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Architettura del paesaggio • Architettura del paesaggio non è ciò che resta è qualcosa per cui il paesaggio è al centro • Il paesaggio cos'è? Divisione critica è un'entità di tutti (geografia, letteratura, poesia, scienze...
Morto il Giunti, si propose a Cesare Gonzaga l'esigenza di nominare un nuovo responsabile dei lavori nelle terre di Guastalla, scelta non certo facile, nel momento in cui la cultura architettonica stava vivendo la fase conclusiva del... more
Morto il Giunti, si propose a Cesare Gonzaga l'esigenza di nominare un nuovo responsabile dei lavori nelle terre di Guastalla, scelta non certo facile, nel momento in cui la cultura architettonica stava vivendo la fase conclusiva del Manierismo, e già manifestava l'imminente avvento del Barocco.
Il disegno di Domenico Giunti del maggio 1553 non costituisce dunque il progetto della nuova capitale di don Ferrante Gonzaga, questo invece lascia l'impronta lasciata dall'architetto sull'immagine urbana di Guastalla.
Recenti ricerche archivistiche permettono di precisare i casi ed i tempi del gruppo trionfale innalzato a Guastalla in onore del primo Gonzaga signore della città, il generale asburgico Ferrante I. Nel 1560, a tre anni dalla scomparsa del... more
Recenti ricerche archivistiche permettono di precisare i casi ed i tempi del gruppo trionfale innalzato a Guastalla in onore del primo Gonzaga signore della città, il generale asburgico Ferrante I. Nel 1560, a tre anni dalla scomparsa del venerato ferrante, l'elezione di papa Pio IV (Giovannangelo de Medici) chiamava l'erede del feudo guastallese, il conte Cesare I (!557-1575), ad iniziative adeguate alla ritrovata centralità del suo ramo familiare, imparentato von i Borromeo e con lo stesso Pontefice. Il favore di quest'ultimo e la preminenza del cardinal Ercole Gonzaga offrivano ora al giovane nipote comune la possibilità di un soggiorno romano privilegiato, di rappresentanza e di aggiornamento. Analoghe esigenze di celebrazione dinastica erano sentite alla corte di Guastalla, dove assumevano la forma di rivalutazione del capostipite del ramo cadetto reggente. Già Luca Contile ricorda Ferrante nella prima delle Sei sorelle di Marte (1556), canzoni intese a celebrare i nuovi rampolli della fazione asburgica italiana. Il letterato era stato al seguito del Generale tra il 1548 e il 1551, mentre questi era Governatore di Milano per Carlo V. L'omaggio poetico invitava Cesare alla commemorazione del padre, strutturando un canone di militari famosi ed avanzando i temi e la ragioni (dinastiche, professionali, morali) per una celebrazione pubblica e visiva. Tra i sei dedicatati delle canzoni, ben tre, (Cesare Gonzaga, Francesco Ferdinando d'Avalos, Filippo d'Asburgo) a tale data erano impegnati con il medesimo scultore cesareo Leone Leoni per innalzare al genitore monumenti funebri o celebrativi. Con l'augurio che il nuovo re Filippo II rinnovasse i prorpi favori nei confronti del casato, Contile interpretava dunque la concrete aspirazioni di Cesare alle cariche e ai privilegi concessi a Ferrante I. Mentre nei medesimi anni cinquanta gli avcvisi inviati a Guastalla dall'agente Bernardino Pia, residente nella capitale pontificia, richiamavano attenzione sulle celebrazioni monumentali, una statua-ritratto era già prospettata da Leone Leoni nel carteggio intercorso con Ferrante durante il 1556. Nel 1555 aveva commissionato a Leoni solo una medaglia, il cui verso mostrava Ercole 'ell'atto di sottomettere due figure giganti; sullo sfondo, malcelato, lo spiava un malefico satiro, e si profilava un'idra. La raffigurazione alludeva probabilmente alle ritorsioni politiche dei Gonzaga , le quali avevano colpito il gran canecelliere Francesco Taverna e probabilmente un castellano, ovvero i due milanesi che avevano appoggiato l'incriminazione per malgoverno di Ferrante. Tale medaglia costituisce anche il diretto precedente tematico della futura statua di Ferrante I; nondimeno, all'epoca della commissione del monumento gli orizzonti cortigiani dell'iniziativa di Ferrante avrebbero ceduto il passo a quelli principeschi del figlio. Furano dunque le sollecitazioni della corte di Pio IV a dare avvio alla commissione della statua: nel 1561 Cesare Gonzaga apoprofittava delle circostanze favorevoli per stenderegià a Roma un contratto con lo stessso Leoni, che avrebbbe realizzato l'opera non lontano da Guastalla, nella propria bottega di Milano. L'artista precisava innanzitutto la scelta di un'iconografia trionfale: il celebrato, ritratto con gli attributi di eroi, divinità o personificazioni, calcava altre