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Immanuel Kant

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Immanuel Kant

Vita e opere

• Immanuel Kant nacque da famiglia di origine scozzese a Konigsberg, allora capoluogo della Prussia orientale, nel
1724. Fu educato nel Collegium Fridericianum.

• Uscito dal collegio, Kant studiò filosofia, matematica e teologia all’Università di Konigsbeg.

• Dopo gli studi universitari fu precettore privato in delle case patrizie.

• Nel 1755 ottenne la libera docenza presso l’Università di Konigsberg e per 15 anni svolse presso l’università i suoi
corsi liberi su varie discipline. Nel 1770 fu nominato professore ordinario di logica e metafisica in quell’Università.
Kant tenne questo posto sino alla morte.

• Negli ultimi anni Kant fu preso da una debolezza senile che lo privò gradualmente di tutte le sue facoltà. Morì nel
1804, mormorando «Es ist gut» (è bene). Sulla sua tomba furono incise le seguenti parole, tratte dalla Critica della
ragion pratica: «Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me».
Kant non fu però estraneo agli avvenimenti politici
L’esistenza di Kant è priva di avvenimenti del suo tempo: simpatizzò con gli americani nella
drammatici e di passioni, con pochi affetti e guerra d’indipendenza e con i francesi nella
amicizie, interamente concentrata in uno sforzo rivoluzione che giudicava diretta a realizzare
continuo di pensiero che si accompagnava ad l’ideale di libertà politica.
uno stile di vita basato su rigide abitudini. Il suo ideale politico, quale egli delineò nello scritto
Per la pace perpetua (1795), era una costituzione
Il solo contrasto notevole della sua vita è il repubblicana «fondata in primo luogo sul principio
contrasto col governo prussiano dopo la di libertà dei membri si una società, come uomini;
pubblicazione della seconda edizione della in secondo luogo sul principio d’indipendenza di
Religione entro i limiti della semplice ragione. tutti, come sudditi; in terzo luogo sulla legge
dell’uguaglianza, come cittadini».
Nell’attività letteraria di Kant si possono distinguere tre periodi:

1) nel primo, che va fino al 1760, prevale l’interesse per le scienze naturali; l’opera principale è del
1755: Storia universale della natura e teoria del cielo;

2) nel secondo periodo prevale l’interesse filosofico. Va fino al 1781, anno in cui viene pubblicata la
Critica della ragion pura. In quest’opera Kant ha condotto al termine
«il risultato di una meditazione di dodici anni in quattro o cinque mesi circa, quasi di volo, ponendo bensì la massima
attenzione al contenuto, ma con poca cura della forma e di quanto occorre per essere facilmente
inteso dal lettore». La Critica della ragion pura apre la serie delle grandi opere di Kant.

Il secondo periodo si conclude con un’opera che anticipa il periodo critico:


la Dissertazione De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis ,
(Forma e principi del mondo sensibile e intelligibile) o semplicemente Dissertazione del 1770.

3) il terzo periodo, dal 1781 fino alla sua morte, è quello della filosofia trascendentale. Nei dieci anni che seguirono la
pubblicazione della Dissertazione, Kant andò lentamente elaborando la sua filosofia critica.

La Critica della ragion pura apre la serie delle grandi opere di Kant:
q Prolegomeni a ogni metafisica futura che voglia presentarsi come scienza (1783).
q Fondazione della metafisica dei costumi (1785);
q Principi metafisici della scienza della natura (1786);
q Critica della ragion pratica (1788);
q Critica del Giudizio (1790);
q La religione nei limiti della semplice ragione (1793);
q La metafisica dei costumi (1797).
Kant è stato uno dei maggiori esponenti dell’Illuminismo tedesco. Nella Risposta alla
domanda: che cos'è l'Illuminismo? , Kant risponde che tale filone culturale è da
considerarsi: «l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se
stesso»

Il pensiero di Kant è detto “criticismo” perché, contrapponendosi all’atteggiamento


mentale del dogmatismo (che consiste nel considerare per veri assiomi non soggetti a
discussione), fa della “critica” lo strumento per eccellenza della filosofia.

“Criticare”, nel linguaggio tecnico di Kant, significa interrogarsi programmaticamente circa il


fondamento di determinate esperienze umane, chiarendone le possibilità (= le condizioni che ne
permettono l’esistenza), la validità (= i titoli di legittimità o non-legittimità che le caratterizzano) e i
limiti (= i confini della validità).

