Books by Nicola Severino
Questo volume raccoglie sette saggi scritti tra il 2010 e il 2013 durante le mie ricerche sui Cos... more Questo volume raccoglie sette saggi scritti tra il 2010 e il 2013 durante le mie ricerche sui Cosmati e, in particolare, sui pavimenti cosmateschi.
Gli argomenti trattati sono vari e non hanno un nesso logico tra di loro, ma costituiscono singolarmente degli studi specifici relativi a diverse problematiche inerenti le opere pavimentali dei Cosmati, il loro modus operandi e nuove ipotesi di attribuzioni e datazioni.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Il presente libro, dimenticato nel solito cassetto, è incompleto allo stato attuale, ma fu scrit... more Il presente libro, dimenticato nel solito cassetto, è incompleto allo stato attuale, ma fu scritto con l’intento di realizzare un volume dedicato ai Cosmati in generale. Il presente lavoro è quindi rimasto allo stato di “bozza” non corretta, certamente non esente da errori e in una grafica minimale. Tuttavia esso offre un’ampia panoramica dell’opera dei maestri Marmorari Romani della bottega di Lorenzo, ovvero dei Cosmati, operanti in Roma e nei territori del Lazio meridionale. Non mancano riflessioni sulle caratteristiche stilistiche derivate dall’opera prima, ovvero il pavimento dell’abate Desiderio di Montecassino, realizzato nel 1071.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Tra gli arredi cosmateschi sopravvissuti nella cattedrale di Anagni, il più importante è certamen... more Tra gli arredi cosmateschi sopravvissuti nella cattedrale di Anagni, il più importante è certamente la cattedra vescovile firmata da Vassalletto di cui parleremo tra poco. Tra gli altri reperti all'interno della chiesa, vi sono il grande cero pasquale e una base triangolare, a forma piramidale che fungeva probabilmente da base per un cero pasquale di più modeste dimensioni. Mentre nel museo lapidario della cattedrale sono conservati i reperti smembrati nel corso dei secoli e un tempo appartenuti alla grande recinzione presbiteriale e agli amboni. La cattedra vescovile La campagna di lavori di Cosma e dei figli Jacopo e Luca, fu terminata nel 1231, come attesta l'iscrizione nella cripta. Ad essi subentrarono maestri marmorari di scuole diverse, tra cui un nome certo è il Vassalletto che ha firmato la cattedra vescovile e il candelabro del cero pasquale, autore probabilmente anche di molti altri pezzi del ricco arredo liturgico della chiesa. Tali lavori di decorazione terminarono in un periodo compreso tra il 1250 e il 1260. Il reperto reca la firma dell'artista in una scritta che gira intorno al perimetro circolare inferiore del dossale della sedia: mentre nel resto del perimetro del dossale si legge il resto dell'iscrizione che permette la datazione del reperto al periodo del vescovo Lando di cui si parla nei documenti nel 1263: "Praesul honorandus opus hoc dat nomine Landus". Qui sopra il dossale della cattedra e il dettaglio della zona centrale della decorazione con le stelle. Perfetta simmetria geometrica e policroma La cattedra, come la si vede oggi, sembrerebbe, a detta degli studiosi, un rifacimento di elementi originali e non, derivati probabilmente dai restauri dell'800. I due leoni alla base che vengono interpretati come lo "sviluppo del motivo dei bracci figurati che a Roma si giustifica come simbologia della potestà temporale dei papi" 1 , sono invece stati derivati dallo smembramento della Schola Cantorum, nel XVII secolo, dove un tempo dovevano essere "a guardia". Tutti d'accordo invece nel sostenere che essi furono eseguiti dal Vassalletto stesso, il che dimostrerebbe anche che tutto o quasi l'arredo liturgico di quel periodo fu opera del grande maestro marmorano romano. A rafforzare tale ipotesi vi è anche un altro reperto nel museo lapidario che richiama fortemente lo stile del dossale di questo trono, opera anch'essa quindi di Vassalletto. E' bene specificare che si tratta del maestro Vassalletto II, della famiglia dei Vassalletto 2. Infatti, in molti luoghi, specie articoli superficiali in internet, si legge che la cattedra fu opera di Pietro Vassalletto di cui abbiamo notizia fino al 1186, 1 Bassan Enrico, Itinerari cosmateschi, Lazio e dintorni. Ist. Poligrafico Zecca dello Stato, Roma, 2006, pag. 76. 