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L E G G E D I STABILITÀ E F I N A N Z A P UBBLI CA I N I TA L I A a cura di Cosi mo M a g a z z i n o Gi a n Ce sa re R o m a g n o l i E C O N O M I A -zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONM Ricerche LEG G E D I STABILITÀ E F I N A N Z A P U B B LI CA I N I TA LI A zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA a cura di Cosimo Magazzino Gian Cesare Romagnoli I lettori che desiderano informarsi sui libri e le riviste da noi pubblicati possono consultare il nostro sito Internet:zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA www, francoanseli. it e iscriversi nella home page al servizio "Informatemi" per ricevere via e.mail le segnalazioni delle novità. Fr a t i co A n g e l i zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQP Questo volume è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre. Indice zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA pag. Premessa » hìixoAaz ione^, ài Gian Cesare Romagnoli 9 11 1. Politica economica esile e finanza pubblica pesante, di Gian Cesare Romagnoli 1. Introduzione 2. Stagnazione senza redistribuzione 3. Il cuneo fiscale e l'imposizione sugU irmuobili 4. Le speranze deluse 5. Dentro o fuori dall'euro? 6. Conclusioni Copyright ® 2014 by FranooAngeli s.r.l., Milano, Italy. Ristampa 0 12 3 4 5 6 7 8 9 Anno ' 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 L'opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d'autore. Sono vietate e sanzionate (se non espressamente autorizzate) la riproduzione in ogni modo e forma (comprese le fotocopie, la scansione, la memorizzazione elettronica) e la comunicazione (ivi inclusi a titolo esemplificativo ma non esaustivo: la distribuzione, l'adattamento, la traduzione e la rielaborazione, anche a mezzo di canali digitali interattivi e con qualsiasi modalità attualmente nota od in futuro sviluppata). 2. Obiettivi e contenuti della Legge di Stabilità nell'ambito della politica fiscale, di Gaetana Trupiano 1. Introduzione 2. Il Documento di economia e finanza 3. La Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 4. La Legge di Stabilità per il 2014 5. Alcune osservazioni Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limid del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale, possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni (vAvw .clearedi.org; e-mail autorizzazioni@olearedi.org). EditorializyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA 3. Una valutazione della Legge di Stabilità 2014, di Giuseppe Pisauro 1. La struttura della Legge di Stabilità 2014 2. Una valutazione in prospettiva Stampa: Digital Print Service srl - sede legale: via dell'Annunciata 27, 20121 Milano; 3. Conclusioni sedi operative: via Torricelli 9,20090 Sagrate (MI) e via Merano 18, 20127 Milano. zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA J » » » » » » » 27 27 29 38 40 42 49 » » » 53 53 55 » » » 56 58 66 » » » » 69 69 72 73 zyxwvu 4. La tassazione dell'abitazione principale dal 1974 alla 6. La sanità, tra accessibilità alle cure e contenimento manovra finanziaria per il 2014,zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA dizyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA Bruno Bises & Antonio della spesa, nelle manovre finanziarie tra il 2000 e il zyxwvutsrqponmlkjihg Sciala pag. 75 2014, di Monica Auteri pag. 129 1. Introduzione » 75 1. Introduzione » 129 2. Inquadramento teorico » 77 2. Complessità del Servizio Sanitario Nazionale » 131 2.1. Caratteristiche delle abitazioni » 77 3. Le implicazioni per la sanità deUe manovre finanziarie tra il 2000 e il 2014 » 133 2.2. Giustificazioni per la tassazione delle abitazioni » 77 4. Conclusioni » 141 2.3. Giustificazioni per il trattamento privilegiato dei Opere citate » 142 residenti in abitazione di proprietà » 79 2.4. La tassazione dell'abitazione utihzzata dal proprie7. Giovani e mercato del lavoro; evidenze strutturali e tario » 82 misure di politica economica, di Silvia Loriga e Paolo 3. L'imposizione sull'abitazione principale » 84 Naticchioni » 145 3.1. L'evoluzione legislativa in Itaha (1974-2014) » 84 1. Introduzione » 145 3.1.1. Il primo periodo: 1974-1992 ^ » 85 2. Partecipazione dei giovani al mercato del lavoro: un 3.1.2. Il secondo periodo: 1993-2011 » 86 problema strutturale » 146 3.1.3. Il terzo periodo: 2012-2014 » 87 3. Dinamiche salariali dei giovani italiani: un confronto 3.2. L'evoluzione legislativa in altri paesi » 89 intergenerazionale » 159 4. L'evoluzione del carico fiscale in Italia » 90 4. Misure di poUtìca economica per i giovani in Italia: 5. Conclusioni » 97 brevi commentì e osservazioni conclusive » 164 Opere citate » 99 Opere citate » 169 5. L'IVA nella manovra di finanza pubblica, di Ambra Citton, Antonio Di Maja, Paolo Liberati e Corrado Pollastri » 101 1. Introduzione » 101 2. Le imphcazioni della disciplina europea deU'IVA 2.1. Aspetti generaH ' 2.2. Livello e struttura delle ahquote 2.3. Il regime "transitorio" 2.4. Cenni ad alcuni aspetti della struttura dell'IVA in Itaha 3. La traslazione degli aumenti delle aliquote IVA: un'analisi econometrica 3.1. Aspetti applicativi della traslazione dell'IVA e sthna econometrica 4. Modifiche dell'IVA e distribuzione dei redditi 4.1. Considerazioni introduttive 4.2. L'incidenza dell'attuale struttura dell'IVA 4.3. Due ipotesi di riforma 5. Conclusioni Opere citate » » » » » 103 103 105 HO 112 » 113 » » » » » » » 113 119 119 120 122 126 127 6 8. Dimensione del governo e crescita economica in Italia: un'analisi empirica basata su nuovi dati (1861-2008), di Francesco Forte e Cosimo Magazzino 1. Introduzione 2. Risultati empirici sul rapporto tra dimensione dell'operatore pubblico e crescita economica 3. Metodologia, dati e risultati della ricerca empirica 4. Osservazioni conclusive e implicazioni politiche Opere citate 9. Legge di Stabilità 2014 e crisi dell'euro. Alla ricerca di una via d'uscita nel dibattito sull'austerità tra gli economisti italiani, di Piero Bini 1. Introduzione 2. Gli economisti del filone keynesiano 3. GU economisti del paradigma della "conflittualità" 4. Gli economisti dell'austerità espansiva 5. Gli economisti della tradizione italiana di pensiero economico 7 » » 171 171 » »• » » 173 176 186 188 » » » » » 191 191 192 193 195 » 196 6. Austerità. Un nome, tanti significati 7. Verso una nuova sintesi? 8. Conclusioni Opere citate pag. » » » 10. L'economia italiana e la politica monetaria della BCE, dizyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA Fabrizio Mattesini » 1. Introduzione » 2. Il problema del declino dell'economia italiana » 3. Moneta e crescita » 4. La crisi e la politica monetaria della BCE » 5. Conclusioni » Opere citate » 198 202 205 206 Premessa zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA 209 209 210 212 213 220 221 Questo volume presenta i risultati di una ricerca sulla Legge di Stabilità per il 2014 e i suoi legami con la politica economica e la finanza pubblica in Italia. A questa ricerca del CREI (Centro Interdipartimentale di Ricerca sull'Economia delle Istituzioni) dell'Università Roma Tre, hanno partecipato Monica Auteri, Piero Bini, Bruno Bises, Ambra Citton, Antonio Di Majo, Francesco Forte, Paolo Liberati, Silvia Loriga, Cosimo Magazzino, Fabrizio Mattesini, Paolo Naticchioni, Giuseppe Pisauro, Gian Cesare Romagnoli, Antonio Sciala e Gaetana Trupiano. Una parte dei risultati di questa ricerca è stata presentata al Convegno omonimo organizzato da Gian Cesare Romagnoli il 29 gennaio 2014 all'Università Roma Tre. Questa pubblicazione continua la tradizione di ricerca annuale sulla legge Finanziaria, nata dall'iniziativa di Gaetana Taipiano nel 2006, che ha dato luogo finora a sette volumi per i tipi della casa editrice Aracne e uno pubbUcato dall'editore FrancoAngeli. La Legge di Stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) ha come novità sostanziali: la riduzione del cuneo fiscale, la sostituzione dell'lMU con nuove imposte sugli immobili, il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali, il ritocco delle aliquote previdenziaH per la gestione separata ESfPS, e l'introduzione di un nuovo contributo di solidarietà dalle "pensioni d'oro". La conclusione che si trae dall'anaHsi del testo è che la Legge di Stabilità 2014 manchi di consistenza oltre che di una visione strategica. Nessun serio taglio alla spesa pubbHca, proroga'del blocco dei contratti nella PubbUca Amministrazione, nuove tasse che si sostituiscono alle vecchie senza diminuire la già elevata pressione fiscale, nessun intervento mirato contro l'economia sommersa e l'evasione, l'assenza di una politica industriale che rischia di provocare la perdita di importanti settori strategici, tra i quali i trasporti e la telefonia. Discutibili perché troppo vaghe e confuse, ma soprattutto insufficienti, sono poi le coperture previste: razionalizzazione della spesa pubblica e cessioni di immobili pubbUci. 8 9 Sullo sfondo rimane una Legge di Stabilità che non risponde né alle esigenze del rigore invocato dalla Commissione Europea, né a quelle del paese, che attende risposte concrete per portarsi fuori dalla crisi in cu.i è immerso da troppo tempo. Le "misure aggiuntive" però, come le dismissioni e soprattutto lazyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA spending review, definite nella riunione dell'Eurogruppo come "processi paralleli", potrebbero dar luogo ad alcuni degli effetti desiderati. Ma per uscire dalla recessione, far ripartire i consumi intemi e ridare fiato alle esportazioni sono necessarie una visione più ampia e, soprattutto, una volontà poHtica adeguata. La Legge di Stabilità 2014 manca di entrambe. Le riforme strutturaU, più che mai urgenti, perché rinviate continuamente dalla classe dirigente degli ultimi vent'anni, sono ormai improcrastinabili. Questa Legge di Stabilità fa ancora parte di un mondo la cui fortuna è stata legata alla crescita della spesa pubblica anziché .alla crescita di un'economia attiva ed equa. Il malgoverno, che ha dommato la politica economica e la finanza pubblica negU ultimi 40 anni, ha depresso le prospettive di sviluppo e reso il paese più vulnerabile di altri di fronte alle crisi. Ora, l'inerzia della stagnazione domina le aspettative e, nonostante gli interventi effettuati dalla BCE e le poUtiche di bilancio messe in atto, la fase acuta della crisi economico-finanziaria non sembra superata. Pertanto è necessario sostenere i segnali di ripresa della produzione industriale registrati nel quarto trimestre del 2013 con pohtiche che rigenerino la speranza in un futuro economico migliore. La scarsa stabilità degli esecutivi e i malfunzionamenti dello Stato itahano in molti settori, tra i quali sono emblematici queUi della giustizia e dell'uso dei fondi comunitari, hanno distratto dal paese, per anni, gH investimenti produttivi intemi e intemazionali. Ciononostante, il clima politico e sociale di speranza prodotto dall'avvento e dalle prhne iniziative del Governo Renzi potrebbe costituire un fattore rilevante, ancorché volatile, per la ripresa dell'economia del paese percorso da sentimenti di precarietà e di incertezza sul futuro. / curatori Introduzione di Gian Cesare . Romagnoli Il nostro paese ha perso 7 punti percentuah di reddito prodotto dal 2008 al 2012, e si stima che ne abbia persi altri 2 nel 2013, per un totale di 9 punti percentuali, come attesta la Banca d'ItaUa, Siamo nel nono trimestre consecutivo di recessione e, in meno di dieci anni, abbiamo perso il 25% di produzione industriale. La disoccupazione è pari a 6 milioni di persone, vale a dire oltre il 12% delle forze lavoro, conteggiando cassaintegrati e anche chi è fuori dal mercato del lavoro perché scoraggiato e senza speranza di trovarlo. La disoccupazione giovanile ha superato il 40%, imponendo un costo drammatico non solo in termini economici, ma anche sociali e soprattutto esistenziali. Particolarmente allarmante il dato sulle condizioni di povertà dei minori: quelli che vivono in condizioni di povertà assoluta sono 1 milione menti'e nel 2011 erano 723 mila. L'incidenza è salita dal 7% al 10,3%) nel 2012 e ora ha superato il 12%. Nel frattempo, dopo anni di austerità restrittiva (basata sull'aumento della pressione fiscale) mirata al consoUdamento fiscale, che ha operato lentamente solo sul