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S.A.V.E. HERITAGE SAFEGUARD OF ARCHITECTURAL, VISUAL, ENVIRONMENTAL HERITAGE Carmine Gambardella La scuola di Pitagora editrice Fabbrica della Conoscenza numero dieci Collana diretta da Carmine Gambardella S.A.V.E. HERITAGE SAFEGUARD OF ARCHITECTURAL, VISUAL, ENVIRONMENTAL HERITAGE Carmine Gambardella La scuola di Pitagora Editrice © copyright 2011 La scuola di Pitagora s.r.l. Piazza Santa Maria degli Angeli, 1 80132 Napoli Tel.-Fax +39 081 7646814 É assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questa pubblicazione, così come la sua trasmissione sotto qualsiasi forma e con qualunque mezzo, anche attarverso fotocopie, senza l’autorizzazione scritta dell’editore. www.scuoladipitagora.it info@scuoladipitagora.it ISBN 978-88-6542-046-1 Finito di stampare nel mese di maggio 2011 S.A.V.E. Heritage SAFEGUARD OF ARCHITECTURAL, VISUAL, ENVIRONMENTAL HERITAGE Aversa, Capri, 9-10-11 June 2011 The IX International Forum of Studies titled S.A.V.E. Heritage aims to create an international discussion on the local experiences for the preservation of cultural, architectural, archaeological, landscape and environmental heritage. In the current era characterized by the economy of knowledge, the cultural identity of places has a greater value than that related to the tourism industry, because this is an indispensable asset in the educational process to maximize human capital and to make competitive and attractive the territory. The identity of places is the result of our memories, traditions and ancient knowledge, as well as material evidence of the past that have shaped the physical form. To preserve the historical continuity in order to ensure to the men a better living environment, must be created a balance between the spaces of past and present needs, offering innovative solutions to meet the different requirements in terms of sustainability. The historical centres, monuments, even degraded landscapes, form the raw material of our investigation, the hardware on which the though and integration of competences act as a software to develop a repertoire of appropriate solutions to return those areas to the community through an action of regenerative protection. Thus, the comparison is essential to share good examples of international protection and management of monuments, sites and historic environment, in which conservation and development coexist in positive models and can be exported to other contexts. Carmine Gambardella Conference topics SAFEGUARD Preservation, Restoration, Conservation, Safety of architectural, archaeological, landscape, environmental heritage. ARCHITECTURE Survey, Imaging, 3D modeling, Data integration, Techniques for analysis, diagnostics and monitoring, Design, Technologies, Building materials. VISUAL Graphic design, Visual Communication, Environmental data Communication, Visual Rhetoric in Heritage Communication, Virtual reality/Augmented reality. ENVIRONMENT Territorial survey, Environmental control, Physical data control, Territorial government, Heritage management, Sustainable development, Social sustainability, Economic sustainability. HERITAGE Tangible and intangible dimensions, History, Culture, Collective identity, Memory, Symbolic meanings, Cultural landscapes. LA “SCENA 3D” PER LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE ARCHITETTONICO E URBANO: PIAZZA ARRINGO AD ASCOLI PICENO Elena IPPOLITI1, Alessandra MESCHINI2 (1) Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura, Università Sapienza di Roma, Italia elena.ippoliti@uniroma1.it (2) Scuola di Architettura e Design, Università di Camerino, Italia alessandra.meschini@unicam.it Abstract The proposed paper aims at investigating the possibility of increasing the awareness of our cultural heritage and spreading that knowledge using the latest technological innovations. Particular attention is given to the “3D digital scene” with reference to architectural and urban cultural heritage, as it is an excellent means of giving access to the cultural content as well as being a hub for collecting information. With this aim, the paper will describe an experimentation carried out in the urban architectural space of Piazza Arringo in Ascoli Piceno. The application made it possible to investigate and examine in depth new types of "integrated informative model", which is to say 3D models that are expanded by superimposing levels of Augmented Reality (by means of mobile devices) and Augmented Virtuality (interactive and immersive). The principal objective was to create cultural pathways that will make a visual impact as well as having high informative content. For this it was necessary to identify several structured organizations of cultural data. Parole chiave: patrimonio culturale, valorizzazione, scena 3D, edutainment, infotainment 1. Patrimonio culturale e comunicazione L’esperienza di seguito presentata è parte della ricerca, tutt’ora in corso, PRIN 2008 “Modelli informativi integrati per conoscere, valorizzare e condividere il patrimonio urbano e ambientale. Sperimentare interfacce 3D per "oggetti culturali geografici": l'architettura delle informazioni e l'architettura informatica”. Tale ricerca si fonda innanzitutto sul convincimento che pregiudiziale all’azione della valorizzazione del patrimonio culturale sia non solo il complesso di conoscenze intorno al patrimonio stesso, ma soprattutto la corretta e più ampia comunicazione di questo complesso di conoscenze, attraverso cui si sostanzia e prende forma la fruizione dei beni stessi da parte della collettività. Fin dagli anni ’80, parallelamente all’evoluzione dei modelli cognitivi, dove a forme di apprendimento basate su meccanismi astratti si sono sostituiti sempre più modelli basati sulla partecipazione e sull’esperienza, si è assistito ad un mutamento e ad un ampliamento delle applicazioni dell’information technology. Le relazioni sempre più proficue tra i due ambiti di interesse, quello dell’apprendimento (education) e quello del divertimento (entertainment), hanno così portato ad un nuovo settore per il quale è stato coniato il nuovo termine di edutainment [1]. Le modalità di comunicazione e trasmissione del sapere e della conoscenza sono cambiate e si sono privilegiate forme ludiche, in grado di coinvolgere attraverso una relazione complice e divertente. Conseguentemente le numerose applicazioni e i diversi prodotti tecnologici si sono andati ampliando non più semplicemente nella direzione della multimedialità, ma qualificandosi come veri e propri sistemi multidimensionali, multi-pubblico, multi-servizi, multi-rete, multi-support. Anche se con ritardo rispetto al mondo anglosassone, nel nostro paese si sta assistendo negli ultimi anni ad una significativa diffusione delle applicazioni dell’information technology ai beni culturali, con interessanti sperimentazioni condotte da importanti centri di ricerca e istituzioni di eccellenza, in particolare nel campo dell’archeologia ed anche nell’allestimento museale. 1 Per contro le sperimentazioni nel settore del patrimonio architettonico e urbano sono rare e non sistematiche, probabilmente in virtù della complessità del tema da indagare secondo punti di vista multipli e articolati, ma soprattutto in relazione al fatto che è necessario ampliare il concetto di “modello digitale 3D”, trasformandolo da “rappresentazione” a “scena digitale 3D”, cioè a luogo nel quale e del quale sia possibile avere esperienza dello spazio costruito, architettonico e urbano, storico e attuale. Questo il quadro di riflessioni che ha motivato la ricerca, qui in parte presentata, che si è posta l’obiettivo di approfondire il concetto di modello 3D considerandone le integrazioni e le sovrapposizioni con diversi ambienti, nelle direzioni della realtà aumentata, del virtuale aumentato, ovvero soffermandosi sulle applicazioni che privilegiano la “scena digitale 3D” del bene culturale, architettonico e urbano, sia in quanto interfaccia di accesso ai contenuti culturali, sia in quanto luogo in cui si costruiscono informazioni. In questa direzione si sono realizzate alcune possibili applicazioni, più avanti proposte, realizzate con la collaborazione, entusiastica e competente, di Jonathan Sileoni e Danilo Spinozzi, giovani laureati presso la Scuola di Architettura e Design dell’Università di Camerino. 2. La realtà aumentata Gli sviluppi più recenti delle tecnologie digitali (dalla miniaturizzazione dei componenti all’individuazione di algoritmi di compressione dei dati) hanno dato luogo ad una contaminazione sempre più stretta, articolata e proficua, tra reale e virtuale, con applicazioni raggruppabili sotto la dicitura di Augmented Reality. Oggi il concetto di AR è molto ampio e il panorama di applicazioni è così talmente ricco da non potersi facilmente sistematizzare. Un sistema di realtà aumentata è comunque generato dalla combinazione della scena reale vista dall’utente e dalla scena virtuale digitale, preregistrata, ma che può essere sensibilmente influenzata dal comportamento del soggetto attivo. Alcune distinzioni possono riferirsi al livello di interazione del soggetto con lo spazio reale che sta esplorando, rapportabili all’uso o meno di dispositivi che fungono da interfaccia. Nel caso in cui l’utente non abbia alcun dispositivo sostanzialmente esso assiste ad una rappresentazione, comunque influenzabile anche dalla sola sua presenza corporea. In tal direzione una serie di interessanti applicazioni riguardano la medializzazione del contesto urbano, dove l’esperienza percettiva è il fulcro della rappresentazione e il ruolo del soggetto è di fruitore di uno spettacolo ad alto contenuto emozionale. Tale settore sta avendo un particolare sviluppo anche in Italia, con finalità commerciali, ma anche con interessanti applicazioni nella comunicazione di contenuti sul patrimonio culturale [2]. Diversamente, il soggetto utilizza uno o più dispositivi attraverso cui esplora