figure allegoriche, prostrate ai suoi piedi. Il destinatario della lettera, ministro e collezionista, era perfettamente in grado di cogliere nell'invenzione un riferimento alla statuaria asburgica effimera e permanente , in particolare al gruppo leoniano "Cesaris virtute domitus Furor", oggi al Museo del prado. Il registro moralizzante che caratterizza il motivo della personificazione oppressa è stao ricondotto alla sua origine religiosa, alla sua primitiva funzione disascalica o cultuale ma anche da ad una volontà di legittimazione e di attenuazione dei riferimenti personali, anche bnell'esempio di Guastalla tale prospettiva sarebbe assicurata dall'iscrizione di dedica. L'iconografia trionafle tuttavia traeva ragione anche dalla validità dei codici celebrativi recuperati dalla numismatica. Negli anni precedenti il ritornoattivo dell'Imperatore sullo scacchiere politico italiano aveva indotto ad accantonare per gli altri effigiati il ritratto equestre, fino ad allora privilegiato proprio nei monumenti celebrativi e funerari eretti in onore di condottieri valorosi (erasmo da Narni detto il Gattamelata, Bartolomeo Colleoni…) o già di signori (Niccolò III d'Este). Ancora tra il 1482-83 ed il 1499 un colosso equestre isolato che ritraesse Francesco sforza era stato commissionato dal figlio Ludovico il Moro a Leonardo da Vinci. In seguito la tipologia equestre avecva continuato ad interessare gli oppositori franciosanti, giunti al potere nel 1499. Questi ultimi avrebbero volentieri coronato d'una statua il mausoleo milanese dedicato a Gian Giacomo Trivulzio: il carattere signorile del ritretto era parlo loro un suggello appropriato al rovesciamneto politico di Ludovico Il Moro. Anche questo progetto fu però definitivamente accantonato dopo il rientro degli Sforza. Era dunque sintomatico del mutato scenario quando nel 1549 scriveva lo stesso Leoni, chiamato da Ferrante I Gonzaga, allora governatore di Milano, ad elaborare un monumento a Carlo V nel contesto delle rinnovate fortificazioni e dei nuovi fulcri monumentali del capoluogo, da poco divenuto Impero. Il ritrovato confronto tra gli imperatori antichi induceva a riservare loro la gradazione massima equestre e la possibilità delll'autocelebrazione, introducendo un canone antico
Mario Botta è un architetto e scultore svizzero di origini italiane. Dopo la scuola dell'obbligo entra a 15 anni come apprendista disegnatore presso lo studio di architettura di Luigi Camenisch e Tita Carloni a Lugano e all'età di 18 anni... more
Mario Botta è un architetto e scultore svizzero di origini italiane. Dopo la scuola dell'obbligo entra a 15 anni come apprendista disegnatore presso lo studio di architettura di Luigi Camenisch e Tita Carloni a Lugano e all'età di 18 anni realizza la sua prima costruzione (casa parrocchiale di Genestrerio) 1961-63. Frequenta il Liceo Artistico a Milano e prosegue gli studi all'Istituto Universitario d'Architettura di Venezia tra il 1964 e il 1969. Nel 1970 apre il proprio studio di architettura a Lugano, nella cui regione realizza un gran numero di residenze unifamiliari e piccoli interventi che lo rendono internazionalmente noto. Dal 2011, lo studio Mario Botta Architetti si è trasferito a Mendrisio dove continua attivamente ad occuparsi di progetti su scala nazionale e internazionale, partecipando anche a prestigiosi concorsi. La sua architettura, molto influenzata da Le Corbusier, Carlo Scarpa e Louis Kahn, risulta caratterizzata da un notevole pragmatismo e dalla creazione di uno spazio architettonico forte e geometrico, spesso rivestito di mattoni in cotto edificati con un attento disegno del particolare architettonico. Sono caratteristici della sua architettura l'utilizzo del mattone e della pietra e gli edifici costituiti da volumi puri, tagliati e traforati da grandi spaccature, tra i quali gli edifici a cilindro tronco che trovano la prima realizzazione nella chiesa di San Giovanni Battista a Mogno e il successivo sviluppo nella Cattedrale di Évry, presso Parigi. Partendo dalle prime realizzazioni di case unifamiliari in Canton Ticino, il suo lavoro ha abbracciato molte tipologie edilizie: scuole, banche, edifici amministrativi, biblioteche, musei ed edifici di culto. Dall'inizio della sua carriera, il suo lavoro è stato riconosciuto e premiato a livello internazionale, oltre ad essere presentato in numerose mostre e pubblicazioni. Considerato un rappresentante di quella che viene talvolta chiamata la scuola ticinese di architettura, nel 1996, è tra i fondatori dell'Accademia di architettura di Mendrisio, dove tuttora insegna e ha ricoperto la carica di direttore.
