La vale za del si bolo i Carl Gustav Ju g
ELABORATO PER IL CORSO DI FILOSOFIA, LICEO SCIENTIFICO G. GALILEI, CLASSE 5H, 2015/2016, PROF. R. SCHIAVOLIN
A connecting principle
Linked to the invisible
Almost imperceptible
Something inexpressible
Science insusceptible
Logic so inflexible
Causally connectible
Yet nothing is invincible
If we share this nightmare
Then we can dream
Spiritus mundi
It’s so deep, it’s so wide
Your inside
Synchronicity
Effect without a cause
Sub-atomic laws, scientific pause
Synchronicity
The Police, Synchronicity I (1984)
Sommario
I t oduzio e: la s ope ta dell i o s io ollettivo .................................................................. 1
Simboli psichici ..................................................................................................................... 1
Inconscio collettivo .............................................................................................................. 2
Archetipo .................................................................................................................................. 3
Immagini primordiali ............................................................................................................ 3
Archetipo: definizione .......................................................................................................... 4
Archetipo: tipologie.............................................................................................................. 5
Ombra............................................................................................................................... 5
Persona ............................................................................................................................. 5
Anima/Animus .................................................................................................................. 5
Madre ............................................................................................................................... 6
Senex ................................................................................................................................ 6
Puer .................................................................................................................................. 6
Sé ...................................................................................................................................... 6
Archetipo: effetti (rivelazione) ............................................................................................. 7
Simbolo..................................................................................................................................... 8
Simbolo: definizione ............................................................................................................. 8
Simbolo: tipologie ................................................................................................................ 8
Simbolo: effetti (riequilibrio)................................................................................................ 9
Conclusioni: la riscoperta del simbolismo .............................................................................. 11
Appendice: definizione di simbolo ......................................................................................... 14
Risorse .................................................................................................................................... 19
Risorse bibliografiche ......................................................................................................... 19
Risorse telematiche ............................................................................................................ 19
INTRODUZIONE: LA SCOPERTA DELL’INCONSCIO COLLETTIVO
Simboli psichici
Nella sua esperienza di medico psichiatra e di studioso della psiche, Carl Gustav Jung aveva
osservato un numero molto elevato di casi clinici e, da un punto di vista empirico, aveva constatato
che nelle fantasie ad occhi aperti, nei sogni e nelle visioni dei suoi pazienti si presentavano due
diversi tipi di simboli psichici:
1. un primo tipo di simboli, riconducibile alle esperienze personali del soggetto: i suoi ricordi,
i luoghi e le persone che aveva conosciuto e incontrato, i drammi e le tragedie che aveva
vissuto, le sue aspirazioni, i suoi desideri proibiti di cui non era consapevole o che rifiutava a
livello cosciente. Questo livello psichico, che si situava al di là della coscienza, era stato
chiamato da Freud inconscio personale : scopo del terapeuta era portare alla coscienza del
paziente i contenuti inconsci di questo tipo, in specie quelli che erano fonte di disagio
psicologico e di sofferenza, per una loro integrazione cosciente e consapevole, finalizzata ad
un migliore equilibrio psichico.
Jung aveva accolto pienamente questa nozione freudiana e la utilizzava quotidianamente
nella sua attività di medico psichiatra.
2. un secondo tipo di simboli, che emergevano sempre da sogni, visioni, fantasie ad occhi aperti
dei pazienti. Al contrario dei primi, erano difficilmente riconducibili alle esperienze
soggettive, dal momento che presentavano alcune peculiari caratteristiche:
a. erano osservabili, con caratteristiche molto simili, in uomini tra loro diversi per
cultura, continenti ed età;
b. non ricorrevano solo nei sogni, fantasie e visioni dell uomo contemporaneo, ma
erano presenti anche in sogni e visioni tramandati dalla storia e da epoche remote,
riguardanti uomini e culture tra loro distanti e diversissime;
c. erano presenti, inoltre, con non poche rassomiglianze, nei simboli delle religioni e
dei miti orientali e occidentali;
d. potevano anche incidere profondamente nella psiche del soggetto, lasciando
impronte indelebili e apportando significativi mutamenti nella coscienza (cf. infra).
Figura 1: Inconscio personale (complessi) e inconscio collettivo (archetipi)
1
Di fronte ad una così rilevante evidenza empirica, Jung tentò di formulare una ipotesi che
potesse spiegare coerentemente il materiale raccolto. Questi simboli, evidentemente, esistevano
nella psiche e nella cultura dell uomo da tempi immemorabili e in continenti diversi, ed erano
indipendenti dall esperienza personale. Dedusse pertanto che essi provenissero dalla «struttura
ereditaria del cervello». Precisò altresì che non erano le immagini simboliche in sé e per sé a essere
trasmesse ereditariamente, ma la possibilità di una loro rappresentazione:
Non si deve pensare che ... siano rappresentazioni ereditarie. Non si tratta di
questo, ma di possibilità rappresentative innate, condizioni a priori della
immaginazione ... paragonabili, ad es. alle categorie kantiane. Tali condizioni
innate non forniscono i contenuti, ma modellano i contenuti. Queste condizioni
universali, date con la struttura ereditaria del cervello, spiegano la somiglianza dei
simboli e dei motivi mitici presenti in ogni parte del mondo. 1
Inconscio collettivo
Nella psicologia analitica di Carl Gustav Jung, l inconscio è quindi collocato, diversamente da
Freud, al di là della dimensione soggettiva: impersonale, universale, esso è pressoché invariabile
e regolare, ha fondamento nel corpo e si esprime nel linguaggio del mito della fiaba e più
genericamente nelle modalità arcaiche di espressione psichica:
L’inconscio sovrapersonale è, in quanto struttura universale del cervello, uno
spirito universale ‘onnipresente’ e ‘onnisciente’. Esso però conosce l’uomo come è
sempre stato, non come è in questo momento: lo conosce come mito. 2
L inconscio sovrapersonale o, altrimenti detto, collettivo, è quella parte dell inconscio che
comprende le esperienze di tutte le generazioni passate, a partire dai primordi dell umanità. Ogni
persona, attraverso l inconscio collettivo, è riportata alle possibilità ereditarie della psiche,
comprese quelle inerenti alle origini animali. Si possono quindi ritrovare le manifestazioni
dell inconscio collettivo nella storia e nella cultura dei diversi popoli e, in particolare, nei simboli
che popolano i sogni, nei miti e nei riti delle religioni, nelle opere d arte e, sia pur in forme deviate
e parossistiche, nelle allucinazioni degli psicotici.
Tali manifestazioni si coagulano e si strutturano intorno ad alcuni motivi fondamentali, i
cosiddetti archetipi. 3
1
Opere di C.G. Jung, Vol. X,, t. I, Boringhieri, Torino 1985, p. 10.
Opere di C.G. Jung, Vol. X, t. I, Boringhieri, Torino 1985, p 9.
3
Cf. gli schemi di comportamento istintivo , e i odi di funzionamento della mente descritti nella lezione del
prof. Sfrecola del 30 marzo 2016.