Nell’istanza critica di Kant risulta dunque centrale e qualificante l’aspetto del limite. Pertanto, il
criticismo si configura come una filosofia del limite. Questa filosofia del finito non equivale tuttavia
ad una forma di scetticismo, poiché tracciare il limite di un’esperienza significa nel contempo
garantirne, entro il limite stesso, la validità. Nel 1770 Kant legge le opere di Hume le quali, dice egli
stesso, lo "svegliò dal sonno dogmatico" nel quale era rimasto immerso.
Critica della ragion pura

La Critica della ragion pura è sostanzialmente una critica (= indagine che vuole stabilire i limiti di
un’esperienza e riconoscere la validità della stessa) dei fondamenti del sapere.

Ai tempi di Kant il sapere si articolava in scienza e metafisica e Kant si interroga sul valore di
entrambi i saperi dopo che Hume ne aveva minato il valore negando l’esistenza di un sapere
certo.

La scienza e la metafisica si presentavano in modo diverso:


• sapere scientifico (matematica e fisica): il valore di tale sapere è certo poiché attestato dal fatto
che gli scienziati fossero d’accordo sulle scoperte fatte e dai continui progressi;

• sapere metafisico: non ha un valore certo poiché non è un sapere in evoluzione e poiché non è
un sapere condiviso, essendo che fornisce soluzioni antitetiche ai medesimi problemi
Tuttavia, osserva il filosofo, mentre nel caso della matematica e della fisica si tratta semplicemente di
giustificare una situazione di fatto, chiarendo le condizioni che le rendono possibili, nel caso della
metafisica si tratta di scoprire se esistono davvero condizioni tali che possano legittimare le sue
pretese di porsi come scienza, oppure se essa sia inevitabilmente condannata alla non-scientificità.

Nella Critica della ragion pura il discorso


verte sulla scienza.
La scienza è un sapere che, pur partendo dall’esperienza e pur
alimentandosi continuamente da essa, si basa su principi assoluti, cioè
su verità immutabili, universali e necessarie, che fungono da pilastri del
sapere scientifico.

Tali principi assoluti sono proposizioni del tipo «Ogni evento ha una causa» oppure
«Tutti i fenomeni cadono nel tempo e stanno necessariamente fra di loro in rapporti di tempo».

Kant si chiede che tipo di giudizio siano tali proposizioni. Secondo la teoria del giudizio, ne esistono ci sono due tipi:

GIUDIZIO ANALITICO A PRIORI : (Cartesio)


GIUDIZIO SINTETICO A POSTERIORI : (Empiristi)
viene enunciato a priori, senza bisogno di
ricorrere all’esperienza. Si formula analizzando si formula sulla base dell’esperienza, per questo il
un concetto, prendendone una caratteristica e predicato dice qualcosa di nuovo rispetto al
predicandolo (es. «i corpi sono estesi»). Si basa soggetto (es. «i corpi sono pesanti»). Questi giudizi,
quindi sul criterio di non-contraddizione , è pur ampliando le conoscenze, sono privi di
necessario e universale, ma non euristico, vale a universalità e necessità perché poggiano
dire che non amplia le conoscenze; esclusivamente sull’esperienza
I principi assoluti su cui si basa la scienza sono GIUDIZI SINTETICI A PRIORI :

-giudizi poiché consistono nell’aggiungere un predicato a un soggetto;


-sintetici perché il predicato dice qualcosa di nuovo e di più rispetto ad esso;
-a priori perché essendo universali e necessari non possono derivare
dall’esperienza.

Le leggi scientifiche, tuttavia, sono giudizi sintetici a posteriori, ma, come dice Kant, come tali, queste leggi
sono mutevoli ma presuppongono i giudizi sintetici a priori.

Infatti in futuro potrà cambiare la causa di un determinato fenomeno ma non cambierà mai il fatto che tale
fenomeno avrà una causa; quindi lo schema causa-effetto è immutabile ed è un pilastro della scienza.
Dopo aver messo in luce che il sapere poggia su giudizi sintetici a priori, Kant si trova di fronte al
complesso problema di spiegare la provenienza di essi.
Infatti, se non derivano dall’esperienza, come sono possibili i giudizi sintetici a priori?

Per rispondere a tale interrogativo, Kant elabora una nuova teoria della conoscenza.
Chiamerà tale impostazione RIVOLUZIONE COPERNICANA. Introduce due novità:

Rapporto soggetto-oggetto: Kant opera una Egli afferma che non è il soggetto ad adeguarsi all’oggetto
rivoluzione gnoseologica, paragonabile a quella per conoscerlo (come aveva affermato il realismo
astronomica di Copernico: come Copernico, per gnoseologico, secondo cui il soggetto si limita ad osservare i
spiegare i moti celesti, aveva ribaltato i rapporti tra legami presenti nella realtà),bensì è l’oggetto ad adeguarsi
Terra e Sole, così Kant, per spiegare la scienza, ribalta
alle modalità di conoscenza del soggetto.
i rapporti tra soggetto e oggetto.

