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PER LUIGI LEHNUS L. LEHNUS, Maasiana & Callimachea, Ledizioni, Milano 2016, pp. 475. Luigi Lehnus, a proposito delle annotazioni marginali con le quali Paul Maas (1880-1964) arricchì la sua copia del Callimaco edito da Rudolf Pfeiffer, scrive: «Non saprei dire se Maas fosse consapevole di creare documenti e un monumento destinato a durare, mentre annotava; semplicemente studiava e pensava senza lasciarsi distrarre.»1. Ecco, a me pare che questa affermazione sia la più adatta a caratterizzare l’attività di studioso, ma anche la personalità dell’amico Luigi: la sua assoluta serietà e la sua dedizione agli studi che sono stati, e sono tuttora, la ragione della sua vita; la capacità di concentrazione e insieme l’acutezza della sua intelligenza, doti oggi più che mai rare; il rigore filologico inteso come cifra di un rigore morale mai smentito, che generazioni di studenti hanno potuto ammirare nei lunghi anni di insegnamento, anch’esso condotto con grande passione e umanità, capace di rendere avvincenti tecnicismi talvolta ostici e forse di per sé, almeno in questi ultimi anni, inevitabilmente sempre più lontani dalla psicologia giovanile. E mi corre l’obbligo di aggiungere che, a differenza di Maas, Luigi Lehnus ha pubblicato, e continua a pubblicare, moltissimo nelle sedi scientificamente più prestigiose, mantenendo sempre una qualità altissima, raggiunta già nei suoi anni giovanili e mai smentita. Con l’eccezione dei primissimi contributi, che risalgono agli anni ’70-’80, questo volume raccoglie gran parte della sua produzione nell’ultimo quarto di secolo, dagli anni ’90 a oggi (il primo articolo risale al 1975, l’ultimo al 2014), dimostrazione di una sorprendente continuità e capacità di lavoro in una duplice direzione: la filologia, nella sua pratica, per così dire, concreta, alle prese con i testi; e la storia della disciplina, della quale pure Luigi Lehnus appare a conoscenza di ogni segreto, corroborata dal possesso di una documentazione fotografica ed epistolare di invidiabili proporzioni – e so che di essa metteva generosamente a parte anche gli studenti durante le sue lezioni, mostrando in certi momenti della loro quotidiana umanità i filo- A p. 308, nel cap. 38 di questo volume (Postille inedite di Paul Maas ai primi due libri degli Aitia di Callimaco). 1 ATE N E E R OMA ANNO 2019, NUOVA SERIE SECONDA, XIII - FASC. 3-4 DOI: 10.7347/AR-2019-p446 – ISSN 0004-6493 MAASIANA & CALLIMACHEA 447 logi più illustri di fine Ottocento e inizio del Novecento, primo fra tutti il prediletto Wilamowitz, princeps philologorum, che altrimenti sarebbero apparsi ai più giovani semplici nomi di studiosi grandissimi ma forse ormai troppo remoti e algidamente statuarî. Ricordo che soprattutto in questa direzione si movevano già i densi eppure piacevolissimi contributi raccolti nel 2012 per le Edizioni Dedalo in un volume dal titolo assai esplicito, “Incontri con la filologia del passato”, preziosa miniera di storia della filologia, dove Luigi esprimeva, con la debita cautela e l’understatement a lui congeniali, una propria definizione della filologia: «Per fortuna non tocca a me farlo, ma se fossi costretto a dire che cos’è secondo me la filologia direi (con tutte le riserve del caso) che è un saper guardare intensivo attraverso le testimonianze del tempo, verso un passato sempre più remoto e accostabile tramite leggi vieppiù fondamentali. È una pratica di intelligenza e di correttezza e un po’ anche uno stile di vita volto alla ricerca della realtà intrinseca alla complessità»2. Questo secondo recentissimo volume, che ora l’amico e collega Giovanni Benedetto e io presentiamo, coerentemente con il suo titolo, lega i suoi quarantaquattro capitoli con il filo rosso rappresentato dagli studi callimachei e in particolare dall’impegno che, come del resto Lehnus stesso, Paul Maas, certo non il più prolifico ma forse il più acuto discepolo di Wilamowitz, dedicò con ammirevoli costanza e acume critico al grande poeta alessandrino; e non posso non ricordare in questa sede come il nostro “Dipartimento di Studi Letterari, Filologici e Linguistici” abbia la fortuna di possedere da anni larga parte della biblioteca e dei manoscritti del grande filologo tedesco, bizantinista oltre che grecista e inarrivabile studioso di metrica. Capitoli