Leonardo da Vinci (15 aprile 1452-2 maggio 1519) Leonardo di ser Piero da Vinci è stato un inventore, artista e scienziato italiano. Uomo d'ingegno e talento universale del Rinascimento, considerato uno dei più grandi geni dell'umanità,... more
Leonardo da Vinci (15 aprile 1452-2 maggio 1519) Leonardo di ser Piero da Vinci è stato un inventore, artista e scienziato italiano. Uomo d'ingegno e talento universale del Rinascimento, considerato uno dei più grandi geni dell'umanità, incarnò in pieno lo spirito della sua epoca, portandolo alle maggiori forme di espressione nei più disparati campi dell'arte e della conoscenza: fu infatti scienziato, filosofo, architetto, pittore, scultore, disegnatore, trattatista, scenografo, matematico, anatomista, botanico, musicista, ingegnere e progettista.
Gillo Dorfles, all'anagrafe Angelo Eugenio Dorfles è stato un critico d'arte, pittore, filosofo e accademico italiano. Professore di Estetica presso le università di Milano, di Cagliari e di Trieste, nel 1948 fondò, insieme ad Atanasio... more
Gillo Dorfles, all'anagrafe Angelo Eugenio Dorfles è stato un critico d'arte, pittore, filosofo e accademico italiano. Professore di Estetica presso le università di Milano, di Cagliari e di Trieste, nel 1948 fondò, insieme ad Atanasio Soldati, Galliano Mazzon, Gianni Monnet e Bruno Munari, il Movimento per l'arte concreta, del quale contribuì a precisare le posizioni attraverso una prolifica produzione di articoli, saggi e manifesti artistici. Per tutti gli anni cinquanta prende parte a numerose mostre del MAC, in Italia e all'estero: espone i suoi dipinti alla Libreria Salto di Milano nel 1949 e nel 1950 e in numerose collettive, tra le quali la mostra del 1951 alla Galleria Bompiani di Milano, l'esposizione itinerante in Cile e Argentina nel 1952, e la grande mostra "Esperimenti di sintesi delle arti", svoltasi nel 1955 nella Galleria del Fiore di Milano. Nel 1954 risulta componente di una sezione italiana del gruppo ESPACE. Nel 1956 diede il suo contributo alla realizzazione dell' Associazione per il disegno industriale. Si dedicò quindi in maniera pressoché esclusiva all'attività critica sino a metà degli anni ottanta. Solo nel 1986, con la personale presso lo Studio Marconi di Milano, tornò a rendere pubblica la propria produzione pittorica, che ha coltivato anche negli anni successivi. Considerevole è stato il suo contributo allo sviluppo dell'estetica italiana del dopoguerra, a partire dal Discorso tecnico delle arti (1952), cui hanno fatto seguito tra gli altri Il divenire delle arti (1959) e Nuovi riti, nuovi miti (1965). Nelle sue indagini critiche sull'arte contemporanea Dorfles si è sovente soffermato ad analizzare l'aspetto socio-antropologico dei fenomeni estetici e culturali, facendo ricorso anche agli strumenti della linguistica. È autore di numerose monografie su artisti di varie epoche (Bosch, Dürer, Feininger, Wols, Scialoja); ha inoltre pubblicato due volumi dedicati all'architettura (Barocco nell'architettura moderna, L'architettura moderna) e un famoso saggio sul disegno industriale (Il disegno industriale e la sua estetica, 1963). Dorfles è il primo, già nel 1951, a vedere tendenze barocche nell'arte moderna (il concetto di neobarocco sarà poi concettualizzato nel 1987 da Omar Calabrese) riferendole all'architettura moderna in: Barocco nell'architettura moderna .
