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Note sulle ‘rime ’ nelle lettere del Tasso

RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO a cura di CLIZIA CARMINATI ED EMILIO RUSSO EDIZIONI DI ARCHILET MMXVI Edizioni di Archilet 2016 Edizione digitale Gratis Open Access 2016 Edizioni di Archilet via della Chiesa, 15 24067 Sarnico (BG) Direzione: Clizia Carminati, Paolo Procaccioli, Emilio Russo Comitato Scientifico: Eliana Carrara, Giuseppe Crimi, Luca D’Onghia, Roberta Ferro, Enrico Garavelli, Riccardo Gualdo, Carlo Alberto Girotto, Paolo Marini, Paola Moreno, Matteo Residori, Stefano Telve, Franco Tomasi, Massimo Zaggia Il presente volume è frutto della ricerca condotta nell’ambito del Progetto “Lettere di Torquato Tasso e di interesse tassiano della Biblioteca Civica ‘Angelo Mai’ di Bergamo: studio, riproduzione digitale, pubblicazione online nel sito www.archilet.it” finanziato dalla Regione Lombardia nell’ambito dell’“Avviso per la presentazione di progetti di ricerca applicata per la valorizzazione del patrimonio culturale lombardo” Programma Operativo Regionale 2007-2013 - Ob. 2 Asse IV Capitale Umano - D.d.s. 1 luglio 2014 - n. 6272 POR Fondo Sociale Europeo 2007-13 Regione Lombardia Partner: Università degli Studi di Bergamo Biblioteca Civica ‘Angelo Mai’ Centro di Studi Tassiani ISBN: 978-88-99614-00-3 INDICE Saluto delle istituzioni M ARIA ELISABETTA M ANCA, Biblioteca Civica ‘Angelo Mai’ LUCA BANI, Centro di Studi Tassiani V VII CLIZIA CARMINATI, Introduzione 1 PAOLO PROCACCIOLI, La lettera di Antico Regime: canoni, depositi, letture vecchie e nuove 7 MARIA TERESA GIRARDI, Le lettere non ‘poetiche’ di Tasso come luogo di riflessione poetica 25 FRANCO TOMASI, Note sulle ‘Rime’ nelle lettere del Tasso 45 MARIANNA LIGUORI, Su alcune missive tassiane trasmesse dal codice Falconieri e dal registro di Maurizio Cataneo: lettere 146 e 1537 61 MICHELA FANTACCI, Due lettere tassiane (114, 1112) e il contributo dei codici bergamaschi 77 ELISABETTA OLIVADESE, Proposta di studio su alcune lettere tassiane del codice Falconieri (ed. Guasti 33, 62, 76, 166, 420, 471) 89 EMILIO RUSSO, Per l’epistolario del Tasso (3). Un minutario autografo 103 Indice dei nomi 127 Un saluto e un ringraziamento all’Università di Bergamo, che ci ospita oggi, per rendere conto di questo importante progetto che vede la Biblioteca Civica ‘Angelo Mai’ unita all’Ateneo bergamasco e alla “Sapienza” Università di Roma nel comune intento di valorizzare e rendere meglio fruibile una parte fondamentale del patrimonio conservato. Questo progetto non avrebbe potuto realizzarsi senza il contributo fondamentale di Regione Lombardia il cui sostegno è essenziale per le attività legate alla catalogazione, alla valorizzazione e alla digitalizzazione del patrimonio della ‘Mai’. Sono queste le tre attività poste alla base della missione di una grande biblioteca di ricerca e conservazione: non è infatti possibile conoscere e valorizzare se non si cataloga e se non si descrive, e quindi se non si mette nella disponibilità degli studiosi, il patrimonio giunto sino a noi. I progetti di studio e di ricerca che ci vedono affiancati all’Università sono essenziali per dare sostanza al nostro lavoro. I fondi tassiani – la ‘Angelo Mai’ conserva la Raccolta più importante del mondo per quanto riguarda i fondi bibliografici – sono elementi costitutivi della biblioteca poiché già il suo iniziatore, il cardinale Giuseppe Alessandro Furietti, ricercava, raccoglieva e conservava cimeli documentari e librari tassiani, mentre si deve al suo segretario, l’abate Pierantonio Serassi, attivo propugnatore per la nascita di una biblioteca pubblica a Bergamo, uno dei nuclei costitutivi della Raccolta. Il tema è dunque centrale nella storia culturale della città e soprattutto nella storia istituzionale della Biblioteca: è questo il motivo per il quale abbiamo accolto l’invito a partecipare al progetto Archilet proposto dalla professoressa Carminati e condotto con tanta pazienza e sapienza da lei e dal professor Russo. Non posso qui dimenticare il contributo del Centro di Studi tassiani che ha sede presso la Biblioteca e dal 1950 raduna gli studiosi nel nome di Tasso svolgendo un ruolo centrale per la conoscenza della raccolta e per la promozione degli studi di molti VI giovani attraverso il premio Tasso e la pubblicazione della rivista Studi tassiani. L’inclusione in questo progetto ci ha dunque onorati coincidendo appieno con le finalità istituzionali e con lo sforzo in atto per valorizzare e diffondere, anche a distanza attraverso i mezzi offerti della tecnologia, la qualità del patrimonio conservato e per favorirne una più estesa fruizione. Nel caso specifico, infatti, la riproduzione digitale è stata posta al servizio di un lavoro di alto valore scientifico nel quale le descrizioni e i regesti delle carte sono finalizzati alla costituzione di una banca dati sulle corrispondenze di ambito letterario in Italia tra Cinque e Seicento. Come ricordato dalla professoressa Carminati in sede di presentazione, questo progetto interloquisce con parallele iniziative di ricerca già avviate in Italia e in Europa dedicate ai fondi epistolari di diverse epoche: un fondamento per la ricerca storica, letteraria, artistica, musicale. Nel rinnovare i ringraziamenti, concludo augurando che anche in futuro progetti di questo tipo, che offrono la possibilità di aggregare ai gruppi di lavoro giovani studiosi, vedano la Biblioteca al centro delle attenzioni dell’Università. M ARIA ELISABETTA M ANCA Direttrice Biblioteca Civica ‘Angelo Mai’ Sin dalla sua fondazione, di cui quest’anno ricorre il 65° anniversario, il Centro di Studi Tassiani di Bergamo ha operato per la diffusione della conoscenza delle figure e delle opere di Bernardo e di Torquato Tasso attraverso la pubblicazione della rivista «Studi Tassiani» (dal 1951), l’assegnazione del premio Tasso (dal 1960), l’organizzazione di conferenze o convegni e, non ultima, la promozione o il patrocinio di programmi di ricerca propri o di altri che avessero come finalità lo studio e la valorizzazione dei documenti custoditi nel Fondo Tassiano della Biblioteca Civica ‘Angelo Mai’ di Bergamo. In questa prospettiva s’inquadra il convinto supporto che il Centro di Studi Tassiani ha voluto dare al progetto Lettere di Torquato Tasso e di interesse tassiano della Biblioteca Civica A. Mai, coordinato dalla professoressa Clizia Carminati, fatto proprio, oltre che dalla già citata Biblioteca ‘Mai’, dal Dipartimento di Lettere, Filosofia e Comunicazione dell’Università di Bergamo e finanziato dalla Regione Lombardia. L’opera meritoria della coordinatrice, di Emilio Russo e delle tre giovani studiose che con passione e solerzia li hanno affiancati sta non solo nell’aver classificato, regestato e messo in rete un numero considerevole di documenti epistolari di Torquato Tasso, ma anche nell’aver ridato slancio a una ricerca che oramai da alcuni anni sembrava languire, forse anche a causa della cronica carenza di fondi che la crisi economica e una politica sempre più restia a concedere finanziamenti alla cultura hanno purtroppo reso strutturale. La professionalità dell’équipe, dunque, la bontà dell’iniziativa e la creazione di una solida rete di partner istituzionali hanno consentito al progetto di risultare vincente. Oggi ne vediamo solo i primi, significativi risultati, ma l’auspicio è ovviamente che essi possano tradursi in una nuova e stimolante stagione di studi tassiani. LUCA BANI Presidente del Centro di Studi Tassiani CLIZIA CARMINATI INTRODUZIONE I l volume raccoglie i contributi presentati nella giornata di studi conclusiva del progetto “Lettere di Torquato Tasso e di interesse tassiano della Biblioteca Civica ‘Angelo Mai’ di Bergamo: studio, riproduzione digitale, pubblicazione online nel sito www.archilet.it”, presentato dall’Università di Bergamo e finanziato dalla Regione Lombardia. Il progetto, da me diretto con la collaborazione scientifica di Emilio Russo e delle dottoresse Michela Fantacci, Marianna Liguori, Elisabetta Olivadese, assunte