deficit, a fine 2013 il rapporto debito/PIL italiano ha superato la sogha del 132% e si prevede una ulteriore crescita per il 2014 verso la soglia del 135%, All'aumento hanno contribuito per metà due poste "straordinarie": i versamenti ai Fondi di stabilità europei (EFSF e ESM) e una parte dei pagamenti dei debiti arretrati della pubblica amministrazione (PA); per l'altra metà ha contribuito in misura determinante la recessione, che ha portato il PIL a contrarsi in termini nominati nel periodo 2008-2013, 1 problemi dei nostri conti pubbHci sono dovuti a lustri di spesa pubblica corrènte, opportunistica e inefficiente, che ha dato luogo, nonostante il forte aumento della pressione fiscale, a una enorme accumulazione di debito il * Università Roma Tre. 10 11 cui pagamento era rinviatozyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA sine die. Le due crisi, quella del 2007-2009 e quella del 2010-2013, hanno portato a due pesanti recessioni dell'economia italiana. Se essa non si riprenderà, per quanti sforzi si faranno dal lato delle spese e delle entrate, la sostenibilità della finanza pubblica - misurata sinteticamente dal rapporto debito/PIL - non migliorerà. Una LS 2014 mirata alla crescita, accompagnata da un'austerità espansiva (basata sulla ricomposizione della spesa pubblica), era quindi improcrastinabile, e invece è stata un'occasione mancata in un contesto politico confuso, dove il governo ha privilegiato solo il tentativo di conservarsi. La manovra riassmne la politica economica del Governo Letta che ha perseguito l'obiettivo di stabilizzare la maggioranza delle larghe intese per far galleggiare il governo, ma non quello di impedire che la disoccupazione continuasse a crescere, la precarietà dilagasse e gli orizzonti di futuro, soprattutto per i più giovani, si restringessero. Critiche alla LS sono state espresse da tutte le parti sociali: è una manovra "che allontana la ripresa", che "non convince" e non centra l'obiettivo dell'equità. Non vi sono azioni particolari che il governo avanzi per modificare le aspettative di stagnazione economica. Diversamente da quanto sostenuto all'epoca della chiusura della procedura d'infrazione per deficit eccessivo, ottenuta nell'estate 2013 per merito delle misure del Governo Monti, l'Italia ha continuato la vecchia politica dell'austerità restrittiva che non lascia margini per politiche strutturaU espansive. Questo volume presenta i risultati di una ricerca sulla Legge di Stabilità (LS) per il 2014 e sui suoi legami con la politica economica e la finanza pubblica in Italia. A.questa ricerca del CREI (Centro Interdipartimentale di Ricerca sull'Economia delle Istituzioni) dell'Università Roma Tre hanno partecipato Monica Auteri, Piero Bini, Bruno Bises, Ambra Citton, Antonio Di Majo, Francesco Forte, Paolo Liberati, Silvia Loriga, Cosimo Magazzino, Fabrizio Mattesini, Paolo Naticchioni, Giuseppe Pisauro, Gian Cesare Romagnoh, Antonio Sciala e Gaetana Trupiano. Il volume si articola in dieci saggi. Quello di Gian Cesare Romagnoli mette in rilievo l'inadeguatezza delle misure principati della LS 2014 per una ripresa della competitività della produzione itahana e le speranze deluse, a questo riguardo, da parte del Governo Letta. Successivamente anahzza le ragioni che hanno alimentato l'ondata di euroscetticismo nel paese e lasciato intravedere la convenienza della sua uscita dall'Eurozona. Le conseguenze della disattenzione della politica economica alla situazione della finanza pubblica, in un paese in recessione da anni, sono delineate nelle conclusioni. L'Italia ha una storia di svalutazioni ricorrenti negU ultimi 40 anni e almeno i suoi governi che si sono succeduti negh ultimi 20 dovevano sape- 12 re cosa facevano quando si sono impegnati a perdere la manovra del cambio dopo l'esperienza infausta del quinquennio 1987-1992 (ovvero tra la firma dell'Accordo di Basilea-Nyborg e l'uscita forzata dallo SME). Nel 1996, dopo 4 anni di svalutazioni competitive, l'Italia aveva cercato in tutti i modi di legarsi nuovamente le mani dietro la schiena con riguardo al cambio e alla politica monetaria per partecipare, in qualità di membro fondatore, all'istituzione dell'Eurozona. Almeno negh anni successivi, i governi italiani avrebbero dovuto agire di conseguenza, ma non l'hanno fatto. Ora è fuorviante, oltre che dannoso, sostenere che la situazione di crisi deve essere attribuita all'Eurozona o all'UE. La LS 2014 è stata una ulteriore occasione mancata dal Governo Letta, per di più in assenza di una vera riforma del mercato del lavoro (flessibilità, contratti a tutela progressiva, art. 18). Di fronte allo shopping straniero delle imprese italiane e alla perdita di un quarto della capacità produttiva del paese, il Governo Letta ha proposto misure inconsistenti, come quelle del "decreto del fare", senza pensare a una nuova potitica industriale. Le stiategie delle poche grandi imprese rimaste nel nostro paese condizionano la loro presenza in Italia alla riduzione dei diritti, delle libertà e del costo dei lavoratori: una strada dolorosa ma che al momento non ha alternative. Queste nuove relazioni industriali annunciate sono il risultato del combinato disposto di 40 anni di malgoverno e della globalizzazione dei mercati. L'evidenza empirica, ancora incerta sulla sofferenza dei settori produttivi in cui la concorrenza esercitata da parte dei paesi emergenti è maggiore, potrebbe diradarsi gradualmente come è già accaduto negli anni '90 quando gti economisti faticavano a vedere l'influenza deUa globalizzazione sui salari dei paesi avanzati. La stagnazione della produttività è all'origine della crisi itahana, ma l'inten'ento previsto nella LS 2014 sul crmeo fiscale è troppo debole per rilanciarla. La situazione è così grave per la competitività delle imprese, per i redditi da lavoro, e quindi per la domanda intema che, o si dà priorità assoluta a questi elementi, anche rispetto al consoHdamento fiscale, oppure una parte consistente del tessuto produttivo italiano rischia di scomparire, e con esso le imprese che lo compongono e il lavoro che ne crea il valore. L'intervento prioritario sul cuneo fiscale, che deve condurre ad abbassare il costo nominale del lavoro, rischia però di avere "fiato corto". In assenza delle rifonne stmtturali indicate dagli economisti da anni, ma applicate in modo inadeguato dai pohtici, esso ven-à presto neutralizzato dalla dinamica della produttività che tutti gli altri paesi hanno e che quasi solo all'Italia manca del tutto. Occoire non dimenticare che il declino dell'econornia italiana ha origini lontane e risale a ben prima della nascita dell'euro, che la stagnazione della produttività ne è alla base, come è alla base della dinamica piatta delle retribuzioni nonché della com- 13 petitività delle imprese, Ciò contribuisce alla stagnazione della crescita deldella LS nell'ambito delle decisioni di politica fiscale, 11 suo saggio inizia l'offerta, della domanda intema e del reddito nazionale. La stagnazione della con un esame accurato deUa manovra di politica economico-fiscale a partiproduttività trae origine dalle scarse risorse economiche che il mondo delle re dall'approvazione della risoluzione del maggio 2013 sul Documento di hnprese, pubbUche e private, e la PA destinano da decenni agU investimenti economia e finanza, che comprende anche il Programma di stabilità per e, di conseguenza, all'irmovazione, tecnologica ed organizzativa, all'istml'ItaUa e il Programma nazionale di riforma. La LS per il 2014, secondo le zione e alla formazione. Proprio perché la stagnazione della produttività in dichiarazioni ufficiali, tende a conseguire gli obiettivi indicati nella Nota di Italia ha radici lontane, di cui l'euro non ha responsabilità diretta, esse si aggiomamento del Documento di economia e finanza (DEF) del 2013 per sarebbero potute sciogliere, con l'euro, in presenza di una politica economiuna prima riduzione della pressione fiscale, speciahnente sui redditi da ca orientata ad aUocare le risorse risparmiate in conto interessi sul debito in lavoro. Gli impegni della LS riguardano gli obiettivi di finanza pubblica modo equo ed efficiente. Al contrario, la stagnazione della produttività si è concordati in sede UE e il sostegno alla crescita economica; alcune misure radicata in fattori stmtturali, dal lato dell'offerta, della domanda, della distripresentano un contenuto redistributivo, come gli ammortizzatori sociali, i buzione e dell'innovazione. Perciò, è su questi fattori stmtturali che occorre provvedimenti per i lavoratori "esodati" e le categorie più deboli; sono state intervenire. I vincoU europei che impongono il consolidamento fiscale, detrivalutate le pensioni minori, sono presenti interventi contro il dissesto idrotati dai parametri della soglia del 60% per il rapporto debito/PIL, del 3% per geologico, nuove norme sulla tassazione delle abitazioni, aiuti alle imprese quello deficit/PIL, del pareggio di bilancio stmtturale corretto per il ciclo e allentamento del Patto di stabilità intemo. Le misure introdotte dalla LS come obiettivo di medio termine, a meno dello 0,5%, non lasciano più marriguardano anche alcuni tagli alle spese pubbliche, inasprimenti e novità gini di manovra per le politiche fiscali anticicliche tradizionali. Ne lasciano fiscali, investimenti in infrastmtture, trasporti e gestione del territorio. Non invece per una politica di riforme stmtturali che consenta di produrre di più mancano numerosi micro stanziamenti (circa 200 piccoli interventi). Le con lo stesso costo. L'Autore osserva infine che il problema principale in principali misure introdotte concernono: il cuneo fiscale, le imprese, la casa, Italia non è dato solo dal ciclo, bensì dall'accumulazione di un debito enorgli investimenti, gU interventi sociah, le clausole di salvaguardia, le coperme, che dipende appunto dalle politiche di bilancio degli ultimi 40 anni. Si ture. Nel complesso, tuttavia, la LS rappresenta un intervento limitato che biasima il Governo IVIonti per la sua politica di austerità, nonostante abbia non incide in modo significativo sulla realtà economica e sul forte disagio riportato da 550 a 250 punti base lozyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA spread tra il rendimento dei titoli del sociale presente ormai da troppo tempo, come rilevano anche l'ISTAT, governo italiano e quello dei titoU tedeschi e, in parte, il Governo Letta per l'ANCI e la Corte dei Conti. Le osservazioni conclusive del saggio di averla sostanzialmente continuata anche se in modo lento, confuso e conGaetana Tmpiano riguardano gli interventi su cui la LS 2014 avrebbe dovutraddittorio attraverso lo scambio delle imposte locali, con un ulteriore calo to fare di più: la riduzione della pressione fiscale, il rifinanziamento e l'edello spread a 200 punti base. Si dimenticano le poUtiche economiche greca, stensione degli aiuti ai soggetti senza lavoro, la riforma dei contratti di lavoro, l'aiuto deciso alle categorie più deboU della società, l'evasione fiscale di portoghese, spagnola, irlandese imposte dalla Troika in questi ultimi anni difficile contrasto. La LS 2014 cerca di rispondere a tati emergenze alquanper ridurre i relativi spread. Il saggio di Romagnoli si conclude invitando a to timidamente. non eludere il Fiscal Compact che costringe il paese a pagare i debiti contratti dalla generazione precedente togUendoli così dalle spalle delle generaIl saggio di Giuseppe Pisauro è dedicato a una valutazione della LS 2014 zioni future. Bisogna crescere sia economicamente che politicamente. GU per quanto riguarda la ripresa della crescita e l'equilibrio dei conti pubblici. esempi da seguire, per quanto riguarda la crescita, non mancano per quei La manovra di finanza pubblica per il 2014-2016, di cui alla Legge di governi che non hanno ancora effettuato le riforme stmtturaU, mentre le banStabilità 2014, è, neU'insieme, un intervento di dimensioni modeste che che centrali applicano le politiche monetarie convenzionali e non convenincide poco o nuUa sulle prospettive deU'economia itahana. Per il 2014, zionali. Alla fine del Quantitative Easing da parte della FED, ora che gU l'intervento è espansivo per circa due decimi di punto di PIL. Per i due anni Stati Uniti hanno intrapreso la strada deUa crescita, seguono gli annunci successivi, si prevede una correzione del disavanzo, rispettivamente, per 3,5 della Banca Centrale Europea (BCE) di reiterare il Quantitative Easing per e 7,3 miliardi. In realtà si tratta di poco più di una indicazione programmastimolarla in Europa. tica. La dimensione della correzione coincide infatti con quella di due clauIl saggio di Gaetana Tmpiano ha guardato aUe finalità e ai contenuti 14 sole di salvaguardia sulle entrate. 