Giuseppe Minunno
Gli elefanti di Cartagine
Lucca 2009
Annibale fu certamente il più famoso tra i Cartaginesi, e
certamente la più famosa delle sue imprese fu la traversata delle
Alpi con gli elefanti. Più di duecento anni dopo, come testimonia
il poeta Giovenale, nellimmaginario dei Romani la figura di
Annibale appariva in groppa a un elefante1. Annibale comunque
non fu il primo comandante a servirsi degli elefanti, nemmeno a
Cartagine.
La pratica di arruolare gli elefanti infatti fu introdotta nellarea
mediterranea a seguito della spedizione in Oriente di Alessandro
Magno. Alessandro, infatti, dovette combattere con eserciti che
facevano uso di elefanti: ne aveva il Persiano Dario, ma soprattutto
ne avevano i sovrani indiani. Lidea piacque ed i generali di
Alessandro, che se ne spartirono le conquiste, adottarono
anchessi gli elefanti come strumento bellico. Tutti ricordano poi
come Pirro, re dellEpiro (e lontano parente di Alessandro), abbia
impiegato degli elefanti contro i Romani. I Romani chiamarono
gli elefanti lucani boves proprio perché ne ebbero la prima
esperienza in Lucania, dove li aveva condotti Pirro2. Ma anche
i Cartaginesi ebbero a scontrarsi con Pirro e i suoi elefanti, quando
il re passò in Sicilia, allora in parte con-trollata da Cartagine. Fu
probabilmente sullesempio di Pirro che Cartagine decise di
equipaggiarsi con elefanti da guerra. La loro presenza infatti non
è documentata allepoca della spedizione del siracusano Agatocle
contro Cartagine (precedentemente alla venuta di Pirro in Sicilia)
mentre lo è pochi anni dopo, durante la prima Guerra Punica,
nellambito della lotta per il possesso della Sicilia3.
