Index
Quaderni camerti di studi romanistici
International Survey of Roman Law
estratto
39
2011
JOVENE EDITORE NAPOLI
Index
Quaderni camerti di studi romanistici
International Survey of Roman Law
Direttore Luigi Labruna
Condirettore Cosimo Cascione
Sotto gli auspici
della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Camerino
e del «Consorzio interuniversitario Gérard Boulvert
per lo studio della civiltà giuridica europea e per la storia dei suoi ordinamenti».
Organo del «Gruppo di ricerca sulla diffusione del diritto romano».
Presidente Pierangelo Catalano.
Comitato direttivo: Ignazio Buti, Luigi Capogrossi Colognesi, Pierangelo
Catalano, Luigi Labruna, Giovanni Lobrano, Sandro Schipani.
Comitato di redazione: Carla Masi Doria, Felice Mercogliano, Francesca
Reduzzi Merola.
Comitato scientifico:
Carla Masi Doria
Jean Andreau
Pascal Pichonnaz
Paris EHESS
Hans Ankum
Amsterdam
Ignazio Buti
Camerino
Luigi Capogrossi Colognesi
Roma Sapienza
Alessandro Corbino
Catania
Teresa Giménez-Candela
Barcelona Autònoma
Michel Humbert
Paris II
Rolf Knütel
Bonn
Giovanni Lobrano
Sassari
Napoli Federico II
Fribourg
Francesca Reduzzi Merola
Napoli Federico II
Alan Rodger †
London
Martin J. Schermaier
Bonn
Sandro Schipani
Roma Sapienza
Peter Stein
Cambridge
Gunter Wesener
Graz
Laurens Winkel
Rotterdam
Witold Wołodkiewicz
Warszawa
In redazione:
Valeria Di Nisio; Alessandro Manni; Aglaia McClintock; Fara Nasti; Carlo
Nitsch; Natale Rampazzo; Paola Santini; Caterina Trocini; Fabiana Tuccillo.
Segretaria: Daniela Piccione.
Index
Volume realizzato con l’intervento del «Dipartimento di Scienze giuridiche e politiche» dell’Università di Camerino e del «Consorzio interuniversitario Gérard
Boulvert per lo studio della civiltà giuridica europea e per la storia dei suoi ordinamenti» nell’àmbito della Convenzione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Lucio De Giovanni
Francesca Del Sorbo
Nunzio De Luca
Valeria Di Nisio
Barbara Abatino
Nunzia Donadio
Edoardo Ales
Iole Fargnoli
Virginia Amorosi
Andrea Forti
Ciro Attaianese
Giuseppe Galasso
Luisa Avitabile
Francesca Galgano
Raffaele Basile
Peter Garnsey
Maurice Bazemo
Vincenzo Giuffrè
Lucio Bove
Francesco Grelle
Ignazio Buti
Paolo Grossi
Aránzazu Calzada
Luigi Capogrossi Colognesi Francesco Guizzi
Ella Hermon
Loredana Cappelletti
Natalino Irti
Adelaide Caravaglios
David Kremer
Cosimo Cascione
Luigi Labruna
Sabino Cassese
Francesca Lamberti
Pierangelo Catalano
Abdurachim G. Chalikov Orazio Licandro
Machkam A. Machmudov
Ato Chamdam
Alessandro Manni
Alfredo Contieri
Carla Masi Doria
Alessandro Corbino
Salvatore Antonio Cristaldi Aglaia McClintock
Rosa Mentxaka
Floriana Cursi
Scritti di:
Felice Mercogliano
Valerio Massimo Minale
Luciano Minieri
Federica Miranda
Caterina Montagnani
Fara Nasti
Giovanni Nicosia
Carlo Nitsch
Paola Pasquino
Fulvio Pastore
Pascal Pichonnaz
Natale Rampazzo
Salvo Randazzo
Francesca Reduzzi Merola
Alan Rodger
Rosalía Rodríguez López
Paola Santini
Gianni Santucci
Martin J. Schermaier
Laura Solidoro Maruotti
Tullio Spagnuolo Vigorita
Armando Torrent
Fabiana Tuccillo
Witold Wołodkiewicz
La pubblicazione di articoli e note proposti alla Rivista è subordinata alla
valutazione positiva espressa su di essi (rispettando l’anonimato dell’autore
e in forma anonima) da due lettori scelti dal Direttore in primo luogo tra i
componenti del Comitato scientifico internazionale. Ciò in adesione al
comune indirizzo delle Riviste romanistiche italiane (AG., BIDR., SDHI.,
Iura, Index, RISG., Roma e America, Diritto@storia, TSDP.), in seguito alle
indicazioni del gruppo di lavoro promosso dal Consorzio interuniversitario
Gérard Boulvert e a conseguenti delibere del CUN e del CNR.
Gli autori sono invitati a inviare alla Rivista insieme con il testo da pubblicare un abstract in lingua diversa da quella del contributo e «parole chiave»
nelle due lingue.
Copyright 2011 by Jovene Editore s.r.l. - Napoli
Registr. Trib. Camerino nr. 1 del 14.3.1970 - L. Labruna dir. resp.
Printed in Italy - Fine stampa luglio 2011 - Ink Print Service - Napoli
La valutazione
Appunti in tema di valutazione:
criteri per le riviste nell’àmbito delle scienze giuridiche
Cosimo Cascione
1. Una breve premessa. – La nascita delle principali riviste giuridiche
italiane, tra seconda metà dell’Ottocento e primi del Novecento, s’identifica fortemente con le personalità dei fondatori, tanto che alcune delle piú
antiche hanno poi incorporato nella titolatura stessa il nome degli iniziatori o dei primi piú rilevanti direttori. Porto gli esempi maggiormente significativi: l’Archivio Giuridico Filippo Serafini1 (una delle piú risalenti riviste giuridiche italiane che ancora si pubblicano, dal 1868), il Bullettino
dell’Istituto di diritto romano Vittorio Scialoja, fondato nel 18882, che ha
avuto nella lista dei suoi direttori fino a oggi una teoria di principes del diritto romano3, ancora (forse in una dimensione territoriale piú ristretta) il
Circolo giuridico Luigi Sampolo4, che risale al 1870.
Gli ecisti delle riviste sono stati i pilastri dell’accademia italiana tra
Otto e Novecento, spesso capostipiti (o continuatori) di dinastie universitarie (come Serafini e Scialoja, tra i nominati). Il loro impegno per i rispettivi periodici significava ovviamente formazione di rapporti di potere
(accademico, ma non solo: anche nel confronto con le Corti, in un periodo in cui il genere letterario della nota a sentenza aveva, per diversi motivi, un peso molto piú rilevante rispetto ad oggi), ma anche di un sapere
(dottrinale, storico, critico, culturale), che non poco contribuí alla rinascita della scienza giuridica del nostro Paese5.
