Il documento tratta della filosofia di Karl Popper e delle sue idee epistemologiche principali, come il criterio di falsificabilità e il fallibilismo. Popper ha sviluppato queste idee ispirandosi alla rivoluzione scientifica di Einstein in fisica e al suo rifiuto del dogmatismo nella scienza.
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Il documento tratta della filosofia di Karl Popper e delle sue idee epistemologiche principali, come il criterio di falsificabilità e il fallibilismo. Popper ha sviluppato queste idee ispirandosi alla rivoluzione scientifica di Einstein in fisica e al suo rifiuto del dogmatismo nella scienza.
Il documento tratta della filosofia di Karl Popper e delle sue idee epistemologiche principali, come il criterio di falsificabilità e il fallibilismo. Popper ha sviluppato queste idee ispirandosi alla rivoluzione scientifica di Einstein in fisica e al suo rifiuto del dogmatismo nella scienza.
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FILOSOFI E FILOSOFIE NELLA STORIA
di N. Abbagnano - Giovanni Fornero
VERSIONE ELETTRONICA - PER I NON VEDENTI - CURATA DA AMEDEO MARCHINI VOLUME TERZO PARTE DODICESIMA: SVILUPPI DELLA FILOSOFIA E DELLA CULTURA CONTEMPORANEA CAPITOLO 31: POPPER 1. Vita e opere. Una delle voci pi note ed influenti della filosofia contemporanea. Karl Raimund Popper nasce a Vienna nel 1902, ove studia filosofia, matematica e fisica. Nel 1928 si laurea in filosofia. Nel 1929 ottiene l'abilitazione all'insegnamento della matematica e della fisica. Nel 1934, ma con data 1935, pubblica in tedesco la sua opera fondamentale La logica della ricerca, edita successivamente in inglese con il titolo Logica della scoperta scientifica (1959). Con l'avvento del nazismo s trasferisce in Nuova Zelanda, dove scrive La miseria dello storicismo (1944-1945) e La societ aperta e i suoi nemici (1944-1945). Alla fine della guerra si stabilisce a Londra, ove insegna presso la London School of Economics. Fra le opere pi recenti ricordiamo: Congetture e confutazioni (1963); Conoscenza oggettiva (1972); La ricerca non ha fine (1974, nuova edizione 1976); L'io e il suo cervello (1977, con J. Eccles); I due problemi fondamentali della conoscenza (1979); Poscritto alla logica della scoperta scientifica (1982-1983). 2. Popper e il neopositivismo: vecchi e nuovi punti di vista. Le tre interpretazioni principali... Il rapporto fra Popper e il neopositivismo rappresenta uno dei problemi pi controversi e discussi da parte degli studiosi. A tal proposito, come ha ricordato recentemente Luigi Lentini (Cfr. Fallibilismo e razionalismo critico in N. Abbagnano, Storia della Filosofia, volume 4, La filosofia contemporanea (di G. Fornero) Utet, Torino 1991, capitolo 6 pagina 590 e seguenti), sono state elaborate tre interpretazioni principali. Per la prima, dominante sino alla fine degli anni Cinquanta, Popper sarebbe stato una sorta di neopositivista "dissidente". Dissidente, ma pur sempre neopositivista. Per la seconda, affermatasi a partire dagli anni Sessanta, Popper sarebbe stato l'avversario per eccellenza del neopositivismo, anzi colui che avrebbe contribuito a determinarne la fine. Secondo una terza interpretazione, pi recente, Popper non sarebbe n un neopositivista tout-court, n un anti-neopositivista radicale, bens un filosofo nel cui pensiero sarebbero presenti sia elementi neopositivistici, sia elementi anti-neopositivistici. In altri termini, secondo questa lettura, che oggi ha un certo seguito, Popper sarebbe un metodologo "al confine" fra neopositivismo ed anti-neopositivismo e quindi rappresenterebbe il punto di transizione dal neopositivismo alla cosiddetta "epistemologia post-positivistica" (cfr. il capitolo 32). ...e il loro limite comune, consistente nel fare del rapporto con il neopositivismo la chiave di lettura di Popper. Ora, come ha fatto notare Lentini, bench differenti fra loro, queste tre interpretazioni "condividono tuttavia una stessa ipotesi ermeneutica, e cio che il rapporto con il neopositivismo sia la chiave di lettura dell'epistemologia popperiana". In verit, "questa immagine di Popper su sfondo neopositivista una rilevante semplificazione storiografica di una realt pi complessa", in quanto, sebbene il rapporto con il neopositivismo sia una componente importante del pensiero di Popper, essa non n l'unica, n la principale. Infatti, continuare a dire che il pensiero di Popper sorto dalla "atmosfera" del pensiero neopositivista, sia pure in modo critico e per rendere coerenti quegli aspetti che in esso risultavano difficilmente sostenibili, significa dimenticare (secondo quanto dichiara il filosofo stesso nella sua autobiografia) che quando Popper, nella seconda met degli anni Venti, venne a conoscenza delle tesi del Circolo di Vienna, egli aveva gi abbozzato sia i problemi, sia le soluzioni di fondo della sua teoria della conoscenza. 3. Popper ed Einstein. Ma se Popper non ha geneticamente formulato i suoi problemi e le sue idee direttive in relazione al neopositivismo, qual dunque l'autentico punto di riferimento in rapporto a cui si storicamente costituito il suo pensiero? L'"influenza dominante" di Einstein. Da una lettura attenta delle sue opere risulta chiaro, come egli stesso scrive in La ricerca non ha fine, che "l'influenza dominante" e "a lungo andare, forse, l'influenza pi importante di tutte" l'ha esercitata Einstein. Infatti, in relazione al padre della relativit, come puntualizza ancora Lentini, che Popper "formula i suoi problemi teorici fondamentali - quello della demarcazione tra scienza e pseudoscienza e quello della certezza del sapere scientifico - " ed "elabora il nucleo centrale del suo pensiero epistemologico con le idee di fallibilismo e falsificabilit, e imposta il suo programma di ricerca come il tentativo di chiarire "che cosa significasse la rivoluzione einsteiniana per la teoria della conoscenza" ". Di conseguenza, possibile dire che la rivoluzione epistemologica di Popper rappresenti il riflesso, in filosofia, della rivoluzione scientifica compiuta da Einstein in fisica. In altre parole, Popper sta ad Einstein, come Kant sta a Newton. Infatti, come il kantismo risulta comprensibile solo grazie ad un preliminare riferimento a Newton, cos il popperismo risulta comprensibile solo grazie ad un riferimento di base ad Einstein. Dalle previsioni "rischiose" della teoria della relativit all'epistemologia falsificazionista e fallibilista. Ma quali sono i tratti della rivoluzione einsteiniana che hanno specificamente influito su Popper e che giustificano una tesi storiografica come quella appena enunciata? Innanzitutto, Popper rimase colpito dal fatto che Einstein aveva formulato delle previsioni "rischiose", ossia dal fatto che le sue teorie, a differenza di quelle del marxismo e della psicanalisi (cfr. capitolo 22), erano programmaticamente organizzate non in vista di facili conferme (o "verificazioni") ma in vista di possibili smentite (o "falsificazioni"). In secondo luogo, Popper trasse da Einstein la conclusione che le teorie scientifiche non sono delle verit assolute, ma delle semplici ipotesi o congetture destinate a rimanere tali. "Se la teoria di Newton - scrive Popper - che era stata controllata nel modo pi rigoroso ed era stata confermata meglio di quanto uno scienziato si sarebbe mai potuto sognare, era poi stata smascherata come ipotesi malsicura e superabile, allora era cosa disperata l'aspettarsi che una qualsiasi altra teoria fisica potesse raggiungere qualcosa di pi che non lo stato di un'ipotesi ". In altre parole, Popper ha tratto da Einstein princpi di fondo della sua epistemologia, sui quali ci dobbiamo soffermare ora: il falsificazionismo e il fallibilismo. 