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Il Parlamento del Regno d'Italia/Efisio Cugia

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Efisio Cugia

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Filippo De Boni Felice Genero
Questo testo fa parte della serie Il Parlamento del Regno d'Italia


Cugia Efisio.

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Sardo, ha intrapreso di buon’ora la carriera delle armi, uscendo dall’Accademia ufficiale dello Stato maggiore e mostrando molta attitudine, e [p. 757 modifica]distinguendosi sotto ogni rapporto nelle campagne di Crimea e d’Italia. Segretario del ministro della guerra Fanti, promosso al grado di generale, dopo la felice spedizione delle Marche e dell’Umbria, fu da un collegio dell’isola nativa eletto a deputato al Parlamento nazionale.

Nel seno di questo illustre consesso non gli mancarono occasioni di mostrarsi dicitore savio ed arguto, e di mostrare com’egli fosse atto a sostenere più importanti incombenze che non gli si fosse affidato fino a quell’ora.

Il Rattazzi infatti fu il primo che pensò a valersene nella difficilissima circostanza che la sua imprudenza aveva fatto sorgere in Sicilia, al momento in cui Garibaldi, recatovisi apparentemente con lo scopo di partire per ispedizioni lontane, gettando a un tratto la maschera, vi radunava armati, ed entrava con essi in Catania, per isbarcare di là a poco sul continente napoletano, e metter capo ad Aspromonte.

Il Cugia, partito per Palermo col titolo di prefetto di quella città, ma con più estesi poteri, ed ajutato dal cavalier Murgia suo compatriota, uomo abilissimo, che regge ora con tanto successo la prefettura di Terra d’Otranto, avrebbe senza alcun dubbio ottenuto dei felici risultamenti, qualora per disgrazia, egli non fosse stato inviato troppo tardi. Sopraggiunta la catastrofe che pose fine a quel deplorabile dramma, il Cugia rientrò a Torino, e dette in pieno Parlamento sulla sua missione degli schiarimenti che convinsero tutti, e parvero tali da dover attribuire lode all’uomo, cui mancarono i mezzi e l’opportunità, non certo il buon volere di rendersi utile più di quello che in effetto gli fosse stato possibile d’esserlo.

All’avvenimento al potere del ministero Minghetti-Peruzzi, al Cugia venne offerto il portafogli della marina, dopochè, per le ragioni che tutti sanno, ebbe a lasciarlo il Ricci. La nomina del Cugia a questo ministero non sorprese certo, come abbiam dovuto dire che sorprese quella del Sella al ministero delle finanze. Pure mancheremmo al nostro dovere di esattezza, se non riferissimo che parve strano ad alcuni; che la [p. 758 modifica]marina doveva esser retta da un generale dell’armata di terra. Ma in verità, ove si rifletta che gli ufficiali di Stato maggiore sono tenuti ad avere cognizioni molto vaste, e che sino ad un certo punto si estendono anche a quanto può riguardare l’organismo del dipartimento marittimo, e soprattutto ove si consideri che è già prevalsa in molti Stati la massima, che alcune amministrazioni, come quelle appunto dei lavori pubblici, della marina, d’agricoltura e commercio, non sia necessario vengano dirette da uomini tecnici, ma semplicemente da abili amministratori, si dovrà ammettere che la nomina del Cugia era giustificabilissima. Il fatto, del resto, è venuto a sorreggere la veracità di quanto abbiamo asserito, mentre non sappiamo che l’amministrazione del Cugia sia ad alcuno sembrata meno che abile, solerte ed attiva, e non abbia in tutto e per tutto corrisposto alla difficoltà delle circostanze e all’importanza della materia.

Il Cugia, caduto per i casi di Torino il ministero di che faceva parte, si è ritirato, per poco, crediam noi, nella nativa Sardegna, dalla quale non tarderà a rientrare nella cerchia degli affari, in cui il suo ingegno, le sue qualità e il suo grado gli assegnano elevatissimo posto.