Nuova teoria della conoscenza: conoscenza intesa come sintesi di materia e forma:

-materia della conoscenza: molteplicità delle impressioni sensibili che provengono dall’esperienza (elemento
empirico o a posteriori).
-forma: l’insieme delle modalità fisse attraverso cui la mente ordina tali impressioni (elemento razionale o a
priori).

Un esempio attuale è quello tratto dall’informatica: la mente kantiana è simile a un computer, che elabora la
molteplicità dei dati che le vengono forniti dall’esterno mediante una serie di programmi fissi, che ne rappresentano
gli immutabili codici di funzionamento
Kant articola la conoscenza in tre facoltà principali:

• SENSIBILITÀ: è la facoltà con cui gli oggetti ci sono dati intuitivamente attraverso i sensi e tramite le
forme a priori di spazio e tempo.
• INTELLETTO: è la facoltà con cui pensiamo gli oggetti intuiti dalla sensibilità tramite le 12 categorie o
concetti puri.
• RAGIONE: è la facoltà attraverso cui, oltrepassando l’esperienza, cerchiamo di spiegare la realtà
mediante le tre idee di anima, mondo e Dio.

Su questa tripartizione della facoltà conoscitiva è basata anche la divisione della Critica della ragion
pura.

Questa si divide in :
q Dottrina degli elementi (che si propone di scoprire, isolandole, le forme a priori). A sua volta si divide in:

§ Estetica trascendentale, che studia la sensibilità e le sue forme a priori (spazio e tempo), mostrando
come su di essa si fondi la matematica;
§ Logica trascendentale, che studia il pensiero discorsivo e si divide in:

• Analitica trascendentale, che studia l’intelletto e le sue forme a priori (12 categorie) mostrando come su di esse si
fondi la fisica;
• Dialettica trascendentale, che studia la ragione e le sue idee di anima, mondo e Dio, mostrando come su di esse
si fondi la metafisica. Nonostante Kant usi il termine trascendentale in varie accezioni, questa parola viene
utilizzata per indicare lo studio delle forme a priori della conoscenza.

q Dottrina del metodo (che si propone di chiarire l’uso degli elementi, ovvero il metodo della
conoscenza).
Estetica trascendentale
Nell’Estetica Kant studia la sensibilità e le sue forme a priori (spazio e tempo).

Kant considera la sensibilità recettiva, in quanto essa non genera i propri contenuti, ma li accoglie per
intuizione dall’esperienza esterna o dall’esperienza interna.
Tuttavia la sensibilità non è soltanto recettiva ma è anche attiva, perché organizza i dati empirici servendosi
delle sue modalità:

Ø SPAZIO : è la forma del senso esterno, cioè la condizione che ci permette si rappresentare gli oggetti
esterni e di disporli «l’uno accanto all’altro».

Ø TEMPO : è la forma del senso interno, cioè la condizione grazie alla quale si ha la rappresentazione
sensibile degli stati d’animo, che sono disposti uno dopo l’altro, secondo un ordine di successione.

Il tempo può essere considerato la forma universale dei fenomeni (in quanto tutti i fenomeni cadono nel
tempo ma non è detto che cadano anche nello spazio).

Kant considera spazio e tempo intuizioni pure (cioè innate, universali e necessarie)
Per dimostrare l’apriorità dello spazio e del tempo, Kant piuttosto che fornire alla sua tesi
valide argomentazioni, preferisce criticare le altre posizioni su spazio e tempo:

Visione empiristica (Locke): secondo la visione empiristica, spazio e tempo sono nozioni tratte
dall’esperienza. Kant afferma che non possono essere tratti dall’esperienza essendo che ogni
esperienza li presuppone.

Visione oggettivistica (Newton): secondo la visione oggettivistica spazio e tempo sono entità a sé
stanti, pensate come recipienti vuoti. Allora Kant afferma che non è possibile rappresentare tali
recipienti se vengono svuotati di tutti gli oggetti.

In conclusione spazio e tempo sono quadri mentali a priori entro cui si organizzano i dati empirici.

Nell’Estetica trascendentale Kant dimostra anche che la matematica si basi su spazio e tempo:
La geometria e l’aritmetica sono scienze:

-sintetiche in quanto ampliano le conoscenze;


-a priori in quanto valgono indipendentemente dall’esperienza.

