CARLO EBANISTA
La cristianizzazione delle aree funerarie nella tarda
antichità: il caso di Cimitile/Nola
Le necropoli di Nola
S
ebbene non manchino testimonianze di
sepolcreti nella zona orientale dell’attuale centro urbano di Nola, le principali aree cimiteriali sorgevano a Nord-Ovest dell’abitato romano1. In via S. Massimo, tanto per
segnalare i rinvenimenti di età tardoantica, sono
state scoperte sepolture in anfora e alla cappuccina che hanno restituito monete di III-IV secolo d.C.2, mentre in via Anfiteatro Laterizio, presso la necropoli preromana, è stato individuato
uno scarico contenente numerosissimi frammenti ceramici databili tra il II e il IV secolo d.C.3.
Nella località Torricelle, che prende il nome dai
due mausolei visibili ad Ovest della città4 (fig. 1),
la necropoli sembra disporsi ai lati di un percorso stradale con orientamento nord-sud che
mostra segni di usura e ricalca forse un percorso più antico: oltre a tombe ad inumazione di
prima e media età imperiale, sono venute alla
luce sepolture infantili in anfore, a cassa di tufo,
a fossa semplice o alla cappuccina; in uno dei
sarcofagi tufacei, ai piedi della defunta, era
deposto un gruzzolo di dieci sesterzi della prima
metà del III secolo d.C.5.
Nel suburbio settentrionale, in corrispondenza dell’attuale territorio comunale di Cimitile, è
stata individuata un’area cimiteriale costituita da
una quindicina di mausolei in opus vitta tum
mixtum e da tombe sub divo 6 (fig. 2). Le sepolture in laterizi si succedevano con ordine perfetto in lunghe file all’aperto o serrate entro locali
in gruppi ordinati7. I mausolei, che oltre alle
tombe terragne accoglievano arcosoli e sarcofagi in marmo, corrispondevano in prevalenza ad
unità familiari, destinate purtroppo a rimanere
senza nome perché non si conosce la prove-
Fig.1 - Nola,localitàTorricelle.Mausoleo funerario di età romana.
Fig.2 - Cimitile,
l’area sepolcrale
alla fine del III secolo,
pianta ricostruttiva.
nienza esatta delle iscrizioni8. La presenza di
un’urna cineraria strigilata (fig. 3) risalente al III d.C. potrebbe costituire un utile elemento
datante, qualora ne fosse accertata con sicurezza la pertinenza al sepolcreto9. Analoga considerazione va fatta per le due lastre di fregio-architrave con raffigurazioni d’armi anch’esse sistemate nell’Antiqua rium (primo trentennio del II
secolo d.C.), laddove fosse provata la loro
appartenenza ad un mausoleo funerario 10.
L’assoluta predominanza delle inumazioni
rispetto al rito dell’incinerazione, attestato soltanto dall’urna (per la quale non si può esclude-
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SALTERNUM
nomico13. Non va escluso che questa necropoli,
ubicata a circa 1,5 km a Nord della città romana,
sia sorta in relazione alla popolazione residente
nelle adiacenti ville rustiche; è noto, infatti, che
soprattutto nelle aree più lontane dalle città in
età imperiale si trovavano piccoli sepolcreti relativi per lo più a ville o fattorie che si estendevano direttamente sulle strade di passaggio o nelle
immediate vicinanze della villa di pertinenza14.
Fig.3 - Cimitile.
Antiquarium, urna
strigilata.
