PRECEDENTE
ETIM.:
TRAD.:
SOMMARIO: 1. Premessa: la nozione di precedente. — 2. I valori sottesi alla stabilità dei precedenti. — 3. I valori
sottesi al cambiamento dai precedenti. — 4. La diversa efficacia dei precedenti negli ordinamenti di diritto continentale e negli ordinamenti di common law: una contrapposizione da approfondire. — 5. L’efficacia del precedente negli ordinamenti continentali non è un’efficacia persuasiva. — 6. L’efficacia del precedente negli ordinamenti di common law non è un’efficacia vincolante. — 7. Le radici storiche e culturali della dottrina stare decisis. — 8. La situazione italiana: la garanzia costituzionale del ricorso in cassazione e l’eterogenesi dei fini.
1. Premessa: la nozione di precedente — Nel linguaggio giuridico il sostantivo « precedente » connota il provvedimento di un giudice (generalmente) (1)
superiore visto dalla prospettiva del giudice inferiore il quale ritenga, per il suo
caso (2), di dover affrontare la medesima
questione giuridica già risolta dal primo.
E
v opportuno o addirittura necessario
che la decisione posteriore dia alla questione la medesima soluzione adottata
dalla decisione anteriore: applichi in altre
parole la medesima regola giuridica da
questa ricavabile?
L’intera problematica del precedente
ruota intorno a questo interrogativo, che
racchiude implicazioni di differente natura.
2. I valori sottesi alla stabilità dei
precedenti — Guardiamo innanzitutto ai
valori che discendono da una prassi giurisprudenziale che si adegui alle decisioni
precedenti. In altre parole da una prassi
giurisprudenziale uniforme.
Nel disciplinare le attribuzioni della
corte di cassazione l’art. 65 dell’ordinamento giudiziario in una disposizione risalente al 1942 dice nella sua prima parte,
con un po’ di enfasi retorica, che « la
corte suprema di cassazione, quale organo
supremo della giustizia, assicura l’esatta
osservanza e l’uniforme interpretazione
della legge, (e) l’unità del diritto oggettivo
nazionale ».
Non interessa qui analizzare isolatamente il compito relativo all’assicurazione
dell’esatta osservanza della legge, che ci
porterebbe nel fuoco delle antiche dispute tra positivismo e realismo giuridico,
ormai superate. Oggi è universalmente
diffusa la consapevolezza che l’attività interpretativa della giurisprudenza racchiude in sé ineliminabili momenti di
creazione del diritto. Le espressioni diritto vivente e diritto giurisprudenziale,
moneta spicciola del discorso giuridico, ci
rammentano ad ogni passo questa sem-
(1) Un precedente giurisprudenziale (nel senso che viene prima) è anche il provvedimento di un giudice
equiordinato o addirittura subordinato rispetto al giudice chiamato a decidere dopo la medesima questione. Ma
per lo più la tematica del precedente viene affrontata con riguardo ai precedenti di giudici superiori, specie
quando si affronta il problema dell’efficacia.
(2) Cfr., al riguardo, i rilievi di TARUFFO, Precedente e giurisprudenza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, 710
s., il quale giustamente rileva da un lato che « il precedente non si comprende se l’interpretazione della norma
che in esso è stata applicata non viene connessa direttamente con la fattispecie concreta che è stata decisa »,
ma sottolinea dall’altro, ricordando MACCORMICK, come occorra che dal precedente sia ricavabile una regola universalizzabile, vale a dire applicabile ad una pluralità di casi diversi dal precedente.
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plice e banale verità. Il giudice non è più
vissuto come la mitica bouche de la loi,
formula storicamente condizionata nata
Oltralpe, in un periodo in cui la dottrina
della divisione dei poteri costituiva il segno che il potere era concretamente diviso tra la borghesia rivoluzionaria che
aveva conquistato il legislativo e i residui
feudali dello stato assoluto ancora incombenti sul giudiziario.
E
v sull’ « uniforme interpretazione
della legge » che occorre concentrare l’attenzione. Assicurarla è il compito fondamentale della corte di cassazione e in generale di tutte le corti supreme.
Da tempo sono stati messi in luce i
valori sottesi all’uniformità dell’interpretazione garantita dall’osservanza dei precedenti giurisprudenziali.
In primo luogo il principio di uguaglianza, quale si esprime nello stringente
enunciato « tratta le situazioni uguali in
modo uguale ». Provvedimenti successivi
incoerenti contravvengono al principio
della parità di trattamento dei soggetti
che ricorrono alla tutela giurisdizionale.
Come giustamente osservava tempo fa un
autorevole studioso nordamericano,
« uguaglianza e (ossequio) del precedente
rappresentano, rispettivamente, il profilo
spaziale e il profilo temporale del più
largo principio normativo della coerenza » (3).
In secondo luogo la prevedibilità
delle decisioni. La certezza garantita da
una prassi ispirata allo stare decisis riduce
la conflittualità e permette sicurezza e
programmabilità del traffico giuridico. Le
parti di un rapporto possono meglio valutare le future conseguenze delle loro
azioni, proprio in base agli indirizzi impartiti da consolidati orientamenti giuri-
v forse inutile sottolisprudenziali (4). E
neare che la scorrevolezza di questo traffico, fondamentale soprattutto, ma non
solo, per il buon funzionamento del mercato, soffre assai quando i soggetti che vi
operano non sono in grado di prevedere
le conseguenze delle loro azioni sul piano
della relativa valutazione giuridica, perché
queste azioni sono oggetto di orientamenti contrastanti da parte degli organi
giurisdizionali.
In terzo luogo, la stessa autorevolezza della corte suprema. La coerenza interna determinata da decisioni standardizzate in un sistema di precedenti produce
un rafforzamento dell’istituzione giudiziaria nel quadro dei poteri dello Stato, che
risulta al contrario indebolita dalla diminuzione di credibilità connessa ad una
giurisprudenza segnata da contrasti, sbandamenti e oscillazioni (5).
Infine, l’efficienza. Anche se l’osservazione può apparire venata di un certo
cinismo, va rilevato che una prassi giurisprudenziale uniforme richiede nei giudici
che vi si adeguano una quantità di lavoro
intellettuale incomparabilmente minore di
quello richiesto a chi si accinge a risolvere
ogni singolo caso senza affidarsi, senza,
per cosı̀ dire, volersi rilassare ( 6 ) nell’auctoritas rerum similiter iudicatarum.
Minore quantità di lavoro per ogni singolo caso significa migliore efficienza dell’attività giurisdizionale complessiva grazie alla superiore velocità del processo
decisorio, con maggiore quantità di casi
definiti nell’unità di tempo (7).
3. I valori sottesi al cambiamento
dai precedenti — Alla tematica del precedente giurisprudenziale è peraltro sottesa
(3) SCHAUER, Precedent, in Stanford L. Rev, 1987, p. 597.
(4) Cfr., al riguardo, WASSERSTROM, The Judicial Decision, Stanford, 1961, p. 35 ss.; GALGANO, Giurisdizione e giurisprudenza in materia civile, in Contr. impr., 1985, p. 38 ss.; TARELLO, L’interpretazione della legge, Milano, 1980, p. 373; BIN, Funzione uniformatrice della Cassazione e valore del precedente giudiziario, in Contr.
impr., 1988, p. 546, p. 548 s.
(5) SAPHIRO M., Toward a Theory of Stare Decisis, in Journal of Legal Studies, 1972, p. 125; LAWSON, A
Common Lawyer Looks at the Civil Law, Ann Arbour, 1953, p. 83 ss.
(6) Cfr., peraltro, i rilievi assai critici tempo fa autorevolmente avanzati da CORDERO, Riti e sapienza del
diritto, Bari, 1981, p. 489 ss. e, prima ancora, da CARNELUTTI, Giurisprudenza consolidata, ovvero della comodità
del giudicare, in Riv. dir. proc., 1949, p. 41 ss.
(7) Sui rapporti tra efficienza e rispetto dei precedenti v. CARDOZO, The Nature of the Judicial Process,
Yale, 1921, p. 149 ss.; LLEWELLYN, The Brumble Bush, New York, 1930, p. 64 ss.; ROSS, Diritto e giustizia, trad. it.,
Torino, 1965, p. 81; BIN, Funzione uniformatrice, cit., p. 549.
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una peculiare ambiguità dialettica. Come
scriveva Gino Gorla parecchi anni or
sono il principio di certezza garantito da
una prassi ispirata allo stare decisis « deve
essere combinato o armonizzato con
quello di una certa libertà di interpretazione in ogni giudice o collegio giudicante, e cosı̀ con l’esigenza dello sviluppo
o progresso o moto del diritto nel detto
momento interpretativo » (8).