ad hoc con una borsa di studio dell’Università di Bergamo, si è svolto da agosto a dicembre del 2015 ed è stato pubblicamente presentato nella sede della Biblioteca ‘Angelo Mai’ il 13 ottobre 2015. Obiettivo del progetto erano lo studio, la riproduzione digitale, la schedatura e la pubblicazione online del corpus di lettere di Torquato Tasso conservato alla Biblioteca ‘Mai’. Gli esiti sono visibili sul sito di Archilet, ove sono pubblicate, corredate dalle immagini, le schede del corpus, più oltre descritto, conservato alla ‘Mai’ (corrispondenti al 25% circa dell’intero epistolario tassiano). In avvio mi sia consentito ringraziare di cuore tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione del progetto: in primo luogo la Regione Lombardia, che lo ha finanziato; l’Università di Bergamo e il personale amministrativo dell’Ufficio Ricerca e del Dipartimento di Lettere, Filosofia, Comunicazione, che lo hanno appoggiato e supportato facendo fronte alle difficoltà burocratiche e ai tempi molto stretti di esecuzione; le due istituzioni partner: il Centro di Studi Tassiani e la Biblioteca Civica ‘Angelo Mai’. Ringrazio in modo particolare il personale della Biblioteca, la Direttrice dottoressa Maria Elisabetta Manca, la dottoressa Marta Gamba responsabile della sezione Manoscritti e Rari, il dottor Luca Guaschetti, responsabile delle riproduzioni, e il dottor Mar- 2 RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO cello Eynard, che con grande generosità si sono resi disponibili già nelle settimane estive per consentire l’avvio del progetto e che lo hanno poi accolto tra le attività istituzionali garantendo appoggio costante pur tra le difficoltà della ristrutturazione edilizia che ha interessato la Biblioteca. Il mio più caloroso ringraziamento va al gruppo di ricerca che ha realizzato il progetto. A Emilio Russo, che ne ha seguito tutte le fasi in qualità di principale supporto scientifico, definendo cadenza e natura dei lavori e mettendo al servizio del progetto la competenza filologica e critica frutto dei suoi ventennali studi tassiani. Alle dottoresse Michela Fantacci, Marianna Liguori ed Elisabetta Olivadese, da poco titolari di laurea triennale, che hanno dimostrato una passione e una dedizione difficili da immaginare per chi non le abbia viste al lavoro; passione e dedizione non solo superiori al dovuto ma davvero commoventi. Il loro impegno è stato per me l’occasione di capire che c’è un futuro per i nostri studi e che essi possono suscitare passione ed entusiasmo anche nei giovani e provocare una capacità di lavoro fuori dal comune e davvero preziosa. Il progetto nasce per rispondere all’invito della Regione alla «valorizzazione dei beni culturali»: ci siamo chiesti se il gruppo di lavoro nato e cresciuto intorno ad Archilet non rispondesse già, implicitamente, a questo invito. I documenti epistolari sembrano avere, in effetti, un particolare bisogno di valorizzazione, non solo e non tanto per la relativa trascuratezza di cui hanno goduto anche nelle più recenti sintesi storiche della letteratura italiana, quanto per l’intrinseca difficoltà che presentano per il lettore contemporaneo. Anzitutto, ogni documento epistolare è parte di un insieme di altri documenti che costituiscono il carteggio (a sua volta intrecciato con altri carteggi, nodo di una rete) e che coinvolgono almeno due persone, oltre a implicare una serie di variabili che ne condizionano il senso e la portata: dai tempi di consegna alle condizioni di conservazione. Tale insieme non può essere immediatamente percepito leggendo il solo documento, ma richiede la mediazione del ricercatore che solo può ricostruirlo agli occhi del lettore. Inoltre, l’appartenenza dei documenti epistolari di interesse a secoli distanti da quello in cui viviamo li rende muti, ai limiti dell’incomprensibilità, per lettori non specialisti (e talvolta anche CLIZIA CARMINATI 3 per gli specialisti): occorre saper sormontare la distanza materiale, grafica, linguistica, storica per poter comprendere appieno una lettera del Cinquecento. E continuando per questa via, si pensi alle allusioni che ogni lettera contiene, nel fare riferimento a un contesto comune a mittente e destinatario ma non più a noi: allusioni che soltanto una ricerca storica approfondita può rendere esplicite, restituendo al documento il suo senso pieno, e con esso tutto il suo valore. Di fronte a questo stato delle cose, ci è parsa poco risolutiva la scelta, pur utile, della mera riproduzione digitale, che mette a disposizione dei frequentatori della rete, spesso gratuitamente, un’immensa mole di materiali: essi restano infatti sostanzialmente inerti, perché gli stessi internauti per lo più non hanno gli strumenti per leggerli, per comprenderli, per capirne la portata culturale. Ci si è mossi, dunque, in una direzione di mediazione doppia, con l’intento di far parlare i documenti: da un lato, la mediazione tra il documento e il pubblico che consulta il sito, attraverso l’identificazione e la restituzione nelle schede di tutti i nomi e le opere citati (anche per allusione); dall’altro, la mediazione tra documento e documento, attraverso la messa in dialogo di una lettera con l’altra e la ricostruzione nel database della rete epistolare di cui erano parte. L’innovazione introdotta nel sito di Archilet grazie al finanziamento della Regione Lombardia e al partenariato con la Biblioteca ‘Mai’ (e ora anche con l’Archivio di Stato di Bologna) permette inoltre di allegare ad ogni scheda l’immagine del documento manoscritto, così da offrire l’intera gamma delle informazioni, dalla scheda che è esito dello studio e dell’interpretazione dello studioso sino al testo completo nella sua veste grafica e ortografica originale, incontrando gli interessi di diversi tipi di pubblico, dallo studente al cultore della materia allo studioso specialista. Dati questi intenti, la scelta di mettere al centro della ricerca il carteggio di Torquato Tasso ha un valore strategico, su più fronti. Anzitutto, lo stesso epistolario tassiano occupa una posizione privilegiata, collocandosi in quei decenni del tardo Cinquecento che fungono da cerniera tra due stagioni e le cui inquietudini Tasso vive tutte su di sé, dal tormentato sentire religioso al difficile 4 RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO percorso entro il genere del poema narrativo visibile nella riscrittura della Liberata nella Conquistata. Per ampiezza di problemi ed eccezionale qualità di scrittura, le quasi 1700 lettere del Tasso costituiscono inoltre un corpus esemplare per lo studio del genere epistolare. Ma la ricerca sulle lettere del Tasso vuole avere ruolo strategico anche sul fronte propriamente ecdotico e documentario, data la situazione del testo che, nonostante l’importante volume di Gianvito Resta del 1957, è ancora ferma alla problematica edizione approntata da Cesare Guasti alla metà dell’Ottocento.1 Lo è non certo per incuria della comunità degli studiosi, ma per le gravi difficoltà di tradizione e di ricostruzione testuale, nonché per i molti dubbi di autenticità che circondano le reliquie di un autore venerato. Al centro di quel corpus, una posizione strategica la occupa a sua volta la Raccolta Tassiana della Biblioteca ‘Angelo Mai’, la più completa al mondo per gli studi sui due Tasso. Di fronte a questa situazione, è parso naturale e utile cercare di affrontare con i nuovi strumenti proprio quel carteggio, nella speranza di offrire materiali certamente parziali ma non imprecisi agli studiosi e in particolare a coloro cui è affidato l’impervio compito dell’edizione critica e commentata. Il corpus centrato nella sede bergamasca include manoscritti ed edizioni a stampa: l’edizione pubblicata nel 1588 a Bergamo dallo stampatore Comino Ventura, con la mediazione di Giovan Battista Licino; e i codici di autografi e apografi rimasti o pervenuti a Bergamo, tra i quali spiccano il copialettere di Maurizio Cataneo (segnato MAB 34), le lettere agli Albani (Tassiana L 5 5 e Tassiana M 8 37) e il celebre «codice Falconieri» (Cassaforte 6 15). Dopo la riproduzione digitale, si è reso necessario un complesso lavoro preliminare di identificazione, lettera per lettera, delle fonti manoscritte e a stampa, così come indicate da Guasti e integrate quando necessario. Di lì si è passati alla schedatura delle lettere presenti nel corpus bergamasco, non trascurando la collazione quando la molteplicità di fonti o la situazione dell’edizione Guasti GIANVITO RESTA, Studi sulle lettere del Tasso, Firenze, Le Monnier, 1957; TORQUATO TASSO, Lettere, a cura di Cesare Guasti, 5 voll., Firenze, Le Monnier, 1852-1855. 