Giuseppe Arcimboldo, come è nominato in diversi documenti d'archivio, è stato un pittore italiano del periodo manierista, noto soprattutto per le "Teste Composte", ritratti burleschi eseguiti combinando tra loro, in una sorta di... more
Giuseppe Arcimboldo, come è nominato in diversi documenti d'archivio, è stato un pittore italiano del periodo manierista, noto soprattutto per le "Teste Composte", ritratti burleschi eseguiti combinando tra loro, in una sorta di trompe-l'oeil, oggetti o elementi dello stesso genere (prodotti ortofrutticoli, pesci, uccelli, libri, ecc.) collegati metaforicamente al soggetto rappresentato, in modo da sublimare il ritratto stesso. L'episodio decisivo della vita e della carriera di Arcimboldo: la sua partenza, nel 1562, alla volta di Vienna, invitato a corte dal principe (e futuro imperatore) Massimiliano II d'Asburgo. Nella capitale austriaca Giuseppe «... fu molto benvoluto e accarezzato da Massimiliano, et raccolto con grande umanità, et con honorato stipendio...» Nonostante la fama internazionale presto raggiunta, il catalogo delle opere di Arcimboldo a noi pervenuto è piuttosto scarno; esso si incentra in larga misura sulle famose "Teste Composte", fisionomie grottesche ottenute attraverso bizzarre combinazioni di una straordinaria varietà di forme viventi o di cose. Le sue opere più celebri sono in effetti le otto tavole di contenute dimensioni raffiguranti, in forma di ritratto allegorico, le quattro stagioni (Primavera, Estate, Autunno e Inverno) e i quattro elementi della cosmologia aristotelica (Aria, Fuoco, Terra, Acqua). Le otto allegorie-in ognuna delle quali si ammira la cura lenticolare dei particolari di evidente ascendenza nordica e la varietà cromatica della sua brillante tavolozza-furono pensate per fronteggiarsi a coppie sulle pareti della residenza imperiale, ogni stagione rivolta ad un elemento, secondo quelle corrispondenze tra microcosmo e macrocosmo care alla filosofia di Aristotele. Ad esempio Rodolfo II d'Asburgo è rappresentato nelle vesti del dio romano Vertumno , dio delle mutazioni stagionali. Il quadro simboleggia il ruolo dell'imperatore come sintesi del creato ed emblema dell'uomo microcosmo. Arcimboldo non fu solo pittore di corte: alla sua cultura umanistica ed alla sua creatività l'imperatore si affidò anche per l'organizzazione delle mascherate, dei giochi e cortei fantastici che allietavano la vita cortigiana. Memorabili furono, sotto questo profilo, le nozze dell'arciduca Carlo II d'Austria con Maria Anna di Wittelsbach, nelle quali Arcimboldo ebbe un ruolo di grande inventore e regista dei fasti nuziali.
Severo Pozzati, noto anche con lo pseudonimo di Sepo è stato un pubblicitario, pittore e scultore italiano. Attivo sia in Francia che in Italia è stato uno dei più importanti cartellonisti pubblicitari della prima metà del Novecento. In... more
Severo Pozzati, noto anche con lo pseudonimo di Sepo è stato un pubblicitario, pittore e scultore italiano. Attivo sia in Francia che in Italia è stato uno dei più importanti cartellonisti pubblicitari della prima metà del Novecento. In particolare, è stato uno degli artisti che ha determinato il passaggio dalla funzione tendenzialmente decorativa del manifesto, tipica del caposcuola Cappiello, a quella più attenta alla comunicazione. Ha contribuito a fissare i moduli caratteristici del cartellone pubblicitario Art déco. I primi manifesti risentono dell'influenza di Leonetto Cappiello, che all'apoca era il punto di riferimento per molti cartellonisti: colori piatti, grafica essenziale, punto prospettico dal basso verso l'alto. Tuttavia è sempre in questi anni che Cappiello, per tenere il passo con i tempi inizia a lasciarsi influenzare dalle avanguardie nel campo
Suddivisioni del Palazzo Ducale dal 1763 al 1896 • 1763 da Francesco III d’Este a Filippo di Borbone: continua ad essere abitazione (15 anni di regno) • La II vedova Gonzaga Carlotta Holstein si era ritirata in altri luoghi in Moravia •... more
Suddivisioni del Palazzo Ducale dal 1763 al 1896

• 1763 da Francesco III d’Este a Filippo di Borbone: continua ad essere abitazione (15 anni di regno)
• La II vedova Gonzaga Carlotta Holstein si era ritirata in altri luoghi in Moravia
• Nel periodo dei Borbone il palazzo era Zecca (la monetazione era realizzata a Parma), la Camera di Residenza della Comunità (palazzo occupato dal Governatore), Compusteria Reale (ragioneria dell’amministrazione borbonica), Magazzino della Reale Camera Ducale (figura giuridica che in Ancieme Regime era titolare di tutti i beni dello Stato), l’Appartamento del Custode del Palazzo (stipendiato dalla Reale Camera Ducale, quindi assegnatario di un alloggio per ragioni d’ufficio). Al II piano si trovano le Camere del governatore del palazzo (il marchese Sforziatti) oltre alle numerose stanze dedicate alla servitù, camere godute dall’Ufficiale degli Arcieri (svolge il suo servizio a favore della duchessa Teodora). Gli appartamenti di Teodora erano distribuiti sui tre piani del Palazzo-. Piano terra: occupato dal Bacchi, computista di Teodora; piano nobile: appartamento della Ser. Ma l’appartamento del Sig. Conte Caracci; appartamento giallo, sul cortile civile e sui Pomi Granati. Sono vuoti; piano II: camere godute da una dama della fu Ser. Ma e camere della contessa Rados
• Dalla Repubblica francese al Regno Italico 1802 – 1806 con l’intermezzo di Paolina Bonaparte: morte di Ferdinando di Borbone nel 1802: amministrazione del Moreau de Saint Mery. Sopravvivono pochi documenti dell’epoca.
