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ACCADEMIA ANGELICO COSTANTINIANA DI LETTERE ARTI E SCIENZE Associazione Angelo-Comneno onlus COOPACAI PHOENIX SCARL Studi sull’Oriente Cristiano Diretta da Gaetano Passarelli 28 1 Roma 2024 LE PREGHIERE INIZIALI E IL DIALOGO INTRODUTTORIO DELLA DIVINA LITURGIA BIZANTINA* Stefano Parenti 1. Il rito oggi Per iniziare occorre prendere atto che non è facile dare conto della pratica attuale che varia molto secondo le edizioni. Negli eucologi greci e nei libri slavi una volta rientrato nel santuario al termine dell’incensazione iniziale, il diacono si prostra per tre volte dinanzi all’altare insieme al presbitero. Quindi recitano a bassa voce il tropario “Re celeste”, seguito da due versetti (Lc 2,14 due volte e Sal 50,17 [LXX] una volta) accompagnati ciascuno da una prostrazione, poi il presbitero bacia il Vangelo e l’altare e il diacono l’altare1. Segue il dialogo tra presbitero e diacono. Nell’ultima edizione dello Hieratikon di Atene l’ordine risulta però invertito: prima viene il dialogo quindi il tropario con i * L’articolo è parte della ricerca compiuta dall’autore nell’ambito del progetto Geschichte der byzantinischen “Heilige Liturgie” Teil I: Des Wortgottesdienst. Deutsche Forschungsgemeinschaft (DFG) - Projektnummer 460825310: https://gepris.dfg.de/gepris/projekt/460825310. Abbreviazioni e sigle: Dmitrievskij, Описание II = A. A. Dmitrievskij, Описание литургических рукописей, хранящихся в библиотеках православнаго Востока II: Εὐχολόγια, Kiev 1901 (Hildesheim 1965). Follieri, Initia I-V = H. Follieri, Initia Hymnorum Ecclesiæ Græcæ, I-V (Studi e Testi 211-215), Città del Vaticano 1960-1966. Jacob, Léon Toscan = A. Jacob, La traduction de la Liturgie de s. Jean Chrysostome par Léon Toscan, in OCP 32 (1966), 111-162. OCA = Orientalia Christiana Analecta. OCP = Orientalia Christiana Periodica. Swainson, The Greek Liturgies = C. A. Swainson, The Greek Liturgies Chiefly from Original Authorities, Cambridge 1884 [Hildesheim - New York 1971]. Velkovska, The Pontifical Diataxis = E. Velkovska, The Pontifical Diataxis “according to the Rite of the Great Church” (London, British Library Add. 34060). Α New Edition, in Studi sull’Oriente Cristiano 24/2 (2020), 115-150. 1 Εὐχολόγιον τὸ μέγα, Venezia 1862 (Atene 1992), 43-44; Εὐχολόγιον τὸ μέγα σὺν Θεῷ ἁγίῳ, Roma 1873, 41; Εὐχολόγιον τὸ μέγα ἀναθεωρηθὲν καὶ διὰ παντοίων σημειώσεων καὶ νέων εὐχῶν πλουθισθέν, Atene 1927, 31-32. Per le tradizioni slave: a) recensione volgata: Служебник, Mosca 2011, 96-97; b) recensione rutena: Литургикон сиесть Служебник, Roma 1952, 190; c) rito dei Vecchio-Credenti: Старообрядческое Богослужение. Литургия, Mosca 2016, 62 (il tropario e i versetti sono recitati dal solo diacono). 109 versetti2. Da Pasqua al mercoledì che precede l’Ascensione a posto di “Re celeste” si recita tre volte il tropario pasquale “Cristo è risorto”, senza prostrazioni, e dall’Ascensione al sabato prima di Pentecoste il tropario dell’Ascensione una sola volta, per riprendere “Re celeste” la domenica di Pentecoste3. A questo punto tra il presbitero che presiede e il diacono si svolge un dialogo a bassa voce con il quale quest’ultimo chiede il permesso di esercitare il suo ministero. Come vedremo più avanti (II § 7) qui le differenze tra le edizioni greche e quelle slavo-ecclesiastiche (e relative traduzioni) sono ancora più accentuate4. Per questo motivo rinuncio a riportare un textus receptus greco perché nei fatti non esiste. Terminato il dialogo, il diacono, muovendosi in senso antiorario, passa e si segna dinanzi alla cattedra dell’abside, quindi si inchina verso il presbitero ed esce dal santuario attraverso la porta settentrionale dell’iconostasi per fermarsi, secondo le consuetudini del luogo, davanti alle porte sante oppure nel centro della chiesa. Qui si segna per tre volte recitando a bassa voce il Sal 50,17 e dà inizio alla Liturgia con l’invito “Benedici, signore” (Εὐλόγησον, δέσποτα) cantato ad alta voce. In assenza del diacono il dialogo è omesso. Nella Liturgia episcopale non solo i diaconi ma anche il primo dei presbiteri concelebranti chiede il permesso di iniziare la Liturgia al vescovo che è seduto su una cattedra mobile nel centro della chiesa5. Dato che le preghiere iniziali e il dialogo sono entrati in tempi e momenti diversi, i singoli elementi verranno esaminati separatamente. Nel caso ce ne fosse bisogno, voglio precisare che l’espressione “preghiere iniziali” riferite al tropario “Re celeste” e ai versetti Lc 2,14 e Sal 50,17 è di comodo, essendo il primo elemento un inno e non una preghiera. Avverto anche che in questa sede non prenderò in considerazione la ritualità che accompagna i testi, come la posizione assunta dai ministri, inchini, prostrazioni, baci e segni di croce. Per la datazione e, quando possibile, la localizzazione delle fonti manoscritte Ἱερατικὸν περιέχον τὰ τῷ ἱερεῖ ἀνήκοντα ..., Atene 20045, 107-108 e 342 per i motivi che hanno suggerito il cambiamento. 3 Liturghier cuprinzând Vecernia, Utrenia, Dumnezeieştile Liturghii …, Bucureşti 2012, 152 dove però non si prescrive di recitare il tropario dell’Ascensione nei giorni sopra indicati. 4 V. V. Pečatnov, Божественная литургия в России и Греции. Сравнительное изучение современного чина, Mosca 2008, 85-94. 5 Ἀρχιερατικον συνταχθεν ὑπὸ Μητροπολιτου Τυρολος καὶ Σερεντιου Παντελεημονος Ῥοδοπούλου, ἐκδοθὲν δαπάναις τοῦ Μητροπολίτου Ἱεραπύτνης καὶ Σητείας Εὐγενίου (Λειτουργικὰ Βλατάδων 6), Thessaloniki 2004, 18; Чиновник Архиерейскаго священнослужения 1, Mosca 1982, 56-57. 2 110 rimando all’Elenco cronologico dei manoscritti liturgici nel volume dello scrivente sull’anafora di Crisostomo6. I. Le preghiere iniziali 1. Il tropario Re celeste7 Nei libri liturgici odierni la recita del tropario è prescritta nelle preghiere iniziali prima della vestizione dei ministri, prima dell’inizio della Divina Liturgia eucaristica e subito dopo la benedizione iniziale di quasi tutte le sinassi della Liturgia delle Ore, di alcuni sacramenti e di pressoché tutti gli altri riti liturgici nell’eucologio8. La collocazione assegnata al tropario ha suggerito al teologo russo Pavel N. Evdokimov († 1970) la suggestiva immagine di una “epiclesi generale sulla soglia del Mistero” analoga al Veni Sancte Spiritus della Liturgia romana9. Per il metropolita Marco di Efeso († 1445) il testo ha funzione catartica, ottiene la “purificazione da ogni malizia e ci rende degni di stare alla presenza di Dio”10. Per Simeone di Tessalonica († 1429) lo Spirito viene qui invocato per “santificare le preghiere” e per insegnarci come pregare (cfr. Lc 11,1), pensiero che verrà ripreso da Nikolai Gogol († 1852) nelle Meditazioni sulla Divina Liturgia11. La storia insegna però che all’origine il testo era stato composto con altre finalità. 6 S. Parenti, L’anafora di Crisostomo. Testo e contesti, (Jerusalemer Theologisches Forum 36), Münster 2020, 559-588. 