11 Parlamento ha modificato la versione 75 presentata dal Governo Letta aggiungendo, nell'insieme, maggiori spese per circa un miliardo l'anno, finanziandole con maggiori entrate per lo stesso ammontare. Per questo c'è chi ha parlato - come avviene ogni anno - di assalto aUa diligenza, ma sembra un'enfasi eccessiva su un fenomeno - ineliminabile se si accetta che il Parlamento possa emendare la manovra - che questa volta si è manifestato in termini contenuti. Secondo Pisauro, il fenomeno davvero deprecabile di questa sessione di bilancio - la grottesca giostra suU'IMU - ha poco a che fare con i rapporti Governo-Parlamento e non si riflette nelle cifre della manovra. La Legge di Stabilità 2014 corregge marginahnente le tendenze in atto: in termini di PIL si tratta di qualche decimale. Le prospettive di medio periodo vedono una sostanziale stabilità delle entrate in quota di PIL, la pressione tributaria nel 2016 resterebbe sul livello del 2013. La spesa primaria, corrente e in conto capitale, dovrebbe diminuire di 3,2 punti in tre anni, producendo così un significativo miglioramento dell'avanzo primario che tornerebbe ai livelli registrati alla fine degli amii '90. La diminuzione della spesa, in quota del prodotto, è quasi interamente dovuta alle spese correnti diverse da pensioni e sanità che resterebbero costanti in termkii nominah (pensioni e sanità aumenterebbero, invece, di circa 26 miliardi di euro). Appare che la situazione dei conti pubblici sia sotto controllo e le prospettive buone. In realtà, anche negh ultimi due anni abbiamo avuto pressione fiscale a livelli record e spesa primaria stabile 0 in diminuzione in termini nominali. Ciò non ha impedito, a causa di una recessione peggiore del previsto, un aumento di 12 punti del rapporto debito/PIL. Le proiezioni ufficiati per i prossimi tie anni sono basate sul quadro macroeconomico presentato ad ottobre 2013 e incorporano un PIL nominale in crescita tra 3 e 3,5 punti l'anno e una crescita reale deU' 1% nel 2014 e tra ri,7 e ri,8% nel 2015 e 2016. Sono previsioni ormài poco reahstiche. Le proiezioni più recenti (21 gennaio 2014) del Fondo monetario danno per l'Italia una crescita reale dello 0,6% nel 2014 e deU'1,1% nel 2015. Potrebbe ripetersi, insomma, lo scenario degli ultimi due armi, con una sequenza di revisioni al ribasso delle previsioni di crescita che manterrebbe in stato precario il quadro dei conti pubblici. L'Autore conclude il suo saggio in modo interlocutorio, osservando come la politica di bilancio italiana si debba confrontare oggi con un dilemma per il quale, allo stato attuale, non è agevole individuare una soluzione: da un lato l'austerità fiscale peggiora la recessione, dall'altro una politica espansiva, ammesso che sia possibile in un solo paese, rischierebbe di provocare ima crisi di insolvenza. economico nel corso del 2013. La ricerca affronta la tematica esaminandone gli aspetti teorici e ripercorrendo la relativa nonnativa in un'ottica pluriennale e comprensiva di entrambe le tipologie di imposte che possono colpire le abitazioni - commisurate al reddito o al valore patrimoniale - per meglio inquadrare i provvedimenti previsti dalla LS per il 2014. Le questioni principali trattate dagli autori riguardano la correttezza - sotto i profiti deU'equità è dell'efficienza - del trattamento dell'abitazione principale nel sistema tributario attualmente vigente in Italia e i suoi effetti. La ricerca affronta il tema anche sotto il profilo comparativo per vedere come si caratterizza l'imposizione sugli immobili in Italia rispetto a queUa negli altì-i paesi sviluppati. Viene inoltre compiuta un'analisi empirica dell'evoluzione temporale del carico tributario complessivo gravante in Italia sull'abitazione principale. A tale scopo, è stata analizzata l'evoluzione della tassazione delle abitazioni dal 1974 - anno di introduzione della Riforma tributaria al 2014, con i provvedimenti introdotti daU'ultima LS. L'analisi ha riguardato sia l'evoluzione della struttura dell'imposizione che alcuni aspetti quantitativi. Gli autori ricordano che il passaggio della tassazione degli immobili dall'alveo dell'imposta personale sul reddito - quale è l'IRPEF a quello di imposte sulla proprietà - quali sono ICl, IMU e, da ultima, la TASI - è stata dettata principalmente dall'esigenza di aumentare l'autonomia tiibutaria dei Comuni, e, in questo senso, tale decisione trova riscontri piuttosto sotidi sia dal punto di vista della teoria della tassazione che da quello dell'esperienza intemazionale. Tuttavia, questo passaggio ha avuto un costo, sia in termini di efficienza - poiché si è reso l'investimento immobitiare nell'abitazione principale sensibilmente più vantaggioso di forme alternative di impiego del risparaiio - sia dal punto di vista dell'equità, in quanto - a parità di reddito - si prevede lo stesso prehevo per soggetti che godono di consistenze patrimoniali diverse. 16 17 Lo stadio di Ambra Citton, Antonio Di Majo, Paolo Liberati e Corrado Pollastri è dedicato all'IVA nell'attuale manovra di finanza pubblica. Una parte rilevante deUa manovra per il 2014 non è inclusa nella LS, ma in un decreto legge di giugno 2013, che contiene l'ultima di numerose disposizioni di legge che hanno regolato (tra il 2011 e il 2013) modifiche di aUquote IVA (principahnente l'aumento dell'aliquota normale, dal 21 al 22%, con decorrenza 1 ottobre 2013). Il bilancio dello Stato del 2014 dovrebbe beneficiare di un gettito IVA aggiuntivo (rispetto al 2013) di oltre 4 miliardi di euro. Tra i tributi, l'imposta sul valore aggiunto, con oltre 100 miliarBruno Bises e Antonio Sciala ripercorrono gli sviluppi della tassazione di, è seconda solo all'imposta personale sul reddito per valore del gettito sulle abitazioni dal 1974 alla manovra finanziaria per il 2014. Il tema della rapportato al bilancio pubbhco. Può, quindi, consentire consistenti variaziotassazione dell'abitazione principale è stato centrale nel dibattito politico ed zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA ni di entrate anche con piccole modifiche di ahquota. Inoltre, il suo impo- nibile è costituito dal valore di un'ampia varietà di consmni, che permette, nel 2011. Si stima che un'ulteriore riduzione pari allo 0,4% si sia verificata in astratto, di variare il peso del tributo in maniera selettiva, con possibih nel 2012. Inoltre, sempre secondo le analisi dell'OCSE, nel biennio 20.09variazioni compensative del prelievo sui diversi consumi tassati. 2011 la spesa sanitaria ha registrato una contiazione in albi 10 paesi euroNonostante questa potenzialità dell'IVA, nell'ultimo ventennio le manovre pei a seguito della crisi e della conseguente necessità di consolidamento annuali vohe alla riduzione dei disavanzi pubblici hanno fatto scarso ricorfiscale. Data l'evoluzione attesa dell'età della popolazione e l'impatto dei so all'IVA, anche per l'operare di alcuni vincoli specifici derivanti da: a) miglioramenti tecnologici su costi e prestazioni, nel medio e lungo tennine caratteristiche istittrzionah; b) indisponibiUtà ad accettare conseguenti la spesa sanitaria rappresenta una delle principali variabili da tenere sotto aumenti del livello dei prezzi e variazioni della loro struttura; c) inaccettacontrollo, al fine di garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, In bilità dei possibili effetti sulla distribuzione personale dei redditi. Una Italia, la sanità muove circa 115 mitiardi di euro di spesa pubblica (pari al remora all'aumento deUe imposte indirette, come l'IVA, è sempre stata la 7,3% del PIL) e circa 30 mitiardi di euro di spesa privata, per un totale - tra convinzione che l'inasprimento si dovesse traslare completamente sui prezpubblica e privata - superiore al 9% del PIL, La filiera produttiva del settozi dei beni colpiti, causando inflazione ed eventuali modifiche neUa stmtttire sposta più di 152 miliardi di euro (calcolati sommando il valore aggiunra dei prezzi. La traslazione dell'IVA dipende, almeno nel breve periodo, da to diretto e indiretto), pari ah'11,2% del PIL, e vede un numero totale di tanti elementi, tra cui la situazione generale del sistema economico. Con addetti di 1 mtiione 570 mila unità circa (pari al 6,4% dell'intera economia riferimento ad alcuni gruppi di consumi, si è dimostrato, attraverso stime nazionale). Queste cifre rendono evidente l'importanza economica del seteconometriche, che il recente aumento (dal 21 al 22%) non è stato signifitore sanitario per l'economia del paese. Il settore presenta notevoli eterogecativamente traslato nei prezzi dei beni colpiti, a differenza del precedente neità tra regione e regione e tra comparti geografici del paese, insieme a ele(dal 20 al 2 1 % nel 2011): questo diverso risultato sembra attribuibile in menti di complessità e di criticità. La presenza di forti eterogeneità è conqualche misura aUa diversa situazione economica. Infine, l'IVA è percepita fermata anche dai recenti dati dell'ISTAT sullo stato di salute. Fatto pari a come un tributo "regressivo" (rispetto al reddito dei contribuenti) e si teme 100 il valore medio itahano, si registra una variabilità regionale che oscilla che ogni inasprimento peggiori i suoi effetti sulla distribuzione dei redditi, tra il valore 93 della Sardegna e quello di 105 della Val d'Aosta. Anche la scoraggiando ogni possibilità di ottenere maggiore gettito attraverso la spesa sanitaria pubbhca pro-capite, calcolata daU'ISTAT in euro per abitanmanovra delle sue ahquote. Gli Autori dimostrano che, al contrario, sono te, mostra variazioni importanti nel 2010: dai 1.763 euro deUa Sicitia ai possibih manovre del tributo che ne attenuino il carattere "regressivo". In 2.195 di Bolzano. Tali condizioni suggeriscono la necessità di mighorare la particolare, per il caso italiano, essi studiano, attraverso un modello di produttività, l'efficienza e la sostenibilità finanziaria del sistema sanitario microsimulazione, due possibih proposte, che vanno in quella direzione. italiano. A tal fine negli ultimi anni, in un contesto di decenteamento nella Queste dimostrano che effetti redistributivi positivi potrebbero essere ottegestione dei servizi, sono state messe in atto misure di contenimento dei nuti congiuntamente a una semptificazione della struttura delle aliquote. In costi atte a migliorare l'iritegrità fiscale. La situazione economica del sistedefinitiva, l'utilizzo deUa seconda imposta (per gettito) del nostro sistema ma sanitario è oggi migliore del passato grazie ai progressi già evidenziati tiibutario ha incontrato limitazioni istituzionali e remore derivanti dai posnegli ulthni esercizi nel contenimento dei costi e nel riassorbimento di sibili effetti econontici che sembrano essere solo limitatamente fondate. Ne ingiustificati disavanzi gestionali. 