2 I Vassalletto erano una famiglia di costruttori e marmorari romani attiva dalla seconda metà del XII secolo fino alla fine del XIII; fu questo il periodo di massima fioritura dell'arte cosmatesca anche per merito loro. I Vassalletto infatti dividono con la famiglia dei Cosmati il primato di celebrità e di attività tra questi magistri romani che si dedicarono alla decorazione architettonica, corredando chiese e basiliche di porticati esterni e chiostri della suppellettile liturgica (cibori, altari, candelabri, recinti, amboni e cattedre) e di pavimenti riccamente intarsiati. Il loro capostipite fu Basiletto che firmò il leone della Basilica dei Santi XII Apostoli. Pietro Vassalletto, probabilmente suo figlio, scolpì in collaborazione con Niccolò d'Angelo il Candelabro Pasquale di San Paolo fuori le mura, l'unica sua opera interamente scolpita. Per la stessa basilica costruì anche il chiostro, meno celebrato di quello in San Giovanni in Laterano, considerato capolavoro suo e dell'arte cosmatesca, cui attese dal 1220 al 1230, e che il figlio, Vassalletto II, ultimò tra il 1232 e il 1236. Sempre a Pietro sono state attribuite la schola cantorum della chiesa di San Saba e la parte antica col nartece di San Lorenzo fuori le mura. A Vassalletto II è ascrivibile la bellissima cattedra del Duomo di Anagni. Quarto della dinastia è Nicola Vassalletto, attivo fra il 1215 e il 1262, che lavorò con Pietro de Maria per l'Abbazia di Sassovivo intorno al 1233. Lo stile classico dei Vassalletto è caratterizzato da una perfetta compenetrazione di struttura e ornato, che raggiunge la massima armonia nel chiostro di San Giovanni e nella cattedra di Anagni, dalla grande maestria nell'intaglio e dalla sapienza compositiva specie nell'usare con tale funzione il colore. (testo da http://it.wikipedia.org/wiki/Vassalletto)
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Il pavimento cosmatesco della Cattedrale, i riquadri musivi pavimentali del Battistero ed altre o... more Il pavimento cosmatesco della Cattedrale, i riquadri musivi pavimentali del Battistero ed altre opere musive che fanno di Pisa una città cosmatesca "fuori porta".
Bookmarks Related papers MentionsView impact
L'autore esamina le opere musive di stile cosmatesco realizzate da botteghe marmorarie campano-ca... more L'autore esamina le opere musive di stile cosmatesco realizzate da botteghe marmorarie campano-cassinesi sul territorio dell'Alta Campania.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Da pochi anni è stato scoperto un documento di archivio che permette di attribuire senza dubbi il... more Da pochi anni è stato scoperto un documento di archivio che permette di attribuire senza dubbi il grandioso pavimento cosmatesco della Cattedrale di Ferentino al maestro Iacopo di Lorenzo. Qui l'autore presenta una prima analisi dettagliata dell'opera.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Bookmarks Related papers MentionsView impact
A distanza di oltre trent'anni dalle pubblicazioni di Angelo Pantoni, viene qui presentata una n... more A distanza di oltre trent'anni dalle pubblicazioni di Angelo Pantoni, viene qui presentata una nuova indagine storico-autoptica completa del pavimento musivo fatto realizzare dall'abate Desiderio per la nuova chiesa abbaziale del monastero di Montecassino nel 1071 per il quale fece venire da Costantinopoli maestranze bizantine.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
La piccola chiesa delle Clarisse di San Pietro in Vineis ad Anagni conserva porzioni di pavimento... more La piccola chiesa delle Clarisse di San Pietro in Vineis ad Anagni conserva porzioni di pavimento cosmatesco nel presbiterio rialzato. L'analisi dell'opera riporta indubbiamente alla mano di una sola possibile bottega: Cosma figlio di Iacopo di Lorenzo.