re del tutto la provenienza da un’altra area cimiteriale) e da tre nicchie (non è chiaro se effettivamente destinate a cinerari) esistenti nel mausoleo 7, sembrerebbe indicare che il sepolcreto
sorse nel III secolo d.C.11. Nella necropoli di
Porto all’Isola Sacra, ad esempio, a partire dai
primi decenni del II secolo è documentata la
compresenza dei riti dell’incinerazione e dell’inumazione, mentre dal secolo successivo si assistette alla graduale scomparsa delle nicchie per
urne cinerarie e alla massiccia diffusione delle
inumazioni12. I due sarcofagi marmorei con
scene mitologiche tuttora conservati a Cimitile
(fig. 4) attestano la presenza nel cimitero di strati sociali privilegiati, almeno sotto il profilo eco-
La tomba di S. Felice e la cristia nizza zione
della necropoli settentriona le
Alla fine del III secolo d.C. nella necropoli a
Nord di Nola fu seppellito il sacerdote Felice,
morto il 14 gennaio di un anno a noi sconosciuto; prestigioso esponente della locale comunità
cristiana, Felice aveva amministrato la Chiesa
nolana durante l’assenza forzata del vescovo
Massimo, rinunciando però a succedergli nella
carica15. Qualche decennio prima della deposizione di S. Felice si era formato un nucleo di
deposizioni cristiane con tombe ornate di affreschi16. Le scene veterotestamentarie dipinte nel
mausoleo 13 nella seconda metà del III secolo
indicano, infatti, l’appartenenza dell’ambiente
funerario a membri della comunità cristiana17.
Fig.4 - Cimitile. Antiquarium, sarcofago con mito di Endimione.
- 64 -
CARLO EBANISTA
Paolino di Nola nel carme 18, composto per
il 14 gennaio 400, riferisce che S. Felice fu seppellito in una solitaria e profumata campagna,
ma non fornisce indicazioni sulla tipologia della
sepoltura18. Gli scavi hanno invece appurato che
il santo fu inumato in una tomba terragna in
laterizi (usm 892) nell’ambito della preesistente
necropoli19 (fig. 2). La sepoltura, orientata secondo l’asse est-ovest, fu costruita sul terreno vergine, a breve distanza dal mausoleo 1. Il fondo
venne costituito da quattro mattoni: sull’esemplare situato più ad Ovest fu realizzato il cuscino funebre in malta con incavo centrale per
accogliere il capo del defunto. Per la copertura
s’impiegarono tre grossi laterizi decorati, sul
piatto inferiore, da una sorta di T (con il tratto
orizzontale leggermente ricurvo) realizzata con
la pressione del dito sull’argilla ancora fresca. La
circostanza che la sepoltura 892 fu impiantata
sul terreno vergine potrebbe giustificare, in un
certo senso, quanto Paolino dice a proposito
della deposizione di S. Felice in una solitaria
campagna20.
S. Felice, come hanno accertato gli scavi, fu
deposto a Sud di una tomba con orientamento
est-ovest (usm 893), impiantata sul terreno vergine; realizzata anch’essa in laterizi, la sepoltura
venne completamente rivestita all’interno da
lastre di marmo21. Il rivestimento marmoreo indica che si tratta di un sepoltura privilegiata, relativa ad un esponente di rilievo della societa s
christia na di Nola; non va escluso che possa
trattarsi del vescovo Massimo, contemporaneo
di S. Felice. A Nord della tomba 893 è stata scoperta la forma 894, rivestita di marmo e impiantata quasi alla stessa quota del sepolcro di S.
Felice; è stato supposto che questa tomba sia
appartenuta al vescovo Quinto, successore di
Massimo sulla cattedra nolana22.
Nei primi anni del IV secolo, anteriormente
alla pace religiosa, le sepolture 892, 893 e 894
furono racchiuse da un piccolo edificio quadrato (mausoleo A), cui si accedeva da Sud in rapporto alla strada che giungeva da Nola.
Realizzato in opus vitta tum mixtum, l’ambiente
era rivestito all’esterno da un intonaco dipinto in
rosso; all’interno, invece, le pareti erano affrescate con un motivo ad imitazione dell’opus sec-
Fig.5 - Lastra
con i due fori e il
crioforo sulla tomba
di S.Felice.