4. Il criterio di falsificabilit. 4. 1. La formulazione. La ricerca di un principio di demarcazione fra scienza e non-scienza e il rifiuto del verificazionismo. Il punto di partenza di Popper la ricerca di una linea di demarcazione fra scienza e non-scienza. A tale proposito egli offre una soluzione originale. Vediamo in che senso. Secondo un radicato luogo comune, elevato ad assioma filosofico dal neopositivismo, una teoria risulta scientifica nella misura in cui pu essere "verificata" dall'esperienza. In realt, ribatte criticamente Popper, il verificazionismo nient'altro che un mito o un utopia, in quanto per "verificare" completamente una teoria o una legge dovremmo aver presenti tutti i casi. Ma ci non possibile. Infatti, mentre le conseguenze di una teoria sono di numero infinito, i controlli effettivi della medesima sono sempre di numero finito. Ma se non il principio di verificazione a definire lo status scientifico di una teoria, quale altro principio sar mai. Stimolato dai sopraccitati procedimenti di Einstein (creativamente ripensati alla luce dei propri interessi filosofici ed epistemologici), Popper rintraccia tale principio nel criterio di falsificabilit. Secondo tale criterio una teoria scientifica nella misura in cui pu venir smentita, in linea di principio, dall'esperienza; ovvero se i suoi enunciati risultano in potenziale conflitto con eventuali osservazioni. In altre parole ancora, una teoria classilicabile come scientifica nella misura in cui dispone di un sistema di controlli empirici, ossia quando esibisce, nella forma delle asserzioni-base (Le "asserzioni-base" sono quegli enunciati elementari, aventi la forma di asserzioni singolari di esistenza (ad esempio "Nel luogo k c' un indice") che risultano pubblicamente controllabili e sulla cui accettazioneesiste un accordo di fondo tra gli osservatori scientifici. Ovviamente tali asserzioni, che sono il frutto di una "decisione" o "convenzione" intersoggettiva, non sono qualcosa di assoluto e di definitivo, poich risultano aperte a sempre ulteriori controlli. In ogni caso, senza di esse non si avrebbe scienza. Infatti, argomenta Popper, "Se un giorno gli osservatori scientifici non potessero pi mettersi d'accordo sulle osservazioni-base ci significherebbe un fallimento del linguaggio come mezzo di comunicazione universale. Questo equivarrebbe a una nuova "Babele delle lingue": la ricerca scientifica sarebbe ridotta all'assurdo. In questa nuova Babele il maestoso edificio della scienza sarebbe ben presto ridotto in rovina" Logica della scoperta scientifica), delle possibili esperienze falsificanti: " Un'asserzione o teoria , secondo il mio criterio, falsificabile se e solo se esiste almeno un falsificatore potenziale, almeno un possibile asserto di base che entri logicamente in conflitto con essa". Ad esempio, l'asserzione "domani piover o non piover" non empirica (analogamente alle proposizioni classiche della metafisica, in quanto non pu essere confutata, mentre empirica (analogamente alle proposizioni della scienza) l'asserzione "domani piover". Detto altrimenti, una teoria che non possa venir contraddetta da nessuna osservazione e che non vieti l'accadimento di alcunch, non ha un contenuto empirico e non dice nulla di scientificamente valido intorno al mondo. Al contrario, pi numerose sono le possibili esperienze falsificanti, cio i cosiddetti "falsificatori potenziali" cui pu fare riferimento una teoria, pi ricco appare il suo contenuto empirico e scientifico. Asimmetria fra verificabilit e falsificabilit. La differenza sostanziale di questo criterio rispetto a quello di verificazione si basa, secondo Popper, sulla asimmetria fra verificabilit e falsificabilit, ossia sul fatto che miliardi e miliardi di conferme non rendono certa una teoria mentre basta un solo fatto negativo per confutarla: "un insieme finito di asserti di base, se veri, pu falsificare una legge universale; mentre, sotto nessuna condizione, potrebbe verificare una legge universale". 4.2. Osservazioni. Il falsificazionismo di Popper non va confuso con un falsificazionismo "ingenuo" o "dogmatico". Il criterio di falsificabilit proposto da Popper stato variamente discusso. In ogni caso, per non incorrere in fraintendimenti interpretativi, bene tener presente quanto segue. In primo luogo, se dal punto di vista logico o ideale la smentita di una teoria un fatto definitivo (se vero che esiste almeno un cigno nero, allora falso che tutti i cigni sono bianchi), dal punto di vista metodologico (o concreto), ossia nell'ottica effettiva della ricerca nessuna smentita pu essere considerata certa e definitiva. In altri termini, per essere coerenti con il falsificazionismo, dobbiamo essere pronti a considerare falsificabili le nostre pi accreditate falsificazioni (questo atteggiamento prudente confermato dalla storia della scienza, che ci mostra come teorie, le quali sembravano essere state messe fuori gioco per sempre, si siano successivamente rivelate valide). In secondo luogo, parlare di una teoria confutata dall'esperienza non equivale a parlare di una teoria immediatamente espulsa dal corpo della scienza. Infatti, perch una teoria venga rifiutata occorre che se ne abbia a disposizione una migliore. Tant' vero che nel nostro autore, com' stato rilevato, rinvenibile un passaggio da un iniziale modello "monoteorico" (incentrato sul confronto bipolare teoria-esperienza) ad un modello "pluriteorico" (incentrato sul confronto almeno tripolare fra due teorie rivali e l'esperienza). In sintesi, il falsificazionismo di Popper (nella sua formulazione pi matura) non va confuso con un falsificazionismo "ingenuo" o "dogmatico", poich presenta i caratteri di un falsificazionismo "metodologico" e "sofisticato". La falsificabilit non un criterio di senso. In terzo luogo, il criterio di falsificabilit non un criterio di senso che sancisca (alla maniera neopositivistica) la significanza delle teorie scientifiche e l'insignificanza di quelle non-scientifiche, ma semplicemente un criterio di demarcazione atto a distinguere, all'interno delle teorie significanti, quelle scientifiche da quelle non-scientifiche. Popper e la metafisica. Di conseguenza, per quanto riguarda la metafisica, il discorso di Popper risulta ben diverso da quello neoempiristico. Certo, afferma Popper, la metafisica, non essendo falsificabile, non una scienza. Ma questo non significa che essa, come vorrebbero i neopositivisti (accusati di aver tentato di "uccidere la metafisica lanciandole improperi"), sia senza senso. Tant' che noi "comprendiamo" benissimo che cosa i metafisici vogliono dire, anche se non disponiamo di strumenti atti a controllare la validit delle loro tesi. Inoltre, ai neopositivisti sfuggita la serie delle interconnessioni psicologiche e storiche fra teorie metafisiche e teorie scientifiche, ovvero la funzione propulsiva esercitata di fatto dalla metafisica nei confronti della scienza. Infatti, osserva Popper, se dal punto di vista psicologico la ricerca empirica risulta impossibile senza idee metafisiche generali (si pensi all'idea dell'"ordine" dell'universo), dal punto di vista storico noto a tutti come "idee che prima fluttuavano nelle regioni della metafisica" (si pensi all'atomismo) si sono poi trasformate in importanti dottrine scientifiche. Per cui "Non favoriremmo certo la chiarezza se decidessimo che queste teorie sono, in una certa fase del loro sviluppo, discorsi inintelligibili e privi di senso e che poi, in un'altra fase, assumono improvvisamente un senso compiuto". Infine, aggiunge il nostro autore, bene tener presente che le dottrine metafisiche, pur non essendo empiricamente "controllabili", sono pur sempre razionalmente "criticabili" e discutibili (e quindi sono ben lungi dal ridursi a semplici espressioni emotive e soggettive). 