2
2
ARCHETIPO
Immagini primordiali
Freud chiamò resti arcaici quegli elementi del sogno non ricavabili dall esperienza
personale del sognante: essi vanno fatti corrispondere a delle forme mentali la cui presenza non
può essere spiegata da alcun elemento della vita individuale del paziente. Questi cosiddetti resti
arcaici si rivelano quindi essere dei dati primordiali, innati ed ereditari della mente umana.
Jung criticherà questa posizione poiché tipica di «coloro che considerano l inconscio come
una semplice appendice della coscienza». 4 Secondo lo svizzero, infatti, questa psiche
straordinariamente antica verrebbe a costituire una sorgente di immagini primordiali , quale
insieme di dati mentali ereditari e comuni a tutti gli uomini, accumulati nel corso dell evoluzione
della specie. Queste immagini primordiali costituiscono quindi il corrispettivo junghiano dei resti
arcaici freudiani ma, soprattutto, vengono ad essere delle possibilità di rappresentazione
trasmesse ereditariamente, e pertanto non riconducibili all esperienza personale essendo
collocate in quel livello psichico denominato inconscio collettivo. 5
Figura 2: Rapporto tra conscio (Io) e inconscio (archetipi universali)
4
5
C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli, TEA, Milano 1991, p. 28.
C.G. Jung, L’uo o e i suoi simboli, TEA, Milano 1991, p. 51.
3
Jung elencò tre caratteristiche fondamentali delle immagini primordiali:
1. il carattere inconscio: provenivano, erano originate dall inconscio collettivo;
2. l autonomia: esse si manifestavano in modo del tutto indipendente e autonomo dalla
coscienza, dalla volontà e, persino, dalla cultura del soggetto;
3. la numinosità: con questa parola Jung voleva sottolineare che tali immagini potevano
esercitare sulla coscienza e sulla volontà del soggetto una grande influenza, per la loro:
a. intensità: l energia, la forza che possedevano;
b. estraneità: la profonda diversità e novità, rispetto alle normali esperienze della
coscienza. 6
Archetipo: definizione
Jung definì tali immagini, con pertinenza ma anche con una certa originalità, archetipi . 7
Archetipo è quindi un termine fondamentale dello psicologo svizzero, che si riferisce ad una
rappresentazione mentale primaria, che fa parte dell inconscio collettivo e si manifesta in simboli
presenti in tutte le culture e in ogni epoca storica. Gli archetipi potevano rimanere semplici
possibilità rappresentative o manifestarsi attraverso le immagini archetipiche , che si rivelavano
alla coscienza in sogni, visioni o fantasie. 8
L’archetipo è la tendenza a formare singole rappresentazioni di uno stesso motivo
che, pur nelle loro variazioni individuali anche sensibili, continuano a derivare dal
medesimo modello fondamentale. 9
L archetipo è quindi il prodotto delle esperienze primordiali dell umanità relative agli aspetti
fondamentali della vita. Non è possibile entrare in rapporto diretto con l archetipo, la cui origine è
in qualche modo ineffabile ed occulta, ma si possono percepire i suoi effetti in ogni genere di
manifestazione mentale. Gli archetipi pertanto rivelano quelle parti della psiche definibili come
transpersonali , dalle quali scaturiscono i miti, le religioni e le filosofie che influenzano e
caratterizzano intere nazioni ed epoche storiche, e che possono essere interpretati come una
specie di terapia mentale per le sofferenze e le ansietà (fame, guerre, malattie, vecchiaia, morte)
di tutto il genere umano. Jung riteneva infatti che alla base dei sogni, dei sintomi nevrotici, delle
visioni e delle produzioni artistiche, ma soprattutto dei simboli, dei miti e delle leggende religiose,
vi fossero gli archetipi dell inconscio collettivo. 10
Gli archetipi che rappresentano le strutture psichiche di base si sono sviluppati come nuclei
separati: essi sono l Ombra, la Persona, l Anima e l Animus, la Mater, il Senex, il Puer, il Sé.
6
Cf. Opere di C.G. Jung, Vol. XI, Boringhieri, Torino 1979, p. 17, ove il numinosum è definito da Jung, sulla scorta
di Rudolf Otto: «Un essenza, o energia dinamica non originata da alcun atto arbitrario della volontà. Al contrario, questa
energia afferra e domina il soggetto umano, che ne è sempre la vittima piuttosto che il creatore. Il numinosum,
qualunque ne sia la causa, è una condizione del soggetto indipendente dalla sua volontà». Pe il u i oso i ‘udolf
Otto si veda la sua fondamentale opera del 1917, Das Heilige. Über das Irrationale in der Idee des Göttlichen und sein
Verhältnis zum Rationalen (Il sacro. L’irrazionale nella idea del divino e la sua relazione al razionale).
7
Archetipo è parola composta che deriva dal greco antico ὰ χέ ος: arché ( originale ) + typos ( modello ,
marchio , esemplare ).
8
Jung elaborò su di sé una tecnica cosciente per favorire il manifestarsi di tali immagini archetipiche, che chiamò
I
agi azio e Attiva .
9
C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli, TEA, Milano 1991, p. 52.
10
Cf. Opere di C.G. Jung, Vol. VIII, Boringhieri, Torino 1983, p 47: «è così che sorgono i miti».
4
Figura 3: Tipologie di archetipi
Archetipo: tipologie
Ombra
L archetipo dell Ombra rappresenta una parte inconscia della personalità, contraddistinta
da inclinazioni e comportamenti (sia negativi che positivi) rimossi dall Io cosciente. Nei sogni
compare sotto forma di una persona dello stesso sesso del sognatore. Il riconoscimento della
propria Ombra, generalmente, implica una crescita nel processo di evoluzione psicologica.
Persona
L archetipo della Persona esprime il ruolo sociale, derivante dalle aspettative della società
e dell educazione. L Io equilibrato è in rapporto con il mondo attraverso una Persona adattabile, ma
l identificazione in toto con la Persona, cioè con il proprio ruolo sociale, è in contrasto con lo
sviluppo psicologico.
Anima/Animus
L archetipo dell Anima denota la parte inconscia femminile della personalità dell uomo. Nei
sogni è rappresentata da immagini di donne di vario genere: dalla seduttrice alla guida spirituale.
L Anima rappresenta la funzione relazionale (eros), quindi la sua evoluzione nell uomo si manifesta
nel modo di rapportarsi alle donne. L identificazione con l Anima può avere come conseguenza
l emergere di tratti psicologici come volubilità, eccitabilità, melanconia. È quella funzione che
porta l uomo a cristallizzare in materia, attraverso le arti, i propri sogni e sentimenti.
L archetipo dell Animus definisce l elemento maschile dell inconscio femminile. Costituisce
la funzione razionale (logos) e compare nei sogni come figura maschile. L identificazione con
l Animus può manifestarsi con caratteristiche di ostinazione, durezza, sfida, mentre nell aspetto più
positivo mette in relazione la donna con le energie creative dell inconscio. Più precisamente, nella
donna l Animus è la voce delle proprie intime sacre convinzioni: dello spirito d iniziativa, del
coraggio, della maturità spirituale, permettendole di autosostenersi, mentre in negativo esse
tendono verso l impulso autodistruttivo.