7 Nel paragrafo riprendo con le necessarie correzioni e integrazioni quanto scritto quasi venti anni orsono in S. Parenti - E. Velkovska, ‘Re celeste, paraclito, Spirito di verità’. Il Veni creator Spiritus della liturgia bizantina, in Spiritus spiritalia nobis dona potenter infundit. A proposito di tematiche liturgico-pneumatologiche. Studi in onore di Achille M. Triacca, sdb, ed. E. Carr (Studia Anselmiana 139 = Analecta Liturgica 25), Roma 2005, 387-404; cfr. anche I. M. Phountoulē, Ἀπαντήσεις εἰς λειτουργικάς ἀπορίας III, Thessaloniki 1976, 97-99. 8 Alcune indicazioni in K. Nikol’skij, Пособие к изучению устава богослужения Православной Церкви, S. Pietroburgo 19077, 175 e nota 2. Per l’occorrenza del tropario nei libri liturgici si veda Follieri, Initia I, 223. 9 P. Evdokimov, L’Ortodossia, con prefazione di O. Clément e introduzione di E. Lanne, Bologna 1981, 369, ma forse il parallelo sarebbe più appropriato con il Veni Creator Spiritus. 10 Marci Eugenici Expositio Officii Ecclesiastici, PG 160, coll. 1163-1194: 1169. 11 N. B. Gogol, Размышления о Божественной Литургии (сокращенный текст), Bruxelles 1976, 9; cfr. N. Gogol, Meditazioni sulla Divina Liturgia. Traduzione italiana, presentazione e note a cura di D. Como, Palermo 19732 , 33. Si legga anche la riflessione di O. Clément, Tre Preghiere. Il Padre nostro, la preghiera allo Spirito Santo, la preghiera penitenziale di sant’Efrem, (Già e non ancora 285), Milano 1995, 53-71. 111 Il tropario è il secondo di una serie di tre da intercalare alla salmodia dei vespri la sera di Pentecoste celebrati secondo il rito hagiopolita. Il più antico documento che lo riporta è il tropologion Sinai gr. NE ΜΓ 5 del IX secolo, latore di un testo quasi identico a quello poi passato nel rito bizantino: Βασιλεῦ οὐράνιε, παράκλητε, τὸ Πνεῦμα τῆς ἀληθείαςa τὸ πανταχοῦ παρὼν καὶ τὰ πάντα πληρῶν, ὁ θησαυρὸς τῶν ἀγαθῶν καὶ ζωῆς χορηγός, ἐλθὲ καὶ συσκήνωσον ἐν ἡμῖν καὶ καθάρισον ἡμᾶς ἀπὸ πάσης κηλῖδος καὶ σῶσον, ἀγαθέ, τὰς ψυχὰς ἡμῶν12. a Io 15,16 Data l’assenza nel più antico Iadgari georgiano13, l’inno appartiene alla seconda edizione del tropologion e in epoca imprecisata ha influenzato la seconda epiclesi dell’anafora nei manoscritti melkiti della Liturgia di s. Marco14: “Re celeste” Βασιλεῦ οὐράνιε, Liturgia di s. Marco ... ἐξαπόστειλον αὐτὀν τὸν παράκλητον, τὸ Πνεῦμα τῆς ἀληθείας τὸ πανταχοῦ παρὼν καὶ τὰ πάντα πληροῦν ... παράκλητε, τὸ Πνεῦμα τῆς ἀληθείας τὸ πανταχοῦ παρὼν καὶ τὰ πάντα πληρῶν ... Nella Vita di S. Basilio il Giovane [BHG 263], scritta a Costantinopoli dopo il 961, il tropario è cantato in funzione anti-macedoniana. Se non è una finzione narrativa, all’agiografo il testo non sembra suoni molto familiare: Ed ecco, tutte le divine potenze dei santi angeli iniziarono a cantare un inno di lode dolce e inconsueto e un canto celeste, alla lingua umana indescrivibile e ineffabile per lodare lo Spirito divino e principio di vita, come se lo convocasse. L’inno era il seguente: “Re celeste, consolatore, Spirito di Verità, che sei Sinai gr. NE ΜΓ 5, f. 71v: A. Nikiforova, Из истории Минеи в Византии: Гимнографические памятники VIII-XII вв. из собрания монастыря святой Екатерины на Синае, Mosca 2012, 233 § 65. 13 Ch. Renoux, L’Hymnaire de Saint-Sabas (Ve-VIIIe siècle): le manuscrit géorgien H 2123. I: Du Samedi de Lazare à la Pentecôte (Patrologia Orientalis 50), Turnhout 2008, 485496, 535-536. 14 G. J. Cuming, The Liturgy of St. Mark edited from the manuscripts with a Commentary (OCA 234), Roma 1990, 46, ll. 4-7. L’interpolazione è assente nei testimoni più antichi come la pergamena di John Rylands (VI secolo) e la più o meno contemporanea tavoletta British Library 54036 (ibid., xxviii-xxix, 47, 126). 12 112 ovunque presente e ogni cosa ricolmi, tesoro di beni e datore di vita, vieni e manifestati in mezzo a noi per svergognare e disonorare l’infame Macedonio”15. Un secolo dopo era certamente ben conosciuto ai monaci di Stoudios come si apprende dal typikòn fatto redigere tra il 1034 e il 1043 dal patriarca Alessio studita (1025-1043) e giunto a noi in versione paleoslava16. Sempre in ambiente studita, nell’Hypotyposis o Regola ascetica composta da Niceta Stethatos tra il 1075 e il 1090, il tropario figura tra le preghiere iniziali dell’Ora Prima e nelle devozioni che il monaco compie appena destato dal letto17. Il contesto in cui l’inno di Pentecoste appare per la prima volta tra le preghiere iniziali è dunque devozionale e privato, un ambito dell’esperienza religiosa che un filone degli studi liturgici tende a emarginare o a ritenere secondario, mentre è di estremo interesse nella misura in cui rivela un legame con le correnti spirituali del tempo. Nel nostro caso il pensiero va agli scritti di Simeone il Nuovo Teologo (949?-1022)18, maestro di Niceta Stethatos. In particolare, nella preghiera (non liturgica) allo Spirito si notano alcune analogie lessicali e tematiche con il “Re celeste”, quali l’imperativo ἐλθέ ripetuto all’inizio delle prime 28 strofe e, soprattutto, il passaggio νῦν οὖν ἐνσκήνωσον ἐν ἐμοί, che corrisponde all’ἐλθὲ καὶ σκήνωσον ἐν ἡμῖν del tropario19. Per restare a Costantinopoli, il tropario viene prescritto come primo elemento delle preghiere iniziali delle Ore Terza, Sesta e Nona e dei Vespri nel Salterio-Horologion Cambridge Houghton Library 3 (a. 1105)20. 1.1. Prima dell’inizio della Liturgia La presenza del tropario nella funzione che oggi ricopre prima dell’inizio della Divina Liturgia è piuttosto discontinua. Lo troviamo per esempio in Italia meridionale nel Barberini gr. 316 (XII s. in.) accompagnato dal solo Sal 50, 17 e nel Vaticano gr. 2005 del 1194/5 (senza versetti), in entrambe le fonti tra 15 The Life of Saint Basil the Younger, edd. S. McGrath, D. F. Sullivan, and A.-M. Talbot (Dumbarton Oaks Studies 45), Washington, D.C 2014, 568/570. 16 Nei vespri di Pentecoste e in quelli della “Genuflessione” la sera seguente: A. M. Pentkovskij, Типикон патриарха Алексия Студита в Византии и на Руси, Mosca 2001, 272, 273. 17 G. R. Parpulov, Toward a History of Byzantine Psalters ca. 850-1350 AD, Plovdiv 2014, 277, 295. 18 Cfr. “Symeon the Theologian” in Oxford Dictionary of Byzantium 3, 1987 (A. Kazhdan). 19 Symèon le Nouveau Théologien, Hymnes 1-15, introduction, texte critique et notes par J. Koder, traduction par J. Paramelle (SC 156), Paris 1969, 150-155, qui: 152, ll. 36-37. 20 J. Anderson - S. Parenti, A Byzantine Monastic Office, 1105 A.D. Houghton Library, MS gr. 3, Washington DC 2016, 116, 120, 124, 152. 113 la fine della prothesis e la dossologia che conclude la lettura dell’Ora Terza21. Più tardi il tropario si incontra nel Patmos 719, rotolo di incerta provenienza, comunemente datato al XIII secolo, dove la sua triplice recitazione è prescritta al celebrante all’ingresso in chiesa quando bacia le icone, prima della benedizione iniziale della Divina Liturgia e nei riti pre-anaforici22. Conosce l’inno, ma in alternativa ai versetti di Lc 2,14 + Sal 50, 17, la diataxis redatta sull’Athos da Filotheos Kokkinos prima del 134123, ma non la diataxis pontificale preparata nel 1386 da Demetrios Gemistos, diacono di Hagia Sophia, pur largamente debitrice dell’opera di Filotheos. A posto delle preghiere iniziali Gemistos prevede la triplice ripetizione della “preghiera del Pubblicano” (cfr. Lc 18,13)24. In seguito il tropario riappare in Italia meridionale nel Grottaferrata Γ.