5. Inesistenza ed esistenza di un " metodo" scientifico. Secondo un diffuso punto di vista, polemicamente utilizzato dagli antipopperiani, Popper sarebbe un tipico filosofo del Metodo. In realt, la posizione di Popper su questo argomento molto pi articolata di quanto sembri a prima vista. Infatti, da un lato, egli scrive testualmente che "Non c' alcun metodo per scoprire una teoria scientifica", sostenendo che le teorie sono l'esito di congetture audaci e di intuizioni creative e non l'esito di procedimenti da manuale (tutti sanno che non esiste "una macchina scopritrice che assolva la funzione generativa del genio"). Anzi, l'origine di molte teorie palesemente extra-scientifica. Tant' che Popper, distinguendo fra contesto della scoperta e contesto della giustificazione (cio fra la genesi e il valore delle teorie) osserva che le idee scientifiche non hanno fonti privilegiate, ma possono scaturire dalle fonti pi impensate: ad esempio dal mito, dalla metafisica, dal caso eccetera. Ci non toglie che le idee, una volta trovate, vadano provate. Ed a questo punto che interviene il principio di falsificabilit, il quale ci dice che una teoria scientifica solo nella misura in cui suscettibile di venir smentita dall'esperienza. Esiste tuttavia un metodo atto a definire lo specifico procedimento razionale della scienza. Di conseguenza, pur essendo convinto dell'inesistenza di un metodo capace di trovare le teorie, Popper crede, dall'altro lato, nell'esistenza di un metodo in grado di controllare le teorie, o, pi in generale, in una procedura atta a definire lo specifico procedimento di quell'impresa razionale che la scienza: "Tutta la mia concezione del metodo scientifico si pu riassumere dicendo che esso consiste di questi tre passi: 1) inciampiamo in qualche problema; 2) tentiamo di risolverlo, ad esempio proponendo qualche nuova teoria; 3) impariamo dai nostri sbagli, specialmente da quelli che ci sono resi presenti dalla discussione critica, dei nostri tentativi di risoluzione. O, per dirla in tre parole: problemi-teorie-critiche". Il procedimento per congetture e confutazioni. Questo "metodo" non altro che il procedimento per congetture e confutazioni o per prova ed errore (trial and error), ovvero il metodo problemi-ipotesi-prove, che consiste appunto nel rispondere ad un problema mediante un'ipotesi che deve venir sottoposta al vaglio critico dell'esperienza. In conclusione, come scrive Dario Antiseri articolando il pensiero di Popper, secondo il razionalismo epistemologico "nella scienza c' un unico metodo. Congetture (che poi verranno controllate) formulano il fisico e il chimico, il biologo e il clinico (che cosa sono le diagnosi se non congetture da mettere a prova sui "sintomi", sui risultati delle analisi, sui dati delle radiografie, sugli esiti delle terapie?) Congetture formula lo storico. Ma ipotesi inventa anche l'ermeneuta, il critico testuale e il traduttore..." (Karl R. Popper, Logica della ricerca e societ aperta (a cura di D. Antiseri), La Scuola, Brescia 1989, pagina 9. Ricordiamo che Antiseri (il quale si auto-definisce oggi "il pi vecchio popperiano d'Italia") stato l'autore della prima monografia su Popper apparsa nel nostro Paese, nel quale il filosofo austro-inglese stato a lungo "osteggiato", sia per ragioni culturali che politiche (cfr. M. Baudino, Popper: i nostri rimorsi, "La Stampa", 29 settembre 1991, pagina 15). 6. Approfondimento: la critica epistemologica al marxismo e alla psicanalisi. L'epistemologia di Popper e la dottrina del Demarkationskriterium (= criterio di demarcazione) fra asserzioni scientifiche e asserzioni non-scientifiche risulta ancor pi chiara se vista in riferimento alla critica di due fra le pi importanti esperienze culturali dell'et contemporanea: il marxismo e la psicanalisi. In Congetture e confutazioni. Popper scrive: " Fu durante l'estate del 1919 che cominciai a sentirmi sempre pi insoddisfatto di queste tre teorie... e cominciai a dubitare delle loro pretese di scientificit. Il mio problema dapprima assunse, forse, la semplice forma: "che cosa non va nel marxismo, nella psicanalisi e nella psicologia individuale? Perch queste dottrine sono cos diverse dalle teorie fisiche, dalla teoria newtoniana, e soprattutto dalla teoria della relativit?" ". Meditando sulla questione, continua Popper, "Riscontrai che i miei amici, ammiratori di Marx, Freud e Adler, erano colpiti da alcuni elementi comuni a queste teorie e soprattutto dal loro apparente potere esplicativo. Esse sembravano in grado di spiegare praticamente tutto ci che accadeva nei campi cui si riferivano. Lo studio di una qualunque di esse sembrava avere l'effetto di una conversione o rivelazione intellettuale, che consentiva di levare gli occhi su una nuova verit, preclusa ai non iniziati. Una volta dischiusi in questo modo gli occhi, si scorgevano ovunque delle conferme: il mondo pullulava di verifiche della teoria. Qualunque cosa accadesse, la confermava sempre. La sua appariva perci manifesta: e, quanto agli increduli, si trattava chiaramente di persone che non volevano vedere la verit manifesta, che si rifiutavano di vederla, o perch era contraria ai loro interessi di classe, o a causa delle loro repressioni tuttora "non-analizzate" e reclamanti ad alta voce un trattamento clinico". Per cui, ribatte Popper. "L'elemento pi caratteristico di questa situazione mi parve il flusso incessante delle conferme, delle osservazioni, che "verificavano" le teorie in questione... Un marxista non poteva aprire un giornale senza trovarvi in ogni pagina una testimonianza in grado di confermare la sua interpretazione della storia: non soltanto per le notizie, ma anche per la loro presentazione - rilevante i pregiudizi classisti del giornale - e soprattutto, naturalmente, per quello che non diceva. Quanto ad Adler, restai molto colpito da un'esperienza personale. Una volta, nel 1919, gli riferii di un caso che non mi sembrava particolarmente adleriano, ma che egli non trov difficolt ad analizzare nei termini della sua teoria dei sentimenti di inferiorit, pur non avendo nemmeno visto il bambino. Un po' sconcertato, gli chiesi come poteva essere cos sicuro. "A causa della mia esperienza di mille casi simili", egli rispose: al che non potei trattenermi dal commentare: "E con questo ultimo, suppongo, la sua esperienza vanta milleuno casi"". Marxismo e psicanalisi sono dottrine onni-esplicative non suscettibili di sufficiente falsificabilit. In sintesi, mentre la dottrina einsteiniana della gravitazione si presenta con un potere esplicativo limitato, e aperto ad una possibile smentita da parte dei dati empirici, marxismo e psicanalisi si presentano entrambi come delle dottrine onni-esplicative e "a maglie larghe", ossia non suscettibili di sufficiente falsificabilit, oppure dirette a "parare" le prove di falsificabilit con continue "ipotesi di salvataggio". Ad esempio, per quanto riguarda il marxismo, le previsioni implicate da taluni suoi enunciati originari (come l'analisi della "incombente rivoluzione sociale" ad opera di Marx) erano