5
Madre
L archetipo della Madre si riferisce a una immagine della figura materna a cui la madre reale
viene assimilata nella psiche individuale. Tale archetipo viene proiettato sulla madre concreta,
attribuendole potenza e fascino, ed in quest ottica il prototipo di madre ereditato dal bambino
influenza in maniera determinante l idea che egli si formerà della propria madre. L immagine
primordiale della madre si manifesta sotto molte forme, ad esempio la vecchia saggia o la dea
della fecondità , nel suo lato positivo, la strega o la madre terribile in quello negativo.
Senex
L archetipo del Senex racchiude, nel lato positivo, caratteristiche psicologiche come stabilità,
maturità, saggezza, senso di responsabilità; in senso negativo si riferisce ad atteggiamenti derivanti
da eccessivo tradizionalismo, dispotismo, cinismo e mancanza di fantasia.
Puer
L archetipo del Puer Aeternus deriva da un dio dell antichità, successivamente identificato
con Dioniso e con Eros. È il dio della giovinezza, della vita, della resurrezione dopo la morte, del
rinnovamento. Nella psicologia analitica junghiana questa definizione viene attribuita a una
personalità maschile che, in età adulta, ha ancora le caratteristiche dell adolescenza e una
dipendenza troppo forte dalla madre. Si manifesta, nel lato negativo, come rifiuto di assumere
responsabilità, in quello positivo, invece, risveglia le risorse creative e le capacità di rinnovamento
della psiche.
Sé
Il Sé è l archetipo dell unità e della totalità della psiche, sulla quale esercita un effetto
ordinatore. Si manifesta nelle visioni, nei sogni, nei miti e nelle fiabe come personalità di grado
superiore , ad esempio come figura regale o eroica oppure, in forme astratte, come cerchio,
quadrato, mandala. Inoltre viene spesso simbolizzato come un essere bisessuato proprio a
simbolizzare l integrazione tra maschile e femminile, la sintesi degli opposti. Un altra
simbolizzazione costante del Sé nelle diverse culture è la pietra o il cristallo, utilizzata tutt oggi nelle
pietre tombali.
Il Sé ha anche un aspetto negativo: esso corrisponde all illusione, che può prendere forma
nelle megalomanie e nell orgoglio, nel fondamentalismo dottrinale, nel ritualismo religioso,
allorquando viene dimenticata la motivazione originale dell azione sacra e i suoi esiti si riducono al
mero operare empirico.
6
Figura 4: Rapporto tra archetipi e inconscio (dal Sé all’Io)
Archetipo: effetti (rivelazione)
L esito dell incontro tra l immagine archetipica e la coscienza poteva quindi essere duplice:
la coscienza ne era arricchita, nel senso che da questo incontro scaturiva un processo di
trasformazione che ne allargava gli orizzonti e le mete, rivelando una nuova e pregnante
progettualità esistenziale;
la coscienza ne era disorientata, fino alla possibilità di vere e proprie scissioni o, addirittura,
di una frammentazione o peggio disintegrazione della coscienza stessa.
-
-
Tra questi due estremi comunque era possibile tutta una gamma di gradazioni intermedie:
Jung, osservando numerosi casi clinici, ha lasciato in proposito una accurata descrizione di tale
fenomenologia in molte delle sue opere. 11
Gli archetipi pertanto hanno una loro iniziativa e una loro specifica energia. Essi funzionano
allo stesso modo dei complessi: vanno e vengono a loro piacimento e spesso ostruiscono o
modificano in maniera imbarazzante le nostre intenzioni consce. Tuttavia, mentre i complessi si
limitano alle inclinazioni individuali, gli archetipi oltrepassano le potenzialità psichiche del
soggetto: la loro diversità e originalità consistono nel fatto che le immagini da essi prodotte sono,
a volte, dotate di una saggezza e lungimiranza straordinarie, in grado di illuminare la coscienza
verso nuove conoscenze ed esperienze, ma anche di atterrirla e sconvolgerla.
11
Per queste tematiche, cf. Opere di C.G. Jung, Vol. V, Boringhieri Torino, 1970 (Simboli della Trasformazione) e
Opere di C.G. Jung, Vol. VI, Boringhieri, Torino 1977 (Tipi Psicologici).
7
SIMBOLO
Simbolo: definizione
Se le immagini archetipe costituiscono le strutture psichiche di base, è il simbolo – e più in
generale un attività di tipo simbolico – a determinare l intelaiatura ed il funzionamento di
eccedenza e trascendenza sovracosciente e sovrapersonale dei processi inconsci:
Il simbolo non è né allegoria né segno (semèion), ma l’immagine di un contenuto
che trascende la coscienza. 12
Una parola o un’immagine è simbolica quando implica qualcosa che sta al di là
del suo significato ovvio e immediato. Essa possiede un aspetto più ampio,
“inconscio”, che non è mai definito con precisione o compiutamente spiegato. Né
si può sperare di definirlo o spiegarlo. Quando la mente esplora il simbolo, essa
viene portata a contatto con idee che stanno al di là delle capacità razionali …
ogni fenomeno psicologico è un simbolo, se si suppone che esso affermi o
significhi anche qualcosa di più e di diverso che si sottrae alla nostra
conoscenza. 13
Simbolo: tipologie
Lo psicologo deve innanzitutto saper distinguere tra simboli naturali e culturali:
-
-
Simboli naturali: originano dai contenuti inconsci della psiche e rappresentano perciò un
numero enorme di variazioni sulle immagini archetipiche fondamentali. Spesso possono
essere ricostruiti fino alle loro radici arcaiche, cioè fino alle idee e alle immagini reperibili
nella documentazione relativa alle società primitive.
Simboli culturali: impiegati per esprimere verità eterne , compaiono tuttora in molte
religioni. Essi hanno subito molte trasformazioni e percorso un lungo processo di
sviluppo, diventando così immagini collettive accettate dalle società civilizzate. Sono
componenti essenziali nella struttura mentale della società umana: per questo motivo
quando vengono rimossi o trascurati, la loro specifica energia scompare nell inconscio
dando luogo a conseguenze imprevedibili e producendo talora gravi perdite dal punto di
vista psichico. 14
Un fatto psicologico di grande importanza è dato dalla produzione spontanea e inconscia da
parte dell uomo di simboli sotto forma di sogni. 15 Per questo motivo Jung accantona il lavoro sui
sogni attraverso la libera associazione, proposto da Freud, e si sofferma invece sul contenuto e sul
significato del sogno in relazione alla psiche del paziente. La sua indagine è rivolta alla facoltà
simboleggiatrice dell inconscio del sognatore, mettendo da parte qualsiasi tesi preconcetta, e
cercando di estrapolare sia i contenuti rimossi, sia i pensieri creativi e risolutivi, quali sublimazioni
dell inconscio che non hanno ancora raggiunto la soglia della coscienza.
12
Opere di C.G. Jung, Vol. V, Boringhieri, Torino 1970, p. 87.
Opere di C.G. Jung, Vol. VI, Boringhieri, Torino 1977, pp. 526-527.
14
Per questa distinzione cf. C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli, TEA, Milano 1991, pp. 74-75.
15
Cf. C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli, TEA, Milano 1991, p. 6.
