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Terme Achilliane

Coordinate: 37°30′08.66″N 15°05′14.65″E
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Terme Achilliane
Frigidarium
CiviltàRomana
EpocaIV - V secolo
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Provincia  Catania
Amministrazione
EntePolo Regionale di Catania dei Siti Culturali
ResponsabileMaria Costanza Lentini
Visitabile
Mappa di localizzazione
Map
Piazza Duomo

Per terme Achilliane[1] si intendono delle strutture termali oggi sotterranee databili al IV-V secolo situate a Catania di cui rimane una piccola porzione visibile sotto piazza del Duomo.

Si accede all'ambiente termale passando da un corridoio con volta a botte ricavato nell'intercapedine tra le fondamenta della cattedrale il cui accesso è preceduto da una rampa in discesa a destra della facciata della stessa. Il nome dell'impianto è dedotto da un'iscrizione su lastra di marmo lunense ridottasi in sei frammenti principali , databile alla prima metà del V secolo, oggi esposta all'interno del Museo civico al Castello Ursino.

Le terme in un acquerello di Jean Houel.

L'epoca di fondazione dell'edificio è ancora discussa, ma si ritiene probabile che fosse stato costruito nel IV secolo d.C.: l'esistenza dell'edificio sotto Costantino I è ipotizzata in base al reimpiego all'interno della cattedrale di Sant'Agata di un gruppo di capitelli del periodo, che potrebbero provenire da questo edificio[2]. Le strutture però potrebbero essere anche precedenti, databili al III secolo, sulla base degli studi del Wilson[3]. Sulla base di una lunga iscrizione i cui pezzi furono ritrovati in più epoche, si è supposto che intorno al 434 l'edificio fu ridimensionato per ottenere un risparmio di legna[4].

Nel 1088 l'area occupata dalle terme viene scelta dal vescovo Ansgerio per ricavarne la Cattedrale (completata ed inaugurata nel 1094) e il relativo monastero benedettino (in seguito sede della badia femminile di Sant'Agata), mentre nel 1508 viene completata la Loggia Senatoria che vi si addossava per la sua lunghezza.

Sepolti dai terremoti del 4 febbraio 1169 e dell'11 gennaio 1693, i resti di parte delle terme - già noti in antico - furono dapprima liberati dal Museo del principe di Biscari[5] e riportati nella loro attuale collocazione.

Nel 1856, durante la realizzazione della galleria che passa sotto al Seminario dei chierici destinata ad essere la Pescheria di Catania, si trovarono dei ruderi che pure furono attribuiti allo stesso edificio, pertinenti forse ad un calidarium, in quanto vi erano presenti tracce di un pavimento ad ipocausto. La struttura doveva estendersi fino alla via Garibaldi, dove si trovarono altri avanzi[6].

Planimetria completa delle Terme, secondo il D'Arcangelo[7].

Secondo la ricostruzione planimetrica ottocentesca del complesso[8], la parte attualmente visitabile comprendeva probabilmente solo uno dei frigidaria. Nella planimetria della città di Catania rilevata da Sebastiano Ittar nel 1833 è messo in evidenza anche il muraglione di cinta delle terme, che raggiungeva l'attuale Fontana dell'Amenano a ovest e l'Arcivescovato a est, occupando un'area molto estesa della città[9].

Dal 1974 al 1994 furono chiuse perché considerate insicure. Furono riaperte dopo un restauro del comune (1997) e nuovamente richiuse per problemi di allagamento[10]. Dopo i lavori di pavimentazione della piazza del Duomo (2004-2006) - nel corso dei quali si è ritenuto di coprire l'impianto con una poderosa piastra d'acciaio per rinforzare l'impiantito della piazza stessa - l'edificio termale è stato nuovamente riaperto al pubblico[11] e alla realizzazione di eventi.