Fig.6 - Il mausoleo A,ricostruzione assonometrica.
tile 23. Qualche tempo dopo la costruzione del
mausoleo A, la tomba di S. Felice venne interessata da un intervento volto a consentire alla
comunità cristiana una più adeguata venerazione24. L’operazione comportò l’innalzamento del
calpestio e la parziale distruzione dell’affresco: i
due laterizi, che coprivano la parte occidentale
della tomba, furono incavati e sfondati per sistemarvi un vaso marmoreo a corpo troncoconico
terminante con un puntale. Il recipiente, che
venne a trovarsi pressappoco all’altezza del torace del defunto, fu murato tra due strati di malta
con interposto piano di laterizi. Su questo con-
- 65 -
SALTERNUM
Fig.7 Cimitile.
L’area
sepolcrale
alla fine del III
secolo,pianta
ricostruttiva.
Fig.8 - Epigrafe di un diacono morto nel 541.
Fig.9 - Ricostruzione assonometrica dell’aula ad corpuse del mausoleo
15 (prima metà del IV secolo).
glomerato e sull’orlo del vaso, pressappoco in
quota con la soglia del mausoleo A, venne sistemata una lastra marmorea di reimpiego (fig. 5)
che in origine doveva essere inquadrata, su
almeno tre lati, da una cornice con fregio vegetale, da un listello e da un kyma lesbio. Il fregio
che decorava verosimilmente il quarto lato della
lastra (quello attualmente rivolto verso Sud)
dovette scomparire in occasione del reimpiego,
allorché il marmo fu tagliato fino ad assumere
una larghezza di 81 cm. Nel campo centrale
venne scolpito a rilievo un personaggio stante
che indossa una corta tunica e reca un animale
(pecora?) all’altezza del torace. Alcuni indizi
sembrano suggerire che la raffigurazione, riconoscibile come l’immagine del Buon Pastore, sia
stata scolpita in occasione del reimpiego e che,
quindi, non facesse parte dell’originaria decorazione. In occasione del riutilizzo, ad Ovest del
crioforo ma sempre all’interno del campo centrale della lastra, furono praticati due fori circolari di diverso diametro. Quello meridionale
venne fatto corrispondere al sottostante vaso ed
era chiuso da un tappo marmoreo circolare.
L’altro foro intercettò il vaso solo parzialmente,
tanto che per metterlo in comunicazione con il
recipiente si dovette tagliarne l’orlo; tutt’intorno
venne ricavato un leggero avvallamento in corrispondenza del quale furono praticati quattro
piccoli incassi destinati ad alloggiare un coperchio metallico o una grata.
La lastra con i due fori ha permesso di identificare la sottostante sepoltura 892 con la tomba
di S. Felice. Il primo riferimento al marmo che
copriva il venerato sepolcro ricorre nel carme
1825 (scritto per il 14 gennaio 400), ove Paolino
di Nola racconta che i fedeli cospargevano di
profumo di nardo la tomba e ne traevano
unguenti resi salutari dal contatto26, secondo l’usanza descritta anche dal contemporaneo
Prudenzio. I due fora mina sono descritti nel
carme 21, composto per il 14 gennaio 407, nel
quale Paolino narra la ricognizione del sepolcro
di S. Felice27; l’iniziativa fu originata dal desiderio di comprendere il motivo per cui i vasetti
calati nei due fori della lastra, invece di trarre
fuori il nardo che vi era stato versato, trascinavano su sabbia, polvere, ossicini, cocci e calcinacci28. La presenza dei fora mina e la loro posizione rispetto alla tomba sottostante rinviano
alla consuetudine, diffusa in ambito pagano ma
anche tra i cristiani, di versare nelle tombe latte,
miele, vino, sostanze aromatiche attraverso fori
o tubuli (metallici oppure fittili) che terminavano in corrispondenza del capo del defunto.
