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POLIEION 7 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA BASILICATA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN BENI ARCHEOLOGICI DIPARTIMENTO DELLE CULTURE EUROPEE E DEL MEDITERRANEO: ARCHITETTURA, AMBIENTE, PATRIMONI CULTURALI Angelo Bottini, Raimon Graells i Fabregat, Mariasilvia Vullo POLIEION COLLANA DI ARCHEOLOGIA DELLA BASILICATA E DELL’ITALIA MERIDIONALE Direzione A. Bottini, M. Osanna, F. Sogliani Comitato Scientifico Ilaria Battiloro (Mount Allison), Olivier de Cazanove (Paris), Ortwin Dally (Berlin), Antonio De Siena (Potenza), Liliana Giardino (Lecce), Maria Luisa Marchi (Foggia), Alessandra Molinari (Roma), Carlo Rescigno (Napoli), Tesse Stek (Leiden), Stéphane Verger (Paris) Segreteria di redazione Roberto Goffredo, Dimitris Roubis Metaponto tombe arcaiche della necropoli nord-occidentale con un’appendice di Maria Giulia Amadasi e una postfazione di Stéphane Verger I volumi pubblicati in questa collana si avvalgono di peer review da parte di due referees di cui uno esterno al comitato scientifico. L’elenco dei referees è conservato presso la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici di Matera e pubblicato ogni due anni sul sito http://www2.unibas.it/ssa ISBN 9788881675630 © 2019 OSANNA EDIZIONI s.r.l. via appia 3/a 85029 venosa (pz) tel. 0972.35952 fax 375163 osanna@osannaedizioni.it www.osannaedizioni.it Osanna Edizioni INDICE 17 11 Presentazione, Francesca Sogliani Premessa, Massimo Osanna 15 Bibliografia generale METAPONTO. TOMBE ARCAICHE DELLA NECROPOLI NORD-OCCIDENTALE 57 59 Introduzione I. LE TOMBE DEL FONDO GIACOVELLI 161 1. Esplorazioni e rinvenimenti 164 2. Le Tombe ed i loro corredi 164 TOMBA 566 170 TOMBA 610 176 TOMBA 603 179 TOMBA 614 180 TOMBA 617 182 TOMBA 623 184 TOMBA 608 190 TOMBA 609 194 TOMBA 600 195 TOMBA 590 100 TOMBA 595 103 “TOMBA 241” 105 3. I manufatti 105 126 129 139 143 149 150 151 152 153 Vasellame fittile Contenitori in alabastro Vasellame metallico Armi e strumenti Manufatti decorativi ed ornamentali Elementi funzionali e decorativi pertinenti ad arredi Carro Strumenti Manufatti di supporto al corpo, bare, strutture interne alle tombe Elementi decorativi minori 156 4. Osservazioni d’insieme sulle tombe ed i loro corredi 164 5. Le tombe di Crucinia nella storia arcaica di Metaponto 169 Appendice L’iscrizione della lekythos 608/1 177 Tavole a colori Presentazione 193 II. LA TUMBA DE LA ARMADURA DE 1942 Y LA PANOPLIA DEFENSIVA ARCAICA EN MAGNA-GRECIA 195 Introducción 197 2. La intervención de septiembre de 1942 202 3. El periplo anticuario de los materiales adquiridos por el SLAM 206 3.1. La adquisición 1942-1950 208 3.2. Los primeros estudios 1942-1953 213 3.3. Contactos con Italia 1942-1950 215 4. La reconstrucción de la panoplia 216 4.1. Casco calcídico 233 4.2. Escudo circular 238 4.3. Episema 244 4.4. Coraza metálica 255 4.5. Greba 265 4.6. Fußpanzer 266 4.7. Lanza y Sauroter 268 4.8. Fragmentos indeterminados 271 5. Consideraciones cronológicas 275 6. Producciones de armas defensivas en Italia meridional 297 7. Una tumba de guerrero en ámbito griego? 314 8. Entre el guerrero, el aristócrata y el tirano 324 9. Conclusiones 381 Postfazione, Stéphane Verger La pubblicazione di questo nuovo volume, il n. 7, della Collana Polieion, dedicato a due notevoli contesti necropolari di età arcaica di Metaponto studiati da Angelo Bottini, Mariasilvia Vullo e Raimon Graells i Fabregat, non può che confermare la felice intuizione di Massimo Osanna e dello stesso Angelo Bottini di fondare nel 2013 una Collana della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici di Matera e del Dipartimento delle Culture europee e del Mediterraneo dell’Università degli Studi della Basilicata, che divenisse un punto di riferimento per gli studi di archeologia della Basilicata e dell’Italia meridionale. In particolare la sede editoriale è destinata ad accogliere, oltre che atti di convegni e studi monografici, le edizioni complete di contesti di scavo o di complessi di materiali inediti o pubblicati