controllabili e di fatto vennero falsificate. Tuttavia, invece di accettare le confutazioni, i seguaci di Marx reinterpretarono sia la teoria, sia le prove empiriche per farle concordare. Cos, salvarono la teoria dalla confutazione, ma riuscirono in ci al prezzo di adottare un espediente destinato a renderla inconfutabile. Analogamente, per quanto riguarda le dottrine psicanalitiche, esse risultano compatibili con i pi disparati comportamenti umani, cos da rendere praticamente impossibile l'indicazione di un comportamento umano non idoneo a essere addotto come conferma di tali teorie: "Posso illustrare tale circostanza con due esempi assai diversi di comportamento umano: quello di un uomo che spinge un fanciullo nell'acqua con l'intenzione di affogarla; e quello di un uomo che sacrifica la propria vita tentando di salvare il ragazzo. Ciascuno di questi due casi pu venir spiegato con pari facilit in termini freudiani e in termini adleriani. Per Freud, il primo uomo soffriva di qualche repressione (poniamo, di qualche componente del complesso di Edipo), mentre il secondo uomo aveva attinto alla sublimazione. Per Adler il primo uomo soffriva di sentimenti d'inferiorit (determinanti, forse, la necessit di provare a se stesso che aveva il coraggio di commettere un simile crimine), e altrettanto succedeva al secondo uomo (la cui esigenza era di provare a se stesso che aveva il coraggio di tentare il salvataggio del ragazzo)" (ivi). 7. Il rifiuto dell'induzione e la teoria della mente come "faro" e non come "recipiente". Secondo una tradizione di pensiero che va da Bacone ai giorni nostri, la scienza si fonderebbe sull'induzione, in quanto procederebbe "da asserzioni singolari (qualche volta chiamate anche asserzioni "particolari") quali i resoconti dei risultati di osservazioni o di esperimenti, ad asserzioni universali, quali ipotesi o teorie". "L'induzione non esiste". In verit, sostiene categoricamente Popper, l'induzione non esiste. Infatti, per quanto numerose possano essere le asserzioni singolari, esse non sono mai capaci di produrre teorie universali ("per quanto numerosi siano i casi di cigni bianchi che possiamo aver osservato, ci non giustifica la conclusione che tutti i cigni sono bianchi"). Questa impotenza strutturale dell'induzione trova un'emblematica illustrazione (tanto scherzosa, quanto didatticamente efficace) nella vicenda del "tacchino induttivista" raccontata da B. Russel (Il brano di B. Russell si trova in A.F. Chalmers, Che cos' questa scienza?, traduzione italiana, Mondadori, Milano 1979, pagina 24, cfr. G. Reale- D. Antiseri, Il pensiero Occidentale dalle origini ad oggi, citazione, pagina 744). La vicenda del "tacchino induttivista" "Fin dal primo giorno questo tacchino osserv che, nell'allevamento dove era stato portato, gli veniva dato il cibo alle 9 del mattino. E da buon induttivista non fu precipitoso nel trarre conclusioni dalle sue osservazioni e ne esegu altre in una vasta gamma di circostanze: di mercoled e di gioved, nei giorni caldi e nei giorni freddi, sia che piovesse sia che splendesse il sole. Cos, arricchiva ogni giorno il suo elenco di una proposizione osservativa in condizioni le pi disparate. Finch la sua coscienza induttivista fu soddisfatta ed elabor un'inferenza induttiva come questa: "Mi danno il cibo alle 9 del mattino". Purtroppo, per, questa conclusione si rivel incontestabilmente falsa alla vigilia di Natale, quando invece di venir nutrito, fu sgozzato". Il procedimento ipotetico-deduttivo della scienza. Di conseguenza, ispirandosi alle rivoluzioni scientifiche del nostro secolo, Popper afferma che le teorie non vengono ricavate tramite un modello induttivo-categorico (procedente dai fatti alle teorie) bens mediante uno schema ipotetico-deduttivo (procedente dalle teorie al loro controllo tramite i fatti). Detto altrimenti, il punto di partenza della ricerca scientifica non sono nudi "fatti", ma "idee", ovvero "ipotesi" da cui vengono deduttivamente ricavate delle conclusioni da sottoporre al responso dell'esperienza. Connettendo il motivo deduttivistico con quello empiristico, Popper pu quindi presentare la propria dottrina epistemologica come "sintesi di due teorie classiche della conoscenza: una sintesi di elementi di razionalismo e di empirismo". Infatti, da un lato essa fa proprio l'orientamento logico-deduttivistico del razionalismo e dall'altro accetta l'insegnamento di fondo dell'empirismo moderno, secondo cui solo l'esperienza che pu aiutarci a decidere in merito alla validit di un'ipotesi. Il rigetto dell'induzione si accompagna a sua volta ad un parallelo rigetto dell'osservatismo, ossia della teoria secondo cui lo scienziato "osserverebbe" la natura senza presupposti o ipotesi precostituite. La mente come "faro". In realt, controbatte Popper, la nostra mente non un "recipiente" vuoto (una tabula rasa) ma un "faro" che illumina, ossia un deposito di ipotesi o di aspettative (quelle che l'ermeneutica chiama "pre-comprensioni") alla luce di cui recepiamo la realt. Per cui, nell'accostarci ai presunti "fatti", noi siamo gi da sempre "impregnati" di teoria. Popper e Kant analogie e differenze. Questa dottrina pu richiamare la tesi kantiana secondo cui il nostro intelletto non deriva i propri schemi mentali dalla natura, ma li impone ad essa. Popper stesso sottolinea l'affinit, anche se ne puntualizza immediatamente la differenza, affermando che mentre per Kant gli schemi della mente sono necessariamente veri, in quanto la natura non pu contraddirli, per il falsificazionista essi sono delle semplici ipotesi che l'esperienza pu smentire sull'istante, ovvero che la natura pu contraddire ad ogni momento. 8. Scienza e verit: il fallibilismo. Fallibilit e auto-correggibilit del sapere scientifico. Secondo Popper la scienza non episteme, ovvero un sapere definitivo ed assolutamente certo, in quanto le sue dichiarazioni sono e restano doxa, cio delle pure ipotesi. Detto altrimenti, la scienza non ha a che fare con la "Verit", ma con semplici "congetture". Del resto le teorie, come ben sappiamo, non sono mai "veri-ficate", ossia portate nel regno delle verit immutabili, ma semplicemente "corroborate", ossia temporaneamente non-falsificate. Verit e verosimiglianza. Tutto ci significa: 1) che il nostro sapere strutturalmente problematico e che la scienza ha, come tratto costitutivo, la fallibilit e l'auto-correggibilit (fallibilismo); 2) che all'uomo non compete il possesso della verit, ma solo la ricerca mai conclusa di essa. Infatti, lo scopo della scienza non la verit - che rimane una pura idea regolativa - ma il raggiungimento di teorie sempre pi verosimili, ovvero sempre pi vicine all'ideale di una descrizione esauriente del mondo. In altri termini, dire che una teoria migliore di un'altra e che realizza un certo progresso nei suoi confronti, equivale a dire, per Popper, che "essa appare pi vicina alla verit". Scienza e progresso. Di conseguenza, sebbene nell'ambito della scienza non esista una legge necessaria di progresso (in quanto la ricerca pu regredire), esiste almeno un criterio generale di progresso. Infatti, mentre non possiamo mai avere argomenti sufficientemente buoni per pretendere di aver raggiunto la verit, possiamo avere argomenti ragionevolmente fondati per preferire una teoria all'altra, ossia per pretendere di aver compiuto dei progressi verso la verit. In concreto, noi decidiamo di accettare la teoria T2 in luogo della teoria T1 nel caso in cui T2 abbia maggiori capacit esplicative e maggiori capacit