Planimetria delle terme, nell'area visitabile (adattato da A. Holm, Catania Antica, tavola VII); scala in palmi siciliani (1 palmo = circa 27 cm)

Poco si conosce delle reali dimensioni del grande complesso termale e quanto oggi è visitabile è appena una piccola porzione della sua estensione. Una ipotesi molto fantasiosa relativa alle dimensioni delle terme la fece nel 1633 il D'Arcangelo[12], erudito di storia locale, il quale fece realizzare una planimetria priva di elementi reali e riconoscibili, sebbene abbia il merito di essere il primo lavoro avanzato in tal direzione, ispirandosi palesemente alla planimetria delle terme di Diocleziano. Molto più accurata è la planimetria resa da Sebastiano Ittar nella pianta generale della città di Catania[9]. In essa viene attribuita alle terme una cortina muraria che correva a sud della piazza Duomo, identificata quale muro perimetrale dell'area termale. Diversi scavi occasionali hanno fatto ipotizzare il rinvenimento di tracce dell'impianto in altre parti dell'areale oltre a quanto noto, facendo desumere che esso costituiva l'area oggi occupata dagli edifici compresi tra le piazze Duomo, Università e San Placido. All'interno della cinta che circondava l'edificio si ricavò per intero la Cattedrale e il primo impianto monastico benedettino fondato dal vescovo Ansgerio. Alle mura di cinta sul lato occidentale si addossò anche la Loggia Senatoria, distrutta durante il terremoto del Val di Noto del 1693, e si aprì la Porta di Eliodoro.

Dall'ingresso sinistro, il quale conduceva originariamente a due ambienti, è possibile oggi ammirare i resti del Tepidarium, una sala curvilinea riscaldata attraverso un sistema di canalizzazione dell'aria; questa si serviva inoltre di una scala a due rampe che la collegava con il primo piano delle terme.

Canale ad "S"

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Condotto a "s"

In prossimità della parte finale del corridoio, gli scavi recentemente condotti in profondità hanno permesso di individuare un canale con andamento a “S”, il quale si immette sulla sala centrale a pilastri; questi ultimi in origine percorrevano il corridoio stesso. Si tratta, probabilmente, di un condotto che serviva a convogliare l'acqua e a distribuirla per i servizi delle terme.

Frigidario (o "Sala dei Pilastri")

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La camera centrale delle terme

Dell'impianto originale si conserva una camera centrale il cui soffitto a crociere è sorretto da quattro pilastri a pianta quadrangolare. Al vano si accede tramite un corridoio con volta a botte che corre in direzione est-ovest[13] e terminante in una porta che si apre su una serie di vasche parallele tra loro, facenti parte di un complesso sistema di canalizzazione, drenaggio e filtrazione dell'acqua che si estende verso nord. Anche il vano principale si apre con tre ingressi ad arco sulle vasche, ad ovest del vano stesso.

L'ambiente misurerebbe 11,00 metri di larghezza e 11,90 metri di lunghezza, mentre le stanze di decantazione sarebbero lunghe in tutto 18,65 metri. Il corridoio misurerebbe 2,50 metri in larghezza per una lunghezza di 18 metri[14]. Inoltre, l'unico pilastro di cui si può considerare attendibile la misura dell'altezza è alto 1. 85 metri.

Anticamente i pavimenti (di cui oggi non rimangono che labili tracce) erano in marmo, come dimostrano alcuni lacerti tra cui i resti di una vasca posta al centro dell'aula ed assumevano la disposizione dell'opus sectile; mentre alle pareti e sul soffitto vi erano stucchi sicuramente dipinti ispirati al mondo della vendemmia, con eroti e tralci di vite[15], grappoli d'uva, i quali furono sapientemente rappresentati in un acquerello di Jean Houël, il quale credeva le terme il tempio di Bacco; tali stucchi, sebbene ben leggibili nel XVIII secolo, oggi appaiono molto logori e in ampie parti lacunosi. Al centro della sala si conserva una vaschetta quadrata, originariamente rivestita in marmo, sulla quale doveva erigersi una colonnina di cui si conserva l'impronta della base. La presenza di acqua corrente costantemente filtrata, l'assenza di aperture al di là dei tre accessi alle stanze di decantazione, la presenza di una vasca (piscina) al centro della sala e i rivestimenti marmorei dimostrano l'uso a frigidario dell'ambiente.

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La lunga iscrizione conservata al Castello Ursino poggiata sul pavimento senza protezione.[16]
Rilievo della iscrizione di Sebastiano Ittar[17].

L'epigrafe[18] che diede il nome all'impianto è in lingua greca e usa caratteri greci piuttosto tardi in scriptio continua, è posta su quattro linee ed è formata da diversi frammenti di lastra incisi, con lacune sebbene non gravi, ritrovati in diverse epoche, ma originariamente facenti parte di un unico lastrone in marmo lunense, risalente al V sec. I frammenti misurano 0,30 metri in altezza ed hanno una lunghezza complessiva di quasi 4,30 metri. Essendo state rinvenute quasi tutte nello stesso perimetro, si è supposto che l'intera incisione facesse originariamente parte dell'edificio termale fin qui descritto.