• Palazzo Ducale con l’avvento di Napoleone: Palazzo Nazionale (il popolo è il nuovo sovrano)
• Palazzo nel 1806 è bene statale
• L’edificio non è solo sede di uffici ma presenta anche degli abitanti (Balesini, Branchini; Veneri, Gualdi e Negri): per questi era un’attività legata al commercio urbano o all’attività di imprenditori agrari che alcuni di questi esercitavano.
• Convivono poi nel Palazzo Nazionale abitazioni ed ambienti utilizzati a scopo commerciale in stato embrionale, ma preparatorie a quello che sarà poi l’uso e la destinazione d’uso degli anni successivi.
• Dopo la morte di Sforziatti (governatore) che era marchese (1803) si cerca di vendere parte del territorio guastallese.
• Paolina Bonaparte non ha mai transitato né abitato il Palazzo Ducale.
• Il Regno Italico 1806 – 1814: dal 1806 al 1814 il Palazzo appartiene allo Stato Italico.
• Gli anni di Maria Luigia (1814 – 1848): il rinnovato Stato dei ducati di parma, Piacenza e Guastalla che ebbero effetto dopo la Restaurazione (la Restaurazione in realtà fu più un contraddittorio cammino verso la contemporaneità)
• Dal 1815 al 1816 (post Congresso di Vienna): l’Intendenza Generale del patrimonio dello Stato affitterà all’Intendenza Generale delle Finanze (pian terreno: ambienti ceduti all’Amministrazione Generale delle Finanze per stabilire gli Uffici della Dogana di Guastalla)
L’appartamento di Teodora al piano nobile non subisce delle modifiche. Piano terra: Uffici della Direzione delle Finanze, Gabinetto del Direttore delle Finanze, Camera del segretario e scrittori del suddetto signore, Camerino, Camera d’ingresso, Camera del cassiere dei sali e Tabacchi, Ufficio principale della Dogana, Camerino per la cassa delle dogane del Guastallese, Camerino Rustico, Piccolo Magazzino per i Salumi, Grande Magazzino dei tabacchi, Pozzo comune per tutti gli abitanti del Palazzo
Araldica gonzaghesca e non solo: breviario sugli stemmi dei Gonzaga di Guastalla ed in excursus altri stemmi.
L<'Olli' Leo11ì 1111cq11c• ì11tomo al 1509; «aretino» lo dice il \ las,1rì, e cosi si f ìrma c·gli stesso nelle s11e opere e nei docu ·11,·111ì, m,·11/rc· 11011 si sa s11 che cosa poggi la p11r antica affer- 111< 1.􀌆io111' di Paolo... more
L<'Olli' Leo11ì 1111cq11c• ì11tomo al 1509; «aretino» lo dice il
\ las,1rì, e cosi si f ìrma c·gli stesso nelle s11e opere e nei docu
·11,·111ì, m,·11/rc· 11011 si sa s11 che cosa poggi la p11r antica affer-
111< 1.􀌆io111' di Paolo 1\forigìa ( 1595) che lo indicfl come nativo
clì i\lenaggio s11/ lago di Como.
Lr.· prime: 1101i::.h· SII di lui ci vengono dfl una Sllfl lettera del/',,
prile ,frl 15]7, i11diriuflla fl Pietro Aretino, suo più o meno
lo111a110 parente: r: a Padovfl, forse ospite del Bembo, e sta co-
11ù1111/o d11e mNlaglie, 111/fl del Bembo l'altra di Isabella moglie
1ì Fam11/e Sa11se11eri110. Di c111'flllere violento e permaloso si
sco11tr,1 f i11 da ora con il Ce/lini, di passaggio a Padova ed in
ogni umo s110 degno avversario e rivale, essendosi risentito
pa la ge11aosillÌ co11 cui il Bembo l'ha accolto e ricompensato
di 1111,1 ml'tiaglia pa /11i eseguila. Alla fine dello stesso anno
<' a Roma, i11laglialore della Zecca, con moglie, figlio (Pompeo
aa 11ato verso il 153]) e grave carico di parenti. Si sa di una
/ife• viole11ta in Camera Apostolica con il Ce/lini che nella
« \ lit,1 » accusa esplicitamente Leone di flver partecipato ad un
compio/lo ordito per ucciderlo. E si potrflnno subito flggiungere
rnl suo conto lo sfregio gmve iuferlo nel '40 al tedesco Pellegrino
di Leali, gioielliere del Papfl, per il quale sarà condannalo
prima al taglio della mano destra poi, per intercessione di
prelllti amici, ai lavori forzati rnlle gfllere pontificie; il tentalo
assflssinio 11el '45, per mezzo di 1111 sicario, di 1111 lavorante;
/'aggressione proditoria, nella SIia stessa casa e per oscure ragioni,
11el '59 fld Orazio \I ecellio, figlio di Tizifl110, con il quale
era in rapporti amichevoli; episodi che nella elastica morale del
lempo ri11scim11110 a trovare indulgenza in virtù del prestigio
dell'arlista e delle amicizie influenti.
