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Da ormai duemila anni i Vangeli sono oggetto di studio, di preghiera, di critica. Il volume – giunto dopo numerose ristampe a una nuova edizione – parte dalla consapevolezza che, qualunque sia il motivo che oggi ci spinge a prenderli in... more
Da ormai duemila anni i Vangeli sono oggetto di studio, di preghiera, di critica. Il volume – giunto dopo numerose ristampe a una nuova edizione – parte dalla consapevolezza che, qualunque sia il motivo che oggi ci spinge a prenderli in esame, a parlarne ancora, la prima cosa da fare sia sempre e comunque leggerli. Lo scopo di queste pagine è fornire i punti di riferimento essenziali e alcuni percorsi di lettura, affinché chi lo desidera si possa orientare nel racconto di Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Il libro è la pubblicazione della tesi di dottorato, diretta dal prof. J.-N. Aletti e difesa al Pontificio Istituto Biblico nel 2005. Approfondisce il tema della fede nel Vangelo secondo Luca attraverso l’analisi di quattro pericopi in... more
Il libro è la pubblicazione della tesi di dottorato, diretta dal prof. J.-N. Aletti e difesa al Pontificio Istituto Biblico nel 2005. Approfondisce il tema della fede nel Vangelo secondo Luca attraverso l’analisi di quattro pericopi in cui ad essere definiti come credenti sono dei “personaggi minori”; la prospettiva ermeneutica scelta è quella dell’analisi narrativa o narratologia; il campo di indagine è costituito dai capitoli 4–9 del Vangelo.
Alla luce di queste precisazioni di metodo e di contenuto, la domanda che sta alla base della ricerca si può formulare così: perché Luca introduce dei personaggi credenti in questa sezione del suo Vangelo? L’interrogativo è duplice. Da una parte: in che senso questi personaggi minori sono credenti? Che cos’è la loro fede e com’è caratterizzata? Dall’altra parte: che rapporto c’è tra una tale fede e quanto di Gesù viene detto, domandato, capito o frainteso? Cioè: in Lc 4–9 che rapporto c’è tra la fede e la cristologia?
I brani approfonditi sono: Lc 5,17-26; 7,1-10; 7,36-50; 8,40-56.
Le conclusioni sono le seguenti. In primo luogo: per quel che riguarda il contenuto della fede (com’è caratterizzata) troviamo molta diversità, ognuno degli episodi studiati fa parte a sé. E comunque nessuno corrisponde alla definizione di massima che si può desumere dal libro degli Atti: non c’è traccia di un cammino di adesione alla persona o al messaggio di Gesù, né di conversione o perseveranza nella testimonianza. In secondo luogo, guardando invece al rapporto con la cristologia si può notare un percorso; Luca delinea infatti un progressivo cambiamento di priorità: di brano in brano, va gradualmente in ombra il discorso più strettamente cristologico (rivelazione dell’identità di Gesù) mentre invece acquista luminosità il tema della fede. La fede non è la tematica principale nei capitoli 4–9 di Luca, questo posto spetta alla cristologia; però Gesù stesso insinua progressivamente l’idea che, nella salvezza che porta, non è lui l’unico attore, sono chiamati in causa anche i destinatari della sua azione salvifica. Egli perdona, guarisce, risuscita, ma tutto ciò non senza la fede dei personaggi del racconto.
Dopo la parabola dell’amministratore scaltro (Lc 16,1-9), Luca raccoglie una serie di riflessioni di Gesù che da una parte continuano la medesima parabola, dall’altra introducono quella che seguirà, ossia la parabola del ricco e di... more
Dopo la parabola dell’amministratore scaltro (Lc 16,1-9), Luca raccoglie una serie di riflessioni di Gesù che da una parte continuano la medesima parabola, dall’altra introducono quella che seguirà, ossia la parabola del ricco e di Lazzaro (Lc 16,19-31). In questi versetti di passaggio, c’è un’espressione che nella storia
dell’interpretazione ha sempre fatto discutere (fin dalla tradizione manoscritta, che non è del tutto concorde): ὁ νόμος καὶ οἱ προφῆται μέχρι Ίωάννου. ἀπὸ τότε ἡ βασιλεία τοῦ θεοῦ εὐαγγελίζεται καὶ πᾶς εἰς αὐτὴν βιάζεται (Lc 16,16). Tale detto di Gesù ha in sé più di una questione da risolvere; noi ci soffermeremo sull’espressione πᾶς εἰς αὐτὴν βιάζεται, in particolare sulla traduzione del verbo βιάζω.
Contributo per gli Atti del XVII convegno di studi neotestamentari (Venezia, 14-16 settembre 2017), a cura di D. Garribba. A partire dalla seconda metà del secolo scorso il tema della costruzione del tempo è stato a lungo uno dei più... more
Contributo per gli Atti del XVII convegno di studi neotestamentari (Venezia, 14-16 settembre 2017), a cura di D. Garribba.
A partire dalla seconda metà del secolo scorso il tema della costruzione del tempo è stato a lungo uno dei più dibattuti della teologia di Luca-Atti; non solo: si può anche affermare che la costruzione del tempo in Luca-Atti è stato a lungo uno dei temi più dibattuti della teologia del Nuovo Testamento nel suo insieme. Sono gli anni in cui si sviluppa la Redaktionsgeschicte, e il fatto che l’evangelista Luca abbia scritto gli Atti degli Apostoli attira l’attenzione su di lui;  raccontando “la prima storia del cristianesimo”,  infatti, ha non solo guardato in una prospettiva diversa la parusia, ma anche – a cascata – rimesso in discussione tutta una serie di questioni correlate, come l’etica, il rapporto Chiesa-società, la missione, lo Spirito, la tradizione, il rapporto tra Chiesa e Regno e tra Chiesa e Israele…
Si capisce bene, dunque, come nella seconda metà del XX secolo il nostro tema sia stato studiato tantissimo.