1. CLIZIA CARMINATI 5 la consigliassero (si vedano, per questo aspetto, gli interventi di Fantacci, Liguori e Olivadese). Durante la schedatura sono state allegate le immagini a bassa risoluzione delle lettere contenute nei manoscritti, o il link all’edizione a stampa; entrambi, naturalmente, nei casi in cui la tradizione lo permetteva. L’agilità del sito ha consentito e consentirà di non doversi fermare a un ne varietur del tutto provvisorio data la parzialità dell’indagine, ma di provvedere a interventi di aggiornamento costanti. La giornata di studi dell’11 dicembre, resa possibile dalla generosità dei relatori che si sono impegnati a prendervi parte con breve preavviso, ha inteso offrire alla comunità scientifica un’occasione di dialogo, mettendo in comunicazione il progetto sulle lettere tassiane con gli studiosi più competenti dell’epistolario del Tasso. Da un lato, essa è stata l’occasione di presentare pubblicamente i risultati del lavoro; dall’altro, ha consentito al gruppo di ricerca di giovarsi del punto di vista di studiosi che non avevano preso parte al progetto. I primi tre contributi, sull’epistolografia del Cinquecento e sulle lettere del Tasso viste da differenti prospettive, provengono infatti da studiosi esterni al progetto e guardano pertanto alle lettere tassiane in modo diverso. I contributi del gruppo di ricerca, invece, offrono un saggio dei molteplici e difficili problemi che l’epistolario tassiano pone allo studioso che orienti filologicamente il suo approccio, nel tentativo di ricostruire, lettera per lettera, un testo affidabile e di commentarlo storicamente collocandolo al giusto luogo entro la biografia e l’opera tassiana e nella tradizione. Sono stati scelti alcuni casi rilevanti per comprendere la complessità del lavoro svolto e per esporre al pubblico non tanto il bilancio definitivo di un’esperienza conclusa e isolata, quanto l’augurio che quella esperienza funzioni da volano, rendendo evidente l’opportunità non più procrastinabile di rilanciare con nuova energia lo studio delle lettere del Tasso. L’auspicio è che la schedatura disponibile in open access e i risultati del lavoro, inclusi questi stessi atti, costituiscano un utile contributo, nonché un primo significativo passo, in vista di tale rilancio. I risultati raggiunti, benché parziali e provvisori, sono insomma tre, tutti collegati a quell’istanza di valorizzazione dei beni culturali di cui si è detto poc’anzi. 6 RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO Il primo e più importante consiste nell’aver reso disponibili in rete un quarto circa delle lettere di Tasso, quelle che costituiscono il patrimonio bergamasco, comprendenti periodi importanti della vita del poeta e corrispondenti decisivi per la biografia e per l’opera. Il secondo, nell’aver offerto le lettere di Tasso non in una riproduzione digitale inerte e difficilmente leggibile dai non specialisti, ma in una forma fruibile, compilata dopo uno studio accurato e di prima mano, consentendo dunque a chi consulterà il sito (inclusi i non specialisti) la possibilità di entrare davvero nelle lettere di Tasso, di ricevere spiegazioni e indicazioni di ricerca. Molti problemi di interpretazione, di identificazione di personaggi, di ricostruzione della tradizione dei testi epistolari sono stati già risolti. La ricerca costituisce di fatto una base per il futuro commento; e, come sarà visibile nei saggi del gruppo di ricerca, l’accuratezza di tale studio ha portato non pochi chiarimenti utili anche all’edizione critica. Terzo risultato è aver inserito le lettere di Tasso entro il contesto ampio di Archilet, cioè averle messe in dialogo con gli altri epistolari dell’età moderna, rendendo possibili ricerche incrociate (per esempio con l’epistolario e l’attività poetica di Angelo Grillo, che pubblica le sue Rime a Bergamo per Comino Ventura nel 1587 e nel 1589). Come già accaduto per altri carteggi schedati in Archilet, tali incroci non apporteranno soltanto un accrescimento di notizie, ma suggeriranno anche un diverso metodo di studio che non solo metta a fuoco un oggetto monografico, ma che riesca a intenderne e a seguirne le propaggini, a disegnarne le reti, a collocarlo entro una rosa di problemi che appartengono non soltanto al singolo autore ma a tutta una cultura. FRANCO TOMASI NOTE SULLE ‘RIME ’ NELLE LETTERE DEL TASSO Le lettere tassiane hanno da sempre costituito per gli studiosi un essenziale punto d’avvio per indagini filologiche e critiche sulle rime, perché nel mare complesso della lirica tassiana, tra edizioni pirata, progetti d’autore avviati e non conclusi, rime encomiastiche diffuse con un’intensità quasi allarmante, i diversi pezzi epistolari consentono di porre di punti di ancoraggio rassicuranti e spesso decisivi. Va però osservato sin da subito che i due corpora, le rime e lettere, costituiscono di fatto, ancora oggi, un terreno difficile, perché si tratta di testi la cui affidabilità filologica, ovviamente preliminare a qualunque percorso di carattere critico-interpretativo, è ancora troppo spesso insoddisfacente, in particolare per le lettere, come alcuni interventi di questo stesso volume testimoniano. Problemi a vari livelli, dall’accuratezza e completezza dei singoli pezzi, com’è noto spesso disinvoltamente manipolati dagli editori, sino ai dubbi sulla corretta cronologia allestita a suo tempo dall’edizione Guasti, aspetto assai più preoccupante, fanno delle lettere più che un sicuro punto d’avvio, una sorta di terreno su cui poggiare con molta cautela per avventurarsi in più ampie ricostruzioni critiche. Con la prudenza che queste considerazioni preliminari invitano ad adottare, credo si possa comunque avviare una riflessione su alcuni aspetti della produzione lirica tassiana, proprio a partire dagli spunti che le lettere suggeriscono a più riprese. 1. In prima istanza ciò che più sembra fruttuoso cogliere è una testimonianza viva delle abitudini compositive di Tasso, in particolare di quella pratica di riscrittura continua che, pur costituendo un tratto tipico del suo modus operandi, nella lirica si manifesta in forma quasi sistematica e spesso nevrotica. Da un lato questo avviene perché Tasso rielabora per un lunghissimo periodo di tempo i medesimi nuclei di rime, come avviene ad esempio per le “amo- 46 RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO rose”, se si ricorda che le cosiddette rime eteree, felicissima silloge giovanile,1 sopravvivono, certo profondamente mutate di senso, stilistico, tematico e poetico, almeno sino all’edizione Osanna del 1591, ultima tappa di un trentennale lavoro di revisione. Dall’altro lato andrà rilevato che la riscrittura continua della lirica è motivata anche dalle forme della diffusione dei testi, spesso orientata al breve giro dell’uso sociale, soprattutto per le liriche encomiastiche giocate in funzione di precise strategie cortigiane; Tasso del resto, specie negli anni di Sant’Anna, sembra spesso utilizzare lettere e rime per ottenere favori e, soprattutto, per guadagnarsi una possibile via di fuga dalla reclusione. Per queste ragioni il numero delle liriche prodotto diventa quasi vertiginoso, tanto che per il periodo in questione quasi ogni lettera o si accompagna con uno o più testi lirici o avanza delle promesse per invii futuri. Per ragioni diverse, dunque, le lettere offrono un punto di osservazione privilegiato dello scrittoio tassiano e dei modi abituali di lavoro del poeta, una forma mentis che Tasso adotta nei confronti