L,beralo a Genova 11el '41 dai lavori forzati da Andrea Doria,
Leone p1mò a Mi/0110, sollo la protezione del governatore
Francesco D'Avalos, con la carica di maestro della Zecca. Fu il
rncccssore del D'Avalos, morto nel '46, cioè Ferrante Gonzaga,
,, creare la situazione che diede 1111 n11ovo corso fllla vita e allfl
allivitrì di Leone: volendo onomre Carlo V con 11n'opern a Milano,
gli chiese 1111 progello e trasmettendolo poi fll Granvelle,
polente ministro di Carlo V, favori il riallacciarsi dei mpporti
fra q11est'11/1i1110 e Leone chl' lo dovev11 aver già conosci11to,
forse a Padova. Ne seguì 1111 invi/o ti raggiungere la Corte a
Dr11xl'iles, cosa che Leone, per le vicende della guerm in atto,
fece solo nel '49 assic1m111dosi però cosi pro11/11111ente i favori
della famiglia imperiri/e con le rne opere da ricevere il titolo
d, "cavaliere cesareo» e privilegi nobiliari. Nello stesso 1111110,
desideroso di "levar di questi p11l'si i11h11ma11i et diformi dfl nostri costumi /111110 q11111110 i il butiro dalla Birra che tracflnnno
cosi bcsti11l111e11te » ( COI/Il' ehbl' rt scrivere 11 Ferrante Gonw11,11)
poté ritornare II Mil,1110, carico rii commissioni di statue
11
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e busti della famiglia imperiale che lo tennero occupato O lun go. 􀌇elle Fiandre dovette tornare ancora una volia nel ,51
nef 56 pa accompagnarvi insieme al figlio Pompeo le O e,; g,a compiute, ma qua􀌈do si profilò la necessità di segui,: la Corte III Spagna, rz11sc1 a passare /'incarico al figlio che si era formato sotto l􀌉 sua gu􀌊da e già lo aveva seguito giovanissimo
nd v1agg10 del 49. Cosz mentre Pompeo, fin dal '51 al servizio
del Granvelle. a Innsbruck, passava in Spagna al servizio della .reggente . Gwvanna, e con buona provvigione, Leon e si stabdzva def1111t1vamen/e a Milano, nella casa che dopo il '65 rifatta radicalmente, divenne la 'casa degli Omenoni', teslimo'. manza prepotente de, gusti e della posizione sociale ed economica
raggiunta da Leone che vi raccolse una collezione di calchi delle più famose opere antiche e di splendide opere moderne
( fra queste erano alcune celebri tele del Correggio e le carte di Leonardo di cui era venuto in possesso Pompeo e delle quali fece poi gran commercio).
Mentre Leone continuava a lavorare a Milano per i Gonxaga,
per il Papa Pio IV, per la Zecca, Pompeo si assicurava rapidamente
i favori della Corte in Spagna. Nel '58 era stato incriminato
di luteranesimo dal Tribunale de/l'Inquisizione, ma
era riuscito a cavarsela con un anno di ritiro in zm convento
( è documentato l'interessamento personale di Carlo V che dal
suo ritiro nel monastero di San Giusto nell'Estremadura sollecitò
notizie e informazioni circa l'accusa).
Completata la definitiva rinettat11ra delle staflle in bronzo già
eseguite dal padre a Milano e portati a termine diversi pezzi in
marmo che Leone aveva probabilmente solo abbozzato, Pompeo
si accinse alle statue funebri in marmo di Giovanna d'Austria,
dell'Inquisitore Valdés, del Cardinale Diego de Espinoza. Ma
quando nel '79 ebbe l'incarico da Filippo II delle grandi figure
di Santi in bronzo dorato per il retablo maggiore della chiesa
dell'Escorial, dovette ricorrere alla esperienza di Leone nel gettare
in bronzo statue di co-sì vaste dimensioni.
Pompeo allora ritornò a Milano e dal/' '82 ali' '89 padre e figlio
lavorarono affiancati, spedendo le statue in Spagna via
via che venivano colate in bronzo. Nel settembre del '90,
q11a11do Leone da pochi mesi era morto a Milano, le 11/time
stallie venivano collocate al loro posto alla presenza di Filip po
II e di tutta la Corte. Subito dopo Pompeo riceveva la
commissione dei grandi ma11solei imperiali dell'Escorial, da
eseguire a Madrid perché Filippo Il e il figlio potessero avere
il piacere di seguire i lavori. Furono portati a termine con ala􀌋 crità veramente st11peface,nte e con la collabora zione dz d,vem
aiuti per quanto riguardava le parti secondarie ( Ira cui Mz: guel, figlio di Pompeo) prima della morte di Filippo II, c,oe
nel 1598. Pompeo rimase poi in Spagna e vi morì nel 1608.