* Traggo questi appunti dalla traccia della relazione tenuta nell’Aula Marconi
del CNR (Roma), il 14.2.2011, su «La valutazione della ricerca nelle scienze umane e
sociali: il quadro nazionale ed europeo», nell’àmbito della giornata di lavoro dedicata
a ‘La valutazione della ricerca nelle scienze giuridiche: lavoro svolto e prospettive di
sviluppo condiviso nell’area 12’, e dell’intervento svolto in occasione dell’Assemblea
della SISD del 30.5.2011. Le annotazioni sono solo quelle che mi sono parse essenziali.
1 In realtà l’Archivio fu fondato da Pietro Ellero, penalista professore a Pavia e a
Bologna, poi giudice della Cassazione romana e membro del Consiglio di Stato, che
per tristi motivi familiari ne abbandonò la direzione (su di lui, per tutti, si v. l’accurato
articolo di C. Vano, s.h.v., in DBI. XLII [Roma 1993] 512 ss., spec. 517). 2 Sulla storia del Bullettino si v. M. Talamanca, Un secolo di Bullettino, in BIDR. 91 (1988
[pubbl. 1992]) ix ss. 3 E oggi, non a caso, in una situazione piú restia a riconoscere e
convalidare primazie accademico-scientifiche, è diretto da un gruppo di professori romanisti della Sapienza romana. 4 Dati su queste riviste, con indicazione di fondatori,
direttori e principali collaboratori, nel prezioso lavoro curato da C. Mansuino, Periodici giuridici italiani (1850-1900). Repertorio (Milano 1994) 24 ss., 42 s., 47 ss.; ivi la registrazione dei cambiamenti di denominazione. 5 Sul ruolo dei periodici nell’àmbito
594
COSIMO CASCIONE
[2]
Tutto il sistema, per decenni, funzionò attraverso una legittimazione
di tipo carismatico, poi (secondo una caratteristica traiettoria di sviluppo
descritta da Max Weber6) anche tradizionale. La garanzia della bontà
della rivista e, di conseguenza, di quanto vi compariva, era data dall’autorevolezza dei direttori, che non avrebbero accettato contributi di livello
scadente. La gestione dei periodici (e piú in generale di quella che ora si
chiama valutazione, cioè il vaglio preventivo alla pubblicazione) era organizzata secondo un principio di autorità, ispirato a opzioni tendenzialmente aristocratiche di scelta dei migliori, attraverso il riferimento al
mondo dei valori, caratterizzato ovviamente da forte soggettività delle
scelte, temperata da una altrettanto significativa etica di gruppo. Tutto ciò
in un contesto nel quale l’insegnamento universitario (quello giuridico in
particolare) aveva grande rilevanza sociale7.
Cosí si formavano anche rapporti di rango, ovviamente non ufficiali
(non per questo meno rigorosi), tra le diverse pubblicazioni: quelle con taglio locale e quelle invece poste al vertice nazionale, che in alcuni campi
divenne in breve tempo internazionale (come per il Bullettino citato, in
virtú dell’auctoritas di Scialoja e della naturale sconfinatezza del diritto romano). Abbastanza presto si formarono consigli e comitati scientifici, nei
quali si ramificavano alleanze accademiche, ma anche – nei periodici piú
vicini all’attività pratica (dunque in primo luogo quelli giurisprudenziali)
– rapporti tra l’Università, le professioni liberali e la magistratura. Uno
strumento serio di controllo era allora costituito dal dibattito scientifico
(che peraltro si diffondeva su un contesto problematico molto piú limitato
rispetto all’attualità, con maggiore capacità di controllo dei singoli studiosi), nel quale i nostri patres non si risparmiavano (in nome della
scienza, talvolta anche delle lotte – di tanto in tanto asperrime – tra le
scuole), fino alla polemica. Le recensioni (altro genere oggi alquanto screditato) erano di frequente un’arma strategica, talvolta addirittura letale.
Insomma, si trattava di un sistema di autocontrollo, saldamente nelle mani
del ceto accademico dirigente.
Oggi quel tipo di legittimazione ha perso gran parte della sua sostanza. Le riviste si sono moltiplicate a dismisura. Il rigore nel controllo
del pubblicato si è il piú delle volte allentato. I consigli scientifici si sono
allargati e hanno funzionato poco o male. I maestri non s’impegnano, di
solito, nella discussione. Le recensioni si affidano troppe volte a principianti; anche quando a scriverle sono studiosi affermati, logiche diverse da
quella critica hanno non di rado il sopravvento.
Al contempo, le critiche al ceto e al sistema universitario aumentano,
da parte della politica e dell’opinione pubblica, informata (talvolta solo
della scienza giuridica si v. almeno P. Grossi (cur.), La ‘cultura’ delle riviste giuridiche
italiane. Atti del primo incontro di studio. Firenze, 15-16 aprile 1983 (Milano 1984) e
poi il volume monografico dei Quaderni Fiorentini 15 (1987).
6 Economia e società I. Teoria delle categorie sociologiche (tr. it. Milano 1961) 207
ss. 7 Cfr. A. Schiavone, Un’identità perduta: la parabola del diritto romano in Italia, in
Id. (cur.), Stato e cultura giuridica in Italia dall’Unità alla Repubblica (Roma-Bari 1990)
275 ss.
[3]
APPUNTI IN TEMA DI VALUTAZIONE
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del peggio, che disgraziatamente fa notizia) dai mezzi di comunicazione di
massa. A queste critiche generali, per gli umanisti si aggiungono quelle
che provengono da settori disciplinari (quelli cd. scientifici) che da piú
tempo (seguendo tendenze di matrice statunitense soprattutto) si sono
emancipati dal modello sopra esposto. Sciaguratamente non mancano (accanto alla seria comprensione delle diversità) interventi beceri di qualche
guru dello scientismo contemporaneo.
La figura del ‘Barone’ (che in realtà non esiste piú, almeno nella dimensione che possedeva nell’Università fino a qualche decina d’anni fa) e
quella di un mondo accademico prevalentemente corrotto e mal funzionante sono ormai un tópos della pamphlettistica contemporanea8, in parte
giustificato da reprensibili (purtroppo talvolta non perseguiti) comportamenti di alcuni professori. Il rimedio predicato da ogni dove è la moralizzazione, che in un mondo prevalentemente diseticizzato come il nostro significa, in sostanza, sottoposizione dei comportamenti a procedure sostitutive dell’ordine morale. Con riferimento alle riviste, alla loro gestione,
alla qualità dei contenuti, la procedura di controllo che è molto diffusa negli àmbiti delle scienze ‘dure’ o ‘esatte’ (le quali, per diversi motivi, che
qui non si possono esaminare, ma che sono, in parte anche intuitivamente,
comprensibili a tutti, costituiscono un po’ il modello della moderna scientificità) è quella di una valutazione in una certa misura indipendente dalla
direzione, attuata con modalità e criteri diversi (ma tendenzialmente
‘freddi’, oggettivi, sganciati dalle scelte soggettive), sui quali esistono ormai una letteratura già amplissima e opinioni non sempre concordanti.
