Lucio Spaziante
PhD Semiotics, University of Bologna.
I have been adjunct professor at the University of Bologna, University of Ferrara, University of Modena and Reggio Emilia, IULM University (Feltre and Milan). Since 2012 I am Lecturer at the University of Bologna.
Among my publications: Reality tv. La televisione ai confini della realtà (with C. Demaria, L. Grosso, Roma, Rai Nuova Eri-Vqpt, 2002), Sociosemiotica del pop: identità, testi e pratiche musicali (Roma, Carocci, 2007), Dai beat alla generazione dell’iPod: le culture musicali giovanili (Roma, Carocci, 2010), Icone pop. Identità e apparenze tra semiotica e musica (Milano, Bruno Mondadori, 2016).
I edited with N. Dusi, Remix-remake: pratiche di replicabilità, (Roma, Meltemi, 2006), with M.P. Pozzato, Parole nell'aria. Sincretismi fra musica e altri linguaggi (Pisa, ETS. 2009), with I.Pezzini, Corpi mediali. Semiotica e contemporaneità (Pisa ETS, 2014).
I have been adjunct professor at the University of Bologna, University of Ferrara, University of Modena and Reggio Emilia, IULM University (Feltre and Milan). Since 2012 I am Lecturer at the University of Bologna.
Among my publications: Reality tv. La televisione ai confini della realtà (with C. Demaria, L. Grosso, Roma, Rai Nuova Eri-Vqpt, 2002), Sociosemiotica del pop: identità, testi e pratiche musicali (Roma, Carocci, 2007), Dai beat alla generazione dell’iPod: le culture musicali giovanili (Roma, Carocci, 2010), Icone pop. Identità e apparenze tra semiotica e musica (Milano, Bruno Mondadori, 2016).
I edited with N. Dusi, Remix-remake: pratiche di replicabilità, (Roma, Meltemi, 2006), with M.P. Pozzato, Parole nell'aria. Sincretismi fra musica e altri linguaggi (Pisa, ETS. 2009), with I.Pezzini, Corpi mediali. Semiotica e contemporaneità (Pisa ETS, 2014).
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advertising world (mainly the Italian one) has decided its communicative strategies, creating
commercials where the issue of lockdown emerged. That historical event becomes an occasion to
reflect also on the discursive status of communication advertising itself, which has here proposed its
own worldview, according to a typical rationale of a social institution. Some brands have judged
appropriate reducing their commercial dimension by focusing on the emergency and on corporate
values, others have chosen to keep it in subliminal forms, while still others have focused on consumers
by describing their lockdown lifestyles. Overall, commercials have shown how they regularly employ
similar formulas and motifs: famous Italian locations, empty streets, silence, Italian flags, balcony
performances, melancholic pianos. Finally, the article poses a more general question, whether it is
legitimate or not to associate a commercial content with a social emergency.
Il saggio indaga l’utilità per le discipline semiotiche di porre a confronto i propri risultati euristici con quelli delle discipline scientifiche e sperimentali, senza oltrepassare i propri limiti teorici. Lo spunto iniziale parte dall’affermazione di U. Eco sull’opportunità per i semiologi di “non mettere il naso nella scatola nera dei processi mentali o cerebrali”. Come materia di confine sulla quale la semiotica si confronta con altre discipline viene quindi affrontato il tema della percezione, in particolare quella uditiva, passando in rassegna alcuni modelli esplicativi proposti nell’ambito della psicologia cognitiva e delle neuroscienze. Nello specifico, viene compiuta una breve ricognizione dei problemi relativi al riconoscimento percettivo del suono, comparati al campo visivo, focalizzando l’attenzione, anche attraverso esempi testuali, sul ruolo del suono nel linguaggio audiovisivo. Tra i modelli di descrizione della percezione uditiva vengono menzionati la “Auditory Scene Analysis” di A. Bregman e le teorie relative all’ “oggetto uditivo”, evidenziando analogie e divergenze rispetto alla trattazione del problema della percezione per come viene operato da Eco.
