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Il 7 aprile 1979 il sostituto procuratore di Padova, Pietro Calogero, spiccò un ordine di cattura che portò all’arresto di oltre una ventina di persone provenienti dall’area della sinistra extraparlamentare: Nanni Balestrini, Toni Negri,... more
Il 7 aprile 1979 il sostituto procuratore di Padova, Pietro Calogero, spiccò
un ordine di cattura che portò all’arresto di oltre una ventina di
persone provenienti dall’area della sinistra extraparlamentare: Nanni
Balestrini, Toni Negri, Pino Nicotri, Franco Piperno, Oreste Scalzone
e altri ancora.
L’accusa era quella di aver fondato organizzato e diretto differenti associazioni sovversive, da Potere operaio ad Autonomia operaia organizzata, che avrebbero operato in simbiosi con i gruppi della lotta armata, primo fra tutti le Brigate rosse. Secondo il pm padovano, gli imputati avrebbero costituito il cervello pensante ed occulto della sovversione di sinistra del decennio settanta, comprendente sia i gruppi clandestini che quelli dediti alla violenza cosiddetta “diffusa”.
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Frontex è l’agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne che ha lo scopo di “migliorare la gestione integrata dei confini degli Stati membri dell’Unione Europea”. Si occupa della formazione a livello comunitario del corpo delle... more
Frontex è l’agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne che ha lo scopo di “migliorare la gestione integrata dei confini degli Stati membri dell’Unione Europea”. Si occupa della formazione a livello comunitario del corpo delle guardie di confine e del loro supporto in circostanze particolari con l’utilizzo di squadre di intervento rapido. Segue le operazioni di respingimento dei migranti che tentano di entrare illegalmente in Europa, il rimpatrio di coloro che risiedono illegalmente negli Stati membri e redige annualmente un’analisi generale dei rischi connessi alla gestione delle frontiere.

Insomma se l’Europa è una fortezza, il suo guardiano è l’agenzia Frontex. L’Annual Risk Analysis del 2012 riporta informazioni sui dati sui flussi di migranti nell’anno precedente, sui principali canali d’ingresso utilizzati (via mare, via terra o tramite rotte aeree), sull’uso di documenti falsi e sul traffico di droga.

Secondo Frontex nel 2011 il maggior numero di rilevamenti alle frontiere riguarda gli stranieri provenienti dalla Tunisia (28.829 rilevamenti) che hanno attraversato il Mediterraneo all’inizio del 2011. Al secondo posto risultano i migranti in fuga dall’Afghanistan con poco meno di 23.000 rilevamenti. Durante il 2011 è aumentato significativamente anche l’afflusso di persone provenienti dal Pakistan, da meno di 4.000 nel 2010 a più di 15.300 nell’anno successivo, per la maggior parte attraverso le rotte del Mediterraneo orientale. Per quanto riguarda la presenza di stranieri senza permesso di soggiorno i dati rimangono relativamente stabili rispetto al 2010 per Francia, Spagna e Italia, che insieme coprono il 36% dei rilevamenti, mentre viene registrato un considerevole incremento in Germania, Austria e Svizzera.

Il confine fra Turchia e Grecia risulta critico, secondo Frontex, a causa della difficoltà di implementare gli accordi per i rimpatri con la Turchia, che rende inattuabili molte espulsioni per coloro che attraversano quella frontiera. Per esempio 21.542 espulsioni hanno colpito i cittadini afghani presenti in Grecia, ma solo 745 sono stati effettivamente rimpatriati. Inoltre il maggior ricorso a forme sofisticate di falsificazione dei documenti comporta un notevole allargamento del mercato nero gestito dalla criminalità organizzata. Sono circa 9.500 i documenti falsi registrati nel 2011 ma cresce anche l’uso abusivo di documenti autentici da parte di persone non autorizzate. Alcuni stranieri scelgono invece di attraversare la frontiera senza documenti per rendere difficoltosa l’identificazione del loro paese d’origine ed evitare i respingimenti.

La crisi che attraversa l’Europa e l’attuazione delle misure di austerity, riporta l’Annual Risk Analysis, crea una disparità fra gli Stati membri nella capacità di controllare le frontiere e di rafforzare i dispositivi di sicurezza.