β. III (post 1357) accompagnato dal solo Sal 50,1725 e nel codice salentino Marsiglia 103 (XIV s.) insieme ad altri inni e preghiere segnalati con il solo incipit26. Lo ignorano però i commentari liturgici di Nicola Cabasilas (ca. 1350)27 e di Simeone di Tessalonica († 1429)28. L’uso si stabilizza soltanto nella seconda Barberini gr. 316, f. 7v: Καὶ ... εἴσεισι πρὸ τοῦ βήματος, ἔνθα τίθησι τρία προσκυνήματα σχολαιότερον, λέγων καθ’ ἑαυτὸν τὸ Βασιλεῦ οὐράνιε ὅλον. Καὶ τὸ Κύριε, τὰ χείλη μου ἀνοίξεις. Vaticano gr. 2005, f. 5r: Καὶ βάλλει τρεῖς μετανοίας ἐνώπιον τοῦ θυσιαστηρίου καὶ λέγει τὸ Βασιλεῦ οὐράνιε ὅλον (CHR), f. 30r: ὁ ἱερεὺς καὶ ὁ διάκονος βάλλουσιν τρεῖς μετανοίας ἐνώπιον τῆς ἁγίας τραπέζης, λέγουσιν δὲ τὸ Βασιλεῦ οὐράνιε ὅλον (BAS). 22 Dmitrievskij, Описание II, 170; R. F. Taft - S. Parenti, Storia della Liturgia di S. Giovanni Crisostomo. Volume II: Il Grande Ingresso. Edizione italiana rivista, ampliata e aggiornata (Ἀναλεκτα Κρυπτοφερρης 10), Grottaferrata 2014, 425. 23 Διατάξεις τῆς Θείας Λειτουργίας κατὰ τὰ Βατοπαιδινὰ χειρόγραφα τοῦ ιδʹ αἰῶνα Ι: Κείμενα, Ἱερὰ Μεγίστη Μονὴ Βατοπαιδίου, Ἅγιον Ὀρος 2019, 62. 24 Ibid., 99: Ὁ θεός, ἱλάσθητί μοι τῷ ἁμαρτωλῷ. L’aggiunta “ed abbi pietà di me” (καὶ ἐλέησόν με), ignota anche all’editio princeps del 1526 (Swainson, The Greek Liturgies, 202), si incontra però nell’epistolario di Giovanni Apokaukos metropolita di Naupaktos († 1233): N. A. Bees, Unedierte Schriftstücke aus der Kanzlei des Johannes Apokaukos des Metropoliten von Naupaktos (in Aetolien), in Byzantinisch-neugriechische Jahrbücher 21 (1971-1974), 57-160: 72 l. 36 (lettera 4). 25 Grottaferrata Γ.β. III, f. 7r: καὶ σφραγίσας τὸν λαόν, τίθησιν μετανοίας γʹ λέγων Βασιλεῦ οὐράνιε ... Κύριε τὰ χεῖλη ... 26 Marsiglia 103, p. 12: Εἶτα ἔρχεται ὁ ἱερεύς ἔμπροσθεν τοῦ ἱλαστηρίου λέγων οὕτως· Βασιλεῦ οὐράνιε. Προστασία τῶν χριστιανῶν (Follieri, Initia III, 365-366). Ὁ θεός, ἄνες, ἄφες, συγχώρησόν μοι τῷ ἁμαρτωλῷ. Sulla preghiera penitenziale rimando a Anderson - Parenti, A Byzantine Monastic Office, 142, 320 e Parenti, L’anafora di Crisostomo, 140-141. 27 N. Cabasilas, Explication de la Divine Liturgie. Traduction et notes de S. Salaville, 2e édition munie du texte grec revu et augmenté par R. Bornert, J. Gouillard, P. Perichon (SC 4bis), Paris 1967. 28 St. Symeon of Thessalonika, The Liturgical Commentaries, edited and translated by S. Hawkes-Teeples (Studies and Texts 168), Toronto 2011. 21 114 metà del Quattrocento29, viene codificato nell’editio princeps del 152630 e da lì passa nell’editio princeps italo-greca del 160131. 2. I versetti di Lc 2,14 + Sal 50,17 L’unità formata dai versetti di Lc 2,14 + Sal 50,17 vanta una grande antichità. Nella tradizione siro-orientale è recitata da colui che presiede all’inizio del Lelya (notturno) e del Razo (eucaristia)32, è presente nel rito del Tikrit33 e tra i riti iniziali del Lelia, dei vespri e del Qurbana (eucaristia) maroniti34. In JAS i versetti introducono il dialogo pre-anaforico35 e nel rito bizantino sono recitati dal lettore o cantati dal coro prima dei sei Salmi fissi (ἐξάψαλμος) all’inizio del mattutino, antico notturno hagiopolita36. È bene però precisare che con questa storia i versetti introduttori di Lc 2,14 + Sal 50,17 prima dell’inizio della Divina Liturgia non hanno nulla da spartire se non nello stadio finale del loro impiego. Come abbiamo visto, è nel XII secolo in Italia meridionale che per la prima volta si incontra il Sal 50,17, ripetuto tre volte nel Vaticano gr. 1863 (a. 1154/1189), poi nel XIII secolo nel rotolo Patmos 719 e nell’Harley 556137 – entrambi non italogreci – quindi nel Grottaferrata Γ.β. III (Tropea, post 1357), nella stessa posizione del codice vaticano38, e nel Pio II gr. 35 (XIV s.)39. È nella diataxis di Filotheos Kokkinos (ante 1341) che per la prima volta il Sal 50,17 e Lc 2,14 compaiono insieme, il primo recitato due volte e il se- P. es. nel Vaticano gr. 1978, f. 2rv. Swainson, The Greek Liturgies, 109. 31 Αἱ θεῖαι Λειτουργίαι τῶν ἐν ἁγίοις πατέρων ἡμῶν Ἰωάννου τοῦ Χρυσοστόμου, Βασιλείου τοῦ Μεγάλου, καὶ ἡ τῶν Προηγιασμένων, Roma 1601, 4. 32 J. Mateos, Lelya - Ṣapra. Essai d’ interprétation des matines chaldéennes (OCA 156), Roma 1959, 43. 33 Sul rito del Tikrit si veda J. Mateos, Les matines chaldéennes, maronites et syriennes, in OCP 26 (1960), 51-73: 65-71. 34 J. Mateos, Le “Gloria in excelsis” du début des offices maronites, in Orient Syrien 12 (1967), 117-121. Per la tradizione manoscritta cfr. P. E. Gemayel, Avant-messe maronite. Histoire et structure (OCA 174), Roma 1965, 290-292. 35 B.-Ch. Mercier, La Liturgie de saint Jacques. Édition critique du texte grec avec traduction latine (Patrologia Orientalis 26/2), Paris 1946, 190. 36 J. Mateos, Quelques problèmes de l’othros byzantin, in Proche-Orient Chrétien 11 (1961), 17-35: 24-25. 37 Dmitrievskij, Описание II, 170; Harley 5561, f. 3rv. 38 Grottaferrata Γ.β. III, f. 7r: καὶ σφραγίσας τὸν λαόν, τίθησιν μετανοίας γʹ λέγων· Βασιλεῦ οὐράνιε ... Κύριε τὰ χεῖλη ... 39 Pio II gr. 35, f. 1v. 29 30 115 condo una sola volta40, ad imitazione evidente della coppia di versetti che introduce l’exapsalmos del mattutino. Come abbiamo visto, nella diataxis di Filotheos i due versetti vengono dati in alternativa al tropario “Re celeste”, ma già tra il XIV e il XV secolo la particella avversativa “o” scompare41, le due formule alternative divengono entrambe obbligatorie e passano nelle edizioni. Forse perché, come si dice in Russia, “a Dio piace il triplice” (троицу Бог любит), lo Hieratikon di Simonos Petras e il recentissimo Hieratikon di Costantinopoli a Lc 2,14 e al Sal 50,17 hanno aggiunto l’invocazione Κύριε, Κύριε, ἄνοιξον ἡμῖν τὴν θύραν τοῦ ἐλέους σου42. II. Il dialogo introduttorio 1. “Chiedere il tempo” Come ha già spiegato Juan Mateos, nei testi liturgici bizantini l’espressione idiomatica “chiedere” (o benedire) il tempo (καιρός)” significa “chiedere il permesso” per iniziare una celebrazione e porta come esempio proprio il dialogo introduttorio della Liturgia: Le mot καιρός est parfois synonyme de εὐλογία et signifie aussi «permission». Il est utilisé en ce sens dans le dialogue entre le prêtre et le diacre qui précède la bénédiction initiale, où le diacre demande au prêtre la permission d’officier (καιρός τοῦ ποιῆσαι τῷ Κυρίῳ = permission de célébrer pour le Seigneur)43. Διατάξεις, 62. Per esempio già nella prima versione slava realizzata nel monastero serbo di Chilandar sull’Athos: M. Zheltov, A Slavonic Translation of the Eucharistic Diataxis of Philotheos Kokkinos from a Lost Manuscript (Athos Agiou Pavlou 149), in Τοξότης. Studies for Stefano Parenti, (Ἀνάλεκτα Κρυπτοφέῤῥης 10), Grottaferrata 2010, 345-359: 359, quindi nella versione di Cipriano metropolita di Kiev (1375-1406): N. F. Krasnosel’cev, Материалы для истории чинопоследования Литургии св. Иоанна Златоустого, Kazan 1889, 49. Distingue invece le due formule la versione slava di Eutimio di Tărnovo (1375-1393): E. Kałužniacki, Werke des Patriarchen von Bulgarien Euthymius (1375-1393) nach den besten Handschriften, Wien 1901 (London 1971), 289. Per la tradizione manoscritta greca segnalo il Sinai gr. 2046 (XIV-XV s.), f. 8v. 42 Ἱερατικὸν αʹ, περιέχον ἅπασαν τὴν τοῦ Ἱερέως διάταξιν ... καὶ τὴν θείαν Λειτουργίαν τοῦ ἐν ἁγίοις πατρὸς ἡμῶν Ἰωάννου τοῦ Χρυσοστόμου ..., Ἔκδοσις ‘Ἱερᾶς Μονῆς Σίμωνος Πέτρας, Ἁγιον Ὄρος 20046, 92; Ἱερατικὸν περιέχον τὰς θείας καὶ ἱερὰς Λειτουργίας, Ἔκδωσις Οἰκουμενικοῦ Πατριαρχείου 2020, 162. 