1 risultati raggiunti nella azione di conconsegue che l'impiego dell'IVA possa essere utilmente considerato dal zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA trollo deUa spesa sanitaria e in quella volta all'assorbimento dei disavanzi polìcy-maker anche nell'ottica di un bilanciamento diverso dal passato tra nelle regioni in squilibrio strutturale sono incoraggianti. Tuttavia, oggi il tassazione diretta e indiretta. settore si trova di fi-onte a scelte ancora impegnative. Se, da una parte, sono sempre stringenti i vincqti per il superamento delle inefficienze, dall'altra Il tema affrontato da Monica Auteri riguarda le misure principati suUa sono forti le tensioni che si cominciano a manifestare sul fronte della garansanità nelle manovre finanziarie tra il 2000 e il 2014. Negli ultimi decenni, zia di adeguati livelli di assistenza, mentre restano da chiarire le dimensionella maggior parte dei paesi avanzati, la spesa sanitaria è cresciuta più rapini di squilibri finanziari persistenti. L'esigenza del risparmio e dei limiti di damente del prodotto, ed essa rappresenta oggi una quota significativa dei cassa in sanità, se non accompagnati da una riorganizzazione strategica e bilanci pubblici e privati. In Italia, secondo l'ultima versione di "Health at gestionale, potiebbero in primo luogo tradursi in una riduzione della qualità a Glance", la spesa sanitaria pro-capite si è ridotta del 2% in termini reali 18 19 dei servizi sanitari, come conseguenza dei tagli dal lato dell'offerta, del blocco delzyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA turn over e del contenimento della dotazione del personale. Di qui, l'importanza e l'urgenza di potenziare gli strumenti a disposizione delle amministrazioni territoriali, di accelerare gli interventi di riadeguamento delle strutture e di miglioramento dell'appropriatezza delle prestazioni rese ai cittadini e di portare a regime la revisione dei meccanismi che governano il funzionamento del settore. Silvia Loriga e Paolo Naticchioni hanno svolto la loro ricerca sulle dinamiche e sulle misure di politica economica per combattere la disoccupazione giovanile. La situazione dei giovani nel mercato del lavoro è uno degli argomenti maggiormente discussi nel dibattito politico ed economico. Esso si è accentuato ulteriormente dall'inizio della recente crisi economica e finanziaria iniziata nel 2008, con l'ipotesi che l'impatto deUa crisi sia stato più rilevante per le nuove generazioni, che affollano i ranghi degli outsìders nel mercato del lavoro, rispetto alle generazioni meno recenti, che ne rappresentano gli ìnsiders. Per questi motivi, per le nuove generazioni che entrano nel mercato del lavoro sono stati coniati appeUativi come generation sacrifiée, generazione zero, generazione 100 euro, ecc. Ad esempio, il Financial Times nel novembre 2013 usa l'espressione lost generation, a causa della riduzione dei salari di entrata dei giovani britannici. L'obiettivo di questo lavoro è l'analisi della situazione dei giovani nel mercato del lavoro in Italia, lungo due direttrici principali. La prima riguarda lo status occupazionale e quindi le chance dei giovani di partecipare al mercato del lavoro. L'analisi viene condotta comparando la situazione occupazionale dei giovani con quella deUa popolazione in età attiva, con una particolare attenzione ai confronti territoriati, di genere, e per Uveiti di istaizione. Inoltre, vengono analizzate le differenze fra la situazione italiana e quella dei principali paesi europei. La seconda direttiice riguarda invece la dinamica salariale dei giovani italiani. In particolare, l'analisi si concehtia sulla comparazione fra diverse generazioni, al fine di valutare la dinamica dei salari di ingresso nel mercato del lavoro e nei primi anni della caniera lavorativa. La parte conclusiva del saggio discute le varie misure di potitica economica intraprese negh ultimi anni al fine di mighorare la situazione occupazionale e salariale delle nuove generazioni. Gh Autori mettono in evidenza che le tre misure di politica economica qui presentate, in particolare la Garanzia Giovani, rientiano nelle cosiddette pohtiche dell'offerta, cioè politiche che cercano di migliorare le performance del mercato del lavoro, attraverso l'intermediazione (ad esempio profiUng, formazione) e l'incentivazione al lavoro (ad esempio di categorie di lavoratori particolarmente svantaggiati). Mentre è sicuramente ragionevole sostenere che parte delle differenze strut- to tiu-ali evidenziate fra l'Italia e altri paesi europei sia da attribuire a tali fattori di offerta, è difficile pensare che non giochino un ruolo rilevante anche fattori di domanda, legati anch'essi a questioni strutturali dell'economia italiana e alla crisi economica attuale. Per quanto riguarda tali elementi strutturali, gli Autori fanno riferimento alle determinanti delle dinamiche deludenti della produttività del lavoro negli ultimi decenni, come ad esempio la specializzazione in settori tradizionati, la piccola dimensione di impresa, le performance migliorabili in termini di innovazione e cambiamento tecnologico, le transizioni scuola-lavoro "poco strutturate", ecc., fattori di cui si discute relativamente poco nel dibattito politico economico, mentre probabilmente il loro ruolo è almeno altrettanto rilevante dei fattori dal lato dell'offerta. Francesco Forte e Cosimo Magazzino hanno svolto una ricerca empirica sulle dimensioni del governo nel periodo post-unitario. Il loro saggio è dedicato all'anahsi del rapporto tra la dimensione della spesa pubblica e la crescita dei PIL in Italia. Il periodo in esame va dal 1861 - anno in cui è nato lo Stato italiano - al 2008, l'ultimo anno prima della grande crisi economica e finanziaria mondiale che ha colpito anche tutti i paesi dell'Unione Europea (UE). Ciò ha generato una riduzione improvvisa del PIL e un corrispondente aumento degli squilibri di bilancio, nonché del rapporto tra debito pubbtico e PIL. La questione deUa sostenibilità dei debiti è emersa in particolare in Irlanda e in alcuni paesi del Sud-Europa. Prima della crisi, c'era poca differenza nei rendimenti dei debiti pubblici dei vari paesi della zona euro. Il ruolo svolto dagli spread sui tassi dei titoti dei debiti pubbhci in Europa è invece aumentato drammaticamente con l'inizio della crisi. La BCE ha avviato un programma di rifinanziamento non convenzionale che ha aiutato in modo significativo i sistemi bancari dei paesi dell'Eurozona, colpiti sia dalle sofferenze che da perdite in conto capitale, oltre ad eliminare il rischio di defaidt generico della zona dell'euro nel suo insieme. I governi europei, in particolare quello greco, italiano, spagnolo e portoghese hanno attuato programmi finalizzati al contenimento dei deficit di bilancio e per il rifmanziamento bancario (nel caso di Madrid). Ma gli sforzi di consolidamento haimo causato un ulteriore aumento deUa disoccupazione, che era già elevata, e im'ulteriore contrazione del PIL, aumentando così anche il rapporto debito/PIL. Prima deUa crisi, tale rapporto in Italia era andato graduaknente diminuendo, dopo il picco di 122% raggimito nel 1994, sino a sfiorare, nel 2007, la sogha del 103%. Dopo la crisi, esso è aumentato continuamente, nel 2013 ha superato il 132%o e continuerà ancora a crescere per qualche tempo. La questione che si pone è come perseguire una politica di consolidamento che possa favorire anche la crescita del 21 reddito, a sua volta funzionale per ridurre il rapporto debito/PIL, Dal punto tati con quelli relativi alla composizione della spesa, ma dal momento che di vista teorico, interessa capire se il consolidamento debba essere costituinessuna voce di spesa pubblica causa, nel senso di Granger, il reddito comto principalmente da un am-nento delle imposte, ovvero da tagli alla spesa o plessivo, i tagli alla spesa pubblica non dovrebbero avere, secondo loro, mi da entrambi, dal momento che il settore pubblico oggi assorbe, nella gran impatto negativo sulla crescita. D'altra parte, essi riconoscono che la comparte dei paesi europei, una quota consistente delle risorse dell'intero sisteposizione della spesa conta, e che ha un effetto non marginale sul sentiero ma economico. D'altra parte, nel corso della storia, alti livelli di sviluppo di crescita di un paese. Pertanto, riallocare le risorse pubbliche improduttieconomico sono stati raggiunti in situazioni che hanno beneficiato degli ve verso voci più produttive (R&S o di investimento pubbtico), stimolerebinterventi governativi. Tuttavia, l'amnento della spesa pubblica dà luogo a be la crescita economica di lungo periodo. In altre parole, modificando la un aumento del carico fiscale che può ostacolare la crescita, o a un deficit composizione della spesa pubblica e variando il volume di singole poste di di bilancio che aumenta sia il debito pubblico che il costo del suo rifinanbilancio, si avrebbe l'effetto di un ampliamento dell'effetto positivo della ziamento, oltre che il rischio di insolvenza. Inoltre, una quota crescente di spesa sulla crescita economica. Inoltre, tagti alla spesa pubbUca contribuitale debito in mani straniere potrebbe indmxe un disavanzo della bilancia dei scono al conseguimento di un avanzo primario e quindi alla riduzione del pagamenti e, quindi, rappresentare un vincolo ulteriore alla crescita econodebito, in un quadro più ampio di consolidamento fiscale. mica. Tuttavia, anche se è vero che può migliorare la quahtà del PIL, oltre Piero Bini guarda ai legami tra LS 2014 e crisi dell'euro nel dibattito un certo valore-limite, la quota della spesa pubblica rispetto al PIL può degli economisti italiani. Il suo lavoro prende le mosse dal giudizio corale ridurre la crescita economica. Dopo queste premesse, gli Autori analizzano negativo sulla LS che ha sì contemplato un elevato numero di misure speil nesso tra la quota della spesa pubblica rispetto al PIL e la crescita econocifiche, ma quasi tutte di modesto rilievo. Una sorta di bricolage formato da mica in Italia nel periodo post-unitario. Successivamente, essi riportano i tanti frammenti, ma nessuna "scossa" sostanziale. L'Autore si è chiesto cosa risultati delle loro analisi empiriche che mostrano la presenza di una relaavrebbero inserito gti economisti italiani nella LS 2014 se solo avessero zione non Hneare tra la dimensione del settore pubbhco (misurata dalla avuto campo hbero nel deciderne (anticipatamente) il contenuto. Per risponquota della spesa pubblica sul PIL) e il tasso di crescita economica per dere a questa domanda con sistematicità, ha innanzitutto individuato i prinl'Italia nel lunghissimo periodo. In generale, indipendentemente dai dati cipali orientamenti scientifico-culturali a cui gli economisti italiani (o buona usati - qui, quelli prodotti da Forte (2011), in altre anaHsi, quelh della parte di essi) possono essere ricondotti per affinità di impostazione. Ne ha Commissione Europea - e le suddivisioni temporali, la presenza di una individuati quattro: gli economisti del filone keynesiano, quelli del paradigdinamica parabolica tra le variabili emerge chiaramente. Pertanto, potrebbe ma deUa "conflittualità", gti economisti dell'austerità espansiva, quelti della essere individuato uno spazio di manovra considerevole per l'Italia, dato tradizione italiana del pensiero economico. Per ciascuno di essi, l'Autore che gli incentivi alla crescita possono essere perseguiti attraverso un duplisintetizza il relativo punto di vista in relazione alla LS 2014. Dopodiché si ce percorso. Infatti, sia i tagti fiscali sia quelti alle spese concon'ono al sofferma sui vari significati che il concetto di "austerità" assume negli scritrafforzamento dell'attività economica, nel primo caso come effetto sul lato ti degli economisti, esplicitandone, nel contempo, la radice dottrinaria. dell'offerta e come effetto di domanda compatibile con l'equilibrio della Successivamente, propone una riflessione in merito ad una possibile sintesi bilancia dei pagamenti, nel secondo caso come un effetto della curva BARS tra questi vari orientamenti scientifico-culturah e la esplicita ossei-vando (che indica il rapporto spesa pubblica/PIL per cui è massimo il tasso di creche, da una parte, anche gli economisti appartenenti al filone critico marxiscita del PIL). Ridurre le imposte, qualora si iimeschi un "effetto Laffer", sta-sraffiano della "conflittualità" riconoscono, in maggiore o minore misumigliorerebbe lo stato delle finanze pubbliche, aumentando le entrate. Va ra, la presenza di molteplici concause, di cui altri autori percepiscono la prenotato che le prescrizioni sulle politiche economiche derivanti da questa senza, aU'origine della crisi globale. Qui il riferimento è ai forti processi di anatisi mettono in dubbio l'esistenza di unzyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA trade-off austerità e crescita intemazionatizzazione dei mercati, alla rivoluzione tecnologica dell'inforper i responsabih politici dal momento che i piani di consoUdamento fiscamazione e della comunicazione, all'entrata sulla scena economica del le contribuirebbero a raggiungere entrambi gli obiettivi, se la cur\'a di Laffer mondo di nuovi protagonisti come la Cina o l'India, al fattore demografico, e quella di BARS trovano evidenza empirica. Da una parte, gli Autori sono e così via. Ma, in un certo senso, questi argomenti sono declassati ad eleconsapevoli del fatto che i risultati da loro ottenuti devono essere confironmenti esplicativi