2. Le prospettive delle Scienze giuridiche. – Per questi motivi, com’è
noto, oggi, sia nei singoli Atenei, sia in àmbito nazionale e internazionale,
la valutazione della produzione scientifica, ormai anche normativamente
prevista9, ha assunto un ruolo centrale ai fini della ripartizione dei fondi
per la ricerca e del reclutamento. Rispetto a tale situazione è apparsa necessaria una risposta unitaria alle connesse e delicate questioni da parte
dell’area 12 (Scienze giuridiche). La riunione di oggi, che chiama tutti i
giuristi a una discussione congiunta e a un’operatività condivisa, è perciò
un merito grande degli organizzatori. Per i settori che confluiscono nella
nostra area, infatti, le istanze di allineamento con i criteri di valutazione
internazionale prevalenti nelle scienze naturali, fisiche, matematiche, biomediche e cosí via, da un lato, e di internazionalizzazione degli studi, dall’altro, pongono problemi peculiari e assai delicati, di carattere sia scienti8
Senza risalire agli exploits di Raffaele Simone (e ricordando, invece, l’inquietante, ma divertente, F. Attena, Psicopatologia della carriera universitaria [Roma
1995]), cito qualche titolo (con sottotitoli, spesso significativi) di libri diffusi negli ultimi anni: C. Zagaria, Processo all’Università. Cronache dagli atenei italiani tra inefficienze e malcostume (Bari 2007); D. Carducci, A. Castaldo, Un paese di baroni. Truffe,
favori, abusi di potere. Logge segrete e criminalità organizzata. Come funziona l’università italiana (Milano 2008); R. Perotti, L’università truccata. Gli scandali del malcostume
accademico. Le ricette per rilanciare l’università (Torino 2008). 9 L. 1/2009, art. 3-ter,
co. 1, 3, 4.
596
COSIMO CASCIONE
[4]
fico, sia culturale, sia organizzativo, sia di gestione di tecniche e metodi.
L’urgenza di criteri (anche minimali ma) uniformi è fortemente determinata, inoltre, dalla necessità di una risposta di razionalizzazione rispetto
alla proliferazione di sedi, centrali e periferiche, che già agiscono, per la
valutazione, in base a criteri di volta in volta diversi, perché funzionali alle
differenti competenze che ognuna di loro riceve da norme di vario tipo e
rango ovvero si attribuisce in nome dell’autonomia (basti pensare all’intrico di competenze tra Ministero, CEPR, ANVUR, CUN, CNR, singoli
Atenei con i loro Osservatori e le Commissioni che coadiuvano i rettori,
istituzioni regionali ed europee e cosí via). Ciò incide materialmente sulla
vita quotidiana di tutti gli universitari. E troppo di frequente, per l’estraneità dei criteri qua e là vigenti rispetto ai nostri metodi di lavoro, gli umanisti – e i giuristi in particolare – ne escono svantaggiati.
L’idea di una riflessione comune, allargata a tutti i settori dell’area
sul tema della valutazione è perciò quanto mai opportuna e s’iscrive perfettamente nel percorso che, per iniziativa del prof. Labruna, è stato
svolto da un’équipe di romanisti innanzitutto, prima nella riunione di
tutte le riviste romanistiche italiane, con le principali che escono on-line e
alcune generalistiche che hanno un’importante matrice romanistica10,
presso il Consorzio interuniversitario Gérard Boulvert (maggio 2009) e
poi nel Gruppo di lavoro promosso dal Consiglio Scientifico Generale del
CNR (ottobre 2009-gennaio 2010), che ha coinvolto decine di studiosi di
svariati settori e prodotto centinaia di pagine di lavori preparatori, giungendo all’elaborazione di criteri sui quali, in àmbito CNR e poi nel CUN,
si sono ottenute autorevolissime adesioni di studiosi provenienti dalle altre aree scientifiche (anche da quelle epistemologicamente piú distanti
dalle nostre) e importanti esiti formali11.
I risultati del Gruppo, pubblicati in Index12, insieme con le riflessioni
di sintesi e operative di Antonello Calore e con quelle ulteriormente progettuali di Andrea Bozzi, sono – ovviamente – a disposizione di tutta la
comunità dei giuristi e degli studiosi dei settori delle scienze umane e sociali. Il Gruppo è aperto a nuove partecipazioni (come a eventuali critiche) e opera in spirito di servizio. Alcune riviste sono già partite con l’applicazione dei criteri elaborati al suo interno. Altre, non originariamente
partecipi del progetto, vi hanno aderito.
Le nostre proposte sono in sostanza le seguenti. Le riviste che aderiscono all’iniziativa si impegnano a garantire:
1) Qualità dell’organizzazione del periodico (autorevolezza di dire10 Questo l’elenco delle riviste partecipanti, che hanno sottoscritto il documento:
Archivio Giuridico Filippo Serafini, Bullettino dell’Istituto di Diritto Romano Vittorio
Scialoja, Studia et Documenta Historiae et Iuris, Iura. Rivista internazionale di diritto romano e antico, Index. Quaderni camerti di studi romanistici. International Survey of Roman Law, Roma e America. Diritto romano comune. Rivista di diritto dell’integrazione
e unificazione del diritto in Europa e in America latina, Diritto@storia, Teoria e Storia
del Diritto Privato. Successivamente si è aggiunta la Rivista italiana per le Scienze giuridiche. 11 Cfr. CNR, CdA, delib. 128/2010 verb. 135, e CUN delib. 24.2.2010,
25.3.2010. 12 Vol. 38 (2010) 575 ss.
[5]
APPUNTI IN TEMA DI VALUTAZIONE
597
zione, comitato scientifico e dell’ente che promuove/pubblica la rivista;
puntualità d’uscita; diffusione nazionale e, quando coerente con lo statuto
della disciplina, internazionale);
2) Peer-review con doppio anonimato;
3) Procedure di valutazione trasparenti (cioè comunicazione al pubblico dei metodi);
4) Presenza di abstracts e parole chiave (in lingua diversa da quella
del contributo: inglese o altra straniera in coerenza con lo statuto della disciplina e con il contesto scientifico affrontato nel contributo).
Mi pare già un risultato importante, tanto piú perché ampiamente
condiviso, anche se si tratta di un risultato di partenza (se mi si concede
l’uso dell’ossimoro). Tenendo presente, da una parte, che se non si passa
alla bibliometria pura (la quale nelle nostre materie è per ora impraticabile, non solo per motivi finanziari) servono criteri in parte meno rigidi,
ma che siano riconosciuti all’interno della comunità di studiosi (quali l’autorevolezza di direttori e comitati, o il senso che noi normalmente diamo
alla durata o longevità di un periodico nella storia della nostra disciplina13), dall’altra, che la valutazione non si può (e non si vuole) rendere
oggettiva fino a diventare un sostituto delle commissioni concorsuali e
delle procedure che il legislatore stabilisce per regolarle. Il passo del peerreview anonimo mi pare – in ogni caso – necessario. Secondo qualcuno14
questi criteri sarebbero disomogenei, mettendo insieme aspetti non «precisi» (durata, autorevolezza, organizzazione) con sistemi di controllo piú
oggettivi e condivisibili (in sostanza: peer-review). In realtà, si tratta di
momenti complementari, ove i criteri che hanno maggiori margini di soggettività corrispondono (oltre che alla parte buona della nostra tradizione)
alla communis opinio degli appartenenti ai vari settori e possono essere facilmente verificati attraverso semplici procedure di consultazione.
