Conference Presentations by Marina Sarramia

In a letter from Nicholas I, pope between 858 and 867, dated 865 and addressed to Michael, empero... more In a letter from Nicholas I, pope between 858 and 867, dated 865 and addressed to Michael, emperor of the Romans on the occasion of the deposition of Patriarch Ignatius, the bishop of Rome complained about those kings who wanted to exercise royal and priestly authority, using the biblical figure of Melchizedek as a basis. In his epistle Nicholas explicitly pointed out an important exegetical problem for the Church, which was functional in the construction of the royal power in the Christian states: the tendency to the sacralization of the kings and the eventual priestly or semi-sacerdotal condition of them or the emperors. That Nicholas I had pointed out this problem so openly and precisely is not usual, even more if we consider that Melchizedek is -in the Latin tradition- the typum of a Christian priest but rarely of a Christian king.
Starting from the analysis of the concepts and images Nicholas articulated in his epistle, this paper seeks to explain not only the patristic foundations of this text -together with its problems and potentials-, but also its political importance in its conflictive context of production, in a moment of high tension in the relations between the bishop of Rome and the byzantine and the Carolingian emperor and kings - specially with Lothar II-, as well as with the Frankish clergy.

L’esistenza di numerosi conflitti vescovili all’interno dell’ecclesia carolingia è ampiamente ri... more L’esistenza di numerosi conflitti vescovili all’interno dell’ecclesia carolingia è ampiamente riconosciuta dagli storici, tuttavia non è stata considerata con sufficiente chiarezza la circostanza che, in tali conflitti, una delle categorie d’accusa più usata per delegittimare gli avversari fosse quella di inoboediens o di aver commesso inoboedientia. In effetti in un gran numero di quei conflitti che lacerarono il secolo questa accusa è posta in primo piano e articolata in funzione di diversi crimini e problematiche, come si osserva ad esempio nei noti casi che coinvolsero le figure di Rotado di Soissons, Incmaro di Laon, Ansperto di Milano e Adelardo di Verona. In tutti questi casi tali accuse furono tese a segnalare non solo l’agire reprensibile degli episcopi, ma soprattutto la loro indegnità a ricoprire la carica, dovendo essere puniti di conseguenza.
Il problema della disobbedienza - e ovviamente del suo contrario, l’obbedienza - risulta così a uno sguardo attento alle fonti del secolo IX come centrale intorno alla costruzione e alla decostruzione dell’autorità vescovile. L’importanza di questo problema non appare sorprendente se si tiene conto che l’organizzazione del regnum era caratterizzata non solo da un forte intreccio secolare-ecclesiastico, ma anche da una gerarchia non chiara né consolidata. Tuttavia questo problema non è stato trattato nella sua specificità vescovile per il secolo IX carolingio. È però interessante notare che la mancanza di definizioni, creò al contempo molti spazi di ‘insubordinazione’, rendendo la questione molto più complessa e significativa. In questo modo le domande fondamentali che derivano da a un’attenta lettura dei documenti sono dunque: disobbediente rispetto a chi? Oppure rispetto a che cosa? A quali norme o a quali autorità? In quali casi un vescovo poteva essere accusato di inoboedientia? Che cosa quindi significava esattamente essere un vescovo inoboediens nel secolo IX?
Lo scopo della presente relazione è dunque quello di riflettere su tali questioni centrali per la società carolingia, a partire dall’analisi di un caso molto significativo: quello di Guntario, arcivescovo di Colonia, il quale fu accusato da papa Niccolò I non solo di aver agito contro la sua autorità, confermando l’approvazione del divorzio di Lotario II nel concilio tenutosi a Metz nell’863, ma anche di essere un inoboediens, di aver agito cioè contra statuta e contro le sue prerogative, usurpando il ministero divino. Questo caso risulta quindi molto adatto per osservare i conflitti di autorità caratteristici della metà del secolo IX, che coinvolsero tutte le principali figure del periodo – l’imperatore, il papa e i vescovi – e nei quali le loro competenze e le loro prerogative furono messe seriamente in discussione.