ausitiari di un processo di ben altro spessore storico, com'è 22 23 ritenuto quello di reazione prima, e di normalizzazione poi, dei rapporti ha determinato una crisi economica comparabile soltanto alla Grande Crisi capitalistici nell'era della finanza globale. Insomma, quella che stiamo del 1929. La tesi qui argomentata dall'Autore è che il problema del declino vivendo sarebbe una crisi voluta, anzi di più, necessaria. Dato un simile economico italiano è fondamentalmente determinato da fattori stmtturali e impianto di pensiero, è difficile che esso mostri rma specifica attitudine alla che non si deve pensare all'euro come a un freno allo sviluppo econòmico mediazione deUe idee. D'altra parte, anche gh economisti non appartenenti di lungo periodo. Secondo Mattesini, la recente crisi, tuttavia, è legata alla al filone critico della "conflittiialità" riconoscono, ha maggiore o minore nostra presenza nell'Unione Monetaria, piuttosto che al govemo irresponmisura, che con la crisi è stato alterato l'equilibrio tia i principi del capitalisabile dell'economia italiana degli ultimi 20 anni, mentre la politica monesmo e quelh della democrazia, e ciò a danno di quest'ultima. Ma essi ritentaria della BCE, se da un lato è stata in grado di evitare il disastro di una rotgono anche che la crisi possa essere combattuta e superata, e che un nuovo tura dell'euro e la fine del disegno europeo, non è stata in grado fare uscire equilibrio possa essere ricostituito, come stato normale delle cose, tra demorapidamente il nostro paese, e più in generale i paesi del Sud Europa, dalla crazia, da una parte, e capitalismo ed economia di mercato, dall'altro. più grave recessione degli ultimi ottanta anni. Nota però che forse le cose Tornando al tema della LS 2014, l'Autore conclude che, nonostante i loro stanno cambiando. In questo momento la bassissima crescita e un'inflaziodiversificati orientamenti scientifici e culturali, il giudizio espresso dagli ne vicino aUo zero hanno convinto anche un'istituzione cauta come la BCE economisti nei conlronti di questa legge è stato unanime e del tutto univoche il rischio di stagnazione per l'economia europea è diventato onnai altisco, cioè di totale inadeguatezza. E, sebbene incredibile per qualcuno, ossersimo. Il Consiglio direttivo della BCE, nella sua ultima riunione del va che la LS 2014 è riuscita a realizzare ciò che mille convegni di economia 5/6/2014, ha preso alcune decisioni piuttosto importanti, che vanno dalla non sono mai riusciti a fare, cioè raccogtiere gli economisti in un fronte riduzione del tasso sui rifinanziamenti principali all'istituzione di rm tasso negativo sui fondi depositati dalle banche presso la BCE. Sono state propounico. sti anche nuovi strumenti per immettere liquidità nel sistema economico, i Il lavoro che chiude il volume è quello di Fabrizio Mattesini. Egli ha esaTETRO {Targeted longer-term refinancing operations), con lo scopo di stiminato l'economia italiana e la politica monetaria della BCE nel periodo molare la creazione di credito da parte delle banche. Pertanto, anche se al dell'euro. La questione dell'opportunità, per l'Italia, di rimanere momento i dettagli di queste operazioni non sono ancora chiari e soprattutnell'Unione Monetaria Eirropea ha ormai superato i confini del dibattito to non è possibile prevedere se avranno l'efiicacia sperata, la direzione è accademico per diventare un tema centrale del dibattito politico. La discussicuramente quella giusta. sione che ne è nata purtroppo non è stata moho soddisfacente e ha visto avanzare, in molti casi, argomentazioni poco fondate e spesso non sostenute da un'adeguata analisi teorica ed emphica. Ha avuto il merito, tìattavia, di mettere in primo piano un problema molto importante. Infatti, quello successivo all'ingresso dell'Italia neU'Eurozona è stato uh periodo di bassissima crescita, il peggiore dal dopoguerra ad oggi. L'Autore ha successivamente affrontato due questioni, cioè se esista un nesso tra questi due fenomeni e se la politica monetaria adottata dalla BCE sia, almeno in parte, responsabile di questo rallentamento. Mattesini osserva che rispondere a questi interrogativi è moho difficile perché, come sovente accade nello studio dei fenomeni economici e sociali, l'analisi contiofattuale è assai difficile; è praticamente impossibile, cioè, individuare cosa sarebbe successo se l'Itatia non avesse aderito all'Unione Monetaria Europea o se la BCE avesse perseguito politiche diverse. Ciò è tanto più vero se si considera che i primi anni di questo millennio sono stati caratterizzati da sconvolgimenti epocali quali la crescita impetuosa delle economie emergenti (Cina e India, ma non solo) e la crisi finanziaria del 2007-09 che, partita dagh Stati Uniti, zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA 24 25 8. Dimensione del governo e crescita in Italia: un 'analisi empirica basata su nuovi dati (1861-2008) di Francesco Forte*, Cosimo Magazzino** economica zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXW 1. Introduzione zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA Questo saggio è dedicato all'analisi, nel lunghissimo periodo, del rapporto tra la dimensione della spesa pubbhca e la crescita del PIL in Italia. Il periodo in esame va dal 1861 - anno in cui è nato lo Stato italiano - al 2008, l'ultimo anno prima della grande crisi economica e finanziaria mondiale che ha colpito anche tutti i paesi dell'Unione Europea (UE). Ciò ha generato una riduzione improvvisa del PIE e un corrispondente aumento degli squilibri di bilancio nonché del rapporto tra debito pubbhco e PIE. La questione della sostenibilità dei debiti è emersa in particolare in Irlanda e in alcuni paesi del Sud-Europa. Prima deUa crisi, c'era poca difl'erenza nei rendimenti dei debiti pubblici dei vari paesi della zona euro. Il ruolo svolto dagli spread sui tassi dei titoli dei debiti pubblici in Europa è invece aumentato drammaticamente con l'inizio della crisi. La Banca Centrale Europea (BCE) ha avviato un programma di rifinanziamento non convenzionale che ha aiutato in modo significativo i sistemi bancari dei paesi dell'Eurozona, colpiti sia daUe sofferenze che da perdite in conto capitale, oltre ad eliminare il rischio di default generico deUa zona dell'euro nel suo insieme. 1 governi europei, in particolare quello greco, italiano, spagnolo e portoghese hanno attuato programmi finalizzati al contenimento dei deficit di bilancio e per il rifinanziamento bancario (nel caso di Madrid). Ma gli sforzi di consolidamento hanno causato un ulteriore aumento della disoccupazione, che era già elevata, e un'ulteriore contrazione del PIL, aumentando così anche il rapporto debito/PIL. Prima della crisi, tale rapporto in Italia era andato gradualmen- * Sapienza Università di Roma. ** Università Roma Tre. 171 te diminuendo, dopo il picco di 122% raggiunto nel 1994, sino a sfiorare, nel 2007, la soglia del 103%. Dopo la crisi, esso è aumentato continuamente e, nel 2013, ha raggiunto nuovi picchi, sopra il 132%. La questione che si pone è come perseguire una pohtica di consolidamento che possa favorire anche la crescita del reddito, a sua volta funzionale per ridurre il rapporto debito/PIL. Dal punto di vista teorico, interessa capire se il consolidamento debba essere costituito principahnente da un aumento delle imposte ovvero da tagli alla spesa o da entrambi, dal momento che il settore pubbhco oggi assorbe, nella gran parte dei paesi europei, una quota consistente delle risorse deU'intero sistema economico. D'altra parte, nel corso deha storia, alti livelli di sviluppo economico sono stati raggiunti in situazioni che hanno beneficiato degli interventi governativi (Afonso e Jalles, 2011). Se, da una parte, la spesa pubbtica è necessaria affinché un'economia di mercato sia in grado di funzionare correttamente, dall'altra, la sua continua espansione, rispetto al PIL, può non essere coerente con la massimizzazione di lungo periodo della crescita economica. Infatti, l'aumento deUa spesa pubblica dà luogo a un aumento del carico fiscale, che può ostacolare la crescita, 0 a un deficit di bilancio che aumenta sia il debito pubbtico che il costo del suo rifinanziamento, oltre che il rischio di insolvenza. Inoltre, una quota crescente di tale debito in mani straniere potrebbe indurre un disavanzo della bilancia dei pagamenti e, quindi, rappresentare un vincolo ulteriore alla crescita economica. Tuttavia, anche se è vero che può migliorare la quahtà del PIL, oltre un certo valore-limite, la quota della spesa pubbhca rispetto al PIL può ridurre la crescita economica. Un elevato tasso di crescita accompagnato da una distribuzione troppo ineguale delle risorse, tuttavia, potrebbe essere in conflitto cori l'obiettivo di massimizzare il benessere generale e la coesione sociale, se non riflette le preferenze dei rappresentanti politici in una democrazia matura. Ad esempio, spese elevate per la difesa possono essere necessarie per raggiungere e difendere l'indipendenza di un paese, e mantenere libere le sue istituzioni. Dopo queste premesse, nel resto di questo lavoro si anahzza il nesso tra la quota deUa spesa pubblica rispetì:o al PILe la crescita economica in Italia, nel periodo post-unitario. La sezione 2 discute le recenti ricerche riguardanti il legame fra le variabili suddette. Nella sezione successiva, vengono riportati i risultati delle nostre analisi empiriche. Alcune riflessioni finali concludono il saggio. zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA 2. Risultati empirici sul rapporto tra dimensione dell'operatore pubblico e crescita economica Un recente filone di ricerche sugli effetti della dimensione del govemo suUa crescita economica è incentrato sutia curva BARS (Ban'o, 1989; Amiey, 1995; Rahn e Fox, 1996; ScuUy, 1994, 1995), che rappresenta la relazione tra il tasso di crescita economica e il livello di spesa pubblica (in percentuale del PIL), Il fondamento teorico della tesi illustrata dalla curva BARS risale al concetto di "dimensione ottimale del govemo" teorizzato da Armey, che ha proposto la cur^'a omonima. Analogamente alla curva di Laffer (che delinea, con una "U rovesciata", il rapporto tra le entrate fiscah e l'aliquota media), la curva di Armey mostra il rapporto tra spesa pubbhca e la variazione del benessere economico del paese (espresso attraverso il tasso di crescita economica). Essa ha la forma di una parabola con la concavità rivolta verso il basso e l'ascissa del punto di massima crescita indica la percentuale ottima di spesa pubblica rispetto al PIE. Secondo Armey (1995), con quote molto basse di spesa pubblica, lo Stato non riuscirebbe a garantire il rispetto del contratto sociale e la tutela dei diritti di proprietà, e ciò deprimerebbe la crescita economica. Al contrario, con quote molto elevate di spesa pubblica, gli operatori privati avrebbero pochi incentivi a investire e produrre, dal momento che il livello di pressione fiscale sarebbe eccessivo, dando luogo, anche in questo caso, a effetti negativi suUa crescita. Di conseguenza, gti aumenti di spesa pubblica in situazioni di ridotto intervento pubbtico nell'economia generano un impulso all'attività economica, mentre le espansioni fiscali con livelli di spesa già elevati ne comportano un rallentamento. I singoti paesi possono essere in uno stato di "crescita bilanciata", in cui la crescita del PIE pro-capite osciUa intomo a un tasso annuale di lungo termine pari a circa il 2%, oppure in uno stato di transizione, nel quale tati Stati mostrerebbero tassi di crescita superiore o inferiore al valore "bilanciato" (Kahn, 2011). In generale, la "prima generazione" della letteratura empirica sul tema (dalla fine degli anni '90 fino ai primi anni 2000), si è basata sulla fonnulazione lineare del legame tra quota della spesa pubblica e crescita del PIL. L'evidenza empirica fomita da questa letteratura non è concorde nell'individuare un legame diretto fra sviluppo economico e quota deUa spesa pubbtica. In particolare, Rubinson (1977), Ram (1986) e Grossman (1987, 1988) haimo trovato evidenza di una relazione positiva tia quota della spesa pubblica e crescita; Landau (1983), Grier e TuUock (1987), Barro (1990b) e 172 zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA 775 Engen e Skinner (1992) hanno trovato evidenza a favore di una