della lirica che può essere ben rappresentata proprio da una lettera del 1586, indirizzata ad Antonio Costantini. Si tratta di una missiva carica di una verve comica che non è così raro trovare nella scrittura epistolare tassiana, e che forse meriterebbe di essere colta con maggior evidenza, una lettera nella quale Tasso giocosamente illustra la necessità di valutare nel tempo il valore delle rime, un tempo che implica da un lato l’inevitabile cura del poeta per portare a piena maturazione l’originaria ispirazione, e dall’altro una sorta di decantazione necessaria prima di poter dare un giudizio sereno: Per la raccolta si veda TORQUATO TASSO, Rime eteree, a cura di Rossano Pestarino, Milano–Parma, Fondazione Bembo–Guanda, 2013; la lettera di Tasso al cugino Ercole in cui annuncia l’imminente stampa delle Rime eteree è la I, 6, sulla cui datazione si è discusso in tempi recenti, tra chi ha ribadito la bontà dell’ipotesi avanzata da Guasti, che l’aveva assegnata al 1566 (cfr. CLAUDIO GIGANTE, Tasso, Roma, Salerno Editrice, 2007, p. 20, n. 19), e chi invece, come Antonio Daniele (Nuovi capitoli tassiani, Padova, Antenore, 1998, p. 7) e Vania De Maldé (Le ‘Rime’ tassiane tra filologia e critica: per un bilancio dell’ultimo decennio di studi, in Torquato Tasso e la cultura estense. Atti del convegno di Ferrara, 10-13 dicembre 1995, a cura di Gianni Venturi, Firenze, Olschki, 1999, vol. II, pp. 317-332), la colloca in momento posteriore al 20 aprile del 1567, sulla scorta della licenza di stampa scoperta da Mirella Magliani (Sull’edizione delle ‘Rime de gli Accademici Eterei’ del 1567, «Atti e memorie dell’Accademia Patavina di Scienze, Lettere ed Arti», CVI, 1993-1994, pp. 5-26). Non prende posizione sul problema invece Pestarino (TASSO, Rime eteree, p. CII, n. 91). 1. FRANCO TOMASI 47 Aspetto risposta da Vostra Signoria, che abbia ricevuti gli ultimi pieghi, ne’ quali era una canzona; e fur dati da me al fattore di messer Girolamo Costa. Se vedrà tardi alcune mie composizioni, non incolpi il mio volere, ma la fortuna: ma con picciol danno, o con nissuno, perché non tutti i versi sono simili a l’ova, che divengono tosto stantive; ma alcuni più s’assomigliano al vino, il quale è molto miglior del mosto, benché con la vecchiezza o con la maturità potesse perder la dolcezza o acquistare l’amaritudine.2 Che le rime non siano «ova» destinate a diventare «stantive», ma abbiano bisogno invece di tempo per essere apprezzate e per svelare la loro qualità, come accade per l’uva che lentamente può divenire un vino apprezzabile, è una istanza ben interiorizzata da Tasso che si impegna in una continua revisione e riscrittura, una cura certo dai tratti talvolta quasi ossessivi, ma che sembra necessaria affinché il vino-poesia possa giungere a una felice maturazione. In nome di questo principio nelle lettere è possibile osservare un lavoro assiduo e costante di revisione chirurgica delle rime, tanto che assai di frequente Tasso, dopo aver inviato sonetti o canzoni ad amici o potenziali protettori, fa seguire una o più lettere suggerendo varianti, che toccherà al destinatario inserire nel testo. Si veda, come primo esempio, un piccolo gruppo di sonetti inviati, tramite Curzio Ardizio, a Mantova, all’indirizzo di Ranuccio e Alessandro Farnese. In una prima lettera del gennaio 1582 (Lettere, 173) Tasso annuncia l’invio di un sonetto per Ranuccio (Mentre il tuo forte padre in fiera guerra, 814 dell’ed. Solerti), salvo poi intervenire con una nuova lettera, di poco successiva, per chiedere al suo destinatario di valutare la possibilità di inserire alcune «mutazioni»: Mando a Vostra Signoria il primo sonetto del signor principe Rannuccio, mutato in alcun loco, come vedrà. Nel quinto verso non ho fatta alcuna mutazione: vederei nondimeno volentieri il parer del signor Marcello, e del signor Pontevico, e de gli altri academici; dico se paresse lor meglio di replicar il mentre, così: E mentre l’avo giusto amica terra In pace regge. TORQUATO TASSO, Lettere, a cura di Cesare Guasti, 5 voll., Firenze, Le Monnier, 1852-1855, lett. 665 (d’ora in avanti si cita l’edizione Guasti con la formula Lettere, seguita dal numero d’ordine), del 13 ottobre 1586. 2. 48 RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO Parimente, se nel nono piacesse loro di porre la particella che disgiunge, nel loco di quella che congiunge: E co ’l parlar sciolto, o co’ bei carmi. Oltre il primo sonetto, ne mando a Vostra Signoria un altro; e la prego che m’avisi de l’uno e de l’altro. […] Di Sant’Anna. Una prima proposta di varianti, quindi, lasciata però al gusto e all’arbitrio dei suoi destinatari, sia pure con precise indicazioni sulle ragioni che ne avrebbero giustificato l’introduzione. A questa prima, più ravvicinata proposta di correzione ne seguì una seconda, probabilmente più estesa («ho rescritti i sonetti e mutate in loro alcune parole»), affidata ancora a una lettera, questa volta indirizzata a Giulio Mosti, a cui chiede di girare i testi all’Ardizio. L’invio della nuova versione non lasciava però del tutto tranquillo Tasso, che si preoccupava della forma del nome proprio del Farnese: Se è diminutivo di Rana, dee essere scritto con una sola n; ma potrebbe facilmente esser ch’egli derivasse dal latino Rhamnuzio. Mi ricordo d’averlo letto nel Casa: Alessandro e Rannuccio miei che fanno? [Rime LXI, 8, con forma «Ranuccio»] e volentieri avrei veduto come lo scrive.3 Sonetto e lettera inviata a Mosti si dovevano però essere smarriti, tanto che qualche tempo dopo, nel mese di giugno secondo Solerti, Tasso inviava una nuova missiva a Curzio Ardizio per trasmettergli una ulteriore versione della prima terzina del sonetto, nel frattempo rivisto: Ho molto obbligo al signor Giulio Mosti, che dia buon ricapito a le lettere ch’io scrivo a Vostra Signoria, parimente a quelle ne le quali è alcun mio componimento; percioché de’ molti che prima n’aveva fatti e mandati a Vostra Signoria e ad altri amici miei, non ho avuto avviso alcuno; e dubito che non siano stati dati a coloro a’ quali sono scritti. Ben è vero che tra le lettere ch’io ho date al signor Giulio, credo che ne sia smarrita una, ne la quale così era racconcio il primo terzetto del primo sonetto ch’io scrivo al principe Rannuccio: 3. Lettere, 179. FRANCO TOMASI 49 E co ’l sermone sciolto e co’ be’ carmi Gli altri e te stesso avanzi, e ’n sì gentile Studio la verde età passar t’aggrada. La qual mutazione non muto sin a te stesso avanzi; ma, se le pare, può soggiungere: … e ’l verde aprile Così degli anni tuoi passar t’aggrada.4 Sempre ai Farnese, questa volta ad Alessandro, nello stesso giro di giorni e attraverso gli stessi intermediari, Tasso inviò il sonetto Sacrò ne l’Oriente il re di Pella (814 dell’ed. Solerti), per poi provvedere, il mattino seguente alla spedizione, a produrre una nuova versione dei primi due versi, immediatamente inviati all’Ardizio, con la preghiera di correggere e aggiornare la copia ricevuta il giorno precedente: Mandai ieri a Vostra Signoria il sonetto del signor principe di Parma. Questa mattina ho racconcio un verso o due in questo modo; e sono i primi: Sacrò ne l’oriente il re di Pella Famosi altari; o, marmorei altari. Scegliete qual vi piace, e piacciavi il meglio; e fatelo ben ricopiare, accioché sia bene stampato.5 Se la chiusa della lettera lascia ancora aperta la questione delle varianti alternative, Tasso tornerà poi con ancor maggior decisione a rivedere il sonetto, come testimonia il manoscritto Estense siglato da Solerti E2, un codice autografo depositario, stando alle ipotesi di Angelo Barco, di un vero e proprio «canzoniere encomiastico», dove troviamo una tormentatissima revisione del testo, documentata dall’apparato di Solerti (III, pp. 364-365), una revisione dove tra le molte soluzioni alternative ancora galleggiano come possibili proprio quelle avanzate in questa lettera.6 Lettere 182. Lettere 176. 6. Cfr. ANGELO BARCO, E2, un autografo delle rime tassiane, «Studi tassiani», 29-31, 1981-1983, pp. 63-80. 4. 5. 