In sintesi l’intento è quello dunque di riflettere, a partire dall’analisi di questo caso specifico, su che cosa significasse questa categoria d’accusa in una società carolingia senza una chiara gerarchia ecclesiastica, nel tentativo di osservare la complessità dei rapporti gerarchici ecclesiastico-secolari e di quelli di autorità, e di mostrare allo stesso tempo la variegata molteplicità delle concrete articolazioni dei poteri carolingi.

The Formosian controversy is usually evoked on behalf of the peculiarity of the post-mortem pope’... more The Formosian controversy is usually evoked on behalf of the peculiarity of the post-mortem pope’s corpse trial. Ho- wever, a careful look shows a multiplicity of problems involved: one of them, which is the focus of this study, are the possibilities and conditions for the validity of bishop’s change of see.
In fact, Formosus had been accused at the ‘cadaver synod’ not only for having violated the oath taken at the council of Troyes (876) and for not having observed the deposition sentenced by pope John VIII, but also for having changed his see illegally, that means against canon law. Analyzing until, and mostly, 9th century canonical development and the semantic and doctrinal treatment given by the documents made for Formosus’s ordinations defense – written by Auxi- lius, Eugenius Vulgarius and the anonymous author of the Invectiva in Romam pro Formoso papa – we will observe how the stabilitas became an ecclesiological-political problem of central importance within the Carolingian church. We specifically be focus on how the effectiveness of this accusations, clearly looking to undermine the Pope and its group legitimacy, was based on the open spaces created by the ambiguity and flexibility inherent to the canonical and the doc- trinal tradition of the era.
KEYWORDS
Stabilitas - bishops - carolingians - Formosus.
L'evento è sostenuto da Fondazione Fondo Ricerca e Talenti grazie alle risorse derivanti dalla de... more L'evento è sostenuto da Fondazione Fondo Ricerca e Talenti grazie alle risorse derivanti dalla destinazione del 5x1000 all'Università degli Studi di Torino. Prima fondazione universitaria piemontese, Fondazione Fondo Ricerca e Talenti finanzia e sostiene studenti e ricercatori nelle iniziative di divulgazione scientifica rivolte alla cittadinanza.
Thesis Chapters by Marina Sarramia
Tesi di dottorato (Università di Torino) sul caso di papa Formoso (891-896) e il suo contesto cul... more Tesi di dottorato (Università di Torino) sul caso di papa Formoso (891-896) e il suo contesto culturale, politico e sociale. A partire dallo studio delle accuse rivolte contro il defunto pontefice nella sua condanna post-mortem, nella loro specificità problematica e terminologica, la tesi si propone di analizzare gli apparati concettuali del momento.
Papers by Marina Sarramia
Pagina 1 di 5 II Workshop dei Dottorandi in Storia Medievale (SISMED), Venezia 14-15 settembre 20... more Pagina 1 di 5 II Workshop dei Dottorandi in Storia Medievale (SISMED), Venezia 14-15 settembre 2017. Papa Formoso, il caso e il contesto: una proposta di indagine. Marina C. Sarramia -Università degli Studi di Torino.
Conferences Organizer by Marina Sarramia

Buenos Aires, 30, 31 de octubre y 1 de noviembre de 2012 El vocablo religión explicita la unión d... more Buenos Aires, 30, 31 de octubre y 1 de noviembre de 2012 El vocablo religión explicita la unión dada entre el hombre y la divinidad, entre el ser actual y finito con lo absoluto. Cicerón asumía que religión resultaba de la unión gramatical entre el prefijo re (-repetición‖) y el verbo legere (-observar atentamente‖), delimitando una actitud humana respetuosa y concienzuda. Asimismo, para Lactancio religión procedía del mismo prefijo más el verbo ligare (-unir‖), mostrando que el mecanismo de alianza es la piedad. San Agustín, por su parte, relaciona el verbo eligere (-elegir‖) con el acto de fe del hombre, quien establece, consciente de sus limitaciones y de la inmensidad ilimitada de Dios, una recursivo abrazo y comunión con lo divino. En otras palabras, la religión expresa lo absoluto como una realidad trascedente en el mundo actual limitado y permite un despliegue a partir de él; hace posible la abolición de una condición limitada para dar lugar a un estado de incondicionalidad.