Forse l’Europa dovrebbe interrogarsi sul concetto di sicurezza, lo sviluppo di squadre speciali e apparati di controllo sempre più raffinati potrebbero non essere una soluzione. La militarizzazione delle frontiere difficilmente può cancellare la speranza legittima di centinaia di uomini e donne di poter cercare una vita migliore.
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Questo 31 ottobre non è stato un giorno di festa per gli occupanti del Ninci Sestilio, ex deposito Atac adiacente alla metro San Paolo. La forza pubblica si è presentata alle 7 di mattina ai cancelli dell’occupazione che ospitava 20... more
Questo 31 ottobre non è stato un giorno di festa per gli occupanti del Ninci Sestilio, ex deposito Atac adiacente alla metro San Paolo. La forza pubblica si è presentata alle 7 di mattina ai cancelli dell’occupazione che ospitava 20 nuclei familiari, stranieri, studenti e bambini. Dopo un tentativo di resistenza da parte di alcune persone salite sul tetto, la polizia ha portato tutti gli uomini in questura per procedere a identificazioni e denunce. “Sono in Italia da dieci anni – ci racconta una donna di origine sudamericana tenendo in braccio il figlio di pochi anni – e l’unico aiuto che ho avuto dal governo sono tre mesi di assistente sociale. Poi la strada. Siamo costretti a fare questo”. La sua storia assomiglia a quella di molti altri. Roma vive uno stato di permanente emergenza abitativa di cui fanno le spese in primis le fasce di popolazione con basso reddito. I fattori economici risultano infatti determinanti per il 33% dei casi (CIES Rapporto sull’esclusione sociale 2010) e sono ritenuti dagli intervistati la motivazione più importante della propria scelta abitativa. Per gli stranieri si aggiungono spesso alle difficoltà economiche altri fattori quali la mancanza di un titolo di soggiorno, che li pone sotto ricatto da parte dell’affittuario e non permette di richiedere un sostegno pubblico, e i comportamenti discriminatori, che colpiscono anche coloro che soggiornano regolarmente nel nostro paese. Secondo un’indagine Istat del 2009 la maggioranza delle famiglie composte da migranti vive in affitto o subaffitto (58,7% dei casi, contro il 16% delle famiglie italiane) e il 23% vive in abitazioni di proprietà (contro il 71,6% delle famiglie italiane). Tra coloro che vivono in case in affitto, il 60,1% degli stranieri non ha un regolare contratto rispetto al 39,39% degli italiani. Una situazione che l’amministrazione capitolina conosce molto bene: “Senza una risposta edilizia Roma esplode – dichiarava il sindaco Gianni Alemanno nell’autunno del 2010 al quotidiano Repubblica- mancano 30mila alloggi”. Non si vedono però soluzioni efficaci all’orizzonte dato lo scarso investimento di fondi nell’edilizia pubblica e la morsa repressiva nei confronti di chi si organizza autonomamente per rispondere al bisogno di avere un tetto sopra la testa. L’agonia dell’edilizia residenziale pubblica è di lunga data e non riguarda solo la capitale. Nel 1998, infatti, con la legge n.112 fu chiusa la sezione del fondo autonomo per l’edilizia residenziale presso la Cassa Depositi e Prestiti che gestiva i fondi ex Gescal per l’edilizia sovvenzionata e i contributi statali per quella agevolata. I fondi ex-Gescal garantivano un finanziamento annuale di circa 1,5 miliardi di euro. Con la chiusura del fondo iniziò il declino dell’edilizia pubblica. Se nel 1984 erano 34.000 i nuovi alloggi costruiti con denaro statale, nel 2004 il numero si era ridotto a 1.900 (dati Federcasa). Ma non è solo questione di cifre, l’emergenza abitativa è fatta di storie e racconti di esclusione sociale che troppo spesso passano sotto silenzio. Ne è un esempio la morte per annegamento di un giovane cingalese durante il nubifragio che ha colpito Roma lo scorso 20 ottobre. Saranga Perera, 32 anni, proveniva dallo Sri Lanka e viveva con la moglie e la figlia di tre mesi in un seminterrato in zona Infernetto. Le acque in piena del canale Palocco hanno sfondato uno dei muri dell’abitazione. «Siamo riusciti a portare fuori la moglie e la figlia, lui chiedeva aiuto attraverso una grata – racconta al Messaggero uno dei vicini – Gli abbiamo passato un tubo per l’acqua per cercare di farlo respirare, ma non ci siamo riusciti». La tragicità dell’evento fa passare in secondo piano il fatto che una famiglia sia costretta a vivere in un seminterrato pagando 600 euro al mese, secondo il proprietario, 1000 euro secondo gli inquilini, che sembra avessero subaffittato da un altro cittadino cingalese. Certo è che nessuno di loro godeva di un regolare contratto di locazione. E se la pioggia non ha risparmiato le case, ha colpito ancor di più le centinaia di alloggi di fortuna abitati da coloro che di fortuna ne hanno ben poca. Presso la stazione Ostiense vivevano dentro alcune tende circa cento persone di origine afgana, per la maggior parte rifugiati o richiedenti asilo. Dopo il nubifragio, che ha spazzato via parte della tendopoli, alcuni di loro si sono rifugiati in un vagone vuoto da cui sono stati sgomberati pochi giorni dopo. «Dodici persone, che avevano trovato riparo in un vagone abbandonato, sono state allontanate e ora vivono per strada.» – riferisce l’associazione Medici per i Diritti Umani (Medu) al Corriere della Sera. – «La situazione nella tendopoli di Ostiense rimane critica per il sovraffollamento e non solo. Dopo l’alluvione abbiamo rifornito i rifugiati di tende a tre posti. E poi abbiamo distribuito 120 coperte, fornite dalla Comunità di Sant’Egidio». Le tende sono una magra consolazione se si tiene conto che a Roma ci sono circa 245.000 vani inutilizzati comprendenti case ed edifici destinati a servizi, quali scuole, asl e negozi (dati riportati dal Corriere). Questi numeri pongono degli interrogativi sull’uso spesso strumentale del paradigma emergenziale, che nasconde dinamiche affaristiche e di sfruttamento che poco hanno a che fare con le reali condizioni abitative e urbanistiche della città.
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Relazione al seminario “Violenza politica e democrazia nell'Italia repubblicana” promosso dall'Associazione Culturale Araba Fenice e il Centro Studi Luigi Di Rosa, Sezze (LT).
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Per i cento anni della rivoluzione bolscevica, abbiamo dedicato un numero di «Zapruder» a quell’evento/processo epocale che ha segnato la storia del Novecento. Lo abbiamo fatto analizzando come l’Ottobre rosso fu osservato nell’Italia del... more
Per i cento anni della rivoluzione bolscevica, abbiamo dedicato un numero di «Zapruder» a quell’evento/processo epocale che ha segnato la storia del Novecento. Lo abbiamo fatto analizzando come l’Ottobre rosso fu osservato nell’Italia del secolo scorso, concentrandoci sulla percezione coeva o immediatamente successiva. Perché, fin da subito, si pose il problema della decodificazione di quella “strana rivoluzione”: avvenuta sotto la guida di un partito d’impronta “giacobina” (cioè composto da un élite intellettuale) e in un contesto economico-sociale all’epoca giudicato “arretrato”. In una situazione che sembrava ribaltare alcuni assunti del marxismo ortodosso, che l’emancipazione dei lavoratori potesse avvenire solo per opera dei lavoratori stessi e che la rivoluzione socialista potesse darsi solo laddove lo sviluppo delle forze produttive aveva raggiunto lo stadio del capitalismo maturo.