Nella prima parte del lavoro ci soffermeremo a guardare questo periodo, che ruota tutto attorno ad una certa impostazione del problema; in un secondo momento esploreremo invece soluzioni alternative, che mettono in luce – a partire dalla fine del secolo scorso – aspetti della questione che rimanevano fuori dalla ricerca precedente. Infine, guarderemo all’argomento dal punto di vista che il nostro convegno si è posto, e cioè che cosa la costruzione del tempo ci permette di intuire della comunità che ha dato origine all’opera di Luca.
Intervento alla XXXVIII Settimana di Studio dell'Associazione Professori di Liturgia, Capaccio 30 agosto-3 settembre 2010
Many interpretations have been given to Paul’s words in Acts 17, interpretations which, as we have seen at the beginning, are not seldom conflicting with one another. The greater problem, in my opinion, is that too often the single... more
Many interpretations have been given to Paul’s words in Acts 17, interpretations which, as we have seen at the beginning, are not seldom conflicting with one another. The greater problem, in my opinion, is that too often the single affirmations are read by comparing them with one or another ancient philosopher. Sometimes the comparison is widened, calling into question some phrases taken from chapter 1-2 of the Letter to the Romans, but equally without putting them in its context. It is right to ask if Luke’s Paul is in tune or not with the Paul of Romans as regards his vision about the Gentile world, but it is misleading to do this without taking into consideration the individual affirmations in their context! In our case we have seen, for instance, that Acts 17 has no intention of opening a dialogue with ancient philosophy, arguing neither conflict nor sameness, and perhaps also the purpose of Rom 1-2 is not to express criticism against the Gentile world per se.
L'articolo approfondisce il personaggio di Abramo nel Vangelo secondo Luca. Conclusioni: L’Abramo di Luca non è quello di Paolo, ma neanche – da molti punti di vista – quello di Marco o di Matteo, e neppure quello degli Atti. Pur essendo... more
L'articolo approfondisce il personaggio di Abramo nel Vangelo secondo Luca.
Conclusioni: L’Abramo di Luca non è quello di Paolo, ma neanche – da molti punti di vista – quello di Marco o di Matteo, e neppure quello degli Atti. Pur essendo citato molte volte, nella maggior parte dei casi rimane sullo sfondo; da questo possiamo capire perché, nonostante la frequenza, non abbia attirato troppo gli interessi della ricerca biblica. Per farne un personaggio unico e importante bisogna semplificarne il ritratto; ma forse conviene accettare i limiti in cui l’ha posto l’evangelista. Fa la sua parte, e poi si ritira. Se a qualcuno dispiace questo suo ruolo fin troppo defilato, non ha che da attendere di continuare con il libro degli Atti, dove tornerà ad essere maggiormente sotto i riflettori in quanto destinatario di una promessa che si va compiendo.
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Contributo per la miscellanea in onore di J.-N. Aletti, Non mi vergogno del vangelo: https://play.google.com/store/books/details/Bianchini_Francesco_Non_mi_vergogno_del_Vangelo_po?id=UApwCQAAQBAJ Tra le tante interpretazioni della... more
Contributo per la miscellanea in onore di J.-N. Aletti, Non mi vergogno del vangelo: https://play.google.com/store/books/details/Bianchini_Francesco_Non_mi_vergogno_del_Vangelo_po?id=UApwCQAAQBAJ

Tra le tante interpretazioni della parabola cosiddetta “del figliol prodigo” o “del padre misericordioso” (Lc 15,1-32), ce ne sono due che attirano l’attenzione perché si distanziano chiaramente da tutte le altre. H. Denis approva il comportamento del figlio minore, che legge come un’immagine del Figlio di Dio fatto uomo, sulla scia dell’inno cristologico di Fil 2; J.A. Metzger invece difende il fratello maggiore, l’unico che ha capito il valore di un corretto uso dei beni. Un’analisi narrativa della parabola, con particolare attenzione a come Luca costruisce i personaggi, mostra invece che c’è un solo personaggio positivo (che esprime il punto di vista di Gesù) ed è il padre.
Il racconto di Zaccheo (Lc 19,1-10) mette a fuoco un discorso di priorità cronologica: Gesù va in casa di Zaccheo prima della conversione, quando questi è ancora a tutti gli effetti peccatore! Non pone affatto condizioni previe... more
Il racconto di Zaccheo (Lc 19,1-10) mette a fuoco un discorso di priorità cronologica: Gesù va in casa di Zaccheo prima della conversione, quando questi è ancora a tutti gli effetti peccatore! Non pone affatto condizioni previe all’incontro, neanche di tipo morale; e questo provoca la reazione negativa di tutti i presenti. L’incontro con Gesù non presuppone il cambiamento, ma lo produce; non è il risultato di un cammino (non era questo lo scopo di Zaccheo), ma il primo di una serie di passi.
Questa è la prassi di Gesù: resta una sua prerogativa o può essere assunta dalla Chiesa? Come fare in modo che sia ancora reso presente quel Gesù che entra nella casa di chi è a tutti gli effetti peccatore? Ossia, come coniugare oggi l’esigenza di una vita coerente con la fede celebrata e l’esempio di Gesù, che non pone condizioni all’incontro?
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Recensione su Biblica 97 (2016) 142-145