Il problema è come contemperare la
stabilità con il moto.
Orbene, se analizziamo con attenzione gli argomenti a favore di un sistema
dei precedenti (come risultato di una
prassi o di un vincolo giuridico per ora
non importa) scopriremo con facilità
spazi aperti per il libero giuoco delle eccezioni, dove il momento del moto può
dispiegarsi di contro al momento della
stabilità, ricreando la dialettica complessiva dell’esperienza giurisprudenziale.
Basti pensare al fenomeno della legislazione per principi o per clausole generali (9). La giurisprudenza che si muove
all’interno di maglie cosı̀ larghe non può
fare a meno di creare « insiemi » di regole
più concrete, sia pure in aderenza ai principi enunciati dal legislatore. Insiemi destinati ad evolversi, in aderenze al mutare
delle esigenze che si manifestano nella società civile. Sovente attraverso un processo lungo e talvolta tormentato, dove
discostarsi dai precedenti assume la funzione positiva di catalizzatore del nuovo
che avanza e si afferma presso i giudici,
anche attraverso successive correzioni di
rotta. La storia della responsabilità civile
nel nostro, come in altri Paesi è lı̀ a confermare questo stato di cose (10).
Se poi esaminiamo da vicino l’argomento a favore del rispetto dei precedenti
ricavato dal richiamo al principio di uguaglianza, ne vediamo subito la problematicità: la determinazione del concetto di
« situazione uguale » (11).
Secondo una prospettiva di concretezza assoluta, è chiaro che nessun caso è
uguale a un altro, poiché ciascuno è dotato di una sua irripetibile unicità (12).
L’affermazione dell’uguaglianza o
della similitudine di due o più casi è sempre frutto di un processo di astrazione,
che implica una scelta dell’interprete, indirizzata a mettere da parte le peculiarità
ritenute irrilevanti, come ben sanno gli
studiosi anglosassoni che da decenni si affannano e litigano tra loro nel tentativo di
precisare le nozioni correlative di « material facts » e di « ratio decidendi » (13), allo
scopo di determinare la sfera di influenza
del vincolo che nasce(rebbe) dal precedente e, specularmente, i confini donde
inizia lo spazio esterno in cui è consentito
esercitarsi nell’arte del distinguishing (14).
Da un punto di vista di civil law, la
(8) Raccolta di saggi sull’interpretazione e sul valore del precedente giudiziario in Italia, in Quaderni del
Foro italiano, 1966, c. 16. E si vedano anche i rilievi di TORRENTE, Il giudice e il diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ.,
1962, p, 1261 e, ancor prima, di MICHELI, Contributo allo studio della formazione giudiziale del diritto (« Case
Law » e « Stare decisis »), in Studi nelle Scienze giuridiche e sociali dell’Università di Pavia, vol. XXIII (1938), p.
113 ss., nonché, più recentemente, di SENESE, Funzioni di legittimità e ruolo di nomofilachia, in Foro it., 1987, V,
c. 236 ss.
(9) Cfr. ALPA, La creatività della giurisprudenza. La giurisprudenza e le fonti del diritto, in Diritto giurisprudenziale a cura di Bessone, Torino, 1996, p. 105.
(10) Un’analisi accurata della funzione concretizzatrice svolta dalla giurisprudenza in materia si trova in
MONATERI, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile diretto da Rodolfo Sacco, Torino 1998 e in VISINTINI, I fatti illeciti, in I grandi orientamenti della giurisprudenza civile e commerciale, Padova, 1987.
(11) Cfr., in proposito, i rilievi di LYONS, Formal Justice, Moral Commitment and Judicial Precedent, in
Journal of Philosophy, 1984, p. 580 s.
(12) ROSS, Diritto e giustizia, cit., p. 84.
(13) Cfr., ad esempio, l’accesa discussione tra GOODHART, The Ratio Decidendi of a Case, SIMPSON, The
Ratio Decidendi of a Case e STONE, The Ratio Decidendi of the Ratio Decidendi, in Modern L. Rev., 1959, rispettivamente a p. 117 ss., 453 ss., 597 ss. e, poi, i contributi di CROSS, Precedent in English Law, Oxford, 1979, p. 76
s.; MACCORMICK, Legal Reasoning and Legal Theory, Oxford, 1978, p. 75 s., 215 ss.; ID., Why Cases Have Rationes and What These Are, in Precedent in Law, a cura di Goldstein, cit., p. 155 ss.; BENDITT, The Rule of precedent,
ivi, p. 98 s.
(14) Il sistema, inevitabilmente intessuto di venature di ipocrisia, che viene seguito dalla giurisprudenza
anglosassone quando vuole sottrarsi alla rigidità implicata dall’ossequio alla regola stare decisis, non è solitamente quello di ribaltare (overrule) il precedente, bensı̀ quello di mantenere una artificiosa coerenza delle decisioni, enucleando elementi distintivi nel caso da decidere, che consentano di asserire che esso differisce per
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consapevolezza di quanto sia tutto sommato limitato l’ambito reale di efficacia
implicato dal richiamo al canone di uguaglianza è attingibile riflettendo sulla circostanza che la violazione del canone suddetto può venir proclamata, nella soluzione difforme di due casi legati da un
nesso di precedenza, se e soltanto se si
dovesse pervenire alla conclusione che la
sentenza, che li decidesse insieme nel contesto di un unico processo, sarebbe censurabile per contraddittorietà della motivazione, qualora contenesse una soluzione
allo stesso modo difforme di essi (15).
Con una ulteriore condizione limitativa, però. C’è infatti da considerare che,
mentre nella prima ipotesi i due casi sono
decisi uno dopo l’altro, nella seconda
sono decisi contemporaneamente. Affinché il richiamo al canone di uguaglianza
come espressione del canone di non contraddizione stia in piedi con riferimento
alla prima ipotesi, occorrerà allora che la
successione cronologica che divide la decisione dei casi non sia cosı̀ ampia da assumere un suo autonomo rilievo nel diffe-
renziarli. E ben si sa come il trascorrere
del tempo (a volte di poco tempo), specie
in età di rapidissima evoluzione, come la
contemporanea, sia capace, da solo, di
rendere incongrua la pretesa di uguagliare situazioni le quali possono apparire
identiche solo ad una considerazione che
le astragga dal relativo contesto storico.
L’argomento della prevedibilità, per
quanto si ricollega all’argomento dell’uguaglianza, può essere sottoposto ai
medesimi rilievi appena compiuti. Si
tratta, peraltro, di argomento dotato di un
suo indipendente vigore, che sta alla base
della curiosa pratica nordamericana (16),
iniziata da Cardozo nel 1932 (caso Sunburst), del c.d. overruling dichiarativo,
dove la corte proclama che cambierà
orientamento soltanto per il futuro, mentre vi si adegua per il caso attualmente
sottoposto al suo esame, allo scopo di non
deludere l’affidamento di almeno una
delle parti circa il mantenimento delle invocate soluzioni antiche (17).
Ma la prevedibilità delle decisioni
non viene in verità sconfessata dal man-
qualche rilevante aspetto dal precedente medesimo, di tal modo che il giudice si senta legittimato a proclamarsi
non investito dal cono d’ombra promanante dall’autorità di questo. Cfr., al riguardo, i rilievi di DOUGLAS W.O.,
Stare decisis, in The Supreme Court: Views from Inside, a cura di Westin, New York, 1961, p. 133, conclusi con
l’onesto riconoscimento che « the distinguishing of precedents is often a gradual and reluctant way of overruling
cases ».
(15) Cfr., in proposito, l’accenno di GORLA, Postilla su « l’uniforme interpretazione della legge e i Tribunali supremi, in Foro it., 1976, V, c. 140
(16) Che si discute, peraltro, se utilizzare anche in Inghilterra. Cfr. ANDREW G.L. NICOL, Prospective Overruling: A New Device for English Courts?, in The Modern L. Review, 1976, pp. 542 ss. Di recente, nella sessione
2005-2006, la House of Lords nel caso National Westminster Bank v. Spectrum Plus Limited and Others (lo si
trova in http://www.parliament.the-stationery-office.com/pa/ld200506/ldjudgmt/jd050630/nat-1.htm) ha deciso di
non consentire il prospective overruling, ma in un obiter dictum che costituisce un’importante apertura ha dichiarato che esso potrebbe venir in futuro ammesso, sia pure in via eccezionale.