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Nuove ipotesi di attribuzione Nicola Severino-www.cosmati.it Gennaio 2011 Pur non avendo mai visi... more Nuove ipotesi di attribuzione Nicola Severino-www.cosmati.it Gennaio 2011 Pur non avendo mai visitato l'antica chiesa di Santa Maria in Castello a Corneto-Tarquinia (più avanti dirò solo Tarquinia), mi accingo a proporre un confronto stilistico di alcune importanti parti del pavimento cosmatesco per una nuova eventuale ipotesi di attribuzione, sostanzialmente diversa da quella cui tutti gli autori sono giunti, nel corso di circa un secolo di ricerche. Tuttavia, devo precisare che questa mia ipotesi deriva esclusivamente dall'osservazione e comparazione stilistica delle parti di pavimento che andrò ad analizzare, con quelle evidentemente molto simili, se non identiche, alla matrice della scuola o degli artisti cui è rivolta la nuova attribuzione. Dell'importante complesso religioso e specialmente sui suoi arredi marmorei, scrisse, forse per primo in modo completo e competente, Giovanni Battista De Rossi 1 , ma siamo nel 1875. Sebbene l'articolo si intitolasse "Il pavimento della chiesa di S. Maria di Castello in Corneto-Tarquinia" ed uno dei paragrafi interni "Del cosiddetto opus alexandrinum e dei marmorarii romani che lavorarono nella chiesa di S. Maria in Castello", l'autore poco o nulla dice sul pavimento stesso, ed essendo l'unico reperto della chiesa non firmato da alcun artista, egli dice si può attribuire-come è logico-ai maestri che vi lavorarono firmando gli arredi liturgici. Nella fattispecie, il maggior indiziato sembrerebbe essere Pietro di Ranuccio e suo fratello Nicola che lavorarono al portale e alla bifora della facciata della chiesa. L'articolo di De Rossi più che illustrare il pavimento della chiesa, analizza le lapidi proveniente dalle catacombe romane e dai cimiteri antichi, con le relative iscrizioni, che vi furono montate in un tempo imprecisato. Lapidi che provengono da diversi siti storici del luogo e che non riguardano assolutamente notizie degli artefici marmorari cui l'opera è attribuita. Inoltre, l'autore ne approfitta per emendare errori e sviste di scrittori coevi su alcune iscrizioni che hanno poi gettato confusione nelle pubblicazioni postume. E' da rilevare che nel 1875, come lo stesso De Rossi scrive, lo studio delle epigrafi e dei monumenti scaturiti da quella che Camillo Boito dichiarò essere l'arte cosmatesca, era ancora buio e sconosciuto. La genealogia dei marmorari romani e delle famiglie dei Cosmati, che si intrecciavano ad artisti isolati e provenienti da zone esterne all'area di Roma, era molto incerta e confusa e De Rossi tenta in questo scritto di riprenderne il filo conduttore, attraverso lo studio ed analisi delle epigrafi e dei monumenti, riproponendo emendamenti e nuove ipotesi, smembrando le tesi ufficialmente accettate ed erroneamente divulgate, per riconosciuta autorità, da altri autori. Lo scritto di De Rossi è, oggi, molto significativo per mostrarci lo stato in cui erano gli studi sui Cosmati nella seconda metà del XIX secolo, quando da poco il termine "arte cosmatesca" era stato coniato da Camillo Boito in un suo studio ed universalmente accettato dagli studiosi. Vale la pena di ricordarne qui le linee essenziali:
Bookmarks Related papers MentionsView impact
La Cattedrale di Anagni. Il pavimento cosmatesco, la sua storia, le nuove ipotesi | 5 Prefazione ... more La Cattedrale di Anagni. Il pavimento cosmatesco, la sua storia, le nuove ipotesi | 5 Prefazione In queste immagini, alcuni dettagli della decorazione del portale e della facciata della chiesa. L'arte cosiddetta cosmatesca costituisce, ancora oggi, un campo di ricerca molto particolare e poco conosciuto della storia dell'arte medievale. Essa è il frutto della romano opera et maestria della quale tanto si vantano quei marmorari che a Roma danno vita ad un susseguirsi di scuole di artisti, spinti dal generale fermento culturale della rennovatio romana, ad iniziare forse dall'anno Mille con il meno noto Christianus magister e per tutto il periodo compreso tra il XII e il XIII secolo. Un rinnovamento che preceduto, e forse favorito per averne spianato la strada, dal grande evento della consacrazione della basilica del monastero benedettino di Montecassino nel 1071, per la cui decorazione l'abate Desiderio chiama al suo cospetto intere schiere di maestri bizantini, apre le porte ad una nuova era dell'architettura religiosa romana. Sulle vestigia del glorioso passato della Roma paleocristiana, i pontefici, a cominciare dall'VIII secolo, si fanno carico di riedificare a fundamentis gli antichi edifici di culto ormai abbandonati, distrutti