di previsione e di controllo: " preferibile la teoria che asserisce di pi, cio che contiene la maggior quantit d informazione o contenuto empirico; che logicamente pi forte, che ha il maggior potere di spiegazione e di previsione e pu pertanto essere controllata pi severamente, mettendo a confronto i fatti previsti con le osservazioni". Fallimento del criterio specifico di verosimiglianza. Popper ha pure tentato di offrire una definizione formale di verosimiglianza, assumendo come criterio specifico che una teoria T2 pi verosimile della teoria T1 se tutte le conseguenze vere di T1 sono conseguenze vere di T2, se tutte le conseguenze false di T1 sono conseguenze vere di T2 e se da T2 sono inoltre estraibili conseguenze non estraibili da T1. Tale definizione, soprattutto in seguito alle obiezioni logiche di P. Tichy, D. Miller e J. Harris, si rivelata inesatta. Popper ha francamente riconosciuto la sua insostenibilit ("accettai la critica della mia definizione pochi minuti dopo che mi fu presentata, chiedendomi come mai non avessi visto prima l'errore"), giungendo alla conclusione che "una definizione formale di verosimiglianza non sia necessaria per poterne parlare sensatamente" ossia per dire ad esempio che il geocentrismo pi lontano dalla verit dell'eliocentrismo o per dire che "le idee di Gregor Mendel sull'ereditariet erano pi vicine alla verit, pare, di quelle di Charles Darwin" (Poscritto). L'epistemologia evoluzionistica. Nell'ottica popperiana la scienza costituisce quindi un teatro di lotta fra teorie rivali, nel quale hanno il sopravvento le teorie "migliori". Da ci il carattere "evoluzionistico" o "darwiniano" della sua epistemologia: "lo sviluppo della nostra conoscenza il risultato di un processo strettamente rassomigliante a quello chiamato da Darwin "selezione naturale"; cio la selezione naturale delle ipotesi: la nostra conoscenza consiste, in ogni momento, di quelle ipotesi che hanno dimostrato il loro (relativo) adattamento sopravvivendo fino ad ora nella lotta per l'esistenza; una lotta concorrenziale che elimina quelle ipotesi che sono inadatte". Il rifiuto dell'essenzialismo e dello strumentalismo. La visione fallibilistica della scienza si accompagna, in Popper, al rifiuto di due classiche posizioni filosofico-epistemologiche: l'essenzialismo (secondo cui le teorie scientifiche descrivono la "natura essenziale" della realt) e lo strumentalismo (secondo cui le teorie scientifiche sono nient'altro che strumenti utili alla previsione di risultati sperimentali). Contro l'essenzialismo, Popper afferma che la scienza, come si visto, non pu mai pervenire ad una spiegazione ultima e definitiva dei fenomeni. Contro lo strumentalismo, sostiene che le teorie scientifiche non sono esclusivamente degli strumenti di previsione e di calcolo, ma degli enunciati descrittivi che ci informano circa la realt e che possono essere, in rapporto ad essa, veri o falsi. "Siccome credo che la scienza pu fare scoperte reali - scrive Popper - prendo posizione con Galileo contro lo strumentalismo". Il realismo dell'ultimo Popper... Il rifiuto dello strumentalismo si ulteriormente accentuato nelle ultime opere e sta alla base della ripresa popperiana del realismo. Infatti, se in un primo tempo il nostro autore (che aveva respinto la teoria della "raffigurazione" di Wittgenstein) sembrava vicino, almeno per certi aspetti, a tesi di tipo convenzionalistico-costruttivistico, in un secondo tempo andato esplicitamente elaborando una teoria realistico-obiettivistica basata sulla definizione della verit (derivata dal logico polacco Alfred Tarsky) come "corrispondenza" fra proposizioni e fatti: "chiamiamo "vera" un'asserzione se coincide con i fatti, se corrisponde ai fatti, o se le cose sono tali quali l'asserzione le presenta. questo il concetto cosiddetto assoluto o obiettivo di verit". Questo esito realistico ha "stupito" qualche critico. ...e il suo significato epistemologico. In realt, esso si connette strettamente ai princpi di fondo della filosofia popperiana ed obbedisce al desiderio di evitare il relativismo implicito in quelle posizioni di pensiero che, non distinguendo fra teoria e fatti, risultano prive di un criterio atto a valutare la consistenza delle teorie stesse. In altri termini, l'ipotesi realistica appare l'unica in grado di "rammentarci che le nostre idee possono essere errate". Infatti, in antitesi alle "degenerazioni" dell'epistemologia post-positivistica (cfr. capitolo 32), l'ultimo Popper sostiene che le teorie scientifiche, pur essendo un costrutto della nostra mente, debbono poter "cozzare" contro la realt. Da ci la possibilit di dichiararle vere o false. Ecco un passo significativo in proposito, che riassume bene le preoccupazioni del filosofo austro-inglese e che documenta la sua distanza da certi esiti del pensiero post-popperiano: "La teoria della verit come corrispondenza (...) fa la distinzione, che una distinzione realistica, fra una teoria e i fatti che la teoria descrive; e fa s che sia possibile dire che una teoria sia vera o falsa (...) Ci permette di parlare di una realt diversa dalla teoria. Questa la cosa principale: il punto fondamentale per il realista. Il realista vuole avere sia una teoria sia la realt o i fatti (non chiamatela "realt", se non vi piace, chiamatela solo "i fatti") che sono diversi dalla teoria intorno a questi fatti, e che egli pu in un modo o in un altro confrontare con i fatti, per trovare se corrisponde o meno ad essi" (Conoscenza oggettiva). Certo, ammette Popper, anche il realismo, rigorosamente parlando, "non n dimostrabile n confutabile". Ci non toglie che a favore di esso vi sia una serie di "argomenti" che ne fanno la sola ipotesi credibile. ovvero "una congettura cui non stata opposta finora alcuna alternativa sensata". La teoria dei "tre mondi". Un aspetto dell'oggettivismo e del realismo dell'ultimo Popper anche la cosiddetta teoria dei tre mondi. Il Mondo 1 quello delle cose, cio degli oggetti fisici e dei fatti naturali. Il mondo 2 quello delle esperienze soggettive, cio degli stati di coscienza, dei pensieri, dei sentimenti eccetera. Il mondo 3 costituito dai contenuti del nostro pensiero, ovvero dalle teorie (non solo scientifiche, ma anche metafisiche, religiose, mitiche eccetera) le quali sono oggettive (in quanto non dipendono dagli stati d'animo e trascendono gli individui) e altrettanto) reali quanto "i tavoli e le sedie fisiche" (tant' che le teorie, attraverso il mondo 2 possono agire sul mondo 1). "Platonismo" di Popper? Come si pu notare, il mondo 3 presenta qualche parentela con il mondo platonico delle idee, al punto che qualche studioso ha parlato di un "platonismo" dell'ultimo Popper, aggiungendo che il Mondo 3 risulterebbe "del tutto indipendente sia dall'uomo sia dal tempo". In realt l'analogia non dev'essere indebitamente amplificata, in quanto le teorie pur essendo logicamente autonome sono connesse, di fatto, alla storicit che propria del mondo umano: "il mondo) 3 ha una storia. la storia delle nostre idee: non solo una storia della loro scoperta, ma anche una storia di come le abbiamo inventate: come le abbiamo create, e come esse abbiano reagito su di noi, e come noi abbiamo reagito a questi prodotti della nostra stessa opera. Questo modo di considerare il mondo 3 ci permette anche di inscriverlo nell'ambito di una teoria evoluzionistica che riguarda l'uomo come animale". 