(17) Sull’overruling cfr., in generale, cfr. SPRIGGS II J.F e HANSFORD T.G., Explaining the Overruling of U.S.
Supreme Court Precedent, in Journal of Politics, 2001 (63), p. 1091 ss.
Val la pena, inoltre, di rilevare che il diffondersi della tecnica del prospecctive overruling è alla base di
uno stereotipo alquanto diffuso, secondo cui « la giurisprudenza americana è meno vincolata al precedente della
giurisprudenza inglese », come dimostrerebbe anche il più frequente ricorso di quest’ultima agli artifici del distinguishing (LUPOI, Valore dichiarativo della sentenza ed irretroattività del mutamento giurisprudenziale nel diritto statunitense, in Quaderni del Foro it., 1969, c. 735; MANDELLI, Recenti sviluppi del principio dello stare decisis in Inghilterra e in America, in Riv. dir. proc., 1979, p. 672.) Non sono d’accordo. Il che non implica, ovviamente, un disaccordo su un dato di fatto comunemente riconosciuto e cioè la maggiore elasticità della giurisprudenza americana rispetto a quella inglese — dovuta però ad una pluralità di fattori fra i quali non rientra, come
determinante, un maggior rigore del vincolo stare decisis nel secondo rispetto al primo ordinamento. (Cfr., in
proposito TUNC, The not so Common Law of England and the United States, or Precedent in England and in the
United States, a Field Study by an Outsider, in Modern L. Rev., 1984, p. 150 ss.). Certo, la pratica del prospective
overruling finisce con il rendere meno penetrante l’uso del distinguishing. Ma il distinguishing non fa più forte
la regola dello stare decisis. E
v anzi vero il contrario, malgrado l’ossequio formale al precedente, nel momento
stesso in cui sostanzialmente lo si nega, sotteso al distinguere. La giurisprudenza può innovare se stessa: apertamente, con l’overruling; copertamente, con il distinguishing. A rigore, se ne deduce che non c’è più vincolo al
precedente. Solo dove è ammesso il prospecctive overruling il precedente vincola davvero: precisamente fino al
momento in cui viene dichiarato per il futuro un nuovo orientamento giurisprudenziale. Il giudice che pronuncia anche per il futuro (poiché (ri)conosce l’autorità di precedente della propria pronuncia), rispetta, per il pre-
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PRECEDENTE
cato rispetto del precedente se avviene
nel quadro di un’evoluzione razionale di
una giurisprudenza che si adegua ai mutamenti della realtà, cosı̀ da soddisfare le
esigenze di sviluppo o progresso del diritto nel momento interpretativo. Le esigenze del mutamento nascono certo nella
società civile, ma vengono poi filtrate
dalla cultura giuridica. Quando il mutamento è maturo, perciò stesso diventa
prevedibile.
Per quanto riguarda l’efficienza dell’attività giudiziaria implicata da una
prassi di rispetto dei precedenti è sufficiente sottolineare che ad essa va preferita la migliore qualità della decisione che
risponde positivamente all’esigenza del
mutamento che è venuta manifestandosi.
Per quanto riguarda, infine, la credibilità dell’istituzione giudiziaria connessa
alla stabilità delle linee interpretative
adottate si tratta, ovviamente, di una questione di misura, ove occorre tracciare
delle linee di confine.
La stabilità è certamente un valore
fonte di un incremento della credibilità
sociale e pertanto di un rafforzamento
dell’istituzione giudiziaria, se come termine di confronto ci rappresentiamo
un’istituzione immaginaria (ma forse non
tanto) i cui orientamenti si concretino in
oscillazioni o sbandamenti casuali, privi di
ogni logica interna, magari neanche voluti
come tali, perché manca la consapevolezza dell’esistenza del precedente.
Ma, d’altro canto, sembra innegabile
che la cristallizzazione, l’ossificazione
dello jus dicere, attraverso il perpetuarsi
di un atteggiamento supinamente imitativo dei precedenti che vengono dal passato e il rifiuto del prendere atto del
nuovo che si afferma nella società civile,
esigendo meditati cambiamenti dalla giurisprudenza, può essere fonte non già di
un aumento, bensı̀ di una diminuzione di
credibilità e di autorità della magistratura.
E
v forse superfluo ricordare in proposito alcuni periodi della nostra storia recente, quando una Corte suprema arroccata nella difesa ad oltranza delle vecchie
soluzioni interpretative si contrapponeva
ai giudici di merito, specialmente monocratici, aperti alle suggestioni dell’interpretazione evolutiva, con la conseguenza
che la credibilità di questi ultimi, in ampi
settori della società civile, appariva ben
superiore alla credibilità della prima (18).
4. La diversa efficacia dei precedenti negli ordinamenti di diritto conti-
sente (per il caso sottoposto al suo esame), il precedente (che a sua volta, magari era stato pronunciato, tempo
addietro, solo « per il futuro »). La regola dello stare decisis è salva; l’autorità del precedente, recuperata. Per
quanto possa sembrare paradossale, la tecnica del prospective overruling consente alle decisioni dei giudici di
avere una forza non dissimile da quella della legge, ispirata, secondo indicazioni che risalgono ai costituenti rivoluzionari francesi, al fondamentale principio della irretroattività (Cfr., per la tesi che la tecnica in esame concreta una indebita ingerenza nel legislativo ad opera del giudiziario, SCARMAN, Law Reform by Legislative Technique, in Saskatchevan L. Rev., 1967, p. 219, citato da MATTEI, Stare decisis, Il valore del precedente giudiziario
negli Stati Uniti d’America, Milano, 1988, p. 323 (non vidi). Si tratta comunque di un’obiezione già avanzata a
suo tempo, di fronte ai primi tentativi di fondare la tecnica del prospective overruling, dal nostro BIGIAVI, Appunti sul diritto giudiziario, in Studi Urbinati, 1933-34, p. 59 (1934), osservando che se l’overruling disponesse
soltanto per il futuro, « si esorbiterebbe dall’ambito del diritto giudiziario vero e proprio e si verrebbe a creare
una categoria di sentenze molto simili agli arrets de règlements francesi », cosicché i giudici verrebbero ad esercitare una vera e propria subordinate legislation. Non sembra concordare con queste critiche BIN, Prefazione alla
ristampa di BIGIAVI, op. cit., p. 19, ove, anzi, nel contesto di un discorso fortemente preoccupato delle ragioni di
certezza e prevedibilità delle decisioni, e in linea con un idea già prospettata da PIZZORUSSO, Fonti del diritto, in
Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1977, p. 538, che però la ritiene non compatibile con l’attuale normativa e si augura un intervento legislativo al riguardo, si avanza il suggerimento, forse troppo anticipato rispetto ai tempi, di un utilizzo della medesima tecnica ad opera della nostra Corte di cassazione, cosı̀ che le esigenze dell’innovazione possano trovare « nella nostra giurisprudenza, forme di espressione più consapevoli,
equilibrate e prevedibili ». Le peculiarità del prospective overruling rispetto alle concezioni tradizionali della regola stare decisis sono ultimamente analizzate, secondo una prospettiva diversa da quella qui accennata, da MATTEI, op. cit., p. 309 ss., ove viene messo in rilievo il contrasto tra l’istituto e due miti del common law classico,
come la funzione semplicemente dichiarativa della giurisdizione e l’essenzialità, al fine di cogliere l’esatto ambito di vincolatività del precedente, della distinzione tra ratio decidendi e obiter dictum.
(18) Per l’introduzione della dicotomia tra contrasti sincronici e contrasti diacronici di giurisprudenza che
connota la dialettica tra esigenze di evoluzione ed esigenze di stabilità cfr. CHIARLONI, Efficacia del precedente
giudiziario e tipologia dei contrasti di giurisprudenza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1989, 118 ss.
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PRECEDENTE
nentale e negli ordinamenti di common
law: una contrapposizione da approfondire — Si profila ora il problema dell’efficacia del precedente quando siano le ragioni della stabilità a prevalere (19).
Se guardiamo le cose da un alto livello di astrazione « didattica » ci imbattiamo qui in un tradizionale contrasto ricostruttivo tra le dottrine giuridiche continentali e quelle di common law. Immaginiamo di domandare ad uno studente,
che sia già transitato attraverso l’area del
diritto comparato, di descrivere le differenze principali tra i sistemi di common e
quelli di civil law. Possiamo essere certi
che nel suo elenco troveremo ai primi posti la diversa autorità da assegnare al precedente giurisprudenziale nei due sistemi:
vincolante in un caso; solo persuasiva nell’altro.