13
8
Da queste evidenze oniriche lo psicologo svizzero deduce come in età antichissima la
cosiddetta mente originaria venisse a costituire l intera personalità dell uomo. Egli dichiara quindi
come la funzione principale dei sogni sia quella di ricostituire una specie di ricordo del mondo
preistorico, partendo dal livello degli istinti più primitivi. Tale funzione simboleggiatrice è perciò un
tentativo di trasferire la mente originaria dell uomo nel contesto della coscienza avanzata o
differenziata , dove essa non è mai entrata prima e non è stata quindi mai sottoposta a una
autoriflessione critica.
Uno schema può essere utile a ricapitolare le due tipologie psichiche:
Coscienza
->
Ragione selettiva
-> Analisi logica
Inconscio
->
Tendenze istintive
-> Archetipi onirici, mitologici, ecc. 16
Il sogno ricorrente riuscendo a percepire progressivamente alcune informazioni a livello
simbolico, è talora anche dotato di capacità anticipatoria nei confronti degli eventi futuri: da questa
associazione tra psiche e materia Jung elaborò la teoria della sincronicità, in base alla quale vi è
una «coincidenza significativa» degli eventi esteriori con quelli interiori, che non sono peraltro, in
se stessi, fra loro causalmente collegati. 17 Pertanto un intima consapevolezza psichica viene ad
influenzare un evento fisico, secondo un rapporto che non è né di causa-effetto né di coincidenza
accidentale. In virtù di questa correlazione il pensiero di Jung ha aperto strada a teorie innovative
anche nel campo delle scienze naturali. 18
In questo modo l elaborazione di un simbolo contribuisce a dare un senso alla vita offrendo
alla stessa una dimensione creativa e spirituale, la quale rimanda all inconscio collettivo e alla sua
funzione di attivare delle risposte di adattamento che consentono alla specie umana di
sopravvivere e di difendersi di fronte alle angosce che minacciano l esistenza. Il sogno si dipana
quindi come un espressione personale dell inconscio individuale: il sognatore si mette in
comunicazione con la propria interiorità, optando per delle simbolizzazioni oniriche pregne di
significato che la coscienza non potrebbe ricevere per altre vie, e di cui lui stesso (o lo psicanalista)
possiede la chiave interpretativa. Poiché tali simboli non sono neutrali, la loro assimilazione porterà
ad alcune modificazioni della personalità ed essi stessi subiranno a loro volta determinate
alterazioni.
Simbolo: effetti (riequilibrio)
Jung considera lo stato di salute mentale in base alla comunicazione tra psiche conscia ed
inconscia: se essa avviene efficacemente (integrazione), si riescono ad assimilare e nella mente
conscia i contenuti perduti, viceversa si verifica una scissione che può causare un disturbo
psicologico. Ciò perché gli archetipi che appaiono nei sogni non sono affatto neutrali o indifferenti,
ma sono a tal punto carichi di significato da essere spesso, più che motivo di semplice fastidio, causa
di autentica paura: quanto più vengono rimossi, tanto più impregnano l intera personalità sotto
Cf. C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli, TEA, Milano 1991, p. 61.
Sulla teoria junghiana della sincronicità, cf. Opere di C.G. Jung, Vol. VIII, Boringhieri, Torino 1983, pp. 447-550.
18
Il fisico Wolfgang Pauli si interrogò a lungo, e con una intensità ignota ad altri scienziati, sulla possibilità di una
concezione unitaria che superasse la divisione tra natura e psiche, mente e materia. Egli riconobbe nelle basi della fisica
un carattere intuitivo ed una relazione con le idee archetipe, e associò il principio di sincronicità alle modificazioni delle
specie, superando in tal modo la visione empiricamente casuale dell evoluzione, cf. Psiche e Materia, Milano, Adelphi
20063.
16
17
9
forma di nevrosi. Sulla base di questo presupposto, il sogno viene interpretato come una sorta di
riequilibratore psichico, utile a ristabilire un normale status psicologico, grazie all attività
compensatoria sviluppata dai fenomeni onirici, soprattutto da quelli ricorrenti. 19 Il ricordo di
memorie infantili e la riproduzione di modi archetipici di comportamento psichico possono infatti
determinare un orizzonte di coscienza più vasto, con una crescente integrazione e unificazione dei
complessi che formano la personalità: è quello che Jung indicò quale «processo di individuazione».
20
I simboli sono pertanto tentativi naturali di riconciliare e di riunire gli opposti all interno
della psiche, e la loro interpretazione svolge pertanto un ruolo di grande importanza. Per tale
motivo lo psicologo svizzero fu sempre molto attento alle forme di espressione religiosa: a suo
modo di vedere, tali fenomeni devono essere studiati come l espressione simbolica dell aspetto
globale della personalità umana, di quel Sé che si pone quale sintesi degli opposti (luce e ombra,
bene e male) presenti nella psiche. È religiosa, afferma Jung, ogni esperienza di pienezza e di totalità
che afferri l individuo per farlo procedere lungo il tragitto dell individuazione. In questo cammino
spirituale le religioni orientali si rivelano vie maestre nel guidare verso un «processo d iniziazione»,
vale a dire di «liberazione da un precedente stato di tenebra e di inconsapevolezza». 21
Inoltre lo psicologo svizzero si dedicò allo studio dell alchimia, scienza antica nella quale egli
ravvisava l esigenza di trasformare la materia prima dell esperienza in conoscenza o, meglio, in un
progetto di redenzione dell intera natura, allo scopo di riportare alla luce il lato divino che giace
assopito nell oscurità degli enti fisici, dei corpi animati, degli istinti profondi. 22 Per lo psicologo
svizzero questo obiettivo volto all interiorità, ma soprattutto alla conciliazione dei contrari (la
coincidentia oppositorum dei filosofi medievali), è un fenomeno psicologico di assoluta importanza,
dal momento egli ravvisa in un simile proposito notevoli analogie con quel percorso di ricerca
dell unità che egli ha definito «processo di individuazione».
Sul sogno ricorrente, cf. C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli, TEA, Milano 1991, pp. 34-35.
Cf. M.-L. von Franz, Il processo di individuazione, in C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli, TEA, Milano 1991, pp.
143-213. La psicologa delinea in questo studio come tale processo risulti ricostruibile tracciando una mappa dei
progressivi sogni individuali: lo schema generale che si può estrapolare dalla loro complessa trama permette di
individuare quelle modificazioni che segnano il passo della personale evoluzione, uno sviluppo in cui il Sé funge da
organizzatore e guida seg eta .
21
Cf. C.G. Jung, La saggezza orientale, Boringhieri, Torino 1983.
22
Cf. C.G. Jung, Studi sull’al hi ia, Boringhieri, Torino 1988.