43 J. Mateos, Le Typicon de la Grande Église. Ms. Sainte-Croix Nº. 40. Introduction, texte critique, traduction et notes. II: Le cycle des fêtes mobiles (OCA 166), Roma 1963, 299, “Index liturgique”, s.v. καιρός. Mateos, Célébration, 97. 40 41 116 Nella storia testuale dell’ordo communis di BAS e CHR un’esplicita richiesta del καιρός appare per la prima volta nell’eucologio Grottaferrata Γ.β. II, copiato nella Calabria settentrionale all’inizio del XII secolo: Καὶ ὁ διάκονος σταθεὶς ἔνδωθεν τῶν ἁγίων θυρῶν, λαβὼν καιρὸν ἐκ τοῦ ἱερέως, λέγει· Εὐλόγησον, δέσποτα. Ὁ ἱερεύς· Εὐλογημένη ἡ βασιλεία τοῦ πατρὸς καὶ τοῦ υἱοῦ καὶ τοῦ ἁγίου. Ἐν εἰρήνη τοῦ Κυρίου δεηθῶμεν44. Dunque, secondo la rubrica, il diacono chiede il καιρός all’interno del santuario, e lì resterebbe anche per dare inizio alla Liturgia e proclamare la colletta (συναπτή) litanica. Nel Bodleian Auct. E.5.13, copiato per il monastero del SS. Salvatore di Messina tra il 1121/2 e il 1132, e che segue, sebbene non pedissequamente, la stessa tradizione rubricale, troviamo una precisazione. Il diacono chiede il καιρός, evidentemente nel santuario, ma poi raggiunge il luogo stabilito (il solea oppure dinanzi alle porte sante) da dove svolgerà il suo ministero: Καὶ λαβὼν ὁ διάκονος καιρὸν παρὰ τοῦ ἱερέως, ἐστὼς ἐν τῷ σωλαίᾳ ἢ ἔμπροσθεν τῶν ἁγίων θυρῶν, λέγει Εὐλόγησον, δέσποτα. Ὁ ἱερεύς· Εὐλογημένη ἡ βασιλεία τοῦ πατρός καὶ τοῦ υἱοῦ καὶ τοῦ ἁγίου πνεύματος45. La comparazione dei testi evidenzia qualche problema di trasmissione in entrambi i manoscritti: Grottaferrata Γ.β. II Καὶ ὁ διάκονος σταθεὶς ἔνδωθεν τῶν ἁγίων θυρῶν, λαβὼν καιρὸν ἐκ τοῦ ἱερέως, Bodeleian Auct. E. 5. 13 Καὶ λαβὼν ὁ διάκονος καιρὸν παρὰ τοῦ ἱερέως, ἐστὼς ἐν τῷ σωλαίᾳ ἢ ἔμπροσθεν τῶν ἁγίων θυρῶν, λέγει· Εὐλόγησον, δέσποτα. Ὁ ἱερεύς· Εὐλογημένη ἡ βασιλεία ... λέγει· Εὐλόγησον, δέσποτα. Ὁ ἱερεύς· Εὐλογημένη ἡ βασιλεία... 44 Grottaferrata Γ.β. II, f. 2v (CHR), cfr. S. D. Muretov, К материалам для истории чинопоследования Литургии, Sergiev Posad 1895, 3. Una rubrica quasi identica anche in BAS (f. 23v) dove στέκων sostituisce σταθείς, e nel Vaticano gr. 1811 (a. 1147), f. 73r. 45 A. Jacob, Un euchologe du Saint-Sauveur « in Lingua Phari » de Messine. Le Bodleianus Auct. E.5.13”, in Bulletin de l’Institut Historique Belge de Rome 50 (1980), 283-364: 299, § 1.3, cfr. Bodleian Auct. E.5.13, f. 7r. Il copista tronca per sospensione il termine σωλαίᾳ (σωλαί) che l’editore ha risolto erroneamente in σωλαίῳ, cfr. Lexikon zur byzantinischen Gräzität, besonders des 9.-12. Jahrhunderts, ed. E. Trapp, (Österreichische Akademie der Wissenschaften, Philosophisch-historische Klasse), Wien 1994-2011, 1733 (ὁ σωλέας). 117 2. Il dialogo tra i ministri 2.1. Calabria e Sicilia Alcuni decenni dopo ritroviamo la rubrica del Bodleian Auct. E.5.13 nell’eucologio calabro Vaticano gr. 1863 (a. 1154/1189), preceduta da un breve dialogo: Εἶθ’ οὕτως λέγει ὁ διάκονος τοῦ ἱερέως (sic)· Εὐλόγησον, δέσποτα. Καιρὸς τῷ (sic) ποιῆσαι τῷ Κυρίῳ. Ὁ ἱερεὺς ἀποκρίνεται· Ἄγγελος Κυρίου συλλειτουργήσει μεθ’ ἡμῶν καὶ κατασκευάσει τὴν ὁδόν σου ἔμπροσθέν σου, καὶ κατευθύνει τὰ διαβήματα ἡμῶν, πάντοτε, νῦν καὶ ἀεί. Καὶ λαβὼν ὁ διάκονος καιρὸν παρὰ τοῦ ἱερέως, ἐστὼς ἐν τῷ σωλαίᾳ ἢ ἔμπροσθεν τῶν ἁγίων θυρῶν, λέγει λαμπρᾷ τῇ φωνῇ· Εὐλόγησον, δέσποτα ...46. La richiesta di permesso avviene attraverso la formula consueta (Εὐλόγησον, δέσποτα), seguita per la prima volta dal Sal 118,126 [LXX] scelto a motivo dell’incipit Καιρός τοῦ ποιῆσαι τῷ Κυρίῳ. La risposta dipende da Mt 11,10 / Lc 7,27 (Ἰδοὺ [ἐγὼ add. Mt] ἀποστέλλω τὸν ἄγγελόν μου πρὸ προσώπου σου, ὃς κατασκευάσει τὴν ὁδόν σου ἔμπροσθέν σου) e dal Sal 118,133 (τὰ διαβήματά μου κατεύθυνον κατὰ τὸ λόγιόν σου). Il testo del Vaticano gr. 1863 ha avuto una circolazione molto limitata. La ritroviamo, infatti, più tardi, nel solo Grottaferrata Γ.β. III (Tropea, post 1357)47. Con la prima metà del XIII secolo emerge in Italia meridionale una diversa versione della risposta. Il primo testimone è l’eucologio Grottaferrata Γ.β. XIII, copiato nello stesso monastero dei Castelli Romani: Εὐλόγησον, δέσποτα. Καιρὸς τοῦ ποιῆσαι τῷ Κυρίῳ. Ἄγγελος Κυρίου προπορεύσεται ἔμπροσθέν σου καὶ καταυοδώσει τὴν ὁδόν σου καὶ συνλειτουργήσει ὑμῖν τοῖς ἀναξίοις48. Vaticano gr. 1863, ff. 7rv. Grottaferrata Γ.β. III, ff. 7rv: Ἄγγελος Κυρίου συνλειτουργήσ‹ε›ι μεθ’ ἡμῶν καὶ καταυοδώσει τὴν ὁδόν σου ἔμπροσθέν σου. Edizioni precedenti presso J. Goar, Εὐχολόγιον sive Rituale Græcorum ..., editio secunda expurgata & accuratior..., Venezia 1730 (Graz 1960), 86 e Muretov, К материалам, 12. 48 Grottaferrata Γ.β. XIII, f. 7v. Qui e in seguito rispetto nell’edizione dei testi greci la dissimilazione συνλ- per συλλ- già nota ai manoscritti del Nuovo Testamento: F. Blass - A. Debrunner, Grammatica del greco del Nuovo Testamento. Nuova edizione di F. Rehkopf. Edizione italiana a cura di G. Pisi (Supplementi al Grande Lessico del Nuovo Testamento 3), Brescia 1982, § 19. 46 47 118 Il seguito ritroviamo il testo in Calabria meridionale nel Messina gr. 124, eucologio di Ioannikios vescovo di Bova, copiato tra il 1334 e il 1337, nel Vaticano gr. 2012 (XVI s. in), nel Barberini gr. 428 (XVI s.) e negli eucologi della diocesi di Bova (RC) Barberini gr. 389 (a. 1509), Barberini gr. 371 (a. 1542) e nel Vaticano gr. 2051, realizzato da Giorgio Basilikos per il monastero di S. Bartolomeo di Trigona49. Per la Sicilia abbiamo il Messina gr. 107 (1462/467), proveniente dall’Archimandritato di Messina50, e il Messina gr 173 (a. 1549/1550), anche questo del copista Giorgio Basilikos51. L’esemplare più recente è il Messina gr. 147 del 1599, vergato dal monaco Paolo di S. Agata52. La tradizione manoscritta conosce un’ulteriore variante del testo riportata nel Pio II gr. 35, copiato nella Calabria tirrenica verso la metà dl XIV secolo: Ἄγγελος Κυρίου προπορεύσεται πρὸ προσώπου σου ὃς κατασκευάσει τὴν ὁδόν σου ἔμπροσθέν σου καὶ κατευθύνει τὰ διαβήματά σου καὶ συλλειτουργήσει μεθ’ ἡμῶν53. Rispetto al Grottaferrata Γ.β. XIII, πρὸ προσώπου σου di Ex 32,34 rimpiazza ἔμπροσθέν σου di Mt 11,10 / Lc 7,27. Se confrontiamo il testo del Vaticano gr. 1863 con quello del Grottaferrata Γ.β. XIII vedremo che i verbi sono disposti in maniera diversa: Vaticano gr. 1863 Ἄγγελος Κυρίου συλλειτουργήσει μεθ’ ἡμῶν καὶ κατασκευάσει τὴν ὁδόν σου ἔμπροσθέν σου, καὶ κατευθύνει τὰ διαβήματα ἡμῶν Grottaferrata Γ.