Questo stereotipo da lungo tempo (20) universalmente diffuso appare a
prima vista cosı̀ autoevidente nel suo significato teorico da non meritare un approfondimento critico.
Ma cosı̀ non è, poiché gli enunciati
generali che aspirano a descrivere le principali differenze tra sistemi giuridici si
collocano sovente alle origini di una mitologia.
Per cogliere il nocciolo di verità racchiuso entro ciascun singolo mito occorre
allora sottoporre prima di tutto ad una
analisi accurata le proposizioni apparentemente semplici e definitive con cui tradizionalmente, attraversando cadenze rituali, il mito si esprime.
Si tratta di percorrere un itinerario
in parte già tracciato da alcuni studiosi,
portati a rimarcare le convergenze e i
punti di contatto tra sistemi giuridici che
nascono da una comune tradizione di civiltà e da un analogo sviluppo socio-economico e inclini a ritenere che le differenze, pur esistenti e talora notevoli, vengono spesso sovrastimate nei discorsi dei
giuristi.
Anche con riferimento al precedente, questa posizione di metodo sta cominciando a prendere piede. Ne segue un
indirizzo che tende a mettere in risalto gli
elementi di somiglianza negli atteggiamenti tenuti dai giudici dei due ordinamenti di fronte alle decisioni del passato (21), piuttosto che le differenze ricavabili dai diversi modi di descrivere quegli
(19) Cfr. Al riguardo, per un’analisi più distesa che conduce ai medesimi risultati esposti nel testo. CHIARUn mito rivisitato: note comparative sull’autorità del precedente giudiziale, in Riv. dir. proc., 2001, 614 ss.
(20) POUND, The Theory of Judicial Decision, in Harvard L. Review, 1923, 641 ss.; GOODHART, Precedent
in English and Continental Law, in L. Quarterly. Review, 1934, 40 ss.; MICHELI, Contributo allo studio della formazione giudiziale del diritto, in Studi nelle Scienze giuridiche e sociali dell’Università di Pavia, vol. XXIII (1938),
113 ss., 137 ss.; più di recente, anche se con minore rigidità, KAHN-FREUND, Common Law and Civil Law - Imaginary and Real Obstacles to Assimilation, in New Perspectives for a Common Law of Europe a cura di Cappelletti, Firenze, 1978, p. 150.
(21) Cfr., ad esempio, TARUFFO, Precedente e giurisprudenza, cit., p. 716 ss.; LUPOI, Il valore del precedente
giudiziario in Inghilterra e in Francia nel secolo XX, in Quaderni del Foro italiano, 1968, c. 59 ss.; CAPPELLETTI,
The Doctrine of Stare Decisis and the Civil Law: a Fundamental Difference or no Difference at All?, in Festschrift
fur K. Zweigert, Tubingen, 1981, p. 381 ss.; CROSS, Precedent in English Law, cit., p. 15 ss.; KRIELE, Das Prajudiz
im kontinental-europaischen und anglo-amerikanischen Rechtskreis, in La sentenza in Europa, Metodo, Tecnica e
Stile, Padova, 1988, p. 62 s.; SAPHIRO M., Courts, a Comparative and Political Analysis, Cambridge, 1981, p. 148
ss.; ALBISETTI, Considerazioni sulla dottrina del precedente nella giurisprudenza canonica, in Studi in onore di
Grassetti, Milano, 1980, p. 9; PICARDI, Appunti sul precedente giudiziale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1985, p. 203;
GALGANO, Giurisdizione e giurisprudenza in materia civile, in Contr. impr., 1985, p. 41 s.; BIN M., Funzione uniformatrice della cassazione e valore del precedente giudiziario, ivi, 1988, 551 s.; ANTONIOLLI DEFLORIAN, Il precedente giudiziario come fonte di diritto: l’esperienza inglese, in Riv. dir. civ., 1993, I, p. 133 ss.; DOE, Canonical
Doctrine of Judicial Precedent: a Comparative Study, in (54) The Jurist, 1994, p. 205 ss. E v. anche, per l’affermazione di « una estrema difficoltà nel distinguere la teoria del precedente vincolante...dalla prassi consolidata
di seguire il precedente persuasivo », MATTEI, Stare decisis, cit. p. 4. Vale anche la pena di ricordare, a sostegno
delle tesi che minimizzano le differenze tra le due famiglie di ordinamenti, la singolare previsione di un ordinamento di civil law che « codifica » l’autorità del precedente, consentendo il ricorso alla corte suprema per il
caso di sua violazione. Alludo alla Ley de enjuiciamiento civil spagnola del 2000 che elenca All’art. 479 n. 3 tra
i motivi di ricorso la violazione della « doctrina jurisprudential » del Tribunal supremo. Su questa singolare figura, per cui il Tribunal Supremo può cassare la sentenza impugnata, motivando semplicemente sull’esistenza di
questa difformità, senza, peraltro, essere vincolato dalla propria precedente giurisprudenza, cfr., con riferimento
al codice precedente, FRANCESCHELLI V., La giurisprudenza come fonte del diritto e la doctrina legal del Tribunal
Supremo spagnolo, in Riv. dir. civ., 1982, II, p. 298 ss.
LONI,
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atteggiamenti nei discorsi della dottrina e
degli stessi giudici, oltre che nella percezione del pubblico.
5. L’efficacia del precedente negli
ordinamenti continentali non è un’efficacia persuasiva — L’enunciato secondo cui
in determinate situazioni ordinamentali il
precedente ha un’efficacia meramente
persuasiva è privo di senso, a prenderlo
nel suo significato letterale.
Mi rendo conto di avanzare un
punto di vista che contrasta con un uso
consolidato, non solo negli ordinamenti di
civil, ma anche negli ordinamenti di common law, con riferimento ai quei provvedimenti giurisdizionali che stanno al di
fuori del circuito del c.d. stare decisis (22).
Tuttavia, sembra ovvio che l’autorità
o l’efficacia di un precedente, per il suo
essere precedente, non consiste, non può
logicamente consistere nel fatto che il
giudice susseguente sia persuaso che il
giudice anteriore ha risolto correttamente
un caso analogo a quello che egli si trova
ora a dover decidere.
L’autorità o l’efficacia di un precedente, in quanto tale, è qualcosa di autonomo e anzi in un certo senso di contra-
stante rispetto alla condivisione dei risultati di un processo interpretativo delle
norme giuridiche coinvolte.
Tutte le volte che il giudice, perché
convinto grazie a sue autonome valutazioni, o perché convinto dalle argomentazioni di un avvocato, o perché convinto
dalla lettura di un’opera di dottrina, o infine perché convinto dalla lettura dei motivi di una sentenza (magari emanata in
un altro ordinamento appartenente alla
medesimatradizioneculturale)risolvelafattispecie oggetto del giudizio in maniera
identica a come è stata precedentemente
risolta dall’altro giudice, non sussiste alcuna operatività del precedente.
L’ultima ipotesi non è distinguibile
dalle prime tre. Non si può individuare
l’autorità del precedente a seconda del
destinatario delle lodi eventualmente rivolte nel mio provvedimento a colui che è
riuscito a convincermi della bontà di una
certa soluzione.
Malgrado le apparenze, l’efficacia
« persuasiva » del precedente non risiede
nel fatto che il giudice susseguente rimane convinto della bontà della soluzione
adottata in precedenza da un altro giudice (23).
Se ragioniamo un momento sull’effi-
Nella stessa linea di pensiero, almeno nelle intenzioni dei curatori (se ne veda l’introduzione), si collocano
MACCORMICK e SUMMERS (a cura di), Interpreting Precedents, A Comparative Study, Ashgate, 1997. Ma in relazione a quest’opera è interessante notare che la differenza di efficacia tra precedente di common law e precedente continentale risalta con evidenza, ancora secondo le cadenze tradizionali, nei saggi dedicati a singoli ordinamenti, sia pure all’interno di uno sforzo teorico indirizzato, a mio avviso con poco successo, a iscrivere entro un medesimo campo concettuale, attraverso l’individuazione di successive gradazioni « a scendere » il significato giuridico delle due categorie di precedente (Cfr. PECZENIK, The Binding Force of Precedent, cit., p. 461 ss.).
(22) Ad esempio, negli Usa, nei rapporti tra Corti di appello non appartenenti al medesimo circuito. Cfr.
O’HARA, Social Constraint or Implicit Collusion?: Toward a Game Theoretic Analysis of Stare Decisis, in Seton
Hall L. Rev, 1993, p. 772; ESTREICHER e REVESZ, Nonacquiescence by Federal Administrative Agencies, in Yale L.
Journal, 1989, p. 735 s.
(23) Questo è invece il punto di vista comunemente adottato dai giuristi angloamericani: Cfr., ad esempio, sia pure all’interno di un pensiero a volte poco chiaro, BRONAUGH, Persuasive Precedent, in Precedent in Law
a cura di Goldstein, cit., p. 216 ss. (Of course, the judge who cites and also follows a persuasive precedent (unlike
a binding one) must have been convinced of its rightness: p. 223 e la tesi viene ribadita in numerosi altri passi).
Nello stesso tempo, però, questo autore sostiene che la « precedential stature is not held as a matter of the substance or content of the case law » e finisce cosı̀ col mettersi in contraddizione. Egli infatti individua codesta
« precedential stature » nella domanda nascente dall’ordinamento di un « fair treatment » dei soggetti coinvolti in
un processo giurisdizionale, ossia del rispetto del principio di uguaglianza. Sennonché, dal momento che egli sostiene senza mezzi termini che, quando il precedente sia soltanto persuasivo, il giudice lo deve ignorare se non
è convinto della bontà della soluzione, pare a me chiaro che per questo giudice la preoccupazione di garantire
l’uguaglianza di trattamento non può giocare alcun ruolo. Né ad una diversa conclusione può condurre il fatto,
avanzato da Bronaugh a riprova della bontà della sua tesi, che talvolta capita che il giudice, convinto della correttezza del precedente, ma non volendolo seguire, si preoccupa di operare un « distinguishing » (op. cit., p. 229).
Per un punto di vista che si avvicina a quello sostenuto nel testo, sulla scia delle riflessioni in Un mito, cit., p.
616 ss. cfr., peraltro, BUXBURY, The Nature and Authority of Precedent, Cambridge 2008, 3 ss., il quale ricorda una
opinion di Lord Dewlin, secondo il quale se il principio dello stare decisis si applicasse solo alle buone decisioni
(scil., ritenute tali dal giudice susseguente), esso non avrebbe né valore né significato.
7
PRECEDENTE
cacia del precedente (ma anche, con riferimento agli ordinamenti di common law,
sul vincolo al precedente) facciamo subito
una scoperta solo a prima vista paradossale. Scopriamo che efficacia o vincolo
hanno modo di esprimersi ad una condizione: che il giudice, se non fosse per quell’efficacia o per quel vincolo, deciderebbe
la causa in modo diverso, e magari migliore (24).
Ecco allora che il rispetto dei valori
connessi all’obbedienza ai precedenti,
dalla parità di trattamento dei cittadini
alla prevedibilità delle decisioni, appare
avere un suo prezzo, che talvolta converrà
pagare, talaltra no: il risultato che si ottiene seguendo il precedente, non è in
realtà il risultato « corretto » o « migliore » dal punto di vista interpretativo
(almeno stando alle convinzioni del giudice che attualmente decide).
Naturalmente, stabilire quando sia
opportuno perseguire il risultato prevedibile e garante dell’uguaglianza e quando
sia, invece, opportuno perseguire il risultato « corretto » o « migliore », (e dunque,
questo sı̀, « persuasivo ») conseguente alla
libera esplicazione dell’attività interpretativa del giudice, è questione di scelta che
dipenderà dalla tipologia delle fattispecie
su cui il giudice è chiamato a decidere (25).
Al riguardo, mi limito a ricordare
come in tutti gli ordinamenti sia amplissimo il campo dove le ragioni della stabi-
lità, e quindi del rispetto del precedente
potranno, nella reciproca dialettica interazione, prevalere rispetto alle ragioni del
cambiamento, e quindi della deviazione
dal precedente.
Qui importa soprattutto sottolineare
che, quando si dice che negli ordinamenti
continentali il precedente ha un’efficacia
« meramente persuasiva », si vuole segnalare una diversità in confronto al « vincolo » dei precedenti anglosassoni. Ma
non ci si preoccupa, almeno di solito, di
definire con analitica precisione l’esatto
significato dell’attributo che qualifica
questa efficacia.
Si ha in mente soltanto l’alta probabilità che giudici formalmente liberi rispetto ai precedenti vi si uniformino.
Anzi, desidero insistere, la peculiare
efficacia del precedente sta proprio nella
circostanza che il suo mero esistere fa
preferire la soluzione in esso adottata a
quella che il giudice susseguente avrebbe
autonomamente preso, da essa « persuaso » perché ritenuta più corretta e
quindi migliore in confronto ad altre
escogitabili, e magari già presenti nel supermercato delle confliggenti risposte ai
singoli problemi giuridici, ivi compresa la
risposta fatta propria dalla anteriore giurisprudenza (26).
Se vogliamo proprio conservare le
tradizionali cadenze discorsive, potremmo
dire: il precedente ha un’efficacia persuasiva, nei confronti del giudice di pari
(24) E
v utile aggiungere che può anche verificarsi il caso in cui il giudice non si fa un’idea circa l’esistenza
di una soluzione diversa e per lui migliore e si limita a conformarsi al precedente non già perché sia persuaso
della bontà della soluzione adottata, ma per l’unica ragione che è venuto prima e seguirlo garantisce il rispetto
dei valori connessi all’uniformità della giurisprudenza. Proprio per questa ragione è da valutare come sufficiente
una motivazione che aderisca ad una certa soluzione di una questione di diritto osservando che essa è conforme
ad una consolidata giurisprudenza o anche, più semplicemente, al singolo precedente della Corte superiore che
viene invocato.
(25) Due esempi opposti molto convincenti si trovano in SCHAUER, Precedent, cit., p. 597 s. « making all
capital punishment decisions under strict precedential rule would satisfy desire for predictability, but would also
entail putting to death some people who would live if their case were scrutinized carefully. And, at the other extreme, many decisions involving the formalities of contracts or real estate transactions are decisions in which sacrifiying optimality for predictability would involve negative consequences that are far from catastrophic ».
(26) Trattando delle massime elaborate dall’ufficio del massimario della cassazione, LUPOI, in La cassazione, l’università e l’elaboratore, in Riv. notariato, 1974, 254, sostiene che « la massima difetta di contenuto argomentativo e, dunque, di capacità persuasiva. Come non osservare allora che la massima difetta, per necessaria conseguenza, dell’essenziale connotato del precedente giudiziario? Se, nel nostro ordinamento, un precedente
giudiziale è tale solo se persuade... è difficile evitare la conclusione che la massima, priva di argomentazione non
può in alcun modo essere considerata un precedente giudiziale ». Dal nostro punto di vista il ragionamento, in
apparenza limpido, è tutto giocato su un equivoco determinato da un’interpretazione letterale della nozione di
persuasività del precedente. Invece, ben giustamente, secondo la nostra prospettiva, COSTANTINO, Contributo allo
studio del litisconsorzio necessario, Napoli 1979, p. 136, mette l’accento sul valore « persuasivo » della costanza
nel tempo dei precedenti, a prescindere dal contenuto argomentativo degli stessi. Il giudice inferiore si atterrà
8
PRECEDENTE
grado, perché, in determinate circostanze
in cui i valori della stabilità facciano premio rispetto a quelli del moto, egli è
« persuaso » che sia opportuno adeguarsi
al precedente invece di introdurre una soluzione diversa, da lui ritenuta migliore;
ed ha la medesima efficacia, ma di natura
più intensa, nei confronti del giudice inferiore, perché, coeteris paribus, egli è, per
sovrammercato, « persuaso » che sia opportuno non correre il rischio di una riforma o di un annullamento in sede di
impugnazione (27).
Ma, a parlare di efficacia persuasiva
del precedente nei termini appena descritti, dobbiamo ammettere che paghiamo il prezzo di una violenza non piccola nei confronti del significato delle parole come lo troviamo nel vocabolario.
6.
L’efficacia del precedente negli
ordinamenti di common law non è un’efficacia vincolante — L’enunciato secondo
cui in determinate situazioni ordinamentali il precedente ha oggi un’efficacia vincolante è erroneo, a prenderlo nel suo significato letterale, come si vede subito
contrapponendolo a quanto in realtà accade negli ordinamenti di common
law (28).
Non per nulla, In ordine alla effettiva esistenza del vincolo si sono manifestati (29) molti dubbi nella letteratura anglosassone, sia in linea teorica (appare incerto — in base al paradosso del mentitore — lo statuto logico della norma che
afferma l’esistenza del vincolo, poiché
essa è di origine giurisprudenziale e neanche tanto lontana nel tempo) (30), sia in linea storico-pratica, conto tenuto che il
Practice Statement della House of Lords
del 1966 ha sciolto la Corte suprema in-
alla massima, specie se costante, benché sia priva di argomentazione, semplicemente per evitare il rischio di un
annullamento in sede di impugnazione.