lo spazio reale, riceve le informazioni digitali aggiuntive su questo e realizza la visualizzazione della realtà aumentata. Questa può concretizzarsi attraverso monitor (che possono essere semimobili, mobili o addirittura inseriti in un paio di occhiali - video see through display - che indossati consentono all’utente una sorta di immersione), o occhiali (optical see through display) sulle cui lenti trasparenti è proiettata la scena virtuale. In tali casi le questioni tecniche e tecnologiche riguardano sostanzialmente l’integrazione tra visione reale-naturale e virtuale, la frequenza di aggiornamento della scena virtuale, nonché, ovviamente, l’accuratezza visiva di quest’ultima, che deve essere a sua volta realizzata in perfetta aderenza allo spazio reale (che dunque è necessario conoscere e riconoscere con estrema precisione) [3]. Grazie all’incremento di capacità di memoria e a particolari algoritmi di compressione dei dati, le applicazioni di AR sul Patrimonio Culturale che si stanno diffondendo in modo significativo, sono nel segmento degli apparati mobili, con contenuti 3D interattivi fruibili attraverso cellulari di ultima generazione (smartphone), device dotati di GPS per il posizionamento, di bussola elettronica e inclinometro per il controllo dell’inclinazione sui tre assi d’orientamento, di una telecamera, per la ripresa in tempo reale di un flusso video e di un collegamento wireless per ricevere i dati. 3. Il virtuale aumentato tra interazione ed immersione Nell’uso corrente il termine realtà immersiva è applicata a qualsiasi tipo di simulazione virtuale, dove i soggetti, utenti, pur trovandosi fisicamente dislocati “esternamente” allo spazio digitale vi sono virtualmente relazionati e possono spesso condividere tali esperienze contemporaneamente ad altri soggetti. Dal punto di vista tecnologico attualmente è possibile distinguere due principali tipi di applicazioni. Il primo, interattivo, dove viene data una misura di “realismo” della simulazione. Attraverso un monitor che funge da interfaccia, l’utente visualizza l’ambiente 3D e interagisce con questo attraverso dispositivi esterni (tastiera, mouse, joystick, consolle simili). Il secondo, immersivo, dove l’ambiente digitale è percepito come esistente. Grazie ad apposite periferiche (visori, casco, occhiali, auricolari, wired gloves, cybertuta, ecc.), l’utente diviene egli stesso la principale interfaccia, potendo manipolare l’ambiente 3D e provando un senso di “appartenenza” allo stesso. 2 Tuttavia i confini tra le diverse applicazioni stanno divenendo sempre più sfumate, tant’è che è stato coniato il termine di Mixed Reality, quando cioè si è di fronte ad una qualunque applicazione in cui il reale o il virtuale è arricchito da ulteriori contenuti in un rapporto osmotico. La peculiarità che può invece dirsi comune a tutte queste tecnologie è quella di individuare nel rapporto divertente, collaborativo, di interattività ludica e libera con le applicazioni l'elemento determinante per una amplificazione dell’interesse all'esplorazione. Applicazioni multi-utente DVR (Desktop Virtual Reality, applicazioni di realtà virtuale su workstation di fascia media e dal costo contenuto) e MUD (Multi User Dungeon, ma anche Multi User Dimension o Domain, riferito ad esempio a giochi di ruolo partecipati da più utenti attraverso il web) con grafica 3D, sono fortemente interattive, ma non propriamente immersive. L’utilizzazione dei principi della visione stereoscopica consente di realizzare simulazioni con un grado variabile di immersività percettiva, a secondo della sofisticazione tecnologica. Le più semplici applicazioni prevedono l’utilizzo di occhiali anaglifi, o dotati di lenti polarizzate, o provvisti di otturatori sincronizzati. I sistemi detti "autostereoscopici", invece, non necessitano di occhiali e il supporto stampa o monitor - è munito di una tecnologia apposita che provvede a nascondere ad ogni occhio l'immagine destinata all'altro. Una sensazione più efficace di immersione percettiva in uno scenario virtuale si ottiene quando la scala di rappresentazione dello stesso diviene realistica (1=1). Il sistema di proiezione, in tal caso avviene su uno schermo tale da abbracciare buona parte del cono ottico dell'utente. I sistemi di “natural interaction” stabiliscono una forma di accesso ad esperienze interattive e immersive al contempo efficace, semplice e naturale. Basandosi sul tracciamento della posizione e della gestualità dell'utente (tramite telecamera ad infrarossi e software di tracking) permettono l’interazione con una applicazione senza l'uso di devices (mouse, tastiere, ecc..). Nell’ambito della valorizzazione del patrimonio culturale lo stato attuale delle ricerche ha realizzato diverse applicazioni informativo-esperienziali nelle quali le aggettivazioni di interattività e/o immersività possono dirsi variamente presenti [4]. 