Credo che il lavoro che dal 2009 stiamo portando avanti nel pool di
riviste romanistiche stia dando buoni frutti (il sistema funziona, con gli
ovvi iniziali rallentamenti dell’attività redazionale) e che i criteri di peer-review presenti nell’avantesto delle nostre riviste possano essere adottati (con
qualche adeguamento, ove necessario) anche nei settori del diritto positivo.
3. Il «Tavolo» dell’area 12. – Il percorso del cd. Tavolo dell’Area 12
è stato molto simile a quello del Gruppo. Per la costituzione, spontanea,
per i temi affrontati, per le soluzioni di massima. Il documento programmatico prodotto dal Tavolo a séguito di lunghi lavori preparatori15 mostra
13 Può sembrare, quello della durata un criterio soggettivo, quasi una questione
di tradizionalismo (e non di tradizione), rilevante solo sotto il profilo emotivo. Non è
cosí. A parte l’oggettività intrinseca della resistenza nel tempo di una pubblicazione
periodica, bisogna considerare come questa faccia i conti con i costi della presenza sul
‘mercato’, la quale, in un contesto economico di penuria di fondi e finanziamenti dimostra di fatto l’interesse continuativo della comunità degli studiosi. 14 Si v. le Osservazioni di Dario Mantovani pubblicate sul sito della SISD, alla pagina web
http://www.sistordir.it/pdf/osservazionimantovani.pdf. 15 Rispetto alla versione
‘lunga’, discussa il 14.2.2011 a Roma, è stato elaborato dal Tavolo (aprile 2011) un piú
agile Documento di lavoro, pubblicato infra a p. 608 ss.
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COSIMO CASCIONE
[6]
un impegno molto serio e idee chiare sulla necessità e sulle modalità della
valutazione. Credo che si tratti di uno sforzo importantissimo in primo
luogo per chiarire ai giuristi (a noi stessi!) la gravità e la non procrastinabilità del problema. Dalla visuale degli storici del diritto16 (ma anche per i
colleghi che rappresentano nel Tavolo la Filosofia del diritto e il Diritto
internazionale), il documento nella sua versione iniziale è apparso un po’
troppo articolato e rigido nelle premesse, legate alle specificità del diritto
positivo nazionale. La parte iniziale, una sorta di ‘presentazione’, potrebbe essere limitata a una dichiarazione di principio su necessità della
valutazione e volontà chiara dei giuristi a sottoporvisi, con specificazione
delle nostre peculiarità e dell’essenzialità di una valutazione bottom-up.
I risultati pratici del Tavolo sono invece sostanzialmente sovrapponibili a quelli del Gruppo su principi e criteri.
Una sintesi delle prospettive e delle esigenze rappresentate dai settori di diritto positivo e da quelli delle materie storiche, filosofiche, internazionalistiche e comparatistiche, potrebbe cosí essere schematicamente
rappresentata:
a) Possibilità e necessità della valutazione dei prodotti scientifici dell’area giuridica (il che può sembrare un’ovvietà, ma proclamarlo oggi e ad
alta voce, anche rispetto ad autorevoli sacche di resistenza17, costituisce
una difesa da attacchi mediatici e politici, quindi la dichiarazione di principio appare necessaria);
b) Esigenza di un’organizzazione per quanto possibile omogenea dei
criteri di valutazione della produzione scientifica giuridica, riconoscendo
però le specificità attraverso eventuali opportune disaggregazioni dei criteri;
c) Finalità di garantire – attraverso la valutazione – oggettività e trasparenza nell’attività di promozione della ricerca e di reclutamento degli
studiosi;
d) Rigetto degli indicatori meramente bibliometrici, perché allo stato
inapplicabili (anche per ragioni finanziarie), inattendibili e dunque fuorvianti;
e) Apertura alla pluralità linguistica della produzione scientifica (e
utilità per la diffusione dei risultati di abstracts in lingue straniere);
f) Controlli delle pubblicazioni on-line secondo i parametri previsti
per quelle cartacee;
g) Rilevanza di una valutazione bottom-up, con la partecipazione attiva e la responsabilizzazione della comunità degli studiosi, anche attraverso le associazioni di settore;
16 L’Assemblea della Società Italiana di Storia del diritto, il 4.12.2010, ha indicato come propri rappresentanti al Tavolo Cosimo Cascione per il settore Ius/18 e
Bernardo Sordi per il settore Ius/19. 17 Riguardo al piú vasto campo delle Humanities si v., da ultimo, l’intervento di G. Galasso, Inaffidabile la pagella per le riviste, in
Corriere della sera del 12.5.2010, p. 47 (ripubblicato infra a p. 606 s., per aprire la rivista al pluralismo di opinioni, anche su questo tema), che riprende critiche precocemente espresse sullo stesso giornale da un altro grande accademico umanista: C. Segre,
La quantità non è un criterio per valutare il merito, ibid., 6.2.2009, p. 47.
[7]
APPUNTI IN TEMA DI VALUTAZIONE
599
h) Necessità che la valutazione incida positivamente sulla qualità e
non (solo) sulla quantità della produzione scientifica;
i) Opportunità del dialogo con le altre aree umanistiche e delle
scienze sociali.
Su tali punti mi pare esserci sostanziale unanimità di vedute. In questa fase, di urgenza di comunicazione alle diverse istituzioni che rappresentano il sistema universitario e sono preposte, nei differenti livelli, alla
valutazione, e, allo stesso tempo, di necessità di agglutinare intorno a dei
criteri anche settori e colleghi motivatamente tiepidi o privi di entusiasmo
per questo tipo di iniziative e quelli piú o meno ancora ostili, credo sia necessario uno sforzo di sintesi: a mio parere la stringatezza sarebbe utile a
tenere unita l’area 12 fin nei margini di resistenza al problema.
Una questione scottante, sulla quale si sono avuti diversi interventi
controversi (anche esterni al Tavolo) è quella della ‘classifica’ delle riviste,
in quattro fasce (A, B, C, D), in funzione della corrispondenza positiva ai
criteri individuati. Questa esigenza è ovviamente molto avvertita in settori
giuridici che hanno fino a piú di duecento periodici, alcuni ottimi, altri
molto correnti (e spesso livellati su una mera acritica descrizione della
prassi). Le riviste romanistiche, quelle specialistiche, sono invece poche e
quasi tutte internazionalmente riconosciute tra le migliori al mondo.
Quindi, presso i romanisti (e gli storici del diritto medievale e moderno),
questo problema è meno sentito che presso i giuspositivisti.