Viene menzionata da diversi autori anche la presenza di quattro lapidi riportanti la scritta Q. LUSIUS/ LABERIUS/ PROCONSUE/ THERMAS[17][19], che confermerebbe ulteriormente l'attribuzione della lapide ad un grande impianto termale sito al di sotto della Cattedrale, un tempo forse esposte all'ingresso delle terme e in seguito murate sulla base di quattro dei pilastri che dividono le tre navate della cattedrale[20].

Prima del terremoto del 1693, i primi tre frammenti che costituivano la lapide furono murati nella facciata della cattedrale, poi spostati in una parete del vescovato secentesco e da qui vennero trasportati nell'antica Loggia. Nel 1702 si ritrovarono altri due frammenti che l'abate Vito Maria Amico unificò con gli altri e tradusse[21]. In seguito furono esposti al Museo del principe Biscari e da qui all'attuale collocazione presso il museo civico del Castello Ursino, dove è stata ricomposta semplicemente allineandola a terra utilizzando tutti i frammenti conosciuti.

Nell'interpretazione che ne dà Francesco Ferrara[22] le terme sono chiamate Achillianai e non Achellianai, come invece riportato da Holm e dal Kaibel e tratterebbe di un ipotetico incendio che rovinò la struttura, restaurata da Flavio Felice Eumazio. Qui inoltre si farebbe riferimento a Massimo Petronio[23], preceduto da un non ben identificato Julium filium Augusti[24].

Nella traduzione che ne dà Giacomo Manganaro, la lapide si potrebbe datare al 434 sulla base della successione dei governatori. Sempre secondo il Manganaro in essa si celebrerebbe l'opera di ristrutturazione (forse un ridimensionamento) esplicitamente tendente a economizzare legna da ardere negli ipocausti, conclusa dal neo governatore di Sicilia, Flavio Felice Eumazio, già avviata dal suo predecessore Flavio Liberalio, consularis Siciliae secondo la sua interpretazione, sotto l'imperatore d'Oriente Teodosio II[25]. Tale ricostruzione permetterebbe dunque, sempre secondo l'ipotesi del Manganaro, di dare almeno due nomi ai proconsoli siciliani della prima metà del V secolo: Eumazio e Liberalio. Inoltre avrebbe riconosciuto il nome di Leone quale architetto artefice del restauro[26].