4. La scena 3D per la comunicazione dello spazio architettonico e urbano Nella comunicazione della conoscenza relativa allo spazio costruito, architettonico e urbano, storico e attuale, è indubbia l’efficacia delle tipologie di esplorazioni basate su criteri percettivi, che hanno a fondamento l’interazione del fruitore con lo spazio a tre dimensioni del bene culturale. La forma geometrica texturizzata di un bene culturale, nelle sue diverse declinazioni, è il fondamento necessario da cui partire all’esplorazione delle “n” dimensioni che lo descrivono e lo qualificano. Dunque i modelli geometrici tridimensionali interattivi rappresentano modalità adeguate di connessione e relazione con diverse tipologie di informazioni strutturate, sia in quanto oggetti ipertestuali e sia in quanto interfacce di accesso alle informazioni. Nella sperimentazione più avanti presentata si è però ritenuto necessario fare un passo in avanti, forzare la mano, ampliando lo già sperimentato “modello digitale 3D” per trasformarlo da “rappresentazione” a “scena digitale 3D”. Per “scena digitale 3D” si è voluto intendere un luogo nel quale e del quale sia possibile avere esperienza, attraverso diversi livelli di presenza e partecipazione del soggetto/utente, nella direzione di una modalità di approccio al bene culturale analoga e interattiva, incardinata sul coinvolgimento sensoriale ed emozionale, che possa costituirsi quale valore aggiunto per la comunicazione, l’elaborazione e la fruizione di informazioni e contenuti nella direzione della valorizzazione del patrimonio culturale. Si è ritenuto questo possibile sperimentando varie integrazioni di modelli 3D, oggi definibili già modalità tradizionali, con diverse tipologie di “ambienti”, prevedendo differenti livelli di interazione e diversi livelli di dati strutturati, realizzando così diversificati modelli informativi integrati. Essenzialmente si è proceduto sia sovrapponendo livelli informativi multimediali all’esperienza reale (realtà aumentata) e sia introducendo nello uno spazio virtuale elementi reali, ovvero nella definizione di livelli di interazione, partecipazione e immersione in un ambiente virtuale di un soggetto reale (virtuale aumentato). Tutto ciò ponendo a fondamento della ricerca innanzitutto la qualità dei diversi contenuti culturali, da quelli geometrici a quelli testuali, attraverso il continuo controllo e la relativa verifica, per realizzare sì percorsi culturali di forte impatto, ma sempre di elevato contenuto. Inoltre si è avuta una particolare attenzione alla relazione che sussiste tra oggetto e contesto, relazione alla base della stessa definizione del concetto di bene (oggi patrimonio) culturale, ridefinendone l’accezione per estenderla da quella circostanziata territoriale-geografica a quella di appartenenza spaziale (differenziabile e precisabile innanzitutto per livelli scalari), culturale, scientifica, funzionale-gestionale, ecc. 5. La sperimentazione: la scelta del caso-studio Tra gli obiettivi della sperimentazione vi è stato quello di verificare tali nuove forme per la comunicazione di contenuti culturali non tanto su di un singolo oggetto, ma sullo spazio urbano, in 3 particolare storico, un sistema il cui significato emerge anche e soprattutto dalle relazioni che legano i singoli beni che lo sostanziano. Operativamente l’ambito sul quale sono state condotte le applicazioni è Piazza Arringo, una delle due piazze principali del centro storico di Ascoli Piceno, spazio esemplare per comprendere il senso della città stessa, le cui principali descrizioni hanno sempre evidenziato la "mirabile sintesi" tra qualità opposte: uniformità e varietà, continuità e permeabilità, razionale geometria e articolazione geomorfologica [5]. In questo dispiegarsi tra qualità opposte, apparentemente non conciliabili, la chiave che consente di comprendere il senso urbano della città di Ascoli è nel ruolo che il “vuoto”, piuttosto che il “pieno”, ha svolto nel configurazione della sua forma urbana, vuoto che di volta in volta è stato declinato ed adattato in funzione delle diverse necessità, e ciò in modo speciale nelle sue piazze, tra cui, appunto, Piazza Arringo (fig. 1). La denominazione della piazza risale al periodo medievale, quando la città divenne libero comune, e lo spazio urbano era utilizzato per le riunioni popolari dei parlamenti chiamati, appunto, arringhi. Di forma rettangolare allungata la piazza si dispiega, sul lato lungo, sull'antico percorso della via consolare Salaria che attraversa il centro urbano. Tra i pieni che ne sostanziano i limiti vi sono chiese e palazzi tra cui: sul lato sud Palazzo Arringo (dove ha sede il Comune, nel XIII secolo era costituito di due corpi distinti, fu trasformato in un unico monumentale edificio nel XVIII secolo su progetto del Giosafatti) e Palazzo Vescovile (si compone di tre parti distinte: il palazzetto dell'Episcopio vecchio, del Quattrocento, poi seguito da Palazzo Marama, più volte trasformato, e Palazzo Roverella realizzato fra il 1532 e il 1542 come nuova residenza vescovile), ad est il Duomo di Sant'Emidio (romanico, la cui principale edificazione si concluse nei primi decenni del secolo XII con successivi ampliamenti tra cui l’avanzamento verso la piazza con la nuova facciata e la realizzazione delle navate laterali) e il Battistero di San Giovanni (in origine tempio pagano, poi trasformato nel V-VI secolo, sorge isolato su base quadrata sormontata da tamburo ottagonale con piccoli loggiati arcuati ciechi), sul lato settentrionale il principale edificio di Palazzo Ridolfi–Panichi (di antica origine, poi modificato nel Cinquecento attraverso diversi accorpamenti e modificato nel 1788 e nel 1832, oggi ospita il Museo Archeologico), ma anche Palazzo Spalazzi (rinnovato nel 1912), Palazzo Roiati (rinnovato intorno al 1930 su progetto di Pilotti), Palazzo De Castellotti (restaurato nel 1878), Palazzo Fonzi (con facciata rifatta nel 1880), Palazzo De Angelis (rinnovato completamente verso il 1820), Palazzo già De Laurentis-Mazzoni (riferibile al XV-XVI secolo, la cui facciata verso il Battistero è profondamente rimaneggiata nel XIX e nel XX secolo, di fronte al quale sorgeva già in epoca medievale la chiesetta di San Biagio poi demolita nel 1887), ad ovest quel che rimane del Palazzo Collina (già Tibaldeschi, Miliani, Malaspina, Odoardi e Marcatili), in seguito all’allargamento della sede stradale e della connessione con Piazza Roma realizzata nel 1890 (figg. 2-4). 6. La sperimentazione. La costruzione dei modelli 3D: stato attuale e stato storico Il fulcro a partire dal quale si sono sviluppate le successive applicazioni è costituito dai modelli tridimensionali digitali che descrivono Piazza Arringo nella sua configurazione attuale, estrema sintesi di conoscenza del sistema urbano e dei singoli manufatti architettonici, che restituisce informazioni puntuali e rigorose riguardo alla geometria, alla forma, alla misura e alla qualità materica. La prima fase della sperimentazione si è dunque dispiegata nella costruzione di tali modelli attraverso una pratica operativa realizzabile anche in condizioni operative per così dire “limite”, ovvero attraverso procedure di facile uso e che non richiedono investimenti di rilevante impegno economico, quindi con strumentazioni non altamente prestazionali, apparecchiature e software di costo contenuto, ma comunque affidabili relativamente alla qualità dei dati elaborati - metrici, geometrici e di superficie. In tal senso la costruzione del modello digitale realistico della piazza nel suo stato attuale (attraverso cui è descritta la configurazione metrico-geometrica e la qualità di superficie dello spazio e degli oggetti) è stato realizzato per mezzo della fotomodellazione. Il processo di fotomodellazione si articola essenzialmente in quattro fasi: la ripresa fotografica del manufatto, gli orientamenti – relativo ed assoluto - delle riprese, la costruzione del modello tridimensionale ed infine la vestizione dello stesso, attraverso attributi materici derivati dalle immagini fotografiche. Le particolari caratteristiche del caso studio – Piazza Arringo - hanno perciò richiesto una gestione complessa, dato il numero cospicuo dei modelli spaziali, l’elevato numero di fotografie acquisite anche per i diversi livelli di approfondimento necessari. Nella maggior parte dei casi è stato possibile descrivere tutti gli elementi architettonici per mezzo di primitive geometriche elementari, modificate attraverso operazioni progressive di estrusione, rastremazione e scalatura. In alcuni casi particolari (come ad esempio nel caso delle fontane) è stato necessario descrivere i diversi oggetti appoggiandosi alla restituzione di punti singolari e/o profili significativi (figg. 5-6). Sulla base della configurazione dello stato di fatto sono poi state elaborate ricostruzioni dello spazio 3D della piazza in particolari momenti storici, essenzialmente a partire dalle principali cartografie esistenti (la rappresentazione pseudo-prospettica di Emidio Ferretti del 1646, il Catasto Gregoriano del 1819, la Carta del Dicastero del Censo del 1845) e sulla scorta di documentazioni bibliografiche e 4 d’archivio, in particolar modo iconografiche e fotografiche (fig. 7). In qualche caso è stato ancora possibile applicare la tecnica della fotomodellazione in virtù della possibilità che offre di pervenire alla costruzione di modelli 3D, comunque ‘misurabili’, a partire da fotografie o rappresentazioni tridimensionali riferentesi a momenti diversi nella vita del monumento, dimostrandosi così quale pratica oltre che “speditiva” anche “scalabile”, cioè adattabile alle più diverse condizioni. Le sperimentazioni sono pertanto state finalizzate alla realizzazione di ricostruzioni dello spazio 3D, sincroniche e diacroniche, dello stato attuale e in momenti storici significativi della vita della piazza, proponendo poi diverse organizzazioni strutturate di dati culturali, articolate anche nei singoli edifici, ma comunque sempre nell’ottica della descrizione dell'insieme dello spazio urbano. 