9. Epistemologia e filosofia politica. Esistenza ed importanza del Popper "politico". Il contributo di Popper alla filosofia del nostro secolo non riguarda soltanto l'epistemologia - come un ormai logoro schema storiografico continua a sostenere - ma anche la filosofia politica. Anzi, la crisi mondiale del comunismo e degli ideali totalitari (di destra e di sinistra) ha ulteriormente evidenziato, proprio negli anni che stiamo vivendo, la sua importanza di filosofo della "societ aperta" e di critico per eccellenza d ogni forma di assolutismo teorico e pratico. Le opere in cui Popper tratta esplicitamente di problemi riguardanti la societ e la politica sono Miseria dello storicismo (1944-1945) e La societ aperta e i suoi nemici (come riferisce lo stesso Popper, la "decisione finale" che lo port a scrivere quest'ultimo libro, apparso nel 1945, fu la notizia dell'invasione nazista dell'Austria). L'originalit di questi lavori (che si inseriscono nel grande filone del pensiero democratico novecentesco, da Russell a Dewey) consiste nel tentativo di difendere le ragioni della libert e del pluralismo con argomentazioni di natura epistemologica. 10. Storicismo, utopia e violenza. Il concetto popperiano di "storicismo". Con il termine "storicismo" Popper non intende quella specifica corrente di idee che va sotto il nome di "storicismo tedesco contemporaneo" e neanche il pensiero di Croce. Il concetto di storicismo, nell'uso popperiano, assume il significato di uno schema polemico di natura tipico-ideale, per alludere a tutte quelle filosofie che hanno preteso di cogliere un senso globale oggettivo della storia, ovvero una sorta di "destino" cui gli individui dovrebbero uniformarsi, accettando, con le buone o con le cattive, la direzione di marcia della societ, in tal modo "svelata" o "profetizzata". In altri termini, per storicismo Popper intende quella "velenosa malattia intellettuale del nostro tempo" che egli definisce "filosofia oracolare" (La societ aperta), la quale comprende dottrine che "non sono peculiari del marxismo. Sono, anzi, tra le pi antiche dottrine del mondo. All'epoca di Marx, esse erano sostenute... non soltanto da questi, che le aveva ereditate da Hegel, ma anche da J. S. Mill, che le aveva tratte da Comte. Cos furono sostenute nei tempi antichi da Platone, e, prima di lui, da Eraclito e da Esiodo" (Congetture e confutazioni). La critica delle filosofie "oracolari" o "totalitarie". La critica di Popper a questo storicismo "oracolare" o "totalitario" teorico-metodologica e pratico-politica al tempo stesso. Per quanto concerne l'aspetto conoscitivo, Popper contesta lo storicismo nella sua stessa pretesa di base di cogliere un senso oggettivo o una struttura necessaria che formerebbe l'essenza della storia e del destino umano. Non esiste, secondo Popper, un senso della storia pre-costituito rispetto alle interpretazioni e alle decisioni umane poich la storia assume il senso che gli uomini le danno. Dallo studio scientifico dei fatti vano attendersi delle prescrizioni di valore, in quanto "n la natura n la storia possono dirci che cosa dobbiamo fare" essendo noi ad introdurre "finalit e significato nella natura e nella storia" (La societ aperta). Popper rifiuta anche la pretesa "olistica" dello storicismo, ossia il suo voler parlare ad ogni costo della "totalit" o dell'"intero" della storia (vedi Lukcs), dimenticando l'avvertenza metodologica, tratta dalla prassi concreta delle scienze, che "se desideriamo studiare qualcosa, siamo costretti a sceglierne alcuni aspetti. Non ci possibile osservare o descrivere un pezzo intero del mondo, o un pezzo intero della natura, anzi nemmeno il minimo pezzo intero, poich la descrizione sempre necessariamente selettiva" (Miseria dello storicismo). La confusione fra leggi e tendenze. Ma l'errore metodologico pi grave dello storicismo "oracolare", secondo Popper, quello di far confusione fra leggi e tendenze. Partendo dalla convinzione che "se possibile per l'astronomia predire le eclissi, perch la sociologia non dovrebbe poter predire le rivoluzioni?", lo storicismo, fondandosi su talune tendenze della societ, crede di poter predire il futuro "inevitabile" delle cose umane. In tal modo, esso dimentica che una previsione, per essere veramente "scientifica", deve basarsi su di una legge e non su una tendenza, che pu perdurare per centinaia di anni, come ad esempio l'aumento della popolazione, ma pu anche cambiare in un decennio o in due anni. Questa serie di obiezioni teoriche allo storicismo (che sono strettamente connesse al discorso epistemologico popperiano) sono accompagnate da altrettante contestazioni politiche ad esso, come mostra la dedica di Miseria dello storicismo, indirizzata (si tenga presente che siamo nel '57) a tutti "gli innumerevoli uomini, donne e bambini di tutte le credenze, nazioni o razze che caddero vittime della fede fascista e comunista nelle Inesorabili Leggi del Destino Storico". Utopia e violenza. Questo filosofo ritiene infatti che nello storicismo alberghi sempre un'utopia totalitaria che produce asservimento e sofferenza per gli uomini. Del resto, se si ritiene che esista un senso o una direzione oggettiva della storia, gli "interpreti ufficiali" di essa, i "portavoce del suo destino", i "sacerdoti delle sue leggi" si sentiranno autorizzati a "liquidare", anche fisicamente, chiunque si opponga ad esse: "Hegel e Marx sostituirono... alla Natura divinizzata la Storia divinizzata... I "criminali che si oppongono vanamente al corso della storia" prendono il posto dei peccatori contro Dio; e impariamo che non Dio, ma la Storia (la storia delle "Nazioni" o delle "Classi") sar il nostro giudice". Tipico il caso di Lenin, il quale ritiene che il marxismo debba essere realizzato a qualunque costo, pronto a rispondere, di fronte alle sofferenze provocate dalla rivoluzione, che "non si pu fare una frittata senza rompere le uova" (cfr. La societ aperta). In sintesi, il credo filosofico della visione storicistica, che presume di cogliere la legge oggettiva dello sviluppo sociale, si accompagna ad una forma di fanatismo politico che cela in s una vocazione inevitabilmente intollerante e violenta, la quale porta gli utopisti, oltre che a "far fuori" gli altri, anche a scannarsi fra di loro: "Dato che non possibile determinare i fini ultimi delle azioni politiche scientificamente, o con metodi puramente razionali, le differenze d'opinione circa le caratteristiche dello stato ideale non possono sempre venir appianate col metodo dell'argomentazione. Esse avranno almeno in parte il carattere dei contrasti di natura religiosa, e non pu esservi tolleranza fra religioni utopistiche diverse. Le mte utopistiche sono concepite per servire da fondamento all'azione... e una tale azione sembra possibile solo se lo scopo stabilito in modo definitivo. L'utopista deve dunque riuscire vincitore o vinto nei confronti dei rivali suoi simili che non condividono gli stessi ideali, non professando la medesima religione utopistica" (ivi). 