dalle guerre e saccheggiati, mantenendo inalterato, però, quel senso di continuità con l'antico. La nuova architettura prevede l'integrazione delle risorse fondamentali degli edifici paleocristiani: la ripresa del colonnato della navata come erano le basiliche costantiniane; la disposizione dell'altare che si uniforma alla tradizione della chiesa di San Pietro quando era comandata da Gregorio Magno nel VII secolo; l'uso dei capitelli, derivati dalle spoliae, o ricostruiti identici. In tutto ciò, viene ripresa anche la tradizione dei pavimenti in marmi preziosi, come il porfido, il serpentino, il giallo antico, i quali, lavorati nella tecnica dell'opus sectile in età romana, diventa nelle mani dei marmorari romani quella preziosa e magnifica opus tessellatum che conosciamo. Entrando più in dettaglio, citando Claussen (vedi bibliografia), l'architettura religiosa romana del Medioevo mostra un'unità funzionale ed estetica tra architettura, arredamento liturgico e corredo pittorico dove i diversi generi artistici che la compongono sono necessariamente coordinati tra loro. Ai giorni nostri, purtroppo, non è più possibile osservare questa funzionalità architettonica perché nessun complesso liturgico del Medioevo romano è sopravvissuto nella sua interezza. Possiamo coglierne il senso, in modo approssimativo, in quelli che meglio sembrano essersi conservati, o a dirla tutta, ripristinati dai restauri che soprattutto tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo, hanno strappato il velo barocco che copriva le originali forme medievali. Tra gli esempi di chiese dove è ancora possibile avere un'idea di questa riforma architettonica, gli studiosi annoverano le basiliche di Santa Maria in Cosmedin, di San Clemente, o di Santa Maria in Trastevere. E' in questo spirito di rinnovamento generale che due artisti, forse formatisi alla scuola bizantina per mosaicisti voluta dall'abate Desiderio di Montecassino e i cui nomi, magister Paulus e Tabaldo marmoraro, conosciamo solo attraverso rare testimonianze epigrafiche, danno inizio a quella che diverrà l'era dei marmorari romani. Questi, come ricorda Claussen, lavorano incessantemente ricevendo un'immensa quantità di committenze, che presuppone notevoli risorse finanziarie del clero romano offrendo un sostentamento sicuro a intere generazioni di artisti locali. Quando, per varie vicende, Anagni diventa la residenza di quattro papi, tali committenze si spostano da Roma anche al Patrimonium Sancti Petri. E' in questo periodo che vengono realizzati i monumenti cosmateschi qui analizzati. Ora però devo dire due parole per questa edizione. Le mie indagini non hanno seguito un programma prestabilito o un itinerario ragionato, come per esempio il proposto catalogue raisonné di Glass, pubblicato in un libro che ho potuto acquistare solo dopo due anni dall'inizio delle mie ricerche. Ma con il senno di poi, posso dire che a nulla sarebbe servito andare alla scoperta dell'arte cosmatesca proponendosi
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Analisi storico-autoptica del Pavimento musivo del Duomo di Salerno
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Vengono analizzati per la prima volta minuziosamente i reperti musivi pavimentali dell'Abbazia Su... more Vengono analizzati per la prima volta minuziosamente i reperti musivi pavimentali dell'Abbazia Superiore e dell'Abbazia Inferiore.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
.AVVISO: le pagine da 94 a 113, furono da me redatte sulla scorta di informazioni datemi privata... more .AVVISO: le pagine da 94 a 113, furono da me redatte sulla scorta di informazioni datemi privatamente dalla Curia Vescovile di Gaeta. Informazioni, purtroppo, inesatte che avevano come intento quello di far passare per antico un pavimento realizzato in quegli anni da marmorari moderni, "utilizzando materiali originali ritrovati in una misteriosa sconosciuta settima navata della cattedrale" (come mi fu detto verbalmente dai responsabili. Fiducioso di quanto mi venne detto scrissi la mia analisi che potrebbe definirsi come "ragionamenti esatti su figure (e informazioni) sbagliate". Prego, quindi, il lettore di tenere ben presente questo fatto e di saltare completamente le pagine indicate.