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CARLO EBANISTA
La sistemazione della tomba di S. Felice a
Cimitile documenta un precoce caso di reimpiego di spolia ; la lastra, databile forse al I secolo
d.C., venne prelevata da un monumento abbandonato. Il riutilizzo lascia intuire un discreto
impegno finanziario da parte della comunità cristiana di Nola e nello specifico di quella élite
colta, ma praticamente anonima, attiva in campo
edilizio prima dell’arrivo di Paolino29. L’uso del
marmo, sia pure di reimpiego, indica una certa
disponibilità economica e il desiderio di conferire pregio alla tomba di S. Felice. Rilavorata
accuratamente per ricavare l’immagine del Buon
Pastore e i fori, la lastra venne adattata con
attenzione al contesto funerario e al sottostante
vaso, onde allestire al meglio il dispositivo cultuale (fig. 6). Se l’orlo arrotondato dei fori sembra finalizzato a facilitare l’introduzione delle
essenze odorose e dei va scula , la fuoriuscita di
sabbia, polvere, ossicini, cocci e calcinacci
segnalata da Paolino nel carme 21 indica che
almeno uno di essi fosse lasciato aperto o, piuttosto, che fosse protetto soltanto da una grata
che permetteva l’infiltrazione di sporcizia e altro.
Le sepolture ad sanctos e la tra sforma zione
della pra ssi funera ria
Nel panorama funerario tardoantico l’elemento nuovo è, senza dubbio, rappresentato dalle
tombe dei martiri, ma un’altra significativa innovazione è costituita dalla costruzione delle aule
di culto capaci di appagare il desiderio dei più
di ottenere una sepoltura a d sa nctos, oltre che
di accogliere i fedeli nelle celebrazioni annuali30.
Le inumazioni usufruivano, grazie alla vicinanza
alla tomba venerata, dell’energia salvifica attribuita alla presenza del corpo santo31. Il sepolcro
di S. Felice rientra a pieno titolo in questa prassi dal momento che funzionò da polo di attrazione delle sepolture e determinò una massiccia
e disordinata sovrapposizione di tombe cristiane
in tutti gli spazi disponibili, sia all’interno degli
ambienti funerari sia al loro esterno32.
Già anteriormente alla pace religiosa del 313
d.C. due sepolture a d sa nctos (usm 926, 927)
furono impiantate nello stesso mausoleo A, al di
sopra rispettivamente delle tombe 893 e 894, di
cui conservarono l’orientamento. Solo lo spazio
occupato dal sepolcro di S. Felice venne lasciato libero per il riguardo dovuto e per consentire
le pratiche devozionali33. Ben più numerose
furono le sepolture a d sa nctos sistemate, agli
inizi del IV secolo, nei mausolei B e C che prospettavano sul piazzale antistante l’edificio funerario A34 (fig. 7). L’ambiente B, che è coevo al
mausoleo A, ospitò sei inumazioni orientate
Nord-Sud e disposte su tre strati. Il mausoleo C,
cui si accedeva da Sud, accolse forse nove
tombe; al di sopra delle coperture, costituite da
laterizi alloggiati nelle pareti dell’ambiente, iniziava la decorazione a fresco che alla base presentava un motivo vegetale analogo a quello
che ornava il mausoleo B. Il desiderio di essere
deposti presso il sepolcro di S. Felice diede
luogo all’affollamento di inumazioni anche all’esterno dei mausolei. Nel piazzale antistante gli
ambienti A e B, ad esempio, vennero sistemati
due sarcofagi ricavati da un unico blocco di
tufo, ma con due distinti coperchi35. Anche negli
altri edifici funerari della necropoli, ubicati a
maggiore distanza dalla tomba di S. Felice, le
sepolture occuparono tutti gli spazi disponibili.
Diversamente da quanto era accaduto in precedenza, allorché le tombe terragne sfruttavano
razionalmente lo spazio, le sepolture finirono
per occupare disordinatamente l’interno (raggiungendo talora quasi le volte) e l’esterno degli
ambienti funerari. Queste sepolture ‘disordinate’
sono databili per lo più al IV secolo, quando la
necropoli, costellata sempre più di tombe cristiane sin dalla fine del secolo precedente, perse
forse già dall’epoca della pace religiosa il suo
carattere privato o famigliare accentuando quello comunitario36. Questo cambiamento è certamente all’origine dell’addensarsi delle sepolture
negli edifici funerari e nelle loro vicinanze,
secondo una prassi ricorrente nelle aree cimiteriali cristiane. In relazione a questo fenomeno
faccio rilevare, tanto per citare qualche esempio,
le stringenti analogie con quanto avvenne nella
necropoli della via Laurentina ad Ostia37 o nell’area cimiteriale di età imperiale ubicata nel suburbio orientale di Pozzuoli. In quest’ultimo caso
negli ambienti funerari, entro il IV secolo, furo-
- 67 -
SALTERNUM
no realizzate delle sepolture «in fossa terragna o
in cassa di muratura di tufo e copertura di tegole, che spesso riempivano gli edifici sino al livello d’imposta delle volte»38, senza che ci fossero
«più risorse economiche sufficienti ad erigere
nuove costruzioni»39.