50 RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO L’invio di rime attraverso le lettere associato alla rapidità del commercio epistolare sembrano una tentazione cui Tasso non resiste per considerare i suoi testi sempre precari, sempre in attesa di una possibile revisione, come accade, ad esempio, per il sonetto Diva a cui sacro è questo tempio (Rime, 1649), dedicato alla celebrazione di Sant’Anna, che Tasso consegna ad Aldo Manuzio, salvo poi avvisarlo della necessità di mutare il finale, fonte di insoddisfazione: Io non aveva potuto mutare i duo ultimi versi del sonetto di Sant’Anna, il quale ieri diedi a Vostra Signoria, in modo ch’io me ne compiacessi, benché alcune volte mi fossi riprovato di migliorarli: ma questa notte gli ho mutati come vedrà, e, come a me pare, alquanto meglio. E le bacio le mani, pregandola che voglia racconciare in questa maniera la copia ch’ella n’ha. Il Signor Iddio la conservi. Di Sant’Anna, del 1582 a gli 8 di settembre. Figlia sua madre, a cui tu siedi a canto Sovra ciascun ne gli stellanti chiostri.7 Ma lo stesso giorno in cui scrive la prima lettera ne invia una seconda, per introdurre altre correzioni, che interessano la parte finale del sonetto: Credo che il signor Giulio Mosti avrà mandato a Vostra Signoria il conciero ch’io ho fatto ne’ duo ultimi versi del sonetto di sant’Anna: Figlia sua madre, a cui tu siedi a canto Sovra ciascun ne gli stellanti chiostri. Ma perché non mi sodisfaceva a pieno del penultimo, l’ho rimutato in questo modo: Figlia la madre, che ti siede a canto; nel quale suona senza dubbio meglio a gli orecchi. Prego Vostra Signoria che racconci la sua copia: e le bacio le mani. Di Sant’Anna, l’8 di settembre del 1582.8 Lettere, 212. Lettere, 213. Il sonetto si può leggere, in una edizione filologicamente sicura, in Massimo Castellozzi, Il codice A4 delle ‘Rime’ di Torquato Tasso, «Studi tassiani», 56-58, 2008-2010, pp. 43-99, pp. 55, n. 31 (ove si dichiara che le lezioni attestate dalle lettere, non riscontrate altrove, sono assunte come parte della recensio) e 76. 7. 8. FRANCO TOMASI 51 A documentare come per Tasso persino la stampa non segni un punto fermo nella revisione delle liriche si può citare un caso quasi limite, quando cioè risponde al bolognese Giulio Segni, il 29 luglio del 1583, che aveva incluso due sonetti di Tasso (Luce a l’oscure leggi e leggi al mondo: Rime, 891; Papio, ne l’alta sede ove traesti: Rime, 892) nella raccolta Scelta di varii poemi [...] composti nella partenza di Angelo Papio dalla città di Bologna (Bologna, Rossi, 1583), evidentemente senza aver chiesto in anticipo il permesso, salvo poi scrivere al Tasso stesso per scusarsi: Vostra Signoria mi dimanda perdono di cosa, de la quale merita più tosto d’essere ringraziata, cioè d’aver fatti stampare i due sonetti che io scrissi al signor Papio, in compagnia di quelli di tanti altri eccellenti ingegni […] Ben è vero che mi sarebbe stato più caro di vedere stampato il secondo sonetto, con una mutazione nel settimo verso, la qual è questa: E Roma sol può darti i premi degni.9 [Rime, 892, 7] Un «conciero», insomma, ad uso privato del suo destinatario, che nella sua copia a stampa avrebbe potuto correggere il testo secondo la volontà tassiana, spia di una mentalità che sembra mettere in crisi anche la demarcazione tra dimensione tipografica e «scribal culture», pure così attiva e viva nel pieno Rinascimento, come gli studi di Brian Richardson hanno illustrato.10 Su questa falsariga, di lezioni proposte via lettera per rime già inviate, varianti minime o più ampie, alternative o sostitutive, si possono trovare esempi continui nell’epistolario, quasi ad ogni pagina. Un minimo scarto a questo schema si riscontra quando accanto alle varianti Tasso aggiunge spiegazioni approfondite delle ragioni che lo hanno indotto a mutare i versi, non solo per generiche questioni di gusto, ma in nome di più attente filiere intertestuali, di modelli e autorità citate ed esibite nelle lettere, in nome di un costume che si direbbe prossimo alla strategia dell’autocommento con cui Tasso accompagnerà le edizioni delle rime amorose del 1591 e di quelle encomiastiche 1593. Si veda, ad esempio, quanto Tasso scrive a Giorgio Corno nei primi mesi del 1585 (ma secondo Lettere, 245. Cfr. BRIAN RICHARDSON, Manuscript Culture in Renaissance Italy, Cambridge, Cambridge University Press, 2009. 9. 10. 52 RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO Solerti, con ragioni piuttosto persuasive, nel 1580-1581),11 quando gli chiede di introdurre alcune varianti nel sonetto Per vaghezza d’onor l’altera fronde (Rime, 796), scritto in risposta a uno del Corno stesso: Mando a Vostra Signoria alcune mutazioni fatte da me in quel sonetto in risposta al suo. Si contenti di mostrarlo, a chi lo mostrerà, in questo nuovo modo. «Che care altrui fe l’onte,» mutisi: «C’altrui care fe l’onte.» Or ben onor vorrei di gioia in vece. Or d’onor vago, oliva almeno in vece. E i duo seguenti mutinsi in questi: Coglier vorrei di lauro, e gire al tempio, Là ve piangessi il pianto indarno sparso.12 Le cagioni delle mutazioni sono state; che ho giudicato di poter più propriamente dire, «spargere il pianto,» che «spargere il tempo», intendendo di quel pianto ch’io vanamente sparsi per amore. Né l’elocuzione di «piangere il pianto» è nuova in tutto, perché l’usò il gentilissimo Tansillo ne le stanze de la ninfa e del pastor ferito, in quel verso: Piangea il pianto di lei, più che ’l suo male.13 Il ricorso quindi alla variante, stilisticamente connotata, viene argomentato anche in virtù del precedente tansilliano, chiamato a fare da garante della liceità della soluzione. Ben più articolata è invece la difesa della prima variante, questa volta estranea a istanze di ordine retorico, ma tutta centrata sulla legittimità del ricorso all’oliva quale pianta da consacrare alla poesia, per cui Tasso ricorda da un lato «l’uso moderno de’ peregrini, che portano l’oliva su ’l cappello quando vanno a visitar le chiese», ma dall’altro, con Cfr. il quarto volume delle rime edito da Solerti, p. 348, dove ricorda che il sonetto era andato a stampa nel 1581. 12. Lettere, 553. 13. Verso ottavo della prima stanza del componimento pastorale il cui incipit è «A caso un giorno mi menò la sorte», edito, con la lezione citata da Tasso, da Agostino Ferentilli nella sua antologia nel 1571 (Firenze, Giunti); cfr. LUIGI TANSILLO, Rime, Introduzione e testo a cura di Tobia R. Toscano, Commento di Erika Milburn e Rossano Pestarino, Roma, Bulzoni, 2011, tomo I, pp. 367-369 (la lezione è riportata in apparato). 11. FRANCO TOMASI 53 maggior insistenza, l’autorità di Virgilio, che nel terzo libro delle Georgiche (III, 21-22) attribuisce al poeta l’olivo; a partire da questo primo spunto, Tasso poi si addentra in più raffinate questioni interpretative, che ricordano da vicino, come si accennava, le modalità argomentative dell’autocommento alle sue liriche: Ed ancorché si potesse dire, ch’egli ne la edificazione del tempio, e ne’ sacrifici, e ne le cerimonie, se ne volesse coronare come sacerdote, non come poeta; nondimeno si comprende assai chiaramente, che ne l’edificazion di quel tempio egli parla allegoricamente e ch’intende di voler cantar de le vittorie e de la genealogia di Cesare; ufficio di poeta, non di sacerdote. È degna ancora di considerazione che nel terzo libro, ov’egli vuol trattar del cavallo, animal sacro a Nettuno, che nacque (come è scritto ne le favole) ne la contesa fra lui e Pallade, dica di voler coronarsi de le fronde sacre a Pallade: e forse si potrebbe intendere per corona d’oliva, corona di sapienza; come per corona di lauro, corona d’eloquenza. Percioché Pallade è dea de la sapienza; la quale ben conveniva a Virgilio per la perfetta cognizione ch’egli aveva de le cose naturali, e de’ cavalli particolarmente, s’egli avesse detto di volersene coronare, mentre di loro scriveva. Ma ch’egli volesse coronarsi de le fronde usate ne la pace, ne l’occasione de le vittorie di Cesare, e ch’egli lo dica mentre d’altro ragiona, e che poco prima avesse detto Primus Idumæas referam tibi, Mantua, palmas; ed appresso, Illi victor ego, et tyrio conspectus in ostro; sono parole parimente degne di considerazione. Ma a me basterà, con l’occasione di questa mutazione, d’averne mosso gli altri a considerazione più sottilmente.14 2. Diversi casi che abbiamo osservato riguardano la poesia encomiastica, della quale l’epistolario offre una documentazione davvero molto ricca, soprattutto in virtù di quanto già ricordato, cioè per il fatto che molte rime, con le lettere che le accompagnano, sono parte di un disegno più ampio di carattere sociale e cortigiano, talvolta anche disorganico e discontinuo, mirato dapprima, negli anni di Sant’Anna, a favorire una soluzione alla prigionia, e 14. Lettere, 553. 