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Acinetobacter baumannii

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Acinetobacter baumannii
A. baumannii in un'immagine al microscopio elettronico a scansione
Classificazione scientifica
DominioProkaryota
RegnoBacteria
PhylumPseudomonadota
ClasseGammaproteobacteria
OrdinePseudomonadales
FamigliaMoraxellaceae
GenereAcinetobacter
SpecieA. baumannii
Nomenclatura binomiale
Acinetobacter baumannii
(Bouvet & Grimont, 1986

Acinetobacter baumannii è un batterio Gram-negativo del genere Acinetobacter. Nell'uomo provoca infezioni opportunistiche, in particolare in persone immunodepresse; spesso è causa di infezioni nosocomiali.[1] In ambienti naturali, A. baumannii è stato isolato nel suolo e nell'acqua.[2]

Patogenicità

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Il batterio non è sempre patogeno; può essere semplicemente rinvenuto sull'epidermide e sulle mucose degli esseri umani. Nel caso di individui con sistema immunitario particolarmente fragile, A. baumannii può causare patologie anche molto gravi, tra cui polmoniti e l'infezione di ferite o di altre lesioni cutanee. La letalità delle setticemie da A. baumannii che si verificano in ambito ospedaliero oscilla tra il 17% e il 46%; le patologie polmonari provocate dal batterio hanno invece una letalità che può raggiungere il 70%.[1]

Nel 2001, in Francia, poco più dell'1% delle infezioni nosocomiali risultava attribuibile ad Acinetobacter baumannii.[3] Nei reparti di terapia intensiva e rianimazione, circa il 5% delle infezioni polmonari risultano causate da questo batterio.[1] Nel 2003, all'ospedale di Valenciennes, si verificò un'epidemia di infezioni da A. baumannii, per un totale di 12 casi.[4] A inizio 2020, in Belgio, si sono rilevate sei infezioni da A. baumannii in un ospedale di Boussu, due delle quali con esito fatale.[5]

Resistenza agli antibiotici

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A. baumannii ha progressivamente acquisito caratteristiche di antibioticoresistenza che, se da una parte destano preoccupazione, dall'altra rendono più facile la sua identificazione laboratoristica. Il batterio produce un enzima, la beta-lattamasi ad ampio spettro, che gli conferisce resistenza a quasi tutti i beta-lattamici esistenti. Gli unici due antibiotici ai quali A. baumannii risulta tuttora vulnerabile sono la colistina e l'imipenem; recentemente, tuttavia, sono stati segnalati ceppi del batterio resistenti anche all'imipenem.

Inoltre, nel maggio 2013, in Francia sono stati rilevati sei ceppi di Acinetobacter baumannii multiresistenti, provvisti dell'enzima New Delhi metallo-beta-lactamase (NDM-1)[6] e originari del Nordafrica.[7]

  1. ^ a b c (FR) Infections ou colonisations à Acinetobacter baumannii multi-résistant aux antibiotiques, France, su Institut de veille sanitaire, 2004. URL consultato il 1º luglio 2024 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2016).
  2. ^ (EN) Yeom J, Shin JH, Yang JY, Kim J, Hwang GS, (1)H NMR-based metabolite profiling of planktonic and biofilm cells in Acinetobacter baumannii 1656-2, in PloS one, vol. 8, n. 3, 2013, PMID 23483923. URL consultato il 1° luglio 2024.
  3. ^ (FR) Enquête de prévalence nationale 2001, su Institut de veille sanitarie. URL consultato il 1° luglio 2024 (archiviato dall'url originale il 6 gennaio 2013).
  4. ^ (EN) Poirel L, Menuteau O, Agoli N, Cattoen C, Nordmann P, Outbreak of extended-spectrum beta-lactamase VEB-1-producing isolates of Acinetobacter baumannii in a French hospital, in Journal of clinical microbiology, vol. 41, n. 8, 2003, pp. 3542-3547, PMID 12904353. URL consultato il 1° luglio 2024.
  5. ^ (FR) Hornu: une bactérie résistante a fait deux morts, su rtbf actus, 4 febbraio 2020. URL consultato il 1º luglio 2024.
  6. ^ (EN) Hishinuma A, Yoshida A, Suzuki H, Okuzumi K, Ishida T, Complete sequencing of an IncFII NDM-1 plasmid in Klebsiella pneumoniae shows structural features shared with other multidrug resistance plasmids, in The Journal of antimicrobial chemotherapy, Oxford Journal, 16 maggio 2013, pp. 1-3, DOI:10.1093/jac/dkt190, ISSN 0305-7453 (WC · ACNP), PMID 23681270. URL consultato il 1° luglio 2024.
  7. ^ (EN) Bonnin RA, Cuzon G, Poirel L, Nordmann P, Multidrug-Resistant Acinetobacter baumannii Clone, France, in Emerging infectious diseases, vol. 19, n. 5, 2013, pp. 822-823, PMID 23697750. URL consultato il 1° luglio 2024.

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