The essay describes the analytical will aimed at deepening and explaining, through a collective practice of commentary, and a communicative pact with the users which, through mediation dynamics, tends to make clear, using exemplification and comparison, the implicit elements of the analysed work.
By placing the phenomenon in a broader selection and composition logic (Manovich), the video essay appears similar to a form of tutorial that, however, through a hybrid statute placed between educational and entertainment, calls into question the authority of the institutional figures linked to audio-visual knowledge.
Prima dell’avvento di Internet il rapporto tra popstar e pubblico era fortemente mediato da prassi discorsive molto filtrate e unidirezionali come interviste, conferenze stampa o presentazioni istituzionali, all’interno delle quali i meccanismi del divismo avevano storicamente trovato un loro modo di essere (pensiamo ad esempio ad Elvis oppure alla Beatlemania). Da alcuni anni però le celebrità del pop possiedono anche profili personali gestiti più o meno direttamente sulla maggior parte dei social media, attraverso i quali parlano, inseriscono commenti, osservazioni, chiamate a raccolta, riflessioni intime, video con making of di canzoni o incontri studenteschi (si pensi a Jovanotti). Una vasta e variabile tipologia testuale tramite la quale la popstar costruisce una conversazione simulacrale diretta al mondo dei fan, raccontando molto spesso il retroscena della propria vita professionale. Un’ampia produzione comunicativa che in modalità diverse viene messa in atto dalle celebrities allo scopo di gestire in modo attivo e diretto la propria identità o la propria immagine.
Un simile scenario conduce a questo punto a domandarsi: quali siano gli attuali meccanismi della costruzione identitaria; in che modo passino e siano condizionati dai social media; e più in generale, attraverso quale ottica sia possibile ripensare la nozione di identità, in semiotica non del tutto approfondita e definita, anche alla luce delle novità del panorama comunicativo.
L’articolo analizza con approccio semiotico gli elementi costitutivi della disco, descrivendone le tracce profonde lasciate nella cultura pop, in un momento in cui sta godendo di una rilegittimazione culturale, non solo come musica ma come stile di vita. Emerge un micro-sistema culturale che attraverso differenti dimensioni (sonora, visiva, audiovisiva), ha dato luogo a processi innovativi (il ballo che torna protagonista, mentre nasce la figura del dj) riguardanti nuove pratiche di produzione sonora (mix e remix) che hanno modificato lo statuto della riproduzione sonora, segnando infine un profondo mutamento di prospettiva riguardo ai valori in gioco nella musica pop.
process of reality simulation thanks to a peculiar textual logic,
far from realistic conventions. Through a semiotic research
enriched by philosophical contributions, here has been dealt the
specific phenomenic statute of the relationship between sound
and his source, where emerges a relevant indexical component.
The discussion goes on with a survey conducted acknowledging
contributions arising from psychology, on the ways in which
sound perception provides an image of the world through
categorical processes (identification and lexicalization, through
sounds and sound forms), investigating specifically the notion of
sound object. The conclusion of the article leads to a broader
argument about the relationship between visual and sound and
to the possibility of a sound figurativity and therefore of a sound semiotics of culture.
evoluzione, che in parte è basato sulla rinegoziazione del continuum che articola la somiglianza iconica tra suono e immagine. A partire da casi concreti del cinema contemporaneo, si evidenzierà come la dimensione sonora
nell'audiovisivo risulti territorio di una sperimentazione che si articola attraverso la ricerca di intrinseche proprietà figurative del suono, nonché luogo di una parziale messa in crisi delle convenzioni standard che correlano banda sonora e banda
visiva. Questioni che conducono ad una più generale riflessione sulle procedure di costruzione della realtà attraverso la dimensione sonora.
