelle lingue indoeuropee prima della creazione del femminile. Quindi non dobbiamo pensare alla creazione ex novo del fenomeno dell’ accordo, ma alla sua estensione al terzo genere. La teoria più diffusa sulla nascita del femminile fa riferimento alla creazione di un pronome dimostrativo con il suffisso *-h che sarebbe poi servito da pronome anaforico per i nomi che contenevano lo stesso suffisso; in 1 secondo tempo, il suffisso sarebbe stato riconosciuto come marca di accordo del femminile e quindi esteso agli aggettivi. Il problema dell’ estensione di –a- agli aggettivi della prima classe e a parte dei pronomi si può forse spiegare facendo riferimento alla reinterpretazione e del suffisso come vocale tematica, cioè come formante analogo della .o- della flessione tematica. In base a questa analogia, gli aggettivi che seguivano la flessione in o hanno avuto l’aggiunta del suffisso, che è diventato segnale del femminile, mentre gli aggettivi che seguivano la flessione atematica non l’hanno avuta e non hanno sviluppato differenze far maschile e femminile. Come per altre questioni, potrebbe giovare agli indoeuropeisti cercare di risolvere il problema della nascita del femminile confrontando il loro campo d’indagine con quello di altre lingue. Un caso di nascita di un nuovo genre definito come nuova classe di accordo in un sistema che già conosceva questa categoria è lo slavo nelle lingue slave, che avevano già un sistema di generi ereditato dall’indoeuropeo, nell’ambito del maschile si sono differenziati un genere maschile animato e un genere maschile inanimato. Il primo è caratterizzato dall’avere il nominativo e l’accusativo diversi fra loro, mentre il secondo è caratterizzato dall’avere il nominativo uguale all’accusativo, come il neutro. E la creazione di una quarta classe nominale a base tematica (maschile animato) · è andata di pari passo in slavo con la creazione di una nuova classe di accordo, appare evidente che non ha senso dire che sia stato l’accordo ad avere come effetto la creazine di una casse nominale in piu’ (è come chidersi se sia nato prima l’uovo o la gallina). Significato del suffisso *-h Astratto e collettivo: