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DAVID SPERANZI SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE (CON ALCUNE OSSERVAZIONI SULLO STRABONE AMBR. G 93 SUP.) ESTRATTO da PHILELFIANA Nuove prospettive di ricerca sulla figura di Francesco Filelfo Atti del seminario di studi (Macerata, 6-7 novembre 2013) A cura di Silvia Fiaschi Q UADERNI DI R INASCIMENTO • 51 • PHILELFIANA Nuove prospettive di ricerca sulla figura di Francesco Filelfo a cura di SILVIA FIASCHI Leo S. Olschki Editore MMXV Il volume raccoglie i primi contributi di ricerche presentate in occasione di un seminario maceratese del 2013 e avviate in seno al progetto nazionale FIRB 2012 finanziato dal MIUR sulla figura dell’umanista di Tolentino: Oriente e occidente nell’Umanesimo europeo: la biblioteca e le lettere di Francesco Filelfo (1398-1481). L’elemento che lega i sei saggi qui riuniti, realizzati non solo da studiosi direttamente afferenti all’impresa, è, come dichiara il sottotitolo, la ‘prospettiva’ dell’indagine, intesa sia quale tentativo di individuare angolature e punti di osservazione nuovi per cogliere aspetti della produzione letteraria e del profilo intellettuale di questo personaggio rimasti finora trascurati o nell’ombra, sia quale impegno a guardare avanti e oltre, proponendo non solo nuove acquisizioni (pur qui già significativamente presenti), ma suggerendo molteplici aperture a successivi e futuri approfondimenti, da condurre senza dubbio con sinergia di forze e spirito di collaborazione. Un progetto, dunque, solo apparentemente monografico, che, come è facile comprendere anche dalla lettura di queste pagine, si allarga immediatamente ad una rete di implicazioni tematiche, disciplinari, culturali e di relazioni, in grado di far luce su tutto il XV secolo. Accanto a contributi di carattere strettamente ecdotico, concentrati sulla tradizione a stampa delle lettere filelfiane (determinante per l’immediata e precoce ricezione in Europa dell’umanista), ve ne sono altri di commento a testi ispirati a eventi cruciali della storia (la caduta dell’Eubea), altri di approfondimento su importanti componenti culturali e linguistiche della sua produzione: la medicina e il lessico medico, le opere volgari. E infine l’indagine sui libri, ‘squadernati’ e ispezionati soprattutto negli spazi marginali (note, ex libris), che lasciano spesso trapelare tracce nascoste di dissidi personali, dinamiche comuni e banali della vita umana, capaci tuttavia di determinare linee di derivazione o inversioni di rotta nei percorsi di trasmissione della classicità. ISTITUTO NAZIONALE DI STUDI SUL RINASCIMENTO Q UADERNI DI «RINASCIMENTO» • 51 • Comitato scientifico Michael J. B. Allen - Simonetta Bassi - Andrea Battistini - Giuseppe Cambiano Michele Ciliberto - Brian P. Copenhaver - Mariarosa Cortesi - Germana Ernst Massimo Ferretti - Massimo Firpo - Tullio Gregory - James Hankins - Fabrizio Meroi - Filippo Mignini - Gregorio Piaia - Adriano Prosperi - Elisabetta Scapparone Fiorella Sricchia - Loris Sturlese I testi pubblicati in questa collana sono preventivamente sottoposti a procedimento di peer review. QUADERNI DI «RINASCIMENTO» • 51 • PHILELFIANA Nuove prospettive di ricerca sulla figura di Francesco Filelfo Atti del seminario di studi (Macerata, 6-7 novembre 2013) a cura di SILVIA FIASCHI — III — Leo S. Olschki Editore MMXV Tutti i diritti riservati CASA EDITRICE LEO S. OLSCHKI Viuzzo del Pozzetto, 8 50126 Firenze www.olschki.it Volume stampato con il contributo del MIUR Progetto FIRB 2012 «Oriente e Occidente nell’Umanesimo europeo: la biblioteca e le lettere di Francesco Filelfo (1398-1481)» (RBFR12EYFD_001) ISBN 978 88 222 6388 9 SOMMARIO Presentazione di Michele Ciliberto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. VII Premessa di Filippo Mignini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » IX FILIPPO BOGNINI, Per l’edizione critica delle epistole latine di Francesco Filelfo: prime indagini sulla tradizione degli incunaboli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1 SALVATORE COSTANZA, Testimonianze epistolari sulla caduta dell’Eubea (1470): la posizione di Filelfo, alter Nestor . . » 25 NICOLETTA MARCELLI, Filelfo “volgare”: stato dell’arte e linee di ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 47 DAVID SPERANZI, Su due codici greci filelfiani e un loro lettore (con alcune osservazioni sullo Strabone Ambr. G 93 sup.) » 83 SILVIA FIASCHI, Filelfo fra Ippocrate e Galeno: fonti mediche e rapporti con i physici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 119 STEFANIA FORTUNA, Francesco Filelfo traduttore di Ippocrate: qualche osservazione sullo stile e sul lessico . . . . . . . . . . . » 147 » » 157 161 INDICI Indice dei manoscritti, dei documenti d’archivio e delle stampe antiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei nomi propri di persona e di luogo . . . . . . . . . . . . . . — V — Le tavole che corredano il saggio di David Speranzi sono pubblicate su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, della Biblioteca Ambrosiana e della Biblioteca Apostolica Vaticana. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo. DAVID SPERANZI SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE (CON ALCUNE OSSERVAZIONI SULLO S TRABONE AMBR. G 93 SUP.)* 1. Per la ricostruzione della raccolta libraria di Francesco Filelfo e del rapporto tra l’umanista, la cultura greca e il mondo bizantino, un ruolo se non cruciale almeno emblematico è svolto dal Dione Crisostomo Pluteo 59.22 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, un codice di carta orientale, recante tutto il corpus Dioneum, copiato da un’unica mano della prima metà del sec. XIV a partire dall’antico e autorevole Urb. gr. 124 della Biblioteca Apostolica Vaticana.1 Il Laurenziano contiene infatti ai ff. 106r-135v il Capti* Ho sviluppato in questa sede soltanto una parte degli spunti presentati in occasione del seminario maceratese; per quanto rimasto escluso dalla versione scritta, è implicito il rimando a una trattazione futura. Per vari soccorsi bibliografici, per controlli su manoscritti, indicazioni e proficue discussioni su singoli aspetti sono in vario modo debitore all’amicizia di Idalgo Baldi, Christian Förstel, Thierry Ganchou, Stefano Martinelli Tempesta, Teresa Martínez Manzano, Carmen Pettenà, Antonio Rollo e Stefano Serventi: a loro tutta la mia gratitudine. Sarà citata in forma abbreviata la seguente opera: RGK I-III/A-C = Repertorium der griechischen Kopisten 800-1600. I. Handschriften aus Bibliotheken Großbritanniens, A. Verzeichnis der Kopisten, erst. von Ernst Gamillscheg – Dieter Harlfinger, B. Paläographische Charakteristika, erst. von Herbert Hunger, C. Tafeln, Wien, Österreichische Akademie der Wissenschaften 1981; II. Handschriften aus Bibliotheken Frankreichs und Nachträge zu den Bibliotheken Großbritanniens, A. Verzeichnis der Kopisten, erst. von Ernst Gamillscheg – Dieter Harlfinger, B. Paläographische Charakteristika, erst. von Herbert Hunger, C. Tafeln, Wien, Österreichische Akademie der Wissenschaften 1989; III. Handschriften aus Bibliotheken Roms mit dem Vatikan, A. Verzeichnis der Kopisten, erst. von Ernst Gamillscheg unter Mitarbeit von Dieter Harlfinger – Paolo Eleuteri, B. Paläographische Charakteristika, erst. von Herbert Hunger, C. Tafeln, Wien, Österreichische Akademie der Wissenschaften 1997 (cit. per numero). Le abbreviazioni utilizzate per gli autori e i testi greci sono quelle del Liddell-Scott. 1 Catalogus codicum Graecorum Bibliothecae Laurentianae (…), recensuit, illustravit, edidit Angelus Maria Bandinius, II, Florentiae, Typis Regiis 1768, coll. 538-541; come tutti i mss. del fondo Plutei della Biblioteca Medicea Laurenziana il Pluteo 59.22 è liberamente accessibile in linea all’indirizzo http://teca.bmlonline.it (ultima consultazione 13 marzo 2014); per le caratteristiche testuali del Laurenziano cfr. ALFREDO VERRENGIA, Note ai codici ‘integri’ della prima famiglia di Dione di Prusa, «Studi classici e orientali», XLVI, 1998, fasc. 3, pp. 891-902: 893 nn. 6-8, 896 n. 12, 901 n. 24, 902 (stemma) e, da ultimo, MARIELLA MENCHELLI, Studi sulla storia della tradizione manoscritta dei discorsi I-IV di Dione di Prusa, Pisa, Scuola Normale Superiore 2008 («Pubblicazioni della Classe di Lettere e Filosofia. Scuola Normale Superiore di Pisa», 35), pp. 84, 119-120, 123-124, 148, 153-154, 164, 264, 267, 270 (stemma), 275-276, 278, 280, cui si deve anche la descrizione più completa e aggiornata — 83 — DAVID SPERANZI vitatem Ilii non fuisse, il discorso del retore di Prusa che fu tra i prediletti a Bisanzio e che, stando al suo stesso racconto, Filelfo lesse e cominciò a tradurre nel 1427, durante il viaggio per mare che lo riconduceva in Italia dopo i lunghi anni trascorsi in Oriente; e per molto tempo, fino alla recente edizione critica di Serena Leotta, il Pluteo 59.22 è stato generalmente ritenuto fonte unica di questa sua prima versione dal greco.2 D’altro canto – le due cose, è evidente, non sono disgiunte – il codice reca ai ff. 5v, 460v due note di possesso dell’umanista (tavv. Ia-b), che ne hanno permesso il precoce riconoscimento della pertinenza alla sua biblioteca e, allo stesso tempo, hanno agevolato la facile ipotesi secondo cui potrebbe essere identificato nel «Dio Chrysostomus» elencato nella celebre lista di manoscritti da lui portati in Italia nel 1427 contenuta in una epistola indirizzata ad Ambrogio Traversari il 13 giugno 1428, che, è noto, si accompagnava proprio all’invio della versione dionea.3 Era già Angelo Maria Bandini nel sec. XVIII a dare notizia degli ex libris, trascrivendoli – ἡ βίβλος αὕτη Φραγκίσκου τοῦ εὐθείου Φιλέλφου ἐστίν – e aggiungendo che in calce al secondo (f. 460v) un’altra mano ha indicato il passaggio del Pluteo 59.22 a Piero di Lorenzo il Magnifico con le parole νῦν δὲ γέγονε Πέτρου τοῦ ἐκ Μεδίκεων οἰκίας,4 quasi a evocare al lettore moderno le vicende che, alla morte del Tolentinate, avrebbero condotto nella libreria privata dei Medici buona parte dei suoi libri greci.5 Della segnalazione del cadel ms.; ulteriore bibliografia sul codice sarà fornita di seguito, quando se ne presenterà l’occasione. All’esaustiva scheda di MENCHELLI, Studi, cit., pp. 297-298 e alla bibliografia ivi raccolta, con l’aggiunta di RUDOLF STEFEC, Die griechische Bibliothek des Angelo Vadio da Rimini, «Römische historische Mitteilungen», LIV, 2012, pp. 95-184: 107 n. 51, 112 n. 71, 153 n. 220, è possibile rimandare anche per l’Urb. gr. 124, che appartenne alla biblioteca dei Crisolora e, in seguito, a quella di Palla Strozzi. 2 DIONE CRISOSTOMO, Captivitatem Ilii non fuisse. Traduzione latina di Francesco Filelfo, a cura di Serena Leotta, Messina, Centro interdipartimentale di studi umanistici 2008 («Percorsi dei classici», 15), pp. 7-51 (per la genesi della versione, con i riferimenti alle fonti e una loro puntuale analisi), 53-67 (per i testimoni greci utilizzati), con bibliografia precedente; sul periodo costantinopolitano di Filelfo è fondamentale THIERRY GANCHOU, Les ultimae voluntates de Manuel et Iôannès Chrysolôras et le séjour de Francesco Filelfo à Constantinople, «Bizantinistica», VII, 2005, pp. 195-285. Soltanto da poco tempo si è cominciato a pubblicare con moderni criteri ecdotici traduzioni latine del Tolentinate: oltre all’edizione di Serena Leotta appena menzionata, sono da ricordare PLATONIS Euthyphron Francisco Philelfo interprete, a cura di Stefano Martinelli Tempesta, Firenze, SISMEL Edizioni del Galluzzo 2009 («Edizione Nazionale delle traduzioni dei testi greci in età umanistica e rinascimentale», 6), e FRANCESCO FILELFO, Traduzioni da Senofonte e Plutarco. Respublica Lacedaemoniorum, Agesilaus, Lycurgus, Numa, Cyri paedia, a cura di Jeroen De Keyser, Torino, Edizioni dell’Orso 2012 («Hellenica», 44). 3 LEOTTA, Dione Crisostomo, cit., pp. 18-19 (per la lettera a Traversari), 54 (per l’ipotesi che nell’elenco-inventario dell’epistola si possa riconoscere anche il Pluteo 59.22), con bibliografia precedente. 4 BANDINI, Catalogus, cit., col. 541; Bandini ipotizzava prudentemente che questa seconda mano fosse quella di Piero di Lorenzo stesso, ma cfr. quanto osservato subito infra. 5 Per questi eventi, tutto sommato noti, è qui sufficiente il rinvio a SEBASTIANO GENTILE, I codici greci della libreria medicea privata, in I luoghi della memoria scritta. Manoscritti, incunaboli, libri a stam- — 84 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE Ia Ib Tav. Ia. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Pluteo 59.22, f. 5v, particolare. Nota di possesso con aggiunta qui attribuita a Costantino Lascari. Tav. Ib. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Pluteo 59.22, f. 460v, particolare. Nota di possesso di Francesco Filelfo con aggiunte qui attribuite a Costantino Lascari e ad Angelo Poliziano. nonico laurenziano trassero profitto già quanti all’umanista e alla sua cultura greca prestarono la loro attenzione tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento: Émile Legrand poteva citare il codice commentando una lettera greca diretta da Filelfo a Giovanni Aurispa da Firenze il 9 gennaio 1431 nella quale si pa di Biblioteche Statali Italiane, direzione scientifica di Guglielmo Cavallo, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Libreria dello Stato 1994, pp. 115-121: 115-116; DANIELE BIANCONI, «Haec tracta sunt ex Dionysio Alicarnasseo». Francesco Filelfo e il Vaticano Urb. gr. 105, «Medioevo greco», IV, 2004, pp. 31-63: 55-58; DAVID SPERANZI, Codici greci appartenuti a Francesco Filelfo nella biblioteca di Ianos Laskaris, «Segno e testo», III, 2005, pp. 467-496; STEFANO MARTINELLI TEMPESTA, Per la biblioteca greca di Giovanni Stefano Cotta, «Studi medievali e umanistici», III, 2005, pp. 323-342: 337-339. — 85 — DAVID SPERANZI fa questione di manoscritti di Dione Crisostomo, Diogene Laerzio e Strabone; 6 insieme a un manipolo di altri 26 testimoni, per lo più conservati in Laurenziana, Henri Omont lo ricordava nella prima, embrionale, ricostruzione della raccolta libraria greca filelfiana messa in opera in occasione dell’acquisto della Rhetorica di Aristotele oggi Par. Suppl. gr. 1285 da parte della Bibliothèque Nationale de France; 7 Aristide Calderini non mancava infine di farne menzione sotto la rubrica dedicata al Crisostomo nell’ambito del suo preziosissimo lavoro di scavo e schedatura di presenze greche nelle opere di Filelfo.8 Da allora, le citazioni bibliografiche si sono moltiplicate,9 senza che si mancasse mai di menzionare il possesso da parte dell’umanista, spesso con 6 ÉMILE LEGRAND, Cent-dix lettres grecques de François Filelfe publiée intégralement pour la première fois d’après le Codex Trivulzianus 873, Paris, Leroux 1892, pp. 13-17; su Filelfo e Strabone cfr. anche infra § 5. 7 HENRI OMONT, Un nouveau manuscrit de la “Rhétorique” d’Aristote et la bibliothèque grecque de Francesco Filelfo, «La Bibliofilia», II, 1900-1901, pp. 136-140: 139 n. 21 (il nucleo primigenio di questo studio si rintraccia in una recensione dello stesso Omont a Codices manuscripti Palatini Graeci Bibliothecae Vaticanae (…), recensuit et digessit Henricus Stevenson Senior, Romae, ex typographeo Vaticano 1885, apparsa in «Bibliothèque de l’École des Chartes», XLVII, 1886, pp. 288-292: 291-292). 8 ARISTIDE CALDERINI, Ricerche intorno alla biblioteca e alla cultura greca di Francesco Filelfo, «Studi italiani di filologia classica», XX, 1913, pp. 204-424: 288 nota 1. 9 Questa una selezione di riferimenti recenti: EDMUND B. FRYDE, The Library of Lorenzo de’ Medici, in EDMUND B. FRYDE, Humanism and Renaissance Historiography, London, The Hambledon Press 1983 («History Series», 21), pp. 159-227: 179 nota 104, 214 n. 13; CATERINA MALTA, Per Dione Crisostomo e gli umanisti, I. La traduzione di Giorgio Merula, «Studi umanistici», I, 1990, pp. 181201: 181 nota 1, 186 nota 1; PAOLO ELEUTERI, Francesco Filelfo copista e possessore di codici greci, in Paleografia e codicologia greca. Atti del II Colloquio internazionale (Berlino-Wolfenbüttel, 17-21 ottobre 1983), a cura di Dieter Harlfinger – Giancarlo Prato, con la collaborazione di Marco D’Agostino e Alberto Doda, Alessandria, Edizioni Dell’Orso 1991, I, pp. 163-179: 171; EDMUND B. FRYDE, Greek Manuscripts in the Private Library of the Medici 1469-1510, Aberystwyth, The National Library of Wales 1996, I, pp. 349-350; DIONE DI PRUSA, Caridemo (or. XXX), testo critico, introduzione, traduzione e commento a cura di Mariella Menchelli, Napoli, D’Auria 1999 («Speculum», 20), pp. 102, 124-125; DIONE DI PRUSA, In Atene, sull’esilio (or. XIII), introduzione, testo critico, traduzione e commento a cura di Alfredo Verrengia, Napoli, Guida 2000, pp. 14-15, 33-34, 65 (stemma); MARIELLA MENCHELLI, Appunti su manoscritti di Platone, Aristide e Dione di Prusa nella prima età dei Paleologi. Tra Teodoro Metochite e Niceforo Gregora, «Studi classici e orientali», XLVII, 2000, fasc. 2, pp. 141-208: 166 e nota 91, 172 e nota 106, 173 e nota 107; MARZIA PONTONE, Relazioni stemmatiche in Dione di Prusa, orazioni 63-68, «Res publica litterarum», XXV, 2002, pp. 22-65: 23, 43-44; DIONE DI PRUSA, Troiano. Or. XI, edizione critica, traduzione e commento a cura di Gustavo Vagnone, Roma, Edizioni dell’Ateneo 2003, p. 23; FAVORINOS D’ARLES, Oeuvres, I. Introduction générale. Témoignages. Discours aux Corinthiens. Sur la fortune, texte établi et commenté par Eugenio Amato, traduit par Yvette Julien, Paris, Les Belles Lettres 2005, pp. 236, 252 (stemma); MARIELLA MENCHELLI, Il discorso Sulla Regalità I di Dione di Prusa nelle traduzioni di Gregorio Tifernate e Andrea Brenta, in Tradurre dal greco in età umanistica. Metodi e strumenti. Atti del Seminario di studio (Firenze, Certosa del Galluzzo, 9 settembre 2005), a cura di Mariarosa Cortesi, Firenze, SISMEL - Edizioni del Galluzzo 2007 («Edizione Nazionale delle traduzioni dei testi greci in età umanistica e rinascimentale», 3, «Strumenti», 1), pp. 17-34: 18 e nota 10; LEOTTA, Dione Crisostomo, cit., p. 53 e tavv. 1-2 (riprr. dei ff. 5v, 460v); DAVID SPERANZI, La biblioteca dei Medici. Appunti sulla storia della formazione del fondo greco della libreria medicea privata, in Principi e signori. Le biblioteche nella seconda metà del Quattrocento. Atti del Convegno (Urbino, 5-6 giugno 2008), a cura di Guido Arbizzoni – Concetta Bianca – Marcella Peruzzi, Urbino, Accademia Raffaello 2010, pp. 217-264: 246 nota 76. — 86 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE riferimento alla lettura bandiniana dell’ex libris 10 e, talvolta, alla sua ipotesi secondo cui la seconda parte dell’annotazione al f. 460v sarebbe stata da ricondurre alla mano del rampollo del Magnifico. Soltanto di recente si è potuto invece indicare che queste ultime parole sono state in realtà scritte da Angelo Poliziano, che ebbe evidentemente modo di consultare il codice quando faceva ormai parte della libreria medicea e appose varie postille, in latino e in greco, nei margini dei ff. 7r, 11v, 18v-19r, 20r, 22r-v, 23v, 28v, 298r, 304v (tavv. IIa-b); 11 ma i problemi posti dalle note di possesso del Pluteo 59.22 e dalla loro lettura corrente non si arrestano qui. Per quanto si è potuto osservare, il solo a mettere in dubbio la trascrizione del Catalogus di Bandini è stato infatti in tempi ormai lontani Legrand, che collocava accanto alla parola εὐθείου un punto interrogativo, dettato senz’altro più dalla singolarità della voce – mai attestata in greco – che non da un esame del codice o di una sua riproduzione; 12 eppure, anche soltanto 10 Almeno a quanto si è riusciti a verificare, l’unica a discostarsene è MENCHELLI, Studi, cit., p. 275, che propone la trascrizione ἡ βίβλος αὕτη Φραγκίσκου τοῦ εὐθέου Φιλέλφου ἐστίν. 11 DAVID SPERANZI, Il Filopono ritrovato. Un codice mediceo riscoperto a San Lorenzo dell’Escorial, «Italia medioevale e umanistica», XLIX, 2008, pp. 199-231: 219-220 nota 64 (su Poliziano e il Pluteo 59.22 cfr. anche ANGELO POLIZIANO, Oratio in expositione Homeri, a cura di Paola Megna, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 2007 [«Edizione Nazionale dei testi umanistici», 7], p. 59 nota 116); l’attribuzione è ora accolta da ALESSANDRO DANELONI, s. v. Poliziano (Angelo Ambrogini), in Autografi dei letterati italiani. Il Quattrocento, I, a cura di Francesco Bausi – Maurizio Campanelli – Sebastiano Gentile, con la consulenza paleografica di Teresa De Robertis, Roma, Salerno 2014, pp. 295-329: 307 nr. 38. Per quanto riguarda altri annotatori quattrocenteschi del Pluteo 59.22 si può inoltre segnalare almeno la presenza al f. 110v di una correzione marginale (Dio Chrys., 11, 25, 2; ξυνέβη, in luogo dell’errato ξυνεύη, generato dalla minuscola antica dell’antigrafo Urb. gr. 124) attribuibile alla mano convenzionalmente nota come G, già erroneamente indicata come quella del giovane Filelfo e probabilmente da identificare con quella di Gian Pietro da Lucca (o d’Avenza), a proposito della quale cfr. GENTILE, I codici greci, cit., pp. 116-117; MARIAROSA CORTESI, Libri greci letti e scritti alla scuola di Vittorino da Feltre: fra mito e realtà, in I manoscritti greci tra riflessione e dibattito. Atti del V Colloquio Internazionale di Paleografia Greca (Cremona, 4-10 ottobre 1998), a cura di Giancarlo Prato, Firenze, Gonnelli 2000 («Papyrologica Florentina», 31), I, pp. 401-416; SPERANZI, Codici greci, cit., pp. 471-476; SPERANZI, La biblioteca, cit., pp. 240-245; PAOLO PELLEGRINI, Vecchie e nuove schede sull’Umanesimo mantovano, «Res publica litterarum», XXXV, 2012, pp. 80-121: 84-93; STEFANO MARTINELLI TEMPESTA, Un nuovo codice con marginalia dello scriba G alias Gian Pietro da Lucca: l’Ambr. M 85 sup. Con una postilla sull’Ambr. A 105 sup. e Costantino Lascaris, in Il ritorno dei Classici nell’Umanesimo. Studi in memoria di Gianvito Resta, a cura di Gabriella Albanese – Claudio Ciociola – Mariarosa Cortesi – Claudia Villa, Firenze, SISMEL-Edizioni del Galluzzo 2015, pp. 425-448 (ringrazio l’Autore per avermi concesso la lettura anticipata del suo contributo). 12 LEGRAND, Cent-dix lettres, cit., p. 17; a indicare che le parole dello studioso francese (18411903) dipendono integralmente da BANDINI, Catalogus, cit., col. 541, senza un riesame del ms. di cui del resto non si avrebbe notizia (il suo nome non compare nello schedone conservato presso la Laurenziana, che si apre il 10 novembre 1890 con il nome dell’editore dioneo Hans von Arnim), sono le osservazioni relative al Pluteo 59.22 da lui anteposte alla trascrizione dell’ex libris, nient’altro che una libera traduzione della sommaria descrizione esterna fornita nel Catalogus, peraltro debitamente citato a pie’ di pagina: «C’est un bombycin in-8° du XIVe siècle, comprenant 460 feuillets et fort bien conservé», «Codex Graecus bombycinus Ms. in 8. Saec. XIV. optime servatus». — 87 — DAVID SPERANZI IIa IIb Tavv. IIa-b. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Pluteo 59.22, ff. 20r, 304v, particolari. Annotazioni marginali in greco e in latino di Angelo Poliziano. attraverso uno specimen (tavv. Ia-b), è possibile notare come anche la paleografia intervenga a dare sostanza ai dubbi espressi dall’ellenista francese e mai raccolti in seguito: nel lemma incriminato non si trova infatti traccia alcuna di uno iota prima del dittongo finale né, per quanto ci si possa sforzare, il primo segno, evidentemente un alpha, può essere interpretato come una legatura epsilon-ypsilon; all’εὐθείου del devoto canonico laurenziano, formula humilitatis grammaticalmente scomoda, ma, per così dire, moralmente ineccepibile, si sostituisce quindi un ἀθέου, correttissimo dal punto di vista ortografico, che richiede però un supplemento di indagine dal punto di vista storico. Prima di procedere oltre nell’inchiesta, che condurrà alla ricostruzione di un piccolo episodio di storia della cultura, è bene tuttavia sgombrare il campo da un ultimo equivoco, implicitamente generato dalla lettura degli ex libris sin qui accolta in maniera unanime: le due note di possesso non sono state scritte integralmente da Filelfo, ma l’ingombrante e allo stesso tempo inosservato ἀθέου è stato aggiunto d’altra mano, come rivelano una leggera differenza nella sfumatura di colore dell’inchiostro,13 la diversa inclinazione dell’asse – 13 L’autore dell’integrazione, sin qui anonimo, ha avuto cura di utilizzare un inchiostro marrone che non si discostasse troppo da quello impiegato a suo tempo dal Tolentinate; anche attraverso — 88 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE diritto nelle parole di mano del Tolentinate, leggermente inclinato a destra nelle aggiunte –, la morfologia e il tratteggio di alcune lettere come il theta chiuso e l’epsilon, maiuscolo nell’aggettivo, abitualmente di tipo moderno e leggermente coricato a sinistra nel resto degli ex libris e, più in generale, negli autografi dell’umanista.14 2. Per provare a offrire una risposta agli interrogativi posti dalla corretta lettura delle note di possesso del Pluteo 59.22 appena ripristinata, per tentare di dare un nome e un volto all’anonimo annotatore, che nel codice non ha lasciato altra traccia di sé, è opportuno mettere per un momento da parte il testimone dioneo e concentrare l’attenzione su un altro manoscritto della raccolta greca filelfiana oggi alla Biblioteca Medicea Laurenziana, il Pluteo 81.20, un composito di due unità (I. ff. 1-32; II. ff. 33-132), contenente gli Ethica Eudemia di Aristotele (ff. 1r-99v; bianchi i ff. 100r-102v), gli Hieroglyphica di Orapollo (ff. 103r-125v) e le Definitiones dello ps. Platone (ff. 126r-131r).15 Anche per questo codice, l’appartenenza al Tolentinate è nota dai tempi di Bandini,16 ma si sono dovuti attendere gli anni Settanta del secolo appena trascorso perché Dieter Harlfinger potesse chiarire in due interventi la sua genesi di composito,17 progressivamente accresciutosi tra Oriente e Occidente, tra la Costantinopoli del terzo decennio del sec. XV – in cui lavorò Giorgio Doceiano diacono e ἄρχων τῶν ἀντιμινσίων della Grande Chiesa,18 copista uno specimen in bianco e nero (qui tavv. Ia-b e, in precedenza, LEOTTA, Dione Crisostomo, cit., tavv. 1-2) si può osservare tuttavia che la reazione tra il suo inchiostro e il supporto scrittorio è stata diversa da quella dell’inchiostro originario: attorno alle lettere della parola ἀθέου si è creato un leggero alone che manca intorno a quelle di pugno di Filelfo. 14 Sulla scrittura greca di Filelfo si veda per il momento quanto osservato in BIANCONI, «Haec tracta sunt», cit., pp. 36-38 e in SPERANZI, Codici greci, cit., in part. pp. 473-476, 490-492. 15 Catalogus codicum Graecorum Bibliothecae Laurentianae (…), recensuit, illustravit, edidit Angelus Maria Bandinius, III, Florentiae, Typis regiis, 1770, col. 234; ulteriore bibliografia sul ms. sarà fornita di seguito. 16 In assenza di note di possesso, determinante è stata in questo caso la decorazione agli emblemi di Filelfo presente al f. 1r. 17 Aristoteles Graecus. Die griechischen Manuskripte des Aristoteles, untersucht und beschrieben von Paul Moraux – Dieter Harlfinger – Diether Reinsch – Jürgen Wiesner, I. Alexandrien-London, Berlin-New York, De Gruyter 1976 («Peripatoi», 8), pp. 273-275 (scheda di Dieter Harlfinger); DIETER HARLFINGER, Die Überlieferungsgechischte der Eudemischen Ethik, in Untersuchungen zur Eudemischen Ethik. Akten des 5. Symposium Aristotelicum (Oosterbeck, Niederlande 21.-29. August 1969), hrsg. von Paul Moraux – Dieter Harlfinger, Berlin, De Gruyter 1971 («Peripatoi», 1), pp. 1-50: 10-12 e 30 (stemma). 18 Questa una bibliografia su Doceiano: MARIE VOGEL – VICTOR GARDTHAUSEN, Die griechischen Schreiber des Mittelalters und der Renaissance, Leipzig, Harrassowitz 1909 («Beiheft zum Zentralblatt für Bibliothekswesen», 33), pp. 73-74; DIETER HARLFINGER, Die Textgeschichte der pseudo-aristotelischen Schrift Περὶ ἀτόμων γραμμῶν. Ein kodikologisch-kulturgeschichtlicher Beitrag zur — 89 — DAVID SPERANZI dei ff. 1r-32v 19 –, la Siena della metà degli anni Trenta – che vide attivo Antonio l’Ateniese, detto il Logoteta,20 cui si devono i ff. 33r-125v 21 – e, infine, la Lombardia dei primi anni Quaranta e dell’epoca in cui lavorava come copista per Filelfo Teodoro Gaza, che ha aggiunto le Definitiones pseudoplatoniche ai ff. 126r-131r, lasciati bianchi dall’Ateniese.22 Klärung der Überlieferungsverhältnisse im Corpus Aristotelicum, Amsterdam, Hakkert 1971, p. 411 (con l’attr. del Pluteo 81.20, ff. 1r-32v e del Vat. gr. 265); DIETER HARLFINGER, Specimina griechischer Kopisten der Renaissance, I. Griechen des 15. Jahrhunderts, Berlin, Mielke 1974, pp. 15-16 e n. 9 (con l’attr. dell’Urb. gr. 138, ff. 1r-24v, 97r-216v e ripr. del Vat. gr. 1689, ff. 104v-105r); ELPIDIO MIONI, I manoscritti di Strabone della Biblioteca Marciana di Venezia, in Bisanzio e l’Italia. Raccolta di studi in memoria di Agostino Pertusi, Milano, Vita e pensiero 1982 («Scienze filologiche e letteratura», 22), pp. 259-273: 262 (con l’attr. dello Strabone di Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Gr. Z. 377 [= 895], per il momento non verificata); RGK III/A, nr. 100; STEFANO SERVENTI, Il copista Giovanni, Lapo da Castiglionchio il Giovane e Francesco Filelfo nel codice Ambr. E 8 sup., in Nuove ricerche sui manoscritti greci dell’Ambrosiana. Atti del Convegno (Milano, 5-6 giugno 2003), a cura di Carlo Maria Mazzucchi – Cesare Pasini, Milano, Vita e pensiero 2004, pp. 3-36: 25-28; DAVID SPERANZI, Il copista del Lessico di Esichio (Marc. gr. 622), in Storia della scrittura e altre storie. Atti del Convegno internazionale (Sapienza. Università di Roma, 28-29 ottobre 2010), a cura di Daniele Bianconi, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei 2014, pp. 113-114 e nota 35. Ha avuto una certa fortuna bibliografica l’attribuzione alla mano di Doceiano del Libanio Vat. Pal. gr. 282, che al f. 292r, una guardia antica, estranea alla compagine originaria, reca la nota ἡ βίβλος αὕτη Φραγκίσκου τοῦ Φιλέλφου [eraso e sostituito con Leonardi Iustiniani Veneti, forse a sua volta eraso] ἔστιν˙ ἔτι δὲ καὶ τῶν φίλων αὐτοῦ. Francisci Philelfi; avanzata per quanto si è potuto vedere da ELEUTERI, Francesco Filelfo, cit., p. 177, raccolta in seguito, e. g., da GIUSEPPE DE GREGORIO, L’Erodoto di Palla Strozzi (cod. Vat. Urb. gr. 88), «Bollettino dei classici», s. III, XXIII, 2002, pp. 31-130: 62, da PAUL CANART, Additions et corrections au Repertorium der griechischen Kopisten 800-1600, 3, in Vaticana et Medievalia. Études en l’honneur de Louis Duval-Arnauld, éd. par Jean-Marie Martin, Bernadette Martin-Hisard – Agostino Paravicini Bagliani, Firenze, SISMEL-Edizioni del Galluzzo 2008 («Millennio Medievale», 71; «Millennio Medievale. Strumenti e Studi. Nuova serie», 6), pp. 41-63 e, sulla sua scorta, da SPERANZI, Il copista, cit., p. 114 nota 35, a un esame diretto del ms. non può essere in alcun modo confermata: in attesa di un approfondimento è opportuno limitarsi a tornare alla tradizionale collocazione al sec. XIII-XIV o al sec. XIV (cfr. in proposito i riferimenti forniti da SERVENTI, Il copista Giovanni, cit., p. 27 nota 46). 19 Al f. 32v, finale di fascicolo, il testo termina con Arist., EE, 1232a3; come ha suggerito Harlfinger (Aristoteles Graecus, cit., pp. 274-275) la prima unità del Laurenziano costituiva in origine un tutt’uno con l’attuale Vat. gr. 1689, sottoscritto da Doceiano a Costantinopoli il 2 novembre 1422 e con un gruppo di fascicoli andati in seguito perduti e poi reintegrati (cfr. subito infra); una più approfondita analisi codicologica che si intende proporre in altra sede conferma e arricchisce di ulteriori sfaccettature la ricostruzione dello studioso tedesco. 20 Su di lui, oltre a segnalare i riferimenti e le informazioni presenti in RGK II/A, n. 29, si rimanda per il momento ad ANTONIO ROLLO, Sulle tracce di Antonio Corbinelli, «Studi medievali e umanistici», II, 2004, pp. 25-93: 63-64 e a DAVID SPERANZI, Identificazioni di mani nei manoscritti greci della Biblioteca Riccardiana, in La descrizione dei manoscritti: esperienze a confronto, coord. scientifico di Edoardo Crisci – Marilena Maniaci – Pasquale Orsini, Cassino, Università degli Studi - Dipartimento di Filologia e Storia, 2010 («Studi e ricerche del Dipartimento di Filologia e Storia», 1), pp. 177-202: 183-187 e tav. 2. 21 Al f. 33r, il testo degli Ethica aristotelici prosegue senza soluzione di continuità rispetto all’unità precedente, ma da altro antigrafo; cfr. Aristoteles Graecus, cit., p. 275; HARLFINGER, Überlieferungsgeschichte, cit., pp. 10-12. 22 Aristoteles Graecus, cit., p. 274, per l’attribuzione; su Teodoro Gaza copista sia consentito per il momento il rimando a DAVID SPERANZI, «De’ libri che furono di Teodoro». Una mano, due prati- — 90 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE Come si può intuire da questa caratterizzazione sin troppo sommaria, un manoscritto come il Pluteo 81.20 consente di ricostruire attraverso l’impiego congiunto degli strumenti offerti dalla paleografia, dalla codicologia e dalla storia della tradizione manoscritta un’ampia rete di relazioni, che muove da Oriente a Occidente e si estende attraverso buona parte del sec. XV, includendo i vari lettori e postillatori del codice, cui si dovrebbero dedicare maggiori attenzioni di quelle sinora loro riservate.23 A interessare in questa sede è tuttavia un’unica annotazione, una mano che, ancora una volta, non compare altrove nel manoscritto: al f. 68r, in corrispondenza del passo in cui Aristotele afferma che l’uomo malvagio potrebbe fare danni diecimila volte maggiori di quelli dell’animale selvaggio (Arist., EN, 1150a7-8 [= EE, VII]), qualcuno non ha perso l’occasione per osservare come la possibilità prospettata secoli prima da Aristotele si incarnasse al suo tempo, a suo modo di vedere, proprio nel possessore del codice, annotando con scrittura minuta le parole ὥσπερ ὁ ασελγῆς [sic] Φιλέλφος (tav. III). In virtù del contenuto decisamente singolare, la nota ha attratto almeno due volte l’attenzione degli studiosi: il primo a trascriverla fu Walther Ashburner, in uno dei suoi pionieristici lavori consacrati alla tradizione manoscritta dell’Ethica Nicomachea; 24 più tardi, l’ha segnalata Harlfinger.25 Ciononostante, non si è mai cercato di dare un nome a questo ignoto lettore, né di precisare quali furono le circostanze del suo intervento. Qualora si confronti la tav. III di questo lavoro, che riproduce il particolare del Laurenziano, con la tav. IV, tratta dal manoscritto N 87 sup. della Biblioteca Ambrosiana, già riconosciuto come autografo di Costantino Lascari,26 si osserva invece abbastanza agevolmente che il responche e una biblioteca scomparsa, «Medioevo e rinascimento», XXVI, 2012, pp. 319-354; mi ripropongo di dimostrare altrove la datazione ai primi anni Quaranta dell’intervento dell’erudito bizantino nei ff. 136r-141r del Pluteo 81.20, mai affermata esplicitamente. 23 Si veda per il momento quanto osservato in Aristoteles Graecus, cit., p. 274, in SERVENTI, Il copista cit., p. 25 e in SPERANZI, La biblioteca, cit., p. 243 nota 67 (a proposito della presenza nel Pluteo 81.20 di postille della mano nota come G, sulla quale cfr. supra nota 11). 24 WALTHER ASHBURNER, Studies in the Text of the Nicomachean Ethics I, «Journal of Hellenic Studies», XXXVI, 1916, pp. 45-64: 48 (ma lo studioso è in errore quando osserva genericamente che alla stessa mano si devono poche altre annotazioni al ms.). 25 Aristoteles Graecus, cit., p. 275. 26 Per una descrizione dell’Ambrosiano, ancora considerato del sec. XVI, Catalogus codicum Graecorum Bibliothecae Ambrosianae, digesserunt Aemidius Martini et Dominicus Bassi, Mediolani, Hoepli, 1906, II, p. 658 (a questa data si attiene anche il pur altrimenti interessante – e trascurato – studio di KRIJNIE N. CIGGAAR, Une description anonyme de Constantinople du XIIe siècle, «Revue des Études Byzantines», XXXI, 1973, pp. 335-354); al sec. XV lo aveva assegnato SPYRIDON P. LAMPROS, Σύμμικτα, «Νέος Ἑλληνομνήμων», II, 1906, pp. 249-256, mentre l’attribuzione a Costantino Lascari è stata formulata da SANTE A. CENGARLE, Ps. Moschopuli compendium de dialectis linguae Graecae, «Acme», XXIV, 1971, pp. 213-292: 235, sulla base del confronto con il ms. 7211 della Biblioteca Nacional di Madrid (cfr. in precedenza, dello stesso autore, Attribuzione di un compendio sul dialetto ionico a Manuele Moscopulo, «Acme», XXIII, 1970, pp. 71-80); da ultimo ha fornito un’accurata — 91 — DAVID SPERANZI sabile dell’ardito paragone effettuato sui margini del codice filelfiano altri non è che il maestro bizantino, attestato a Milano, com’è noto, dal 1458 al 1465.27 Dalle tav. III e IV si può ricavare l’identica impressione d’insieme di una scrittura minuta e veloce, chiara, ma aliena da qualsiasi pretesa estetica, mentre nella tabella 1 è possibile mettere agevolmente a confronto alcune varianti e legature presenti nella nota al Pluteo 81.20 con esempi analoghi estratti da autografi lascariani; pur nell’esiguità del campione grafico, tutti gli elementi appaiono totalmente sovrapponibili e, in alcuni casi, rivelatori: 28 si tratta in particolare dell’epsilon minuscolo di tipo moderno, tracciato rapidamente e, per così dire, privo della sezione inferiore (1.3), del lambda (1.5), del pi maiuscolo coi tratti verticali disposti in diagonale (1.6) e, soprattutto della legatura tra epsilon maiuscolo e lambda (1.13); in tale contesto Lascari utilizza di preferenza la variante di epsilon eseguita in un tempo solo, ma come emerge dalla tabella, non gli è estraneo l’impiego di quella tracciata in due tratti e due tempi. Restituito a Lascari il marginale del Pluteo 81.20, non si può fare a meno di tornare al Dione Crisostomo con cui si sono aperte queste pagine e sottolineare la corrispondenza tra la scrittura del maestro bizantino e quella delle brevissime aggiunte agli ex libris del Pluteo 59.22, che richiamano la nota analisi del ms., con edizione di vari testi in esso contenuti, TERESA MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris. Humanist, Philologe, Lehrer, Kopist, Hamburg, Institut für Griechische und Lateinische Philologie der Universität Hamburg 1994 («Meletemata», 4), pp. 103-119; EAD., Constantino Láscaris. Semblanza de un humanista bizantino, Madrid, Consejo Superior de Investigaciones Científicas 1998 («Nueva Roma», 7), pp. 5, 10-11, 22, 40, 81, 134-135, 200-201. Ai due volumi della studiosa spagnola si rinvia anche per informazioni sull’erudito bizantino, con le aggiunte più recenti di MASSIMO CERESA, Lascaris, Costantino, in Dizionario Biografico degli Italiani, LXIII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana 2004, pp. 781-785; MARIA JOSÉ ZAMORA, Evolución gráfica en Constantino Láscaris, «CFC: egi», X, 2000, pp. 267-282; ANTOINE PIETROBELLI, Variations autour du Thessalonicensis Vlatadon 14: un manuscrit copié au Xenon du Kral à Constantinople, peu avant la chute, «Revue des Études Byzantines», LXVIII, 2010, pp. 95-126 (ma cfr. quanto osservato infra, nota 87); DAVID SPERANZI, Un codice di Isocrate e il soggiorno fiorentino di Costantino Lascari, in La tradición y la transmisión de los oradores y rétores griegos. Tradition and Transmission of Greek Orators and Rhetors, ed. by Felipe G. Hernández Muñoz, Berlin, Λόγος 2012, pp. 271-302; MARTINELLI TEMPESTA, Un nuovo codice, cit. 27 Lascari si trovava già a Milano in una data compresa tra il 15 novembre e il 14 dicembre 1458; al 1465 risale l’ultimo codice noto da lui sottoscritto in questa città, il ms. 4691 della Biblioteca Nacional di Madrid, cui si accenna anche nel § 3; cfr. MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., pp. 11-13, EAD., Constantino Láscaris, cit., pp. 9, 39 e infra, § 7. 28 Gli autografi lascariani già noti da cui sono stati tratti i termini di confronto per la costruzione della tabella 1 sono, oltre al già ricordato Ambr. N 87 sup. (cfr. supra, nota 26), l’Ambr. C 6 sup. (MARTINI-BASSI, Catalogus, cit., I, pp. 179-180; HARLFINGER, Die Textgeschichte, cit., p. 414 [con l’identificazione della mano]; MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., pp. 281, nota 25, 284 n. 2, 287; MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., pp. 40, n. 101, 211; DAVIDE MURATORE, Le Epistole di Falaride. Catalogo dei manoscritti, La Spezia, Agorà 2001 [«Pleiadi. Studi sulla letteratura antica», 1], p. 72) e l’Ambr. F 46 sup. (MARTINI-BASSI, Catalogus, cit., I, pp. 391-392; PAOLO REVELLI, I codici ambrosiani di contenuto geografico, Milano, Alfieri, 1929 [«Fontes Ambrosiani», 1], p. 82, n. 190; MURATORE, Le Epistole, cit., p. 72, nota 301 [con l’identificazione]). — 92 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE III IV Tav. III. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Pluteo 81.20, f. 68r, particolare. Scrittura di Antonio Ateniese detto il Logoteta e annotazione marginale qui attribuita a Costantino Lascari. Tav. IV. Milano, Biblioteca Ambrosiana, N 87 sup., f. 23r, particolare. Scrittura di Costantino Lascari. all’Aristotele anche dal punto di vista del contenuto: l’attenzione si concentra in questo caso sull’alpha maiuscolo (1.1), decisamente peculiare, sulla forma di theta chiuso (1.4), altrettanto caratteristica, e, seppur meno indicativo, sull’epsilon maiuscolo (1.2). 3. Il lettore anonimo dei due codici greci filelfiani qui esaminati ha svelato quindi la sua identità e tanto potrebbe forse bastare; se non fosse che, abbandonando il fatto eminentemente grafico, è possibile trovare ulteriori conferme alle attribuzioni appena proposte e alzare inoltre lo sguardo sullo sfondo storico-culturale di questi singolari interventi. La filologia conferma infatti in primo luogo che Lascari ebbe accesso alla biblioteca di Filelfo e rivela allo — 93 — DAVID SPERANZI stesso tempo che l’occasione per commettere il suo piccolo delitto gli si presentò proprio durante gli anni milanesi.29 Dieter Harlfinger ha già mostrato che dal Pluteo 81.20 nel suo assetto definitivo discende recta via il ms. 4627 della Biblioteca Nacional di Madrid,30 con Ethica Eudemia (ff. 1r-95r; bianco il f. 95v), Definitiones (ff. 96r-100v), e, al f. 95r, la sottoscrizione Κωνσταντῖνος ὁ Λάσϰαρις ἐκγράψας ἐν Μεδιολάνῳ ἐχρῆτο. πάνυ δυσεύρετον τυγχάνει γε ὄν, διὸ οὐ μετηνέχθη εἰς τὴν Ῥωμαίων φωνὴν ὥσπερ τὰ Νιχομάχεια ᾿Ηθικά; 31 il codice è stato trascritto su carta con filigrane raffiguranti la cosiddetta «Mailänder Blume», simili o identiche a Briquet 6597 (Chiavenna 1465, Milano 1472),32 e al f. IVr ha la nota Visto per mi Bartolomeo Bardella, dì 6 dicembre 1464, che gli fornisce un terminus ante quem.33 Il medesimo studioso ha sottolineato poi come dal filelfiano Pluteo 60.18, della Biblioteca Medicea Laurenziana, un composito in gran parte scritto a 29 Un quadro riassuntivo dei dati testuali presentati in questo paragrafo è offerto infra, nella tabella 2. 30 HARLFINGER, Die Textgeschichte, cit., p. 290; HARLFINGER, Die Überlieferungsgechischte, cit., pp. 12-13, 30 (stemma); Aristoteles Graecus, cit., p. 274. Sul ms. di Madrid – per ora non esaminato direttamente, come gli altri Matritensi citati di seguito –, cfr. almeno GREGORIO DE ANDRÉS, Catálogo de los codices griegos de la Biblioteca Nacional, Madrid, Ministerio de Cultura - Dirección General del Libro y Bibliotecas 1987, pp. 150-151; MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., pp. 105 nota 8, 274-278, 285 n. 57, 292; MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., pp. 11, 37 n. 52, 68, 78, 206-208. 31 Si ripropone la trascrizione di MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., pp. 105 nota 8, 274-278 e MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., p. 37 n. 52, più corretta di quella di DE ANDRÉS, Catálogo, cit., p. 151, con minimi ritocchi alla punteggiatura. 32 Il dato è tratto da DE ANDRÉS, Catálogo, cit., pp. 150-151, che purtroppo non distingue mai tra varianti di filigrana simili o identiche; l’espressione «Mailänder Blume» è di MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., p. 304, che a p. 318 dedica alcune osservazioni alla carta dei mss. copiati da Lascari in Lombardia e segnala il lavoro ancora utile di UGO MONNERET DE VILLARD, Le filigrane delle carte milanesi dalla più antica alla fine del XV secolo, «Archivio storico lombardo», VIII, vol. V, fasc. 81-82, 1954-1955, pp. 24-55 (v. anche MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., p. 78); cfr. inoltre le marche repertoriate da DIETER HARLFINGER – JOHANNA HARLFINGER, Wasserzeichen aus griechischen Handschriften, II, Berlin, Mielke 1980 s. vv. Fleur 22 (<1458-1465>, <Milano>, <Costantino Lascari>), Fleur 31 (1464, Milano, Costantino Lascari e <Manuele>, suo discepolo), Fleur 32 (1466, Milano, <Anonymus 7 [o ου-π]>; cfr. infra, n. 80), Fleur 41 (<1458-1465>, <Milano>, <Costantino Lascari>), Fleur 45 (1497 marzo 15, Milano, Pietro Ipsela), Fleur 48 (1464, Milano, Costantino Lascari e <Manuele>, suo discepolo), Fleur 59 (1466, Milano, <Anonymus 7 [o ου-π]>; cfr. infra, n. 80). 33 Non è questa la sede per soffermarsi sul significato dei Visti di Bartolomeo Bardella; basti il rimando a quanto scritto da MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., pp. 291-293 e MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., pp. 67-68 e alla bibliografia ivi raccolta (con l’avvertenza che il ms. Magl. XXXI 46, con il Visto al f. IIv, non è più alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ma alla Biblioteca Medicea Laurenziana, dove si conserva sotto la segnatura Gaddi 2, cfr. ANGELO MARIA BANDINI, Dei princìpi e progressi della Real Biblioteca Mediceo Laurenziana (Ms. Laur. Acquisti e Doni 142), a cura di Rosario Pintaudi – Mario Tesi – Anna Rita Fantoni, Firenze, Gonnelli 1990 [«Documenti inediti di cultura toscana», n.s., 8], p. 247). — 94 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE TABELLA 1 Nella presente tabella particolari di varianti e di legature dagli interventi nel Pluteo 59.22 e nel Pluteo 81.20 qui attribuiti a Costantino Lascari sono posti a confronti con analoghi elementi grafici di già provati autografi lascariani. 1. Alpha Pluteo 59.22 N 87 sup. 3. Epsilon Pluteo 81.20 N 87 sup. 6. Pi Pluteo 81.20 Pluteo Pluteo 59.22 81.20 4. Theta Pluteo 59.22 C 6 sup. F 46 sup. N 87 sup. Pluteo 81.20 N 87 sup. Pluteo N 87 sup. 81.20 10. Omega Pluteo N 87 sup. 81.20 13. Epsilon-lambda F 46 sup. — 95 — N 87 sup. 5. Lambda 7. Rho 9. Phi Pluteo 81.20 2. Epsilon Pluteo N 87 sup. 81.20 8. Sigma Pluteo 81.20 11. Gamma-eta N 87 sup. Pluteo 81.20 N 87 sup. N 87 sup. 12. Gammakappa DAVID SPERANZI Costantinopoli da Giorgio Crisococca, con la data 3 maggio 1427, contenente la Rhetorica (ff. 1r-109v; bianco f. 109bisr-v), la Rhetorica ad Alexandrum (ff. 110r-156v; bianco f. 156bisr-v), il De Thucydidis idiomate con l’Epitome de compositione verborum di Dionigi di Alicarnasso (ff. 157r-164v e ff. 165r-189r) e i Characteres di Teofrasto (ff. 189v-199r),34 Lascari abbia tratto in collaborazione con il suo discepolo Manuele parte del Matr. 4687, una miscellanea retorica che trova i suoi testi principali proprio nella Rhetorica di Aristotele (ff. 1r-82v) e nei due opuscoli dionisiani De compositione verborum (ff. 94r-114r) e De Thucydidis idiomate (ff. 114v-120r); 35 anche questo manoscritto è copiato su carta con filigrana analoga a quella del Matr. 4627 ed è fornito di una sottoscrizione affine, Κτῆμα Κωνσταντίνου. Κωνσταντῖνος ὁ Λάσκαρις ἐκγράψας ἐν Μεδιολάνῳ ἐχρῆτο πάνυ ὡς ἀναγκαιοτάτῳ καὶ δυσευρέτῳ (f. 144r), oltre che del Visto di Bartolomeo Bardella con la data 3 dicembre 1464.36 Secondo Manfred Fuhrmann, il Pluteo 60.18 sarebbe inoltre servito a Lascari come esemplare correttivo per la Rhetorica ad Alexandrum contenuta nella seconda unità del composito omogenetico Matr. 34 Anche per il Pluteo 60.18 l’appartenenza a Filelfo era nota già a BANDINI, Catalogus, II cit., coll. 608-609 in virtù della decorazione agli emblemi del Tolentinate; questa una sommaria bibliografia sul ms. (la subscr. con la data 3 maggio 1427 è al f. 109v; gran parte del codice è stata scritta da Crisococca; di mano di Filelfo o, più probabilmente, simile alla sua i ff. 196v-197r, l. 9 [fino a παιδιά]; i ff. 197r, l. 9 [da ἐπιφανής]-199r sono un’aggiunta cinquecentesca da attribuire a un collaboratore dell’instaurator laurenziano Francesco Zanetti): MANFRED FUHRMANN, Üntersuchungen zur Textgeschichte der pseudo-aristotelischen Alexander-Rhetorik (der Τέχνη des Anaximenes von Lampsakos), Wiesbaden, Steiner 1965 (Akademie der Wissenschaften und der Literatur. Abhandlungen der Geistes- und Sozialwissenschaftlichen Klasse Jahrgang 1964, 7), pp. 15, 91-98 e tav. fuori testo (stemma); RUDOLF KASSEL, Der Text der Aristotelischen Rhetorik. Prolegomena zu einer kristischen Ausgabe, Berlin-New York, De Gruyter 1971 («Peripatoi», 3), pp. 4-5 n. 8, 36-41; Aristoteles Graecus, cit., pp. 219-220 (scheda di Dieter Harlfinger); ELEUTERI, Francesco Filelfo, cit., pp. 171-172; PIERRE CHIRON, La tradition manuscrite de la Rhétorique à Alexandre: prolegomènes à une nouvelle édition critique, «Revue d’histoire des textes», XXX, 2000, pp. 17-69: 24, 66 (stemma); DE GREGORIO, L’Erodoto, cit., p. 60; BIANCONI, «Haec tracta sunt», cit., p. 54, nota 57; ANNACLARA CATALDI PALAU, I colleghi di Giorgio Baiophoros: Stefano di Medea, Giorgio Crisococca, Leon Atrapes, in Actes du VIe Colloque lnternational de paléographie Grecque (Drama, 21-27 Septembre 2003), éd. par Basile Atsalos et Niki Tsironis, Athènes, Hellenic Society of Bookbinders 2008, I, pp. 191-224, rist. in ANNACLARA CATALDI PALAU, Studies in Greek Manuscripts, Spoleto, Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo 2008 («Studi, testi, strumenti», 24), I, pp. 303-344: 321, 323-324 (con bibliografia su Giorgio Crisococca). 35 La segnalazione è in HARLFINGER, Die Textgeschichte, cit., pp. 289-290 e, contemporanemente, con più ampia dimostrazione, in KASSEL, Der Text, cit., pp. 7, 39-40; cfr. in seguito MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., p. 105 e MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., p. 11. A proposito del Matr. 4687 si può rinviare a DE ANDRÉS, Catálogo, cit., pp. 244-245; MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., pp. 63, 66 nota 20 (i ff. 90r-91v sono considerati un’aggiunta del periodo messinese di Lascari), 105 nota 8, 175 nota 1, 286 n. 89, 292, 296, 318 e MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., pp. 11, 39 n. 84, 67-68, 108-109; riguardo a Manuele, indicato da Lascari stesso come suo μαθητής, cfr. RGK I/A, n. 256bis, II/A n. 355, MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., pp. 295-298, MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., pp. 69-70, SPERANZI, Identificazioni, cit., pp. 189-198. 36 Il dato relativo alle filigrane è ancora una volta tratto da DE ANDRÉS, Catálogo, cit., p. 245, da cui si ricavano anche il testo della sottoscrizione e l’indicazione della presenza del Visto. — 96 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE 4632 (ff. 11r-65r), che si conclude al f. 65r con la sottoscrizione τέλος τῆς πρὸς Ἀλέξανδρον Ἀριστοτέλους ῥητορικῆς ἣν Κωνσταντῖνος ὁ Λάσκαρις ἐν Μεδιολάνῳ ἐξέγραψε χρώμενος ἔτει αυξβ’ [= 1462], e ha filigrane raffiguranti la citata «Mailänder Blume», già messe a confronto con Briquet 6596 (Churwalden 1461/64, Milano 1468, Montbrison 1475, Sargans 1477, Nuremberg 1476, Strasbourg 1468).37 Al di fuori della tradizione aristotelica, Teresa Martínez Manzano ha richiamato l’attenzione sui ff. 1r-144r del Matr. 4691, contenenti i Phaenomena di Arato (ff. 1v-23v), gli Argonautica di Apollonio Rodio (ff. 24r-130v) e l’Ilii Excidium di Trifiodoro (ff. 131v-144r), datato al 1465 dalla sottoscrizione Κωνσταντῖνος ὁ Λάσκαρις ἐκγράψας ἐν Μεδιολάνῳ ἐχρῆτο αυξε’,38 cui vanno aggiunti i ff. 83-102 del composito allogenetico Vat. gr. 1406, con il solo poemetto trifiodoreo egualmente autografo del bizantino: 39 gli Argonautica e l’Ilii excidium tramandati dal Matritense, nonché il Trifiodoro del Vaticano, sembrano derivare da uno dei manoscritti più preziosi della biblioteca filelfiana, quel Pluteo 32.16, raccolta di poesia esametrica 37 FUHRMANN, Üntersuchungen, cit., pp. 84, 87-88 e tav. fuori testo (stemma); v. anche DE ANDRÉS, Catálogo, cit., pp. 160-162 (da cui si traggono il dato relativo alle filigrane e alla sottoscrizione del Matr. 4632), 236-238; MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., p. 105 nota 8 e MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., p. 109; ANAXIMENES, Ars rhetorica, quae vulgo fertur Aristotelis ad Alexandrum, edidit Manfred Fuhrmann, Monachii et Lipsiae 2000, p. XXVIII; CHIRON, La tradition cit., p. 66; PSEUDO-ARISTOTELES, Rhétorique à Alexandre, texte établi et traduit par Pierre Chiron, Paris, Les Belles Lettres 2002, pp. CLVI, CLXV; MARCO FASSINO, La tradizione manoscritta dell’«Encomio di Elena» e del «Plataico» di Isocrate, Milano, Led 2012, pp. 21-22, 153154 (sul Matr. 4632). Sia il Pluteo 60.18, sia il Matr. 4632 presentano a loro volta legami testuali di contaminazione anche con il Matr. 4684 (v. da ultimo CHIRON, La tradition, cit., pp. 26, 66), un ms. attribuito ad ambito planudeo, che nel sec. XV fu annotato almeno da Giorgio Scolario, Costantino Lascari (ff. 38r, 118v, 119v, 222r) e Lauro Quirini (il codice non sembra invece presentare tracce della mano di Filelfo, che pure probabilmente se ne servì per annotare il Pluteo 60.18): CHIRON, La tradition, cit., pp. 26, 29, 66; PSEUDO-ARISTOTELES, Rhétorique, cit., p. CLX; Lecturas de Bizancio. El legado escrito de Grecia en España. Exposicion celebrada con motivo del VII Coloquio Internacional de Paleografia Griega (Madrid, Biblioteca Nacional, 15 de septiembre-16 de noviembre 2008), pp. 56-59 n. 6 (scheda di Inmaculada Pérez Martín); DAVID SPERANZI, Vicende umanistiche di un antico codice. Marco Musuro e il Florilegio di Stobeo, «Segno e testo», VIII, 2010, pp. 313-350: 326 nota 39. 38 MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., p. 105 nota 8 e MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris cit., p. 11; una descrizione del ms. è in DE ANDRÉS, Catálogo, cit., pp. 251-253, cui si fa riferimento per la sottoscrizione (la «Mailänder Blume» della carta di questo ms. è accostata a Briquet 6597, come quella del Matrr. 4627 e del Matr. 4687, ricordati in precedenza). 39 Una descrizione di questo ms. è in MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., pp. 329-330 (indica come filigrana della carta usata da Costantino Lascari una Balance priva di specifici termini di confronto nei repertori); cfr. anche MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., pp. 28, 44 n. 136, 85 nota 2; alcune osservazioni sui due codici e, più in generale, sulla riscoperta quattrocentesca di Trifiodoro, in DAVID SPERANZI, Appunti su Alessio Celadeno. Anelli, stemmi e mani, in Circolazione di testi e scambi culturali in Terra d’Otranto tra Tardoantico e Medioevo, a cura di Alessandro Capone – Francesco G. Giannachi – Sever J. Voicu, Città del Vaticano, Biblioteca Vaticana 2015 («Studi e testi», 489), pp. 199-213. — 97 — DAVID SPERANZI allestita sotto la supervisione di Massimo Planude e oggi alla Laurenziana, che il Tolentinate aveva acquisito a Costantinopoli dalla vedova di Giovanni Crisolora, suo suocero.40 Difficilmente si sarebbe potuto immaginare che Lascari, avendo la possibilità di attingere ai codici di Filelfo, si lasciasse sfuggire l’opportunità di trarre copia di un simile monumento librario e, soprattutto, testuale: a giudizio di Francis Vian l’Apollonio Rodio del Matr. 4691 è copia diretta del Pluteo 32.16,41 da cui discenderebbe secondo Bernard Gerlaud anche il Trifiodoro dello stesso manoscritto, mentre sarebbe copia di quest’ultimo quello del Vaticano; 42 nella ricostruzione stemmatica di Enrico Livrea, per l’Ilii excidium, si dovrebbe invece presupporre l’esistenza di un apografo intermedio α tra il venerabile testimone planudeo da un lato e i due codici lascariani dall’altro, che ne sarebbero discesi indipendentemente.43 E, da ultimo, Mariella Menchelli ha fornito la prova del legame testuale tra un autografo del maestro bizantino e il Dione Crisostomo Pluteo 59.22 da cui hanno preso le mosse queste pagine, chiamando in causa il Matr. 4640.44 La seconda unità codicologica (ff. 126-137) di questo composito omogenetico, trascritta su carta con filigrana Fleur già messa a confronto con Briquet 6515 40 La bibliografia su questo ms. è ovviamente molto ampia; in questa sede, oltre a quanto segnalato di seguito, ci si limita indicare la recente descrizione in Voci dell’Oriente. Miniature e testi classici da Bisanzio alla Biblioteca Medicea Laurenziana. Catalogo della mostra (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, 4 marzo-30 giugno 2011), a cura di Massimo Bernabò, Firenze, Polistampa 2011, pp. 53-54 n. 5 (scheda di Fausto Montana), con l’aggiunta, per il possesso filelfiano, di GANCHOU, Les ultimae voluntates, cit., pp. 200-202, 205, 216-217. 41 APOLLONIOS DE RHODES, Argonautiques. Chants I-II, texte établi et commenté par Francis Vian et traduit par Émile Delage, Paris, Les Belles Lettres 1974, pp. XLIX-XL; l’opinione dell’editore francese è confermata da GERSON SCHADE – PAOLO ELEUTERI, The Textual Tradition of the Argonautica, in A Companion to Apollonius Rhodius, ed. by Theodore D. Papangelis – Antonios Rengakos, Leiden-Boston-Köln, Brill 2001 («Mnemosyne. Bibliotheca Classica Batava. Supplementum», 217), pp. 27-49 : 43. 42 TRIPHIODORE, La prise d’Ilion, texte établi et traduit par Bernard Gerlaud, Paris, Les Belles Lettres 1982, pp. 60-61. I Phaenomena di Arato con cui si apre il ms. di Madrid non sono contenuti nel Pluteo 32.16; secondo quanto si legge in ARATOS, Phénomènes, I, texte établi, traduit et commenté par Jean Martin, Paris, Les Belles Lettres 1998, pp. CLXIII-CLXIV il testo del Matr. 4691 discenderebbe da quello di un perduto fratello del codice di Charkiv, Central’naja naučnaja biblioteka Char’kovskogo gos. universiteta, 369, del sec. XIV, da cui sarebbe stato copiato anche l’Ambr. D 529 inf., nel quale si riconoscono la mano di Demetrio Xantopulo (attr. di Agamemnon Tselikas apud ISABELLE ON. TSAVARI, Histoire du texte de la Description de la terre de Denys le Périégète, Ioannina, Université de Ioannina, 1999, p. 128 nota 269) e, come mi comunica Stefano Martinelli Tempesta, marginalia di Demetrio Calcondila; sul Matr. 4691 e sull’Ambrosiano, v. anche JEAN MARTIN, Histoire du texte des Phénomènes d’Aratos, Paris, Klincksieck 1956, pp. 241-244, con una ricostruzione stemmatica leggermente diversa. 43 TRIPHIODORUS, Ilii excidium, edidit Henricus Livrea, Leipzig, Teubner 1982, pp. X-XII. 44 MENCHELLI, Studi, cit., pp. 280-281; v. anche, in precedenza, sul ms., DE ANDRÉS, Catálogo, cit., pp. 180-181; MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., pp. 258, 285 n. 70; MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., pp. 38 n. 65, 58. — 98 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE (Milano 1449, Innsbruck 1468, Strasbourg 1475), contiene il primo discorso De regno (ff. 126v-135v) e un frammento della seconda orazione dionea sull’argomento (ff. 136r-137v), bruscamente interrotta dal copista lasciando in sospeso il periodo.45 Menchelli ha potuto dimostrare su base filologica che il Matritense altro non è se non una copia che Costantino Lascari eseguì direttamente sul Laurenziano di Filelfo: 46 è possibile quindi esser certi che fu allora, quando si trovò a copiare il suo testimone dioneo – e a lasciarlo incompleto –, che il bizantino fissò la memoria del suo disprezzo per l’umanista cui apparteneva il suo antigrafo attraverso le aggiunte agli ex libris sino a oggi rimaste inosservate, così come senz’altro istituì il severo paragone tra l’uomo malvagio di Aristotele e il Tolentinate sui margini del Pluteo 81.20 mentre si trovava a trarre da questo il testo dell’Ethica Eudemia nel Matr. 4627.47 4. Crimine, colpevole, occasione e, per proseguire nella metafora, ora del delitto: a Milano, tra il 1462 – se si ritiene che davvero il Pluteo 60.18 sia servito come esemplare correttivo per la Rhetorica ad Alexandrum del Matr. 4632, copiato da altra fonte in questa data 48 – e il 1464, anno in cui Bartolomeo Bardella appose il suo visto sui Matrr. 4627 e 4687,49 potendo allargare le maglie fino al 1465, qualora si accetti la ricostruzione stemmatica di Vian e Gerlaud, che vogliono il Matr. 4691 copiato direttamente sul Pluteo 32.16.50 Alle aggiunte offensive di Costantino Lascari sui codici di Filelfo manca quindi adesso soltanto il movente, a proposito del quale il lettore avrà tuttavia già potuto formulare facilmente un’ipotesi, dal momento che è inevitabile chiamare in causa documenti e circostanze ben note. Da un lato, la supplica rivolta a Francesco Sforza il 14 dicembre 1462 da un folto gruppo di personaggi eminenti della cancelleria ducale perché venisse concesso al bizantino il rango di pubblico docente di lettere greche, al posto di «un altro greco, 45 MENCHELLI, Studi, cit., p. 280; DE ANDRÉS, Catálogo, cit., p. 180: il secondo discorso termina al § 13, περὶ ἡμῶν λέγειν˙ οὐ πάντως. 46 MENCHELLI, Studi, cit., pp. 119-120, 164-165. 47 Cfr. supra, n. 30 per i riferimenti in proposito; un altro esempio di codici postillati da Filelfo e da un personaggio con il quale ha intrattenuto difficili relazioni personali è stato illustrato recentemente da STEFANO MARTINELLI TEMPESTA, Per un repertorio dei copisti greci in Ambrosiana, in Miscellanea Graecolatina I, a cura di Federico Gallo, Milano-Roma, Biblioteca Ambrosiana-Bulzoni 2013, pp. 101-153, in part. pp. 111-119, che ha individuato due manoscritti con postille del Tolentinate e di Pier Candido Decembrio, l’Ambr. D 71 sup. (Platone ed Eschine) e l’Ambr. E 90 sup. (Platone). 48 Cfr. supra nota 37. 49 Cfr. supra note 33, 35. 50 Cfr. supra note 41-42; è evidente che rifacendosi invece allo stemma tracciato da Livrea, secondo cui un perduto anello intermedio sarebbe da porre tra il Pluteo 32.16 e il Matr. 4691, la data di quest’ultimo non può valere come prova della presenza dell’antigrafo nelle mani di Lascari. — 99 — DAVID SPERANZI al qualle quantunque possa essere dabbene, dingnamente Constantino non merita essere postposto per doctrina, per utelmente legere, per meriti et per experientia»: 51 già Emilio Motta proponeva di identificare il concorrente di Lascari con Demetrio Castreno – deputato a insegnare greco a Milano con decreto del 9 ottobre 1462 – e il suo sostenitore con Filelfo, che fin dal 1458 prometteva a quest’ultimo tutto il suo appoggio quando fosse arrivato in città.52 D’altro canto, è necessario ricordare una lettera di Lascari stesso diretta proprio a uno dei suoi quarantasette sostenitori del 14 dicembre 1462, quel Bartolomeo da Sulmona che Mirella Ferrari definisce «uno dei molti semidotti centro italiani piombati alla corte di Francesco Sforza, quando questa sembrò diventare una delle corti più remunerative d’Italia per i panegiristi dalla penna facile» 53 e che attorno alla metà degli anni Sessanta era in polemica con Filelfo.54 Nell’epistola di Lascari, pubblicata da Teresa Martínez Manzano dall’autografo Ambr. N 87 sup., ff. 23r-24v – uno dei manoscritti utilizzati nelle pagine precedenti per dimostrare paleograficamente la paternità 51 EMILIO MOTTA, Demetrio Calcondila editore. Con altri documenti riguardanti Demetrio Castreno, Costantino Lascaris ed Andronico Callisto, «Archivio storico lombardo», XX, 1893, pp. 43166: 145-149 (edizione del documento), p. 146 per la citazione. 52 Su Demetrio Castreno si vedano almeno le notizie e i riferimenti raccolti in Prosopographisches Lexikon der Palaiologenzeit, V. Κ…-Κομνηνούτζικος, erstellt von Eric Trapp, unter Mitarbeit von Rainer Walther und Hans-Veit Beyer, Wien, Verlag der Österreischen Akademie der Wissenschaften 1981, p. 145 n. 11393, tra cui si segnalano VOGEL – GARDTHAUSEN, Die griechischen, cit., p. 103; ELPIDIO MIONI, Catalogo di manoscritti greci esistenti nelle Biblioteche italiane, II, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato - Libreria dello Stato 1964 («Indici e cataloghi», 20), p. 307; per il suo rapporto con Filelfo, si vedano almeno LEGRAND, Cent-dix lettres, cit., pp. 99-100 n. 52, 101 n. 54, 128-129 n. 75, 137-138 n. 79, 139-142, nn. 80-81 e THEODOR E. KLETTE, Die griechischen Briefe des Fr. Philelphus, Greisfwald, Abel 1890, pp. 78-93. A tutto ciò, si possono per il momento aggiungere MOTTA, Demetrio Calcondila, cit., pp. 144-145, 149-151, 161-162 (edizione del decreto di nomina; Milano, Archivio di Stato, Registro ducale 103, f. 2) e FRANK RUTGER HAUSMANN, Demetrio Calcondila – Demetrio Castreno – Pietro Demetrio – Demetrio Guazzelli?, «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», XXXII, 1970, pp. 607-611; MARTINELLI TEMPESTA, Per un repertorio, cit., p. 118 nota 49. 53 MIRELLA FERRARI, Fra i «latini scriptores» di Pier Candido Decembrio e le biblioteche umanistiche milanesi: codici di Vitruvio e Quintiliano, in Vestigia. Studi in onore di Giuseppe Billanovich, a cura di Rino Avesani – Mirella Ferrari – Tino Foffano – Giuseppe Frasso – Agostino Sottili, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 1984 («Storia e letteratura», 162), pp. 247-296, p. 279 per la citazione, con ulteriori notizie e bibliografia su Bartolomeo da Sulmona, cui si aggiunga almeno PAUL OSKAR KRISTELLER, Iter Italicum, accedunt alia itinera. A Finding List of Uncatalogued or Incompletely Catalogued Humanistic Manuscripts of the Renaissance in Italian and Other Libraries, III. (Alia itinera I) Australia to Germany, London-Leiden, The Warburg Institute - Brill 1983, p. 243, V. (Alia itinera III and Italy III). Sweden to Yugoslavia, Utopia, Supplement to Italy (A-F), London-Leiden-New York-København-Köln, The Warburg Institute - Brill 1990, p. 279a. 54 Si vedano i riferimenti ai testi in DENISE BLOCH, Quelques manuscrits de Pietro di Celano à la Bibliothèque Nationale de Paris, in Studi di bibliografia e di storia in onore di Tammaro De Marinis, [s. l., s. n., ma Verona, Valdonega], 1964, pp. 143-161: 146-147 e in RINO AVESANI, Epaeneticorum ad Pium II Pont. Max. libri V, in Enea Silvio Piccolomini papa Pio II. Atti del Convegno per il quinto centenario della morte e altri scritti raccolti da Domenico Maffei, Siena [ma Varese], Multa paucis 1968, pp. 15-97: 27-28. — 100 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE TABELLA 2 La presente tabella intende fornire un quadro sintetico delle relazioni testuali ripercorse nel paragrafo appena concluso: nelle prime quattro colonne sono indicati gli autografi di Costantino Lascari presi in esame, con le informazioni relative al contenuto, al luogo e alla data di copia; nella quinta gli antigrafi provenienti dalla biblioteca filelfiana impiegati dal maestro bizantino per le trascrizioni in questione. È opportuno specificare che, per i manoscritti di Lascari, non si segnalano unità codicologiche o testi non rilevanti ai fini di questa ricostruzione, rinviando per questo implicitamente alle informazioni e alla bibliografia fornita in precedenza. Luogo di copia Data di copia Antigrafo ileliano Matr. 4627 Arist., EE; ps.Pl., Def. Milano (subscr.) ante 1464 (Visto di Bartolomeo Bardella) Pluteo 81.20 Matr. 4632 ps.Arist., Rh.Al. Milano (subscr.) 1462 (subscr.) Pluteo 60.18* Matr. 4640 D.Chr., De regno I e II (incompleto) Milano (iligrane) / Pluteo 59.22 Matr. 4687 Arist., Rhet.; D.H., Comp.; D.H., Th. Milano (subscr.) ante 1464 (Visto di Bartolomeo Bardella) Pluteo 60.18 Matr. 4691 A.R.; Tryph. Milano (subscr.) 1465 (subscr.) Pluteo 32.16** Ms. lascariano Contenuto * Esemplare correttivo. ** Secondo Vian e Gerlaud antigrafo diretto; secondo Livrea mediato attraverso un codice perduto, siglato α. lascariana delle annotazioni sul Pluteo 59.22 e sul Pluteo 81.20 (tav. IV) – il bizantino si scaglia contro il Tolentinate, colpevole, a suo dire, di affermare che presso i Greci una sola è l’ortografia corretta del nome di Mosè, Μωσῆς; 55 55 MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., pp. 109-111. In FRANCESCO FILELFO, Satyrae, I. Decadi I-V, edizione critica a cura di Silvia Fiaschi, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 2005 («Studi e testi del rinascimento europeo», 26), pp. 492-493 (v. in precedenza SILVIA FIASCHI, Autocommento ed interventi d’autore nelle «Satyrae» del Filelfo: l’esempio del codice Viennese 3303, «Medioevo e rinascimento», XVI, 2002, pp. 113-188: 157-158), si trova una rassegna delle testimonianze relative all’interesse filelfiano per questa problematica, dalle quali emerge in effetti la predilezione dell’umanista per la forma Moses, fondata sulla lettura di Filone Alessandrino, che possedeva nell’autorevole Pluteo 10.20 della Biblioteca Medicea Laurenziana: la studiosa cita e trascrive un passo di una lettera del 1477 a Bonifacio Bembo («Moses dictio disyllaba est; descendit enim, ut Philo Iudaeus testatur in eius Vita, quam tribus libris disertisime est complexus, a mos, — 101 — DAVID SPERANZI per la copiosità di fonti addotte a confutazione e il rigore dell’argomentazione il testo lascariano prende ben presto l’andamento di un piccolo trattatello ortografico, di cui interessa qui ricordare il violento incipit: 56 Ἐπειδὴ ὁ ἄθεος Φιλέλφος ἐς τοσοῦτον μανίας μᾶλλον δὲ κακοδαιμονίας ἀφίκετο, ὥστε διαῤῥήδην βλασφημεῖ διασύρων τοὺς σοφοὺς καὶ θείους διδασκάλους τῆς καθολικῆς ἐκκλησίας ὡς κακῶς λέγοντας Μωϋσῆς – οὐδὲ γὰρ εὑρίσκεσθαι φησὶ παρὰ τοῖς Ἕλλησιν εἰ μὴ μόνον Μωσῆς – ἔδοξέ μοι τούτοις ἀμύνοντι ὀλίγ’ ἄττα περὶ τούτου εἰπεῖν, ἵνα καὶ μᾶλλον ἀμαθίαν τοῦ ἀνδρὸς καταγνῷς. Dal momento che quel miscredente di Filelfo giunse a un tale livello di pazzia o piuttosto di diabolica possessione che bestemmia apertamente e schernisce i saggi e divini maestri della chiesa universale, sostenendo che scrivono male il nome di Mosè quando utilizzano la forma Μωϋσῆς – né, infatti, a suo dire, presso i Greci se ne trova un’altra se non Μωσῆς –, a difesa di costoro mi sembrò opportuno scrivere queste poche cose, affinché tu conosca ancor più profondamente l’ignoranza di quest’uomo. Oltre a rappresentare una testimonianza particolarmente eclatante di quell’irriducibile senso di alterità che divise spesso bizantini e italiani lungo tutto il corso del Quattrocento,57 le parole dirette da Lascari a Bartolomeo quod ipsum verbum non est Iudaeorum, sed Aegyptiorum») e uno di un’epistola dello stesso anno a Benedetto da Padova («Quod Moses dici oporteat docet ipsa huius verbi derivatio. Nam μως mos, unde deductum est Moses, dictio disyllaba est, ut est apud Philonem Iudaeum in Vita Mosei, aquam significat apud Aegyptios»); ne ricorda inoltre uno del secondo libro dei Convivia Mediolanensia, che senza dubbio potrebbe essere stato presente a Lascari: «Cui dicto cum arrisisset Lancelotus, “Scire – inquit – primum velim quid Corradinus Mosen, Franchinus autem Moysen eundem saepe nominavit” (…) “Omnes enim quotquot apud nos sunt qui se christianos quam alienos maluerunt, non Mosen dyssillabum sed Moysen trisyllabum protulere”. Tum Axeretus: “Equidem dicam quod sentio, vel potius quod saepissime cum Alexandriae degerem audivi non ab iis solum qui publici baiuli aquam venditant, sed vulgo ab omnibus: mos, enim ab omnibus aqua nominabatur. Inde autem Mosen dictum arbitror, quoniam ut nostis ex aqua sublatus sit, quo etiam nomine appellatur ab Aegyptiis omnibus”»; si cita il passo dal ms. di Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Pluteo 53.6, f. 64r-v, di mano di Pagano da Rho, adeguandone la punteggiatura all’uso moderno e tagliandolo solo per motivi di spazio; v. anche FRANCISCUS PHILELFUS, Mediolanensia convivia duo, [Milano, Simone Magnago, 1483-1484], c. 72r-v (ISTC n. ip00605000; esemplare consultato: Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, P.5.21); sul Laurenziano, DANIELA GIONTA, Per i Convivia Mediolanensia di Francesco Filelfo, Messina, Centro Interdipartimentale di Studi Umanistici 2005 («Quaderni di filologia medievale e umanistica», 10), p. 69, che fornisce anche un utile inquadramento dell’intera opera, della sua tradizione e delle fonti ivi utilizzate. 56 Si riproduce il testo di MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., p. 109, con minimi ritocchi alla punteggiatura a seguito di un controllo sull’originale e segnalando che la parola ἀμαθίαν è aggiunta in margine dall’autore. 57 A questo proposito si veda soprattutto quanto scritto da HERBERT HUNGER, Graeculus perfidus. Ἰταλὸς ἰταμός. Il senso dell’alterità nei rapporti greco-romani ed italo-bizantini, con una introduzione di Otto Kresten, Roma, Unione internazionale degli Istituti di Archeologia, Storia, Storia dell’Arte in Roma 1987 («Conferenze», 4) e, in seguito, da CONCETTA BIANCA, «Graeci», «Graeculi», «Quirites». A proposito di una contesa nella Roma di Pio II, in Filologia umanistica. Per Gianvito Resta, I, a cura di Vincenzo Fera – Giacomo Ferraù, Padova, Antenore 1997, («Medioevo e umanesimo», — 102 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE da Sulmona, è evidente, risultano particolarmente interessanti in relazione a quanto si è cercato di argomentare poiché devono collocarsi in stretta prossimità delle aggiunte al Pluteo 59.22 e al Pluteo 81.20, non fosse altro che in virtù delle identiche scelte verbali; e le controversie ortografiche evocate dall’epistola, oltre ai contrasti accademici testimoniati dalla supplica del 14 dicembre, costituiscono lo sfondo migliore sul quale proiettare quelle minute postille. Se poi il dissidio sia mai sfociato in aperta ostilità e a un certo momento le porte della biblioteca filelfiana si siano chiuse per Lascari, è difficile al momento dire con certezza assoluta: a deporre a favore di questa possibilità parrebbe essere l’interruzione improvvisa della copia del secondo discorso crisostomico De regno, le cui cause potrebbero forse essere rintracciate proprio nel venire alla luce del conflitto; 58 a sfavore, come si accennava, il Matr. 4691, datato 1465, che, se fu davvero trascritto direttamente dal Pluteo 32.16, attesta che ancora a ridosso della sua definitiva partenza da Milano Lascari poteva utilizzare codici della raccolta del Tolentinate.59 5. Il difficile rapporto tra Filelfo e Costantino Lascari, per come lo si è potuto ricostruire sin qui, seguendo minime tracce di scrittura, relazioni testuali e fonti documentarie, si arricchisce di un ulteriore tassello qualora si volga infine lo sguardo all’Ambr. G 93 sup., un testimone della Geographia di Strabone che, sino a pochissimo tempo fa, si sarebbe potuto definire ancora «very little known», con le parole usate al suo riguardo da Aubrey Diller nel 1935.60 Nella 94), pp. 141-163. Non è forse senza significato ricordare che Lascari utilizza normalmente l’epiteto ἄθεος da lui assegnato a Filelfo anche per definire i Turchi, e. g. nella conclusione della sua Synopsis Historiarum: καὶ ἐν τῷ δευτέρῳ αὐτοῦ [scil. Costantino XI Paleologo] ἔτει ἑάλω ἡ Κωνσταντινούπολις αἴσχιστα καὶ ὠμότατα ὑπὸ τῶν ἀθέων Τούρκων τῇ κθ’ τοῦ Μαίου μηνὸς ἡμέρᾳ τρίτῃ πρωὶ ἔτει ϛϡξα’ [= 6961]. καὶ αὐτὸς ἀπέθανε σὺν ἄλλοις πολλοῖς. καὶ ἐπὶ τούτου ἀπώλετο ἡ βασιλεία τῶν Ῥωμαίων καὶ ἡ ἐλευθερία καὶ εὐγένεια καὶ λόγοι καὶ πλοῦτος καὶ πᾶν ἀγαθόν, καὶ ἐγὼ ἑάλων («e nel secondo anno di regno di Costantino Paleologo fu presa Costantinopoli, nel modo più vergognoso e infamante, dai Turchi miscredenti, il 29 maggio, terzo giorno della settimana, al mattino, nell’anno 6961 [= 1453]. E l’imperatore morì, insieme a molti altri. E furono così distrutti il regno dei Romani, e la libertà, e la nobiltà di spirito, le lettere, la ricchezza e ogni bene. E io fui catturato»), Matr. 4621, f. 176r; MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., p. 9, con il testo greco; MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., p. 6, con trad. spagnola; PIETROBELLI, Variation, cit., p. 119, con trad. francese. 58 Già MENCHELLI, Studi, cit., pp. 120, 164 nota 25 sembra sottintendere questa eventualità, sottolineando più volte l’integrità dell’antigrafo Pluteo 59.22 a fronte dell’incompletezza della copia Matr. 4640. 59 Per la biografia lascariana di questi anni, si vedano recentemente SPERANZI, Un codice di Isocrate, cit., e FASSINO, La tradizione, cit., pp. 52-54, con i riferimenti anteriori. Non si può naturalmente escludere che Lascari avesse accesso ai codici di Filelfo senza che questi ne venisse informato, ma non sussistono al momento elementi per formulare ipotesi circostanziate in proposito. 60 AUBREY DILLER, Codex B of Strabo, «American Journal of Philology», LVI, 1935, pp. 97-102: 101-102, p. 102 per la citazione, rist. in AUBREY DILLER, Studies in Greek Manuscript Tradition, Amsterdam, Hakkert 1983, pp. 1-6 n. 1, p. 5 per la citazione. Alla descrizione del ms. in MARTINI – BASSI, Ca- — 103 — DAVID SPERANZI non folta bibliografia sul manoscritto, si trovano infatti soltanto notizie sulla sua collocazione nello stemma straboniano, quale testimone della famiglia dei cosiddetti decurtati (o della «β tradition»),61 e, per il restauro cinquecentesco dei fogli iniziali (ff. I, 1-5) e finali (ff. 302, I), quale apografo dell’edizione aldina del 1516.62 Quanto alla data della sezione originaria – 299 fogli cartacei,63 piegati in-folio, di mm 298 × 220, articolati in trentotto fascicoli 64 segnati dal copista da β’ a λθ’ 65, rigati a secco con mise en page generalmente a 33 linee talogus, cit., p. 498, è possibile aggiungere la seguente bibliografia: GIOVANNI CAPOVILLA, Studi sul Noricum, in Miscellanea Giovanni Galbiati, I. Archeologia, storia, filologia e antichità classica, papirologia, glottologia, arte, Milano, Hoepli 1951 («Fontes Ambrosiani», 25), pp. 213-410: tavv. 5-6 (riprr. dei ff. 193v, 197v); AUBREY DILLER, The Autographs of Georgius Gemistus Pletho, «Scriptorium», X, 1956, pp. 27-41: 33 nota 23, rist. in DILLER, Studies, cit., pp. 389-403 n. 44: 395 nota 23; FRANCESCO SBORDONE, La tradizione umanistica della Geografia di Strabone, «Bollettino dei Classici», n.s., IX, 1961, pp. 11-32: 13-14; Strabonis Geographica, I. Libri I-II, recensuit Francesco Sbordone, Romae, Typis Publicae Officinae Typographicae 1963, pp. XXVI, XXXII; AUBREY DILLER, The Textual Tradition of Strabo’s Geography. With Appendix: The Manuscripts of Eustathius’ Commentary on Dionysius Periegetes, Amsterdam, Hakkert 1975, pp. 98-100; FRANCESCO SBORDONE, La tradizione manoscritta di Strabone, di Tolomeo e dei geografi greci minori, in La critica testuale greco-latina, oggi. Metodi e problemi. Atti del Covegno internazionale (Napoli, 29-31 ottobre 1979), a cura di Enrico Flores, Roma, Edizioni dell’Ateneo 1981, pp. 331-344: 340; PIERRE-OLIVIER LEROY, Deux manuscrits Vaticans de la Geographie de Strabon et leur place dans le stemma codicum, «Revue d’histoire des textes», n.s., VIII, 2013, pp. 37-60: 40. 61 Si veda la bibliografia citata alla nota precedente e, in particolare, LEROY, Deux manuscrits, cit., p. 40, per lo stemma più recente. 62 STRABO, De situ orbis, Venetiis, in aedibus Aldi et Andreae soceri, 1516. Per la caratteristiche testuali del restauro cfr. SBORDONE, Strabonis Geographica, cit., p. XXXII; si tratta di due fasc. iniziali (un bifoglio con il primo foglio lasciato bianco a guisa di custodia, num. mod. I, e un binione) e di un bifoglio finale (ff. 302, I, con il secondo foglio bianco), cartacei, con filigrana Ancre sormontata da una stella, senza raffronti precisi nei repertori di uso comune. Stefano Martinelli Tempesta e Stefano Serventi, che ringrazio per la comunicazione, ritengono che l’operazione possa essere stata effettuata a Padova, nell’ambiente di Gian Vincenzo Pinelli, cui il ms. appartenne (al f. Ir la nota Olim ex libris I. V. Pinelli). A giudizio di Martinelli Tempesta, l’autore dell’intervento potrebbe essere stato il medico forlivese Girolamo Mercuriale (1530-1606), che frequentò la cerchia padovana di Pinelli tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta (su di lui è qui sufficiente il rinvio a GIUSEPPE ONGARO, Mercuriale, Girolamo, in Dizionario Biografico degli Italiani, LXXIII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana 2009, pp. 620-625); l’ipotesi, cui se ne affiancano altre, è tuttavia per il momento ancora da verificare con assoluta attenzione. 63 La numerazione moderna, per 1-302, computa ovviamente anche i fogli di restauro (cfr. nota precedente) e salta tre fogli, rispettivamente a seguito dei ff. 246, 293, e 294, indicati recentemente a matita come 246a, 293a e 294a; dopo il f. I’ si trovano, non numerati, i resti degli ultimi due fogli scritti dell’ultimo fasc., che portano ancora alcuni frammenti di testo; a prescindere da questi lacerti, il testo straboniano superstite va da I.2.22.16 (f. 6r; καὶ τὸ διχθαὶ δεδάσθαι τοὺς Ἀιθίοπας) a XVIII.3.21.14 (f. 301v; τὸ μὲν οὖν παλαιόν). Un quadro riassuntivo di alcune caratteristiche materiali del ms. è fornito infra, nella tabella 4. 64 Il primo fasc. originario ancora conservato (attuale fasc. 3, in origine il secondo del ms.; ff. 6-10) era un quaternione, da cui sono caduti i primi tre fogli; seguono diciassette quaternioni (attuali fasc. 4-20; ff. 11-146), un quinione (fasc. 21; ff. 147-156), diciotto quaternioni (fasc. 22-29; ff. 157297) e quattro fogli (fasc. 30; ff. 298-301), i primi di un quaternione da cui è caduta la seconda parte (conservati resti, non numerati, del quinto e del sesto foglio, a seguito del f. I’; cfr. n. precedente). 65 Le segnature, di mano del copista, si trovano generalmente nell’angolo inferiore esterno del primo recto e dell’ultimo verso; oltre alle ovvie eccezioni degli attuali fasc. 3 e 30, per i quali soprav- — 104 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE per pagina 66 e filigrane in massima parte simili a Harlfinger Ciseaux 43 67 – non si è mai andati oltre una generica collocazione all’inizio del sec. XV, proposta senza addurre particolari argomenti; 68 niente è stato inoltre mai scritto a proposito del suo luogo d’origine e, riguardo ai suoi lettori, erano infine disponibili soltanto alcune osservazioni di Diller, che vi distingueva la presenza di almeno due annotatori: il primo, occidentale, scriveva lo studioso americano, ha concentrato la sua attenzione principalmente nei libri straboniani dedicati all’Italia (libri V-VI), apponendo sia annotazioni in greco, sia marginalia latini; l’altro, che a suo avviso era da considerare più tardo, ha postillato il codice più ampiamente e soltanto in greco.69 Antonio Rollo ha recentemente posto le basi perché si possa andare oltre questa ricostruzione meramente descrittiva, riconoscendo nella prima mano isolata da Diller quella di Francesco Filelfo (tav. V), nella seconda quella di Costantino Lascari (tav. VI), che oltre ad apporre un maggior numero di annotazioni lungo tutto il manoscritto, è intervenuto in alcuni casi anche a correggerne i titoli.70 Grazie alla scoperta di Rollo, appare evidente che il secondo annotatore isolato da Diller – ovvero Lascari – non può essere considerato più tardo del primo – cioè Filelfo –,71 ma si fa strada la possibilità che i due vivono soltanto le segnature β’ e λθ’ rispettivamente nell’angolo inferiore esterno dell’ultimo verso e in quello del primo recto, devono essere segnalate quelle dei fasc. 31-32, segnati λ’-λα’ al centro del marg. inf. del primo recto e nell’ang. inf. est. dell’ultimo verso, quella del fasc. 34 segnato λγ’ nel solo ang. inf. est. del primo recto, e quella del fasc. 37, che nell’ang. inf. est. dell’ultimo verso ha la segnatura λϛ’ ripetuta due volte, forse per correggere un precedente errore. 66 È in errore DILLER, The Textual Tradition, cit., p. 98 quando osserva che i fogli non sono stati rigati; il tipo di rigatura è il Sautel-Leroy U 00/1 (= Muzerelle 1-1:J/0/0/0), che prevede siano tracciate soltanto le giustificazioni verticali; nell’Ambrosiano queste ultime, difficili da vedere, non si prolungano nei margg. inf. e sup., ma si estendono soltanto in corrispondenza della parte scritta (quest’ultimo dettaglio è restituibile nella formula Muzerelle, attraverso l’indice J, ma non in quella Sautel-Leroy); queste le misure approssimative dello schema di impaginazione: 27 [218] 53 × 18 [156] 46, rr. 00 / ll. 36 (f. 170r). 67 Ai ff. 6-98, 100-105, 107-189, 205-213, 220-302 più varianti di filigrane simili a Harlfinger Ciseaux 43 (1452, Giovanni Scutariota; cfr. DIETER HARLFINGER – JOHANNA HARLFINGER, Wasserzeichen aus griechischen Handschriften, I, Berlin, Mielke 1974, s. v.) e a Briquet 3685 (Firenze 1459/1469, Napoli 1457, Lucca 1465, Roma 1472, Venezia 1472, Roma ca. 1470, Venezia 1469); ai ff. 99/106, 190-204, 214-219 sim. a Harlfinger Monts 58 (1446/1447 o 1448/1449, <Italia meridionale>, Giorgio di Ruffano, Otranto; cfr. HARLFINGER – HARLFINGER, Wasserzeichen II, cit., s. v.); cfr. anche quanto osservato infra nota 85 e tabella 4. 68 Cfr. e. g. DILLER, The Textual Tradition, cit., p. 98, «The paper and the script are of the early 15th cent.». 69 Ivi, p. 100. 70 Entrambe le attribuzioni sono state rese note in MARTINELLI TEMPESTA, Per un repertorio, cit., pp. 136, 138. I marginalia di Filelfo, tutti in inchiostro rosso, si concentrano ai ff. 75v-88v; annotazioni isolate ai ff. 115r, 116r-117r, 135v. I titoli in rosso sono generalmente aggiunti da mano diversa di quella del copista principale; titoli corretti da Lascari si trovano e. g. ai ff. 106r, 208v. 71 Non è del tutto infondato, da un certo punto di vista, considerare più ‘moderna’ la scrittura di un bizantino come Lascari, nato tra il 1433 e il 1434, rispetto a quella di Filelfo, un umanista — 105 — DAVID SPERANZI abbiano avuto accesso all’Ambrosiano pressappoco nel medesimo periodo in cui il bizantino poteva apporre le proprie annotazioni sul Pluteo 59.22 e sul Pluteo 81.20. L’ipotesi – tutto sommato semplice a formularsi, considerato quanto ripercorso e ricostruito nelle pagine precedenti – è confermata in primo luogo dalla distribuzione cronologica delle citazioni dalla Geographia nell’opera dei due umanisti e dalle corrispondenze istituibili tra queste e i loro marginalia all’Ambr. G 93 sup. Costantino Lascari, come ha osservato Teresa Martínez Manzano, utilizza per due volte Strabone (XVI.2.35.1 e XVI.2.39.15) proprio nell’epistola a Bartolomeo da Sulmona sopra ricordata, risalente al periodo trascorso a Milano, a proposito di una delle forme del nome di Mosè (Μωσῆς, Μωσοῦ): 72 nell’Ambrosiano, ai ff. 274v, l. 24, e 275r, l. 2 dal basso, in corrispondenza delle citazioni individuate dalla studiosa spagnola nella lettera, si trova richiamato in margine, di sua mano, in rosso, il nome Μωσῆς. Più tardi, forse a Messina, lo stesso Lascari costruirà su informazioni ricavate dal primo libro della Geographia l’esordio del suo opuscolo Περὶ ποιητοῦ tramandato in autografo ai ff. 10v-11r del Matr. 4562: 73 in questo caso non è però purtroppo possibile verificare se il maestro abbia lasciato traccia del suo interesse per questi brani nel manoscritto di Milano, poiché si tratta di passi del libro I della Geographia, attualmente tramandati nei fogli del codice risalenti al restauro cinquecentesco.74 Calderini, d’altra parte, osservava a suo tempo come due sicure citazioni da Strabone si trovino nell’epistolario filelfiano nel 1461 (Str. V.1.6) e nel 1462 (V.1.1), nel primo caso relativamente agli abitanti della valle del Po e dei fondatori di Milano, nel secondo riguardo all’origine dei Veneti: 75 al f. italiano educato allo scrivere in greco tra il 1422 e il 1427, ma l’esempio mostra quanto possa essere rischioso, stanti le attuali conoscenze sulle dinamiche grafiche dei sec. XV e XVI, trarre conseguenze cronologiche troppo precise da giudizi che, in assenza di puntuali identificazioni, restano necessariamente confinati nell’ambito dell’impressione. 72 MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., p. 110; cfr. supra § 4. 73 Il trattatello, pubblicato in edizione moderna e con apparato delle fonti da MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., pp. 46-49 e in traduzione spagnola in MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., pp. 179-181, è conservato negli ultimi fogli di un’unità codicologica indipendente che DE ANDRÉS, Catalogo, cit., pp. 35-38 attribuisce al periodo messinese di Lascari (una datazione successiva al 1495 sembrerebbe comunque confermata dal fatto che i testi traditi ai ff. 2r7v sono copia dell’Aldina di Museo pubblicata a Venezia in quell’anno). Credo infine frutto di una svista l’osservazione di MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., p. 47 secondo cui DILLER, The Textual Tradition, cit., p. 164 avrebbe individuato citazioni da Strabone nel proemio alla Grammatica di Costantino Lascari: il riferimento dello studioso americano è in realtà al Περὶ ποιητοῦ. 74 Cfr. supra, nota 62; nel Περὶ ποιητοῦ Lascari cita Str. I.2.3, I.1.10, I.2.5-6, cfr. MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., p. 48. 75 CALDERINI, Ricerche cit., pp. 395 nota 7 (lettera a Cicco Simonetta del 25 febbraio 1461), 396 nota 1 (lettera a Giovanni Luigi Guidobono del 27 maggio 1462; per una svista lo studioso rimanda — 106 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE 76v dell’Ambrosiano, attorniata da una piccola folla di altri nomi geografici ritrascritti in margine con inchiostro rosso da Filelfo, si legge egualmente di suo pugno la nota ση(μείωσαι) περὶ Μεδιολάνου, in corrispondenza di Str. V.1.6.10-15; al f. 75v, in margine a Str. V.1.3.12, si trova, sempre di sua mano e sempre in rosso, il nome Ἐνετοί, ripetuto al f. 76r (Ἐνετοί, περὶ Ἐνετῶν), a fronte di Str. V.1.4.9-17. Più tardi, nel 1467, continuava Calderini, l’auctoritas del geografo era invocata da Filelfo per l’antico nome di Tolentino, Urbs Salvia, ma senza fondamento, poiché «Strabone non ha mai parlato di Salvia, né di Tolentino»; 76 e, infine, dopo che l’umanista aveva cercato di ottenere nel 1469 una copia del codice della Geographia posseduto a Ferrara da Battista Guarini,77 lo studioso isolava un’ultima citazione filelfiana di Strabone (V.1.11) nel 1475, osservando come fosse «fatta di sfuggita», senza riprodurre fedelmente il passo, relativo all’incertezza e alla variabilità dei confini della Gallia,78 che pure è debitamente e copiosamente annotato nell’Ambrosiano (tav. V). Di fronte a questo quadro, Calderini arrivava a pensare che le precise e documentate citazioni della Geographia del 1461 e del 1462 potessero essere la conseguenza dell’acquisizione di un codice della versione latina compiuta da Guarino da Verona nel 1458; 79 si sarà invece già intuito come, grazie alla a Str. IV.1.1); v. anche DILLER, The Textual Tradition, cit., p. 129 e, per ulteriori possibili presenze straboniane, FILELFO, Satyrae cit., pp. 30, 201, 238, 303, 440-441 (e, in precedenza, FIASCHI, Autocommento cit., pp. 165-166), dove si osserva tuttavia come in tali casi potrebbe anche trattarsi – e più probabilmente si tratta – di citazioni da altri autori. A quanto scritto da CALDERINI, Ricerche, cit., pp. 393-397 si rimanda infine per i vari tentativi di ottenere da vari corrispondenti e amici un codice di Strabone compiuti da Filelfo in tempi diversi; è quasi superfluo ricordare come egli abbia posseduto il testimone dell’Escorial, Real Biblioteca del Monasterio de San Lorenzo, T.II.7 (146), copiato per lui da Giorgio Crisococca (cfr. supra, n. 34), sottoscritto e datato 12 agosto 1423; questo codice, che fu tra quelli portati in Italia nel 1427, scomparve però ben presto dalla sua disponibilità, passando a Leonardo Giustinian (su di lui si veda almeno FRANCO PIGNATTI, Giustinian, Leonardo, in Dizionario Biografico degli Italiani, LVII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana 2001, pp. 249254; cfr. anche supra, nota 18); si dovrà tornare presto su tutta la questione; per il momento, anche sul ms., cfr. CALDERINI, Ricerche, cit., pp. 393-394; ALEJO REVILLA, O.S.A., Catálogo de los códices griegos de la Biblioteca de El Escorial, I, Madrid, Imprenta Helénica 1936, pp. 471-473; DILLER, The Textual Tradition, cit., pp. 104-105; ELEUTERI, Francesco Filelfo, cit., p. 169; I Greci in Occidente. La tradizione filosofica, scientifica e letteraria dalle collezioni della Biblioteca Marciana. Catalogo della mostra (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, 16 ottobre-15 novembre 1996), a cura di Gianfranco Fiaccadori – Paolo Eleuteri, con la collaborazione di Andrea Cuna, Venezia Il Cardo 1996, pp. 20, 29 (con schede di Elisabetta Lugato e Nicoletta Giovè Marchioli); DE GREGORIO, L’Erodoto, cit., p. 60; CATALDI PALAU, I colleghi, cit., pp. 319 nota 65, 321-322, 325, 328, 329-330 e tav. 8. 76 CALDERINI, Ricerche, cit., p. 396 nota 2. 77 Ivi, p. 395 nota 6. 78 Ivi, pp. 396 nota 6 (lettera a Bernardo Giustinian del 31 dicembre 1475), 397. 79 Ivi, p. 396; sulla versione guariniana si vedano almeno AUBREY DILLER – PAUL OSKAR KRISTELLER, Strabo, in Catalogus translationum et commentariorum: Mediaeval and Renaissance Latin Translations ad Commentaries. Annotated Lists and Guides, II, ed. in chief Paul Oskar Kristeller, associate ed. Ferdinand E. Cranz, Washington, D.C., The Catholic University of America Press — 107 — DAVID SPERANZI Tav. V. Milano, Biblioteca Ambrosiana, G 93 sup., f. 78r, particolare. Scrittura qui attribuita a Giovanni Arne e annotazioni marginali di Francesco Filelfo. — 108 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE Tav. VI. Milano, Biblioteca Ambrosiana, G 93 sup., f. 41r, particolare. Scrittura qui attribuita a Giovanni Arne e annotazioni marginali di Costantino Lascari. scoperta di Rollo, la concentrazione di presenze straboniane nella scrittura di Filelfo all’inizio degli anni Sessanta e il loro successivo rarefarsi possa spiegarsi meglio con la possibilità che proprio in quegli anni, negli stessi anni in cui Costantino Lascari aveva accesso alla sua biblioteca, l’umanista abbia potuto mettere le mani sull’Ambr. G 93 sup. e che, in seguito, questo non sia stato più a sua disposizione. A dare sostanza a questa ipotesi e a permettere di circostanziarla ulteriomente interviene almeno un altro dato nuovo, ovvero, il nome del copista del codice di Strabone.80 1971, pp. 225-233: 225-230 e EDMUND B. FRYDE, The Historical Interests of Guarino of Verona and His Translation of Strabo’s ‘Geography’, in FRYDE, Humanism, cit., pp. 55-82. 80 L’identificazione della mano principale argomentata nel paragrafo seguente non esaurisce gli spunti forniti dall’Ambr. G 93 sup. per la ricostruzione della sua storia, che potranno senz’altro essere meglio approfonditi con il procedere della ricerca. Oltre alla presenza di postille di una terza mano per il momento non identificata (e. g. ff. 89v-90r, 92r), accostabile a quella di Giorgio Valla così com’è esemplificata in DIETER HARLFINGER, Zu griechischen Kopisten und Schriftstilen des 15. und 16. Jahrhunderts, in La paléographie grecque et byzantine (Paris, 21-25 octobre 1974), Paris, Éditions du Centre National de la Recherche Scientifique 1977 («Colloques intérnationaux de Centre National de la Recherche Scientifique», 559), pp. 327-362: 362, tav. 41, mette conto segnalare l’esistenza di un apografo diretto dell’Ambrosiano, il Par. gr. 1408, sinora totalmente negletto dal punto di vista codicologico e paleografico, ma senz’altro riconducibile a Milano e alla metà degli anni Sessanta del Quattrocento, in grazia dell’identificazione del suo copista nell’Anonymus ου-π isolato a suo tempo da Dieter Harlfinger, attestato in città nel 1466 dalla sottoscrizione del Pluteo 57.15 della Biblioteca Medicea Laurenziana. Tornerò in futuro sull’attribuzione del Parigino, qui — 109 — DAVID SPERANZI 6. Fatta eccezione per alcuni brevi interventi dovuti a uno scriba differente,81 l’Ambr. G 93 sup. è scritto da un’unica mano. Confrontando le tavv. V-VI con la tav. VII, estratta dall’Appiano Vat. gr. 142,82 e servendosi della tabella 3, si può facilmente riconoscere il copista principale in Giovanni Arne, che proprio al f. 331r del Vaticano si sottoscrive con le parole ἐτελειώθη τὸ παρὸν βιβλίον διὰ χεὶρ [sic] ἐμοῦ τοῦ ταπεινοῦ Ἰωάννη τοῦ Αρνή: 83 oltre all’impressione generale di una scrittura d’uso piuttosto disordinata e alieformulata per la prima volta sulla base di riproduzioni di vari fogli, su altri dati che corroborano la proposta di datazione, e, più in generale, sullo scriba, che per qualche tempo frequentò i codici della biblioteca filelfiana (l’Ethica Nicomachea di sua mano ora a Roma, Biblioteca Angelica, gr. 47, descritta da Elisabetta Sciarra nel database Manus Online [http://manus.iccu.sbn.it; ultima consultazione 14 maggio 2014], con bibliografia precedente, sembrerebbe per esempio essere copia del Pluteo 81.11 della Laurenziana, restituito alla raccolta di Filelfo da GENTILE, I codici greci, cit., p. 116); per il momento, sull’Anonymus ου-π, basti il rimando a HARLFINGER, Die Textgeschichte, cit., p. 418, HARLFINGER, Specimina, cit., n. 68 e a DAVID SPERANZI, Di Nicola, copista bessarioneo, «Scripta», VI, 2013, pp. 121-138: 126 nota 3; sul Par. gr. 1408, il rinvio a DILLER, The Textual Tradition, cit., pp. 148-149. 81 Sono senz’altro d’altra mano i ff. 228r, l. 21-228v, l. 5, 235v, l. 30-236r, l. 1, 236r, ll. 10-29. Si potrebbe anche sospettare la presenza di un terzo copista (cfr. e. g. f. 9r), ma appare al momento più convincente l’ipotesi che l’impressione di cambio di mano che si coglie in alcuni punti del ms. possa essere ricondotta entro dinamiche di variabilità. 82 Descrizioni del ms. si trovano in Codices Vaticani Graeci, I. Codices 1-329, recensuerunt Iohannes Mercati et Pius Franchi de’ Cavalieri, Romae, Typis polyglottis Vaticanis 1933, pp. 168169 e in MERVIN R. DILTS, The Manuscripts of Appian’s Historia Romana, «Revue d’histoire des textes», I, 1971, pp. 49-71, in part. pp. 50 (stemma), 54 (con errata indicazione del nome del copista, definito «Andreas son of Ioannes Arnes, who is said to be from Naupactus»). 83 Si riproduce il testo della sottoscrizione fornito in MERCATI – FRANCHI DE’ CAVALIERI, Codices, cit., p. 168. Questa una sommaria bibliografia sul copista: KAREL ADRIAAN DE MEYÏER, Scribes grecs de la Renaissance. Additions et corrections aux répertoires de Vogel-Gardthausen, de Patrinélis et de Canart, «Scriptorium», XVIII, 1964, pp. 258-266: 258 (erroneamente indicato come Ἄρνης Ἀνδρέας Ἰωάννης, ma con la segnalazione corretta del Vat. gr. 142); HARLFINGER, Textgeschichte, cit., pp. 248, 408 (definito per errore «Andreas Ioannu Arnes»); HARLFINGER, Specimina, cit., nn. 33-34 (riprr. del Vat. gr. 142, f. 26r e del f. 183r del ms. Phillipps 1507, ora a Berlin, Preußischer Kulturbesitz, Staatsbibliothek); Aristoteles Graecus, cit., p. 41 (scheda di Dieter Harlfinger); Prosopographisches Lexikon der Palaiologenzeit, I. Ἀαρών…-Ἀψαρᾶς, erstellt von Eric Trapp, unter Mitarbeit von Rainer Walther und Hans-Veit Beyer, mit einem Vorwort von Herbert Hunger, Wien, Verlag der Österreischen Akademie der Wissenschaften 1976, p. 126 n. 1356; LISIA, Apologia per l’uccisione di Eratostene. Epitafio, introduzione e testo a cura di Guido Avezzù, Padova, Antenore 1985 («Proagones. Testi», 3), p. XXVI, con l’attribuzione dubitativa del ms. di Toledo, Archivo y Biblioteca Capitulares, 101-16, ripresa in GUIDO AVEZZÙ, Note sulla tradizione manoscritta di Lisia, «Museum Patavinum», III, 1985, pp. 361380: tavv. 7, 9, dove gli viene assegnata, sempre con margine di dubbio, anche parte del Matr. 4611 (almeno a giudicare dagli specimina forniti, né l’una né l’altra delle proposte sembra poter essere confermata; dubbi a proposito del Toledano esprime anche MENCHELLI, Il discorso, cit., p. 18); RGK III/A, n. 264 (il rimando a VOGEL – GARDTHAUSEN, Die griechischen Schreiber, cit., p. 16 è da riferire però ad Andrea Arne, suo figlio, a proposito del quale cfr. RGK II/A, n. 20), III/C, tav. 144 (ripr. del Vat. gr. 142, f. 329r); SEBASTIAN KOLDITZ, Mailand und das Despotat Morea nach dem Fall von Konstantinopel, in Geschehenes und Geschriebenes. Studien zu Ehren von Günther S. Henrich und Klaus-Peter Matschke, hrsg. von Sebastian Kolditz und Ralf C. Müller, Leipzig, Eudora 2005, pp. 367-407: 401, doc. VI (devo la conoscenza di questo contributo alla dottrina e all’amicizia di Thierry Ganchou). — 110 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE Tav. VII. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana,Vat. gr. 142, f. 26r. Scrittura di Giovanni Arne. na da qualsiasi velleità calligrafica, si nota l’identità totale del repertorio di varianti e di legature, nell’ambito del quale colpiscono ad esempio la forma del beta maiuscolo (3.1), l’epsilon finale di rigo eseguito in un sol tempo concluso da un trattino ascendente (3.2), il lambda maiuscolo con il primo tratto prolungato verso il basso (3.3), il ny minuscolo all’inizio del rigo concluso da spezzatura di tradizione cancelleresca (3.4) e quello maiuscolo eseguito in un tempo solo alla fine del rigo (3.5), la legatura epsilon-ypsilon con il tratto — 111 — DAVID SPERANZI TABELLA 3 Nella presente tabella particolari di varianti e di legature della mano principale dell’Ambr. G 93 sup. sono messi a confronto con specimina tratti dal Vat. gr. 142, sottoscritto da Giovanni Arne. 1. Beta G 93 sup. Vat. gr. 142 4. Ny 2. Epsilon Vat. gr. 142 5. Ny G 93 sup. Vat. gr. 142 6. Epsilon-ypsilon G 93 sup. Vat. gr. 142 7. Tau-omicron G 93 sup. Vat. gr. 142 8. Καί G 93 sup. Vat. gr. 142 9. Καί G 93 sup. G 93 sup. G 93 sup. Vat. gr. 142 G 93 sup. 3. Lambda Vat. gr. 142 Vat. gr. 142 superiore incurvato (3.6), la sovrapposizione tau-omicron (3.7) e la forma del καί tachigrafico, tracciato in due tratti e due tempi (3.8) o in un tempo solo con ricciolo finale, variamente orientato (3.9). A corollario dell’attribuzione appena proposta, si lasciano poi sottolineare alcune significative affinità di carattere codicologico tra l’Ambr. G 93 sup. e il sottoscritto Vat. gr. 142, riassunte nella tabella 4: 84 una taglia pressoché identica; eguale piegatura in-folio; stesso, elementare, tipo di rigatura consistente nelle sole giustificazioni verticali tracciate in maniera spesso impercettibile e in corrispondenza del solo specchio di scrittura, senza che siano prolungate nei margini superiore e inferiore; mise en page a numero 84 I dati relativi al Vat. gr. 142 sono tratti dalle descrizioni menzionate supra, nota 82, fatta eccezione per quelli relativi alla piegatura, alla rigatura e allo schema di impaginazione, che devo all’amicizia e alla cortesia di Idalgo Baldi; per quelli relativi all’Ambrosiano cfr. anche quanto osservato supra, note 62-66. — 112 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE variabile di linee e, allo stesso tempo, schema di impaginazione molto simile; struttura fascicolare in cui si alternano quaternioni e quinioni segnati con lettere greche poste nella stessa posizione; e, soprattutto, filigrane affini, se non, forse, identiche, raffiguranti i motivi dei Monts e delle Ciseaux, simili le une a Harlfinger Ciseaux 43 e a Briquet 3685, le altre a Harlfinger Monts 58 e a Briquet 11878.85 Della vita e della carriera di Giovanni Arne, appena individuato come copista principale dell’Ambr. G 93 sup., si conosce purtroppo ben poco.86 Attraverso lo studio dell’Aristotele Phillipps 1507 oggi conservato a Berlino, Staatsbibliothek, Preußischer Kulturbesitz, alla cui confezione sovrintese Matteo Camariota, Dieter Harlfinger ha pensato di poterne collocarne l’attività – o almeno una parte di questa – a Costantinopoli attorno al 1455,87 annoverandolo tra i membri della cerchia del maestro insieme agli altri scribi del codice Berlinese,88 tra i quali si ricordano per esempio il copista da lui Sulle filigrane dell’Ambr. G 93 sup. cfr. supra nota 67; per quelle del Vat. gr. 142, MER– FRANCHI DE’ CAVALIERI, Codices, cit., pp. 167-168 e DILTS, The Manuscripts, cit., p. 54 (in nessuna delle due descrizioni risulta chiaro se i disegni repertoriati citati come termini di confronto siano simili o identici alle marche del ms.; per questo motivo nella tabella 4 ci si limita a indicare il nr. di Briquet). 86 Per i riferimenti cfr. supra nota 83. 87 HARLFINGER, Die Textgeschichte, cit., pp. 247-251; Aristoteles Graecus, cit., p. 41. Su Camariota è possibile rinviare a Prosopographisches Lexikon V cit., pp. 72-73 n. 10776, a RGK I/A, n. 269, II/A n. 365 e ai riferimenti ivi raccolti. È opportuno avvertire che HARLFINGER, Die Textgeschichte, cit., p. 248, sembra situare a Costantinopoli l’attività della cerchia erudita dalla quale uscì il Phillipps 1507 sulla base della notizia secondo cui Camariota stesso sarebbe stato Μέγας Ῥήτωρ della Scuola patriarcale riorganizzata da Giorgio Scolario dopo il 1453; a tal proposito si devono però ricordare le osservazioni di CHARLES ASTRUC, La fin inédite du Contra Plethonem de Matthieu Camariotès, «Scriptorium», IX, 1955, pp. 246-262: 248 e nota 12, secondo il quale «la chose est toute à fait douteuse». Almeno per il momento è pertanto più prudente ritenere l’origine costantinopolitana del Phillipps 1507 non un dato certo, ma un’ipotesi che dovrà essere ulteriormente verificata, tenendo in considerazione almeno i seguenti elementi: una parte dell’attività di Arne pare collocarsi nel Peloponneso (cfr. infra note 91, 93); il Senofonte Pluteo 69.15 della Laurenziana, datato 1455 e utilizzato in Aristoteles Graecus, cit., p. 40, tra gli altri, come termine di confronto per le filigrane del Berlinese, sembra porsi a monte del testo delle Elleniche in due miscellanee riconducibili all’ambiente tardo-bizantino di Mistrà come il Periz. Q.6 di Leiden, Rijksuniversiteit Bibliotheek, in parte datato 1456, e il ms. XXII.I di Napoli, Biblioteca Oratoriana dei Girolamini (per le relazioni testuali cfr. DONALD F. JACKSON, The TLDV Manuscripts of Xenophon’s Hellenica and Their Descendants, «Transactions of the American Philological Association», CV, 1975, pp. 175-187: 182-187; per i mss. di Leida e Napoli, GIUSEPPE DE GREGORIO, Attività scrittoria a Mistrà nell’ultima età paleologa: il caso del cod. Mut. gr. 144, «Scrittura e civiltà», XVIII, 1994, pp. 243-280: 250 e note 14, 16, 251 e nota 18, 252 nota 21, 253 nota 25, 254 nota 27, 272; per il Laurenziano, quanto osservato alla nota seguente). 88 Considerato quanto si è venuti argomentando in queste pagine, non si può fare a meno di ricordare che per il copista dei ff. 211v-212v, 268r ll. 2-21, 278 da l. 18, 282r l. 19-291v, 309v-324r del ms. di Berlino era stato fatto il nome del giovane Costantino Lascari (Aristoteles Graecus, cit., p. 41); tale proposta non ha tuttavia persuaso MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., p. 45 e altrettanto, almeno a mio parere e allo stato attuale delle conoscenze, si può dire per l’identifica85 CATI — 113 — DAVID SPERANZI stesso definito come Anonymus AR 89 o Gregorio (iero)monaco, originario del Peloponneso, per molto tempo meglio noto con gli pseudonimi di Anonymus κ-β e Anonymus 2, assegnatigli dal medesimo Harlfinger.90 Egualmente nella capitale, o a Mistrà, sembra che si trovasse attorno alla metà del secolo il Pluteo 70.5, l’antigrafo utilizzato da Giovanni per l’Appiano Vat. gr. 142,91 zione della mano dell’erudito nel Senofonte Pluteo 69.15 della Laurenziana (datato 25 aprile 1455, con filigrana identica a quella del Berlinese), egualmente prospettata in Aristoteles Graecus, cit., p. 41 e accolta in buona parte della bibliografia successiva (e. g. RGK I/A, n. 223). In merito alle diverse proposte di attribuzione avanzate per quest’ultimo ms., tra l’altro inconciliabili tra loro e in nessun caso particolarmente convincenti – HARLFINGER, Die Textgeschichte, cit., p. 248, pensava al copista del Phillipps 1507, ff. 205r-211r; in Aristoteles Graecus, cit., p. 41, si è detto, si fa il nome di Costantino Lascari; JACKSON, The TLDV Manuscripts, cit., p. 182 nota 18 propone in via ipotetica quello di Demetrio Trivoli, accolto in FRYDE, Greek Manuscripts, cit., II, p. 529 –, non è possibile né opportuno pronunciarsi in maniera definitiva nello spazio di questa nota; si può soltanto anticipare il riconoscimento della scrittura calligrafica di Teodoro Gaza in una annotazione marginale al f. 35v del codice, con il proposito di fornirne le prove in altra sede. Tutta la questione relativa alle fasi iniziali dell’attività scrittoria di Lascari, che coinvolge quanto noto a proposito dei primi anni della sua biografia, andrà senz’altro ripresa più da vicino, facendo entrare in gioco anche l’ormai celebre Galeno di Thessaloniki, Moni Vlatadon, 14. Per alcuni fogli del ms. PIETROBELLI, Variation, cit., pp. 114-120 e tav. 4, ha infatti egualmente chiamato in causa il nome del giovane Costantino Lascari, senza fornire dimostrazioni di carattere paleografico e spingendosi a formulare una datazione tra il 1448 e il 1453: a giudicare tuttavia dallo specimen fornito e tenendo conto delle difficoltà del caso – si tratterebbe, eventualmente, di una mano in formazione – sembra però legittimo esprimere fortissime perplessità che avrebbero richiesto (e richiedono) una dettagliata analisi di varianti e legature (riserve sull’identificazione di un altro dei copisti del Vlatadon 14 in Demetrio Angelo sono state formulate da RUDOLF STEFEC, Quelques aperçus sur la tradition manuscrite de l’Anabase à propos du manuscrit de Xénophon conservé dans la bibliothèque du monastère Vlatadon à Salonique, «Wiener Studien», CXXVI, 2013, pp. 41-66: 41-42 nota 6). 89 HARLFINGER, Die Textgeschichte, cit., p. 248 e tav. 1; HARLFINGER, Specimina, cit., n. 38; la scrittura di questo anonimo è molto vicina a quella di Arne. 90 La figura dell’ Anonymus κ-β è stata isolata da HARLFINGER, Die Textgeschichte cit., pp. 249251, 309-311 e tav. 6 (v. anche HARLFINGER, Specimina, cit., n. 42); sul copista cfr. in seguito almeno DE GREGORIO, Attività scrittoria, cit., pp. 250 nota 13, 271 e RUDOLF STEFEC, Zur Überlieferung und Textkritik des Sophistenviten Philostrats, «Wiener Studien», CXXIII, 2010, pp. 63-93: p. 81 nota 42. L’identità dello scriba si è svelata di recente, per vie indipendenti e tra loro complementari, allo stesso Harlfinger da un lato (http://beta.teuchos.uni-hamburg.de [ultima consultazione 30 marzo 2014] e DIETER HARLFINGER, Parekbolaia palaiographika, «Parekbolai», I, 2011, pp. 287-296: 289 nota 13) e a Carlo Maria Mazzucchi e Stefano Martinelli Tempesta dall’altro (MARTINELLI TEMPESTA, Per un repertorio, cit., pp. 126-130 e tav. 8b, su segnalazione di Mazzucchi); cfr. anche Prosopographisches Lexikon der Palaiologenzeit, II. Βα… – Γώτ, erstellt von Erich Trapp, unter Mitarbeit von Rainer Walther, Hans-Veiner Beyer, Wien, Verlag der Österreischen Akademie der Wissenschaften 1977, p. 252 n. 4605, per l’origine peloponnesiaca di Gregorio, e SPERANZI, Di Nicola, cit., pp. 123-124, 137 nota 6, per un più disteso status quaestionis, con un nuovo ms. da lui postillato. 91 DILTS, The Manuscripts, cit., p. 54, riteneva che il Vat. gr. 142 fosse stato prodotto a Creta, poiché credeva che il Pluteo 70.5 avesse soggiornato ininterrottamente sull’isola per tutto il sec. XV fino al 1492. Come si è potuto dimostrare altrove (DAVID SPERANZI, E laesa urbe. Tre manoscritti del copista dell’Urb. gr. 88, «Accademia Raffaello. Atti e studi», X, 2011, pp. 51-68: 61-63), ancora nel terzo decennio del secolo l’antigrafo si trovava invece con sicurezza a Costantinopoli; dal canto suo, JEAN-BAPTISTE CLÉRIGUES, Nicéphore Grégoras, copiste et superviseur du Laurentianus 70,5, «Revue d’histoire des textes», n.s., II, 2007, pp. 21-47: 44-47, ha argomentato la possibilità che il Pluteo 70.5 sia giunto a Creta a seguito di uno dei due viaggi a Costantinopoli compiuti alla ricerca di mss. da Mi- — 114 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE che, come si è appena visto, si lascia accostare allo Strabone Ambr. G 93 sup. sul piano codicologico, costituendo per questi aspetti quasi un suo gemello. Per quanto si disponga ancora di pochi elementi, forse troppo pochi per anni in cui libri e uomini si spostarono con grande rapidità di fronte all’avanzata delle armate ottomane, tutto lascia però supporre che in Oriente, attorno alla metà degli anni Cinquanta, a ridosso della catastrofe, sia stato confezionato anche il testimone della Geographia postillato da Filelfo e Lascari. 7. Qualora questa ricostruzione colga nel segno, è inevitabile dedurre che l’Ambrosiano approdò a Milano poco tempo dopo la sua confezione. Qui, nel 1458, dopo aver assistito alla fine del millenario dominio dei Bizantini sul Bosforo e a seguito di un lungo peregrinare per terra e per mare che lo condusse a toccare almeno Fere, Rodi e Creta, arrivava anche Costantino Lascari, la cui presenza vi è testimoniata per la prima volta in una data compresa tra il 15 novembre e il 14 dicembre di quell’anno.92 Qui, l’11 dicembre 1460, come ha mostrato recentemente Sebastian Kolditz, giungeva inoltre proprio il copista Giovanni Arne, in qualità di latore di una lettera inviata il 1 ottobre alla duchessa Bianca Maria Visconti da Costantino Paleologo Grizza, comandante della fortezza di Salmenico, nei pressi di Patrasso, assediata dai Turchi: 93 in calce alla risposta del duca, datata 28 dicembre, si leggono infatti le parole «dominus Iohannes Harnes nunc est dies XVIII posteaquam venit Mediolanum, habuit ducatos octo auri in auro pro reditu. Item ducati quattro pro le spexe facte in Milano».94 Benché sia forse prematuro indulgere a ipotesi troppo circostanziate, è impossibile fare a meno di notare le coincidenze tra tempi e luoghi della scrittura, delle vicende biografiche, delle citazioni. Giovanni Arne confezionava l’Ambr. G 93 sup. in Oriente – forse a Costantinopoli, forse, più probabilmente, nel Peloponneso – in anni in chele Apostolis nel 1460/1461 e nel 1463/1464 o che, in alternativa, vi sia approdato da Mistrà, dove potrebbe essere stato usato come modello per parte del composito di Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr. Z. 523 (coll. 846), in cui si riconoscono, tra le altre, le mani di Bessarione e di Pletone (ulteriore bibliografia su questo ms. in SPERANZI, E laesa urbe, cit., p. 62 nota 47, con l’aggiunta di STEFEC, Die griechische Bibliothek, cit., pp. 122-123 nota 126, 124 nota 131, 129-130 nota 148). 92 MARTÍNEZ MANZANO, Konstantinos Laskaris, cit., pp. 7-13; MARTÍNEZ MANZANO, Constantino Láscaris, cit., pp. 6-9, 39; si veda anche supra note 27, 57. 93 KOLDITZ, Mailand, cit. p. 401, doc. VI; su Costantino Paleologo Grizza si possono vedere i riferimenti raccolti in Prosopographisches Lexikon der Palaiologenzeit, IX. [Ὀγουζάλπης] – Πέτκος, erstellt von Erich Trapp, unter Mitarbeit von Hans-Veit Beyer, Sokrates Kaplaneres, Wien, Verlag der Österreischen Akademie der Wissenschaften 1989, p. 98 n. 21497, tra cui si segnala almeno SPYRIDON P. LAMPROS, Κωνσταντῖνος Παλαιολόγος Γραίτζα ὁ ἀμύντωρ τοῦ Σαλμενικοῦ, «Νέος Ἑλληνομνήμων», XI, 1914, pp. 260-288. 94 KOLDITZ, Mailand, cit., p. 401, doc. VI, con i riferimenti archivistici. — 115 — DAVID SPERANZI TABELLA 4 La presente tabella pone a confronto per comodità del lettore alcuni aspetti materiali dell’Ambr. G 93 sup. qui restituito alla mano di Giovanni Arne, e del Vat. gr. 142, da lui sottoscritto. Ambr. G 93 sup. Vat. gr. 142 taglia 518 514 piegatura in-folio in-folio schema di impaginazione 27 [218] 53 × 18 [156] 46 27 [218] 54 × 17 [143] 55 rr./ll. per pagina 00 / 33* 00 / 30* tipo di rigatura Sautel-Leroy U 00/1 (= Muzerelle 1-1:J/0/0/0) Sautel-Leroy U 00/1 (= Muzerelle 1-1:J/0/0/0) unità fascicolare di base quaternione/quinione quaternione/quinione segnature dei fascicoli ang. inf. est. del primo recto e dell’ultimo verso ang. inf. est. del primo recto e dell’ultimo verso iligrane sim. a Harlinger Ciseaux 43 e a Briquet 3685; sim. a Harlinger Monts 58 Monts Briquet 11878 e Ciseaux Briquet 3685 * Valore medio cui in Oriente si trovava ancora anche Lascari che, a quanto noto, utilizza la Geographia per la prima volta in un suo testo durante gli anni milanesi; 95 poco dopo l’approdo dei due bizantini nella città lombarda fanno la loro comparsa anche nell’opera di Filelfo sicure menzioni di quella di Strabone che, col procedere degli anni, almeno per quanto si è potuto osservare, andranno progressivamente affievolendosi, fino a svanire.96 Avendo che fare con un codice resosi disponibile a Milano e accessibile per la prima volta sia a Lascari sia al Tolentinate in un momento di poco successivo alla missione di Arne in città, sembra quasi certo che l’Ambr. G 93 sup. vi sia giunto proprio con il bagaglio di quest’ultimo, dalla piazzaforte di Salmenico. Non si vedono al momento argomenti per stabilire, poi, se Giovanni lo abbia ceduto in prima battuta a Filelfo o a Costantino. Fu magari Filelfo a passarlo a Lascari, o Lascari a cederlo a Filelfo. Se si verificò questa seconda eventualità, forse, come il bizantino non poté completare la copia del suo Dione esemplato sul 95 96 Cfr. supra nota 72 Cfr. supra § 5. — 116 — SU DUE CODICI GRECI FILELFIANI E UN LORO LETTORE filelfiano Pluteo 59.22 a causa del deflagrare della polemica attestata dall’epistola a Bartolomeo da Sulmona e dalla supplica del 14 dicembre 1462 – o, in alternativa, per via della sua partenza dalla città lombarda –,97 così, per l’uno o per l’altro evento, l’italiano potrebbe non aver più avuto accesso a quello Strabone, che potrebbe essergli stato temporaneamente fornito proprio da chi lasciò commenti impudenti su almeno due codici della sua biblioteca. Con un’arguta malizia pari soltanto alla discrezione che gli ha consentito di restare inosservato per secoli.98 ADDENDUM Dal momento della consegna per la stampa di questo articolo si è aggiunta alle notizie e alla bibliografia sull’Anonymus ου-π Harlfinger raccolte supra, pp. 109-110, nota 80, la ‘tessera’ di LUIGI ORLANDI, In margine alla Ciropedia di Filelfo, «Studi medievali e umanistici», XI, 2013, pp. 193-214. Da allora ho potuto inoltre raccogliere le prove per identificare con assoluta sicurezza l’anonimo copista con Demetrio Castreno e ho reperito note marginali di Francesco Filelfo nello Strabone Par. gr. 1408 (v. supra, pp. 100, nota 52, 109-110, nota 80): di questo e di altro rendo conto in un ampio studio sui manoscritti dell’erudito bizantino che sto per ultimare. 97 98 Cfr. supra §§ 3-4. Cfr. supra §§ 1-2. — 117 — FINITO DI STAMPARE PER CONTO DI LEO S. OLSCHKI EDITORE PRESSO ABC TIPOGRAFIA • SESTO FIORENTINO (FI) NEL MESE DI DICEMBRE 2015 ISSN 0394-4387 ISBN 978 88 222 6388 9