The essay continues with a specific treatment of sonic dimension and of dynamics of association/dissociation existing between visual and sound dimensions, by treating examples from films such as The Conversation of F. F. Coppola, Once Upon a Time in America by Sergio Leone, and Elephant by Gus Van Sant. Here is outlined as well, a notion of audiovisual text subjectivity detached from the influence of a linguistic model, taking origin –instead - from within texts themselves. Subjectivity here is to be defined as a local construction of discursive forms, no longer seen as projected in the texts but arising from them. Finally, in the analysis conducted on the film Drive by N. Refn is explored the way in which the subjective state of the characters appears not deducible from classical "point-of-view" shots but by strategies of “widespread subjectivity”. A subjectivity that is rendered, for instance, by using spheres of sound, thus modulating the whole textual perceptual universe, giving rise also to semi-symbolic dynamics.
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Il saggio parte da un’indagine sulle procedure che consentono di installare ovvero di attivare in un testo audiovisivo forme di soggettività, esaminando altresì le modalità con cui la soggettività reale si traduce in soggettività testuale. L’audiovisivo del resto manifesta la possibilità di mostrare entità soggettive per il solo fatto di renderle percepibili, appoggiandosi su meccanismi di “mostrazione” e conferendo rilevanza ai meccanismi di prensione percettiva, in una complessiva organizzazione percettiva dove la dimensione sonora è in stretta relazione con la dimensione visiva. Il saggio prosegue con una specifica trattazione della dimensione sonora e delle dinamiche di associazione/dissociazione che sussistono tra visivo e sonoro, trattando esempi da film come La conversazione di F. F. Coppola, C’era una volta in America di Sergio Leone, ed Elephant di Gus Van Sant. Si delinea così una nozione di soggettività testuale audiovisiva svincolata dall’ influenza di un modello linguistico, e che invece - originandosi dall’interno dei testi stessi - viene a definirsi come una costruzione locale di forme discorsive. Una soggettività non più vista come proiettata nei testi bensì da essi derivante. Nell’analisi condotta sul film Drive di N. Refn si indaga infine come lo stato soggettivo dei personaggi non risulti desumibile da classiche “soggettive” filmiche, bensì da strategie di soggettività diffusa. Una soggettività che viene resa ad esempio mediante l’impiego di sfere sonore, modulando così l’intero universo percettivo del testo e dando luogo anche a dinamiche semi-simboliche.
to image in audiovisuals. Examples drawn from contemporary cinema apply
the sound dimension as a field of experimentation, attempting to find what
can be defined as the ‘intrinsic iconic properties’ of sound. The article’s focus is
on the continuum between realism and anti-realism in the audiovisual sound/
image relation, as well as on the association/dissociation between sound and
image as a terrain for unusual narrative possibilities. The fashion for using the
sound dimension in audiovisuals further underlines its constructed and artificial
character, as it constantly searches for a relationship with an ‘authentic reality
advertising world (mainly the Italian one) has decided its communicative strategies, creating
commercials where the issue of lockdown emerged. That historical event becomes an occasion to
reflect also on the discursive status of communication advertising itself, which has here proposed its
own worldview, according to a typical rationale of a social institution. Some brands have judged
appropriate reducing their commercial dimension by focusing on the emergency and on corporate
values, others have chosen to keep it in subliminal forms, while still others have focused on consumers
by describing their lockdown lifestyles. Overall, commercials have shown how they regularly employ
similar formulas and motifs: famous Italian locations, empty streets, silence, Italian flags, balcony
performances, melancholic pianos. Finally, the article poses a more general question, whether it is
legitimate or not to associate a commercial content with a social emergency.