Ovviamente ci sono le interdisciplinarità, ma in tal caso la graduatoria è stabilita (deve essere stabilita) dal contesto disciplinare prevalente: se
il romanista pubblica in una rivista di diritto civile o di filologia classica
(cosa giusta, auspicabile e che avviene), il valore di quel periodico è competenza del gruppo disciplinare di cui è (preminente) espressione. Per le
riviste generalistiche o dove costituzionalmente s’incontrano settori differenti, occorre il confronto tra le diverse comunità scientifiche (la classifica
risulterà, in tal caso, dalla media espressa dai diversi settori coinvolti). È
naturale che a noi romanisti, per la tradizionale internazionalità dei nostri
studi (non possono esistere nel nostro settore studiosi di qualità che non
si siano formati anche in un Istituto o Seminario tedesco o austriaco), interessa molto interagire con le riviste straniere: in questa prospettiva organizzativa della valutazione contatti con le principali testate del nostro settore sono già stati avviati dal Gruppo che ha lavorato presso il Consorzio
Boulvert. Poi è chiaro che il lavoro deve essere continuato secondo le linee che il Tavolo ha tracciato: a cura dei singoli settori, rappresentati dalle
associazioni (insieme a un coordinamento), tenendo conto delle specificità, si potrà e si dovrà entrare maggiormente nel dettaglio di problemi e
soluzioni. Ma – ripeto – urgenza e necessità sopra richiamate mi sembra
pretendano, oggi, uno sforzo di sintesi e di bilanciamento (anche con l’estero) degli standards.
4. Alcune criticità. – Brevemente, vorrei ora soffermarmi su talune
criticità relative ai punti messi in evidenza.
600
COSIMO CASCIONE
[8]
a. Consigli scientifici, editoriali etc. Come si è detto, tradizionalmente
esistono nelle nostre riviste dei gruppi di studiosi, variamente denominati,
che cooperano con la direzione. Solitamente (non sempre), però, non funzionano. O meglio, funzionano solo come orpelli, imbellettamenti, di cui
si giova da una parte la rivista, che fa mostra, spesso in luoghi strategici
della pubblicazione (come il frontespizio), di nomi prestigiosi e consolida
cosí la propria autorevolezza formale nel circuito dei lettori, dall’altra i
membri di tali gruppi, i quali, dall’appartenenza al consesso, possono
trarre lustro e anche un accreditamento per cosí dire di rinvio (per far
parte d’un gruppo in una certa misura ristretto e quindi, comunque, selezionato). Tutto ciò – oggi – non basta e non serve piú. Se i consigli, comitati etc. esistono, devono funzionare. Come? Certamente coadiuvando la
direzione nella politica della rivista, pensandone, discutendone e anche
eventualmente presentandone (di concerto con il direttore, negli editoriali) le linee e i contenuti; entrando in contatto con gli autori. Secondo
me, anche fungendo da comitato di lettura. Vi sono, sul punto, opinioni
discordanti. Qualcuno pensa che, essendo i Consigli ‘vicini’ alla direzione
(poiché di solito vi si entra per cooptazione) non godano della necessaria
indipendenza di giudizio (che verrebbe comunque formalmente garantita
dal doppio anonimato). Ma neanche l’esperto esterno, se nominato dal direttore, è invero completamente indipendente. E se il direttore non ha
ruolo di indirizzo nel peer-review, allora è la sua posizione a essere inutile,
perché cosí non potrebbe piú esistere una politica editoriale propria di
quella rivista (che è un dato positivo, perché pluralistico, nel mondo dei
periodici scientifici). Allora, forse, serve un po’ di buon senso: non adottare a tutti i costi norme (formalmente) stringenti e far sí che le riviste (le
loro direzioni) facciano politiche sul punto anche differenziate, basate
sulla tradizione (perché esistono anche contesti nei quali fino ad oggi i
consigli scientifici hanno effettivamente funzionato proprio in questo
modo), o su un’innovazione graduale. Nel panorama europeo coesistono,
nelle scienze umane, soluzioni diverse, anche facendo convivere consigli
costituiti piú che altro ad pompam et obstentationem (semmai residuati di
vecchie consolidate gestioni) e organi che seriamente lavorano come comitati di lettura. Il tempo sarà un buon livellatore.
b. Peer-review. Detto che – allo stato – si tratta della soluzione preferibile per le nostre materie, non crediamo che il sistema di peer-review
(per quanto ben congegnato a tavolino) possa essere perfetto. Non si può
pensare che – da solo, in mancanza di un profilo organizzativo della rivista, che sia responsabile nei confronti della comunità – il criterio possa costituire la panacea di tutti i nostri mali. Anche nelle scienze cd. dure si sa
bene che «ovviamente un processo di questo tipo può essere piú o meno
efficace a seconda della serietà dei revisori e del comitato editoriale»18. Ma
questo metodo è l’unico che per ora si possa contrapporre con efficacia e
18 F. Sylos Labini, S. Zapperi, I ricercatori non nascono sugli alberi (Roma-Bari
2010) 53.
[9]
APPUNTI IN TEMA DI VALUTAZIONE
601
serietà agevolmente giudicabili dalle comunità scientifiche di appartenenza agli indicatori bibliometrici, rispetto ai quali siamo ancora impreparati (culturalmente, per la distanza dei presupposti di quegli strumenti
dal nostro modo di fare scienza, e sotto il profilo dell’organizzazione materiale e finanziaria). Alcune ipotesi, come la costituzione di un albo di revisori, la già menzionata idea che i lettori siano esterni ai comitati delle riviste, l’impossibilità per il lettore di collaborare a piú di un certo numero
di periodici, l’istituzione di regolamenti stringenti per settori, da parte di
soggetti esterni alle riviste, mi sembrano inefficacemente burocratiche e
difformi rispetto agli standards internazionali. Un problema recentissimo
è l’attendibilità del cd. ‘doppio cieco’ (anonimato sia dei lettori sia del
candidato), ora rigettato negli USA, nell’àmbito delle scienze sociali, dalla
American Economic Association (la piú importante associazione per le riviste d’area economica) e da Political Analysis, periodico assai rilevante
per le scienze politiche19. Dal 1 luglio 2011 si andrà avanti con il metodo
del ‘single blind’, cioè quanti sottomettono a valutazione un articolo per la
pubblicazione non conoscono il nome dei revisori, ma l’autore del saggio
è invece a questi ultimi noto.
c. Abstracts. Su questo punto bisogna essere particolarmente attenti,
come sempre quando si tratta di ‘massimare’ in spazi brevi contenuti per
i quali l’autore ha speso semmai decine di pagine di sforzo argomentativo.