Senza dimenticare il fatto che, a livello di rappresentazioni oleografiche e mitizzanti, lo stato sovietico si è praticamente sovrapposto al bolscevismo, diventandone la “naturale” prosecuzione, finendo per sostituire la spinta rivoluzionaria e libertaria sottesa all’idea di uguaglianza con la difesa dello stato “sovietico” e delle sue logiche autoritarie. Trasformando così l’Ottobre rosso – dialetticamente e contro la volontà dei suoi artefici – nel suo contrario: una sconfitta epocale dell’idea socialista. Una sconfitta sulla quale è ancora necessario riflettere per trarne una lezione. Non fosse altro – parafrasando il finale di Uomini e no di Elio Vittorini – per «imparare meglio».
Come nostro solito, a un anno dalla pubblicazione, i numeri della rivista «Zapruder» vengono resi disponibili in download gratuito sul nostro sito!
Storie in movimento, «Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale» & «Zapruder World An International Journal for the History of the Social Conflict» organizzano il tredicesimo SIMposio di storia della conflittualità sociale... more
Storie in movimento, «Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale» & «Zapruder World An International Journal for the History of the Social Conflict»

organizzano il tredicesimo
SIMposio di storia della conflittualità sociale
20-23 luglio 2017
ostello “Fattoria Il Poggio” - Isola Polvese, Lago Trasimeno (Perugia)
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