Il saggio indaga l’utilità per le discipline semiotiche di porre a confronto i propri risultati euristici con quelli delle discipline scientifiche e sperimentali, senza oltrepassare i propri limiti teorici. Lo spunto iniziale parte dall’affermazione di U. Eco sull’opportunità per i semiologi di “non mettere il naso nella scatola nera dei processi mentali o cerebrali”. Come materia di confine sulla quale la semiotica si confronta con altre discipline viene quindi affrontato il tema della percezione, in particolare quella uditiva, passando in rassegna alcuni modelli esplicativi proposti nell’ambito della psicologia cognitiva e delle neuroscienze. Nello specifico, viene compiuta una breve ricognizione dei problemi relativi al riconoscimento percettivo del suono, comparati al campo visivo, focalizzando l’attenzione, anche attraverso esempi testuali, sul ruolo del suono nel linguaggio audiovisivo. Tra i modelli di descrizione della percezione uditiva vengono menzionati la “Auditory Scene Analysis” di A. Bregman e le teorie relative all’ “oggetto uditivo”, evidenziando analogie e divergenze rispetto alla trattazione del problema della percezione per come viene operato da Eco.
The essay describes the analytical will aimed at deepening and explaining, through a collective practice of commentary, and a communicative pact with the users which, through mediation dynamics, tends to make clear, using exemplification and comparison, the implicit elements of the analysed work.
By placing the phenomenon in a broader selection and composition logic (Manovich), the video essay appears similar to a form of tutorial that, however, through a hybrid statute placed between educational and entertainment, calls into question the authority of the institutional figures linked to audio-visual knowledge.
Prima dell’avvento di Internet il rapporto tra popstar e pubblico era fortemente mediato da prassi discorsive molto filtrate e unidirezionali come interviste, conferenze stampa o presentazioni istituzionali, all’interno delle quali i meccanismi del divismo avevano storicamente trovato un loro modo di essere (pensiamo ad esempio ad Elvis oppure alla Beatlemania). Da alcuni anni però le celebrità del pop possiedono anche profili personali gestiti più o meno direttamente sulla maggior parte dei social media, attraverso i quali parlano, inseriscono commenti, osservazioni, chiamate a raccolta, riflessioni intime, video con making of di canzoni o incontri studenteschi (si pensi a Jovanotti). Una vasta e variabile tipologia testuale tramite la quale la popstar costruisce una conversazione simulacrale diretta al mondo dei fan, raccontando molto spesso il retroscena della propria vita professionale. Un’ampia produzione comunicativa che in modalità diverse viene messa in atto dalle celebrities allo scopo di gestire in modo attivo e diretto la propria identità o la propria immagine.
Un simile scenario conduce a questo punto a domandarsi: quali siano gli attuali meccanismi della costruzione identitaria; in che modo passino e siano condizionati dai social media; e più in generale, attraverso quale ottica sia possibile ripensare la nozione di identità, in semiotica non del tutto approfondita e definita, anche alla luce delle novità del panorama comunicativo.
L’articolo analizza con approccio semiotico gli elementi costitutivi della disco, descrivendone le tracce profonde lasciate nella cultura pop, in un momento in cui sta godendo di una rilegittimazione culturale, non solo come musica ma come stile di vita. Emerge un micro-sistema culturale che attraverso differenti dimensioni (sonora, visiva, audiovisiva), ha dato luogo a processi innovativi (il ballo che torna protagonista, mentre nasce la figura del dj) riguardanti nuove pratiche di produzione sonora (mix e remix) che hanno modificato lo statuto della riproduzione sonora, segnando infine un profondo mutamento di prospettiva riguardo ai valori in gioco nella musica pop.
process of reality simulation thanks to a peculiar textual logic,
far from realistic conventions. Through a semiotic research
enriched by philosophical contributions, here has been dealt the
specific phenomenic statute of the relationship between sound
and his source, where emerges a relevant indexical component.
The discussion goes on with a survey conducted acknowledging
contributions arising from psychology, on the ways in which
sound perception provides an image of the world through
categorical processes (identification and lexicalization, through
sounds and sound forms), investigating specifically the notion of
sound object. The conclusion of the article leads to a broader
argument about the relationship between visual and sound and
to the possibility of a sound figurativity and therefore of a sound semiotics of culture.
evoluzione, che in parte è basato sulla rinegoziazione del continuum che articola la somiglianza iconica tra suono e immagine. A partire da casi concreti del cinema contemporaneo, si evidenzierà come la dimensione sonora
nell'audiovisivo risulti territorio di una sperimentazione che si articola attraverso la ricerca di intrinseche proprietà figurative del suono, nonché luogo di una parziale messa in crisi delle convenzioni standard che correlano banda sonora e banda
visiva. Questioni che conducono ad una più generale riflessione sulle procedure di costruzione della realtà attraverso la dimensione sonora.
