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Nella nostra società, segnata dal susseguirsi di routine e dalla mancanza di tempo libero, il gioco viene spesso inteso come attività marginale, quale parentesi tra gli impegni seri della vita. Proprio in questo spazio di distacco dalle preoccupazioni quotidiane, i giochi televisivi, i video-games, i computer-games, le slot machine e la roulette, sembrano occupare un posto dominante costituendo un luogo in cui è possibile divertirsi, cioè deviare dalla solita meccanicità della vita ed entrare in contatto con nuovi contesti. In realtà, questi modi di divertimento sono figure che mascherano abilmente in sé la passività e la ripetizione da cui l'uomo vorrebbe fuggire, riducendolo ancor più ad un automa. L'ambiguità del gioco, il chiarimento dei concetti della sfera ludica e la ricognizione di quest'ultima, sono affrontati con originale acume nel testo di E. Bencivenga. Dopo essersi dedicato in precedenza all'analisi delle patologie ludiche e al gioco ossessivo delle «società del divertimento» il cui motto è «divertirsi da pazzi», 2 il filosofo mira a percorrere l'ispido labirinto del gioco e ad evidenziarne i tratti che connotano il suo esercizio. La riflessione sul tema è essa stessa condotta come un gioco analogo a quello di un dedalo in cui prima di arrivare all'agognata meta si incontrano ostacoli, strettoie e false piste. Il punto di partenza dell'intricato percorso è il gioco di una bambina di due anni, che trovandosi in una stanza nuova osserva, mordicchia e combina in forme diverse oggetti di uso comune, immaginando ad esempio che la spillatrice sia un pesce goloso. 3 L'obiettivo finale è trovare il gioco umile della bambina nella Critica del Giudizio di Kant e nella filosofia in generale, passando per delle tappe intermedie. L'incanto, il piacere, la gioia della bambina saranno conservati lungo il tragitto e nel traguardo. L'autore non si propone di identificare quale sia l'essenza del gioco tralasciando quanto hanno di vivido e di appassionante i giochi particolari, ma seguendo una logica di tipo trasformativo-dialettico vuole conservare le particolarità dei giochi in un tessuto narrativo dove le esperienze ludiche, pur trascendendosi l'una nell'altra, restano attive. Il gioco della bambina permette di focalizzare l'attenzione sugli aspetti ravvisabili in ogni autentico giocare quali la trasgressività e il carattere pedagogico. Sovvertendo ogni abitudine e ogni aspettativa circa l'uso degli oggetti, la fanciulla adotta un comportamento trasgressivo. D'altro canto, la bambina procedendo in modo caotico impara cose importanti: apprende a vivere nel suo corpo, constata quali resistenze può superare e a quali deve cedere, analizza la forma degli oggetti e, infine, esternando le sue reazioni emotive diventa in grado di padroneggiare la propria voce. Senza l'acquisizione di abilità elementari, non sarebbe possibile imparare in contesti più complessi. Tra il primo e il secondo aspetto del gioco non vi è perciò opposizione: dato che la conoscenza dell'uomo non è intesa in termini astratti come rispecchiamento di una realtà da acquisire passivamente, per conoscere è necessario sfidare ed esplorare la realtà. Imparare significa errare e divertirsi, vale a dire non seguire passivamente delle istruzioni. La bambina che gioca prova piacere e la sua attività è fine a se stessa. Proprio in questa sua completa dedizione consiste la serietà del gioco. Quest'ultimo ha però anche un aspetto inquietante: violando abitudini, la sua eroicità lo rende pericoloso per la nostra integrità
losguardo, 2017
375 Recensione I. Pelgreffi (a cura di), Il filosofo e il suo schermo. Video-interviste confessioni monologhi Kaiak Edizioni 2016 Prisca Amoroso Quello della filosofia con lo schermo è un rapporto antico, di cui abbiamo traccia almeno fin nel buio della caverna platonica, luogo, questo, di un'esperienza, quasi cinematografica, di visione ingannevole e di smascheramento. Bisogna precisare sin da subito, però, che lo 'schermo' costituito dalla parete della caverna su cui vengono proiettate le ombre delle cose manca di una componente: esso non ha bordi. È forse questo che lo rende veicolo di un inganno, laddove invece lo schermo del cinematografo è piuttosto il luogo d'apparizione di un'illusione, come tale voluta, cercata, abbracciata. Inganno e illusione, dunque (fondamentale resta su questo tema la lezione di A. M. Iacono, L'illusione e il sostituto. Riprodurre, imitare, rappresentare, Milano, Mondadori, 2010). Se il rapporto della filosofia con gli schermi era cominciato sotto il cattivo auspicio della caverna, il cinema ha stimolato la riflessione dei filosofi in modi differenti, e con esiti talvolta opposti a quello. Questa ambiguità è d'altronde costitutiva dell'idea dello schermo, che appunto 'scherma', impedisce, cioè, la propagazione di qualcosa, oppure riflette o diffonde un'immagine; nasconde e palesa. E la riflessione filosofica sul cinema (su cui si veda anche il recente M. Carbone, Filosofia-schermi, Milano, Raffaello Cortina, 2016) non può non essere legata ad una discussione sul movimento, che lo definisce e gli è essenziale almeno quanto il medium-lo schermo, appunto-, e forse più di questo (si pensi alla critica di Deleuze a Bergson, di non aver compreso che esso dà immediatamente l'immagine-movimento). Bisognerà quindi fare un passo indietro, all'immagine ferma, alla fotografia, o, se si vuole, andare ancora dietro questa, alla pittura. Quando faccio riferimento alla pittura e alla fotografia, le considero legate allo schermo in quanto definito da due proprietà: l'essere veicolo di qualcosa che si mostra e l'avere dei bordi, una cornice. È piuttosto scontato, insomma, che quando parliamo di schermi parliamo del vecchio problema della rappresentazione: problema dei più cruciali,
La Civiltà Cattolica, 2021
Recensione a E. STEIN, "Le vie della conoscenza di Dio. Saggio su Dionigi l’Areopagita, Città Nuova/Edizioni OCD, Roma 2020, p. 150, € 20”, in La Civiltà Cattolica 172 (2021) 619-620. Scarica il pdf oppure leggi dal sito: https://www.laciviltacattolica.it/recensione/vie-della-conoscenza-di-dio/
in "Lessico di etica pubblica", 2020
S. Piazzese, recensione a Fenomenologia enattiva, in «Vita pensata», vol. 28, anno XIII, Aprile 2023, pp. 90-92, 2023
Nuts About Leadership, 2024
Bijdragen en Mededelingen betreffende de Geschiedenis der Nederlanden, 2012
Cahiers Agricultures, 2001
Hélène BRICOUT, Benedikt KRANEMANN, Davide PESENTI (dir), Die Dynamik der Liturgie im Spiegel ihrer Bücher. La dynamique de la liturgie au miroir de ses livres. Festschrift für Martin Klöckener, 2020
Nueva Revista de Filología Hispánica (NRFH)
Diligence: Journal of the Liberty University Online Religion Capstone in Research and Scholarship, 2021
Light upon Light: Essays in Islamic Thought and History in Honor of Gerhard Bowering, 2019
Journal of Kerbala for Agricultural Sciences
Journal of Applied Polymer Science, 2014
Philosophy study, 2017
International Journal of Computational Biology and Drug Design, 2012
Pamukkale Medical Journal, 2021
Quality of Life Research, 2005
Journal of Clinical Apheresis, 2013
Working Paper, 2024
Advances in higher education and professional development book series, 2016