parzialmente, spesso relativi a interventi di scavo già datati, oltre che le ricerche degli allievi più meritevoli della Scuola d Specializzazione di Matera. Un’opera meritoria senza dubbio, poiché permette agli studiosi l’accesso a dati fondamentali per la comprensione di altri contesti, per la possibilità di effettuare confronti e precisare cronologie, ma ancora consente eventuali riletture utili al dibattito storiografico o addirittura suggerisce nuove chiavi interpretative. In questo caso la prospettiva si amplia ancora di più, arricchendo di nuovi dati conoscitivi il tema delle necropoli arcaiche di Metaponto, grazie alla ricomposizione, in due studi densi e complessi, dei dati relativi ad alcuni corredi, solo in parte presentati in occasione di appuntamenti scientifici o in articoli dedicati. Il primo studio, a firma di Angelo Bottini e Mariasilvia Vullo, riguarda l’edizione un gruppo di sepolture arcaiche rinvenute nel Fondo Giacovelli, in località Crucinia, tra il 1991 e il 1993, nell’area della necropoli occidentale di Metaponto. La ricomposizione della topografia delle 12 tombe e di un ustrinum presi in esame, ascrivibili cronologicamente entro il VI sec. a.C., precede l’analisi dettagliata della loro tipologia e tecnica di realizzazione, così come l’analisi 7 dei corredi, che vengono poi descritti per ogni tomba nel ricchissimo catalogo. Il lungo lavoro di individuazione di classi di manufatti, tipologie, funzioni e cronologie assieme all’attento riconoscimento dei confronti, e quindi delle produzioni locali e delle importazioni, queste ultime fondamentali e importanti indicatori dei rapporti culturali ed economici tra la fascia ionica e le aree del Mediterraneo orientale, supporta il quadro interpretativo che si articola nelle parti dedicate al rituale funerario, alla struttura e composizione dei corredi, agli elementi di datazione, per confluire poi nelle osservazioni sul ruolo sociale degli occupanti della necropoli nella storia di Metaponto tra fine VII e VI secolo a.C. Un quadro d’insieme complesso e articolato, ancora segnato, come sottolineato dagli Autori, da zone incerte, da aspetti da chiarire e da approfondire, ma che solo studi mirati come quello presentato in queste pagine possono delineare con contorni più precisi. Riconosciuta come parte integrante del nucleo funerario appena menzionato è una tomba scoperta nel 1942, finora nota solo da un elmo di tipo “calcidese” a protome zoomorfa, di cui Raimon Graells i Fabregat affronta lo studio nella seconda parte del volume, attraverso la ricomposizione del corredo originario, con un saggio sulla panoplia difensiva di età arcaica in Magna Grecia. L’edizione del corredo di questa tomba in questo caso è frutto di una ricerca che muove i suoi passi nella storia della ricerca archeologica, perché vengono rintracciate le complesse tappe che partono dalla spoliazione della tomba e dal saccheggio e la dispersione di parte del suo corredo, compreso l’elmo, e attraverso diverse peripezie che intrecciano i canali del mercato clandestino internazionale arrivano al Saint Louis Art Museum, dove sono conservati sia l’elmo che un nucleo di reperti metallici che facevano parte del corredo e al Museo archeologico di Metaponto, che conserva la parte del corredo recuperato in seguito allo scavo di salvataggio della tomba. La grande difficoltà, acuita dal periodo bellico, che tali eventi procurarono negli anni al corretto riconoscimento dell’integrità del corredo funerario, determinò una conoscenza del tutto parziale, se non errata, del corredo stesso, che venne quindi “smembrato” anche nelle pubblicazioni, con l’aggravio di un restauro scorretto dell’elmo che quindi non venne correttamente interpretato nella sua completezza, anche per quanto riguarda il riferimento al contesto tombale. Il pregio dello studio consiste pertanto nello sforzo di dettagliare, con la citazione dei documenti originali, tutta la vicenda della dispersione del corredo – il suo “periplo anticuario” – e di ricostruire tutto il nucleo di materiali, definendone la composizione e