relazione negativa; infine, Kòmiendi e Meguire (1985), e Hsieh e Lai (1994) non hanno trovato alcuna relazione significativa tra le due variabili. Alesina e Ardagna (2009), studiando la dinamica della riduzione del rapporto debito pubbhco/PIL in corrispondenza a episodi di consohdamento, hanno avanzato la tesi che, in passato, im elevato debito pubblico è stato ridotto in modo rapido grazie alla crescita sostenuta dell'economia nel suo insieme. Questo è stato il caso della riduzione degli enormi debiti pubbhci dei paesi belhgeranti dopo la seconda guerra mondiale e per gh Stati Uniti negh anni'90 quando, sostanzialmente senza alcim aumento deUe ahquote fiscali o tagh significativi alla spesa pubbhca, il grande deficit degli Stati Uniti è stato trasformato in un altrettanto grande surplus di bilancio. Un esempio differente è rappresentato dal consohdamento attuato dal Regno Unito aUa fine della seconda guerra mondiale, qui, nonostante un rapporto debito/PIL pari al 200%, il paese non ha subito crisi finanziarie, grazie alla fiducia accordata dai mercati ai poteri pubblici britannici (storicamente ritenuti affidabiti). Altrettanto è valso per il successivo consolidamento reahzzato durante il periodo di riforme dei governi di Margaret Thatcher (Magazzhio, 2010a). La ricerca econometrica ha mostrato che i processi di "consolidamento progressivo", ossia le operazioni diluite nel tempo, tendono ad avere una maggiore probabilità di successo rispetto ai consolidamenti a "doccia fredda", cioè concenù-ati in un lasso di tempo breve. Alcuni di questi risultati sono probabihnente spiegati dalla introduzione contemporanea di rifomie strutturati che hanno costituito, come nel caso del Belgio neUa seconda metà degli anni '90, un fattore determinante del successo. Inoltre, i risultati empirici (BCG, 2011) mostìrano che, un paese con alti livelh di indebitamento e che si tiova ad affrontare gravi problemi di sostenibihtà, dovrèbbe optare per un consolidamento a "doccia fredda", al fine di ristabilire la credibilità e la fiducia dei mercati, in modo da contenere un eventuale "effetto valanga" che aggraverebbe una situazione già precaria. A causa dei Ihniti agti aumenti delle imposte, davanti ai loro effetti deflazionistici, è necessario prestare attenzione aUa spesa pubbhca anziché alle entrate. Pertanto, è importante analizzare, tramite l'utilizzo della curva BARS, di quanto (eventualmente) sia stata superata la dimensione ottimale deha spesa pubblica. La questione che si pone, in tal caso, è quella deha sostenibilità politica di tali manovre. L'anatisi di BarrioszyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA et al. (2011), che si è concentrata su 14 paesi europei, considera per ciascuno di essi la capacità di manovra fiscale e indica nei tagli alla spesa pubblica lo strumento di consolidamento in un ventaglio composto da cinque possibilità. A seconda deUa situazione dei paesi considerati si ha: 174 • la capacità di realizzare tagli di spesa, sia in paesi con un grande e inefficiente settore pubblico che in stati con elevati trasferimenti sociali; • la possibilità di aumentare le entrate, in paesi con una pressione fiscale contenuta, o con differenze eccessive tra spese e entiate; • la possibilità di aumentare la partecipazione al lavoro, ad esempio aumentando l'età pensionabile; • la possibilità di privatizzare talmie imprese pubbliche; • la possibihtà di perseguire una politica monetaria espansiva, nel caso di im paese che non appartenga a un'unione monetaria. I risultati della sua analisi quantitativa hanno consentito di dividere i paesi anatizzati in quattro gruppi: 1) il primo - composto da Portogallo, Irlanda, Italia e Grecia - concerne paesi che devono affrontare le maggiori sfide di consohdamento fiscale. Italia e Grecia, tuttavia, hanno più "margine di manovra"rispetto a Irlanda e Portogallo. L'Italia, infatti, può agire sul lato delle entrate sia con un aumento dei tributi, aggredendo la quota rilevante di economia sommersa (stimata daU'ISTAT e dalla Corte dei Conti pari al 18% del PIE, mentre dalla Banca d'Italia e dall'Eurispes al 31 %), che su una partecipazione maggiore al mercato del lavoro; 2) il secondo gruppo - che comprende Francia, Germania, paesi Bassi, Spagna e Regno Unito affronta una minaccia fiscale moderatamente elevata, ma con un'esigenza minore di manovra rispetto al primo gruppo. Degno di nota è il caso della Spagna, per la quale i risultati mostrairo un livello di rischio effettivo molto minore di quello percepito dai mercati fino al 2011. Infatti, mentre il paese ha registrato deficit molto elevati negli uhimi anni, è anche vero che prima deUa crisi, tra il 2004 e il 2007, aveva raggiunto avanzi di bilancio pubblico. Con il sopraggiungere deUa crisi e il rapido aumento del debito, conserva un sufficiente spazio di manovra (aumenti dell'imposizione, ancora oggi relativamente bassa, aumento dell'età pensionabile e dell'occupazione); 3) Polonia e Ungheria formano il terzo gruppo, caratterizzato da minori rischi fiscali e uno spazio di manovra medio-grande; 4) infine, il quarto gruppo comprende Svezia, Danimarca e Finlandia, che non riscontrano nessuna minaccia alla stabilità dei loro conti pubblici. L'analisi condotta da Forte e Magazzino (2011) ha rivelato che, per r U E - 2 7 , il picco della curva BARS si ottiene per una spesa pari al 37,29% del PIE, mentre il rapporto medio è del 47,90%: vale a dire oltre 10 punti percentuali in più. Per i dodici paesi dell'UE per cui era possibile l'analisi separata in termini di serie temporaU^ il picco deUa cm-va BARS varia dal ' Si tratta di Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito. 175 35,39% per il Belgio e dal 35,52% per i paesi Bassi, al 43,50% per il Regno finanza pubblica; il tasso di crescita reale del PIE {}>), la quota di spesa pubbhca sul PIL (G), la quota di entrate pubbliche sul PIE (Z), il rapporto tra Unito e al 44,47% per l'Irlanda. La deviazione minima dal valore ottimale debito pubblico e PIE (5), e il deficit effettivo/PIL {D). della spesa pubblica è quella dell'Irlanda con solo il 2,27%, seguita dal Regno Unito con 7,67%) in eccesso. La deviazione massima è quella del Belgio (circa il 18%), seguita dalla Danimarca (circa il 17%o). Per quanto Tab. 1 - Statistiche descrittive per le principali variabili di finanza pubblica (Italia, riguarda i 27 membri dell'UE, un paese con un rapporto spesa pubblica/PIL 1861-2008) superiore al 10% rispetto a quello corrispondente al picco della curva BARS Variabile Media Mediana IQR Deviazione Standard subisce, in media, una diminuzione del tasso di crescita del PIE del 2 , 1 % . Inoltre, un aumento di 10 pmiti percentuali della variazione della quota della 2.16 2.27 5.00 6.90 y spesa pubblica rispetto al PIE, dopo il picco di crescita, corrisponde indicaG 22.87 17.92 21.62 13.51 tivamente a una riduzione del 0,4%) del tasso di crescita dell'attività econoT 21.14 16.14 15.56 13.01 mica^. Va peraltro osservato che i paesi dell'UE rivelano picchi molto diverD -4.98 -2.23 7.57 6.73 si, rendendo difficile un confronto. B 77.51 80.90 41.96 29.31 Infine, altri risultati empirici, ottenuti da Dalena e Magazzino (2012), sul rapporto tra la spesa pubblica e le entrate in Italia tra il 1862 e il 1993 dimoNote: IQR è il range interquartile. strano che l'ipotesi "tassa e spendi" come motore della crescita economica trova sostegno empirico durante il periodo liberale. Al contrario, gli anni tra Fonte: nostre elaborazioni su dati in Forte (2011). le due guerre sono in hnea con l'ipotesi "spendi e tassa", Infine, l'ipotesi di Nell'intero periodo 1861-2008, la correlazione tra crescita del prodotto "sincronizzazione fiscale" emerge in età repubblicana^. zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA e quota della spesa pubblica è quasi assente (-0,06). Lo stesso valore viene 3. Metodologia, dati e risultati della ricerca empirica Nelle nostre analisi si sono impiegati modeUi per l'analisi delle serie storiche, I dati utilizzati, sono quelti recentemente ricostruiti da Forte (2011) per l'ItaUa, Questi, per i periodi antecedenti agli anni '20 del Novecento, presentano PIE più alti di quelli utilizzati nello stiadio di Dalena e Magazzino (2012), in quanto riportano sugli anni precedenti le rivalutazioni del PIL effettxxate daU'ISTAT per i periodi successivi. Nella tabella 1 vengono presentate alcune statistiche descrittive delle principati variabili di peraltro assunto dal coefficiente di correlazione negli anni 1861-1914, mentre un'associazione negativa più consistente emerge nel periodo tra le due guerre (-0,25)^^. La correlazione tra spesa e entrate pubbliche è inferiore al 70% soltanto nel periodo 1946-1972 (tabella 2). Tab. 2 - Correlazione tra tasso di crescita economica, spesa pubblica ed entrate (Italia, 1861-2008) Variabile Ty.o Ty.T ro.T 1861-1876 1877-1895 1896-1914 1919-1939 1946-1972 1973-1992 1993-2008 -0.0564 -0.0251 -0.3780 0.0424 0.3320 -0.3279 -0.0812 0.0200 0.0711 -0.4871 -0.0325 -0.4284 -0.3903 0.0457 0.8631 0.9674 0.9109 0.8472 0.3822 0.8877 0.7030 Si noti ciie i risultati riportati fanno riferimento a due modelli diversi, e cioè: zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA y = f(G/Y,(Gm [1] Nota: è stata applicata la correzione di Bonferroni. y = f(G/Y.A'(G/Y)) [2] ^ Come è noto nella letteratura sull'argomento, l'ipotesi "tassa e spendi" implica che La crescita mediatici PIL è stata pari ah'1,36% tra ti 1861 e h 1914(con variazioni delle entrate provochino variazioni di spese; l'ipotesi "spendi e tassa" prevede, accelerazioni neU'"età giolittiana" in virtù detie spese militari); poi essa è invece, ohe una modifica delle spese conduca a modifiche delle entrate. L'ipotesi di "sincroaumentata al 2,58% tra il 1919-1939, salendo al 5,15% fra il 1946 e ti 1972, nizzazione fiscale" indica che tra le due variabih sussista un nesso di causalità bi-direzionale; infine, l'ipotesi di "neutralità" prevede che non sussistano legami di causalità tra spesa ed entrate pubbliche. Per una rassegna della letteratura e applicazioni empiriche si rinvia a * Questi dati si riferiscono ad aggregazioni periodali analizzate ma non riportati nelle Magazzino (2013a, 2014) e Dalena e Magazzino (2012), tabelle. 176 777 e riducendosi al 2,55% nel periodo 1973-1992 e infiire all' 1,33% negli anni 1993-2008. Il rapporto spesa pubblica/PIL, invece, è aumentato molto lentamente (attestandosi attorno al 10%o) nei primi tre sotto-periodi. NegU anni della Destra Storica (1861-1876), la dimensione del govemo era pari al 9,40%, per poi crescere all'11,04% con la Sinistra Storica (1877-1895), e all' 11,36 nell'epoca giolittiana. Fino alla Prima Guerra Mondiale sono stati registrati, dunque, un aumento della spesa pubblica/PIL e il tasso di crescita economica più basso. Nel ventennio 1919-1939, questo rapporto è aumentato fino a una media del 21,21%) ed è aumentato ancora durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale, mentre tra il 1946 e il 1972 è sceso al 18,79%. Infine, tra il 1973 e il 2008 c'è stato un aumento, che ha portato questo rapporto al 47,09%. zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA Tab. 3 — Variabili di finanza pubblica e crescita economica (Italia, medie aritmetiche) J861-2008, Variabile 1861- 1877- 1896- 1919- 1946- 1973- 1993- y 1876 0.9795 1895 0.5938 1914 2.0394 1939 2.5848 1972 5.1457 1992 2.5540 2008 1.3292 G 9.4026 11.0396 11.3581 21.2117 18.7786 35.4334 47.0899 T 9.4713 11.0441 11.4304 19.6193 16.5751 33.9329 47.8112 D 0.0687 0.0045 0.0723 -1.5924 -2.2035 -1.5007 0.7213 B 62.1030 91.8220 85.4657 100.3404 31.3472 72.3575 111.2603 1877. Il periodo di decollo coincide in gran parte con la cosiddetta età giolittiana caratterizzata da una politica liberale di centro-sinistra. Nell'ultima parte dell'età in questione, vi è stato un breve periodo di pace con govemi liberal-democratici più spostati a sinistra di queUi giolittiani, a causa dei mutamenti politici dovuti al suffragio universale. Inoltie la prima grande guema mondiale, che ha provocato un aumento anomalo della spesa pubblica ma anche un'inflazione che ha ridotto il in termini reali il connesso aumento del rapporto tra debito pubblico e PIL. La figura 1 riporta l'andamento deUe variabili fiscali e della crescita italiana dati'Unità al 1918. Per evitare di inquinare le medie