Per quel che sappiamo, dunque, lalbo militare degli elefanti
cartaginesi si apre insieme a quella guerra nel 261 a.C., quando
una cinquantina di elefanti fu inviata, dallAfrica con altre truppe,
al porto siciliano di Eraclea, per contrastare i Romani intenti ad
assediare Agrigento. Lesordio della nuova arma non si può
1. Giovenale X, 157-158.
2. Cf. Plinio, N.H. VIII, 16; Varrone, D.L.L. VII 39.
3. Cf. Scullard 1948, p. 159; 1974, p. 148.
certamente definire dei migliori: in uno scontro campale la prima
linea cartaginese, composta di mercenari, retrocesse in disordine,
scompigliando le truppe retrostanti, tra cui gli elefanti, che furono
catturati dai Romani4. Come suggerisce la posizione arretrata in
cui erano stati disposti gli elefanti, probabilmente parte della
responsabilità della sconfitta deve essere attribuita alla scarsa
perizia degli strateghi cartaginesi nellimpiego di questarma un
po particolare. Questa scarsa perizia si manifestò anche quando
la spedizione condotta da Marco Atilio Regolo, personaggio
presto assurto a leggenda, spostò il centro degli scontri nel
Nordafrica. Sebbene infatti, a detta dello storico Polibio di
Megalopoli, soprattutto sugli elefanti e sulla cavalleria si basassero
le speranze di vittoria dei Cartaginesi, tuttavia essi (256 a.C.) si
accamparono su un terreno collinoso dove elefanti e cavalleria
non avrebbero potuto operare efficacemente e dove infatti i
Romani li attaccarono senza lasciare che scendessero a schierarsi
nella pianura. Riusciti però a raggiungerla, gli elefanti e la cavalleria
poterono ripiegare senza ulteriori complicazioni5. Durante la sua
impresa africana Atilio Regolo riuscì anche ad impadronirsi di
alcuni elefanti del nemico6, ma la situazione era destinata a
cambiare quando i Cartaginesi affidarono la direzione della guerra
ad un consulente militare spartano, Santippo, che portava con
se levoluta scienza militare ellenistica e al quale furono messi
a disposizione poco meno di cento elefanti7. Prepa-randosi allo
scontro con lesercito romano, Santippo dispose gli elefanti su
di una sola linea, di fronte allesercito, mentre i Romani si disposero
ad affrontarne la carica con uno schieramento più profondo e
stretto del consueto. Polibio considerava questa disposizione
dellesercito romano adatta ad affrontare gli elefanti8, ma questa
4. Polibio I, 18-19. Orosio (IV 7, 5-6) stima a trenta gli elefanti portati in Sicilia e ad
undici quelli catturati dai Romani. Cf. Zonara VIII, 10
5. Polibio I, 30.
6. Ne avrebbe catturato 18 per Orosio (IV 8, 16) ed Eutropio (II 21, 3).
7. Polibio I, 32.
8. Polibio I, 33-34. Si è pensato allapplicazione di uno schema adatto alla cavalleria,
adottato contro gli elefanti (Glover 1944, pp. 259-260). Secondo Polibio, invece,
contro la cavalleria nemica, soverchiante, non erano state prese misure adeguate.
4
affermazione dello storico greco ha suscitato una certa ironia tra
gli studiosi moderni, che hanno osservato come pochi, tra i
Romani sopravvissuti alla battaglia, avrebbero concordato con
lui9: lesito della battaglia fu infatti la totale disfatta dei Romani,
molti dei quali caddero proprio calpestati dagli elefanti. Lo stesso
Atilio Regolo fu preso prigioniero, ed è ben nota la tradizione
secondo la quale sarebbe poi stato sottoposto a supplizio a
Cartagine al ritorno da una missione a Roma, da dove era rientrato
in Africa, pur essendo consapevole della sorte che lo attendeva,
per mantenere la parola data al nemico. Tra le varie morti con
cui la fantasia degli antichi ha seviziato il console romano figura
anche quella dovuta al fatto di essere calpestato da un elefante.
Si tratta di una forma di supplizio effettivamente attestata in ambito
cartaginese10, la cui applicazione alla tradizione su Regolo si
deve forse anche al ruolo che gli elefanti ebbero nella sua
disfatta11. Laccusa di aver fatto schiac-ciare dei prigionieri
romani dagli elefanti sarà rivolta anche (e probabilmente altrettanto
a torto) contro Annibale12.
Ad ogni modo il timore suscitato dagli elefanti cartaginesi a
seguito di questa disastrosa battaglia fu tale che in Sicilia per
due anni, dopo che i Cartaginesi (254 a.C.) vi ebbero sbarcato
unarmata fornita di centoquaranta elefanti13, i Romani non
osarono discendere nelle pianure del territorio di Lilibeo e Selinunte,
ritenendo che un terreno di quel genere sarebbe stato troppo
favorevole allimpiego bellico dei pachidermi14. Quando poi
larmata cartaginese si diresse contro Palermo, tenuta dai Romani,
il console Lucio Cecilio Metello organizzò la difesa della città
9. Few of the Romans ( ) would have agreed that the Romans had solved the
problem of how elephants should be faced in battle (Scullard 1974, p. 151);
Probably no arrangement could have pleased Xanthippus more (Glover 1944,
pp. 259-260).
10. Polibio I, 82; I, 84; Diodoro XXV, Excerpt. de Virt. et Vit., p. 567.
11. Secondo unaltra versione lelefante serviva solo a spaventare Regolo. Cf.
Minunno 2005, p. 230.
12. Appiano, Lib. 63.
13. Polibio I, 38. Eutropio II, 24 stima gli elefanti a 130.
14. Polibio I, 39.
incentrandola proprio contro gli elefanti, predisponendo un intenso
fuoco di sbarramento. In quella occasione i Romani furono
favoriti anche dalla foga dei guidatori degli elefanti, che si spinsero
sconsideratamente in avanti: gli animali, di cui una parte cadde
nel fossato difensivo romano, trovatisi esposti allintenso tiro dei
difensori, si volsero indietro travolgendo le schiere retrostanti.