Nicola Severino, 20 novembre 2023.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
ARTE COSMATESCA IN ALTA CAMPANIA by Nicola Severino
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Bookmarks Related papers MentionsView impact
La cattedrale di Carinola, un piccolo borgo a soli cinque chilometri da Sessa Aurunca, nella pian... more La cattedrale di Carinola, un piccolo borgo a soli cinque chilometri da Sessa Aurunca, nella piana che porta a Mondragone, si erge la cattedrale di San Bernardo, un monumento cosmatesco praticamente inedito, se si esclude qualche breve e rara citazione in merito e solo negli studi specifici. Eppure, al di la dei suoi tesori d'arte, nell'architettura, come negli affreschi, essa conserva delle cospicue tracce di un pavimento musivo la cui importanza è confermata soprattutto se si pensa alla sua diretta discendenza dal capostipite della basilica di Montecassino. A dispetto delle sue sembianze di paesino moderno e agricolo, tipico dei borghi di Terra di Lavoro, Carinola ha origini antichissime, passando dai Pelasgi agli Etruschi, fino ad assurgere a ruolo di colonia romana. Nell'alto medioevo subì i saccheggi e le distruzioni dei Saraceni per poi essere ricostruita con il nome attuale. Ciò fu probabilmente influenzato dal fatto che la vicina frazione di Ventaroli, vantava una sede vescovile, nella famosa chiesa di Santa Maria in Foro Claudio, che durò dal VI all'XI secolo, quando fu spostata, nel 1087, nella cattedrale appena costruita della nuova città denominata Carinola, la cui storia inizia, quindi, nella seconda metà dell'XI secolo. A quel tempo un certo Giovanni doveva essere già vescovo della basilica detta "in Foro Claudio", oggi nei pressi del paesino di Carinola nuova a pochi chilometri da Caserta; lo stesso Vescovo nel 1071 assisteva di persona alla consacrazione della basilica di Montecassino, sottoscrivendone la bolla: Joannes Episcopus Fori Claudiensis. Immediato successore di Giovanni fu San Bernardo, diventando Vescovo nel 1087. Nel 1087, quindi, per volere del vescovo Bernardo la sede episcopale venne trasferita da Foro Claudio a Carinola. I lavori per la nuova cattedrale, iniziati nello stesso anno, vennero ultimati nel 1094: dedicata alla Vergine ed al Battista, la chiesa-sorta a ridosso di un oratorio paleocristiano-si articolava in tre navate su colonne concluse da tre absidi, delle quali rimangono alcune tracce. Appena due decenni dopo la morte di Bernardo, la chiesa venne rimaneggiata per essere intitolata alla sua memoria e a S. Martino: le absidi precedenti vennero interrate con il conseguente allungamento della chiesa, il cui transetto si mantenne inalterato nei secoli. Sul lato destro venne aperta una quarta navata atta a collegare alla chiesa il sacello paleocristiano, dotato ancora dei suoi mosaici originari ed ulteriormente decorato durante questa fase dei lavori. Dalle poche notizie storiche trovate, il pavimento musivo della cappella di S. Bernardo nell'omonima cattedrale di Carinola, può datarsi al 1094. Certamente il Vescovo Giovanni dovette restare molto impressionato dalla magnificenza dei lavori bizantini visti a Montecassino, tanto da spingerlo ad abbellire la sua cattedrale a Carinola con qualcosa che almeno ricordasse tanta bellezza: il pavimento musivo. Non sappiamo se questo fu realizzato su tutta la superficie della chiesa, è sicuro invece che fu fatto nella cappella di maggiore importanza della chiesa, cioè l'antico sacello paleocristiano con l'altare dedicato a San Bernardo. Nei resti del pavimento che ho potuto vedere personalmente, ho riscontrato una tale similitudine ed affinità al pavimento di Montecassino da convincermi che esso fosse stato fatto dagli stessi artefici bizantini. Qui si ritrovano quasi tutte le caratteristiche del litostrato cassinese, specie come visto nell'incisione di Gattola e che rafforza ulteriormente l'ipotesi della datazione all'epoca desideriana. Alla fine dell'estate 2010, così si presentava ai miei occhi il pavimento precosmatesco della cattedrale di Carinola. 165