β. XIII Ἄγγελος Κυρίου προπορεύσεται ἔμπροσθέν σου καὶ καταυοδώσει τὴν ὁδόν σου καὶ συνλειτουργήσει ὑμῖν τοῖς ἀναξίοις È possibile che la risposta del presbitero al diacono nel dialogo prima dell’inizio della Divina Liturgia sia stato omologato alla risposta dei ministri concelebranti al celebrante principale nel dialogo che segue il trasferimento all’altare dei doni nel contesto dei riti di accessus ad altare. Il testo più antico 49 Messina gr. 124, ff. 6v-7r; Vaticano gr. 2012, f. 109 v; Barberini gr. 428, f. 12rv; Barberini gr. 389, f. 7r, Barberini gr. 371, f. 23v e Vaticano gr. 2051, f. 7r. 50 Messina gr. 107, f. 110r. 51 Messina gr. 173, f. 102r. 52 Messina gr. 147, f. 103r, con alcune scorrettezze sintattiche: Ἄγγελος Κυρίου προπορεύσεται ἔμπροσθέν σου καὶ κατ’εὐδώσει τὴν ὁδόν σου ἔμπροσθέν σου καὶ συνλειτουργείσει σὺν ὑμῖν τοῖς ἀναξίοις. 53 Pio II gr. 35, f. 2r. 119 della risposta è trasmesso dalla versione latina di un manoscritto di BAS del X secolo, un tempo conservato a Johannisberg e poi andato disperso: Interea deportantur & proponuntur munera à presbyteris, & post lauationem manuum petit [episcopus] ministros pro se orare, & respondent: Spiritus sanctus superueniat in te, & uirtus altissimi obumbret te & comministret tibi54. La risposta dei ministri riprende alla lettera Lc 1,35, rendendo la retroversione in greco immediata: Dialogo pre-anaforico Πνεῦμα ἅγιον ἐπελεύσεται ἐπὶ σὲ καὶ δύναμις ὑψίστου ἐπισκιάσει σοι καὶ συλλειτουργήσει σοι. Grottaferrata Γ.β. XIII Ἄγγελος Κυρίου προπορεύσεται ἔμπροσθέν σου καὶ καταυοδώσει τὴν ὁδόν σου καὶ συνλειτουργήσει ὑμῖν τοῖς ἀναξίοις La struttura e l’ispirazione dal dialogo dell’accessus ad altare sembra abbastanza scontata. Si noti, tra l’altro, che in Lc 1,35 a parlare è l’arcangelo Gabriele che fa da pendant all’anonimo angelo del dialogo prima dell’inizio della Liturgia. Come vedremo più avanti non è questa la prima volta in cui quest’ultimo dialogo viene chiamato in causa. 2.2. Grottaferrata: dalla forma breve alla diversa finalità Nel 1519 il suddiacono Filippo di Metone copia a Grottaferrata un voluminoso manoscritto che imita nella concezione e nel formato il coevo Missale Romanum. Il dialogo iniziale è così abbreviato: Ἄγγελος Κυρίου κατευθύνει τὴν ὁδόν σου καὶ συλλειτουργίσει μεθ’ ἡμῶν55. Attorno al 1560 il codice è servito da modello per il Vaticano gr. 2052 vergato da Nicola Margazeus per Stefano Sfrantzé di Vazzano, oggi in provincia di Vibo Valentia. Il dialogo abbreviato arrivò anche in Sicilia, visto che viene ripreso, come del resto l’intero Vaticano gr. 2007, nel Vaticano gr. 2032, “messale” copiato a S. Marco d’Alunzio (ME) nel 1549 da Teofilatto Kontostablyna J. Cochlaeus, Speculum antiquae deuotionis circa missam, et omnem alium cultum Dei: ex antiquis, et antea nunquam euulgatis per typographos auctoribus ..., Mainz 1549, 124. 55 Vaticano gr. 2007, f. 17r. Un testo molto simile si trova nel Modena gr. 19 (ca. 1517-1519), f.3r: Ἄγγελος Κυρίου καταυοδώσει τὴν ὁδόν σου καὶ συλλειτουργίσει μεθ’ ἡμῶν. 54 120 di Rodi56. La latinizzazione del rito italo-bizantino, ormai sempre più invasiva, aveva drasticamente ridotto il ruolo del diacono assimilandone le funzioni a quelle del collega di rito romano. In queste condizioni il dialogo iniziale della Divina Liturgia è diventato un monologo. È quanto vediamo nel Grottaferrata Γ.β. XVII, copiato a Grottaferrata nel 1565: Ἄγγελος Κυρίου κατευθύνει τὴν ὁδόν μου καὶ συλλειτουργήσει μεθ’ ἡμῶν57. Il testo viene copiato negli anni successivi58 per passare nel 1601 nell’editio princeps italo-greca e quindi nel Λειτουργικόν del 168359. 2.3. Medio Oriente In base alla documentazione reperibile, le testimonianze medio-orientali del dialogo si riducono al solo rotolo di BAS Sinai gr. 1020. Solitamente il manufatto viene datato al XII-XIII secolo. L’insolita commemorazione anaforica “di tutti i vescovi ortodossi” (πασῶν [sic] ὀρθοδόξων ἐπισκόπων) farebbe pensare ad una sede episcopale impedita, forse durante il periodo Crociato. Il testo è molto semplice: il permesso richiesto dal diacono viene accordato mediante la comune formula di benedizione “Benedetto il nostro Dio ...” che incontreremo anche nella Capitale: Καιρὸς τοῦ ποιῆσαι τῷ Κυρίῳ, δέσποτα, εὐλόγησον. Ὁ ἱερεὺς σταυρώνει αὐτόν, λέγων· Εὐλογητὸς ὁ θεὸς ἡμῶν πάντοτε, νῦν καὶ ἀεὶ καὶ εἰς. Καὶ ἐξελθὼν ἔξω τοῦ θυσιαστηρίου, ὁ διάκονος, λέγει· Εὐ λόγησον, δέσποτα. Ὁ ἱερεύς λέγει· Εὐλογημένη ἡ βασιλεία ... 60. 2.4. Costantinopoli Con il bagaglio dei dati raccolti in Medio Oriente e nell’Italia meridionale post-bizantina – ad esclusione del Salento che affronterò più avanti – è l’ora di avvicinare i documenti della Capitale. L’intera unità liturgica del dialogo, quasi Vaticano 2052, f. 13r; Vaticano gr. 2032. 16v. Grottaferrata Γ.β. XVII, f. 5r. 58 Grottaferrata Γ.β. XLIV (a. 1569), f. 3v; Grottaferrata Γ.β. XIX (a. 1591), f. 4v; Grottaferrata Γ.β. XXIV.1-2 (a. 1592 e 1597), ff. 124v + 148v. 59 Editio princeps italo-greca: Αἱ θεῖαι Λειτουργίαι, 4; Λειτουργικὸν σὺν Θεῷ ἁγίῳ κατὰ τὴν ταξιν του Τυπικου της πανσεπτου Μονης της Κρυπροφερρης, ναι μην και ἐθος των Ἰταλογραικων Μοναζόντων τοῦ Μεγάλου Πατρὸς ἡμῶν Βασιλείου, Roma 1683, 271. 60 Dmitrievskij, Описание II, 140. 56 57 121 identica a quella oggi in vigore, è attestata a Costantinopoli alla fine del 1173 nella versione latina di Leone Toscano: [1a] Et ... proficiscitur ad sanctam mensam diaconus cum sacerdote et tribus uicibus simul inclinat, et dicit diaconus sacerdoti: Tempus faciendi domino. Domine, benedic. [1b] Et dicit sacerdos remissa uoce: Benedictus deus noster nunc et semper et in sęcula sęculorum, amen. [2a] Et rursus dicit diaconus: Ora pro nobis, domine. [2b] Et sacerdos: Prosperos faciat dominus deus gressus nostros sua gratia nunc et semper et in sęcula, amen. [3a] Et rursus diaconus: Memento nostri, domine. [3b] Et sacerdos: Memor nostrorum sit dominus deus in regno suo nunc et semper et in sęcula, amen61. Il dialogo è volto al plurale e le risposte sembrano coinvolgere anche il presbitero a meno che in 2b (nostros) e 3b (nostrorum) il testo greco non avesse ἡμῶν invece di ὑμῶν62.Come noto, Leone Toscano si è servito di varie fonti per offrire al lettore occidentale un quadro della celebrazione il più completo possibile rispetto al codice o al rotolo con le sole preghiere del formulario che costituiva il suo testo-base. Alcune fonti le aveva già individuate Anselm Strittmatter63 mentre André Jacob ha dimostrato che per i riti pre-anaforici il Maestro Leone aveva utilizzato una diataxis che potrebbe risalire al X secolo64. La prothesis senza commemorazione nominale della Theotokos e dei santi corrisponde invece, salvo gli adattamenti propri del rito italo-greco, a quanto previsto nel Messina gr. 160 (XI s.)65, mentre i dittici diaconali sono contempo- Jacob, Léon Toscan, 136-137. Cfr. per un caso analogo R. F. Taft, A History of the Liturgy of St. John Chrysostom. Volume V: The Precommunion Rites (OCA 261), Roma 2000, 160-161, 63 A. Strittmatter, Notes on the Leo Tuscus Translation of the Liturgy of St. John Chrysostom, in Didascaliae. Studies in Honor of Anselm M. Albareda Prefect of the Vatican Library Presented by A Group of American Scholars, ed. S. Prete, New York 1961, 411-424. 64 A. Jacob, La concélébration de l’anaphore à Byzance d’après le témoignage de Léon Toscan, in OCP 35 (1969), 249-256: 250, 255; A. Jacob, Les traductions de l’euchologe et des commentaires liturgiques byzantins dans l’Italie méridionale, in L’ héritage byzantin en Italie (VIIIeXIIe siècle) III: Décor monumental, objets, tradition textuelle, sous la direction de S. Brodbeck, J.