54 RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO poi orientato a cercare protezioni, compensi e provvigioni, anche minime. Tasso insomma scrive molte liriche per compiacere e avvicinare ambienti cortigiani che ritiene possano essere per lui un possibile approdo, ma si presta anche, con lena infaticabile, a comporre per altri, sempre in nome di un desiderio di farsi benvolere. Dalle lettere allora possiamo recuperare le tracce di una prassi della poesia encomiastica, nella quale si illustrano le modalità compositive più abituali.15 Il 16 giugno 1581, ad esempio, Tasso dichiara alla sorella Cornelia di aver l’intenzione di comporre un «panegirico o una canzona» per Giovanni d’Austria, celebre comandante della flotta che aveva riportato la vittoria a Lepanto nel 1571, ma di essere in difficoltà per la mancanza di dati sulla biografia del personaggio: Questi mesi passati promisi a Vostra Signoria mandarle un panegirico o una canzona per lo serenissimo signor don Giovanni d’Austria. Non l’ho fatto, perchè non mi sono sentito disposto al poetare, ed ancora perchè non sono informato dov’egli sia morto, nè come, nè in che occasione, nè dove seppellito. Ora scrivo un sonetto in questo proposito. Vostra Signoria il mandi al signor Fabbrizio Caraffa, e al signor Giulio Cesare Correale, perchè il mostrino a la signora marchesa di Pescara, ed a li illustrissimi signori suoi cognati, ed a la signora principessa di Bisignano. Crederei che Vostra Signoria con ciascun di questi signori potesse far officio per la mia libertà, perchè una sorella per un fratello può scriver convenevolmente a’ principi stranieri, non che a quelli de l’istessa nazione. […] Di Ferrara, in Sant’Anna, il 16 di giugno 1581.16 Soggetto, biografia, blasone e aspetto fisico sono insomma gli ingredienti essenziali per la poesia encomiastica e quando mancano il poeta è costretto a comporre, per così dire, al buio, cioè senza una conoscenza diretta dei dedicatari. Così accade, ad esempio, sempre durante la prigionia di Sant’Anna, quando Tasso il 29 agosto del 1583 scrive a Maurizio Cataneo, manifestandogli l’intenzione di omaggiare l’arcivescovo di Sorrento, ma confessa Un’efficace lettura della poesia encomiastica tassiana la offre MATTEO RESITeoria e prassi dell’encomio nel Tasso lirico, in Forme e occasioni dell’encomio tra Cinque e Seicento–Formes et occasions de la louange entre XVIe et XVIIe siècle, a cura di Danielle Boillet e Liliana Grassi, Lucca, Pacini Fazzi, 2011, pp. 19-49. 16. Lettere, 167. Il sonetto in questione è Quel che d’Europa col mirabil ponte (Rime, 774), edito per la prima volta nella raccolta aldina del 1582 (10, secondo le sigle Solerti); si veda inoltre SOLERTI, Vita, I, p. 156, n. 4. 15. DORI, FRANCO TOMASI 55 di non sapere «da qual lato cominciare», se lo stesso Cataneo non lo avesse aiutato fornendogli il «soggetto» (Lettere, 252). E, diversi anni dopo, anche per Giovanni III di Ventimiglia, marchese di Gerace, si propone un simile copione, tanto Tasso rivela allo stesso destinatario di aver iniziato a comporre una canzone, «ad imitazione di Pindaro», ma di essersi poi arrestato per mancanza di notizie: Vorrei anche, ch’il suo nome fosse eterno ne le mie carte: ma non posso promettermi tanto o de la mia fortuna o del mio sapere. Aveva cominciato in sua lode una canzona ad imitazione di Pindaro, il qual assai spesso parla de la Sicilia; ma io non poss’essere tanto lungo in ragionar di lei e de la real sua casa, per difetto di informazioni: e in ciò confesso la mia ignoranza tanto meno oscura, quanto è più illustre il nome de la sua stirpe e de’ suoi progenitori. Il padre don Nicolò non mi doveva far questa vergogna. Ne l’altre mie composizioni cercherò similmente di manifestarle quanto io stimo d’esser obligato. E perchè questo debito è anteriore di tempo a la mia nuova servitù non ancora stabilita, non stimo che da cosa che poi succeda, poss’essere annullato o fatto minore. Se fra le mie composizioni, o fatte o da fare, n’avessi avuto alcuna ricopiata, o tale almeno che le potesse essere cara, ora comincierei a significarle quello ch’io spero di far noto, e divulgare a ciascuno: ma io m’imaginerò, non avendo altre informazioni, in quanti o in quali materie le sarà più caro d’esser nominato; e direi onorato, se ‘ miei scritti potessero promettere alcuna sorte d’onore e di gloria ad un onoratissimo e nobilissimo signore. Fra tanto, oltre i cento ducati, si contenti donarmi lo spazio di quattro o cinque giorni: e creda che ad un povero gentiluomo, molto infermo, e lontano da la patria, assai opportuna è stata la sua liberalità.17 La richiesta di Tasso fu presto soddisfatta, se dopo un breve lasso di tempo poté inviare al marchese di Gerace la canzone, quasi una sorta di poemetto, Già non son io scultor di bianchi marmi (Rime, 1486), come attesta la lettera 1273. Del resto anche per le numerose rime scritte su commissione, sempre con una finalità encomiastica, i problemi sono analoghi, tanto che l’epistolario ci mostra un Tasso spesso oberato dalle richieste, che cerca di esaudire, specie quando intravede un possibile ritorno, ma che lo mettono in difficoltà sul piano dell’inventio. Lettere, 1249; sul rapporto con il marchese di Gerace vedi anche SOLERTI, Vita, I, p. 659, n. 2; Tasso si propose, su richiesta del nobile, di inserirlo nella Conquistata, come parte della discendenza di Tancredi – come dichiara in Lettere, 1269 – anche se poi non realizzò il disegno immaginato, limitandosi a menzionarlo in una schiera di cavalieri di pari dignità dei crociati (Conq. XX, 134). 17. 56 RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO Così scrive nel giugno del 1582 a Curzio Ardizio, che aveva richiesto un sonetto «a istanza» di Emilio Leoni, in un gioco di mise en masque amoroso sullo sdegno, gioco che però Tasso teme non sia ben riuscito, proprio a causa della genericità del soggetto che gli era stato fornito: Non mandai a Vostra Signoria il sonetto per lo signor Emilio Leoni, perch’io intesi che la sua partita deveva esser troppo presta: ma oggi l’ho fatto, ed oggi gliele mando. Non so nondimeno se ne rimarrà sodisfatta; perchè ne la sua lettera non mi dichiara se ’l vuole per la dama sdegnata, o per lo cavaliero che in vano ha cercato di placarla: ma nel dubbio, mi sono attenuto a quello che mi pareva più ragionevole; e l’ho fatto per servitù del cavaliero. E se voi siete quello contra ’l quale la dama è sdegnata, assai sono io certo che ella è sdegnata a torto; perché da la vostra lingua non può essere uscita parola che possa offendere l’onore d’una dama: ma s’è alcun vostro amico, grande argumento mi par che sia de la sua innocenza la vostra amicizia. E s’io fossi costì, mi darebbe il cuore di provare a quella dama, qualunque ella si fosse, che troppo facilmente avesse creduto a la falsa relazione: ma se voi, per alcun vostro affetto ragionevole, voleste collegarvi con lei contra ’l povero cavaliero, il qual fosse colpevole in alcuna cosa, che posso io altro che compiacervi? Avisatemene dunque, ch’io farò il sonetto in quel modo ch’io crederò che possa esservi più grato.18 E se ad Ardizio aveva pure proposto una soluzione, con un evidente impegno sul fronte del tema che la lettera ben testimonia, qualche anno più tardi risponde invece quasi risentito ad Antonio Costantini, che gli chiedeva di comporre un sonetto per una nobildonna «alla cieca», cioè senza alcuna vera indicazione: Vostra Signoria non si maravigli se non mando l’altro sonetto promesso, perchè non ho voluto farlo così a la cieca, per non dare in qualche sproposito. È però necessario, per non inciampare, ch’io sia guidato da un’ampia informazione de la qualità de la dama da lodarsi; e particolarmente Vostra Signoria mi dica, se sia bella o brutta, giovane o vecchia, in Italia o fuori: perché, insomma, non sapendo né di che lodarla né come, non veggio di poter far cosa buona.19 Talvolta nell’epistolario è dato di incontrare anche dei rifiuti a queste richieste, rari a dire la verità, motivati forse più da valutaLettere, 208; il sonetto in questione è Donna, ch’a l’amor mio premio d’amore (Rime, 438). 