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Diana (avviso)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Diana
Foto ufficiale del Diana
Descrizione generale
Tipoavviso veloce
Proprietà Regia Marina
CostruttoriCantieri del Quarnaro, Fiume
Impostazione31 maggio 1939
Varo25 maggio 1940
Entrata in servizio12 novembre 1940
Destino finalesilurato ed affondato dal sommergibile HMS Thrasher il 29 giugno 1942
Caratteristiche generali
Dislocamentostandard 1764 t
normale 2487 t
pieno carico 2591 t
Lunghezza113,9 m
Larghezza11,69 m
Pescaggio3,9 m
Propulsione4 caldaie Tosi
2 gruppi di turbine a vapore Tosi-Belluzzo
potenza 31.100 hp
2 eliche
Velocità28 (o 32) nodi
Autonomia2400 miglia nautiche a 16 nodi
Equipaggio152 tra ufficiali, sottufficiali e marinai
Armamento
Armamento
dati presi da Axis History Forum, Sito ufficiale della Marina Militare italiana, Gruppo di Cultura Navale, Warships 1900-1950, Appunti di storia militare e Trentoincina
voci di navi presenti su Wikipedia

Il Diana è stato un avviso veloce della Regia Marina.

Impostato nei cantieri di Fiume come panfilo di Benito Mussolini, allo scoppio della seconda guerra mondiale era ancora in costruzione e fu completato come avviso veloce[1][2].

Fu adibito a vari usi, tra cui principalmente missioni di trasporto veloce di truppe e materiali sulle rotte della Libia e dell'Egeo[2][3].

Poco dopo il completamento, l'avviso fu protagonista di due incidenti. Il 28 settembre 1940, infatti, la nave entrò in collisione nel porto di Messina con il sommergibile Onice, danneggiandolo[4]. Il 1º novembre 1940, verso le nove del mattino, mentre manovrava nel porto di Fiume (verosimilmente durante le prove di collaudo), il Diana accidentalmente speronò il rimorchiatore Quarnero, affondandolo[5].

Poco dopo la sua entrata in servizio il Diana fu inviato a Rodi con un carico di alcune centinaia di tonnellate di grano destinate a nutrire i locali reparti del Regio Esercito e la popolazione civile, a corto di viveri: l'unità fu festeggiata come salvatrice e violatrice di blocco ed il suo comandante fu insignito della Medaglia d'argento al valor militare da parte del governatore del Dodecaneso[6].

Per la sua linea piuttosto inusuale l'avviso fu talvolta scambiato da sommergibili italiani per un'unità nemica ed attaccato, fortunatamente senza risultato[2].

Il Diana fu impiegato come nave appoggio durante la fallita incursione della X Flottiglia MAS contro Malta[7]. In tale occasione il Diana, modificato per trasportare barchini esplosivi tipo «MTM» ed altri motoscafi modificati, salpò da Augusta alle 18:15 del 25 luglio – al comando del capitano di corvetta Mario Di Muro[8][9] –, con a bordo 9 barchini esplosivi «MTM» e un altro motoscafo modificato, tipo «MTSM», e rimorchiando un motoscafo da trasporto tipo «MTL» (destinato al trasporto di due siluri a lenta corsa)[7]. Uno degli SLC e due MTM avrebbero dovuto distruggere le ostruzioni, permettendo così ai rimanenti MTM ed all'altro SLC di penetrare nella rada della Valletta e di minare le navi lì ormeggiate[7]. Insieme al Diana navigavano anche i MAS 451 e 452[7]. Il Diana, come era previsto nei piani, si portò sino a un punto «C», a una ventina di miglia dalla Valletta, giungendovi alle 22.45; in un quarto d'ora mise a mare i barchini ed alle 23 invertì la rotta per portarsi al largo di Capo Passero, dove iniziò a stazionare in attesa dell'eventuale ritorno delle altre unità[7]. L'attacco fu un totale fallimento: gli incursori furono rilevati dai radar e presi sotto un tiro incrociato mentre attaccavano; tutti i barchini e gli SLC andarono distrutti o catturati, così come l'MTL ed i due MAS, sorpresi e mitragliati da aerei britannici mentre si allontanavano[7]. Tra gli incursori e gli equipaggi dei MAS e motoscafi d'appoggio, una cinquantina di uomini, solo undici riuscirono a scampare alla morte od alla cattura: s'imbarcarono sull'MTSM che raggiunse il Diana[7]. Raccolti i pochi superstiti, l'avviso diresse per rientrare alla base[7].

Alle 11.25 del 29 giugno 1942, mentre era in navigazione alla volta di Tobruch con a bordo, oltre all'equipaggio, 4 ufficiali e 293 tra sottufficiali (in maggioranza) e marinai del Corpo Reali Equipaggi Marittimi (si trattava del personale del Comando Marina di cui era prevista la ricostituzione a Tobruk, città di recente riconquistata dalle forze dell'Asse[10][11]) il Diana fu avvistato dal sommergibile britannico Thrasher, ad otto miglia di distanza, in posizione 33°21' N e 23°20' E[2]. Alle 11.44 il Thrasher lanciò sei siluri da circa 550 metri di distanza: colpito da due o quattro siluri (il sommergibile inglese rivendicò infatti non meno di quattro armi a segno), il Diana s'inabissò rapidamente nel punto 33°30′N 23°30′E (75 miglia a nord del Golfo di Bomba, in Cirenaica[10]), trascinando con sé i tre quarti degli uomini a bordo[2]. Alcune motosiluranti di scorta, dopo aver infruttuosamente attaccato il Thrasher, prestarono i primi soccorsi[2].

Più tardi, tra il 29 ed il 30 giugno, giunse sul posto la nave ospedale Arno, che si occupò, seppure in condizioni di mare mosso, del recupero di tutti i superstiti: 119 uomini[10]. Le perdite umane ammontarono a 336 tra morti e dispersi[2][10].

  1. ^ Marina Militare
  2. ^ a b c d e f g Axis History Forum • View topic - Question regarding the Italian Navy. WWll
  3. ^ DIANA - avviso veloce - Gruppo di Cultura Navale
  4. ^ Regio Sommergibile Onice, su xmasgrupsom.com. URL consultato il 20 settembre 2011 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2012).
  5. ^ Rolando Notarangelo, Gian Paolo Pagano, Navi mercantili perdute, p. 395
  6. ^ Aldo Cocchia, Convogli. Un marinaio in guerra 1940-1942, p. 174
  7. ^ a b c d e f g h Giorgio Giorgerini, Attacco dal mare. Storia dei mezzi d'assalto della Marina italiana, pp. 111-154-155-157-158-160-163
  8. ^ Associazione Culturale ITALIA Storica: La Decima MAS e Teseo Tesei contro Malta Then and now
  9. ^ Operazione "Malta2", su Corpi d'élite.net. URL consultato il 29 luglio 2021 (archiviato dall'url originale il 2 agosto 2012).
  10. ^ a b c d Enrico Cernuschi, Maurizio Brescia, Erminio Bagnasco, Le navi ospedale italiane 1935-1945, p. 44
  11. ^ Aldo Cocchia, Convogli. Un marinaio in guerra 1940-1942, pp. 258-259

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