(27) A scanso di fraintendimenti, segnalo che il discorso condotto nel testo astrae dal caso, raro, cosı̀ si
spera, in cui il precedente è affetto da un errore madornale. Il discorso si regge nei confini dell’ambito normale
di soluzioni opinabili delle questioni giuridiche sorte nell’ambito delle c.d. zone grigie delle norme coinvolte in
una controversia. Una particolare tipologia di errori, che consentono di ignorare il precedente viene sussunta
nella categoria del precedente emanato per incuriam dai giuristi anglosassoni. Si tratta del precedente emanato
ignorando l’esistenza di altro e contrario precedente o altra e contraria disposizione di legge.
(28) Anche se non ha immediatamente a che fare con il discorso condotto nel testo, vale la pena di ricordare che, negli Stati Uniti, i precedenti giurisprudenziali, quale che sia la loro reale efficacia, possono vederla
cancellata attraverso l’uso ad opera delle Corti, e talvolta delle parti, di tre diversi strumenti: la pubblicazione
selettiva, per cui un certo precedente non viene pubblicato nei reports e per questa sola ragione non acquista
efficacia precedenziale e non potrà venir citato; la c.d. depublication e cioè il potere, riconosciuto alle Corti supreme statali, di ordinare la cancellazione di un precedente, anche di Corte d’appello, già pubblicato; il c.d. vacatur, altro modo di cancellazione del precedente, lasciato alla volontà delle parti, che, pendente un giudizio di
impugnazione, raggiungono un accordo conciliativo, subordinato però all’accoglimento della corrispondente
istanza congiunta indirizzata ad ottenere che l’efficacia precedenziale della decisione della circuit court sia tolta
di mezzo. Su questi istituti cfr. BERCH, Analysis of Arizona’s Depublication Rule and Practice, in Arizona State
L. Journal, 2000, p. 175 ss.; BOGGS e BROOKS, Unpublished Opinions and the Nature of Precedent, in Green Bag
(new series), 2000, p. 17 ss. e soprattutto SLAVITT, Selling the Integrity of the System of Precedent: Selective Publication, Depublication, and Vacatur, in Harvard Civil Rights Civil Liberties L. Review, 1995, 109 ss. In particolare
sulla recente pronuncia della Corte suprema che ha notevolmente ristretto l’ambito di applicabilità del vacatur
all’esistenza di eccezionali ragioni di equità nella giustizia federale, ma con considerazioni molto critiche circa
la perdurante esistenza della prassi nelle corti statali, v. PURCELL D., The Public Right to Precedent: A Theory
and Rejection of Vacatur, in California L. Review, 1997, 867 ss.
(29) Si tratta, in realtà, di dubbi già manifestati con decisione dagli esponenti del vecchio movimento realista nordamericano, su cui si può vedere l’ottima e ancora attuale sintesi di TARELLO, Il realismo giuridico americano, Milano, 1962
(30) Al riguardo, cfr. il riepilogo di GOLDSTEIN, Introduction, in Precedent in Law a cura dello stesso,
Oxford, 1987, p. 1 ss., nonché la discussione tra lo stesso GOLDSTEIN, Some Problems About Precedent e EVANS,
The Status of Rules of Precedent e The Status of Rules of Precedent: a Brief Reply, in Cambridge L. Journ., rispettivamente, 1984, p. 88 ss., 1982, 162 ss., 1984, 108 ss. Recentemente, l’idea che il precedente giurisprudenziale
concreti una regola cui i giudici successivi siano vincolati è stata sottoposta a serrata critica sul piano della teoria generale da LEVENBOOK in (6) Legal Theory, 2000, 185 ss., che propone una diversa ricostruzione, basata sull’efficacia di « esempio » per la guida alla condotta dei consociati assunta dal precedente. Il che non sembra
molto distante dalla teoria dell’efficacia « persuasiva » del precedente continentale. Anche gli esponenti del Critical Legal Studies Movement non credono all’efficacia vincolante del precedente: si tratterebbe di un concetto
vuoto, utilizzato per mascherare semplici « policy decisions » delle corti. Cfr. UNGER, The Critical legal Studies
Movement, in Harvard L. Review, 1983, 561.
9
PRECEDENTE
glese dal vincolo di obbedienza ai propri
precedenti, laddove la Corte suprema federale nordamericana non vi si è mai ritenuta vincolata (31), arrivando a sostenere, per bocca di un suo Chief Justice,
che « stare decisis is not an inexorable
command: rather, it is a principle of policy
and not a mechanical formula of adherence to the latest decision (32).
Quest’ultimo profilo merita un approfondimento. Se un vincolo orizzontale
allo stare decisis non esiste per le corti supreme, esso non può esistere nel suo significato pregnante, malgrado qualsiasi
declamazione in contrario, per i giudici
che stanno negli altri gradini della gerarchia giudiziaria.
La ragione è semplice. Com’è ovvio,
l’obbligatorietà del precedente significa
che esiste un dovere giuridicamente sanzionato di conformarvisi per il giudice che
vi è sottoposto. Ma la sanzione per l’inosservanza di questo dovere non riguarda la
persona del giudice. Come accade per le
disposizioni legislative (cui il giudice è
ovunque indubitabilmente sottoposto) la
sanzione per l’inosservanza di questo dovere attinge soltanto il provvedimento da
lui emanato, che sarà annullato o riformato dal giudice superiore, in applicazione della regola stare decisis.
Senza affrontare qui le implicazioni
del paradosso quis custodiet custodes, supponiamo che il giudice superiore applichi
le regole che è obbligato ad applicare. Af-
finché egli sia tenuto a riformare od annullare la decisione che ha deciso in
modo difforme dal precedente, occorre
che anch’egli sia vincolato dallo stare decisis (33). Se egli non ne fosse vincolato,
potrebbe essere portato a discostarsene
proprio nel momento in cui viene davanti
a lui censurata la violazione compiuta dal
giudice inferiore. E magari, una simile
propensione potrebbe venire indotta proprio dalle argomentazioni particolarmente
persuasive escogitate da quel giudice al
preciso scopo di fargli cambiare orientamento (34). In questo caso, il provvedimento sottoposto a controllo (supponiamo proprio invocando la violazione
del precedente) non sarebbe né annullato
né riformato. Sarebbe confermato e
l’eventuale rilievo, contenuto nel provvedimento di conferma, che il giudice inferiore avrebbe contravvenuto al suo dovere di conformarsi al precedente
avrebbe un significato puramente platonico, privo di conseguenze nel mondo del
diritto, dove viene stabilita una situazione
esattamente contraria a quel dovere.
D’altronde, che il precedente non sia
idoneo a conformare una regola giuridica
vincolante quando il giudice che lo ha
emanato è libero di discostarsene appare
chiaro se ci spostiamo sul piano di quelle
regole giuridiche davvero vincolanti che
sono costituite dalle norme legislative. A
tutti apparirebbe insensato un quadro
giuridico al cui interno i giudici di merito
(31) Cfr. le notazioni di PAGDEN, Overruling Decisions in the Supreme Court: the Role of Decision’s Vote,
Age, and Subject in the Application of Stare Decisis After Payne v. Tennessee, in The Georgetown L. Journal, 1994,
1689 ss. e di FREED, Is Stare Decisis Still the Lighthouse Beacon of Supreme Court Jurisprudence?: A Critical
Analysis, in Ohio State L. Journal, 1996, 1767 ss. Una certa inclinazione a minimizzare l’impatto sulla dottrina
stare decisis dell’aumento statistico degli overrulings della Corte suprema nordamericana è rinvenibile in LEE,
Stare Decisis in Historical Perspective: From the Founding Era to the Rehnquist Court, in 52 Vanderbilt L. Review, 1999, 733 ss. V. anche BANKS, Reversals of Precedent and Judicial Policy-Making: How Judicial Conceptions
of Stare Decisis in the U.S. Supreme Court Influence Social Change, in (32) Akron L. Review, 1999, 233 ss. Pur
datati sono interessanti i rilievi di ALDRIDGE, Precedent in the Court of Appeal - Another View, in Modern L. Review, 1984, p. 194. Per un’analisi dei più importanti casi di abbandono dei propri precedenti da parte di Corti
statali v. LINDQUIST e PYBAS, State Supreme Court Decisions to Overrule Precedent, in The Justice System Journal,
1998, 17 ss.
