Svegliarsi a Hogwarts: che cos'è il «Reality shifting»

Chiudere gli occhi nella propria stanza e ritrovarsi a tavola con Harry Potter, Ron Weasley ed Hermione Granger: si chiama «Reality shifting» ed è un’esperienza, molto popolare su TikTok, che punta a spostare la coscienza in una dimensione immaginaria. Come racconta chi l’ha provato
Reality shifting svegliarsi a Hogwarts

Questo articolo è pubblicato sul numero 32-33 di Vanity Fair in edicola fino al 13 agosto 2024.

I millennial hanno aspettato per anni, senza successo, la lettera di ammissione a Hogwarts. La Gen Z ha deciso che non aveva bisogno di queste formalità: è in grado di svegliarsi nel mondo di Harry Potter (quasi) a piacimento. Magia? In un certo senso. Fantascienza? Un pizzico.

È il reality shifting, una tecnica che spopola su TikTok e che permette di spostare la propria coscienza da una dimensione all’altra, mentre il corpo si trova in uno stato intermedio tra il sonno e la veglia. E la «meta» preferita per questi «salti» è spesso l’universo creato da J.K. Rowling. Come tutti i fenomeni di internet, ha conosciuto delle ondate: affiorato nel 2018, riesploso nel 2020 – complice la pandemia –, adesso è di nuovo diffuso sull’app cinese. «Ricordo di essermi svegliata e avevo proprio la sensazione di essere dentro il castello», racconta Anastasia Parpaglioni. Nel 2020 Parpaglioni aveva 18 anni e si era avvicinata al mondo del reality shifting attraverso i social: anche per lei la sua desired reality, o Dr, come si dice in gergo, era Hogwarts, ma non ci sono limitazioni agli universi possibili in cui viaggiare. Le saghe di Twilight, di Descendants, il Marvel Cinematic Universe, o anche i manga come My Hero Academia: spulciando TikTok si trova un po’ di tutto. «Una cosa che mi è rimasta impressa è la sensazione del calore delle fiamme sui candelabri. Dicono di attaccarsi a un determinato senso per far funzionare la cosa, per molti ad esempio aiuta l’olfatto. C’è chi racconta di aver sentito profumo di biscotti», dice Parpaglioni.

Per «shiftare», il primo passo è redigere uno script il più dettagliato possibile, in cui descrivere come si è fatti nella realtà desiderata (colore dei capelli, aspetto fisico, talenti e capacità), chi sono i propri genitori e amici (per esempio: Draco Malfoy può essere il fidanzato) e così via. Poi, bisogna mettersi in un luogo tranquillo, e arrivare quasi sul punto di addormentarsi, mentre la mente studia lo scenario migliore. Ci sono diverse tecniche, elencate pure su wikiHow: il più semplice è il metodo «Raven», dove ci si sdraia sul letto e si respira lentamente contando all’indietro da 100 a 1. Un altro sistema è quello chiamato «Alice nel Paese delle Meraviglie»: ci si immagina seduti con la schiena contro il tronco di un albero, quando arriva all’improvviso una persona, che, come il Bianconiglio, condurrà chi vuole shiftare fino a una tana con una porticina. Una volta aperta, lo shifter precipiterà dentro la propria Dr. «Io usavo la tecnica della “stella marina”. Mi sdraiavo supina sul letto, stando attenta che nessuna parte del mio corpo ne toccasse un’altra, e poi contavo mentalmente. In teoria, arrivata a 200, dovevo essere così rilassata da riuscire a shiftare», ricorda Parpaglioni. Chi ha shiftato racconta che è durato sempre per pochi istanti.

Nel processo creativo che guida la mente all’interno dei numerosissimi universi a disposizione, chi shifta non fa che «recuperare tracce di memoria ed esperienze passate dirette o derivanti da film, libri, video- giochi o serie tv per costruire uno scenario nel quale immergersi», spiega Daniele Cavadini, psicoterapeuta del Quality Center Santagostino Psiche. Ognuno, insomma, ha i suoi trucchetti per predisporsi all’esperienza, ma l’obiettivo per tutti gli shifter è lo stesso, ovvero «cercare di provare nella realtà fisica le sensazioni che stiamo sperimentando nella dimensione immaginaria», specifica Cavadini.