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Seguiamo la descrizione del pulpito e delle opere cosmatesche nella cattedrale di Caserta Vecchia... more Seguiamo la descrizione del pulpito e delle opere cosmatesche nella cattedrale di Caserta Vecchia, attraverso il commento all'opera di Bertaux curato da Anna Carotti nel 1982 e di cui ne riporto qui una sintesi. "Il pulpito di forma rettangolare, poggiante su cinque colonne, è un rifacimento alquanto raffazzonato del tempo dell'arcivescovo Diodato Gentile (1604-1616), al quale si riferiscono gli stemmi dei due montanti del lato nord, eseguito in gran parte con frammenti medioevali d'ambone, integrati da pezzi secenteschi: il piano di fondo della cassa, gli architravi, la cornice superiore dei parapetti e la decorazione a intarsio marmorei dei due montanti citati. Dei cinque capitelli due sono a "crochet", un terzo, un po' più grande degli altri, ha otto lunghe foglie increspate, i due anteriori sono figurati. Il capitello di destra presenta un giro di foglie d'acanto su cui poggiano, in corrispondenza degli spigoli dell'abaco, quattro uccelli in atto di ghermire serpenti e, in corrispondenza dei lati, un vecchio nudo, un leone con un agnello tra le fauci, un telamone e un arciere; il capitello di sinistra presenta la stessa distribuzione della decorazione, è però ornato da motivi figurati, tre uccelli in atto di beccare e un Agnus Dei, solo sui lati mentre agli spigoli le foglie d'acanto si allungano a toccare l'abaco. Sugli architravi secenteschi è collocata la cornice medioevale a foglie d'acanto. La cassa è ornata da lastre a intarsio con intrecci geometrici, uccelli, mostri, motivi vegetali. Sul lato sud è disposto un arco dal fondo musivo con i rilievi dell'Agnus Dei e dei simboli degli evangelisti Luca e Marco. Sulla lastra del lato nord corre un'iscrizione mutila formata da tasselli vitrei: INASC…CC.I. BIS SEX. ISTE BONU. STB. " Gli studiosi vi leggono la data del 1213 e riferiscono l'abbreviazione STB al vescovo di Caserta Stabile, morto nel 1216 o 1217 e riuscendo a fissare quindi la datazione di almeno uno degli amboni che erano presenti nella cattedrale. "Nella scala del pulpito-continua la Carotti-sono incastrate due sculture provenienti anch'esse da un ambone: l'uomo morso da un serpente e il profeta Geremia, che tiene in mano un cartiglio con questa iscrizione: ORACIO IEREMIE PFETE. RECORDARE DNE. Da cattedrale, come del resto le altre del suo tempo, doveva essere dotata di un ricco arredo medievale e probabilmente di due amboni, come dimostrerebbe la presenza di numerosi reperti, molti dei quali dislocati nelle varie epoche in luoghi diversi. Per quanto riguarda le maestranze che realizzarono i manufatti medievali Carotti scrive che furono opera di una scuola campana classicheggiante che si rifà alle sculture degli amboni salernitani. Per ciò che concerne il pavimento musivo visibile intorno all'altare nel prestiberio, il Bertaux ne accenna solamente senza dire nulla in particolare, mentre la Carotti scrive: "Dischi di marmo bianco disposti ai lati dell'altare, davanti al quale si trovano due fasce parallele divise la prima, in quattro riquadri dalle solite combinazioni di dischi e meandri, la seconda in sei rettangoli uniti da nodi racchiudenti un disco e cinque sagome di