Galleria d'immagini

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  1. ^ Il patrononimico, Ai Thermai ai Akillianai, è conclamato nell’iscrizione di cui si parla più avanti e a giudizio di P.Bocci alla voce “Achille” in Enc. d. Arte antica, Treccani, il mito torna in voga nelle raffigurazioni in pubblico, statue e dipinti, preferito ad altri eroi omerici, alla fine del III secolo.
  2. ^ A. M. Fallico, "Capitelli antichi nella Cattedrale di Catania", in Palladio, n.s.18, 1967, p.171.
  3. ^ Vedi R. J. A. Wilson, Sicily under the Roman Empire. The archaeology of a Roman province. 36 BC -AD 535, Warminster 1990, p. 92
  4. ^ G. Manganaro, Iscrizioni latine e greche di Catania tardo-imperiale, in «Archivio storico per la Sicilia orientale», IV serie, anni XI e XII, 1958 e 1959, Catania, pp. 25-28.
  5. ^ I. Paternò Castello, Viaggio per tutte le antichità della Sicilia, seconda edizione, postuma, Palermo 1817, pp. 35-36.
  6. ^ A. Holm, Catania Antica, traduzione di G. Libertini, Catania 1925, pp. 54-55.
  7. ^ Ottavio D'Arcangelo, Storia delle cose insigni di Catania, Catania 1633
  8. ^ La planimetria, insieme alle sezioni longitudinale e latitudinale, è tratta dall'opera Antichità della Sicilia, volume V, del duca di Serradifalco (D. Lo Faso Pietrasanta, duca di Serradifalco, Antichità della Sicilia, Palermo 1842, pp.22-23) e riproposta in A. Holm, citato, tavola VII.
  9. ^ a b Vedi S. Ittar, Pianta topografica della città di Catania, Catania 1833, n° 40 Terme Achillee.
  10. ^ Da queste parti infatti scorre il fiume sotterraneo Amenano, visibile all'interno del vescovato, a pochi metri di distanza dai resti delle terme.
  11. ^ Terme Achilliane alla luce in La Sicilia, 27 agosto 2006, CT36. I lavori hanno messo alla luce inoltre il piano pavimentale della piazza e una gradinata d'accesso settecentesca. La visita (eccettuata la domenica, giorno di chiusura) si fa su richiesta ed è oggi a pagamento. La gestione delle terme è passata dal comune alla curia vescovile, che, tramite il Museo diocesano ubicato pochi metri più a sud, si occupa dell'accesso alla struttura.
  12. ^ Idem, Storia delle cose insigni di Catania, Catania 1633.
  13. ^ A sua volta tale corridoio è connesso con l'esterno da un lungo accesso ricavato nell'intercapedine tra le strutture non ancora indagate e le fondamenta della cattedrale e che corre in direzione nord-sud.
  14. ^ I dati sono stati ricavati dal Wilson (Wilson 1990, p. 92 nota 318) dalla planimetria del Serradifalco (Serradifalco cit, V, pp. 22-23).
  15. ^ A causa di queste decorazioni il popolino credette che i resti fossero appartenuti ad un tempio dedicato a Bacco. Tale ipotesi, erroneamente riportata anche da studiosi autorevoli, venne messa in discussione già dallo stesso I. Paternò Castello che vi riconobbe un impianto termale. Cfr. F. Ferrara, Storia di Catania sino alla fine del secolo XVIII, Catania 1829, p. 219.
  16. ^ Vi si legge:
    «[…] ФΛΑΒΙOCФHΛξεYMAεIOCOΛAM […] I […] XIACεIΠεNʾAIΘεPMA (IAI) AXIΛΛIANAIεξA […] IACΔIATYΠωCεωCAN (HΛ) […] OYCHCTHCε (Π) IC (K) εYCHC […]/
    […] ΛΙΒΕΡΑΛΙΟΥTΟΥεΥΚAϴωCIωTOYANIKAϴεKACTHNHMεPANΠHCAC ˀ ΛB ˁ εΛATTON (ε) KAYCεNεICTHNΠPOKAYCI (N) […] εΝΠΗСАС ˀ IH […] (I) εI ˀṄˀ […]/