Se viaggiare con la mente è una pratica che esiste da sempre, come fuga o ricerca della felicità, in che cosa si distingue dal reality shifting? Pur essendo un campo sondato ancora pochissimo dagli studi scientifici, tra le ipotesi più comuni c’è quella che «avere a disposizione online una quantità molto maggiore rispetto al passato di scenari di vita alternativi rende più semplice immaginare i mondi in cui immergersi, rendendoli alla portata di tutti», aggiunge Cavadini. Sostanzialmente, nel passato serviva un narratore, qualcuno che raccontasse queste dimensioni magiche con dovizia di dettagli, tanto da far fantasticare la mente di chi ascoltava. Per certi aspetti, su TikTok esiste ancora questo ruolo di storyteller: chi fa esperienza di shifting, infatti, la può condividere in modo istantaneo sulle piattaforme, permettendo agli utenti di aggiungere nuovi modi e spazi di immaginazione, come in una sorta di coaching. 

Il terreno dei social era già fertile grazie a un altro filone di tendenza: quello del WitchTok, l’angolo di internet dove rivivono, adattati al digitale, le streghe, i riti, e alcune pratiche come il manifesting, che suggerisce, per realizzare i propri desideri, di comportarsi come se si fossero già avverati. «Quello che colpisce è proprio questo mix di scienza, magia, passione per la fiction», osserva Valentina Tanni, storica dell’arte che ha analizzato l’estetica e i trend di internet nei libri Memestetica ed Exit reality (Nero edizioni). «Prendiamo la pratica dello scripting, lo sceneggiare dettagliatamente la realtà desiderata: sta a metà tra la narrazione e l’algoritmo, perché è come programmare un videogioco. Da un lato è uno strumento molto concreto, dall’altro è come un rituale magico». Gli appassionati di gaming riconosceranno una struttura simile a quella dei giochi di ruolo come Dungeons & Dragons, dove i partecipanti scrivono le storie dei loro personaggi. Il linguaggio dello shifting pesca dalla fisica: il passaggio da una realtà all’altra viene chiamato «salto quantico», come il salto degli elettroni da un livello di energia all’altro. «È il risultato di una generazione che fin dall’infanzia è bombardata da narrazioni sul multiverso. Tutta la cultura occidentale degli ultimi venti o trent’anni è ossessionata dai viaggi nel tempo, o dagli universi paralleli. I più giovani poi hanno la possibilità grazie a internet di approfondire in maniera quasi ossessiva e documentarsi», spiega Tanni.

Anche terminologie come «sogni lucidi» e «maladaptive daydreaming» (la fantasia a occhi aperti «patologica») sono particolarmente diffuse sul web, ma il reality shifting dovrebbe essere completamente diverso da un sogno lucido, perché nel secondo si ha la consapevolezza di star dormendo. La stessa Parpaglioni, della sua esperienza di shifting, osserva: «Facendo di mio già tantissimi sogni lucidi ora mi chiedo se è andata così o mi sono autosuggestionata». Qui sta il mistero più grande: «Puoi vedere decine di video di persone che raccontano di aver shiftato, ma non saprai mai se è successo», commenta Tanni.

Ma se nei mondi fantastici i pericoli sono annientati da deus ex machina dai poteri incredibili e incantesimi spezza-maledizioni, più difficile è gestire, nella vita reale, i rischi che derivano dallo shifting. «La possibilità è che la realtà in cui ci immergiamo ci piaccia troppo, portandoci a ridurre il tempo dedicato al funzionamento corretto di noi stessi, con la perdita di capacità emotiva e relazionale», dice Cavadini. E l’eventualità che si associ a una patologia è più alta in chi «ha una predisposizione per i fenomeni psicotici in cui perde contatto con la realtà, o in accompagnamento a un uso massiccio di sostanze psicotrope», puntualizza lo psicoterapeuta. La paura di distaccarsi del tutto dalla propria vita c’è, come confessa anche Anastasia Parpaglioni: «Però non ho mai superato quel limite». E a un certo punto, è tornata alla realtà.

Viene comunque da chiedersi perché la Gen Z senta la necessità di creare nuovi mondi in cui vivere e, addirittura, istruisca altri a farlo secondo regole e metodi. Sarà solo il bisogno di sognare, come ci racconta l’ex shifter Parpaglioni, o è indice che sono alla ricerca di qualcosa che fanno fatica a trovare nella quotidianità? «Il reality shifting è il prodotto perfetto di una generazione cresciuta con i videogiochi, tantissima fiction e internet. La stessa che però si è vista negare le promesse del futuro», spiega Tanni. «Non è solo escapismo, ma è anche questo: la necessità di staccarsi da una realtà che appare come un vicolo cieco».