L<'Olli' Leo11ì 1111cq11c• ì11tomo al 1509; «aretino» lo dice il \ las,1rì, e cosi si f ìrma c·gli stesso nelle s11e opere e nei docu ·11,·111ì, m,·11/rc· 11011 si sa s11 che cosa poggi la p11r antica affer- 111< 1.􀌆io111' di Paolo... more
L<'Olli' Leo11ì 1111cq11c• ì11tomo al 1509; «aretino» lo dice il
\ las,1rì, e cosi si f ìrma c·gli stesso nelle s11e opere e nei docu
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clì i\lenaggio s11/ lago di Como.
Lr.· prime: 1101i::.h· SII di lui ci vengono dfl una Sllfl lettera del/',,
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1ì Fam11/e Sa11se11eri110. Di c111'flllere violento e permaloso si
sco11tr,1 f i11 da ora con il Ce/lini, di passaggio a Padova ed in
ogni umo s110 degno avversario e rivale, essendosi risentito
pa la ge11aosillÌ co11 cui il Bembo l'ha accolto e ricompensato
di 1111,1 ml'tiaglia pa /11i eseguila. Alla fine dello stesso anno
<' a Roma, i11laglialore della Zecca, con moglie, figlio (Pompeo
aa 11ato verso il 153]) e grave carico di parenti. Si sa di una
/ife• viole11ta in Camera Apostolica con il Ce/lini che nella
« \ lit,1 » accusa esplicitamente Leone di flver partecipato ad un
compio/lo ordito per ucciderlo. E si potrflnno subito flggiungere
rnl suo conto lo sfregio gmve iuferlo nel '40 al tedesco Pellegrino
di Leali, gioielliere del Papfl, per il quale sarà condannalo
prima al taglio della mano destra poi, per intercessione di
prelllti amici, ai lavori forzati rnlle gfllere pontificie; il tentalo
assflssinio 11el '45, per mezzo di 1111 sicario, di 1111 lavorante;
/'aggressione proditoria, nella SIia stessa casa e per oscure ragioni,
11el '59 fld Orazio \I ecellio, figlio di Tizifl110, con il quale
era in rapporti amichevoli; episodi che nella elastica morale del
lempo ri11scim11110 a trovare indulgenza in virtù del prestigio
dell'arlista e delle amicizie influenti.
L,beralo a Genova 11el '41 dai lavori forzati da Andrea Doria,
Leone p1mò a Mi/0110, sollo la protezione del governatore
Francesco D'Avalos, con la carica di maestro della Zecca. Fu il
rncccssore del D'Avalos, morto nel '46, cioè Ferrante Gonzaga,
,, creare la situazione che diede 1111 n11ovo corso fllla vita e allfl
allivitrì di Leone: volendo onomre Carlo V con 11n'opern a Milano,
gli chiese 1111 progello e trasmettendolo poi fll Granvelle,
polente ministro di Carlo V, favori il riallacciarsi dei mpporti
fra q11est'11/1i1110 e Leone chl' lo dovev11 aver già conosci11to,
forse a Padova. Ne seguì 1111 invi/o ti raggiungere la Corte a
Dr11xl'iles, cosa che Leone, per le vicende della guerm in atto,
fece solo nel '49 assic1m111dosi però cosi pro11/11111ente i favori
della famiglia imperiri/e con le rne opere da ricevere il titolo
d, "cavaliere cesareo» e privilegi nobiliari. Nello stesso 1111110,
desideroso di "levar di questi p11l'si i11h11ma11i et diformi dfl nostri costumi /111110 q11111110 i il butiro dalla Birra che tracflnnno
cosi bcsti11l111e11te » ( COI/Il' ehbl' rt scrivere 11 Ferrante Gonw11,11)
poté ritornare II Mil,1110, carico rii commissioni di statue
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e busti della famiglia imperiale che lo tennero occupato O lun go. 􀌇elle Fiandre dovette tornare ancora una volia nel ,51
nef 56 pa accompagnarvi insieme al figlio Pompeo le O e,; g,a compiute, ma qua􀌈do si profilò la necessità di segui,: la Corte III Spagna, rz11sc1 a passare /'incarico al figlio che si era formato sotto l􀌉 sua gu􀌊da e già lo aveva seguito giovanissimo
nd v1agg10 del 49. Cosz mentre Pompeo, fin dal '51 al servizio
del Granvelle. a Innsbruck, passava in Spagna al servizio della .reggente . Gwvanna, e con buona provvigione, Leon e si stabdzva def1111t1vamen/e a Milano, nella casa che dopo il '65 rifatta radicalmente, divenne la 'casa degli Omenoni', teslimo'. manza prepotente de, gusti e della posizione sociale ed economica
raggiunta da Leone che vi raccolse una collezione di calchi delle più famose opere antiche e di splendide opere moderne
( fra queste erano alcune celebri tele del Correggio e le carte di Leonardo di cui era venuto in possesso Pompeo e delle quali fece poi gran commercio).