Dieci degli elefanti furono catturati con i loro guidatori, gli altri
furono catturati dopo la battaglia, ormai privi di conducenti, con
laiuto di prigionieri cui Metello aveva promesso in cambio la
libertà15. Cecilio Metello utilizzò questi elefanti per celebrare la
vittoria: li fece portare a Roma per sfoggiarli durante il proprio
trionfo. Pare che gli elefanti venissero poi abbattuti nel circo,
sebbene in proposito le fonti siano discordi16. I membri della
famiglia dei Cecilii Metelli, inoltre, seguirono per generazioni luso,
introdotto allora da Lucio Metello, di rappresentare un piccolo
elefante sulle monete di cui, come magistrati, curavano
lemissione17.
Terminata la prima Guerra Punica Cartagine non ebbe tempo
di riprendersi dalla sconfitta perché dovette fron-teggiare, nello
stesso Nordafrica, la rivolta dei propri mercenari, cui aveva
difficoltà a saldare il soldo. Come se non bastasse, alla rivolta si
unirono anche i Libici, stanchi del gravoso dominio cartaginese.
Non meno di cento elefanti facevano parte delle truppe con le
quali il coman-dante cartaginese Annone fu mandato in soccorso
della città di Utica, assediata dai ribelli. Questi furono atterriti
dallassalto degli elefanti, che irruppero nellaccampamento
nemico infliggendo gravi perdite e mettendo i ribelli in fuga verso
unaltura boscosa18. Annone non seppe però approfittare del
15. Il numero degli elefanti varia nelle diverse fonti: 60 per Diodoro XXIII 21 (Excerpt.
Hschel., p. 506); circa 100 per Floro I 18, 28; 104 per Orosio IV 9, 15 (24 sarebbero
stati uccisi); 120 per Livio, periocha XIX e Zonara VIII 14; 130 per Eutropio II 24 e
Frontino, Strat.II 5, 4; 138 per Dionigi di Alicarnasso II 66; 120 o 142 per Plinio VIII,
16. Plinio VIII 17.
17. Cf. S. Böhm, Die Münzen der Römischen Republik und ihre Bildquellen, Mainz
am Rhein 1997, pp. 151s.
18. Polibio I, 74.
6
successo. Toccò quindi ad Amilcare Barca (il padre di Annibale),
nominato comandante supremo delle forze cartaginesi, intervenire
con sessanta elefanti e liberare Utica dallassedio19. Amilcare
attuò una manovra di inversione dello schieramento (inizialmente
gli elefanti erano schierati in prima linea) con cui trasse in inganno
i ribelli, che pensarono ad una ritirata da parte dei Cartaginesi
e furono quindi sorpresi dalla loro repentina avanzata. Messi in
fuga, caricati e calpestati da elefanti e cavalleria cartaginese, gli
assedianti furono così sopraffatti20. Alla luce di questi fatti Mato,
un Libico che, col Campano Spendio e con Autarito, capo dei
mercenari galli, capeggiava la rivolta, consigliò di evitare le
pianure, data la superiorità della cavalleria cartaginese e la
presenza degli elefanti (la stessa tattica che i Romani avevano
adottato in Sicilia). Spendio ed Autarito, sebbene inizialmente
avessero seguito il saggio consiglio di Mato, non seppero poi
trattenersi dallo scendere a battaglia nella pianura in cui Amilcare
si era accampato e dove allora furono travolti anche per lefficace
azione degli elefanti21: appresa la lezione, i ribelli tornarono ad
evitare le pianure. Alla fine però, dopo larresto dei loro capi,
furono circondati ed annientati dagli elefanti e dalle altre truppe
di Amilcare22.
Sedata la ribellione, i Cartaginesi, sotto la guida di Amilcare
Barca, si dedicarono ad acquisire il controllo della penisola
iberica, impiegando anche un certo numero di elefanti23. Alla
morte di Amilcare il comando passò al di lui genero, Asdrubale,
che aveva con sé un centinaio di elefanti e che altri ne raccolse
poi, servendosene nellopera di sottomissione delle tribù iberiche.
19. Polibio I, 75.
20. Polibio I, 76.
21. Polibio I, 77-78. Lo sfortunato Spendio aveva sobillato la rivolta temendo che,
in quanto schiavo fuggiasco, se fosse stato riconsegnato ai Romani potesse essere
crocifisso secondo le leggi romane (Polibio I, 62). Disgraziatamente, sebbene
riuscisse effettivamente ad evitare di essere consegnato ai Romani, per la sua
nuova diserzione fu poi crocifisso dai Cartaginesi (Polibio I, 86).