11. La teoria della democrazia. La critica metodologica e politica allo storicismo si accompagna, in Popper, al discorso sull'antitesi fra "societ chiusa" e "societ aperta", e all'approfondimento dei concetti di totalitarismo e di democrazia. Societ "chiusa" e "aperta". La contrapposizione bergsoniana fra societ chiusa e societ aperta viene utilizzata da Popper per focalizzare l'irriducibile contrasto fra una societ organizzata secondo norme rigide di comportamento (e basata su di un controllo "soffocante" della collettivit sull'individuo) ed una societ fondata sulla salvaguardia delle libert dei suoi membri, mediante istituzioni democratiche auto-correggibili, aperte alla critica razionale e alle proposte di riforma. I filosofi della societ chiusa. Come si visto, il progetto totalitario delle societ "chiuse" trova nello storicismo un potente alleato ideologico. A cominciare da Eraclito (portavoce della pi arrabbiata aristocrazia greca) e da Platone (esponente della reazione alla societ aperta incarnata dalla democrazia ateniese e teorico di un modello statale "organicistico") sino a Hegel (rappresentante di uno statalismo antidemocratico) e a Marx (profeta di un collettivismo totalitario), lo storicismo non ha fatto che accompagnarsi a posizioni politiche autoritarie e foriere di sofferenze e di sventure per l'umanit. La ri-definizione popperiana del concetto di "democrazia". L'anti-totalitarismo di Popper mette capo ad una dottrina della democrazia, che costituisce una delle parti pi interessanti e notevoli dell'opera di questo filosofo. La democrazia stata tradizionalmente definita in relazione al soggetto cui viene attribuito il potere: "il popolo" o la "maggioranza". Tutto ci, secondo Popper, serve a poco se non si aggiunge che la democrazia si identifica con la possibilit, da parte dei governati, di controllare i governanti, mediante una serie di istituzioni "strategiche" - fra cui le elezioni - che consentano il mantenimento o il licenziamento dei governanti, senza dover ricorrere alla violenza. Di conseguenza, la classica domanda: "Chi deve esercitare il potere nello Stato?", puntualizza Popper, importa molto di meno rispetto alle domande: "Come esercitato il potere?" e "Quanto il potere esercitato?". Tant' vero che Popper, dopo aver dichiarato "sciocca" la domanda su chi dovrebbe comandare, se i "capitalisti" o i "lavoratori", sostiene che tale domanda andrebbe sostituita da una questione completamente differente, ossia dall'interrogativo: "Come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che i governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno?". La "linea di demarcazione" fra democrazia e dittatura. Volendo tracciare una "linea di demarcazione" fra democrazia e dittatura, Popper, in uno dei passi pi rilevanti de La societ aperta e i suoi nemici scrive: " 1) La democrazia non pu compiutamente caratterizzarsi solo come governo della maggioranza, bench l'istituzione delle elezioni generali sia della massima importanza. Infatti una maggioranza pu governare in maniera tirannica. (La maggioranza di coloro che hanno una statura inferiore a 6 piedi pu decidere che sia la minoranza di coloro che hanno statura superiore a 6 piedi a pagare tutte le tasse). In una democrazia, i poteri dei governanti devono essere limitati ed il criterio di una democrazia questo: in una democrazia i governanti - cio il governo - possono essere licenziati dai governati senza spargimenti di sangue. Quindi se gli uomini al potere non salvaguardano quelle istituzioni che assicurano alla minoranza la possibilit di lavorare per un cambiamento pacifico, il loro governo una tirannia. 2) Dobbiamo distinguere soltanto fra due forme di governo, cio quello che possiede istituzioni di questo genere e tutti gli altri; vale a dire fra democrazia e tirannide. 3) Una costituzione democratica consistente deve escludere soltanto un tipo di cambiamento nel sistema legale, cio quel tipo di cambiamento che pu mettere in pericolo il suo carattere democratico. 4) In una democrazia, l'integrale protezione delle minoranze non deve estendersi a coloro che violano la legge e specialmente a coloro che incitano gli altri al rovesciamento violento della democrazia. 5) Una linea politica volta all'instaurazione di istituzioni intese alla salvaguardia della democrazia deve sempre operare in base al presupposto che ci possano essere tendenze anti-democratiche latenti sia fra i governati che fra i governanti. 6) Se la democrazia distrutta, tutti i diritti sono distrutti; anche se fossero mantenuti certi vantaggi economici goduti dai governanti, essi lo sarebbero solo sulla base della rassegnazione. 7) La democrazia offre un prezioso campo di battaglia per qualsiasi riforma ragionevole dato che essa permette l'attuazione di riforme senza violenza. Ma se la prevenzione della democrazia non diventa la preoccupazione preminente in ogni battaglia particolare condotta su questo campo di battaglia, le tendenze anti-democratiche latenti che sono sempre presenti (e che fanno appello a coloro che soffrono sotto l'effetto stressante della societ (...) possono provocare il crollo della democrazia. Se la comprensione di questi princpi non ancora sufficientemente sviluppata, bisogna promuoverla. La linea politica opposta pu riuscire fatale; essa pu comportare la perdita della battaglia pi importante, che la battaglia per la stessa democrazia". 12. Il riformismo gradualista. Rivoluzionarismo ed "estetismo". La difesa popperiana della democrazia si accompagna ad una critica dell'atteggiamento rivoluzionario e ad un'esaltazione del metodo riformista. Secondo Popper la mentalit radical-rivoluzionaria nasce da una sorta di "estetismo", cio da un sogno utopistico di perfezione e di armonia, il quale, come si visto, non pu fare a meno di generare violenza: "La concezione secondo la quale la societ dev'essere bella come un'opera d'arte porta troppo facilmente a misure violente" in quanto "il politico-artista deve sradicare le istituzioni e tradizioni esistenti. Egli deve purificare, purgare, espellere, bandire e uccidere ("liquidare" il terribile termine moderno che corrisponde a tutto ci)". Popper invece si dichiara contrario all'uso della violenza, affermando che lecito ricorrere ad essa soltanto per abbattere la tirannide ed instaurare la democrazia. La "tecnologia sociale "a spizzico"". Al metodo rivoluzionario, da lui definito di "meccanica utopistica" o di "ingegneria olistica", Popper contrappone la cosiddetta "piecemeal social technology ", ossia il programma della "tecnologia sociale "a spizzico" ", che prescrive interventi limitati e graduali, ed esorta ad avanzare "un passo alla volta, confrontando con cura i risultati previsti con quelli effettivamente raggiunti e stando sempre in guardia per avvistare le inevitabili conseguenze non volute di ogni riforma", cercando di non "intraprendere riforme di una complessit e di una vastit tali che sia impossibile per lui districare le cause e gli effetti, e sapere che cosa veramente stia accadendo". I punti di superiorit del metodo riformista nei confronti di quello rivoluzionario. Di conseguenza, Popper ritiene che il metodo riformista e gradualista possegga una netta superiorit su quello rivoluzionario perch: 1) evita di promettere "paradisi" che alla prova dei fatti si rivelano degli "inferni"; 2) non pone dei fini assoluti che legittimino anche i mezzi pi ripugnanti in vista del loro presunto raggiungimento; 3) procede per via sperimentale, essendo disposta a correggere mezzi e fini in base alle circostanze concrete e ai risultati ottenuti; 4) riesce a dominare meglio i mutamenti sociali, senza trovarsi in situazioni impreviste e difficili, tali da facilitare l'avvento di una dittatura traditrice degli ideali stessi della rivoluzione: "cos fu nella rivoluzione inglese del 17esimo secolo, che port alla dittatura di Cromwell; nella rivoluzione francese, che port a Robespierre e a Napoleone, e nella rivoluzione russa, che ha portato a Stalin. dunque chiaro che gli ideali rivoluzionari e i loro sostenitori finiscono quasi sempre con l'essere vittime della rivoluzione"; 5) in grado