19
20
10
CONCLUSIONI: LA RISCOPERTA DEL SIMBOLISMO
Durante il processo di evoluzione della coscienza la psiche ancestrale è stata sempre più
lasciata nell ombra: pertanto, quello si denomina inconscio collettivo sembra essere stato l unico
ad aver conservato quelle caratteristiche primitive che un tempo facevano parte della mente
originaria. Ed è proprio a queste caratteristiche che si riferiscono costantemente i simboli onirici,
come se l inconscio tentasse di recuperare tutte quelle realtà arcaiche di cui la mente si è venuta
progressivamente liberando: illusioni, fantasie, forme di pensiero, istinti fondamentali et alia. 23 A
questo proposito Jung riporta l esempio più eclatante di sogno da lui analizzato, quello di una
bambina di otto anni, la quale non poteva quasi certamente conoscere i motivi che poi ha sognato.
24
L inconscio quindi ha caratteristiche arcaiche, possiede una energia psichica primitiva che
viene sempre più occultata nel cosiddetto processo di civilizzazione . Mentre in epoche precedenti
a quella attuale gli uomini non riflettevano sui propri simboli, ma si limitavano a viverli e a essere
inconsciamente animati dal loro significato, durante la cosiddetta civilizzazione un eccessivo
utilizzo della mente razionale ha fatto sempre più perdere il contatto con le esigenze profonde,
istintive, della natura umana, riducendo quindi drasticamente l attività simbolica, costretta poi a
manifestarsi in modalità indirette oppure riapparire con forme virulente ed incontrollabili. 25 In altre
parole, mano a mano che si è venuta sviluppando la coscienza, la mente umana conscia ha perso
progressivamente il contatto con buona parte della primeva energia psichica, che è diventata
sempre più inconscia e profondamente differenziata . 26
L uomo civilizzato con la sua coscienza avanzata è stato privato dei mezzi attraverso i
quali è possibile assimilare all inconscio i contributi ausiliari degli istinti. Tuttavia una tendenza del
pensiero fortemente razionale arreca da un punto di vista psichico pericolosi squilibri, poiché:
illude il soggetto di avere sulla propria esistenza e su quella della natura circostante un
assoluto controllo, facendo quindi mancare ad esso una efficace comunicazione e
comunione con l energia presente in ogni realtà;
distanzia il soggetto dall istintualità e, al contempo, dalla spiritualità, le quali invece
dovrebbero mantenersi in un rapporto di sano equilibrio secondo la dialettica alchemica
della conciliazione dei contrari vista supra;
-
-
23
Sulla simbolizzazione del mondo onirico, la quale permette una valutazione più approfondita del messaggio
psicologico cf. Joseph L. Henderson, Miti antichi e uomo moderno, in C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli, TEA, Milano
1991, pp. 89-141, il quale p e de i o side azio e al u i dei p i ipali iti dell a ti hità, poi l a hetipo dell O
a,
i fi e uello dell A i a.
24
Cf. C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli, TEA, Milano 1991, pp. 53-56, in cui compaiono dodici episodi onirici
influenzati dai temi della distruzione e della restaurazione (apokatastasis) strettamente connessi alla mitologia
primitiva, e che pertanto molto difficilmente la bambina ha potuto conoscere nel corso della sua educazione religiosa,
peraltro debole e superficiale.
25
Sul pericolo della ep essio e ope ata dal azio alis o
ei o f o ti dell attività si oli a, e
o segue te e te, dei valo i spi ituali e/o degli atti sa i, visti o e e i esidui di supe stizio e f. C.G. Ju g, L’uo o
e i suoi simboli, TEA, Milano 1991, pp. 75-76.
26
Sul appo to t a e te o igi a ia e os ie za diffe e ziata si veda ad es. C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli,
TEA, Milano 1991, pp. 80-82.
11
Quanto più si è sviluppata la conoscenza scientifica, tanto più il mondo si è disumanizzato:
Jung all uopo parla di un mondo psichico «disinfestato da tutte le creature della superstizione», in
cui «la superficie del nostro mondo sembra essere stata ripulita di tutte le superstizioni e di tutti gli
elementi irrazionali». 27
Nessuna voce giunge più all’uomo da pietre, piante o animali, né l’uomo si rivolge
a essi sicuro di venire ascoltato. 28
Egli a proposito offre alcuni esempi:
1. Materia: oggi si ha un concetto arido, disumano, puramente intellettuale. Si descrivono
le sue proprietà fisiche, si conducono esperimenti di laboratorio per indagarne alcuni
aspetti, ma non è ammesso né tantomeno concepito in essa alcun significato psichico
alcuno. Molto diversa era l antica immagine della materia - la Grande Madre (Magna
Mater) -, capace di esprimere un profondo significato emotivo.
2. Spirito: oggi ha acquisito una coloritura perlopiù conoscitiva (intelletto) e soggettiva,
degenerando al rango dei limitati ragionamenti personali. L immensa energia emotiva
espressa nelle immagini presenti nella preghiera del Padre nostro è svanita nella
«sabbia di un deserto intellettuale».
Questa epurazione tuttavia ha causato l isolamento dell uomo, privandolo dei legami
spirituali sia con il mondo esterno o naturale, privo di ogni valenza simbolica, sia con il mondo
interno o psichico, di cui è stato smarrito il patrimonio inconscio. Pertanto nell uomo moderno o,
meglio, civilizzato i simboli vengono smussati o al limite ripudiati dalla coscienza vigile e razionale,
dal momento che essa difficilmente è in grado di comprendere e di interpretare il messaggio di tali
immagini, ormai così diverse e lontane dalle esperienze quotidiane ed ordinarie. 29 Quando esse si
manifestano, la coscienza, volente o nolente, le subisce, confusa, a volte sconvolta o ammirata, in
quanto possono manifestare una profondità, una saggezza, o una misteriosità a volte caotica o,
ancor meglio, terrificante.
L unica modalità per spiegare questi simboli ed interpretarne il significato sembra essere
rimasta l analisi onirica. Jung, consapevole di ciò, con le sue ultime parole scritte vuole dare un
segnale di speranza, indicando proprio nello studio del simbolismo la via maestra per giungere o,
meglio, ritornare ad un pieno ed efficace equilibrio psichico ormai da lungo tempo precluso
all uomo:
Il punto di vista moderno è indubbiamente unilaterale e ingiusto. Esso non si
concilia neppure con i fatti a nostra conoscenza. Le nostre nozioni attuali sul conto
dell’inconscio dimostrano che esso costituisce un fenomeno naturale e che, come
la stessa Natura, anch’esso è per lo meno “neutrale”. Esso contiene tutti gli aspetti
della natura umana - luce e oscurità, bello e brutto, buono e cattivo, profondità e
C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli, TEA, Milano 1991, p. 78.
C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli, TEA, Milano 1991, p. 77.
29
Cf. C.G. Jung, L’uo o e i suoi si oli, TEA, Milano 1991, pp. 78-79, in cui lo psicologo svizzero si serve di un
sog o i ui i o e il u e o 13 pe illust a e il odo i ui gli a hetipi appaio o ell espe ie za p ati a, ella loro
doppia atu a di i
agi i ed e ozio i: «Qua do è solo l i
agi e si t atta di u a otazio e di s a so ilievo, a
ua do è i pli ata l e ozio e, l i
agi e a uista u a atte e u i oso o u e e gia psi hi a , dive ta di a i a e
deve produrre conseguenze di qualche rilievo».