7. La sperimentazione: applicazioni tra realtà aumentata e virtuale aumentato L’intento comune sotteso alle diverse applicazioni è stato quello di sperimentare ed allestire nuove rappresentazioni urbane in grado di predisporre modalità meno ordinarie di approccio alla conoscenza – ovvero orientate verso le moderne possibilità dell’infotainment – utilizzando quelle tecnologie per la realtà e virtualità aumentata in grado di stimolare un ampliamento delle sensazioni visive e, quindi, della dimensione comunicativa sulle informazioni contenute. L’argomento connettivo individuato al fine di rendere l’insieme delle applicazioni approntate sul caso studio come un possibile “progetto di comunicazione per la valorizzazione di beni culturali architettonico-urbani” è stata la storia. A partire dalla ricostruzione 3D dello stato attuale, il proposito variamente articolato e sostanziato nelle diverse applicazioni ha mirato ad una cronostoria 3D della piazza capace di riassumere quelle che sono state le principali trasformazioni in un arco temporale che va dal XIII secolo ad oggi. A tal fine è stata svolta una accurata ricerca bibliografica [6], iconografica e cartografica che ha permesso di reperire i principali materiali esistenti depositati presso i maggiori archivi della città di Ascoli (Archivio di Stato, Archivio Vescovile, Archivio Iconografico della Pinacoteca Civica) sia relativi allo spazio urbano nel suo complesso, sia andando ad investigare nella storia delle eventuali trasformazioni e modifiche di ogni elemento costitutivo e singolo edificio che la compone. La prima applicazione si è sostanziata nella produzione di una serie di visioni stereoscopiche sulla ricostruzione 3D dello stato attuale, quindi sperimentabili attraverso l’utilizzo di appositi occhiali anaglifi (figg. 8-9). La realizzazione di uno stereogramma si realizza sostanzialmente in due fasi. Dapprima si elabora la coppia di immagini, necessaria per lo stereogramma, abitualmente con un programma 3D, ovvero tramite i comandi di renderings di scene 3D. Poi si provvede al corretto montaggio della coppia di immagini precedentemente generate, in modo da poter indurre la visione stereoscopica in chi le osservi. Attualmente noti software grafici commerciali – tanto proprietari (Adobe) che free (GIMP) – permettono di realizzare un anaglifo partendo da una coppia di immagini stereoscopiche a colori o in bianco e nero. Con tali programmi, infatti, lavorando sui livelli e sui canali, l'immagine destinata all'occhio sinistro viene filtrata per rimuovere il blu o il verde, mentre l'immagine destinata all'occhio destro viene filtrata per rimuovere il rosso. Le due immagini possono inoltre essere messe a registro in fase di composizione. Nell’applicazione di tale tecnica l’obiettivo è stato quello di amplificare la percezione della profondità della scena 3D, ovvero della tridimensionalità dello spazio della piazza. Tale sistema, infatti, simulando artificialmente i meccanismi che presiedono alla visione binoculare, produce una esperienza di “aumento” della virtualità il cui livello di interazione con l’applicazione può dirsi di immersione visiva, capace dunque di generare un effettivo coinvolgimento emotivo e dunque di realizzare un forte impatto comunicativo delle specifiche qualità spaziali della piazza. La seconda applicazione ha avuto come finalità principale quella di consentire uno “sguardo d’insieme” della piazza attraverso l’esplorazione di modelli 3D ottimizzati per tale modalità di visione. Sono dunque state predisposte applicazioni “panoramiche”, del tipo Virtual-Tour, ovvero facenti riferimento a sistemi percettivi chiusi, organizzati intorno ad un punto centrale preferenziale da cui poter controllare e visualizzare nella sua interezza una data realtà, disposta radialmente intorno al punto di fruizione. Tale tipo di applicazione è stata realizzata sia relativamente allo stato attuale e sia relativamente alle principali fasi individuate nella storia della trasformazione della piazza che, grazie alle numerose testimonianze documentarie reperite, è stato possibile elaborare tridimensionalmente (figg. 10-11). All’interno del virtual-tour uno slider temporale permette così all’utente di scegliere e gestire le diverse fasi storiche e di fruire di uno “sguardo d’insieme” dello spazio della piazza attraverso i differenti panorama a 360° realizzati. Infine, un ulteriore incremento informativo dell’applicazione è stato realizzato per mezzo della predisposizione di aree sensibili a cui sono state agganciate informazioni di differente qualità (alfanumeriche e iconografiche) relative ai singoli edifici. Le diverse scene 3D-panottiche possono così essere interrogate per mezzo degli edifici che lo sostanziano e che, quindi, divengono organizzatori di informazioni puntuali ad essi relazionabili e interfacce 3D di accesso alle stesse. Va comunque sottolineato che le descrizioni dei singoli manufatti architettonici è stata condotta solo in subordine 5 all’obiettivo