Sebbene fuori contesto, le epigrafi cristiane
forniscono utili elementi datanti sull’utilizzo
funerario della necropoli di Cimitile. Tra le iscrizioni recanti la data consolare, la più antica è
quella di Serbilla deceduta nel 35940, mentre la
più recente è dedicata ad una diciottenne di
nome Urbica 41 († 567). La gran parte delle epigrafi appartiene al V-VI secolo, a testimonianza
della modesta frequenza d’inumazioni di riguardo presso la tomba di S. Felice per buona parte
del IV secolo42. Nell’interessante varietà di personaggi cui fanno riferimento le iscrizioni troviamo, oltre a rappresentanti del clero (fig. 8), vergini consacrate, personalità della vita cittadina e
della pubblica amministrazione43.
Nessuna memoria, invece, è rimasta della
massa anonima dei devoti del santo, se si eccettua la preziosa testimonianza dei graffiti44 che
alcuni pellegrini tracciarono all’esterno della
chiesa (fig. 9) eretta dai Nolani, nella prima metà
del IV secolo, sulla tomba di S. Felice, a seguito
della demolizione dei mausolei A, B e C45. L’area
cimiteriale si stava intanto trasformando in un
grandioso e frequentatissimo santuario, grazie
soprattutto alla fervente attività di Paolino di
Nola che vi si stabilì alla fine del IV secolo.
Presso il complesso martiriale, collegato a Nola
da una strada lastricata, sorse un villaggio che
Paolino ricorda per la prima volta nel 399-400.
Dall’originaria destinazione sepolcrale, il santuario e l’abitato derivarono la denominazione di
Cimiterium che nell’altomedioevo si affiancò a
quella ben più antica di Nola; attestato per la
prima volta nell’839, il toponimo si trasformò nel
corso dei secoli in Cimitino e quindi in Cimitile46.
EBANISTA, 2005, pp. 317-320.
POZZI PAOLINI, 1987, pp. 567-568; POZZI PAOLINI, 1988, pp. 722-723;
POZZI PAOLINI, 1989-90, p. 629; SAMPAOLO, 1990, p. 54.
3
SAMPAOLO, 1984, p. 507.
4
Le più antiche attestazioni dei due monumenti sono dovute agli
eruditi locali (LEONE, 1514, c. 12v; REMONDINI, 1747, pp. 106-107); i
resti di un terzo monumento funerario di età augustea sono stati
scoperti in via traversa S. Agata, nei pressi di uno dei mausolei da
sempre in vista (ZEVI, 2004, p. 907).
5
ALBORE LIVADIE - MASTROLORENZO - VECCHIO, 1988, p. 79; DE CARO,
1999a, p. 840.
6
EBANISTA, 2003, pp. 49-111.
7
CHIERICI, 1957, p. 107.
8
TESTINI, 1985, p. 341.
9
EBANISTA, 2003, pp. 61-63, fig. 11.
10
PENSABENE, 2003, p. 163.
11
EBANISTA, 2003, p. 58.
12
CALZA, 1940, p. 68; BALDASSARRE, 1980, p. 127; PAVOLINI, 1983, p.
262; TAGLIETTI, 2001, p. 149.
13
EBANISTA, 2003, pp. 64-68, figg. 12-13.
14
EBANISTA, 2003, p. 558.
15
EBANISTA, 2006, pp. 17-18.