Drafts by Marina Sarramia
Palabras Clave: Cristianización – Derecho – Mujer – Romano - Longobardo
Books by Marina Sarramia

Prospettive storiche. Studi e ricerche, Accademia University Press, Torino, 2020
Da sempre gli storici si sono interrogati sugli svariati valori della parola scritta, evidenziand... more Da sempre gli storici si sono interrogati sugli svariati valori della parola scritta, evidenziando le funzioni sacrali, economico-contabili, giuridiche, politiche, che questa forma di comunicazione ha assunto nel corso delle diverse epoche.
Il convegno «Sicut Scriptum est» si è proposto di indagare alcune di queste piste di ricerca, limitando il “campo da gioco” al millennio medievale: un tempo di decisive (e spesso sottovalutate) trasformazioni nella fruizione e nella ricezione dei testi scritti.
L’attenzione si è rivolta in particolare a tre filoni di indagine: parola scritta e realtà; parola scritta e oralità; la riflessione sulla parola. Gli interventi dei nove autori (tutti giovani ricercatori provenienti dalle varie Università italiane) declinano queste tematiche su un ampio ventaglio cronologico, territoriale e documentario. Si spazia dalle epigrafi (Nastasi) alle fonti epistolari (Cò, Camesasca), dai diplomi e dai registri (Manarini, Paganelli, Serci) alle fonti narrative (Tasca, Pacia); dalla penisola italiana alle aree francese e iberica; dal vi secolo agli albori del Rinascimento.
Ne scaturisce un mosaico vivace e composito, rappresentativo di alcune delle principali piste di ricerca su cui i giovani medievisti italiani si stanno avviando rispetto al tema della «parola scritta».
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Conference Presentations by Marina Sarramia
Starting from the analysis of the concepts and images Nicholas articulated in his epistle, this paper seeks to explain not only the patristic foundations of this text -together with its problems and potentials-, but also its political importance in its conflictive context of production, in a moment of high tension in the relations between the bishop of Rome and the byzantine and the Carolingian emperor and kings - specially with Lothar II-, as well as with the Frankish clergy.
Il problema della disobbedienza - e ovviamente del suo contrario, l’obbedienza - risulta così a uno sguardo attento alle fonti del secolo IX come centrale intorno alla costruzione e alla decostruzione dell’autorità vescovile. L’importanza di questo problema non appare sorprendente se si tiene conto che l’organizzazione del regnum era caratterizzata non solo da un forte intreccio secolare-ecclesiastico, ma anche da una gerarchia non chiara né consolidata. Tuttavia questo problema non è stato trattato nella sua specificità vescovile per il secolo IX carolingio. È però interessante notare che la mancanza di definizioni, creò al contempo molti spazi di ‘insubordinazione’, rendendo la questione molto più complessa e significativa. In questo modo le domande fondamentali che derivano da a un’attenta lettura dei documenti sono dunque: disobbediente rispetto a chi? Oppure rispetto a che cosa? A quali norme o a quali autorità? In quali casi un vescovo poteva essere accusato di inoboedientia? Che cosa quindi significava esattamente essere un vescovo inoboediens nel secolo IX?