In particolare l’aritmetica si basa sul tempo e la geometria sullo spazio.


In questo modo Kant dimostra la scientificità della matematica, in quanto essa è basata sulle forme a
priori di spazio e tempo.
Analitica trascendentale

La seconda parte della dottrina degli elementi è la Logica trascendentale, un tipo di logica che si
distingue da quella formale in quanto non si limita a studiare i meccanismi formali del pensiero:

indaga circa l’origine, l’estensione e la validità oggettiva delle conoscenze a priori, che sono proprie
dell’intelletto (studiato dall’Analitica trascendentale)
e della ragione (studiata dalla Dialettica trascendentale).

«senza sensibilità nessun oggetto ci verrebbe dato e senza intelletto nessun oggetto
verrebbe pensato, i pensieri senza contenuto [senza intuizioni] sono vuoti, le intuizioni
senza concetti sono cieche»
Mentre le intuizioni sono affezioni, i concetti sono funzioni, ovvero sono attività di
sintesi, che unificano la molteplicità dell’esperienza. I concetti possono essere:

• empirici, cioè costituiti dai materiali ricavati dall’esperienza;

• puri, contenuti a priori nell’intelletto, precedono l’esperienza.

I concetti puri, o categorie, rappresentano le supreme funzioni unificatrici dell’intelletto


che sono in altre parole le modalità innate che permettono di collegare nel giudizio un
predicato ad un soggetto.

Le categorie coincidono con i predicati primi, cioè con quelle grandi caselle entro cui rientrano
tutti i predicati possibili (come aveva affermato Aristotele).

Tuttavia c’è una differenza tra le categorie aristoteliche e quelle kantiane:

• per Aristotele le categorie hanno un valore ontologico (in quanto sono i caratteri fondamentali e
comuni a ogni ente) e gnoseologico (in quanto predicati primi, cioè i predicati che si possono
predicare per tutti gli esseri)

• per Kant le categorie non hanno alcun valore ontologico, ma solo gnoseologico-
trascendentale, in quanto rappresentano i modi di funzionamento dell’intelletto che non valgono
per la cosa in sé, ma solo per il fenomeno.
I concetti puri o categorie sono divisi in quattro classi:
v QUANTITÀ
v QUALITÀ
v RELAZIONE
v MODALITÀ

Ogni classe è suddivisa a sua volta in tre categorie.


Kant deriva le categorie dalle forme dei giudizi (la cui tavola risale ad Aristotele).

Pensare per concetti e giudicare sono, per Kant, la stessa cosa. Infatti, ordinare «diverse rappresentazioni
sotto una rappresentazione comune» significa, di fatto, sussumere un certo soggetto sotto un certo
predicato.

Ad es. nel giudizio «ogni metallo è un corpo» noi unifichiamo mediante il concetto generale di "corpo" le molteplici
rappresentazioni dei metalli, ovvero riportiamo il soggetto "metallo" sotto il predicato "corpo "».

Le 12 categorie, in ultima analisi, non sono che le maniere universali e necessarie (= a priori) tramite
cui un predicato viene riferito ad un soggetto.

La connessione fra giudizi e categorie, cioè la corrispondenza tra le forme del giudizio e
dell'intelletto, rappresenta anche il «filo conduttore» di cui si serve Kant per ricavare la sua tavola
delle categorie.
• Applicate al semplice materiale empirico, le categorie generano giudizi empirici (p.e.
“Questo libro è sul tavolo”), che non sono universali e necessari (rimangono giudizi
sintetici a posteriori).

• Applicate, invece, direttamente alle intuizioni pure della sensibilità (spazio e tempo) le
categorie generano le leggi fondamentali della matematica e della fisica che Kant
chiama principi di metafisica della natura.

Kant si trova poi di fronte al problema della giustificazione della validità delle categorie e denomina tale
problema «deduzione trascendentale».
Kant usa il termine “deduzione” non in senso logico-matematico, bensì in quello giuridico-forense, col quale
allude alla dimostrazione della legittimità di un diritto di una pretesa di fatto.

Quindi la domanda che si pone Kant è se la pretesa della categorie di essere i validi modi di
conoscere gli oggetti sia legittima.

Detto altrimenti, che cosa ci garantisce di diritto che la natura obbedirà alle categorie,
manifestandosi, nell’esperienza, secondo le nostre maniere di pensarla?

Kant risponde affermando che come le cose per essere conosciute sensibilmente devono
sottostare alle forme della sensibilità (spazio e tempo), così per essere pensate devono
sottostare alle forme dell’intelletto (le dodici categorie).
La soluzione kantiana consiste quindi nel mostrare come gli oggetti d’esperienza (intuiti
sensibilmente) non sarebbero tali se non fossero pensati dall’IO PENSO.