22. Polibio I, 84-85.
23. Diod. XXV, Excerpt. de Virt. et Vit., p. 567.
Al culmine del suo potere Asdrubale poteva contare su duecento
elefanti che però non valsero ad evitare che fosse assassinato
(221 a.C.)24. Il comando passò allora al giovane figlio di Amilcare,
Annibale. Fu così nella penisola iberica che Annibale sperimentò
lutilità bellica degli elefanti. Sappiamo infatti che nel 220 a.C.,
mentre rientrava da una vittoriosa spedizione, Annibale fu assalito
presso il fiume Tago da una coalizione di tribù iberiche. Dopo
essere riuscito a porre il fiume tra le sue truppe e il nemico,
Annibale ebbe la meglio sui nemici anche grazie ai quaranta
elefanti che aveva a disposizione. Gli Iberici (si dice più di
centomila uomini), confidando nel numero, avevano tentato di
attraversare in massa il fiume, ma la cavalleria cartaginese li
assaliva mentre erano ancora nellacqua e sulla riva opposta li
aspettavano gli elefanti, per calpestarli al termine della traversata.
Passato poi a sua volta il fiume, Annibale assalì e mise in fuga
il nemico25.
Limpresa più celebre di Annibale però è senza dubbio la sua
spedizione in Italia, durante la seconda Guerra Punica. Organizzandola, Annibale decise di lasciare al fratello Asdrubale la difesa
dei territori iberici, assegnandogli anche ventuno elefanti26. Un
numero maggiore di elefanti partì invece insieme ad Annibale
verso lItalia, nella primavera del 218 a.C. Larmata cartaginese
attraversò il fiume Ebro, passò i Pirenei e giunse al Rodano, dove
lampiezza del fiume pose ad Annibale il grosso problema del
trasbordo dei suoi trentasette elefanti27. Loperazione, che di per
sé non era agevole, non era certo facilitata dalla presenza, sulla
riva opposta del fiume, di una torma ostile di Galli intenzionati ad
impedire ai Cartaginesi il passaggio del fiume. Annibale risolse
24. Diod. XXV, Excerpt. Hschel., p. 511.
25. Polibio III, 14; Livio XXI, 5.
26. Polibio III, 33; Livio XXI, 22. Polibio ha desunto la cifra dalliscrizione posta dallo
stesso Annibale al Capo Lacinio, in Calabria. Tito Livio precisa che Asdrubale ebbe
degli elefanti perché non mancasse di nulla che fosse adatto ad azioni sulla
terraferma(ne quod terrestris deesset auxilii genus), chiosa Tito Livio.
27. Polibio III, 42. Cf. Appiano, Hann. 4. Zonara (VIII, 23) afferma che, allontanati i
Galli, gli elefanti poterono passare senza pericolo (¢kindÚnwj).