Lo scopo della presente relazione è dunque quello di riflettere su tali questioni centrali per la società carolingia, a partire dall’analisi di un caso molto significativo: quello di Guntario, arcivescovo di Colonia, il quale fu accusato da papa Niccolò I non solo di aver agito contro la sua autorità, confermando l’approvazione del divorzio di Lotario II nel concilio tenutosi a Metz nell’863, ma anche di essere un inoboediens, di aver agito cioè contra statuta e contro le sue prerogative, usurpando il ministero divino. Questo caso risulta quindi molto adatto per osservare i conflitti di autorità caratteristici della metà del secolo IX, che coinvolsero tutte le principali figure del periodo – l’imperatore, il papa e i vescovi – e nei quali le loro competenze e le loro prerogative furono messe seriamente in discussione.
In sintesi l’intento è quello dunque di riflettere, a partire dall’analisi di questo caso specifico, su che cosa significasse questa categoria d’accusa in una società carolingia senza una chiara gerarchia ecclesiastica, nel tentativo di osservare la complessità dei rapporti gerarchici ecclesiastico-secolari e di quelli di autorità, e di mostrare allo stesso tempo la variegata molteplicità delle concrete articolazioni dei poteri carolingi.
In fact, Formosus had been accused at the ‘cadaver synod’ not only for having violated the oath taken at the council of Troyes (876) and for not having observed the deposition sentenced by pope John VIII, but also for having changed his see illegally, that means against canon law. Analyzing until, and mostly, 9th century canonical development and the semantic and doctrinal treatment given by the documents made for Formosus’s ordinations defense – written by Auxi- lius, Eugenius Vulgarius and the anonymous author of the Invectiva in Romam pro Formoso papa – we will observe how the stabilitas became an ecclesiological-political problem of central importance within the Carolingian church. We specifically be focus on how the effectiveness of this accusations, clearly looking to undermine the Pope and its group legitimacy, was based on the open spaces created by the ambiguity and flexibility inherent to the canonical and the doc- trinal tradition of the era.
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Stabilitas - bishops - carolingians - Formosus.
Thesis Chapters by Marina Sarramia
Papers by Marina Sarramia
Conferences Organizer by Marina Sarramia
Drafts by Marina Sarramia
Books by Marina Sarramia
Il convegno «Sicut Scriptum est» si è proposto di indagare alcune di queste piste di ricerca, limitando il “campo da gioco” al millennio medievale: un tempo di decisive (e spesso sottovalutate) trasformazioni nella fruizione e nella ricezione dei testi scritti.
L’attenzione si è rivolta in particolare a tre filoni di indagine: parola scritta e realtà; parola scritta e oralità; la riflessione sulla parola. Gli interventi dei nove autori (tutti giovani ricercatori provenienti dalle varie Università italiane) declinano queste tematiche su un ampio ventaglio cronologico, territoriale e documentario. Si spazia dalle epigrafi (Nastasi) alle fonti epistolari (Cò, Camesasca), dai diplomi e dai registri (Manarini, Paganelli, Serci) alle fonti narrative (Tasca, Pacia); dalla penisola italiana alle aree francese e iberica; dal vi secolo agli albori del Rinascimento.
Ne scaturisce un mosaico vivace e composito, rappresentativo di alcune delle principali piste di ricerca su cui i giovani medievisti italiani si stanno avviando rispetto al tema della «parola scritta».
Starting from the analysis of the concepts and images Nicholas articulated in his epistle, this paper seeks to explain not only the patristic foundations of this text -together with its problems and potentials-, but also its political importance in its conflictive context of production, in a moment of high tension in the relations between the bishop of Rome and the byzantine and the Carolingian emperor and kings - specially with Lothar II-, as well as with the Frankish clergy.
