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Muscolo (arma)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Immagine di muscolo dal Poliorceticon sive De machinis tormentis telis. Libri quique (1596) di Justus Lipsius
La struttura di un muscolo dell'esercito romano per l'assedio di Marsiglia nel 49 a.C.

Il muscolo (dal latino musculus) era un'arma d'assedio in forza all'esercito romano. Si trattava di una struttura in legno con tettoia (mattoni coperti di cuoio e materassi), in pratica una capanna, spostata tramite un sistema di rulli. Veniva utilizzato dai legionari per avvicinarsi alle mura di una struttura fortificata vanificando l'eventuale ricorso degli assediati ad armi da tiro o da getto[1]. Una volta a contatto della struttura nemica, il muscolo fungeva da riparo mentre i soldati romani intaccavano le fondazioni delle mura o colmavano il fossato per permettere l'uso della rampa d'assedio.

Plinio il Vecchio racconta che il nome del musculus deriverebbe da un animaletto marino uso accompagnarsi alle balene: il "topo[2] marino"[3], oggi molto cautelativamente identificato con il Pesce pilota[4].

La prima chiara menzione del musculus e del suo utilizzo da parte dell'esercito romano si trova nel De bello civili di Gaio Giulio Cesare:

(LA)

«[...] musculum pedes LX longum ex materia bipedali, [...]; cuius musculi haec erat forma. Duae primum trabes in solo aeque longae distantes inter se pedes IIII collocantur, inque eis columellae pedum in altitudinem V defiguntur. Has inter se capreolis molli fastigio coniungunt, ubi tigna, quae musculi tegendi causa ponant, collocentur. Eo super tigna bipedalia iniciunt eaque laminis clavisque religant. Ad extremum musculi tectum trabesque extremas quadratas regulas IIII patentes digitos defigunt, quae lateres, qui super musculo struantur, contineant. Ita fastigato atque ordinatim structo, ut trabes erant in capreolis collocatae, lateribus lutoque musculus, ut ab igni, qui ex muro iaceretur, tutus esset, contegitur. Super lateres coria inducuntur, ne canalibus aqua immissa lateres diluere posset Coria autem, ne rursus igni ac lapidibus corrumpantur, centonibus conteguntur. [...] machinatione navali phalangis subiectis ad turrim hostium admovent, ut aedificio iungatur.»

(IT)

«[...] Cominciarono a costruire un muscolo lungo sessanta piedi, fatto di travi dello spessore di due piedi, [...]; del quale muscolo questa era la forma. Si posano al suolo due travi della stessa lunghezza e distanti fra loro quattro piedi e vi si inseriscono perpendicolarmente colonnette alte cinque piedi. Si uniscono l'una all'altra tali colonnette per mezzo di cavalletti leggermente inclinati in modo da poter collocare su di essi le travi destinate a formare il tetto del muscolo. Le travi disposte sopra questi cavalletti hanno lo spessore di due piedi e sono tenute in sede mediante lamine e chiodi. Ai bordi del tetto del muscolo e alle estremità delle travi si piantano regoli di forma quadrata larghi quattro dita per impedire lo slittamento dei mattoni che dovranno essere sistemati sopra il muscolo stesso. Munita così di un tetto a doppio spiovente e costruita metodicamente appena le travi sono collocate sui cavalletti, la struttura viene coperta di mattoni e di malta per difenderla dal fuoco lanciato dalle mura. Quindi si stendono pelli di cuoio sui mattoni per impedire che l'acqua eventualmente immessa attraverso condotte disgreghi i mattoni. Coprono poi le pelli di materassi in modo che non siano danneggiate a loro volta dal fuoco e dalle pietre. [...] ricorrendo a quel congegno che si utilizza per le navi, cioè rulli sottoposti al muscolo, lo accostano alla torre dei nemici in modo da farlo combaciare con le mura.»

Il musculus di cui parla il testo cesariano fu una delle tante opere cosiddette ossidionali (cioè attinenti all'assedio) realizzate dall'esercito del dittatore durante l'Assedio di Marsiglia del 49 a.C.. Si trattava di una delle tante possibilità note ai genieri romani, non certo di un'invenzione sviluppata ad hoc dagli ingegneri di Cesare.[senza fonte]

Il momento preciso in cui i Romani iniziarono a servirsi del muscolo non è ad oggi noto. Con buona probabilità questo particolare apparato ossidionale divenne noto ai soldati Romani, forse inventato dagli stessi genieri romani, nel corso del III secolo a.C., quando cioè Roma iniziò a beneficiare in modo massiccio dell'afflusso di cultura e tecnologia greche conseguente al contatto con i domini ellenici concomitante alle guerre puniche. Fu durante l'assedio di Lilibeo (250 a.C.) che l'esercito romano diede per la prima volta prova di un'efficace dimestichezza nell'uso dell'arte ossidionale. Sfortunatamente, il maggior cronista dei fatti, il greco Polibio[5], non si profuse in particolari relativi ai macchinari messi in opera dagli assedianti. L'esito delle opere ossidionali romane a Lilibeo, la demolizione di alcune delle torri della cinta muraria cittadina, potrebbe, con buona probabilmente, aver richiesto l'utilizzo di uno o più musculi.[senza fonte]

Da un punto di vista funzionale, il musculus era concettualmente molto simile alla vinea ma si trattava di un'arma d'assedio ingegneristicamente molto più raffinata:

  • era interamente realizzata in legno (struttura portante, pareti laterali e tettoia) con perimetro quadrato o circolare. Si trattava, in buona sostanza, di una solida capanna;
  • disponeva di una copertura multistrato per prevenirne la distruzione ad opera di pesanti proiettili o del fuoco. La tettoia, a doppio spiovente, era infatti coperta di mattoni e sassi cementati con della malta, poi celati da pieghe di cuoio a loro volta superiormente coperte da dei materassi[6];
  • veniva spostato verso la struttura fortificata nemica grazie ad un sistema di rulli, come fosse una nave.
  1. ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, IV, 16.
  2. ^ Mus musculus è nome scientifico del topo comune.
  3. ^ Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, IX, 186.
  4. ^ C. Violani, I cetacei nella leggenda.
  5. ^ Polibio, Storie, I, 42.
  6. ^ Il ricorso ai materassi quali "ammortizzatori" per vanificare gli urti inflitti dai proiettili scagliati dall'alto si osserva anche nella preparazione delle vinee - v. Cesare, De bello Gallico, VII, 17-31 (Battaglia di Avarico).
  • Abranson E. [e] Colbus, J.P. (1979), La vita dei legionari ai tempi della guerra di Gallia, Milano.
  • Cascarino, G. (2008), L'esercito romano. Armamento e organizzazione : v. II - Da Augusto ai Severi, Rimini, Il Cerchio, ISBN 9788884741738
  • Connolly P. (1976), L'esercito romano, Milano.
  • Connolly, P. (1998), Greece and Rome at war, Londra, ISBN 1-85367-303-X.

Voci correlate

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