-M. Martin, A. Peters-Custot, V. Prigent, Paris 2005, 219-233: 223. 65 Messina gr. 160, ff. 25r-26r (CHR) e 45v-46v (BAS), ed. G. Keselopoulos, Η Πρόθεση, II: Παράρτημα Κειμένων με την Πρόθεση, Leukosia 2018, 31-34. La memoria della Theotokos è documentata dal 1054 (ibid., 279-280) e quella dei santi dal 1084/111 (ibid., 288 ss.). 61 62 122 ranei al lavoro di traduzione66. In queste condizioni, e tenuto conto della non completa affidabilità della versione latina67, è difficile stabilire se la fonte del dialogo risalga come la prothesis all’XI secolo oppure sia da assegnare, come i dittici, all’ultimo quarto del XII. In ogni caso il primo membro del dialogo [1a] lo abbiamo già incontrato in Italia meridionale all’inizio del XII secolo nel Grottaferrata Γ.β. II. La risposta [1b] – come vedremo – è la comune formula di benedizione costantinopolitana [cfr. § 8] già vista nel Sinai gr. 1020. Il secondo membro [2a] è una richiesta di preghiera alla quale il ministro replica con una risposta ispirata ai Sall 36,23 e 118,133 [2b]68 e che il Toscano sembra aver “completato” con la clausola “sua gratia nunc et semper et in sęcula, amen” sconosciuta a tutta la tradizione manoscritta greca. Come già accennato, la versione del Toscano in quanto a fedeltà lascia molto a desiderare, ma in questo caso concreto è ben possibile che egli avesse davanti agli occhi un testo greco con “sua gratia ...”. Alla fine dell’orthros secondo il rito “ecclesiastico” costantinopolitano riportato nel Vaticano gr. 1970 (XII s.) il copista ha trascritto un testo grammaticalmente non ineccepibile di benedizione dei diaconi che compiono una incensazione. La risposta del ministro coincide verbatim con la versione di Leone Toscano: Εὐχὴ τοῦ διπλοῦ θυμιατοῦ ὅτε μέλλουσιν οἱ διάκονοι ἀπὸ τῆς ἁγίας τραπέζης εἰς τὸ σύνθρονον τῶν θυμιόντων δύο διάκονοι εἴποντες· Εὔξαι ὑπὲρ ἡμῶν, δέσποτα, λέγει ὁ ἱερεύς· Κατευοδῶσαι Κύριος τὰ διαβήματα ὑμῶν τῇ αὐτοῦ χάριτι, πάντοτε … Ἀμήν69. L’ultimo membro [3a-b], infine, dipende verbatim dal più antico Orate fratres dei riti di accessus ad altare attestato, per esempio, nella diataxis patriarcale del British Library Add. 34060 (XI s.)70. In realtà, a ben vedere, la dipendenza è ancora più marcata come risulta dal confronto dei due dialoghi nella stessa versione latina del Toscano: 66 R. F. Taft, A History of the Liturgy of St. John Chrysostom. Volume IV: The Diptychs (OCA 238), Roma 1991, 107-108, 144-146; S. Parenti, The Liturgical τόποι of Ecclesiastical Communion: Diptychs, Commemorations, and Acclamations, in Autocephaly: Coming of Age in Communion. Historical, Canonical, Liturgical, and Theological Studies II, ed. E. G. Farrugia - Ž. Paša (OCA 315), Roma 2023, 865-902: 880-881. 67 Parenti, L’anafora di Crisostomo, 338. 68 Παρὰ Κυρίου τὰ διαβήματα ἀνθρώπου κατευθύνεται (Sal 36,23), Τὰ διαβήματά μου κατεύθυνον κατὰ τὸ λόγιόν σου (Sal 118,133), 69 Vaticano gr. 1970, f. 123v. Il testo è già stato pubblicato da G. M. Hanke, Vesper und Orthros des Kathedralritus der Hagia Sophia zu Konstantinopel, II, (Jerusalemer Theologisches Forum 21), Münster 2018, 782. 70 Velkovska, The Pontifical Diataxis, 139-140. 123 Dialogo prima della Liturgia71 Orate fratres preanaforico72 1 Tempus faciendi domino ... 2a Ora pro nobis, domine. 3a Memento nostri, domine. 3b Memor nostrorum sit dominus … Orate pro me, sacerdotes sancti. Memento nostri, domine. Memor sit nostri dominus ... Nei libri liturgici attualmente in uso anche l’Orate fratres pre-anaforico è composto da tre membri. Come ha dimostrato a suo tempo Alfons Raes, il primo membro è un’aggiunta tardiva, successiva all’editio princeps del 152673 e non interessa, dunque, la storia del dialogo prima della Liturgia. 3. Omologazione e/o contaminazione testuale tra i due dialoghi 3.1. Salento Per illustrare questa ulteriore fase della storia del primo dialogo della Divina Liturgia occorre tornare in Italia meridionale, più precisamente nel Salento. Il più antico eucologio della regione, l’Ottoboni gr. 344 del 1177, premette alla benedizione iniziale una richiesta di perdono74 e altri eucologi passano direttamente dalla prothesis alla benedizione iniziale75. Un dialogo come quello che abbiamo incontrato negli eucologi calabresi comprare verso la fine del XIII secolo. Il ministro però non lo intrattiene con il diacono ma con i presenti impiegando la formula centrale dell’Orate fratres pre-anaforico. Così per esempio nell’eucologio Duke 19, già di Galatone: Εἶτα ποιήσας τρεῖς μέτανοίας ἐν τῷ ἱλαστηρίῳ καὶ πρὸς τὸν λαόν, εἰπῶν τό· Εὔξασθε ὑπὲρ ἑμοῦ, ἀδελφοί. Καὶ ὁ λαός· Πνεῦμα ἅγιον ἐπελεύσεται ἐπὶ σέ, καἰ δύναμις ὑψίστου ἐπισκιάσει σοι76. Jacob, Léon Toscan, 137. Jacob, Léon Toscan, 150. 73 A. Raes, Le dialogue après la grande entrée, in OCP 18 (1952), 38-51: 41. Taft-Parenti, Il Grande Ingresso, 480, 487. 74 Ottoboni gr. 344 (a. 1177): V. Polidori, L’Eucologio della Grande Chiesa di Otranto. Cod. Ottoboni gr. 344 (AD 1177), Amazon KDP 2018, § 4 (CHR), una previa richiesta di perdono anche nell’eucologio non italo-greco del XIII secolo Harley 5561, f. 3rv. 75 Sinai gr. 966, f. 25v (CHR), Barberini gr. 443, f. 3r. 76 Duke, 4v. Senza tenere conto delle rubriche, una redazione quasi identica anche nel Duke 90, f. 4v, nell’Ambrosiana C 7 sup., f. 5r, nel Grottaferrata Γ.β. XVIII (E. Velkovska, The Liturgy of John Chrysostom in the euchologion Grottaferrata Γ.β. XVIII.1, in Studi sull’Oriente Cristiano 26/2 [2022], § 1.11) e nel Borgia gr. 7: E. Velkovska, Il Borgia Gr. 7. Un Eucologio del Salento tra le due sponde dell’Adriatico, in Studi sull’Oriente Cristiano 27/2 (2023), 59 § 2.12. 71 72 124 Una versione più sviluppata e forse influenzata dalle fonti calabresi, appare nel Marseille 103 del XIV secolo e viene successivamente ripresa con qualche piccola differenza nel Corsini 41. E. 29 (a. 1579) e nel contemporaneo Corsini 41. E. 31: Καὶ μετὰ τὴν εὐχὴν λέγει πρὸς τὸν λαόν· Εὔξασθε ὑπὲρ ἑμοῦ, ἀδελφοί. Καὶ ὁ λαός λέγει· Πνεῦμα ἅγιον ἐπελεύσεται ἐπὶ σέ, καἰ δύναμις ὑψίστου ἐπισκιάσει σοι, καὶ ἄγγελος Κυρίου συλλειτουργήση σοί. Εὔχου ὑπὲρ ἡμῶν πρὸς τὸν Κύριον, τίμιε πάτερ77. Nella stessa direzione si muove il Vaticano gr. 2258, terminato mercoledì santo 13 marzo 1580 dal monaco Antonio Rocco di Carbone78 nel monastero calabrese di S. Adriano, appena fuori dal centro italo-albanese di S. Demetrio Corone: Εἶτα ἑὰν ἐστὶ διάκων τοῦ διακονῆσαι, λέγει πρὸς τὸν ἱερέα, ὁ δὲ ἱερεύς σφραγίζει αὐτὸν λέγων· Εὔχετε ὑπὲρ ἑμοῦ, ἀδελφοί. Ὁ διάκονος λέγει· Πνεῦμα ἅγιον ἐπελεύσεται ἐπὶ σέ, καὶ δύναμις ὑψίστου ἐπισκιάση σοι, καὶ ἄγγελος Κυρίου συλλειτουργήσει σοι. Εὔχου ὑπὲρ ἡμῶν πρὸς τὸν Κύριον, τίμιε καὶ ἅγιε πάτερ. Εὐλόγησον, δέσποτα. Καιρὸς τοῦ ποιῆσαι τῷ Κυρίῳ. Ἄγγελος Κυρίου εὐθύνῃ τὴν ὁδόν σου καὶ προπορεύεται ἔμπροσθεν ἡμῶν καὶ συνλειτουργήσει ὑμῖν τοῖς ἀναξίοις, πάντοτε, νῦν καὶ ἀεὶ καὶ εἰς τοὺς αἰὠνας τῶν. Καὶ ὁ διάκονος προσκυνῶν τῷ ἱερεῖ, λέγει· Γένοιτό μοι κατὰ τὸ ῥῆμα σου79. Un caso a parte è rappresentato invece dal manoscritto bilingue grecolatino Karlsruhe EM 6 della fine del Duecento, non destinato all’uso liturgico. Il redattore vi ha adattato il testo greco alla versione latina di Leone Toscano tentando di salvaguardare le particolarità liturgiche locali. Nel nostro caso egli ha messo in greco il dialogo iniziale del Toscano aggiungendo il breve dialogo ripreso dall’Orate fratres caratteristico, come abbiamo visto degli eucologi salentini80. 