19. Lettere, 1242, del 26 marzo 1590, da Roma; la lettera è ricordata anche da GIGANTE, Tasso, p. 311. 18. FRANCO TOMASI 57 zioni cortigiane che da un vero e proprio diniego, come quando si dichiara indisponibile a Marcantonio Zuccoli, avanzando la scusa che la «maninconia» che lo afflige gli impedisce di «trattar de’ morti, massimamente in composizion lunga com’è la canzona»,20 oppure quando ringrazia Ardizio per il suggerimento di comporre qualcosa in onore del Cardinale de’ Medici, ma afferma di essere «stanco e tardo» in tutte le sue «operazioni». È ben comprensibile, anche rispetto a quanto si osservava in sede d’esordio, che a questa pratica sociale della poesia, evidentemente pensata per rispondere alle esigenze e pressioni quasi quotidiane, non poteva che corrispondere, da parte di Tasso, il desiderio di contrapporre un piano meditato di riorganizzazione, di selettiva autoantologia, che, specie per la poesia encomiastica, fosse in grado di elevarla e nobilitarla ben al di là delle contingenze cortigiane in cui era nata. E infatti non stupisce che le diverse raccolte progettate, dal quaderno per le duchesse di Ferrara sino alla stampa Marchetti del 1593, documentino un progressivo desiderio non solo di discriminare, ma anche di nobilitare quell’esperienza su di un piano superiore, come avverrà soprattutto grazie all’autocommento. L’esegesi e, soprattutto, l’autoesegesi è un’altra caratteristica che l’epistolario, specie dagli anni della prigionia di Sant’Anna in poi, permette di osservare, certo non in modo troppo diffuso, ma secondo modalità e in risposta a istanze che sono le medesime che dovettero convincere Tasso a corredare i suoi libri di rime editi negli anni Novanta con delle «esposizioni». Si registra infatti talvolta accanto all’invio di sonetti o canzoni anche il suggerimento della fonte, letteraria o più spesso teologica o filosofica, che sta alla base del componimento, quasi per suggerire una pista interpretativa al destinatario della lettera. Così succede, ad esempio, quando Tasso invia un «sonetto spirituale» a Cesare d’Este, il 27 maggio del 1586, che giudica degno di attenzione «perché i concetti […] sono di san Tomaso»,21 oppure quando manda a Camillo Gualengo, il sonetto Qual di tela gentil ricco testore (Rime, 842), «il concetto del quale è tratto dal Civile di Platone, ove assomiglia l’arte regia a l’arte del tessitore», salvo precisare che: Lettere, 449, del 14 dicembre 1585, da Ferrara. Lettere, 504; il sonetto in questione è Già fui tronco infelice in queste sponde (Rime, 1662). 20. 21. 58 RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO Solo in questo da lui mi diparto, ch’egli parla de l’unione de la cittadinanza, che si fa de’ cittadini soli; ed io di quella de’ cortigiani; de’ quali alcuni sono stranieri, altri cittadini: né questa meno appartiene a l’arte regia, che quella. Se a Vostra Signoria piacerà di mostrarlo al signor duca, mi farà favore.22 Ma si possono trovare anche riflessioni più ampie a partire da dubbi sulle varianti, dubbi che spingono Tasso a squadernare le autorità cui fa riferimento, tanto che può accadere che alla discussione sul luogo lirico segua una richiesta di poter rivedere i propri libri, in nome di una poesia che sempre più si innerva di riprese erudite. Un buon esempio è offerto dalla lettera a Paolo Leoni, collocata da Guasti nel dicembre del 1581, quando discute alcune lezioni del sonetto Paolo, qual è virtù che non s’insegni (Rime, 854), in particolare la possibile sostituzione del verbo insegnare con comandare, ma in nome di un ben più articolato discorso: Potrebbe alcun dubitare se sia ben detto, che le virtù s’insegnino ne le leggi; ma chi vuole che cognizion de le leggi sia filosofia de’ costumi, come vogliono i legisti tutti, non dee in alcun modo dubitare se s’insegnino o non s’insegnino. Io nondimeno confesso d’aver men propriamente usato questo verbo, come usano coloro che d’alcuna scienza parlando, dicono ch’in lei s’insegni. Percioché dubbio sono se la cognizion de le leggi sia scienza, a le quali ne la prima mia gioventù, prima ch’io studiassi filosofia, attesi un anno; anzi tanto, per dir vero, pendo a l’opinione ch’ella non sia scienza, che quasi affermar posso, con sua pace, che sia di lei risoluto. Ma lasciando star questa quistione da parte, e l’altra che far si potrebbe, se la virtù si possa insegnare; dico che, parlando in quel modo che i poeti sogliono, se la virtù si può imparare con lo spavento e con l’ammonizion de le pene, si può parimente insegnare. Ch’ella imparar si possa, n’adduco l’autorità di Virgilio, la qual da’ legislatori ancora, non che da gl’interpreti fu stimata. Egli nel sesto, parlando de le pene de i dannati, dice: Phlegyas miserrimus omnes Admonet, et magna testatur voce per umbras: Discite iustitiam monili, et non temnere divos.23 Per poter risolvere il dubbio però Tasso afferma che vorrebbe leggere «quel che scrive Orazio in questo proposito d’Omero», ri- 22. 23. Lettere, 567. Lettere, 194. FRANCO TOMASI 59 cordando inoltre il suo esemplare dell’ars oraziana, ora in casa di «Borso Argenti»24 Alla luce delle cursorie osservazioni che abbiamo condotto, con lo scopo, si spera, di individuare se non altro alcune linee di tendenza generale, sembra possibile affermare che l’epistolario tassiano offra una delle vie privilegiate per studiare il rapporto che Tasso istituisce con il genere lirico, da un lato rilevando come talora esso sia percepito come momento minore e secondario della sua produzione, così come voleva Lanfranco Caretti, in nome dei pesanti condizionamenti sociali che gravano sulla scrittura poetica. Bisognerà però dall’altro lato aggiungere che lo stesso epistolario offre anche la possibilità di ricostruire il succedersi dei diversi progetti editoriali con i quali Tasso intendeva garantire un assetto razionale al grande magma delle sue rime, una storia, questa, pazientemente delineata soprattutto dalla scuola pavese, ai cui studi (e alle edizioni) si rinvia. Si tratta, per questa seconda istanza, di un nodo problematico avvertito con urgenza non solo da Tasso, ma in realtà questione aperta e di non facile soluzione per buona parte dei poeti della seconda la seconda metà del Cinquecento: la proposta di un liber di poesia, strutturato e capace di dare un senso nuovo e duraturo a testi spesso nati per essere spesi nella loro dimensione occasionale, era infatti un campo aperto a diverse soluzioni e, probabilmente, uno dei fronti sui quali si giocava il possibile superamento delle forme di poesia primocinquecentesche in nome di una modernità fortemente desiderata.25 In questo senso il caso tassiano, proprio in virtù di tutte le contraddizioni e delle linee centrifughe che l’epistolario documenta, resta probabilmente quello che più emblematicamente rappresenta la stagione tardorinascimentale. Cfr. GUIDO BALDASSARRI, La prosa del Tasso e l’universo del sapere, in Torquato Tasso e la cultura estense, vol. II, pp. 361-409, in part. p. 406, n. 166; si veda inoltre MARIA TERESA GIRARDI, In margine a un postillato tassiano dell’ ‘Ars poetica’ di Orazio, in Studi di letteratura italiana in onore di Claudio Scarpati, a cura di Eraldo Bellini, Maria Teresa Girardi e Uberto Motta, Milano, Vita e Pensiero, 2010, pp. 299331, in part., per ciò che concerne la lettera citata, p. 306, n. 13. 