The essay continues with a specific treatment of sonic dimension and of dynamics of association/dissociation existing between visual and sound dimensions, by treating examples from films such as The Conversation of F. F. Coppola, Once Upon a Time in America by Sergio Leone, and Elephant by Gus Van Sant. Here is outlined as well, a notion of audiovisual text subjectivity detached from the influence of a linguistic model, taking origin –instead - from within texts themselves. Subjectivity here is to be defined as a local construction of discursive forms, no longer seen as projected in the texts but arising from them. Finally, in the analysis conducted on the film Drive by N. Refn is explored the way in which the subjective state of the characters appears not deducible from classical "point-of-view" shots but by strategies of “widespread subjectivity”. A subjectivity that is rendered, for instance, by using spheres of sound, thus modulating the whole textual perceptual universe, giving rise also to semi-symbolic dynamics.
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Il saggio parte da un’indagine sulle procedure che consentono di installare ovvero di attivare in un testo audiovisivo forme di soggettività, esaminando altresì le modalità con cui la soggettività reale si traduce in soggettività testuale. L’audiovisivo del resto manifesta la possibilità di mostrare entità soggettive per il solo fatto di renderle percepibili, appoggiandosi su meccanismi di “mostrazione” e conferendo rilevanza ai meccanismi di prensione percettiva, in una complessiva organizzazione percettiva dove la dimensione sonora è in stretta relazione con la dimensione visiva. Il saggio prosegue con una specifica trattazione della dimensione sonora e delle dinamiche di associazione/dissociazione che sussistono tra visivo e sonoro, trattando esempi da film come La conversazione di F. F. Coppola, C’era una volta in America di Sergio Leone, ed Elephant di Gus Van Sant. Si delinea così una nozione di soggettività testuale audiovisiva svincolata dall’ influenza di un modello linguistico, e che invece - originandosi dall’interno dei testi stessi - viene a definirsi come una costruzione locale di forme discorsive. Una soggettività non più vista come proiettata nei testi bensì da essi derivante. Nell’analisi condotta sul film Drive di N. Refn si indaga infine come lo stato soggettivo dei personaggi non risulti desumibile da classiche “soggettive” filmiche, bensì da strategie di soggettività diffusa. Una soggettività che viene resa ad esempio mediante l’impiego di sfere sonore, modulando così l’intero universo percettivo del testo e dando luogo anche a dinamiche semi-simboliche.
to image in audiovisuals. Examples drawn from contemporary cinema apply
the sound dimension as a field of experimentation, attempting to find what
can be defined as the ‘intrinsic iconic properties’ of sound. The article’s focus is
on the continuum between realism and anti-realism in the audiovisual sound/
image relation, as well as on the association/dissociation between sound and
image as a terrain for unusual narrative possibilities. The fashion for using the
sound dimension in audiovisuals further underlines its constructed and artificial
character, as it constantly searches for a relationship with an ‘authentic reality
(a) how new medial artifacts and languages enhance / complete / hint at / refer to / define / depict perceptual, sensorial, proprio- and interoceptive sensations that stem from senses that are not visual or auditory;
(b) how new medial artifacts and languages redefine and/or model perception of space, sound and text;
(c) how new medial artifacts and languages redefine cultural memory, create new global awareness, contribute to redefining a global memory and inclusion/exclusion paradigms;
(d) How new medial artifacts and languages redefine / enhance / question poetics and aesthetics;
(e) How new medial artifacts and languages redefine “reality” as a semiotic contract.