la cronologia (510-490 a.C.), per approdare a una ricerca sulla fisionomia sociale della panoplia legata a una delle necropoli urbane di Metaponto, attraverso il confronto con l’ambiente italico e nel quadro 8 generale di influenza greca. L’Autore giunge alla conclusione che lo porta a riconoscere nella panoplia esaminata “un esempio ibrido di autorappresentazione aristocratica e fastosa, influenzata dal fattore italico in un contesto funerario greco”, presentando una serie di riflessioni critiche sull’interpretazione del corredo in riferimento alla compagine sociale e politica della Metaponto arcaica. Ancora una volta piace sottolineare come l’analisi minuziosa e attenta che scaturisce dallo studio dei contesti e dei reperti archeologici, in definitiva della cultura materiale, fornisca codici interpretativi molte volte inequivocabili per la comprensione degli aspetti culturali, politici, sociali ed economici delle comunità del passato, non altrimenti reperibili. FRANCESCA SOGLIANI Direttrice della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici Università della Basilicata 9 Premessa Non può che salutarsi con entusiasmo la pubblicazione di un contesto straordinario, come quello presentato in questa sede, unico per la possibilità che ci offre di gettare uno sguardo nuovo al fenomeno complesso della “colonizzazione” greca, alle dinamiche di connettività mediterranea che sullo scorcio del VII sec. a.C. coinvolgono – rinnovandolo – il già variegato popolamento della costa ionica di Italia meridionale. Un volume, questo, articolato in due studi separati ma complementari, scritto magistralmente da Angelo Bottini e Mariasilvia Vullo, per quanto riguarda la prima parte dedicata alle prestigiose sepolture arcaiche di fondo Giacovelli (che da troppo tempo attendevano una pubblicazione), e da Raimon Graells i Fabregat, che ha curato la seconda parte, incentrata sulla ricostruzione (quasi da detective diremmo) del corredo di una tomba rinvenuta nel 1942, finito a Saint Louis, dove fu snaturato con “restauri” inappropriati, fino a rendere irriconoscibili e incomprensibili una serie di manufatti. La pubblicazione colma meritoriamente (e con grande acribia e ineccepibile competenza) una lacuna documentaria, presentando finalmente alla comunità scientifica un contesto rimasto inedito per decenni, ma soprattutto contribuisce a ricostruirlo, rivolgendo l’attenzione a tutta la documentazione disponibile, in un approccio “investigativo” globale che è l’unico perseguibile per la conoscenza di un contesto. E contribuisce – cosa altrettanto meritoria – a far luce su quel depauperamento del nostro patrimonio che ha afflitto e continua ad affliggere l’Italia (e i paesi mediterranei), complici spesso Musei internazionali. Scorrendo il volume si comprende come questa ricerca lunga e laboriosa, realizzata portando attenzione specifica alla materialità degli oggetti, di cui si ricostruiscono storia e biografia, costituisce un evento che definirei “rivoluzionario”, per la possibilità che ci offre di riconsiderare problemi e dinamiche 11 storiche fondamentali per la storia mediterranea di un’epoca (la prima metà del VI sec.) che ha segnato lo sviluppo di fenomeni urbani e di dinamiche sociali ed economiche che hanno dato vita ad una parte significativa della storia dell’Occidente. Si deve soprattutto ad Angelo Bottini il rinnovamento degli studi avvertibile in Basilicata sin dagli anni ’80, dopo le pionieristiche esperienze di Dinu Adamesteanu. Non meraviglia dunque che a lui si debba questa nuova straordinaria impresa in cui ha voluto coinvolgere un eccellente team di studiosi1. Dalle pagine di questo libro vengono fuori frammenti di biografia di una élite “coloniale”, che deve aver contato enormemente nella strutturazione politica di Metaponto, una città che le fonti ci dicono strettamente connessa con Sibari e con quell’area assai dinamica che è il nord del Peloponneso di età arcaica. E che i nostri oggetti ci rivelano strettamente interrelata al popolamento costiero del Mediterraneo orientale. I leaders della nascente