Nino Arrigo
Nino Arrigo è dottore di ricerca in “Studi Inglesi e Angloamericani” e in “Metodologie della Filosofia”. Da anni conduce ricerche sul mito, in relazione alla letteratura, all’arte e alle sue permanenze nella società tardo-moderna. Già borsista di ricerca presso la cattedra di “Letterature Comparate” dell’Università di Enna “Kore”, sino al 2018, anno in cui consegue l’abilitazione scientifica nazionale (ASN) per il SSD L-FIL-LET/14 (critica letteraria e letterature comparate).
Autore dei volumi: Herman Melville e Cesare Pavese. Mito, simbolo, destino ed eterno ritorno (2006); Mito: itinerari di una storia intertestuale (2012), René Girard. Cristianesimo, etica, complessità nella società globalizzata (2014), La balena nelle Langhe. Mito ed ermeneutica nell’opera di Herman Melville e Cesare Pavese (2017), Il ritorno del mito (Mucchi 2018), ha pubblicato numerosi saggi e curatele, collabora alle riviste: “Letteratura & Società”, “Complessità”, “Sinestesie”, “Rivista di Studi Italiani”, del cui comitato scientifico è membro. È condirettore della collana In-between spaces: le scritture migranti e la scrittura come migrazione per le Edizioni Sinestesie e membro del comitato di redazione della Rivista scientifica “Sinestesie” (classe A ANVUR).
http://sinestesieonline.it/
Address: P.zza Marconi, 3
94014 Nicosia (EN)
Autore dei volumi: Herman Melville e Cesare Pavese. Mito, simbolo, destino ed eterno ritorno (2006); Mito: itinerari di una storia intertestuale (2012), René Girard. Cristianesimo, etica, complessità nella società globalizzata (2014), La balena nelle Langhe. Mito ed ermeneutica nell’opera di Herman Melville e Cesare Pavese (2017), Il ritorno del mito (Mucchi 2018), ha pubblicato numerosi saggi e curatele, collabora alle riviste: “Letteratura & Società”, “Complessità”, “Sinestesie”, “Rivista di Studi Italiani”, del cui comitato scientifico è membro. È condirettore della collana In-between spaces: le scritture migranti e la scrittura come migrazione per le Edizioni Sinestesie e membro del comitato di redazione della Rivista scientifica “Sinestesie” (classe A ANVUR).
http://sinestesieonline.it/
Address: P.zza Marconi, 3
94014 Nicosia (EN)
less
InterestsView All (44)
Uploads
Papers by Nino Arrigo
In dialogo con le opere di Franco Moretti e Piero Boitani, per rimanere in ambito comparatistico, Arrigo allontana lo sguardo dalla letteratura, «vista da lontano», per poi riavvicinarsi attraverso una buona pratica del close reading e dell’analisi di testi letterari della tradizione europea e americana (…) attraverso le pagine di tanta narrativa, da Melville a Kafka, da Pavese a Nietzsche e tanti altri ancora, rivivono i miti biblici e greci. Così, dietro il ribellismo di Cosimo Piovasco di Rondò, il barone rampante di Calvino, sembra scorgersi in filigrana l’ombra del fanciullo divino nell’episodio raccontato da Luca, il più letterato e affabulatore tra gli evangelisti, in cui Gesù fugge dai genitori per andare al tempio. Gli attributi straordinari del fanciullo divino vengono persino accostati a quelli del mito di Superman, moderno eroe dei fumetti, entrambi rimandando all’immanenza degli archetipi e alla potenza desiderante dell’inconscio cui afferiscono, come ci ricorda Joseph Campbell. (dalla prefazione di Roberto Deidier)
Christopher Concolino (S. Francisco State University)
myth and symbol by Melville and Pavese and at the relationship of
the symbolic structures in Moby Dick (1851) to the Piedmontese
novelist’s own elaboration of literary myth and symbol; Pavese being, after
all, the one who first translated Melville’s mid nineteenth-century
masterpiece into Italian. Arrigo states that “non ci sono dubbi sul ruolo
determinante da accordare all’influenza di uno scrittore americano qual è
Melville, che Pavese addirittura sradica dal suo contesto storico, l’Ottocento
appunto, attribuendogli lo statuto di classico, dotato di un’enorme carica di
modernità”. As in any good study, the author pays due attention to primary
texts by both writers, but rather than concentrate predominantly, say, on the
written explanations that Pavese has left us detailing the evolution of his
creative process in his letters, essays and private journal Il mestiere di
vivere, (a task also attended to quite scrupulously) the author of this thoughtprovoking
study, whose interests tend to regard primarily philosophical
concerns, chooses first of all to identify and explain the historical context of
both writers in relation to the notion of being within Western culture, going
back to the Greeks. Indeed, beginning with Plato he traces the dichotomy in
Western thought between essence and existence or between Being and
agency to a host of other cultural analogues, also in binary opposition, such
as nature vs. culture (or history), myth vs. logos, symbol vs. allegory,
unconscious vs. conscious thought, as well as Nietzsche’s well-known
opposition between the Dionysian and the Apollonian and the notion of
“eterno ritorno” to one’s place of origin, a concept put to good use by both
novelists. According to Arrigo and the numerous sources he cites, it is
precisely these dual concepts that constitute the working core of myth
because the contradiction inherent in the constant dialectic between the
rational and the irrational enable myth to best express the unseen and hidden
meaning behind the façade of the physical world. As he puts it: “È proprio
il mito a costituire il ‘momento aurorale’, l’essenza dell’opera d’arte, la catabasi nell’astratto ‘tutti nessuno’ dell’Essere, ma esso non avrebbe voce
se non si incarnasse nella dimensione del formato, della certezza e
dell’univocità di un codice e di una convenzione stabilita: il logos”. In
Arrigo’s estimation, the “circolarità ermeneutica” characteristic of mythic
representation in Moby Dick and I dialoghi con Leucò is particularly
analogous to the dialectic (already mentioned above) in Nietzsche’s La
nascita della tragedia (1872); while the author asserts that it is the very
ambivalence of Melville’s symbolic narrative as “opera aperta” that makes it
a precursor of many later modernist and postmodernist texts (Pavese’s later
novels among them), because the symbol has a “paradossale capacità di
comprendere, conciliare, ridurre a uno le infinite antinomie, senza tuttavia
esaurirne il potenziale semantico”.