principale che è stato quello di realizzare esperienze percettive dell’insieme dello spazio urbano. Il grado di immersività di tale applicazione, definibile quale “virtuale 3D aumentato”, è dato dall’esperienza percettiva di uno sguardo a 360° visualizzabile attraverso un monitor fisso (in modalità on-line o off-line), mentre il livello di fruizione interattiva è esperito potendo scegliere la fase storica da visualizzare, nonché agire su di essa – cambiando, avvicinando, allontanando, ruotando le possibili viste – sviluppando così un sistema attento alla simulazione di possibili movimenti nello spazio. Nel loro complesso tali scene 3D, ponendosi contemporaneamente come metafore di visualizzazione temporale e come interfacce per facilitare l’accesso ai dati immagazzinati e catalogati, di fatto consentono di attuare una doppia istanza: da un lato quella di “ampliare” l’impatto comunicativoesperienziale, dall’altro quella di connettere diversi livelli informativi di contenuti culturali, comunque controllati e verificati. A compendio delle applicazioni fin qui descritte è stato poi possibile sommarle in una ulteriore esperienza percettiva di visualizzazione “stereopanottica”, che ha previsto una interazione di tipo visivo-corporeo, ovvero fisicamente immersiva con dotazione di occhiali anaglifi, in un cilindro appositamente predisposto all’altezza degli occhi riproducente un’immagine stereoscopica a 360° della piazza. Per quanto attiene le sperimentazioni di realtà aumentata queste sono state principalmente di tipo “desktop” basate sull'uso di markers. Si tratta di applicativi software – a basso costo o anche free – che, con l’ausilio di una telecamera o di una webcam, si servono di semplici disegni stilizzati in bianco e nero (i markers) ai quali vengono preventivamente associati contenuti multimediali di diversa natura (oggetti 3D, video, ecc.). L’utente sceglie il marker che, ripreso dalla telecamera o dalla webcam, viene riconosciuto dal software che realizza il collegamento ai predisposti contenuti multimediali. In tempo reale l’utente, sul monitor, osserverà sé stesso e il “materializzarsi” del contenuto multimediale relativo al marker prescelto. Nello specifico dell’applicazione al caso studio l’intento perseguito è stato quello di sperimentare una comunicazione visiva tridimensionale della storia di Piazza Arringo (fig. 12). E’ possibile, cioè, visualizzare in sovrapposizione al modello dello stato attuale ulteriori modellazioni relative alle principali trasformazioni degli edifici che su di essa insistono, realizzate o di progetto. In particolare, tale applicazione non confeziona una visualizzazione prestabilita dell’aumento informativo, ma permette di scegliere attuando inoltre un compresenza di livelli informativi tutti 3D. In tal modo la sperimentazione non solo consente una comunicazione/informazione sui singoli edifici che si “concretizzano” tridimensionalmente, ma contemporaneamente ne favorisce la ricollocazione nel contesto di appartenenza, senza mai scomporre l’insieme dello spazio urbano della piazza. Da un punto di vista percettivo tale applicazione, essendo concepita con la ripresa di sé stessi in presenza, genera un alto senso di illusione ottica, ovvero di materializzazione dell’oggetto 3D nella propria realtà. Inoltre, potendo orientare, avvicinare, cambiare la vista all’oggetto visualizzato realizza, nel complesso, un sistema particolarmente interattivo. 8. Conclusioni Nell’insieme delle applicazioni sul caso studio, appena sommariamente descritte, l’esperienza ha mirato ad una costruzione esperibile tridimensionalmente in grado di evidenziare i rapporti, pluridirezionali e dinamici, che caratterizzano il sistema piazza, In particolare sono state progettate e predisposte applicazioni che prevedessero diverse modalità percettive, variamente interattive ed immersive, in grado di agevolare e favorire la comprensione di “quell'armonia che lega tutte insieme fra loro le costruzioni, grandi e piccole, monumentali e minime, […] e il rapporto che costruzioni e spazi vuoti stabiliscono fra loro nei vari luoghi” [7]. Più in generale, la finalità principale, in relazione alle applicazioni proposte, è stata quella di sperimentare possibili procedure finalizzate ad incrementare l’efficacia informativa e comunicativa di interfacce 3D, privilegiando esplorazioni percettive, per realizzare organizzazioni di dati culturali strutturate quali percorsi culturali di forte impatto, ma ad elevato contenuto informativo. Riferimenti bibliografici [1] A questo proposito cfr. VALENTINO, Pietro A.; DELLI QUADRI, L. Maria Rita (a cura di), Cultura in gioco, Firenze-Milano: Giunti Editore, 2004, ISBN 88-09-03579-8; GALLUZZI, Paolo; VALENTINO, Pietro A.; (a cura di), I formati della memoria. Beni culturali e nuove tecnologie alle soglie del terzo millennio, Firenze: Giunti Editore, 1997, ISBN 88-09-21190-1. [2] DISEGNARECON. IPPOLITI, Elena; MESCHINI, Alessandra, Dal “modello 3D” alla “scena 3D”. Prospettive e opportunità per la valorizzazione del patrimonio architettonico e urbano, Vol. 3, n. 6 (2010) - Cultural heritage documentation, a cura di Cristiana Bartolomei. ISSN 1828-5961, pp. 79-80. [3] Ibidem, pp. 80-83. 