27
28
12
vacua superficialità. Lo studio del simbolismo individuale e collettivo costituisce
un compito enorme che non è mai stato dominato. Tuttavia ci si è finalmente
incamminati ad assolverlo. I primi risultati sono incoraggianti e sembrano indicare
una risposta per molte questioni fino a oggi irrisolte dell’umanità contemporanea.
30
30
C.G. Jung, L’uo o e i suoi si
oli, TEA, Milano 1991, p. 86.
13
APPENDICE: DEFINIZIONE DI SIMBOLO
Da Definizioni, in Opere di C.G. Jung, Vol. VI, Boringhieri, Torino 1977, pp. 525-533.
A mio modo di vedere il concetto di simbolo va rigorosamente distinto dal concetto di mero
segno. Significato simbolico e significato semeiotico sono cose completamente diverse. Nel suo libro,
Ferrero [Jung ne consultò la traduzione francese] parla a rigore non di simboli, ma di segni. Per
esempio, l’antico uso di porgere al compratore una zolla erbosa all’atto della vendita di un fondo, si
potrebbe volgarmente denominare “simbolico”, ma per sua natura esso è del tutto semeiotico. La zolla
erbosa è un segno posto per tutto il terreno. La ruota alata dell’impiegato delle ferrovie non è un
simbolo della ferrovia ma un segno che denota l’appartenenza alla società ferroviaria. Il simbolo invece
presuppone sempre che l’espressione scelta sia la migliore indicazione o formulazione possibile di un
dato di fatto relativamente sconosciuto, ma la cui esistenza è riconosciuta o considerata necessaria. Se
dunque la ruota alata dell’impiegato delle ferrovie venisse definita un simbolo, si verrebbe a dire con
ciò che quest’uomo ha a che fare con un’entità sconosciuta la quale non può essere espressa altrimenti
e meglio che con una ruota alata.
Ogni concezione che definisce l’espressione simbolica come analogia o come denominazione
abbreviata di una cosa nota è semeiotica. Una concezione che definisce l’espressione simbolica come
la migliore possibile, e quindi come la formulazione più chiara e caratteristica che si possa enunciare
per il momento, di una cosa relativamente sconosciuta, è simbolica. Una concezione che definisce
l’espressione simbolica come intenzionale circonlocuzione o modificazione di una cosa conosciuta è
allegorica. La spiegazione della Croce come simbolo dell’amore divino è semeiotica, giacché “amore
divino” designa il dato di fatto che si vuole esprimere in modo più acconcio e migliore di quanto non
faccia una croce, la quale può [526] anche avere molti altri significati. Simbolica è invece quella
spiegazione della Croce la quale, al di là di ogni immaginabile spiegazione, la considera come
espressione di un dato di fatto sino a quel momento sconosciuto, inesplicabile, mistico o trascendente,
dunque di un dato di fatto di natura soprattutto psicologica, che si può senz’altro raffigurare nel modo
più appropriato mediante la croce.
Fintanto che un simbolo è vivo, è espressione di una cosa che non si può caratterizzare in modo
migliore. Il simbolo è vivo soltanto finché è pregno di significato. Ma quando ha dato alla luce il suo
significato, quando cioè è stata trovata quell’espressione che formula la cosa ricercata, attesa o presentita
ancor meglio del simbolo in uso sino a quel momento, il simbolo muore, vale a dire che esso conserva
ancora soltanto un valore storico. Ciò nonostante si può continuare a parlarne come di un simbolo, ma
con il tacito presupposto che se ne parla come di quello che esso era quando non aveva ancora dato
alla luce la sua espressione migliore. Il modo in cui l’apostolo Paolo e la più antica speculazione mistica
cristiana trattano il simbolo della Croce mostra che per essi la Croce era un simbolo vivo che raffigurava
l’ineffabile in maniera insuperabile. Per ogni interpretazione esoterica il simbolo è cosa morta, giacché
una concezione di tal genere lo riporta a un’altra formulazione — molto spesso solo presunta migliore
— così che esso diviene un mero segno convenzionale per rapporti meglio e più compiutamente noti
altrimenti. Vivo è il simbolo sempre soltanto per il punto di vista essoterico.
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Un’espressione proposta per una cosa nota rimane sempre un mero segno e non costituirà mai
un simbolo. È perciò assolutamente impossibile creare da connessioni note un simbolo vivo cioè
pregno di significato, giacché ciò che così si crea non contiene mai più di quanto vi è stato messo dentro.
Ogni prodotto psichico può essere concepito come simbolo, sempre che esso sia la migliore
espressione possibile in quel determinato momento per un dato di fatto sino ad allora sconosciuto o
conosciuto solo in parte, e sempre che si sia propensi ad ammettere che l’espressione voglia designare
anche ciò che appena si presente, ma non si conosce ancora chiaramente. Ogni teoria scientifica in
quanto racchiude un’ipotesi ed è quindi la designazione anticipata di un dato di fatto ancora sconosciuto
nei suoi [527] elementi essenziali, è un simbolo. Inoltre ogni fenomeno psicologico è un simbolo, se si
suppone che esso affermi o significhi anche qualcosa di più e di diverso che per il momento si sottrae
alla nostra conoscenza. Questa supposizione è senz’altro possibile ovunque vi sia una coscienza
orientata verso ulteriori possibili significati delle cose. Essa non è applicabile precisamente soltanto là
dove questa certa coscienza abbia generato un’espressione che voglia significare rettamente quanto
voleva dire l’intenzione che l’ha prodotta, quando si tratta, ad esempio, di un’espressione matematica.
Tuttavia per un’altra coscienza questa limitazione non sussiste affatto. Essa può concepire anche
l’espressione matematica come un simbolo che sta per un dato di fatto psichico sconosciuto, tenuto
celato nell’intenzione che lo ha generato, sempre che sia dimostrabile che questo dato di fatto non è
noto a colui che ha creato l’espressione semeiotica, e che perciò non poteva essere oggetto di una
utilizzazione cosciente.
Che una cosa sia un simbolo o no dipende anzitutto dall’atteggiamento della coscienza che
osserva: dall’atteggiamento, ad esempio, di un intelletto, che consideri il fatto dato non solo come tale,
ma anche come espressione di fattori sconosciuti. È quindi possibilissimo che un certo fatto non appaia
per nulla simbolico a colui che Io ha prodotto, ma che tale invece sembri a un’altra coscienza. Anche
il caso inverso è possibile. Esistono tuttavia prodotti il cui carattere simbolico non dipende unicamente
dall’atteggiamento della coscienza che li contempla, ma si manifesta autonomamente con un’influenza
simbolica sull’individuo che li osserva. Questi sono prodotti fatti in modo tale che sarebbero privi di
senso se non avessero un significato simbolico. Un triangolo che racchiude un occhio è, sotto l’aspetto
della pura realtà, cosa talmente assurda che chi l’osserva non può in alcun modo vedervi il risultato di
un passatempo puramente casuale. Una tale raffigurazione impone immediatamente un’interpretazione
simbolica. L’effetto viene rinforzato o dal fatto che la stessa raffigurazione ricorre spesso e in modo
identico, ovvero dalla fattura particolarmente accurata, espressione del valore particolare ad essa
raffigurazione attribuito.
