Alberto Maria Osenga

Commentando il mandato missionario di Gesù ai suoi discepoli (Mc 6,9) Beda il Venerabile scrive: “Chi possiede la parola della sapienza, ma trascura di donarla al prossimo, è come se tenesse il denaro chiuso nella cintura. Sta infatti scritto: Se la sapienza è nascosta e il tesoro è celato, quale utilità c’è in entrambi?”. Riflettendo infatti sulla sua esperienza ecclesiale, Beda si trova ad osservare un monachesimo impegnato in un vasto sforzo missionario, tutto teso a portare la gioia dell’annuncio evangelico a quei popoli della Germania che circa un secolo prima avevano invaso le isole britanniche.
Partendo da Beda l'articolo interroga il senso della missione nel mondo monastico, per affrontare poi l’esperienza di alcuni grandi monaci-missionari dell’VIII secolo, come Willibrordo, Lioba e Bonifacio e infine, dopo aver considerato quello che è forse l’apice di questo legame tra missionarietà e monachesimo, riflettere su ciò che è cambiato nel secolo successivo, con l’esperienza scandinava di Ansgario.

Il profondo legame dell’Irlanda alla sua storia è uno degli elementi che non solo ha e caratterizzato la sua letteratura, ma che ha fornito al suo popolo la capacità di raccogliere e ritrovare sempre nel fecondo campo del passato quegli elementi capaci di orientare al futuro.
La notte del 14 settembre del 1607, festa della Santa croce, Hugh O’ Neill e Rory O’ Donnel, conte di Tyrconnell, si imbarcarono da Rathmullan, nel fiordo di Lough Swilly (Irlanda del Nord), assieme a novantanove persone.
È in questo contesto che viene eretto il Collegio Francescano di Lovanio, luogo cardine per la trasmissione delle regole monastiche celtiche.

Quando ci addentriamo nel mondo delle Regole celtiche, cercando di coglierne le peculiarità, dobbiamo innanzitutto porci la domanda: Ma com’era il luogo in cui questa forma di vita veniva vissuta? Ricostruire con l’immaginazione i luoghi permette subito di individuare una delle caratteristiche principali di questi antichi testi.