Sono personaggi che occupano uno spazio significativo nella nostra vita
ma raramente ci chiediamo cosa rappresentino davvero.
Il libro adotta una metodologia semiotica, senza però adoperare un linguaggio
tecnico, e analizza le strategie visive che hanno definito l’identità di star musicali
come Jovanotti, Daft Punk, Elvis Presley, Bob Dylan, Mina, nei continui rimandi
tra musica, moda e media e attraverso la mediazione dell’immagine. Si tratta
di figure che hanno costruito la loro identità attraverso interviste, copertine
di dischi, videoclip, abiti, stili e comportamenti, in una dimensione sociale
performativa. Essere icone pop vuol dire acquisire uno statuto di celebrità,
partecipare al dibattito pubblico, incarnare personaggi narrativi e indossare
maschere, produrre un complesso gioco di rimandi tra identità ed apparenze.
La logica che muove le icone pop musicali può insegnarci molto sui meccanismi
sottesi al nostro vivere sociale.
Oggi, leggere e versatili camere digitali si aggirano con destrezza tra i filari delle vigne per mostrare allo spettatore nascita e destini del vino: la raccolta dell’uva, la spremitura, l’imbottigliamento e infine l’arrivo sulle tavole. Ormai si sta imponendo un vero e proprio genere cinematografico, il documentario enogastronomico, che aspira a mappare i territori del gusto alla scoperta delle tradizioni, delle differenze geografiche e biologiche tra i diversi vitigni. Si tratta di testi audiovisivi che raccontano il patrimonio culturale, identitario e alimentare racchiuso nei vini e pronto a sprigionarsi ad ogni brindisi. Questa recente produzione filmica non si concentra solo sui luoghi della produzione ma documenta anche gli spazi del consumo e fa leva sui valori sociali trasmessi dal vino: la convivialità e il benessere oppure, al contrario, l’abuso e la devianza. Infine, questi documentari sono uno strumento di denuncia nei confronti dei fenomeni economici di sfruttamento del territorio, di sovrapproduzione e di alterazione del gusto del vino, di falsificazione dei marchi.
Giovani registi e autori affermati hanno scelto di raccontare le storie dei vini che costellano l’Italia, puntando i loro obiettivi su quelle zone geografiche in cui è ancora forte il legame con il passato, su quei produttori poco noti che coniugano il rispetto della tradizione all’utilizzo di metodi biologici. Ad esempio, il lavoro quotidiano di quattro produttrici di vino biologico è al centro del documentario di Giulia Graglia “Senza Trucco. Le donne del vino naturale” (2011).
L’interesse di pubblico e critica nei confronti del documentario enogastronomico ha trovato un motore propulsivo nel film “Mondovino” (2004) di Jonathan Nossiter. Eppure le tracce di una rappresentazione del gusto attenta alle biodiversità e al rispetto del territorio, almeno nel contesto italiano, si trovano già nei programmi televisivi di Mario Soldati, come “Viaggio lungo la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini” (1957-1958) e nei tre reportage, dei “viaggi d’assaggio” lungo tutta la penisola, che compongono “Vino al Vino. Viaggio alla ricerca dei vini genuini” che furono pubblicati a puntate tra il 1968 e il 1975. Proprio il racconto del territorio italiano fatto da Soldati, diventa una dei paratesti per il documentario di Ermanno Olmi “Rupi del vino” (2008), un omaggio alla viticoltura eroica della Valtellina.
A partire da una disamina di alcuni documentari enogastronomici, l’intervento proverà a far luce sulle caratteristiche dell’“enosfera” – il macro-sistema del “mondo del vino” in cui convergono testi dotti e popolari, pratiche di viticoltura tramandate di generazione in generazione, innovazioni tecniche e forme artistiche – che sembra essere una delle componenti centrali per un’estetica sociale del gusto contemporaneo, un'estetica che cerca di rinsaldare i legami con il passato e di sfruttare ogni possibilità per riscoprire e inventare le sue tradizioni."