8
questa difficile situazione con unoperazione congiunta di sbarco
fluviale e di attacco alle spalle, operato da un contingente di
cavalleria che aveva guadato il fiume ad una certa distanza, di
nascosto al nemico. Sgombrata così la sponda destra del fiume,
il passaggio dellesercito fu completato quel giorno stesso, con
leccezione degli elefanti. Il giorno seguente Annibale si occupò
di predisporre il passaggio degli elefanti, mentre una squadra di
cavalleria numida andava in esplorazione per verificare la posizione
dellesercito romano guidato da Scipione, di cui era giunta notizia
che fosse sbarcato alle foci del Rodano, e che aveva il compito
di intercettare la spedizione di Annibale. Lindomani tornarono
gli esploratori cartaginesi, che si erano scontrati con i cavalieri
mandati in ricognizione da Scipione e ne erano stati inseguiti fino
allaccampamento, la cui posizione era quindi ormai nota al
nemico. Lesercito cartaginese si mise quindi rapidamente in
marcia, ma gli elefanti dovevano ancora passare il fiume ed
Annibale rimase indietro per occuparsi della faccenda28. Esistono
due versioni sul sistema adottato per far passare il Rodano agli
elefanti, riluttanti ad entrare in acqua. Secondo la versione più
diffusa, fu realizzata una piattaforma di zattere interconnesse e,
dal lato esposto alla corrente, saldamente ancorate con funi agli
alberi che crescevano sulla riva. Dal lato della piattaforma rivolto
verso il fiume erano state legate altre zattere, ben connesse le
une alle altre. I legami che le univano alla piattaforma erano
invece facili da sciogliere, dato che queste zattere dovevano
essere trainate alla riva opposta da alcune imbarcazioni. Tra i
tanti inganni attribuiti ad Annibale, ci sarebbe stato anche questo,
rivolto ai suoi stessi elefanti. Infatti la piattaforma fu coperta di
terra, per celare agli elefanti la sua vera natura e gli elefanti,
ignari, sarebbero saliti sullinstallazione senza rendersi conto che
si stavano imbarcando su delle zattere. Una volta sciolti gli
ormeggi, però, gli animali avrebbero cominciato ad agitarsi e a
rigirarsi ma, nel complesso, avrebbero compiuto la traversata
28. Polibio III, 45.
senza troppe complicazioni. Alcuni elefanti, atterriti, si sarebbero
gettati nellacqua, raggiungendo comunque la riva opposta,
grazie anche alla proboscide che fungeva da boccaglio, mentre
i loro guidatori (sprovvisti del resto di proboscide), sarebbero
annegati29. Questa è la versione più diffusa del passaggio degli
elefanti sul Rodano. Il sistema è analogo a quello impiegato dai
Romani per imbarcare gli elefanti catturati a Palermo da Metello.
I Romani li avevano fatti salire su delle zattere (costruite con giare
vuote a sostegno di intelaiature di legno), precedentemente
ricoperte con terra e fronde affinché gli animali non capissero che
si stavano imbarcando30. Come abbiamo visto, Metello si era valso
dei prigionieri cartaginesi per radunare gli elefanti dispersi; è quindi
probabile che anche per risolvere il problema del loro imbarco si
sia rivolto ai prigionieri. Sia che essi fossero guidatori o
semplicemente soldati che avevano assistito alle operazioni di
imbarco degli elefanti dallAfrica alla Sicilia, quindi, il metodo usato
per gli elefanti catturati da Metello sembra corrispondere a quello
comunemente adoperato dai Cartaginesi31.
Un metodo differente è ricordato da Tito Livio e da Frontino:
il conduttore del più irascibile tra gli elefanti avrebbe colpito
lanimale dietro lorecchio gettandosi poi nel fiume, in maniera
tale da farsi inseguire nellacqua dallelefante, seguito a sua volta
nel fiume dal resto del branco, che la corrente avrebbe poi spinto
sulla sponda opposta32.
Di recente questa versione ha riscosso il favore di alcuni
studiosi 33 : il metodo delle zattere sarebbe stato troppo
29. Polibio III, 46.
30. dokoÝj p' aÙtîn pteinan ka Ûlhn ka gÁn pefÒrhsan, fr£xantj te prix
tÕ cwr on, æj aÙlÍ tini oiknai, ej toàto aÙtoÝj peb basan, ka diepÒrqmeusan
oÙd' asqanomnouj Óti ploien (Zonara), travecti ratibus quas doliorum consertis
ordinibus inposuerat (Plinio, VIII 16); Frontino, Strat. I 7, 1.
31. Un sistema analogo era adoperato a Ceylon nel XVIII secolo [cf. An Account
of the Taking and Taming of Elephants in Zeylan, by Mr. Strachan, a Physician, Who
Lived 17 Years There, Philosophical Transactions23 (1702 - 1703), pp. 1051-1054,
a p. 1054]. Se realmente da ritenere lately invented (a Ceylon), il sistema rappresenta
il frutto di una lunga esperienza nel trasbordo di elefanti.