di mantenere quel bene prezioso ed irrinunciabile che la libert, creando "un'atmosfera in cui l'apertura critica delle condizioni sociali esistenti non repressa con la violenza e nel cui contesto si rendono possibili ulteriori riforme". Il rivoluzionario come riformista improvvisato. Ma l'obiezione forse decisiva che Popper muove al metodo rivoluzionario quella di essere costretto, esso stesso, a ricorrere ad una forma, sia pure surrettizia e male organizzata, di tecnologia "a spizzico". Infatti quando il rivoluzionario passa dalla teoria alla pratica costretto a trasformarsi in un "improvvisato" riformista di qualit piuttosto scadente, poich finisce sempre "con l'applicare a caso e alquanto grossolanamente (anche se con molta pretesa e poca compassione) un metodo che essenzialmente a spizzico, senza per averne il carattere di prudente autocritica". "Troppi riformatori si propongono di ripulire la "tela" del mondo sociale (come la chiam Platone), cancellando tutto e partendo da capo con un mondo razionalizzato assolutamente nuovo. Si tratta di un'idea assurda e irrealizzabile. Se si costruisce da capo un mondo razionale, non c' ragione di credere che si tratter di un mondo felice, e neppure che, poich progettato, sar migliore di quello in cui viviamo. Perch dovrebbe esserlo? Un ingegnere non crea un motore direttamente da dei nuovi progetti. Egli, piuttosto, lo sviluppa a partire da modelli precedenti, lo cambia e lo modifica interamente pi volte. Se distruggessimo il mondo sociale in cui viviamo, insieme alle sue tradizioni, e creassimo un mondo nuovo in base a dei progetti, dovremmo poi ben presto disporci a modificarlo, apportando piccoli cambiamenti e rettifiche. Ma se questi ultimi si rendono comunque necessari, perch non cominciare a realizzarli qui ed ora, nel mondo sociale in cui ci troviamo? ". Popper conservatore? Agli occhi di molti studiosi, soprattutto marxisti, questa metodologia riformistico-gradualistica apparsa sostanzialmente "conservatrice" ed stata accusata di: 1) dare per scontata la bont dell'esistente; 2) limitarsi ad interventi "sporadici" sulla societ. In verit queste critiche sono abbastanza fragili. In primo luogo perch Popper, essendo un convinto riformista, ritiene che la realt non vada accettata cos com', ma incessantemente mutata, anche se, a differenza dei rivoluzionari, non insegue progetti palingenetici di cambiamento totale, ma programmi di riforma parziali e graduali. In secondo luogo perch Popper non pone limiti all'azione riformatrice, se non quelli che derivano dalla necessit di rimanere fedeli al metodo democratico e agli ideali della libert. Di conseguenza, le posizioni riformistiche di Popper, come puntualizza Girolamo Cotroneo, "sono certo pi radicali di quanto non intendano i suoi critici, dal momento che all'azione sociale viene posto come limite non il privilegio di gruppi, di caste o di classi, come certa critica sembra lasciare intendere, ma soltanto il rispetto per le libert individuali e collettive che non debbono mai essere limitate, neppure in vista di una (eventuale) maggior libert" (G. Cotroneo, Popper e la societ aperta, Sugar, Milano, 1981, pagina 175). Il liberalismo progressivo. Infatti, il vero significato del liberalismo riformista e progressista di Popper emerge proprio l ove egli dice che il problema delle societ industriali avanzate di fare in modo che lo Stato, pur intervenendo nella vita sociale, non pregiudichi la libert dei cittadini: "Desidero qui aggiungere che l'intervento economico e anche i metodi gradualistici qui propugnati tendono fatalmente ad accrescere il potere dello Stato... Ma ci deve servire ad ammonirci che, se allentiamo la nostra vigilanza e se non rafforziamo le nostre istituzioni democratiche nel momento stesso in cui confermiamo maggior potere allo stato mediante la "pianificazione" interventista, possiamo perdere la nostra libert. E se la libert perduta, tutto perduto compresa la "pianificazione"" (La societ aperta). Di conseguenza, secondo Popper, l'unico valore veramente da "conservare" e il metodo della libert e della democrazia, in cui egli vede l'analogo, in campo politico, del metodo critico della scienza. Ragione e democrazia. Anzi, agli occhi di Popper, razionalit e democrazia finiscono per essere realt interdipendenti. Infatti, ai persuasi che oggi "una qualche forma di totalitarismo inevitabile", Popper, in uno dei passi pi significativi della sua opera, ribatte: "La loro affermazione che la democrazia non destinata a durare per sempre equivale, in realt, all'affermazione che la ragione umana non destinata a durare per sempre, poich solo la democrazia fornisce una struttura istituzionale che permette non solo l'attuazione di riforme senza violenza, ma anche l'uso della ragione in campo politico". Indicazioni bibliografiche Su Popper: D. Antiseri, Karl R. Popper: epistemologia e societ aperta, Armando, Roma 1972. F. Nuzzaci, K. Popper. Un epistemologo fallibilista, Glaux, Napoli 1975. G. Giorello, Il falsificazionismo di Popper, in L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti. Milano 1976, volume 7, pagine 127-189 e 771-777. B. Magee, Il nuovo radicalismo in politica e nella scienza. Le teorie di K. Popper, Armando, Roma 1976. S. Lunghi, Introduzione al pensiero di K. Popper, Le Monnier, Firenze 1979. C. Montaleone, Filosofia e politica in Popper, Guida, Napoli 1979. F. Coniglione, La scienza impossibile. Dal popperismo alla critica del razionalismo, Il Mulino, Bologna 1980. R. Cubeddu, Storicismo e razionalismo critico, E.S.I., Napoli 1980. P. Parrini, Una filosofia senza dogma, Il Mulino, Bologna 1980. G. Cotroneo, Popper e la societ aperta, Sugar. Milano 1981. P. Palombo, Contro la ragione pigra. Linguaggio, conoscenza e critica in K. Popper, Flaccovio, Palermo 1981. Autori vari, La sfida di Popper, Armando, Roma 1981. Autori vari, Razionalismo critico e socialdemocrazia. Vita e Pensiero, Milano 1981. F. Bellino, Ragione e morale in Karl R. Popper. Edizione Levante, Bari 1982. M. Buzzoni, Conoscenza e realt in K. Popper, Angeli, Milano 1982. F. Focher, I quattro autori di Popper, Angeli, Milano 1982. M. Pera, Popper e la scienza sulle palafitte, Laterza, Bari 1982. L. Geymonat, Riflessioni critiche su Kuhn e Popper, Dedalo, Bari 1983. A. Negri, Il mondo dell'insicurezza. Dittico su Popper, Angeli, Milano 1983. M. Alcaro, Filosofie democratiche. Scienza e potere nel pensiero di J. Dewey, B. Russell, K. Popper, Dedalo, Bari 1986. G. Radnitzky, L'epistemologia di Popper e la ricerca scientifica, traduzione italiana, Burla, Roma 1986. Per una presentazione d'insieme cfr.: N. Abbagnano, Storia della filosofia, volume 4, La filosofia contemporanea (di G. Fornero}, Utet. Torino 1991, capitolo 6, Fallibilismo e razionalismo critico (di L. Lentini) pagine 586-639; Storicismo, totalitarismo e democrazia (di G. Fornero) pagine 639-675. Autori vari, Novecento filosofico e scientifico. Protagonisti, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano 1991. Come strumenti didattici segnaliamo: A. Rossi (a cura di), Popper e la filosofia della scienza, Sansoni, Firenze 1975. M. Buzzoni (a cura di), Popper. La persona tra natura e cultura, Studium, Roma 1984. G. Brianese (a cura di), "Congetture e confutazioni" di Popper e il dibattito epistemologico post-popperiano, Paravia, Torino 1988. K. Popper, Filosofia, scienza e politica (a cura di M. Baldini}, Armando, Roma 1988. K. Popper, Logica della ricerca e societ aperta (a cura di D. Antiseri), La Scuola, Brescia 1989.