Mentre Leone continuava a lavorare a Milano per i Gonxaga,
per il Papa Pio IV, per la Zecca, Pompeo si assicurava rapidamente
i favori della Corte in Spagna. Nel '58 era stato incriminato
di luteranesimo dal Tribunale de/l'Inquisizione, ma
era riuscito a cavarsela con un anno di ritiro in zm convento
( è documentato l'interessamento personale di Carlo V che dal
suo ritiro nel monastero di San Giusto nell'Estremadura sollecitò
notizie e informazioni circa l'accusa).
Completata la definitiva rinettat11ra delle staflle in bronzo già
eseguite dal padre a Milano e portati a termine diversi pezzi in
marmo che Leone aveva probabilmente solo abbozzato, Pompeo
si accinse alle statue funebri in marmo di Giovanna d'Austria,
dell'Inquisitore Valdés, del Cardinale Diego de Espinoza. Ma
quando nel '79 ebbe l'incarico da Filippo II delle grandi figure
di Santi in bronzo dorato per il retablo maggiore della chiesa
dell'Escorial, dovette ricorrere alla esperienza di Leone nel gettare
in bronzo statue di co-sì vaste dimensioni.
Pompeo allora ritornò a Milano e dal/' '82 ali' '89 padre e figlio
lavorarono affiancati, spedendo le statue in Spagna via
via che venivano colate in bronzo. Nel settembre del '90,
q11a11do Leone da pochi mesi era morto a Milano, le 11/time
stallie venivano collocate al loro posto alla presenza di Filip po
II e di tutta la Corte. Subito dopo Pompeo riceveva la
commissione dei grandi ma11solei imperiali dell'Escorial, da
eseguire a Madrid perché Filippo Il e il figlio potessero avere
il piacere di seguire i lavori. Furono portati a termine con ala􀌋 crità veramente st11peface,nte e con la collabora zione dz d,vem
aiuti per quanto riguardava le parti secondarie ( Ira cui Mz: guel, figlio di Pompeo) prima della morte di Filippo II, c,oe
nel 1598. Pompeo rimase poi in Spagna e vi morì nel 1608.
La Zecca Ducale a Guastalla - Mostra numismatico documentaria 26 - 27 settembre 1982 a cura dell' Amministrazione comunale e Biblioteca Maldotti
● La statua di Ferrante I Gonzaga: una commissione cesarea per Leone Leoni ● The statue of Ferrante I Gonzaga: a Caesarean commission for Leone Leoni Sommario ● Introduzione ● Capitolo 1 – Ferrante I Gonzaga: un guerriero e un... more
● La statua di Ferrante I Gonzaga: una commissione
cesarea per Leone Leoni 
● The statue of Ferrante I Gonzaga: a Caesarean commission for Leone Leoni


Sommario


● Introduzione


● Capitolo 1 – Ferrante I Gonzaga: un guerriero e un diplomatico alla corte di Carlo V d’Asburgo
● Capitolo 2 – La statua di Ferrante I Gonzaga che trionfa sull’invidia e sulla calunnia
● Capitolo 3 – Leone e Pompeo Leoni, una collaborazione tra scultori e medaglisti
● Capitolo 4 – Contesto storico-culturale: i Gonzaga di Guastalla durante l’impero di Carlo V d’Asburgo
● Conclusioni
● Bibliografia
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Introduzione
Il presente contributo intende porre la realizzazione del monumento di Ferrante I che trionfa sopra l’invidia e la calunnia, messa in atto dai discendenti dell’effigiato Ferrante I Gonzaga, tra il 1560 ed il 1594, in relazione con le altre iniziative artistiche della famiglia. (….)
Ferrante I Gonzaga è un personaggio di straordinario rilievo, riconosciuto tale in una cospicua bibliografia, ma non completamente afferrabile nella sua essenza, per certi versi misteriosa ed inintelligibile. L’uomo d’arme e l’uomo politico si fondono e intersecano in un ambito che antropologicamente presenta quello che possiamo senza dubbio definire un protagonista del suo tempo e della condizione che era data di vivere in quel Cinquecento onusto di splendori ma anche pervaso da una strisciante, sottile ma dirompente mistificazione e dietrologia che oggi, agli occhi degli indagatori e degli studiosi, si presenta come elemento dissonante, leggendo il quale non è sempre possibile trarre certezze e verità. Come dire che Ferrante Gonzaga era anche ciò che non manifestava apertamente, e che congiure, oscure strategie politiche, risentimenti e odi feroci, mendacio e capziosità erano nel suo quotidiano un percorso frequentato assiduamente. Tutto ciò non è però  imputabile al solo cadetto della grande famiglia che reciterà per quattrocento anni (dal XIV al XVIII secolo) una commedia infinita sul palcoscenico italiano ed europeo, ma alla condizione generale del “principe” rinascimentale, sempre pronto a sacrificare sull’altare del potere ogni sentimento e fede e generoso afflato.