comunità, intrisi di cultura internazionale, hanno assommato all’interno del proprio nucleo ruoli fondamentali per l’intera collettività, come quello di sacerdoti e di responsabili delle pratiche sacrificali. Esaltazione del potere, sacrificio e banchetto, sono gli aspetti che meglio emergono dalla decodificazione degli oggetti operata dagli autori. Sullo svolgimento di attività cerimoniali, colpisce l’ampia gamma di manufatti di pregio e di provenienza diversificata rinvenuti: lo strumentario destinato alle pratiche conviviali (dai contenitori di profumi ai recipienti per manipolare il vino) è composto da utensili e ceramiche importate. Le decorazioni e le forme peculiari restituiscono una coloritura tutta esotica alla messa in scena dei cerimoniali, puntando su manufatti che enfatizzano l’appartenenza dei convitati a un gruppo di privilegiati, che si contraddistinguono rispetto al resto della comunità per un comportamento e un aspetto raffinato (si pensi al pettine d’avorio e agli unguenti che dovevano profumare le lunghe chiome). Nella scelta dei manufatti da usare nelle cerimonie non è data importanza alla produzione strettamente locale (che pure circola ampiamente tra costa e entroterra, si pensi alle coppe a filetti), ma piuttosto a ceramiche rappresenta1 Non va dimenticato il ruolo avuto da Angelo Bottini nel salto di qualità che si avverte nel dibattito italiano e francese, in particolare, nei primi anni ’80, cui hanno contribuito personalità del calibro di Ettore Lepore e Mario Torelli. In particolare il Torelli, grazie proprio alla lungimiranza di Angelo Bottini, ha operato a lungo in quegli anni in Basilicata, promuovendo ricerche e incontri che hanno segnato uno scarto significativo con le esperienze precedenti. Tra gli incontri che hanno più segnato quella generazione di ricerche si può considerare ad esempio il Convegno promosso dalla Scuola Normale di Pisa, tenutosi nel 1981 a Cortona, Forme di contatto e processi di trasformazione nelle società antiche. Qui le nuove istanze sono già presenti in maniera ben più consapevole e matura, come mostra il denso volume degli Atti (Forme di contatto 1981). Per quanto riguarda le tappe successive, si ricorda il convegno tarantino del 1997 Confini e Frontiera nella Grecità d’Occidente, dove il ‘tradizionale’ dibattito “italiano” ha trovato un punto di approdo significativo quanto metodologicamente avvertito, impegnandosi in un primo confronto sistematico con le posizioni di studiosi anglofoni. 12 tive della connettività mediterranea2. Tra le forme attestate, che annoverano forme per contenere, spiccano vasi per versare e bere, come il calice di Chios che rimanda verosimilmente al consumo di prestigioso vino importato. Che il bere vino insieme, una sostanza psicoattiva altamente “culturale”, sia attività caratterizzante di gran parte delle società antiche è cosa ampiamente nota. Qui sorprende non tanto l’enfasi destinata alla cerimonialità del vino ma la coloritura “internazionale” data alla scelta di manufatti da utilizzare. Forme e materiali, tutti pregiati, rimandano in particolare alle coste del Mediterraneo orientale, a ribadire l’eccezionalità di questo piccolo gruppo di privilegiati che sottolineano il proprio status attraverso i manufatti posseduti, mostrati e usati (prima di essere deposti nella tomba). Il corredo confluito nella tomba seleziona solitamente oggetti importanti della biografia del defunto che rimandano a segmenti di cerimonie promosse e vissute nel corso della vita. La deposizione di ceramiche ‘diverse’ contribuisce a segnalare lo status del defunto che ha utilizzato quei materiali per definire un codice destinato al riconoscimento del rango. Gli oggetti si fanno testimonianza di contatti, di connessioni. Gli interlocutori di tali contatti instaurati dal nostro gruppo sono molteplici: la ricca presenza di oggetti acquisiti grazie alla rete di relazioni tessuta, rimanda a quei fenomeni di mobilità e migrazione che hanno presieduto alla nascita e allo sviluppo delle città greche di Italia meridionale (e non solo). Trasferimenti, cambi