animali in marmo bianco, circondate da tessellato: un'aquila, un bue alato, un grifo, una pecora (?) e un altro animale non ben identificabile. Il pavimento è formato da elementi di porfido rosso e verde, da marmi bianchi e colorati e da frammenti di paste vitree e di ceramica. Il partito decorativo dei rettangoli con figure di animali si riscontra anche nella lastra che funge da paliotto all'altare maggiore, mentre gli animali del pavimento sono molto simili nella forma piuttosto tozza della sagoma, ai simboli degli evangelisti nell'arco del pulpito, al quale rimandano anche per il gusto di far risaltare una figura bianca su uno sfondo tessellato. Per questa e per altre affinità e soprattutto per la vivacità cromatica che lega il pavimento ai frammenti musivi degli amboni, probabilmente contemporanei tra loro, considerata la sostanziale omogeneità stilistica delle sculture e degli intarsi rimasti, mi sembra che tutte queste opere possano attribuirsi ad una sola maestranza attiva intorno alla data indicata 131
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Uploads
Books by Nicola Severino
Gli argomenti trattati sono vari e non hanno un nesso logico tra di loro, ma costituiscono singolarmente degli studi specifici relativi a diverse problematiche inerenti le opere pavimentali dei Cosmati, il loro modus operandi e nuove ipotesi di attribuzioni e datazioni.
Nicola Severino, 20 novembre 2023.
ARTE COSMATESCA IN ALTA CAMPANIA by Nicola Severino
Gli argomenti trattati sono vari e non hanno un nesso logico tra di loro, ma costituiscono singolarmente degli studi specifici relativi a diverse problematiche inerenti le opere pavimentali dei Cosmati, il loro modus operandi e nuove ipotesi di attribuzioni e datazioni.
Nicola Severino, 20 novembre 2023.
il mistero che avvolge il pavimento musivo della Cappella Palatina, a
cominciare dalle più antiche citazioni di Filagato da Cerami e di Ugo Falcando
i quali riferiscono di un'opera che ricorda un prato fiorito che non appassisce
mai perché fatto di marmi preziosi, metafora di una eterna primavera. Ma
nessuna traccia di decorazioni floreali si scorge oggi nel pavimento della
chiesa ad eccezione dei sectilia floreali
che decorano la fascia musiva che corre sulle grandi lastre marmoree lungo le
pareti. Un pavimento i cui lineamenti riconducono all'arte islamico-moresca, in
un contesto musivo prettamente bizantino nel presbiterio e islamico nelle
navate, ma che viene stilisticamente corrotto da una forte ed inspiegabile
presenza di patterns che contraddistinguono l'arte musiva cosmatesca romana.
Così, l'impressione di camminare su dei "tappeti orientali", viene
fortemente contrastata dall'impressione di camminare su un pavimento per metà
cosmatesco! A questo si aggiunge un mistero ancora più grande: quello della
diversità dei lineamenti del pavimento che si osserva nei tanti disegni
effettuati dagli architetti inviati dalla Scuola di Belle Arti di Parigi in
Sicilia, appositamente per descrivere e prendere i rilievi dei monumenti
storici. Da Hittorf a Lenoir, da Gailhabaud a Serradifalco, il pavimento della
Palatina assume colori, disegni e connotati sempre diversi, forse spiegabili
solo pensando ai tanti e permanenti restauri portati avanti ininterrottamente dal
XVI al XIX secolo. Tuttavia, una foto non datata, ma molto antica, mostra chiaramente
il pavimento della Palatina in modo diverso da come lo si vede oggi. Tutto ciò
l'autore ha raccolto e descritto, insieme all'analisi documentaria e autoptica
del monumento musivo pavimentale, in una impresa mai tentata prima, volta a
capire e svelare la storia e il mistero del pavimento musivo della Cappella
Palatina di Palermo.