77 Marseille 103, p. 13; E. Velkovska, Una Liturgia di s. Giovanni Crisostomo del tempo di Antonio Arcudi, in Studi sull’Oriente Cristiano 21/2 (2017), 22 § 2.11. 78 S. Parenti, Frate Antonio Rocco di Carbone ed il Monastero di S. Adriano, in Studi sull’Oriente Cristiano 4 (2000), 87-91. 79 Vaticano gr. 2258, f. 12rv. 80 R. Engdahl, Beiträge zur Kenntnis der byzantinischen Liturgie. Texte und Studien (Neue Studien zur Geschichte der Theologie und der Kirche 5), Berlin 1908 (Aalen 1973) 3, anche in 454. 125 3.1. Georgia ed Epiro Il ricorso all’Orate fratres non è però esclusivo del Salento post-bizantino. La stessa scelta è stata operata in Georgia nel corso del XIII secolo nel Graz georg. 5: Benedic domine. Spiritus sanctus concelebret nobiscum81. Un ultimo esempio viene dall’Epiro con l’eucologio Ann Arbor 17 (ante 1507): Καὶ παρευθύς λέγει· Εὐλογεῖτε, συνχωρήσατέ μοι τῷ ἁμαρτωλῷ, καὶ ἀποκρένεται τοῦτο ὁ διάκος ἢ ὁ ἀναγνώστης, καὶ λέγει· Πνεῦμα ἅγιον ἐπελεύσεται ἐπὶ σέ, καὶ δύναμις ὑψίστου ἐπισκιάσει σοι, καὶ ἁγιάσαι καὶ συλλειτουργήσαι σοι Κύριος ὁ θεός, ὁ βασιλεὺς τῆς δόξης82. 4. Dal dialogo iniziale all’Orate fratres dopo il Grande Ingresso La tradizione manoscritta dei formulari eucaristici bizantini registra però anche il fenomeno opposto, ovvero l’influsso del dialogo iniziale sul dialogo dell’Orate fratres nella Divina Liturgia episcopale. Ne abbiamo un esempio in due rotoli costantinopolitani vergati nel XIV secolo in stile Hodegon, il Sinai gr. 1021 (BAS) e il Sinai gr. 1028 (CHR), dove nei margini una mano posteriore – non la stessa – ha apposto numerosi testi, compreso il dialogo dell’accessus ad altare che corrisponde ai membri 2ab e 3ac del dialogo iniziale: Ὁ διάκονος· Εὔξαι ὑπὲρ ἐμοῦ, δέσποτα ἅγιε. Ὁ ἀρχιερεύς· Κατευθύναι Κύριος τὰ διαβήματά σου. Ὁδιάκονος· Μ νήσθητί μου, δέσποτα ἅγιε. Ὁ ἀρχιερεύς· Μ νησθείη σου Κύριος ὁ θεὸς ἐν τῇ83. La testimonianza dei due rotoli è interessante perché per vie che non è dato conoscere 2ab è entrato nel dialogo dell’Orate fratres nel rito episcopale della Chiesa ortodossa russa confezionato dal patriarca di Costantinopoli AtaTaft - Parenti, Il Grande Ingresso, 500 e nota 76. Ann Arbor 17, f. 13r. A. Cataldi - Palau, The Burdett-Collection of Greek Manuscripts: Manuscripts from Epirus, in Codices Manuscripti 54-55 (2006), 31-64 ristampato in Ead., Studies in Greek Manuscripts II (Testi, studi, strumenti 34), Spoleto 2008, 523-584: 535, 537-9, 567, 577. 83 Cfr. Dmitrievskij, Описание II, 368. 81 82 126 nasio III Patellaros (1595?-1654) nel quadro della riforma liturgica del patriarca Nikon. L’autografo si conserva, inedito, nel ГИМ Sinod. gr. 245: Στραφεὶς δὲ ὁ ἀρχιερεὺς πρὸς τὸ δεξιὸν μέρος λέγει· Ἀδελφοί ἀρχιερεῖς (εἰ εἰσίν) ἱερεῖς καὶ συλλειτουργοί, εὔξασθε ὑπὲρ ἑμοῦ. Καὶ χαλάσαντες τὰ φελώνια, ἀποκρίνονται πάντες λέγοντες· Πνεῦμα ἅγιον ἐπελεύσεται ἐπὶ σέ, καὶ δύναμις ὑψίστου ἐπισκιάσει σοι. Ὁ ἀρχιερεὺς λέγει· Τὸ αὐτὸ πνεῦμα ἅγιον συλλειτουργήσαι ἡμῖν καὶ ὑμῖν πάσας τὰς ἡμέρας τῆς ζωῆς ἡμῶν, πάντοτε, νῦν. Εἶτα λέγει ὁ ἀρχιδιάκονος καὶ οἱ λοιποί· Εὔξαι ὑπὲρ ἡμῶν, δέσποτα ἅγιε. Ὁ ἀρχιερεύς· Κατευθύναι Κύριος τὰ διαβήματα ὑμῶν. Πάλιν λέγουσι· Μνήσθητι ἡμῶν, δέσποτα ἅγιε. Καὶ ὁ ἀρχιερεύς· Μνησθείη ὑμῶν Κύριος ὁ θεὸς ἐν τῇ βασιλείᾳ αὐτοῦ, πάντοτε νῦν καὶ ἀεὶ καὶ εἰς τοὺς αἰὠνας τῶν αἰώνων84. 5. Il dialogo nelle diataexis Il dialogo costantinopolitano modellato sull’Orate fratres pre-anaforico trasmesso dalla versione latina di Leone Toscano, è passato con qualche leggera variante nelle διατάξεις medievali. Questi direttori rubricali vengono redatti a partire dalla fine del XIII secolo e regolano una celebrazione assicurata da un presbitero e un diacono, in genere nei monasteri85. Tra quelle pubblicate vanno ricordate le diataxeis quasi gemelle dell’eucologio EBE 662 (XIII-XIV s.)86 e del typikon ГИМ Sinod. gr. 381 (275) del 1289-1310/131187 e, naturalmente, la celebre diataxis di Filotheos Kokkinos (ante 1341) che riporto di seguito senza rubriche: [1] Καιρός τοῦ ποιῆσαι τῷ Κυρίῳ, δέσποτα εὐλόγησον. [1a] Εὐλογητὸς ὁ θεὸς ἡμῶν, πάντοτε … [2] Εὖξαι ὑπὲρ ἐμοῦ, δέσποτα. [2a] Κατευθύναι Κύριος τὰ διαβήματα σου. [3] Μνήσθητί μου, δέσποτα ἅγιε. [3a] Μνησθείη σου Κύριος ἐν τῇ βασιλείᾳ αὐτοῦ…88. 84 ГИМ Sinod. gr. 245, f. 20 v. Versione slavo-eccelsiastica in Деяния московских соборов 1666 и 1667 годов. Книга II: Книга соборных деяний 1667 года, Mosca 1893, ff. 57v-58r. 85 Taft - Parenti, Il Grande Ingresso, 75-81; Velkovska, The Pontifical Diataxis, 117121; Parenti, L’anafora di Crisostomo, 342-344, 502-503. 86 P. L. Kalaïtzidis, Τὸ ὑπ’ ἀριθμ. 662 χειρόγραφοεὐχολόγιο τῆς Ἐθνικῆς Βιβλιοθήκης τῆς Ἑλλάδος. Excerpta ex Dissertatione ad Doctoratum, PIO, Roma 2004, 75. 87 Διατάξεις, 30. 88 Διατάξεις, 62-63. 127 Lo stesso testo ritorna nella diataxis per la Liturgia patriarcale redatta da Demetrios Gemistos nell’agosto del 139089 e conoscerà l’onore della stampa con l’editio princeps del 152690. 6. Il dialogo nei commentari liturgici L’unico commentario della Divina Liturgia a mostrare qualche interesse per il dialogo iniziale è la Protheoria di Nicola e Teodoro di Andida in Pamphila secunda (1185-1195). Il quadro è quello di una celebrazione episcopale nella quale il vescovo concede al primo dei presbiteri il permesso di iniziare la Liturgia. Il diacono non viene menzionato. Secondo gli autori il rito richiamerebbe il tempo preannunciato da Isaia in riferimento a Giovanni Battista e alla venuta di Cristo91. Successivamente il passo della Protheoria è stato inserito nella versione medievale della Historia ecclesiastica elaborata nel Salento e stampata nella Patrologia Graeca [CPG 8023]92 e quindi nel Commentario dello Pseudo-Sofronio [CPG 7677]93. 7. Evoluzione testuale tardiva e correzioni testuali Il dialogo pervenuto nei libri liturgici attualmente in uso è sostanzialmente quello costantinopolitano che conosciamo dalla versione latina di Leone Toscano. Le differenze sono minime e riguardano l’equiparazione di 1a, 2a e 3a aggiungendo dove “manca” il vocativo ἅγιε (δέσποτα / δέσποτα ἅγιε). Più problematica, invece, è l’aggiunta in 2b (Il Signore diriga i tuoi passi) della frase – in verità banale – “in ogni / per ogni opera buona”94, attestata per la prima volta nel Sabas 48 del 157395. Nel volume che accompagna il nuovo Hieratikon del monastero di Vatopedi i redattori hanno chiosato con umori- Διατάξεις, 99. Swainson, The Greek Liturgies, 109-110. Il membro 2 è omesso. 91 PG 140 col. 432: Δίδοται τοίνυν καιρὸς παρὰ τοῦ ἀρχιερέως τῷ πρώτῳ τῶν ἱερέων μέλλοντι ἄρχεσθαι τῆς θείας μυσταγωγίας· οὗτος δὲ ὁ καιρὸς σχηματίζει τὸν παρὰ τοῦ προφήτου Ἡσαΐου προαναφωνηθέντα καιρόν, τῆς τοῦ προφήτου Ἰωάννου καὶ Προδρόμου γεννήσεως, καὶ τῆς τοῦ Χριστοῦ πρὸς ἡμᾶς ἐπιδημίας. 92 PG 98, 400-401. 93 PG 87, 3992. 