Il problema della disobbedienza - e ovviamente del suo contrario, l’obbedienza - risulta così a uno sguardo attento alle fonti del secolo IX come centrale intorno alla costruzione e alla decostruzione dell’autorità vescovile. L’importanza di questo problema non appare sorprendente se si tiene conto che l’organizzazione del regnum era caratterizzata non solo da un forte intreccio secolare-ecclesiastico, ma anche da una gerarchia non chiara né consolidata. Tuttavia questo problema non è stato trattato nella sua specificità vescovile per il secolo IX carolingio. È però interessante notare che la mancanza di definizioni, creò al contempo molti spazi di ‘insubordinazione’, rendendo la questione molto più complessa e significativa. In questo modo le domande fondamentali che derivano da a un’attenta lettura dei documenti sono dunque: disobbediente rispetto a chi? Oppure rispetto a che cosa? A quali norme o a quali autorità? In quali casi un vescovo poteva essere accusato di inoboedientia? Che cosa quindi significava esattamente essere un vescovo inoboediens nel secolo IX?
Lo scopo della presente relazione è dunque quello di riflettere su tali questioni centrali per la società carolingia, a partire dall’analisi di un caso molto significativo: quello di Guntario, arcivescovo di Colonia, il quale fu accusato da papa Niccolò I non solo di aver agito contro la sua autorità, confermando l’approvazione del divorzio di Lotario II nel concilio tenutosi a Metz nell’863, ma anche di essere un inoboediens, di aver agito cioè contra statuta e contro le sue prerogative, usurpando il ministero divino. Questo caso risulta quindi molto adatto per osservare i conflitti di autorità caratteristici della metà del secolo IX, che coinvolsero tutte le principali figure del periodo – l’imperatore, il papa e i vescovi – e nei quali le loro competenze e le loro prerogative furono messe seriamente in discussione.
In sintesi l’intento è quello dunque di riflettere, a partire dall’analisi di questo caso specifico, su che cosa significasse questa categoria d’accusa in una società carolingia senza una chiara gerarchia ecclesiastica, nel tentativo di osservare la complessità dei rapporti gerarchici ecclesiastico-secolari e di quelli di autorità, e di mostrare allo stesso tempo la variegata molteplicità delle concrete articolazioni dei poteri carolingi.
In fact, Formosus had been accused at the ‘cadaver synod’ not only for having violated the oath taken at the council of Troyes (876) and for not having observed the deposition sentenced by pope John VIII, but also for having changed his see illegally, that means against canon law. Analyzing until, and mostly, 9th century canonical development and the semantic and doctrinal treatment given by the documents made for Formosus’s ordinations defense – written by Auxi- lius, Eugenius Vulgarius and the anonymous author of the Invectiva in Romam pro Formoso papa – we will observe how the stabilitas became an ecclesiological-political problem of central importance within the Carolingian church. We specifically be focus on how the effectiveness of this accusations, clearly looking to undermine the Pope and its group legitimacy, was based on the open spaces created by the ambiguity and flexibility inherent to the canonical and the doc- trinal tradition of the era.
KEYWORDS
Stabilitas - bishops - carolingians - Formosus.
Il convegno «Sicut Scriptum est» si è proposto di indagare alcune di queste piste di ricerca, limitando il “campo da gioco” al millennio medievale: un tempo di decisive (e spesso sottovalutate) trasformazioni nella fruizione e nella ricezione dei testi scritti.
L’attenzione si è rivolta in particolare a tre filoni di indagine: parola scritta e realtà; parola scritta e oralità; la riflessione sulla parola. Gli interventi dei nove autori (tutti giovani ricercatori provenienti dalle varie Università italiane) declinano queste tematiche su un ampio ventaglio cronologico, territoriale e documentario. Si spazia dalle epigrafi (Nastasi) alle fonti epistolari (Cò, Camesasca), dai diplomi e dai registri (Manarini, Paganelli, Serci) alle fonti narrative (Tasca, Pacia); dalla penisola italiana alle aree francese e iberica; dal vi secolo agli albori del Rinascimento.
Ne scaturisce un mosaico vivace e composito, rappresentativo di alcune delle principali piste di ricerca su cui i giovani medievisti italiani si stanno avviando rispetto al tema della «parola scritta».