25. Mi sia consentito rinviare a FRANCO TOMASI, Osservazioni sul libro di poesia nel secondo Cinquecento (1560-1602), in Canzonieri in transito. Lasciti petrarcheschi e nuovi archetipi letterari tra Cinque e Seicento, a cura di Alessandro Metlica e Franco Tomasi, Milano, Mimesis, 2015, pp. 11-36. 24. INDICE DEI NOMI Agostino, santo, 42-43 Albani Giovanni Girolamo, 29, 63, 71, 74, 82, 83, 84, 105, 118 Alighieri Dante, 33, 95 Angelini Claudio, 105 Ardizio Curzio, 25-27, 36-39, 41, 42, 47-49, 56, 57, 106 Aretino, Pietro, 11, 18, 20-21 Argenti Borso, 59 Ariosto Ludovico, 32, 39, 101 Aristotele, 30, 40-42 Asburgo Giovanna d’, arciduchessa d’Austria, 94 Austria Giovanni d’, 54 Baldassarri Guido, 14, 42, 59, 89, 98, 103 Barco Angelo, 49 Basile Bruno, 27-28, 32-33, 69, 98 Bellini Eraldo, 31, 59 Bembo Pietro, 32 Bernardi Biagio, 33 Bernardoni Giuseppe, 82, 86 Bibbiena Bernardo Dovizi da, 22 Sanseverino Niccolò, principe di Bisignano, 74, 106 Boillet Danielle, 54 Boncompagni Filippo, cardinale San Sisto, 125 Bonelli Michele (cardinale Alessandrino), 70, 105n, 108, 120, 121 Bonnà Febo, 29 Bottani Tarcisio, 9 Bottari Giovanni Gaetano, 61 Briet Marguerite (con lo pseud. Hélisenne de Crenne), 21 Brignuoli Bressa Francesco, 28 Calvi Donato, 63 Camilli Camillo, 31 Capello Bianca, 65 Caporali Cesare, 28 Capua Annibale di, 106 Capua Matteo di, 106 Capua Vittoria di, 109 Carafa Antonio, 105 Carafa Fabrizio, 54 Carafa Ferdinando II, principe di Stigliano, 104-106 Caretti Lanfranco, 59, 109 Carminati Clizia, V-VII, 90, 103 Caro Annibal, 23 Cassiodoro, 11 Castellozzi Massimo, 50 Castiglione Baldassarre, 22, 27, 37-38 Cataneo Maurizio, 4, 25, 26, 28, 29, 33, 34, 44-55, 61-63, 70-72, 75, 76, 82, 108, 116 Catena Girolamo, 105 Chiavarini Giovan Battista, 104 Cicerone, 35 Cipriano, santo, 96, 99 Clemente VIII, papa Aldobrandini, 109 128 RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO Coccapani Guido, 74-75 Cochi Bartolomeo, 62, 69 Corno Giorgio, 51-52 Corradini Marco, 37 Correale Giulio Cesare, 54 Costa Girolamo, 47, 107 Costantini Antonio, 35, 46, 56, 67-69, 76, 78, 106, 107, 109, 110 Dalle Laste Natale, 35 Daniele Antonio, 46 Dati Michele, 35 De Maldé Vania, 46 Del Monte Francesco Maria, cardinale, 104, 106 Della Casa Giovanni, 22, 30, 31, 48 Della Rovere Francesco Maria, 39, 64, 105, 106 Della Terza Dante, 35 Doglio Maria Luisa, 35-36 Donati Marcello, 27, 47 Egizio Ottavio, 106 Erdmann Axel, 19 Erodoto, 41 Este Alessandro d’, cardinale, 104 Este Alfonso I d’, 39 Este Alfonso II d’, 58, 70, 73, 74, 75, 83, 105, 106, 113 Este Cesare d’, 57, 94 Este Ercole I d’, 39 Este Filippo d’, 82, 83, 85 Eynard Marcello, 2 Fabiano da Sorrento, 105 Falconieri Ottavio, 64-65 Fantacci, Michela, 1, 2, 5, 75, 90, 103 Farnese Alessandro, 47-49 Farnese della Rovere Vittoria, 105 Farnese Ranuccio, 47, 48 Feltro Orazio, 106, 108 Ferentilli Agostino, 52 Ferretti Francesco, 81 Folena Gianfranco, 7 Fontana Domenico, 28 Fontanini Giusto, 65 Foppa Marcantonio, 63-66, 71, 76, 86, 92, 97 Forcellini Marco, 35 Fortini Laura, 103 Foucault Michel, 15 Furietti Giuseppe Alessandro, V Gaci Cosimo, 28 Gamba Marta, 1 Garavini Fausta, 23 Gavazzeni Franco, 28, 42 Giacomo, santo, 96 Gigante Claudio, 40, 46, 56, 103 Girardi Maria Teresa, 30, 31, 42, 43, 59, 89 Giroldi Eutichio, 78, 79 Gizzi Chiara, 15 Gonzaga cardinale, 111 Gonzaga Federico II, 39 Gonzaga Ferrante, 106, 110 Gonzaga Francesco II, 39 Gonzaga Guglielmo, 25, 73, 75 Gonzaga Margherita, 75 Gonzaga Scipione, 35, 36, 74, 83, 96, 99, 105, 109, 113, 119 Gonzaga Vincenzo, 27, 100, 111 Govi Alberto, 19 INDICE DEI NOMI Govi Fabrizio, 19 Grassi Alessandro, 106 Grassi Liliana, 54 Gregorio da Nazianzo, santo, 95 Gregorio XIII, papa Boncompagni, 29, 121 Grillo Angelo, 6, 25, 36, 79-81, 108 Gualengo Camillo, 57 Guardato Antonin,74-75 Guarini Alessandro, 93 Guarini Battista, 32 Guaschetti Luca, 1, 20 Guasti Cesare, 4, 10, 11, 14, 25, 28, 31, 37, 45-47, 58, 61-70, 72, 75, 77, 79, 80, 81, 85, 86, 89, 91-93, 99, 103, 108, 111, 113, 114 Huygens Christiaan, 16 Izzi Giuseppe, 103 Lamberti Michele, 105 Landino Cristoforo, 30 Latini Brunetto, 10 Laureo Vincenzo, 105 Leoni Emilio, 56 Leoni Paolo, 58 Leopoldi Tobia, 62, 67 Licino Giovan Battista, 4, 63, 69, 71, 76, 80, 105, 108, 119 Liguori, 1, 2, 5, 90, 92, 103 Locatelli, Luigi, 62-66, 68, 81, 90, 91 Lombardelli Orazio, 25-26, 41, 43 Lorena Cristina di, 111 Lucrezio, 27, 29-31 129 Luzzaschi, Luzzasco 32 Maggi Vincenzo, 30 Maggini Francesco, 10 Magliani Mirella, 46 Malatesta Alessandro, 73 Manca Maria Elisabetta, 1 Mangili Enrico, 9 Manso Giovan Battista, 105, 112 Manuzio Aldo il giovane, 50 Manuzio Paolo, 18 Marcolini Francesco, 18 Martignone Vercingetorige, 28 Martillotto Francesco, 71 Maschio Bernardo, 105, 106 Mazzali Ettore, 42 Mazzarino conte del, 105, 108 Medici Cosimo il vecchio de’, 94 Medici Ferdinando de’, 57, 82, 83, 106, 111 Medici Francesco I de’, 73, 74, 94 Medici Giovanni de’, 94 Medici Giuliano de’, 94 Medici Lorenzo de’ il Magnifico, 94 Medici Lorenzo de’, 94 Medici Lucrezia de’, 94 Medici Virginia de’, 94 Melchiorri Francesco, 31 Metlica Alessandro, 59 Miano Simona, 30 Milburn Erika, 52 Minesi Emanuela, 111 Mitchell Linda C., 19 Molinari Carla 36, 42 Montaigne Michel de, 11, 17, 23 130 RICERCHE SULLE LETTERE DI TORQUATO TASSO Montefeltro Guidubaldo da, 39 Mora Vittorio, 9 Mosti Agostino, 32 Mosti Giulio, 31, 32, 48, 50 Motta Uberto, 31, 59 Muratori Ludovico Antonio, 85-86, 103, 106, 108, 110, 111-113 Newton Isaac, 16 Nobili Flaminio de’, 101 Oddi Niccolò degli, 110 Olivadese, Elisabetta 1, 2, 5, 75, 103 Omero 42, 58 Orazio, 31, 58-59 Osanna Francesco, 26, 46 Palazzolo Maria Iolanda, 15 Pallotta Giovanni Evangelista, 105, 111 Pamuk Orhan, 16 Paolini Statilio, 106 Papio, Giovan Angelo, 28, 29, 51, 108, 110 Patrizi, Francesco 39, 41 Peretti Damasceni Alessandro, cardinal Montalto, 28 Perricaro Reggente, 106 Pestarino Rossano, 46, 52 Petrarca Francesco, 42 Petrucci Armando, 8 Piccolomini Alessandro, 30 Pietro, santo, 96 Pignatti Franco, 63 Pindaro, 55 Pio Marco, 104, 105, 106 Pisano Giovanni Antonio, 105, 106 Pisano Ottavio, 106 Platone, 33, 41, 57 Plutarco 27, 42, 63, 94 Polak Emil, 19 Polverino Francesco, 64 Poma Luigi, 30, 42, 64 Pontevico Silvio, 47 Poster Carol, 19 Pozzi Carlotta, 37 Procaccioli Paolo, 11, 15, 90, 103, 113 Quondam Amedeo, 14 Raimondi Ezio, 104 Ranieri Concetta, 103 Ranuccio Alessandro, 105, 113 Residori Matteo, 54 Resta Gianvito, 4, 61-72, 76, 77, 81, 86, 90, 91, 103-105, 107, 108, 110, 113-115 Henderson Judith Rice, 19 Richardson Brian, 51 Robortello Francesco, 30 Roches Catherine de, 21 Roches Madeleine de, 21 Ronchini Amadio, 110 Rosini Giovanni, 61, 68, 72-73 Ruscelli Girolamo, 14-15 Russo Emilio V, VII, 1, 2, 63, 70, 103, 107, 109 Saillans Gaspar de, 21 Santori, Giulio Antonio, 66-70 Santoro Giulio Antonio, 105, 113 Sanuto Marin, 12, 14 Sapegno Natalino, 42 Savoia Emanuele Filiberto di, 73, 74, 84, 86 INDICE DEI NOMI Savoia-Nemours Carlo Emanuele di, 74, 75 Scalabrino Luca, 108 Scarpati Claudio, 31, 59 Segni Giulio, 51 Senofonte, 41 Serassi Pierantonio, V, 9, 65, 72, 73, 92, 93 Sisto V, papa Peretti, 28, 29, 105, 111 Solerti Angelo, 47-49, 52, 54-55, 61, 63, 65-70, 72, 77, 78, 80, 81, 109-111 Solmi Sergio, 23 Speroni Sperone, 34, 35, 40, 101 Spinelli Filippo, 104, 105, 109 Stampa Filippo, 66 Striggio Alessandro, 32 Tansillo Luigi, 52 Tasso Cornelia, 54, 73, 75, 104, 109 Tasso Cristoforo 33, 37, 78, 79 Tasso Enea, 106, 110 Tasso Ercole, 79 Tasso, Bernardo, VII, 9, 11, 17, 131 18, 22, 72 Tassone Ercole, 73, 101 Toledo y Zúñiga Pedro Álvarez, 106 Tomasi Franco, 59, 89, 103 Tommaso d’Aquino, santo, 97 Toscano Tobia R., 52 Tronchet Etienne du, 21 Turchi Alfonso, 31 Vaillancourt Luc, 19, 21 Vasalini Giulio, 26 Vattasso Marco, 61, 105 Vecellio Vincenzo, 11 Ventimiglia Giovanni III, 55 Ventura Comino, 4, 6, 9, 10, 26, 62 Venturi Gianni, 46 Venzo Manola Ida, 16 Vettori Pietro, 30 Viola Corrado, 103 Virgili Marina, 30 Virgilio, 35, 40, 42, 53, 58 Wert Jacques de, 32 Zuccoli Marcantonio, 34, 57 Finito di stampare nel mese di dicembre 2016