94 Ἱερατικὸν περιέχον τὰ τῷ ἱερεῖ ἀνήκοντα ..., Atene 20045 108; Ἱερατικὸν α', περιέχον ἁπασαν τὴν τοῡ Ἱερέως διάταξιν ... καὶ τὴν θείαν Λειτουργίαν τοῡ ἐν ἁγίοις πατρὸς ἡμῶν Ἱωάννου τοῡ Χρυσοστόμου ..., Ἔκδοσις Ἱερᾶς Μονῆς Σίμωνος Πέτρας, Ἅγιον Ὀρος 20046, 93. 95 Sabas 48, f. 19 v. 89 90 128 smo: “Nella Divina Liturgia il diacono non ha altra opera buona da fare”96. La frase è passata anche nel Liturghier romeno97 ma non è stata adottata nei libri slavo-ecclesiastici. Il nuovo Hieratikon di Vatopedi l’ha soppressa insieme all’aggettivo ἅγιε ripetuto in 1a, 1b e 1c98. 8. Excursus: la formula “Benedetto il nostro Dio in ogni tempo ...” Oggi la formula di benedizione “Benedetto il nostro Dio in ogni tempo, ora e sempre e nei secoli dei secoli”, preceduta o meno, secondo i casi, dall’invito diaconale, apre quasi tutte le celebrazioni liturgiche. Si trova anche all’inizio di tutte le sinassi quotidiane della preghiera oraria quando sono presiedute da un presbitero. In caso contrario, chi guida la preghiera pronuncia la formula “Per le preghiere dei nostri santi Padri, Signore Gesù Cristo nostro Dio, abbi pietà di noi”. Si tratta dunque di una formula presidenziale vera e propria99. Stranamente nell’opinione comune viene considerata palestinese nonostante l’assenza di testimoni dalle tradizioni locali del patriarcato di Gerusalemme. Eppure a suo tempo Juan Mateos aveva dimostrato che “Benedetto il nostro Dio ...” era un nuovo inizio aggiunto “chez les Byzantins” in testa al gruppo delle preghiere iniziali100. Davide Paflagone pone la benedizione sulle labbra del patriarca Ignazio († 877) in punto di morte, nella Vita scritta prima del 920 [BHG 817], preceduta dal consueto invito “Benedici, signore”, all’inizio di una celebrazione 96 Θεῖα Λειτουργία κατὰ τῆν τάξιν τῆς ἐν Άθῳ Μονῆς τοῦ Βατοπαιδίου. Σύντομα σχόλια, Ἅγιον Ὂρος 2020, 83. 97 Liturghier cuprinzând Vecernia, Utrenia, Dumnezeieştile Liturghii …, Bucureşti 2012, 132. 98 Συλλειτουργόν, 22, si veda anche Σύντομα σχόλια, 82. 99 Verso il 1105-1107, Giovanni l’Esicasta monaco dell'Athos poneva al patriarca Nicola III Grammatikos (1084-1111) una serie di quesiti liturgici e canonici, e tra questi se un prete che è stato deposto o che ha lasciato il ministero può, in assenza di un altro prete, pronunciare “Benedetto il nostro Dio ...”. Patriarchatus Constantinopolitani Acta Selecta, I. Collegit et in linguam gallicam vertit I. Oudot (Codificazione Canonica Orientale Fonti. Serie II, Fascicolo III), Città del Vaticano 1941, 12-27. Sul documento e le sue molteplici redazioni vd. Les Regestes ds actes du Patriarcat de Constantinople. Vol. I: Les actes des patriarches. Fasc. II et III: Les Regestes de 715 a 1206, par V. Grumel. Deuxième édition revue et corrigée par J. Darrouzès (Le Patriarcat Byzantin, série I), Paris 1989, 434-440. 100 J. Mateos, Prières initiales fixes des offices syrien, maronite et byzantin, in Orient Syrien 11 (1966), 489-498: 498. Uno dei primi testimoni è il codice italo-greco Erlangen A2 (a. 1025), f. 39 v (vespri). 129 che sembra essere quella del mattino101. Per l’autore “Benedetto il nostro Dio ...” è insieme una benedizione e un ringraziamento. Nella Vita dei santi David, Simeone e Giorgio di Mitilene, scritta attorno al 963 [BHG 494], la formula accompagna il miracolo della moltiplicazione del vino compiuto da Simeone a Costantinopoli102. Nella diataxis del British Library Add. 34060 (XI s.) è con questa formula che il patriarca autorizza di volta in volta il ministero di presbiteri e diaconi103. 9. Conclusioni All’alba del XII secolo negli eucologi manoscritti dell’Italia meridionale affiorano, insieme o distinti, prima dell’inizio della Divina Liturgia, il tropario “Re celeste” e il Sal 50,17, che un secolo dopo si incontrano anche in fonti non italo-greche. La diataxis athonita di Filotheos Kokkinos (ante 1341) conosce entrambi gli elementi e aggiunge a Lc 2,14 al Sal 50,17 per imitazione dei versetti introduttori dell’exapsalmos dell’orthros. Proposti dalla diataxis filotheana come alternativi, molto presto tropari e versetti sono divenuti entrambi obbligatori. Sempre all’inizio del XII secolo, e ancora in Italia meridionale, la richiesta da parte del diacono del permesso (καιρός) per svolgere il proprio ministero risulta “verbalizzata” con il Sal 118,126 [LXX] alla quale il presbitero replica con un testo ispirato a Mt 11,10 / Lc 7,27 e al Sal 118,133. Nell’unico manoscritto del Medio Oriente, il rotolo Sinai gr. 1020 (XII-XIII s.), il presbitero replica invece con la consueta benedizione/permesso “Benedetto il nostro Dio”. La differenza si può spiegare con il fatto che, il diacono dice “Benedici, signore” dopo il Sal 118,126 [LXX], e non prima come in Italia meridionale. Così la richiesta di benedizione ha attratto in risposta la formula comune con la quale viene impartita. La versione latina di CHR realizzata da Leone Toscano da Pisa sul finire del 1173 presenta un dialogo già evoluto in tre membri, dei quali il primo corrisponde alla recensione medio-orientale del Sinai gr. 1020. Dato che nel 101 A. Smithies, The Life of Patriarch Ignatius (Corpus Fontium Historiae Byzantinae. Series Washingtonensis 51), Washington, D.C. 2013, 107. La traduzione inglese non è del tutto affidabile. 102 J. van den Gheyn, Acta Graeca ss. Davidis, Symeonis et Georgii Mitylenae in insula Lesbo, in Analecta Bollandiana 18 (1899), 211-259: 236; Life of Sts. David, Symeon and George of Lesbos in Byzantine Defenders of Images. Eight Saints’ Lives in English translation, ed. by. A-M. Talbot, Washinghton DC 1998,197-198. 103 Velkovska, The Pontifical Diataxis, 135 (§ II.1), 137 (§ III.1.6.7), 139 (§ V.7.8), 143 (§§ X.24 e XI.7). 130 rotolo sinaitico non ci sono elementi per supporre una trasmissione testuale mutila, dobbiamo concludere che probabilmente rappresenta lo stadio più antico del dialogo costantinopolitano. I rimanenti due membri sono una evidente imitazione del dialogo dell’Orate fratres dopo la processione pre-anaforica di trasferimento dei doni. In altre province il dialogo prima della Liturgia viene addirittura assimilato in tutto al dialogo pre-anaforico. L’evoluzione dell’unità liturgica si può così riassumere: 1. Richiesta e concessione del καιρός non verbalizzata (Italia meridionale) 2. Richiesta [1] e concessione verbalizzata con possibilità di risposta diversificata (Italia meridionale, Costantinopoli / Medio Oriente) [2a]. 3. Omologazione a Costantinopoli del dialogo sull’Orate fratres preanaforico. 4. Ricezione del dialogo costantinopolitano nella diataxis di Filotheos Kokkinos e quindi nell’editio princeps del 1526. Per il dialogo prima della Liturgia rispetto alla coeva versione latina di Leone Toscano i manoscritti italo-greci del XII secolo hanno cristallizzato uno stadio arcaico dell’evoluzione dell’intera unità liturgica. Il fatto poi che nelle preghiere iniziali alcuni elementi presenti nella diataxis athonita di Filotheos, come il tropario “Re celeste” e/o il Sal 50,17 circolassero in Italia meridionale già durante il XII secolo porta a supporre che non si tratti di creatività italogreca, ma di testi non codificati e già presenti con la stessa funzione nella prassi liturgica della Capitale. 131