Simboli che non producono l’effetto che abbiamo ora descritto [528] sono morti, cioè superati
da una formulazione migliore, oppure sono prodotti la cui natura simbolica dipende esclusivamente
dall’atteggiamento della coscienza che li osserva. Questo atteggiamento, che concepisce come simbolico
il fenomeno dato, può essere chiamato in forma abbreviata atteggiamento simbolico. Esso è giustificato
solo in parte dal modo d’essere delle cose, per altri riguardi esso è l’emanazione di una determinata
concezione del mondo, di quella cioè che attribuisce agli accadimenti, ai grandi come ai piccoli, un
senso, e che a questo senso attribuisce un determinato valore, maggiore di quello che è solito ascrivere
alla realtà di fatto così come si presenta. A questa concezione se ne contrappone un’altra, che mette
sempre l’accento sulla realtà pura e semplice e che subordina il significato ai fatti. Per quest’ultimo
atteggiamento non esistono simboli in tutti quei casi nei quali il simbolismo dipende esclusivamente dal
modo di osservare. Simboli ne esistono tuttavia anche per esso, e sono precisamente quelli che invitano
colui che osserva a presumere resistenza di un significato occulto. È vero che l’immagine di un dio dalla
testa di toro può essere spiegata come un corpo umano che abbia una testa di toro. Ma questa
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spiegazione può reggere a mala pena contro la spiegazione simbolica perché il simbolo è troppo
evidente perché non se ne debba tener conto.
Non basta che un simbolo mostri la sua natura simbolica in modo appariscente, perché esso sia
un simbolo vivo. Esso può aver efficacia ad esempio soltanto sulla ragione storica o filosofica e destare
un interesse intellettuale o estetico. Bensì un simbolo può dirsi vivo solo quando è, anche per chi
osserva, l’espressione migliore e più alta possibile di qualcosa di presentito e non ancora conosciuto.
Solo cosi esso provoca una partecipazione inconscia, e giunge a generare e promuovere la vita. Come
dice Faust: “Quanto diversamente agisce su di me questo segno…”
Il simbolo vivo è la formulazione di un aspetto essenziale dell’inconscio, e quanto più
universalmente questo aspetto è diffuso, tanto più universale è anche l’azione del simbolo, giacché fa
vibrare una corda affine in ciascuno. Poiché, da un lato, il simbolo è, per una determinata epoca, la
migliore e la più adatta espressione possibile per designare ciò che è ancora sconosciuto, esso deve
provenire da [529] ciò che di più differenziato e complicato vi è nell’atmosfera spirituale del tempo.
Dato però che un simbolo vivo deve, d’altra parte, racchiudere in sé ciò che di affine esiste in un gruppo
umano di notevoli proporzioni per poter semplicemente influire su questo, esso deve abbracciare
proprio ciò che può essere comune a tutti i componenti di un gruppo umano di notevoli proporzioni.
Ora, questo qualcosa non può in alcun modo essere ciò che vi è di più differenziato e di più
difficilmente accessibile, che solo pochissimi raggiungono e comprendono; ma deve anzi essere
qualcosa di ancora talmente primitivo che la sua onnipresenza sia al di là di ogni dubbio. Solo se il
simbolo abbraccia questo qualcosa e lo esprime nel modo più elevato possibile, la sua azione si estende
a tutti. In questo consiste l’azione possente c nel contempo liberatrice di un simbolo sociale vivo.
Ciò che qui ho detto del simbolo sociale vale anche per il simbolo individuale. Vi sono prodotti
psichici individuali che possiedono un evidente carattere simbolico e che siamo senz’altro spinti a
concepire simbolicamente. Essi hanno per l’individuo un’importanza funzionale simile a quella
posseduta dal simbolo sociale per un gruppo umano di più vaste proporzioni. Ma l’origine di questi
prodotti non è mai esclusivamente cosciente né esclusivamente inconscia; essi sorgono piuttosto dalla
equilibrata cooperazione di entrambi i fattori. I prodotti di origine puramente conscia al pari di quelli
esclusivamente inconsci non hanno un carattere simbolico di per sé convincente, e la facoltà di
attribuire loro il carattere di simboli resta riservata all’atteggiamento simbolico della coscienza che li
contempla. Essi possono venire concepiti però anche come fatti di pura genesi causale, all’incirca come
si può concepire l’esantema rosso della scarlattina come “simbolo” della scarlattina stessa. Vero è che
in questo caso si parla con ragione di “sintomo” e non di “simbolo”. Perciò Freud (1901), secondo me,
ha avuto ragione di parlare dal suo punto di vista di azioni sintomatiche 31 e non di azioni simboliche,
giacché per lui questi fenomeni non sono simbolici secondo il significato qui precisato, ma indizi
sintomatici di un processo determinato ben noto, che [530] ne è il fondamento. Vi sono naturalmente
nevrotici che considerano i prodotti del loro inconscio, che sono anzitutto e per la maggior parte sintomi
morbosi, come simboli di grandissima importanza. Ma in genere questo non si verifica. Al contrario, il
nevrotico di oggi è fin troppo incline a concepire come “sintomo” anche ciò che è ricco di significato.
Il fatto che esistano due distinte concezioni in contrasto fra loro, e appassionatamente propugnate dalle
parti in causa, sul senso e sul non senso delle cose, ci insegna che evidentemente vi sono dei processi i
quali non esprimono alcun particolare significato, che sono mere conseguenze, null’altro che sintomi;
e altri processi i quali recano in sé un significato nascosto e che non solo non traggono origine da
alcunché, ma che vogliono anzi diventare qualcosa e che per questo sono dei simboli. Sta al nostro tatto
31
Jung, Sulla questione dei tipi psicologia (1915) e inoltre Psi ologia dell’i o s io (1917/1943).
16
e alla nostra capacità critica di decidere quando ci troviamo di fronte a un sintomo e quando a un
simbolo.
Il simbolo è sempre un prodotto di natura assai complessa, poiché si compone dei dati di tutte
le funzioni psichiche. Per conseguenza esso non è di natura né razionale né irrazionale. Possiede, è
vero, un lato che si concilia con la ragione, ma anche un lato inaccessibile alla ragione stessa, non
essendo composto solo di dati a carattere razionale ma anche dei dati irrazionali della pura percezione
interna ed esterna. La ricchezza di presentimenti e la densità di significati del simbolo s’indirizzano
tanto al pensare quanto al sentire e la sua peculiare capacità d’immagini, qualora possa tradursi in una
forma plasticamente accessibile, stimola tanto la sensazione quanto l’intuizione. Il simbolo vivo non
può prodursi nella mente ottusa o primitiva, giacché una mente siffatta si appagherà di un simbolo già
esistente come quello offertogli dalla tradizione. Solo l’anelito di una mente altamente evoluta, cui il
simbolo offerto non fornisce più la suprema sintesi in una espressione sola, può generare un simbolo
nuovo. Ma siccome il simbolo sorge appunto dalla suprema e ultima conquista spirituale di una mente
siffatta, e deve abbracciare nel contempo anche gli ultimi fondamenti della sua natura, esso non può
derivare unilateralmente dalle funzioni mentali più altamente differenziate, bensì deve anche sgorgare
in ugual misura dagli impulsi più bassi e primitivi. Affinché questa cooperazione di stati [531] opposti
fra loro sia semplicemente possibile essi devono coesistere entrambi coscientemente in completa
contrapposizione. Questo stato deve comportare un violentissimo dissidio con sé stessi, tale che tesi e
antitesi si neghino a vicenda, mentre l’lo è costretto ad ammettere la sua incondizionata adesione tanto
all’una quanto all’altra. Quando invece sussista una qualche inferiorità di una delle due parti, il simbolo
sarà prevalentemente il prodotto dell’altra e sarà anche nella stessa misura più un sintomo che un
simbolo, il sintomo cioè di un’antitesi soppressa. Ma nella misura nella quale un simbolo è soltanto un
sintomo, esso viene anche a perdere ogni efficacia liberatrice, giacché non esprime più il completo
diritto all’esistenza di tutte le parti della psiche, ma testimonia la soppressione dell’antitesi, anche nel
caso che la coscienza non dovesse rendersene conto.