(32) Ho trovato le parole di Rehnquist in BANKS, op. cit., 233. Cfr. 501 U.S., 828 (1991).
(33) Cosı̀ come, mutatis mutandis (v. più avanti nel testo), la soggezione dei giudici continentali di merito
alla legge esige un’identica soggezione della Corte suprema. Il paradosso del vincolo elastico, e comunque della
minor stringenza della regola giurisprudenziale rispetto a quella legislativa emerge chiaramente riflettendo sull’impensabilità di un sistema per cui i giudici di merito sono tenuti a rispettare la legge, mentre una Corte suprema può annullare le sentenze rispettose della legge enunciando un principio di diritto che vi si sottragga.
v questo un comportamento che, a quanto ci viene riferito sotto l’etichetta di anticipatory overru(34) E
ling by lower Courts, viene spesso tenuto di fatto dai giudici di merito delle Corti continentali. Cfr. TROPER e
GRZEGORCZYK, Precedent in France, in MACCORMICK e SUMMERS (a cura di), Interpreteting Precedent, cit., 134.
10
PRECEDENTE
sono tenuti ad applicare la legge, mentre
la Corte suprema è libera di annullare le
sentenze rispettose della legge, emanando
un « principio di diritto » che non ne
tenga conto.
Ma allora, par chiaro che, per lo
meno sul piano della ricostruzione teorica, il vincolo del giudice inferiore al rispetto dei precedenti è un vincolo per
modo di dire, là dove il giudice superiore
non è tenuto a conformarsi ai propri precedenti (35). Né, da un punto di vista strettamente analitico, il ragionamento è indebolito dalla circostanza che, di fatto, anche in virtù della composizione, limitata a
pochissimi membri, delle Corti supreme
negli ordinamenti di common law, queste
abbandonano raramente i propri precedenti (ma come ricordato sopra, più di
frequente la Corte suprema nordamericana che non la House of Lords), cosicché
il giudice inferiore che se ne discosti (ma
è difficile che lo faccia in maniera plateale, semmai ricorrerà alle acrobazie del
distinguishing) (36) vedrà con grande probabilità annullato il proprio provvedimento con la secca motivazione del mancato rispetto del precedente (37).
Che cosı̀ stiano le cose possiamo essere ulteriormente convinti esaminando
un autentico vincolo di un giudice susseguente all’interno di un medesimo processo, che paradossalmente ricaviamo da
una situazione particolare nella disciplina
delle impugnazioni in un ordinamento di
civil law.
Alludo al vincolo che stringe il giudice di rinvio a conformarsi al principio di
diritto enunciato dalla cassazione quando
sia accolto un ricorso proposto per violazione o falsa applicazione di norme di diritto (sostanziale). Qui l’obbligo di osservare il principio di diritto è un obbligo
privo di alternative (dunque, un obbligo
vero e proprio), perché alla medesima osservanza è tenuta la corte di cassazione,
investita di un ulteriore ricorso in caso di
ribellione del giudice di rinvio. Per quanto
persuasivi possano essere gli argomenti
addotti da quest’ultimo per convincere la
corte di cassazione che il principio di diritto enunciato in sede di annullamento è
erroneo e per quanto i giudici della corte
siano soggettivamente convinti della
bontà di questi argomenti, la corte di cassazione ha il dovere di annullare la sentenza del giudice di rinvio che si sia ribellato al principio di diritto a suo tempo
enunciato.
Solo l’obbligo della corte spiega l’as-
(35) Penso cosı̀ di aver dato sostanza ad un dubbio, sia pure inespresso, che ricorre anche nella letteratura anglosassone. Per esempio, ALDRIDGE, op. loc. cit., scrive « there seems to be something ridiculous about a
court deciding a case upon the basis that a precedent not binding upon it was binding upon the court from which
the appeal was taken ». Inoltre, tra gli argomenti che vengono avanzati per negare l’opportunità che le corti inferiori siano tenute ad osservare l’hierarchical precedent in materia di judicial review si osserva che la disobbedienza delle corti inferiori può aiutare quella superiore a cambiare la propria giurisprudenza in tema di norme
della Costituzione. Cfr., al riguardo, i rilievi di PAULSEN, Accusing Justice: Some Variations on the Themes of Robert M. Cover’s Justice Accused, in Journal of L. and Religion, 1990, 85 ss.
(36) Anche se i casi di disobbedienza non mancano, specialmente negli Stati Uniti. Cfr. i rilievi di REDDICK e BENESH, Norm Violation by the Lower Court in the Treatment of Supreme Court Precedent: a Research
Framework, in (21) The Justice System Journal, 2000, 117 ss. e di WEIL e ROOKLIDGE, Stare Un-decisis: the Sometimes Rough Treatment of Precedent in Federal Circuit Decision-Making, in (80) Journal of the Patent and Trademark Office Society, 1998, 701 ss. E per converso, a chiudere il cerchio di una situazione nei fatti molto simile, tutti sanno che i precedenti vengono di solito rispettati anche negli ordinamenti continentali, almeno
quando sia dato registrare una certa uniformità sincronica nella giurisprudenza delle corti supreme.
(37) La prassi della House of Lords, bisogna riconoscerlo, appare indirizzata a far uso solo eccezionalmente del potere di scostarsi dai propri precedenti e, soprattutto, per niente incline ad ammettere i tentativi dei
giudici inferiori di accreditare nei loro provvedimenti la necessità del cambiamento. Cosı̀, nel caso Fitzleet Estates Ltd v Cherry (Inspector of Taxes) del 1977, che trovo citato da HARRIS, Legal Philosophies, Londra, 1980, 158,
Lord Wilberforce scrive (traduzione mia): « Niente è meno desiderabile che permettere ad altri litiganti, dopo
che una decisione è stata presa dalla House of Lords con tutti i crismi della definitività, di ritornare alla carica
nella speranza che un collegio diversamente costituito possa venir persuaso ad adottare la soluzione che il suo
predecessore aveva rigettato. E
v vero che la precedente decisione era stata presa a maggioranza. E non dico qui
nulla circa la sua correttezza o la validità del ragionamento che la fondava. Che ci fossero due possibili soluzioni è dimostrato dal fatto che ciascuna di esse ha trovato l’appoggio di membri del collegio. Ma le questioni
dubbie debbono essere decise e il diritto non conosce un modo migliore di risolverle che attraverso la motivata
opinione di maggioranza di una corte suprema. Si richiede molto di più che l’esistenza di dubbi sulla correttezza
del precedente per giustificare il suo abbandono (corsivo mio) ».
11
PRECEDENTE
solutezza dell’obbligo del giudice di rinvio.
Quando un obbligo del giudice superiore a conformarsi ai propri precedenti
non c’è, diventa difficile giustificare su un
piano analitico un obbligo del giudice inferiore che sia soddisfabile esclusivamente attraverso il suo esatto adempimento.
In verità, anche il giudice di common
law si trova, nei confronti del precedente,
ad una scelta tra obbedirgli o discostarsene. E, almeno sul piano delle astrazioni
concettuali, non si può articolare una diversità di posizioni tra stare decisis orizzontale nei confronti di una corte superiore e stare decisis verticale nei confronti
dei giudici inferiori: l’obbligo del giudice
inferiore ad obbedire i precedenti della
corte superiore implica per logica necessità un identico obbligo della corte superiore a conformarsi ai propri precedenti.
Naturalmente, sul piano delle prassi
le cose stanno ben diversamente. Qui il
« vincolo » verticale è certo assai stringente, sia pure in assenza di un vincolo
orizzontale. Ma ciò avviene per il medesimo motivo per cui, negli ordinamenti
continentali, l’ efficacia « persuasiva » del
precedente verticale è assai più stringente
dell’efficacia « persuasiva » del precedente orizzontale.
E
v un motivo semplicissimo, vorrei
dire banale. Solitamente i giudici non desiderano andare contro la giurisprudenza
consolidata di un giudice superiore, perché non desiderano esporre i loro provvedimenti al fato della riforma o dell’annullamento.
La breve indagine fin qui condotta
porta a concludere, molto semplicemente,
che, sul piano dell’analisi teorica, è molto
difficile individuare una differenza reale
tra l’efficacia del precedente « vincolante » anglosassone e l’efficacia del precedente « persuasivo » continentale.
7. Le radici storiche e culturali della
dottrina stare decisis — Naturalmente, se
il discorso si concludesse qui, sarebbe
monco. Infatti, basta cambiare il punto di
osservazione, per rendersi subito conto
che l’ importanza dei precedenti delle
corti superiori, e più in generale del diritto vivente giurisprudenziale è molto,
ma molto più grande negli ordinamenti di
common law in confronto a quella rivestita negli ordinamenti continentali (38).