6 [4] Ibidem, pp. 84-87. [5] GAGLIARDI Giannino, Le piazze di Ascoli, Ascoli Piceno: Fondazione Cassa di risparmio di Ascoli Piceno, 1996; ROZZI Renato, SORI Ercole (a cura di), Ascoli e il suo territorio. Struttura urbana e insediamenti dalle origini ad oggi, Roma: Banco di Santo Spirito, 1984. [6] Sinteticamente qui si riportano i principali testi: ANDREANTONELLI, Sebastiano, Breve ristretto dell’historia ascolana, Ascoli Piceno, 1676, in Storia di Ascoli, (tradotto da CASTELLI Paola Barbara, CETTOLI Alberto) Ascoli Piceno: Gagliardi, 2007; LAZZARI, Tullio, Ascoli in prospettiva colle sue più singolari pitture, sculture, e architetture, Ascoli: per il Morganti, e Picciotti, 1724; ORSINI, Baldassarre, Descrizione delle pitture sculture architetture ed altre cose rare della insigne città di Ascoli nella Marca opera di Baldassarre Orsini pittore ed architetto, Perugia: stamperia Baduelliana, 1790; COLUCCI, Giuseppe, Antichità ascolane illustrate con varie dissertazioni dall'abate Giuseppe Colucci patrizio camerinese, Fermo: dai torchi dell'autore, 1792; CARDUCCI, Giambattista, Su le memorie e i monumenti di Ascoli nel Piceno, Fermo: Saverio Del-Monte, 1853; MARIOTTI, Cesare, Il palazzo del comune di Ascoli Piceno, Ascoli Piceno: Giuseppe Cesari, 1905; AGOSTINI, Carla Luisa, Asculum: monografia storico-archeologica, Ascoli Piceno: G. Cesari, 1947; GABRIELLI, Riccardo, All'ombra del colle di S. Marco: memorie storiche degli ascolani illustri e benemeriti dal 1830 ai giorni nostri, Ascoli Piceno: Tip. Fiori, 1948; FABIANI, Giuseppe, Ascoli nell’Ottocento, Ascoli Piceno: Società tipolitografica editrice, 1967; FABIANI, Giuseppe, Ascoli nel Quattrocento, Ascoli Piceno: Società tipolitografica editrice, 1968; FABIANI, Giuseppe, Ascoli nel Cinquecento, Ascoli Piceno: Società tipolitografica editrice, 1970; LEPORINI, Luigi, Ascoli Piceno: l'architettura dai maestri vaganti ai Giosafatti, Ascoli Piceno: Cassa di risparmio di Ascoli Piceno, 1973; LAFFI, Umberto; PASQUINUCCI, Marinella, Storia di Ascoli Piceno nell'età antica, Pisa: Giardini, 1975; RODILOSSI, Antonio, Ascoli Piceno: citta d'arte, Ascoli Piceno: a cura dell'A., 1983; BALENA, Secondo, Ascoli, la storia per le strade, Ascoli Piceno: EDIT-Edizioni turistiche, stampa 1986; GAGLIARDI, Giannino; MARCONE, Gian Carlo, Il Palazzo del Popolo di Ascoli, Cinisello Balsamo: Amilcare Pizzi Ed., 1990; GAGLIARDI, Giannino, Le piazze di Ascoli, Ascoli Piceno: Fondazione Cassa di risparmio di Ascoli Piceno, 1996; MARINELLI, Giuseppe, Chiese ascolane perdute negli ultimi due secoli: perché dirute, abbattute, trasformate, chiuse, Ascoli Piceno: [s.n.], 1996; Provincia di Ascoli Piceno, Assessorato attività e beni culturali; Ministero per i beni culturali e ambientali, Archivio di Stato di Ascoli Piceno, La Salaria ascolana nell'800: uomini e territorio dall'Appennino all'Adriatico, Mostra documentaria, Ascoli Piceno, Palazzo municipale, 7-30 novembre 1997, Acquaviva Picena: Fast Edit, 1997; BALENA, Secondo, Ascoli nel Piceno: storia di Ascoli e degli ascolani, Folignano: Società editrice Ricerche, 1999, ISBN 88-86610-11-4. [7] QUARONI, Ludovico, Siena centro storico: conservazione e recupero, Milano: Electa, 1983, p. 15, ISBN - 88-435-0932-2. Fig. 1: Il caso studio. Piazza Arringo ad Ascoli Piceno. 7 Fig. 2: Documentazione cartografica storica. Pianta pseudoprospettica di Emidio Ferretti del 1646, Catasto Gregoriano del 1819, Carta del Dicastero del Censo 1845. Fig. 3: Documentazione storica iconografica: Piazza Arringo tra il 1880 e il 1912 circa. Fig. 4: Documentazione storica iconografica: ipotesi per il Palazzo del Comune nel XIII sec.; il Palazzo Vescovile nel progetto di Pilotti, 1915; progetto per un albergo nell’area di Palazzo Panichi, 1930. Fig. 5: La costruzione del modello 3D dello stato attuale: la fotomodellazione. Il Battistero e le fontane. 8 Fig. 6: La costruzione del modello 3D dello stato attuale: la fotomodellazione. Palazzo Panichi, Palazzo Vescovile, l’insieme dello spazio urbano di Piazza Arringo (stralcio). Fig. 7: La costruzione del modello 3D dello stato storico. La pianta pseudoprospettica del Ferretti. Fig. 8: Applicazioni di virtuale aumentato: la stereoscopia. Il Battistero e il Duomo. Fig. 9: Applicazioni di virtuale aumentato: la stereoscopia. La piazza: stato attuale e storico. 9 Fig. 10: Applicazioni di virtuale aumentato: panorama 360. Virtual tour: ricostruzioni al XXI, XIX e XVII secolo della piazza. Fig. 11: Applicazioni di virtuale aumentato: panorama 360. Virtual tour: ricostruzioni al XIII secolo, i progetti non realizzati del 1915 per il palazzo vescovile, i possibili link alle informazioni catalogate. Fig. 12: Applicazioni di Realtà Aumentata: la pianta pseudoprospettica di Emidio Ferretti in 3D. 10