Quando invece sussiste una completa uguaglianza ed equiparazione degli opposti, testimoniata
dall’incondizionata compartecipazione dell’Io a tesi e antitesi, si ha un arresto del volere, giacché l’atto
volitivo diviene impossibile, ogni motivo avendo accanto a sé il proprio opposto dotato di uguale forza.
Poiché la vita non sopporta mai un arresto, né nasce una congestione dell’energia vitale, che
condurrebbe a uno stato di cose insopportabile se dalla tensione degli opposti non sorgesse una nuova
funzione unificatrice che conduce oltre gli opposti. Questa funzione però scaturisce, spontaneamente,
dalla regressione della libido operata dalla congestione dell’energia vitale stessa. Dato che ogni
progresso è reso impossibile dal totale dissidio della volontà, la libido scorre a ritroso, la corrente
rifluisce per così dire alla sorgente; in altri termini, quando la coscienza è ferma e inattiva, sorge
un’attività dell’inconscio là dove tutte le funzioni differenziate hanno la loro comune radice arcaica, là
dove sussiste quella mescolanza di contenuti di cui la mentalità primitiva mostra ancor oggi numerosi
residui.
Attraverso l’attività dell’inconscio viene così portato alla luce un contenuto, costellato in misura
uguale dalla tesi e dall’antitesi, e che nei riguardi di entrambe svolge una funzione compensatrice (vedi
la voce: Compensazione). Poiché questo contenuto appare in rapporto sia con la tesi che con l’antitesi,
esso forma una base intermedia [532] sulla quale gli opposti possono conciliarsi. Consideriamo, ad
esempio, che il contrasto esistente sia quello fra sensualità e spiritualità: il contenuto intermedio nato
dall’inconscio in virtù della sua ricchezza di rapporti spirituali offre un’espressione bene accetta al
momento dialettico spirituale; mentre d’altra parte abbraccia l’antitesi sensuale in virtù della sua
apertura in questa direzione. L’Io, scisso fra tesi ed antitesi, trova su quel piano intermedio il suo
opposto complementare, la sua unica e vera espressione, e l’afferra avidamente per liberarsi dalla sua
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dilacerazione. Perciò la tensione fra gli opposti sbocca nell’espressione intermedia, e la difende nella
lotta fra gli opposti che subito s’inizia in essa e per essa, perché le due istanze contrapposte tentano di
risolvere la nuova espressione ognuna nel proprio senso. La spiritualità vuol fare dell’espressione
dell’inconscio qualcosa di spirituale, la sensualità qualcosa di sensuale; l’una vuole trasformarla in
scienza e arte, l’altra in una esperienza viva fondata sui sensi. La risoluzione del prodotto inconscio
nell’uno o nell’altro verso riesce, se in precedenza l’Io non era completamente scisso, ma tendeva più
verso una che verso l’altra parte. Se a una delle due parti riesce di risolvere il prodotto dell’inconscio,
non è solo quest’ultimo a essere devoluto a questa parte, ma anche l’Io, dal che nasce una
identificazione dell’Io con la funzione superiore (vedi la voce: Funzione meno differenziata). Per effetto
di ciò il processo di scissione si ripeterà più tardi, a un livello più elevato.
Se, invece, per la solidità dell’Io, né la tesi né l’antitesi riescono a risolvere il prodotto
dell’inconscio, il fatto prova allora che l’espressione inconscia è superiore all’una e all’altra parte. La
saldezza dell’Io e la superiorità dell’espressione intermedia su tesi e antitesi mi sembrano essere i fattori
correlativi che si condizionano a vicenda. Talvolta si ha quasi l’impressione che la saldezza
dell’elemento individuale innato sia il fattore determinante, talaltra invece che l’espressione inconscia
possieda una forza superiore tale da indurre l’Io a una saldezza assoluta. In realtà però le cose
dovrebbero stare così, e cioè che la saldezza e la determinatezza dell’individualità da un lato e la forza
superiore dell’espressione inconscia dall’altro non siano altro che i segni di un identico stato di fatto.
Quando l’espressione inconscia rimane così intatta, essa costituisce [533] una materia prima che
non va risolta ma plasmata in modo da divenire oggetto comune di tesi e di antitesi. In tal maniera essa
diventa un contenuto nuovo che domina l’intero atteggiamento, annulla la scissione e incanala a forza
le tendenze in contrasto in un alveo comune. Con ciò la stasi delle forze vitali ha termine, e la vita può
progredire scorrendo con rinnovato vigore verso nuove mète.
Al processo or ora descritto ho dato il nome di funzione trascendente, volendo intendere con
“funzione” non una delle funzioni fondamentali, bensì una funzione complessa composta di altre
funzioni e con “trascendente” non un carattere metafisico, ma il fatto che mercé questa funzione si crea
il passaggio da un atteggiamento a un altro. La materia prima, elaborata da tesi e antitesi e che nel suo
processo di formazione unifica gli opposti, è il simbolo vivo. Nella materia prima del simbolo, che resta
a lungo refrattaria ad ogni tentativo di risoluzione, sta la sua ricchezza di presentimenti, e nella
figurazione che la sua materia prima riceve ad opera degli opposti, si radica l’influsso che esso esercita
su tutte le funzioni psichiche. Qualche accenno ai fondamenti del processo di formazione dei simboli
si trova nelle scarse notizie che abbiamo circa i periodi nei quali si compì l’iniziazione dei fondatori di
religioni, ad esempio Gesù e Satana, Buddha e Mara, Lutero e il diavolo, Zuinglio e i suoi precedenti
mondani, il ringiovanimento di Faust in seguito al suo contratto con il diavolo, così come è descritto da
Goethe. Nello Zarathustra troviamo verso la fine un esempio eccellente della soppressione dell’antitesi
nella figura dell’“uomo più brutto”.
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RISORSE
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<http://www.parodos.it/books/pensiero%20filosofico/carl_gustav_jung.htm>, consultato il
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Lucilla Loddi, C.G. Jung - L’uomo e i suoi simboli,
<http://www.artcounseling.it/articoli/uomo-e-i-suoi-simboli.html>, consultato il
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Le immagini sono tratte da vari siti presenti su Internet
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