16
TESTINI, 1985, p. 339.
17
KOROL, 1987, p. 177.
18
PAUL. NOL. carm. 18, 131-137.
19
EBANISTA, 2006, pp. 23-24, figg. 4-7.
20
EBANISTA, 2003, pp. 49, 101.
21
EBANISTA, 2006, pp. 24-27, figg. 4-5, 8.
22
EBANISTA, 2006, pp. 27-28, figg. 4-5, 9.
23
EBANISTA, 2003, pp. 98-99.
24
EBANISTA, 2006, pp. 31-37, figg. 11-15.
25
PAUL. NOL. carm. 18, 92-93 (Ecce vides tumulum sacra martyris
ossa tegentem | et tacitum obtento servari marmore corpus).
26
PAUL. NOL. carm. 18, 38-39 (Martyris hi tumulum studeant perfundere nardo, | ut medicata pio referant unguenta sepulchro).
27
PAUL. NOL. carm. 21, 558-642; cfr. EBANISTA, 2003, p. 135.
28
PAUL. NOL. carm. 21, 590-600 (Ista superficies tabulae gemino patet
ore | praebens infuso subiecta foramina nardi. | Quae cineris
sancti veniens a sede reposta | sanctificat medicans arcana spiritus
aura, | haec subito infusos solito sibi more liquores | vascula de
tumulo terra subeunte biberunt, | quique loco dederant nardum,
exhaurire parantes, | ut sibi iam ferrent, mira novitate repletis | pro
nardo vasculis cumulum erumpentis harenae | inveniunt pavidique manus cum pulvere multo | faucibus a tumuli retrahunt), 605608 (pulvis ... | quem manus e tumulo per aperta foramina promptum | hauserat et varia concretum sorde ferebat | cum ossiculis
simul et testis cum rudere mixtis).
29
TESTINI, 1985, p. 365.
30
PANI ERMINI, 1989, p. 845; ARIÈS, 1992, pp. 37-45; DELLE ROSE, 1993,
p. 772.
31
L’orientamento canonico delle tombe scomparve quando il culto
dei martiri provocò nei cimiteri il formarsi di poli di attrazione intorno ai quali sorsero sepolcri e mausolei; è proprio la presenza di
edifici-fulcro di carattere monumentale, verso i quali convergono le
sepolture, che più colpisce nei cimiteri sub divo dell’epoca della
pace e che distingue nettamente l’urbanistica delle necropoli cristiane da quella delle antiche aree pagane (FASOLA - FIOCCHI NICOLAI,
1989, p. 1175).
32
EBANISTA, 2003, pp. 59-60, 558.
33
EBANISTA, 2003, p. 107.
34
EBANISTA, 2003, pp. 97-98, 558-559, fig. 23.
35
EBANISTA, 2003, p. 111, fig. 27 (usm 919-920).
36
TESTINI, 1978, p. 168.
37
PAROLI, 1993, p. 155.
38
GIALANELLA - DI GIOVANNI, 2001, p. 166.
39
DE CARO, 1999b, p. 226, tav. X n. 1.
40
CIL, X/1, p. 152, n. 1338.
41
CIL, X/1, p. 154, n. 1361.
42
TESTINI, 1985, p. 368.
43
TESTINI, 1985, pp. 367-370.
44
FERRUA, 1965; EBANISTA, 2003, pp. 124-126, fig. 37; LAMBERT, 2004,
p. 61, fig. 18; GALANTE, 2005; EBANISTA, 2006, pp. 52-53, fig. 27.
45
EBANISTA, 2003, pp. 118-158; EBANISTA, 2006, pp. 49-51, figg. 24-25.
46
EBANISTA, 2003, pp. 556-558; EBANISTA, 2005, pp. 350-357.
1
2
- 68 -
CARLO EBANISTA
Referenze delle illustra zioni: figg. 1, 3-4 (Carlo Ebanista); figg. 2, 6-7, 9 (Rosario Claudio La Fata); figg. 5, 8 (EBANISTA, 2006,
figg. 13, 48).
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