In altre parole, senza categorie non esiste l’attività unificatrice dell’io penso e quindi non
esistono gli oggetti d’esperienza.

Ciò che ci garantisce che la natura obbedirà alle categorie è proprio il fatto che la
natura viene costituita dalle categorie.

Nella teoria della conoscenza di Kant l’io penso si configura come «il principio supremo
della conoscenza umana».

Kant conclude l’Analitica elencando i principi dell’intelletto puro, che sono le conoscenze
a priori dell’intelletto circa la realtà fenomenica e che corrispondono alle leggi generali
della natura e alle tesi fondamentali della fisica.

Da ciò si può affermare che l’io penso risulta essere il vero legislatore della natura,
in quanto, con le categorie e i principi dell’intelletto puro, è l’ordinatore della
natura.

È quel centro mentale unificatore, di cui sono funzioni le categorie, che Kant
denomina anche con il termine affine di «autocoscienza».
Dalla teoria della conoscenza esiste una distinzione fra due realtà:

v NOUMENO : Termine filosofico usato da Platone e ripreso da Kant.

Per Platone, noumeno significa ciò che è pensato o pensabile dal puro intelletto indipendentemente
dall’esperienza sensibile, ossia le idee, in quanto distinte dagli oggetti sensibili.

Kant intende per noumeno l’essenza pensabile, ma inconoscibile, della realtà in sé. Quindi il
noumeno, come ciò che pensiamo esistente ma non conosciamo, si pone come limite della
conoscenza umana.
Kant adopera il termine anche in senso positivo, come il sovrasensibile, l’incondizionato, posto fuori
dell’esperienza.

v FENOMENO : in contrapposizione al noumeno, per Kant significa ciò che è oggetto di esperienza

possibile, ossia ciò che è percepito nello spazio e nel tempo, forme a priori della sensibilità, e
determinato dalle categorie o concetti a priori dell'intelletto.
COSA IN SÈ : espressione con la quale Kant intende riferirsi alla realtà così come essa è in sé,
indipendentemente non solo dallo stato attuale delle conoscenze, ma anche da ogni
possibile conoscenza.

I termini 'noumeno' e 'cosa in sé' non sono in Kant


perfettamente sovrapponibili:

• il noumeno è comunque
una rappresentazione o idea della ragione, e come
tale risiede nella mente umana; è il modo in cui
il pensiero cerca di rappresentare ciò che va oltre la
sua capacità di conoscere.

• la cosa in sé invece è ciò a cui il noumeno si riferisce:


è la 'realtà' in quanto esterna alla mente
del soggetto, ciò con cui per definizione non si può
entrare in alcun rapporto se non tramite il pensiero
poiché questo si pone al di là di
ogni esperienza possibile.
Critica della ragion pratica

Opera (1788) di in cui si studiano le condizioni trascendentali dell'agire morale,


la cui legge si presenta come un «imperativo categorico», ossia pura legge del dovere, scevra da ogni contenuto.

La ragione umana è anche ragione pratica, cioè è capace di determinare la volontà e l’azione morale.

Il primo postulato per l'uomo morale è la libertà. Il motivo è semplice: se non si ipotizza la libertà non c'è
neppure moralità, in quanto l'essere morale implica lo scegliere tra il bene e il male, tra il vizio e la virtù.

Come nella Ragion pura il filosofo si proponeva di mostrare non cosa l'uomo conosce, ma "come" conosce, ovvero
evidenziare i principi della conoscenza umana, allo stesso modo ora si pone di fronte al problema della morale:

egli non vuole definire quali precetti etici debbano essere seguiti, bensì "come" l’ uomo debba
comportarsi per compiere un'azione autenticamente morale, e quindi in cosa consiste realmente la
morale.
Critica del giudizio

In quest'opera Kant analizza la facoltà di giudizio, legata al sentimento, attraverso cui l'uomo riesce
a “vivere” e “pensare” quella finalità negata nella realtà della scienza e solo postulata nel campo
della morale.
Per capire su quali fondamenti basare la metafisica in modo da conferirle valenza scientifica, Kant
analizza i fondamenti elementari della scienza nonché della conoscenza: i giudizi. Infatti, conoscere è
giudicare.

Il filosofo conduce un'analisi "critica" della facoltà di giudizio di tipo "estetico".

L'analisi anticipò temi e modi di sentire fatti propri, di lì a poco, non senza fraintendimenti
interpretativi, dai maggiori esponenti del Romanticismo e dell'Idealismo,

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