    […] EKAYCεNεICTHNΠPOK […] YCINKAIεICT […] NOΠPOΓPAФICεYKAϴOCIωTOCTωNε […] ΔIωNANAΛωMATωN […] OεΠIY ˀ(Π) […] (M) AT […]/
    […] OYAPXITεKTONO […] METATHNY […] IOYAIωNIOYAYΓO […] TOYTO ʾΔIˀ K […] IMAξIMOYTOYΛAM […]/»
    Le lettere abrase ma ben identificabili sono indicate tra parentesi. La trascrizione ha un valore puramente indicativo, considerato che nell'incisione vi è un uso indifferenziato di caratteri greci e latini, nonché di maiuscole e minuscole
  17. ^ a b S. Ittar, Raccolta degli antichi edificj di Catania. Rilevati e disegnati da Sebastiano Ittar Architetto e Disegnatore di Ruderi. A Milord William Bentinck Ministro Pluripotenziario della gran Brettagna in Sicilia, Catania 1812. I quattro frammenti sono indicati nell'incisione come Iscrizioni scolpite ne' plinti di quattro basi delle Colonne appartenenti al portico di queste Terme. Il rilievo è esposto al Museo Civico di Catania.
  18. ^ Kaibel, Inscriptiones Graecae, Siciliae et Italiae XIV, 455 = AE 1959,26; il Kaibel ne dà una rapida descrizione e un accenno di interpretazione. Vedi anche: R. J. A. Wilson, "Towns of Sicily during the roman empire", in H. Temporini, J. Vogt, W. Haase (a cura di), Aufstieg und Niedergang der römischen Welt: Von den Anfängen Roms bis zum Ausgang der Republik, Walter de Gruyter, 1972 (ISBN 3-11-001885-3), pp.134-135.
  19. ^ Ottavio Caetani, Isagoge ad historiam sacram siculam, auctore p. Octavio Cajetano syracusano societatis Jesu. Opus posthumum, et diu expetitum, nunc primum prodit cum duplici indice., Panormi MDCCVII, Apud Vincentium Toscanum Coll. Pan. Soc. Jesu Typographum, Impr. Sidoti V.G., Impr. de Ugo P., p. 210.
  20. ^ Un Quinto Lusio Laberio Geminio Rutiliano è citato nel III secolo (CIL 7018); vedi Hildegard Temporini, Aufstieg und Niedergang der römischen Welt: Geschichte und Kultur Roms im Spiegel der neueren Forschung, Walter de Gruyter, Berlin 1974, p. 129. Sulla base di questa omonimia si è supposta una datazione della lapide e delle stesse strutture termali a detto secolo; vedi I Complessi Termali Archiviato il 13 luglio 2015 in Internet Archive. sul sito dell'assessorato al turismo della Provincia Regionale di Catania.
  21. ^ Vito Maria Amico, Catana illustrata: sive sacra, et civilis urbis Catanae historia, Catania 1741-1746, ricordato anche da Francesco Ferrara; cit., p. 319.
  22. ^ Ferrara, p. 321
  23. ^ MAξIMOY-TOY-ΛAM(ΠΡΟΤΑΤΟΥ) secondo la ricostruzione di Manganaro; cfr. G. Manganaro, Iscrizioni latine e greche di Catania tardo-imperiale, in «Archivio storico per la Sicilia orientale», IV serie, anni XI e XII, 1958 e 1959, Catania
  24. ^ IOYΛIω-NIOY-AYΓO(YC)TOY, contestando che il Giulio Filippo citato potesse essere il figlio dell'imperatore Filippo l'Arabo; Ferrara, p.320. Per il Manganaro sarebbe qui da leggersi invece AIωNIOY-AYΓO(YC)TOY, cioè l'"immortale Augusto", Flavio Teodosio
  25. ^ G. Manganaro, cit., pp. 25-28. Il Manganaro crede di potervi riconoscere un architetto Leone, a cui spettava un tot salariale (interpretando "...ματ..." come "τελέσματα", cioè gli artigiani astretti alla retribuzione salariale). In nota egli spiega l'origine etimologica delle "Terme Achelleiane", citate anche negli atti di S. Euplio a Catania («Orpheus», 1957, 55), ipotizzando la presenza di una statua di Achille o un culto ad esso dedicato "attestato anche nel 375 e nel 396 d.C. (ZOSIM, IV, 18; V, 6) [lo stesso Giustiniano è rappresentato come Achille in una statua a Costantinopoli (CHARLES WORTH in «Journ. Hell. St.», 1943, p. 10)]", piuttosto che per il probabile "nome di un proprietario (JORDAN in «Hermes», 1975, 4, 17 s.)"