dei vari periodi, con i dati anomali dovuti alle due grandi guerre, nel calcolo delle medie di cui alla tabella 3 e nella successiva ricerca econometrica, abbiamo espunto gti anni 1915-1918 e 1940-1945, in cui l'Itatia fu attivamente coinvolta nei conflitti. Possiamo osservare una crescita continua della spesa pubbtica sul PIL dal 9,40% deU'età deUa Desti-a Storica ("incubazione"), all' 11,04% nell'età del decoUo, al 21,21%o neU'era deU'industrializzazione. Tale percentuale rimase quasi stabtie neUa prima parte deU'età neo-capitatistica per poi crescere e arrivare al 47% nella "nuova era europea". E le entiate ebbero un andamento simile, L'analisi ecometiica per valutare l'eventuale presenza di una curva BARS è stata svolta attraverso la stima dei possibili effetti non lineari della spesa pubblica, assumendo che il tasso di crescita sia ima funzione positiva del termine lineare di spesa, e una funzione negativa del suo quadrato; a+zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIH l 3 j G , + l32G^+yU,+ s,[3J Tuttavia, la media sui 150 anni nasconde differenze molto rilevanti. Dividiamo pertanto l'intero periodo in cinque sotto periodi (tabella 3) che sono, rispettivamente: 1. "l'età di incubazione", in cui nasce e si sviluppa lo Stato italiano (essa è divisa in due sotto periodi ossia quello di crescita 1861-1876 e quello di crisi 1877-1895); 2. il "decollo", nel periodo 18961914; 3. "l'età dell'industrializzazione" che ha luogo nel ventennio 19191939; 4. r" repoca neo-capitahstica" (anch'essa divisa in due sottoperiodi ossia 1946-1972 di crescita e 1973-1992 di crisi); 5. la "nuova era europea" del 1993-2008 fino all'ultima crisi. Occorre attentamente considerare, poi, gli importanti cambiamenti politici che hanno influenzato la dimensione del govemo e le pohtiche fiscah e monetarie nelle varie fasi economiche. Il primo periodo, quello deh'incubazione, perciò, è stato ulteriormente suddiviso in due sotto-periodi, quello dei governi hberali della Destra Storica a partire dal 1861, e queUo dei govemi liberal-democratici deha Sinistia Storica e dei "tiasformistì" dal Il termine di secondo grado indica una produttività marginale decrescente della spesa pubbtica. La quota di spesa sul PIE che massimizza la crescita economica basata sull'equazione quadratica [3] può essere dedotta dall'equazione del vertice di una parabola. Globalmente (tabeUa 4), sino alla Prima Guerra Mondiale, l'aumento moderato della spesa pubbtica sul PIE è stato accompagnato da una crescita del prodotto aggregato moho modesta che, in base alla curva BARS da 178 179 AY,= dove; i pedici t sono associati a ciascun anno, AY è il tasso di crescita della produzione; G corrisponde alla spesa pubblica in percentuale del PIE, U è un insieme di variabili di controllo (come ad esempio la disoccupazione) per catturare i cicli economici, e, è la componente stocastica. L'ipotesi della presenza della curva BARS è verificata sezyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTS zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDC PJ>0 e <0 non possono essere respinte. Hq; Hq: /32 Fig. 1 - Spesa pubblica, entrate e crescita economica in Italia, 1861-1918 (% sul zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA Tab. 4 - Stime della curva BARS (Italia. 1861-1914) PIL) Variabiledipendente: y G 1861-1876 1.3371" (0.6675) 1877-1895 1.1113** (0.5458) 1896-1914 1.0243*" (0.3994) -3.5288"* (1.5866) -4.4504** (2.0299) -2.9239*" (1.0692) -12.4281"* (1.9651) - - Riforme fiscali 13.9752*** (2.3790) - - Inflazione -1.1123'" (0.0876) -0.2353 (0.3917) -0.8293*" (0.3052) G^ Guen-e Popolazione -2.5300** (1.0159) 14 19 19 (0.1) (0,1) (1,1) Wald (0.0000) (0.0000) (0.0000) Aie -91.5192 -131.357 -123.6007 BIG -97.2707 -136.0792 -128.3229 L 36.7596 60.6785 56.8004 G 9.40 11.04 11.36 G* 18.95 12.49 17.52 9.55 1.45 6.16 ARMA G*-G 180 5.7867* (3.52109) 47.0235" (18.5940) -3.0024** (1.4606) N noi stimata, risulta minore di quella che si sarebbe potuta realizzare con una spesa più elevata. Ovviamente, la distinzione del periodo in cinque sottoperiodi comporta elementi arbitrari che influenzano i valori dei conseguenti cambiamenti medi nella spesa pubblica. Tuttavia, ciò che emerge è che la proposizione derivata dalla curva BARS viene confermata per l'Italia dal trend di lunghissimo periodo, sia nel periodo monarchico che in quello repubblicano. Le stime disaggregate degU intervalli di tempo fra il 1861 e il 1914 per il periodo della Destra Storica (1861-1876), deha Skiistra Storica e del "Trasformismo" (1877-1895) e dell'età giolittiana (1896-1914) a cui è succeduto il suffragio universale maschile, mostrano la presenza di una curva BARS (tabella 4). Tra il 186le il 19141a dimensione effettiva dell'operatore pubblico fu pari al 10,69%, in linea con il valore assunto da quella variabile nello stesso periodo storico in altri paesi (Tanzi e Schuknecht, 2007), quando le pohtiche di bilancio erano ispirate al principio della fmanza ortodossa (o neutrale). Leroy-Beaulieu (1879) sosteneva che ima pressione fiscale pari al 12% della produzione nazionale era già esorbitante e gravida di pericoh per la crescita e la libertà economica. 8.5543** (4.0666) -3.7076** (1.9022) Costante Note: errori standard robusti in parentesi, livelli di significatività: * 10%, ** 5%, *** 1%. Ritornando alla tabella 3 e analizzando la dinamica del saldo di bilancio in rapporto al PIL, si trova che nel periodo deha Destra Storica la sua media è stata pari allo 0,07%) mentre, durante gli anni della Sinistra Storica si è avuto un sostanziale pareggio di bilancio. Gli anni di Giolitti e della successiva epoca hberal-democratica, sino al 1914, hanno di nuovo dato luogo a un avanzo medio dello 0,07%, contenuto sohanto a causa degli ultimi tre anni, poiché l'epoca giolittiana era stata caratterizzata da un piccolo avanzo di bilancio. Durante il fascismo, l'aumento delle entrate pubbliche è stato inferiore a quello della spesa, producendo un deficit di bilancio medio pari all'I,59%); nel periodo 1946-1972 si è assistito, invece, a piccole oscitiazioni di spesa che, assieme a un aumento delle entrate, ha portato il rapporto deficit/PIL medio a contrarsi. Infine, nel periodo 1973-2008, il forte aumento delle spese si è accompagnato con l'aumento meno accentuato delle entrate pubbliche, con conseguenti deficit strutturali marcati e, di conseguenza l'esplosione del debito. Il rapporto debito/PIL nel 1881 ha superato la soglia del 90%, evento 181 che, secondo Reinhart e Rogoff (2010), rappresenta un peso insostenibile sulla crescita economica di lungo periodo. Ma questa proposizione andrebbe verificata per l'epoca della Destra e della Sinistra Storica, dato che a essa è seguito im periodo di crescita sostenuta, in cui il rapporto debito/PIL si è progressivamente ridotto. E il rapporto tra debito pubblico e PIE in Italia non è più tornato al di sotto del 90% per oltre un ventennio, sino al 1903, quando erano già trascorsi sette anni dell'epoca giolittiana. Sempre secondo la tesi di Reinhart e Rogofi^ (2010), l'espansione della spesa, a qualsiasi hvello percentuale essa si collochi, genererebbe un aumento di PIE nel breve, ma un rallentamento maggiore nel lungo periodo. Invece, la soglia stimata da CecchettizyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA et al. (2010), pari aU'85%, fu superata nel 1881 (90,72%). Ci voUero 25 armi perché il rapporto debito/PIE tornasse a un valore inferiore (82,33% nel 1906). L'esistenza di una relazione negativa tra il rapporto debito/PIL e la crescita della produzione italiana nel periodo 1861-2010 è confermata dai risultati di Balassone et al. (2011). Ovviamente, esiste una corrispondenza biunivoca tra il debito pubblico e la crescita ma, anche prescindendo dai cicli esogeni, rimane complicato spiegare un periodo di due decenni con andamenti del PIE che osciUano fra ti +7% e il -4,8%. Le proposizioni di Reinhart e Rogoff (2010) e di Cecchetti et al (2010) non sembrano valere per l'Itatia, in questo periodo, anche perché la spesa effettiva dal punto di vista deUa crescita del PIE, nel periodo 1861-1914, appare inferiore a quella ottimale (tabella 4). Occorrono ulteriori ricerche, che stiamo effettuando, per verificare se, in questo periodo, ima maggiore spesa con un maggiore deficit e un maggior rapporto debito/PIL avrebbe consentito un aumento del PIE o se sarebbe stato necessario rm maggiore flusso di entrate, onde accrescere la spesa senza aumentare il debito. È più probabile che i limiti alla crescita trovino origine neUa difficoltà del govemo di aumentare i tributi, cosi come neUa contrazione della spesa per investimenti rispetto a quella corrente difesa dalle varie lobby. Il periodo successivo coincide, per la maggior parte, con il ventennio fascista che si concluse con la Seconda Guerra Mondiale e l'Italia divisa in due. Nel 1946 nacque la Repubblica che cambiò il paese, con il ritomo alla democrazia e il mutamento di forma di Stato. Il periodo neo-capitalista dal punto di vista politico può essere fatto coincidere con la Prima Repubblica (1946-1992) caratterizzata dal sistema elettorale proporzionale e il confrontoti-apartiti con stmtture tiadizionali, nell'ambito della divisione del mondo sviluppato in due blocchi: da un lato i paesi democratici e dall'altro i paesi comunisti. 182 Nonostante tale demarcazione, in tale lungo periodo l'Italia ebbe importanti cambiamenti potitìci, che influenzarono la dimensione del settore pubblico e le politiche fiscali e monetarie. Ciò induce aUa suddivisione del periodo in due ulteriori sotto-periodi: il primo dominato da una crescita sostenuta, anche se decrescente, prima con i govemi di centro, dal 1946 al 1962, e poi con quetii di centro-sinistra, dal 1962 al 1972, il secondo caratterizzato da una crescita ancora minore prima neUa fase della "sotidarietà nazionale", dal 1973 al 1981, e poi con govemi di centro-sinistra dal 1982 al 1992. L'ultimo periodo, queUo della "Seconda Repubblica", è caratterizzato dall'emergere di nuovi partiti e coalizioni politiche sotto le spinte della modifica del sistema elettorale e degli adempimenti derivanti dalla partecipazione aU'Unione Monetaria Europea. La figura 2 riporta l'andamento detie variabiti fiscali e della crescita economica in Italia nel periodo 1919-2008. Fig. 2 - Spesa pubblica, entrate e crescita economica, Italia, 1919-2008 (% sul PIL) 1920, 1940 1960 1980 2000 • Anno Crescita Entrate economica Spesa pubblica Le stime presentate neUa tabella 5 mostrano come la quota ottimale di spesa pubblica dalla Seconda Guerra Mondiale a oggi si sia avvicinata al 40,50%. 