Of all the literary works taken into consideration, Arrigo points to only
one in which binary symbolism finds resolution, albeit only partially – La
luna e i falò – because it is here that the Pavesian opposition of city to
countryside finally breaks down owing to a willingness to represent the
countryside from a vantage point other than the city: that of the small town.
Most interesting to this reader is the fact that Arrigo is at pains to point out
analogues to the unresolved dialectic of mythic representation not only in
modernist and postmodernist thinkers (from Eliot, Joyce, Heidegger and
Sartre on the one hand to Derrida and Edgar Morin and the “teoria generale
della complessità” on the other) but in modes of scientific thought as well,
such as “l’epistemologia della fisica dei quanti”.
Following in part earlier work by Elio Gioanola and others, Arrigo also
delves into the briar patch of the two novelists’ psychological makeup, an
issue that is perhaps unavoidable. Due to the moralistic and religious
environments each novelist was subjected to as a boy, the author finds them
on common ground in this respect too. Arrigo points to periods of
depression shared by both novelists and to strong feelings of guilt weighing
down on them as a result of strong Super egos. For Melville, Arrigo
contends that the writing of Moby Dick was actually a therapeutic process
that allowed the author to resolve and overcome his inner conflicts, while in
Pavese’s case he argues that “l’assoluta compenetrazione della vita con
l’arte fa sì che la fine dell’una costituisca la fine dell’altra”.
To conclude these brief remarks, Arrigo’s book is an invaluable addition
to the vast scholarship already existing on Melville and Pavese. Written in a
lucid and straightforward manner, this book goes to great lengths to place
the two novelists within a much broader historical and philosophical
context, thereby giving the reader a very clear idea of the “existential”
dimension of both myth and symbol as they were understood by these two
important writers.
CHRISTOPHER CONCOLINO
San Francisco State University
San Francisco, California
E a proposito del pensiero di Morin, Arrigo - da critico rigoroso (ma mai rigoristico) qual è, disobbediente ai dogmi e ai conformismi - ne ricorda un emblematico lacerto, che non a caso è una delle epigrafi del libro: «conoscere e pensare non è arrivare ad una verità assolutamente certa, è dialogare con l’incertezza». Non sono poche, le epigrafi: tanto da sostanziare una vera e propria catena, che lega le varie sezioni del volume. Di cui il lettore può cogliere tutto il senso anche soltanto fermandosi alle epigrafi: le quali si affacciano su una scrittura agile e limpida, che – grazie anche ad una riuscita retorica della citazione – disegna un itinerario intertestuale e interdisciplinare di felice contaminazione, e soprattutto di non difficile percorrenza, su un terreno solitamente insidioso, specie per i non addetti ai lavori.
Cosciente che il «saggista è un visionario del pensiero e un dialettico della metafora» (a citare il grande Alfonso Berardinelli), e districandosi tra gli archetipi e i temi, tra le potenti suggestioni delle favole ebraiche e greche, Arrigo cerca «il segreto di qualcosa che tutti ricordano, tutti ammirano un po’ straccamente e ci sbadigliano un sorriso», come il Pavese dei Dialoghi con Leucò. Viaggiando tra le pagine di quel caleidoscopico romanzo (stracolmo di miti) sull’uomo, sulla vita, che è Moby Dick. O rivisitando Calvino e Kafka. E veste anche i panni del “Lettore Impuro” (quello del Boitani studioso del mito e della Bibbia): per scendere fino alle radici sacrificali e violente dell’umana conoscenza, fino a quelle vitalissime lacerazioni (di Caino, di Crono) da cui tutto è (ri)cominciato. E lo fa seguendo le orme senza pace di Assuero, di Edipo e di Ulisse.
articolo di Giuseppe Giglio apparso su "La Sicilia" del 31-1-2013, p. 20 con il titolo "Conoscere e pensare è un viaggio non una meta".