di residenza, rapporti di ospitalità, scambi di doni, sono tutti i fenomeni che si possono leggere in controluce attraverso l’osservazione e lo studio degli oggetti. La realizzazione di sontuosi festini allestiti con la preparazione di bevande alcoliche e di cibi diversi – carne, affiancata dai prodotti della cerealicoltura e da ortaggi – rimanda del resto a cerimoniali, diffusi ampiamente in tutto il Mediterraneo, in uso presso società alimentate da una forte competizione, nelle quali i rituali collettivi dovevano rispondere alle necessarie esigenze di legittimazione e consolidamento del potere. Le tombe metapontine sembrano rimandare così ad un gruppo potente giunto forse da lontano, all’interno di quella catena di migrazioni che nel corso del VII sec. a.C. coinvolgeranno la costa ionica della Basilicata e che allo scadere del secolo contribuiranno alla “fondazione” di vere e proprie poleis, come Metaponto. Nella nuova comunità che si sta strutturando si distinguono gruppi di personaggi di rango, i quali esprimono il loro status attraverso rituali che annoverano l’uso di manufatti di prestigio e il consumo di bevande alcoliche. La materialità degli oggetti è quella che richiama in noi più di ogni altra cosa la possibilità di tendere un filo di Arianna attraverso il labirinto del tempo. 2 P. Horden e N. Purcell, The Corrupting See, Oxford 2000. 13 Come affermano A. Bernard Knapp e Peter van Dommelen nell’introduzione al volume Material Connections in the Ancient Mediterranean. Mobility, Materiality and Mediterranean Identities: “the movement of people and objects has always stood at the heart of endeavours to understand the course and process of human history. In the Mediterranean, evidence of such movement is particularly abundant, and issues like colonialism, migration and exchange have played prominent roles in archaeological, historical and anthropological discussion”3. Il nuovo volume, presentando le sepolture metapontine, porta alla base del discorso storico la cultura materiale, o meglio la materialità dei contatti; consente così una rinnovata indagine sui fenomeni di ibridazioni e connettività transculturali che sono alla base delle nostre esperienze umane ieri come oggi. Ponendosi sulla scia di un’indagine avviata già negli anni Settanta in Italia4, la rinnovata attenzione accademica nell’antichistica verso gli oggetti, non più in senso meramente catalogico e tassonomico, ma come veicolo per esplorare come le “cose” medino l’esperienza delle antiche genti mediterranee, e come tali relazioni siano definite da memorie collettive a lungo termine di movimenti e colonizzazioni, non fa altro che registrare e mutuare quanto la ricerca antropologica più recente sta ricostruendo a partire proprio dalla materialità degli oggetti5. L’attenzione agli oggetti e al loro potere evocativo, performativo, alla loro energia in quanto veicoli di memorie singole e collettive, è un fatto proprio della nostra generazione, più di ogni altra invasa dalla quantità di oggetti che dal passato remoto a quello più recente incessantemente si affacciano nella nostra esperienza quotidiana. L’importanza dei manufatti e della loro esposizione, a significare le piccole e grandi vicende esistenziali di chi ci ha preceduto, diventa fondamentale, se nella loro duratura materialità possono continuare a raccontare biografie di un’umanità che non lascia altre tracce nella storia. BIBLIOGRAFIA GENERALE* Massimo Osanna 3 A. B. Knapp, P. van Dommelen, Material Connections in the Ancient Mediterranean. Mobility, Materiality and Mediterranean Identities, Routledge, London/New York 2010. 4 Cfr. A. Carandini, Archeologia e cultura materiale. Lavori senza gloria nell’antichità classica, De Donato, Bari 1975 (rist. 1979). 5 U. Fabietti, Materia sacra. Corpi, oggetti, immagini, feticci nella pratica religiosa, Milano 2014. 14 * Per le abbreviazioni dei titoli delle riviste e delle principali raccolte si veda la Liste der Abkürzungen DAI. Per l’ordine alfabetico dei nomi complessi è stato seguito il dizionario dell’Enciclopedia Treccani.