Nel sommario si devono presentare in breve oggetto del contributo, percorso dimostrativo e risultati. L’ideale è che il riassunto sia fatto dall’autore stesso. L’attenzione serve soprattutto in vista di una circolazione ulteriore e separata dell’abstract rispetto al contributo, il che avviene ormai
diffusamente nelle discipline delle scienze ‘esatte’ (ove troppo spesso la
lettura dell’abstract – che, come l’articolo20, viene commercializzato – sostituisce semplicemente quella del contributo). Altro aspetto centrale, già
sottolineato, è l’utilizzazione, per i sommari, delle lingue diverse da quella
della pubblicazione. Un principio certamente valido, primariamente nel
senso della maggiore diffusione dei risultati scientifici e della internazionalizzazione della ricerca. Come sempre, però, la prassi deve essere quella
di un buon uso dello strumento. Purtroppo evidentemente non è sempre
cosí, anche per i costi che l’attività di traduzione presenta (anche quando
è artigianale e svolta all’interno delle redazioni, rappresenta un costo in
termini di tempo, e quindi di rallentamento della pubblicazione). Faccio
un solo esempio, tratto da una prestigiosa rivista antichistica spagnola,
dell’Università Complutense di Madrid, che non manca di un Direttore,
di un Consiglio di redazione (nazionale) e di un Consejo Asesor interna19 La notizia (che devo alla collega Carla Barbati) è pubblicata, ad esempio, alla
pagina web http://www.insidehighered.com/news/2011/05/31/american_economic_
association_abandons_double_blind_journal_reviewing. 20 Anzi, in alcuni campi (ad
esempio delle scienze biomediche) per talune riviste è possibile acquistare on-line l’abstract, ma non l’articolo.
602
COSIMO CASCIONE
[10]
zionale, munita di ISSN, e che ovviamente correda i contributi che pubblica di abstracts (e di parole chiave). La citazione è testuale21:
RIASSUNTO
ABSTRACT
L’articolo propone una nuova ipotesi sulla relazione tra gli ultimi re
di Roma. La tradizione diverse sul
rapporto tra Lucio Tarquinio Prisco e Lucio Tarquinio il Superbo
condizioni la durata del regno di
Servio Tullio. La tradizione che
pensa Superbus figlio di Prisco è di
estrazione Tirreno, la tradizione
che pensa Superbus nipote di Prisco è di estrazione latina. Il svaluta
regno Servio Tullio, l’altro fa il meglio. La sottolinea il conflitto tra
Servio e la dinastia dei Tarquini,
l’altro sottolinea il buon rapporto
tra l’uno e l’altro.
Parole Chiavi: Regno, rapporto,
Tarquinî.
The article proposes a new hypothesis on the relation between the last
kings of Rome. The different tradition on the relationship between
Lucius Tarquinius Priscus and Lucius Tarquinius Superbus conditions the length of Servius Tullius’
kingdom. The tradition that thinks
Superbus son of Priscus is of
Tyrrhenian extraction, the tradition
that thinks Superbus nephew of
Priscus is of Latin extraction. The
one devalues Servius Tullius’ kingdom, the other makes the best of it.
The one emphasizes the conflict
between Servius and the Tarquinî’s
dinasty, the other emphasizes the
good relation between the one and
the other.
Key words: Kingdom, relationship,
Tarquinî.
Il riassunto italiano, in gran parte praticamente illeggibile, è identico
al risultato che si ottiene affidando la traduzione del testo inglese a Google Translator, notissimo ma poco affidabile strumento disponibile gratuitamente sul web. Credo che l’operazione sia stata la seguente: l’autore ha
inviato l’abstract in inglese e la redazione ha provveduto a tradurlo tramite Google nella lingua del contributo, senza alcun controllo successivo
(né dell’autore, né di un redattore che sapesse un po’ d’italiano). Il risultato sarebbe esilarante (quanto l’English from fear, l’inglese da paura,
«neolingua che nasce e cresce grazie agli arditi tentativi di parlare inglese
traducendo alla lettera espressioni italiane»22), se non fosse invece preoccupante.
Ricordo l’importanza che – nelle discipline romanistiche – ha avuto
e ha, dal 195023, la «Rassegna bibliografica» della rivista Iura, che – con la
collaborazione degli autori, ma soprattutto attraverso il lavoro difficile e
meritorio della redazione – ha messo a disposizione sunti o schemi accu21 Il contributo cosí riassunto è G. Cairo, A proposito delle tradizioni sui Tarquinî, in Gerión 28/1 (2010) 75 ss. 22 F. Frezza, A. Isidori, I like you a sack/Mi piaci
un sacco. To the conquest of the world with English From Fear/Alla conquista del
mondo con l’Inglese da paura (Milano 2010) 5. 23 Cfr. Iura 1 (1950) 540.
[11]
APPUNTI IN TEMA DI VALUTAZIONE
603
rati di tutta la letteratura (tratta dai periodici, ma anche monografica) sui
diritti dell’antichità.
d. Key-words. Per quanto riguarda le ‘parole chiave’, nei diversi àmbiti disciplinari credo si dovrebbe produrre una sorta di thesaurus, che
serva sistematicamente da griglia concettuale utile a classificare in modo
tendenzialmente standardizzato i diversi contributi nelle differenti discipline (con ‘ponti’ tra materie affini o vicine). Cosí da avere un ideale, costantemente aggiornato, indice analitico della produzione scientifica in
una determinata area. In mancanza, la totale libertà di scelta da parte degli autori (o delle redazioni) potrebbe non sempre cogliere l’essenza utile
al contesto disciplinare. Come per gli abstracts, insomma, ci vuole un po’
di controllo, per non far sí che l’esercizio pensato come servizio alla comunità degli studiosi divenga una mera procedura formale sostanzialmente inutile non solo sotto il profilo scientifico. Naturalmente, la words
classification per ciascun settore abbisogna di una certa elasticità, non può
essere fissa, cristallizzata, ma deve seguire gli sviluppi (e gli ampliamenti)
delle diverse materie, adeguandosi e introducendo nuove parole chiave
ove necessario. Allo stesso tempo, l’elasticità consente di cogliere ciò che
avviene ai margini dello statuto di ciascuna disciplina, in contributi ‘stravaganti’ o meno connotati sotto il profilo della standardizzazione tradizionale.
Un buon esempio di key-words classification sta, per le materie giusantichistiche, nello ‘Schedario’ della rivista Labeo, fondata e diretta dal
prof. Antonio Guarino (poi da Vincenzo Giuffrè), che ha pubblicato cinquanta volumi tra il 1955 e il 2004, ogni quadrimestre corredati da un indice analitico, costruito, appunto, lemmaticamente24. Lo ‘Schedario’ di
Labeo, basato sui soggetti di un noto dizionario romanistico dei primi anni
Cinquanta25, è stato utilizzato per indicizzare anche altre pubblicazioni romanistiche, provenienti soprattutto dalla scuola guariniana (penso a Sodalitas26 e alle Pagine di Diritto Romano27, la principale raccolta di scritti del
maestro napoletano).
Un coordinamento tra le direzioni delle riviste, per settori, sarebbe
quanto mai utile alla formazione di un indice o schedario di parole chiave,
facilmente trasformabile, poi, in una bibliografia per argomenti. La words
classification potrebbe essere fruibile su uno spazio web. Comunque, le
redazioni devono avere uno spazio d’azione per intervenire anche sulle
key-words.