  26. ^ Riportiamo di seguito il testo per come si sarebbe dovuto leggere, integrato dal Manganaro (op. cit., pag. 29):
    ΦΛΑΒΙΟС ΦΗΛΙΞ ЄΥΜΑΘΙΟС Ο ΛΑΜΠΡ[ΟΤ(ΑΤΟС) ΥΠΑΤΙΚΟС ΤΗС СΙΚΗΛωΝ ЄΠΑ]ΡΧΙΑС ЄΙΠЄΝ ' ΑΙ ΘΕΡΜΑΙ ΑΙ ΑΧΙΛΛΙΑΝΑΙ ЄΞ ΑΡ[Χ]ΑΙΑС ΔΙΑΤΥΠωСЄωС ΑΝΗΛ[ωСΑΝ ΠΗСΑС С'(?)ΚΑΘЄΚΑСΤΗΝ ΗΜЄΡΑΝ. ΤΗΛ]ΟΥСНС ТНС ЄПІСКЄΥΗС Є[Κ ΔΙΑΤΑΓΜΑΤΟС ΦΛΑΒΙΟΥ]
    ΛΙΒЄΡΑΛΙΟΥ ΤΟΥ ЄΥΚΑΘωСІωΤΟΥ ΑΝΗ[ΛωСАΝ ЄΛΑΤΤ(ΟΝ).ΤΟ ΚΑΠΝΙСТΗΡΙΟΝ]ΚΑΘΕΚΑСТНΝ ΗΜЄΡΑΝ ΠΕСАС ' ΛB ' ЄΛΑΤΤΟΝ ЄКАΥСЄΝ ЄІС ΤΗΝ ΠΡΟΚΑΥСІΝ[ΚΑΙ ЄІС ΤΗΝ ΥΠΟΚΑΥСІΝ ЄΛΑΤΤΟΝ ЄКАΥ]СЄΝ ΠΗСАС ' IH '.[ΤΟ ΠΟ]ΙЄІ ΝΟΜΙСΜΑ[Α'(?).ΟСОΝ ΤΟ ΚΑΠΝΙСТНРІОΝ]
    ЄΚΑΥСЄΝ ЄІС ΤΗΝ ΠΡΟΚΑΥСІΝ ΚΑΙ ЄІС Τ[ΗΝ ΥΠΟΚΑΥСІΝ ΗΜЄΡΑС Κ(?),ЄΔωΚЄ]Ν Ο ΠΡΟΓΡΑΦΙС ЄΥΚΑΘΟСІωΤΟС(ЄΚ)ΤωΝ Є[І]ΔΙωΝ ΑΝΑΛωΜΑΤωΝ Π[ΡΟС ΧΑΡΙΝ. Η ЄΠΙСΚЄΥΗ ЄТЄΛЄСА]ТО ЄПІ Υ(ΠЄΡ)Τ(?)[ΤЄΛЄС]ΜΑΤ[ΟΙС,ЄПІΜЄΛΗС(ΑΜЄΝΟΥ)ΛЄОΝΤΟС(?)]
    ΤΟΥ ΑΡΧΙΤЄΚΤΟΝΟС, ΜЄТА ΤΗΝ ΥΠ[ΑΤΙΑΝ ΤΟΥ ΚΥΡ(ΙΟΥ) ΦΛΑΒΙΟΥ ΘЄОΔΟ]СΙОΥ ΑΙωΝΙΟΥ ΑΥΓΥСТОΥ ΤΟ 'ΔΙ' Κ[Α]Ι ΜΑΞΙΜΟΥ ΤΟΥ ΛΑΜΠ[ΡΟΤ(ΑΤΟΥ)......]. Vi si leggerebbe dunque, secondo una traduzione tratta dalla Tesi di Dottorato di Kalle Korhonen, Università di Helsinki, 2003: Flavius Felix Eumathios, v.c., consularis della provincia di Sicilia disse: secondo il vecchio regolamento, le Terme Achilliane consumavano ... [ogni giorno]. Dopo la ristrutturazione, avviata dal notabile Liberalis, consumavano [meno. Il forno] bruciava 22 pise di meno per il preriscaldamento e 18 pise [di meno per il riscaldamento], con il valore totale di [--. La somma che il forno] bruciava per il preriscaldamento e per [il riscaldamento], fu compensata dal medesimo Liberalis dalle sue spese; [Della ristrutturazione se ne occupò] l'architetto [--]; dato dopo il consolato dell'imperatore Teodosio e di Maximus, v.c..
  • I. Paternò Castello, Viaggio per tutte le antichità della Sicilia, seconda edizione, postuma, Palermo 1817.
  • F. Ferrara, Storia di Catania sino alla fine del secolo XVIII, Catania 1829.
  • A. Holm, Catania Antica, traduzione di G. Libertini, Catania 1925.
  • G. Manganaro, Iscrizioni latine e greche di Catania tardo-imperiale, in «Archivio storico per la Sicilia orientale», IV serie, anni XI e XII, 1958 e 1959, Catania.
  • A. M. Fallico, Capitelli antichi nella Cattedrale di Catania in «Palladio», n.s.18, 1967.
  • H. Temporini, J. Vogt, W. Haase (a cura di), Aufstieg und Niedergang der römischen Welt: Von den Anfängen Roms bis zum Ausgang der Republik, Walter de Gruyter, 1972 (ISBN 3-11-001885-3).
  • R. J. A. Wilson, Sicily under the Roman Empire. The archaeology of a Roman province. 36 BC -AD 535, Warminster 1990.
  • Maria Teresa di Blasi, Il Filo di Arianna - Il Duomo e le Terme Achilliane, Maimone editore, Catania 1997
  • Kalle Korhonen,la collez.epigrafica del Museo civico di Catania, Univ. Helsinki, 2003
  • Francesco Tomasello, Bain du Temple de Bacchus a Catania, in F. Nicoletti (a cura di), Catania Antica. Nuove prospettive di ricerca, Regione Siciliana, Palermo 2015, pp. 445–470.

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