che intrecciano sapientemente le considerazioni filologiche dell’Autore sui testi di Callimaco, e non solo, con la storia degli studi, che videro impegnarsi nella difficile e per noi quasi completamente perduta produzione del poeta di Cirene Maas, ma anche Wilamowitz e i massimi grecisti di Ottocento e Novecento: dal lontano Hermann a Pfeiffer, Barber, Lobell, Hunt, Vitelli e altri ancora. A proposito di Paul Maas, sul quale l’Autore, fin dal titolo del volume, ha concentrato maggiormente l’attenzione, c’è una fotografia che a mio parere appare davvero rivelatrice di un uomo di implacabile e forse anche impietosa lucidità, dallo sguardo indagatore che sembra nascondere l’emotività dell’uomo sotto la corazza impenetrabile dello studio- Cf. il saggio Filologia classica e altro, in L. LEHNUS, Incontri con la filologia del passato, Bari 2012, p. 17. 2 448 GIUSEPPE LOZZA so3. Vera palestra Callimaco è stato da sempre, fin dai grandi eruditi del secondo Cinquecento, per i filologi, che si trovano di fronte a testi molto difficili perché quasi tutti estremamente lacunosi e ricchi di riferimenti dotti di interpretazione quasi sempre ardua e raramente univoca. Ma anche in questi casi Luigi, che per i testi frammentarî ha sempre avuto particolare predilezione, mi sembra abbia saputo districarsi con grande sapienza – ed è ben nota la sua inarrivabile competenza nel campo della storia antica (e non solo), della mitologia classica e della geografia storica, di cui molti contributi di Maasiana & Callimachea recano chiara testimonianza: contributi spesso brevi, ma lucidissimi nella loro assoluta trasparenza stilistica e coerenza metodologica; sed de hoc satis, perché questo è terreno dell’amico e collega Giovanni Benedetto, assai più di me competente nel campo strettamente filologico. Per quanto mi concerne, particolare interesse hanno suscitato in me quei capitoli in cui Luigi Lehnus ha ricreato da par suo l’ambiente della filologia classica, soprattutto fra Germania e Inghilterra, sostanzialmente fra Berlino e Oxford, senza tuttavia escludere i numerosi contatti con i più autorevoli studiosi italiani di quel tempo, come Girolamo Vitelli e Achille Vogliano, in un’Europa già percorsa da gravi tensioni, ma ancora al riparo – almeno nei suoi esponenti culturali di maggiore spicco – dal nazionalismo che sarebbe esploso negli anni del primo conflitto mondiale, provocando una vera e propria damnatio del patrimonio culturale proveniente dal “nemico”; un nazionalismo dal quale nemmeno Wilamowitz, rampollo di una famiglia di Junker originaria della Prussia orientale, fu immune. È ben noto che egli spronò attivamente i suoi connazionali alla guerra (dove sarebbe morto in battaglia il prediletto figlio Tycho), spendendo molte energie in conferenze per i soldati al fronte, soprattutto balcanico, e mantenendosi sempre fedele ai suoi ideali conservatori e monarchici, mentre “vile” gli sembrava l’imbelle repubblica di Weimar; non è un caso – ricorda Luigi – che la sua autobiografia si concluda simbolicamente con il 1914, quasi che quella data, pur inizio e non conclusione della guerra, segnasse retrospettivamente per il grande studioso un punto di non ritorno, la fine di quel mondo di alta cultura e di reciproco rispetto fra i migliori intellettuali europei in cui egli si era formato; un mondo destinato a frammentarsi e imbarbarirsi nei decenni successivi fino al tragico avvento del nazismo, che Wilamowitz, morto nel 1931, non potè vedere ma difficilmente avrebbe approvato, dato che 3 Cf. L. LEHNUS, Maasiana & Callimachea, cit., p. 349. MAASIANA & CALLIMACHEA 449 l’antisemitismo gli fu sempre estraneo e che proprio l’ebreo Paul Maas fu uno dei suoi discepoli prediletti, insieme ad altri grandi studiosi suoi allievi che dovettero emigrare per sfuggire all’annientamento. È un quadro affascinante e per certi versi terribilmente realistico quello che emerge da alcuni dei contributi raccolti in Maasiana & Callimachea, altrettanto prezioso per lo storico della cultura europea intesa in senso lato quanto per il filologo. Di questo dobbiamo essere sinceramente grati all’amico Luigi, a cui auguro di cuore, sicuro di interpretare il sentimento di tutti noi qui riuniti, ancora lunghi anni di intensa e produttiva attività. Giuseppe Lozza Università degli Studi di Milano giuseppe.lozza@unimi.it