I problemi qui rilevati sono assolutamente sostanziali: ormai, i criteri
sopra rammentati, comitati, abstracts, parole chiave, diventano strumento
di legittimazione delle riviste (tornando a Weber, si potrebbe dire per un
principio razionale-legale): servono infatti per ottenere classifiche. Tant’è
24 Cfr. Labeo 1 (1955) 118.
25 A. Berger, Encyclopedic Dictionary of Roman Law
(New York 1953). 26 ‘Sodalitas’. Scritti in onore di A. Guarino. Indice degli Autori e
dei Temi (Napoli s.d., ma 1984). 27 A. Guarino, PDR. VII (Napoli 1995) 339 ss.
604
COSIMO CASCIONE
[12]
che iniziano a girare e-mail seriali di (spesso sedicenti) case editrici, le
quali si fanno pubblicità (sono cioè in cerca d’autori) dichiarando di lavorare secondo i nuovi criteri della valutazione (talvolta menzionando la L.
1/2009, talaltra richiamandosi a documenti della piú diversa provenienza),
e munendosi, per le proprie riviste e collane, di comitati costituiti d’emblée e di piú o meno credibili parametri formali. Mi pare una minaccia
d’uso meramente commerciale dei criteri che dovrebbero servire a migliorare gli standards e la serietà della produzione scientifica.
La gestione di questi criteri deve allora essere particolarmente rigorosa all’interno delle riviste e severamente controllata da parte della comunità dei dotti, per far sí che la mera corrispondenza a forma non serva
a eludere il problema, che è quello del livello scientifico di quanto si pubblica.
Solo qualche parola per fugare un dubbio, espresso anche in campo
romanistico. Tutti questi criteri (e il lavoro che sta alla base dell’elaborazione) non vogliono in alcun modo imbavagliare la libera ricerca o costringerla entro territori ferocemente controllati da chissà quale consorteria. Sono invece un tentativo di esprimere, dall’interno della nostra comunità scientifica e rispettandone al massimo la tradizione e i valori positivi,
dei mezzi che per discipline accademicamente (ed economicamente) piú
rilevanti sono predisposti in sostanza da aziende private che lavorano a
fini di lucro. Il (solito) dubbio su Mommsen che si presenta al concorso
(ovvero – ora – all’abilitazione) con il trattato stampato sotto casa (o addirittura manoscritto) si risolve con la responsabilità della commissione
giudicatrice che lo valuterà, motivando che – siccome è Mommsen – i suoi
lavori sono comunque ottimi, anche se non ‘certificati’ formalmente. E
speriamo che, dopo un abuso in tutte le sedi dell’esempio (con la comparsa esplicita o meno del grande tedesco), questo Mommsen finalmente
si presenti a una valutazione comparativa. Un discorso simile vale per le
nuove riviste: alla fine dei conti, se sono vere riviste è la comunità scientifica che in primo luogo le convalida partecipando alla loro progettazione
(non so immaginare l’iniziativa di un singolo completamente scollegata da
qualsiasi gruppo accademico), pubblicandovi lavori di buon livello e partecipando, in funzione di garanzia di quanto pubblicato, a direzione, consigli scientifici, comitati di lettura etc.
6. Un progetto. – D’altra parte, ormai il controllo e l’indicizzazione
delle citazioni è diventato un sistema di valutazione oltre che dei singoli
studiosi e delle riviste, dei dipartimenti, delle Università, delle istituzioni
di ricerca nazionali, dei diversi Paesi28.
Si è piú volte detto che l’impatto bibliometrico è un problema per le
nostre discipline e che allo stato strumenti valutativi come il calcolo dell’Impact factor non sono applicabili alle scienze giuridiche. Lo ripetiamo
28 Cfr. la recente analisi di F. Radicchi, S. Fortunato, C. Castellano, Universality
of citation distributions: Toward an objective measure of scientific impact, in PNAS. 105
n. 45 (nov. 2008) 17268 ss.
[13]
APPUNTI IN TEMA DI VALUTAZIONE
605
ancora. Gli elementi per noi critici sono stati messi bene in evidenza, in
questa rivista, da Antonello Calore29. Ma dei tentativi di comprensione, su
piccola scala, dei ‘modelli’ di funzionamento di una valutazione bibliometrica (e dei suoi costi), si possono attivare. Per verificare se l’intuizione e
la credenza, diffuse tra quasi tutti gli studiosi delle nostre discipline, corrispondano (e in che misura) alla realtà. Anche per essere in possesso di
uno strumentario tatticamente efficace (perché frutto di sperimentazione
e non solo di scelte – ovviamente legittime, ma – ideologiche), da contrapporre a dichiarazioni infondate che pretendano l’adeguamento dei nostri settori a criteri ‘freddi’. Il progetto proposto nello scorso volume di
Index da Andrea Bozzi30, raffinato filologo classico e Direttore dell’Istituto
di linguistica computazionale ‘Antonio Zampolli’ del CNR, viene ora avviato attraverso l’indicizzazione delle citazioni (di autori e riviste) in volumi-campione di Iura e Index, grazie all’impegno del Consorzio interuniversitario Gérard Boulvert, nell’àmbito di un Progetto esplorativo sostenuto da una convenzione del Consorzio con il CNR.
Napoli.
COSIMO CASCIONE
29
Criteri per la valutazione della ricerca nelle scienze umane e sociali, in Index 38
(2010) 575 ss., spec. 579. 30 La «roadmap» italiana nel contesto della «European
Science Foundation», in Index 38 (2010) 599 s. Nella riunione del 19.5.2009, Carlo
Nitsch, redattore di questa rivista, aveva già suggerito che un saggio dell’utilizzabilità
di procedure bibliometriche nel campo delle scienze umane e sociali potesse essere
utile.
Sommario
DIRITTO
ROMANO E FORMAZIONE DEL GIURISTA
1
Luigi Labruna, «Dai Candida serta agli Scritti scelti: Capogrossi,
quasi un’autobiografia»
9
Francesco Grelle, Peter Garnsey, Alan Rodger, Floriana Cursi,
«Gli Scritti scelti di Capogrossi»
***
26
Sabino Cassese, «L’anatra di Goethe»
31
Paolo Grossi, «Il punto e la linea. Storia del diritto e diritto positivo nella attuale crisi delle fonti»
40
Natalino Irti, «Dalla formazione alla competenza»
43
Luigi Capogrossi Colognesi, «Un futuro senza storia?»
***
58
Pascal Pichonnaz, «Droit romain: enseignement, méthode et contribution à la réflexion du juge»
78
Martin J. Schermaier, «Römisches Recht für Juristen?»
90
Alessandro Corbino, «Dai giuristi agli esperti di settore»
95
Vincenzo Giuffrè, «Una continua ricerca»
TRADIZIONE
ROMANISTICA E METODO STORICO-GIURIDICO
107
Valerio Massimo Minale, «Arangio-Ruiz e i Basilici: uno scritto
(quasi) inedito»
119
Salvo Randazzo, «Diritto romano, potere e sovranità. Foucault e
un’esperienza della modernità»
143
Gianni Santucci, «Diritti dell’autore in Roma antica?»