La declamazione di un vincolo giuridico
all’obbedienza, che non trova riscontro in
un’analisi di teoria generale del diritto,
costituisce, per cosı̀ dire, la rappresentazione retorico-simbolica di una situazione
reale: il fortissimo rilievo storicamente assunto negli ordinamenti di common law
dal judge made law (39), sia pure equilibrato negli ultimi tempi da un forte aumento della produzione legislativa (40); la
particolare autorevolezza delle Corti, do-
(38) Anche se, come mette in rilievo MONATERI, L’occhio del comparatista sul ruolo del precedente giudiziario in Italia, in Contr. impr., 1988, 192 ss. molto sono oggi le consonanze tra i due ordinamenti di common e
di civil law per quanto riguarda il ruoli della giurisprudenza e della legislazione (oltre che della dottrina).
v un luogo comune della cultura comparatistica che, mentre il diritto continentale è fin dal Me(39) E
dioevo il frutto del lavoro di giuristi universitari, che attraverso una complessa evoluzione storica, ha portato
alla redazione di codici e leggi con una forte tendenza all’astrazione sistematica, in Inghilterra il diritto si è
« pretoriamente » evoluto attraverso la risoluzione di casi concreti davanti alle diverse giurisdizioni e la relativa
concessione degli opportuni rimedi.
v peraltro opportuno ricordare che nei sistemi di common law l’innesto della legislazione su un
(40) E
corpo di regole ricavato dai precedenti avviene talvolta non senza difficoltà. E
v persino accaduto che i giudici si
siano tranquillamente ribellati disapplicando statuti non graditi, senza nessuna meraviglia da parte degli addetti
ai lavori in un ambiente culturale dove le due fonti sono ritenute pariordinate (da parte di qualcuno il diritto
giurisprudenziale è addirittura ritenuto in qualche modo sovraordinato rispetto a quello legislativo). Ribellione
d’altra parte non particolarmente difficile di fronte a testi legislativi che, seguendo lo stile indotto dalla storica
prevalenza del diritto giurisprudenziale, sono confezionati con un accanimento casistico che diventa facile preda
delle incredibili acrobazie di cui sono capaci i giudici anglosassoni nell’esercizio dell’arte del distinguishing. Al
riguardo ha occupato per lungo tempo le cronache giuridiche nordamericane il conflitto scoppiato tra giudici e
legislatore con riguardo alla repressione dei conflitti collettivi di lavoro attuata dai giudici mediante il ricorso al
loro injunctive power. Notizie al riguardo in CHIARLONI, Misure coercitive e tutela dei diritti, Milano, 1980, p. 245
ss. Per quanto riguarda l’ulteriore questione dei rapporti tra potere legislativo e regola dello stare decisis cfr., da
ultimo, HARRISON, The Power of Congress Over the Rules of Precedent, in Duke L. Journal, 2000, 503 ss.
12
PRECEDENTE
vuta alla omogeneità della giurisprudenza, a sua volta favorita, per le ultime
istanze, dalla struttura (poche decine o
addirittura poche unità di giudici) e dalla
disciplina dell’impugnazione (il c.d. leave
of appeal che consente di filtrare i gravami ammessi); i riflessi di questo stato
delle cose sulla cultura giuridica, che da
sempre privilegia le figure dei grandi giudici rispetto a quelle dei grandi professori
e l’approccio casistico-valutativo rispetto
a quello concettuale-sistematico — contrariamente a quanto avviene nei Paesi di
civil law ( 41 ). Sono tutti fenomeni ben
noti, che però non portano con sé, necessariamente, una peculiare e diversa efficacia giuridica dei precedenti anglosassoni
rispetto a quelli continentali. Quali che
siano le convinzioni da molto tempo radicate nell’autocoscienza degli operatori di
oltre Manica e oltre Atlantico.
8. La situazione italiana: la garanzia costituzionale del ricorso in cassazione
e l’eterogenesi dei fini — Un ultimo rilievo. Le corti supreme possono assicurare l’uniforme interpretazione della
legge a condizione che non esistano contrasti sincronici tra i suoi precedenti. Questa coerenza non è sovente dato riscontrare tra i precedenti della nostra corte di
cassazione.
L’art. 111 cost. prevede al settimo
comma la garanzia del ricorso per cassazione contro tutte le sentenze. Evidentemente il costituente intendeva assicurare,
attraverso l’intervento riparatore di un organo centralizzato di giustizia, l’uguaglianza di trattamento tra i cittadini nell’applicazione e interpretazione della
legge, contro i possibili contrasti interpre-
tativi tra i diversi giudici collocati sul territorio.
Ci troviamo qui di fronte ad uno dei
casi più eminenti di eterogenesi dei fini
perseguiti da una norma processuale. Proprio la garanzia del ricorso contro tutte le
sentenze ha determinato l’impossibilità
per la corte di cassazione di assicurare
l’uniforme interpretazione e applicazione
della legge. Da molti anni troppo numerosi e in progressiva via di aumento sono
i ricorsi, ormai quasi decuplicati rispetto
agli anni cinquanta del secolo scorso, cosı̀
che troppo numerosi e in progressiva via
di aumento sono i giudici chiamati a deciderli. Aggiungendo disordine giurisprudenziale al disordine legislativo che caratterizza l’attività dei moderni parlamenti,
la nostra corte suprema presenta un presenta un panorama di pronunce contrastanti tra sezione e sezione, tra sezioni
semplici e sezioni unite e spesso addirittura anche all’interno della medesima sezione, ivi comprese le stesse sezioni unite,
sul filo di ambiti di (quasi)contemporaneità, che nulla hanno a che vedere con le
esigenze di una maturazione consapevole
e di una evoluzione naturale della giurisprudenza (42). Si è venuto a determinare
un infernale circolo vizioso. Quanto più
aumentano i ricorsi, tanto più aumentano
i contrasti sia per la difficoltà per i giudici
chiamati alla decisione di venir a conoscenza dei precedenti più recenti a causa
dell’elefantiasi della corte e del suo interno disordine organizzativo, sia per le
incomprimibili divergenze sui valori sottesi all’interpretazione giuridica, che si verificano nelle valutazioni dei differenti
collegi che ruotano entro le sezioni. Ma
quanto più la giurisprudenza della corte
assomiglia ad un supermercato dove il
soccombente nel giudizio di merito trova
(41) E
v una banalità ricordare come la diversa situazione abbia riflessi fondamentali nei modi di trasmissione dell’educazione giuridica. Non solo i seminari, ma anche le lezioni universitarie ex cathedra si svolgono nei
Paesi di Common Law attraverso l’analisi dei leading cases, anziché la deduzione di concetti dal sistema. E in
qualsiasi testo (anche di filosofia o teoria generale del diritto) si ritrova l’indice dei casi citati, ritenuto un ausilio indispensabile per la consultazione. Un indice che solo negli ultimissimi tempi si comincia a ritenere opportuno inserire in opere di diritto continentale. Lo troviamo, per esempio, in RONCO, Struttura e disciplina del
rito monitorio, Torino, 2000, 631-644.
(42) Cfr. MONETA, La cassazione civile e i suoi contrasti di giurisprudenza del 1990, in Contr. impr., 1992,
p. 1245 ss.; ID., Mutamenti nella giurisprudenza della Cassazione Civile. Ottocentosessantasette casi di contrasto nel
quinquennio 1988-1992, Padova, 1993; ID., Conflitti giurisprudenziali in Cassazione. I contrasti della Cassazione
civile dal settembre 1993 al dicembre 1994, Padova, 1995.
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PRECEDENTE
precedenti anche favorevoli, tanto più aumentano i ricorsi.
La recentissima riforma del ricorso
in cassazione si è posta il fine dichiarato
di porre rimedio alla situazione. Ma senza
un intervento sulla costituzione che elida
la garanzia del ricorso per le sentenze ci-
vili è ben difficile ottenere risultati, specie
quando ritratta di interventi timidi e per
qualche verso contraddittori (43).
........... CHIARLONI
Bibliografia essenziale.
(43) Cfr. in proposito CHIARLONI, Un singolare caso di eterogenesi dei fini, irrimediabile per via di legge
ordinaria: la garanzia costituzionale del ricorso in cassazione contro le sentenze, in corso di pubblicazione in Riv.
trim. dir. proc. civ. e in Studi in onore di Teresa Aruda Wambier.
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