183 zyxwv Si può notare clie questi valori non differiscono molto tra di loro e, soprattutto, sono in linea con le stime (sempre per l'Italia nel secondo dopoguerra, ma con diverse fonti di dati) di Forte e Magazzino (2011), Pevcin (2008) e Magazzino (2008, 2010b). Inoltre, è interessante sottolineare che le riforme fiscali intraprese in questo periodo haimo rappresentato un freno alla crescita, creando una tensione fiscale al posto di un alleggerimento m chiave anticichca. zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA Tab. 5 - Stime della cwva BARS (Italia, 1919-2008) Variabile 1919-1939 1946-1972 1973-1992 6.0211' (3.1056) 2.6106' (1.4747) 15.4875*' (6.4367) 14.8580 * (9.3122) 4.9463*" (1.1089) G^ -15.3661* (8.2019) -5.7140*" (2.0360) -22.9142* (11.4261) 20.9493 * (12.7051) -6.5750*" (3.2191) Riformefiscali 7.1931"* (3.0175) -0.1908*" (0.0490) 2.7147* (1.5980) -0.9192*" (0.0177) -0.5706 (1.0977) -0.7567'** (0.0808) 0.0175 (0.2789) 0.6349 * (0.3775) 0.0538 (0.0736) -0.5911*" (0.0857) 12.9548* (6.8745) 3.4621*" (1.3159) 21.9466*" (0.1216) 32.5681 (30.6301) 6.1155* (3,1701) Disoccupazione - Apertura - Costante -12.3832 (7.8307) -0.5773*" (0.0891) 5.5310" (2.2927) -6.6083" (0.5367) -1.3748*" (0.5238) 22.4014*" (6.2480) 23.7629"* (13.9887) -0.0217 (0.2615) 17.57691*" (3.3392) 40.2839 (31.5446) -0.1401* (0.0782) -3.9690 (4.5948) 6.7186 (5.8412) dipendente: y G Inflazione Popolazione N 1993-2008 1973-2008 21 26 20 15 35 (0,1) (0,1) (1.1) (0,1) (0,0) (0.0000) (0.0000) (0.0000) (0.0000) (0.0000) Aie -120.3066 -106.5408 -88.5696 -53.5277 -155.1933 BIG -128.6627 -117.8636 -98.5269 -59.9002 -167.6361 L 52.1533 44.2704 34.2848 17.7639 69.5966 G 21.21 18.95 35.43 47.09 40.61 G* 19.59 22.84 33.79 35.46 37.61 G*-G -1.62 3.89 -1.64 -11.63 -3.00 ARMA Wald Note: errori standard robusti in parentesi, livelli di significatività: * 10%, ** 5%, *** 184 Nel periodo dell'industrializzazione l'aumento moderato della spesa si è accompagnato a un aumento del 2,04% del tasso di crescita, ma l'analisi mostra che con una spesa minore la crescita sarebbe stata maggiore. Nella prima parte dell'epoca repubblicana, relativa al sotto-periodo della fase centrista, la modesta crescita della spesa è stata accompagnata da un'alta crescita del PIL, e la nostra analisi mostra che la crescita della spesa è stata minore di quella coerente con la massimizzazione del tasso di crescita del reddito, Negh anni successivi, l'aumento continuo della spesa si è collegato a rma riduzione del tasso di crescita del PIL, e i risultati del nostro modello mostrano che, in effetti, un contenimento della spesa avrebbe potiito costituire un volano per la crescita. Nel periodo tra le due guerre mondiali, la dimensione ottimale deU'operatore pubblico era pari al 19,59%), ma la spesa media effettiva - pari al 21,21% - ha dovuto tener conto degti anni della Grande Recessione, ed è stata comunque in linea con il tetto del 25% posto da Keynes (1936), Tuttavia, l'economista britannico si riferiva a stati con uno sviluppo industiiale più maturo di queUo italiano nel primo Novecento; peraltio, in questo periodo di elevata crescita del PIL (2,58% in media) la spesa effettiva eccede quella stimata come ottimale. Invece, nel periodo fra il 1946 e il 1972, in cui l'Itatia enti-ava oramai in una fase di sviluppo paragonabile a quella degti altri paesi neo-capitalisti (sebbene non ancora alla pari con essi), la spesa media si attestò su im valore del 18,95%) mentre il livello ottimale risulta più elevato (22,84%). Nella fase successiva la situazione si invertì; la spesa sati mediamente al 35,43% mentie quella ottimale era del 33,79%, e il divario in eccesso che genera una tendenza al rallentamento della crescita del PIL risulta deh' 1,64%, in linea con il risuhato ottenuto per il ventennio fascista. Inoltre, considerando la tendenza alla crescita della spesa che ne seguì, si può anche rimpiangere l'eccesso precedente di prudenza. In effetti, mentre nel periodo 1973-1992 la spesa saliva al 35,43% e ti corrispondente valore ottimale si coUocava poco al di sotto (al 33,79%) con un eccesso analogo - e dello stesso segno - a quello del periodo fra le due guerre mondiali, differenze importanti si notano nell'ultimo periodo.tra le spesa ottimale (35,46%o) e la sua media (47,09%), con evidenti effetti negativi sulla crescita economica, come precedentemente evidenziato. In sintesi, i risultati contenuti nella tabella 6 mostrano che la media e la mediana della quota di spesa pubblica sul PIL sono molto simili in ogni sotto-periodo, facendo intuire la normalità della distribuzione della serie. Inoltie, è evidente come l'ampliamento delle dimensioni del settore pubblico nella fase iniziale abbia giovato al processo di crescita, giacché le nuove 185 della cm-va BARS. Ridurre le imposte, qualora si iimescasse un "effetto Laffer", migliorerebbe lo stato delle finanze pubbliche, aumentando le Periodo zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA G (%PIL) GMed,a„J%PlL) G* (%PIL) y(%) zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA entiate (EC, 2011). Va notato che le prescrizioni suUe politiche economiche derivanti da 1861-1876 9.40 9.39 18.95 0.9795 questa analisi mettono in dubbio l'esistenza di un trade-off tra austerità e 1877-1895 11.04 10.97 12.49 0.5938 crescita per i responsabili politici dal momento che i piani di consolida1896-1914 11.36 11.13 17.52 2.0394 mento fiscale contiibuirebbero a raggiungere entiambi gli obiettivi, se le 1919-1939 21.21 19.51 19.59 2.5848 curve di Laffer e BARS trovano evidenza empirica, 1946-1972 18.95 18.24 22.84 5.1457 I risultati precedenti devono essere confrontati con quelli relativi alla composizione deha spesa (Forte e Magazzino, 2014; Magazzino, 2012b): 1973-1992 35.43 34.90 33.79 2.5540 che nessuna voce di spesa pubbtica causa, nel senso di dal momento 1993-2008 47.09 46.94 35.46 1.3292 Granger, il reddito complessivo, i tagti alla spesa pubblica non dovrebbero 1973-2008 40.61 44.65 37.61 1.9849 avere un impatto negativo sulla crescita, E evidente che la composizione della spesa conta, avendo un effetto non marginale sul sentiero di crescita di un paese. Pertanto, riallocare le risorse pubbliche improduttive verso voci Spese andavano a soddisfare bisogni fondamentali e primari dei cittadini. più produttive (R&S o di investimento pubblico), stimolerebbe la crescita L'espansione delle spese e delle entrate ha permesso, fino ai primi anni '70 economica di lungo periodo. In altie parole, modificando la composizione del XX secolo, una robusta e costante crescita economica. Tuttavia, quando deUa spesa pubbhca e vai-iando il volume di singole poste di bilancio, si i compiti e i confini dello Stato si sono dilatati a dismisura, la sottiazione di avrebbe l'effetto di un ampliamento deU'effetto positivo della spesa sulla risorse al settore privato ha fatto sì che l'attività economica ne risentisse crescita economica (Magazzino, 2013b). negativamente, a tal punto che la media del tasso di variazione del PIL per Inoltre, tagli alla spesa pubblica contribuiscono al conseguimento di un la Seconda Repubblica è stata solo lievemente superiore a quella registrata avanzo primario e quindi alla riduzione del debito, in un quadro più ampio sotto la Destia Storica, oltre un secolo prima, ma con il quintuplo di spesa di consohdamento rispetto ai virtuosi govemi ottocenteschi. zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA fiscale. Vanno, cosi ricordate le riforme stmtturali, di cui l'Itatia ha particolarmente bisogno, le quali sarebbero in grado di variare la spesa pubbhca e di promuovere la crescita economica; la rifoma del Welfare State insieme al completamento della revisione del sistema pensio4. Osservazioni conclusive e implicazioni politiche nistico, la revisione del sistema fiscale insieme alla riduzione della pressione fiscale, la riforma della giustizia, la riforma del mercato del lavoro, la I nostii risultati mostrano la presenza di ima relazione non lineare tra la revisione del sistema di Istmzione, una nuova architettura istituzionale, con dimensione del settore pubblico (misurata daUa quota deUa spesa pubbhca una semplificazione del quadro politico generale. Su questi temi, che sono sul PIL) e il tasso di crescita economica per l'Italia nel lunghissimo perioal di là di questa ricerca,è in corso un ampio dibattito (Bavetta e Navarra, do. In generale, indipendentemente dai dati usati - qui, quelli prodotti da 2012) che mira a richiamarne l'importanza. Forte (2011), in altre analisi, quelli della Commissione Europea - e le sudCome è stato sottolineato nel recente rapporto annuale della Banca dei divisioni temporali, la presenza di una dinamica parabolica tra le variabih Regolamenti Intemazionali (BIS, 2014), è necessario invece abbandonare emerge chiaramente. l'idea che il debito pubblico e privato possano essere il principale traino Pertanto, potiebbe essere individuato uno spazio di manovra consideredella crescita. Infatti, le politiche monetarie e fiscali aggressive impiegate vole per l'Italia, dato che gli incentivi alla crescita possono essere perseguiper evitare una replica dell'esperienza degh anni '30 si sono rivelate, alla ti attraverso un duplice percorso. Infatti, sia i tagli fiscah sia quelh alle spese lunga, una "medicina illusoria". concorrono al rafforzamento dell'attività economica, nel primo caso come Tab. 6 - Sintesi dei risidtatì effetto sul lato deh'offerta e come effetto di domanda compatibile con l'equilibrio della bilancia dei pagamenti, nel secondo caso come un effetto 186 187 Forte R, Magazzino C. (2014), "Economie growth and fiscal consolidation: the optimal mix between enrrent and investment public expenditure. The case of Afonso A., Jalles J.T. (2011), "Economie perfoiTnance and govemment size",zyxwvutsrqponmlkjihgfedcbaZYXWVUTSRQPONMLKJIHGFEDCBA ECB Europe", in Forte, F., Mudambi, R., Navarra, P. (eds.), Handbook of Alternative Working Paper, 1399. Theories of Public Economics, Edward Elgar, Cheltenham, pp. 342-367. Alesina A., Ardagna S. (2009), "Large changes in fiscal policy: Taxes versus spenGrier K., Tullock G. (1989), "An Empirical Analysis of Cross-natìonal Economie ding", Working Paper, 15438. 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(1998), Govemment Size and Economie Growth, Joint Economie Committee, Washington. 1. Introduzione Nel novembre 2013 la "Legge di Stabilità 2014" è ancora in bozze. Con senso dell'ironia. Luca Ricolfi ne sintetizzava così il contenuto: "Difficile parlare male di questa finanziaria (anzi 'Legge di Stabilità', ai politici piace cambiare i nomi alle cose). Difficile però anche parlarne bene. Perché nella sostanza, la Legge di Stabilità non eambia quasi nuha. Qualche entrata in più. Qualche spesa in più. Un po' di deficit in più, con il permesso dell'Europa (così almeno ci raccontano). Dal punto di vista macroeconomico non cambia praticamente niente, e quel poco che cambia è, come sempre, iscritto solo nei bilanci degli anni a venire (2015 e 2016), quando quasi certamente questo govemo non ci sarà più"^ Nel formulare questo giudizio. Luca Ricolfi era peraltro in buona compagnia. Secondo la gran parte dei commentatori infatti, la legge in oggetto ha sì contemplato un elevato numero di misirre specifiche, ma quasi tutte di modesto rilievo. Una sorta di bricolage formato da tanti frammenti, ma nessrma "scossa" sostanziale. Si poteva fare meglio? Probabilmente sì, anzi, sicuramente sì, come del resto suggerisce la stessa vicenda del Govemo Letta, caduto per eccesso di timidezza solo due mesi dopo le parole pronunciate da Ricolfi. Si dirà: sostenere sull'onda dell'insuccesso del Govemo Letta che si sarebbe potuto osare di più, ha il gusto del gioco intellettualistico che consiste nel dire a posteriori ciò che si sarebbe dovuto fare e non si è fatto, Per altio, questo è * Università Roma Tre. 'Ricolfi (2013), p. 1. 190 191 Il volume, che raccoglie i risultati di una ricerca del CREI di Roma Tre, ha avuto come riferimento la Legge di Stabilità per il 2014 e le sue novità sostanziali: una lieve riduzione del cuneo fiscale e la sostituzione dell'IMU con altre imposte sugli immobili. La Legge di Stabilità 2014 manca di consistenza oltre che di una visione strategica ed è perciò inadeguata a invertire le aspettative di continuazione della recessione, in corso dal 2008. Per una politica economica che doveva affrontare questi gravi problemi, dopo il superamento dell'emergenza finanziaria da parte del Governo Monti, con il contributo della BCE, la finanza pubblica italiana poteva fornire con difficoltà nuove risorse provenienti da un aumento della imposizione data l'alta pressione fiscale raggiunta. Per questa ragione, si è auspicato che il Governo Letta guardasse con maggiore interesse a una ricomposizione della spesa pubblica, con le risorse che potevano essere rese disponibili dall'aumento dell'IVA e dal processo di zyxwvutsrqpo spending review, al fine di consentire una riduzione consistente del cuneo fiscale come parte di una nuova politica industriale basata soprattutto sulle riforme strutturali che il Paese attende da anni. Con questo scopo, la ricerca ha guardato anche alle dimensioni del governo nel periodo post-unitario. L'auspicio espresso dalla ricerca effettuata dal CREI nell'anno precedente, che il nuovo Governo Letta potesse trarre utili elementi di riflessione dai suoi risultati, anche sul profilo redistributivo, è rimasto disatteso nell'attuale contesto politico caratterizzato da una politica economica esile e da una finanza pubblica pesante. Cosimo Magazzino è ricercatore confermato e professore aggregato di Econometria nell'Università Roma Tre. Ha Insegnato anche nella UNINT di Roma. Ha pubblicato monografie e saggi su temi di politica economica e di finanza pubblica. Gian Cesare Romagnoli è professore ordinario di Politica Economica nell'Università Roma Tre. Ha Insegnato anche nelle Università di Pisa, Urbino, Sapienza di Roma, Firenze. Partecipa a vari progetti di ricerca sulla politica economica Italiana ed europea.