151
Adelaide Caravaglios, «Exceptio doli generalis e actio de dolo malo:
prospettive diacroniche»
VIII
155
SOMMARIO
Felice Mercogliano, «Itinerari di (dis)continuità dal diritto romano
ai diritti europei»
TRADIZIONE
ROMANA IN
TAGIKISTAN
171
Pierangelo Catalano, «Una nuova prospettiva indoeuropea»
174
Abdurachim G. Chalikov, Machkam A. Machmudov, «Diffusione
e successi della tradizione romana in Oriente»
183
Machkam A. Machmudov, «La Lupa capitolina in Tagikistan»
191
Ato Chamdam, «Tra leggenda e attualità: la Lupa in Tagikistan»
194
Andrea Forti, «La questione indoeuropea tra archeologia e politica: la Lupa in Asia Centrale»
CIVIS,
CIVITAS, LIBERTAS
201
Cosimo Cascione, «Romolo sacer?»
216
Witold Wołodkiewicz, «Libertas non privata sed publica res est»
222
Francesca Reduzzi Merola, «Liber homo bona fide serviens: alcune
questioni»
227
Francesca Lamberti, «Civitas Romana e diritto latino fra tarda repubblica e primo principato»
236
Laura Solidoro Maruotti, «Il civis e le acque»
274
Giovanni Nicosia, «Servus hostium e capitis deminutio»
288
Fara Nasti, «Pomponio, Papiniano e Ulpiano in tema di capacità
ereditaria delle cd. persone giuridiche (PHaun. de leg. et fideic.,
verso, lin. 1-21)»
306
Caterina Montagnani, «Altri tempi, altri Presidi: quando la cattedra di storia romana era ‘posto d’alto sapere bensí, ma anche di
combattimento e di civili ardimenti’»
LE COSTITUZIONI
323
Loredana Cappelletti, «Le magistrature italiche. Problemi e prospettive»
339
David Kremer, «Roma quadrata, Paestum e lo spazio augurale»
SOMMARIO
IX
346
Rosa Mentxaka, «¿El ‘funcionario de hecho’ en el derecho romano?»
357
Natale Rampazzo, «La nominatio e la responsabilità dei magistrati
municipali»
PERSONE
373
Carla Masi Doria, «Schutzrechte, Humanität, Grundrechte»
386
Luigi Labruna, «Suavissima soror»
389
Francesca Del Sorbo, «Iussum domini e autonomia negoziale dei
servi: la prassi giuridica campana»
406
Rosalía Rodríguez López, «Migración y trabajo en la Constantinopla del siglo VI»
420
Maurice Bazemo, «Le droit de l’esclave a son humanité. Les sociétés précoloniales du Burkina Faso»
DIRITTI
REALI
429
Aránzazu Calzada, «Lex Atinia de rebus subreptis»
447
Raffaele Basile, «Iura praediorum e attività di refectio»
455
Armando Torrent, «Nuevos puntos de vista sobre la constitución y
extinción de las servidumbres»
465
Fabiana Tuccillo, «Sulla remissio servitutis»
480
Orazio Licandro, «Appartenenza e alienazione»
LE FONTI
491
Salvatore Antonio Cristaldi, «Diritto e pratica della compravendita
nel tempo di Plauto»
524
Nunzia Donadio, «Promissio auctionatoris»
558
Barbara Abatino, «Libri e storia della giurisprudenza romana»
572
Francesca Galgano, «I viaggi di un’operetta»
576
Iole Fargnoli, «Politica religiosa di Teodosio il Grande e abolizione
delle Olimpiadi: tra Cedreno e il Codex Theodosianus»
584
Fara Nasti, «Sui Gesta senatus de Theodosiano publicando»
X
SOMMARIO
LA VALUTAZIONE
593
Cosimo Cascione, «Appunti in tema di valutazione: criteri per le
riviste nell’àmbito delle scienze giuridiche»
606
Giuseppe Galasso, «Pagelle per le riviste?»
608
«Documenti 2011»
I. Criteri per la valutazione della produzione scientifica (Tavolo dell’area
12); II. Criteri per una collana dipartimentale (Dipartimento di Diritto romano, Storia e Teoria del diritto ‘Francesco De Martino’, Università di
Napoli Federico II); III. Proposta CUN 24.5.2011
PROFILI
621
Lucio Bove, «Rileggere i maestri: Mario Lauria»
632
Cosimo Cascione, «Laicissimus clericus vagans: Witold Wołodkiewicz»
RICORDI
637
Ignazio Buti, Felice Mercogliano, Alessandro Corbino, Lucio De
Giovanni, Carla Masi Doria, Paola Santini, Ciro Attaianese,
Edoardo Ales, Fulvio Pastore, Alfredo Contieri, Luisa Avitabile,
Ella Hermon, Aglaia McClintock, «Franco Salerno con noi»
660
Aglaia McClintock, «Elenco degli scritti di Francesco Salerno»
668
Tullio Spagnuolo Vigorita, «Federico Maria d’Ippolito»
681
LIBRORUM INDEX, a cura di Fabiana Tuccillo
SESTA PAGINA
729
Francesco Guizzi, «Contesti, politiche e manuali»
PREMIO BOULVERT
733
«A Pierangelo Buongiorno l’Ottavo Premio Boulvert. La relazione
della Commissione giudicatrice»
740
«Il bando del ‘Nono Premio romanistico internazionale Gérard
Boulvert’»
SOMMARIO
XI
NOTIZIE
743
Luciano Minieri, «Israele, diritto antico e attualità»
744
Nunzio De Luca, «Scientia rerum e scientia iuris: Copanello XV»
747
Alessandro Manni, «Storia, teoria, codificazioni, diritti umani: un
seminario italo-argentino a Napoli»
749
Valerio Massimo Minale, «Una nuova edizione di Teofilo»
750
Barbara Abatino, «La ‘Société’ a Barcellona»
756
Nunzia Donadio, «A Modena la Società Italiana di Storia del Diritto»
757
Virginia Amorosi, «Il diritto riparatore: processi alla storia»
762
Carlo Nitsch, «Cultura giuridica tra Italia e Argentina»
764
Paola Pasquino, «Storia e metodi di interpretazione dei Digesta: il
IX Cedant»
768
Cosimo Cascione, «Storici del diritto a Stellenbosch»
770
Valeria Di Nisio, «Sulla bona fides»
770
Natale Rampazzo, «Culpa e responsabilità a Varsavia»
772
Federica Miranda, «Quid est veritas?»
776
Luigi Labruna, «‘Mit der Reife wird man immer jünger’: i settant’anni di Tullio Spagnuolo Vigorita»
777
Luigi Labruna, «Pseudonotizie romanistiche»
779
Luigi Labruna, «La scomparsa di Alan Rodger»
781
ABSTRACTS
INDICE
801
«Libri discussi»
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