32. Livio XXI, 28; Frontino, Strat. I, 7, 2.
33. OBryhim 1991. Cf. Edwards 2001, pp. 900-901.
10
macchinoso, dato che la prossimità dellesercito romano imponeva
di agire con la massima celerità. Frontino poi, che riporta solo la
versione dei fatti per cui gli elefanti si sarebbero spinti nel fiume
seguendo il loro compagno adirato, era un generale, un
competente in materia, dunque. Polibio poi scrive che la
piattaforma sarebbe stata ricoperta di terra, ma non menziona
lapplicazione di ciuffi di erba, senza le quali lo stratagemma, a
giudizio di questi studiosi, non avrebbe potuto funzionare. Polibio
insomma, non potendo credere che gli elefanti fossero in grado
di passare il fiume a nuoto, avrebbe inventato tutta la storia delle
zattere, ispirandosi al sistema adoperato dai Romani per gli
elefanti catturati da Metello34. Come abbiamo visto, però, i Romani
dovettero impiegare in quel caso un sistema suggerito dai
Cartaginesi, che ben avrebbero potuto servirsene anche sul
Rodano. Quanto alla lentezza dellallestimento, sappiamo che
Annibale già il giorno prima del passaggio, mentre inviava gli
esploratori, aveva selezionato gli uomini adatti al trasbordo degli
elefanti. Il metodo alternativo alle zattere richiedeva però un solo
uomo e resterebbe da spiegare perché il passaggio degli animali
si sia svolto solo allindomani (a parte la necessità di una
preparazione spirituale del guidatore al trapasso, dati i rischi
delloperazione)35. Anche i dettagli cronologici devono essere
considerati uninvenzione di Polibio? Quanto alla eventuale
preferenza di Frontino per questo metodo, si osserverà che il
passo si trova nella sezione della sua opera dedicata alla maniera
di sopperire alle situazioni di indisponibilità di migliori soluzioni
(quemadmodum ea, quibus deficiemur, videantur non deesse
aut usus eorum expleatur); lo stratagemma, infatti, sarebbe
stato adottato solo per la penuria di imbarcazioni (nec navium
aut materiarum, quibus rates construerentur, copiam haberet).
34. Sicuramente gli elefanti sono in grado di percorrere a nuoto distanze anche
notevoli, cf. Johnson 1980. Ma già Nearco, ammiraglio di Alessandro Magno, ne
era al corrente (Strabone, XV, 1, 43).
35. Secondo Polibio i guidatori degli elefanti tuffatisi nel fiume, come abbiamo visto,
sarebbero annegati tutti.
Sul Rodano, invece, Annibale aveva a disposizione sia numerose
imbarcazioni che il legname per allestirne di nuove36. Polibio
avrebbe inventato anche questa parte della narrazione? Nel
complesso, piuttosto che supporre in Polibio una fantasia sfrenata,
nella sostanza e nei dettagli, è più semplice presumere che lo
storico abbia trascurato di menzionare esplicitamente anche le
fronde nella sua descrizione dellallestimento della piattaforma
(sempre che esse debbano ritenersi imprescindibili).
Come che sia, gli elefanti di Annibale riuscirono alla fine a
passare il Rodano e, raggiunto il resto dellesercito, proseguirono
verso quella che fu sicuramente la loro impresa più celebre: il
passaggio delle Alpi. La difficoltà dellimpresa, a quanto pare,
è stata in realtà molto esagerata. Già Polibio si esprimeva contro
coloro che descrivevano limpresa come estrema non solo per
gli elefanti (lunica vera difficoltà che Napoleone riconosceva
allimpresa), ma anche per il resto delle truppe37. Del resto,
contro tutte le apparenze, gli elefanti possiedono insospettate
capacità di arrampicata su terreni scoscesi38. Sulle Alpi, anzi,
gli elefanti si dimostrarono molto utili, perché i Galli, che durante
il valico assalirono ripetutamente larmata cartaginese, non
osavano attaccare i punti del convoglio dove si trovavano questi
animali, dal cui aspetto insolito erano atterriti39. Ciò spiega anche
perché, nonostante gli attacchi dei Galli negli stretti passi montani
facessero precipitare nei dirupi unecatombe di uomini ed equini,
gli elefanti attraversarono le Alpi senza perdite. Durante lascesa,
elefanti e cavalleria marciarono in testa alla colonna, mentre la
fanteria si trovava alle loro spalle40: era la stessa formazione già
assunta dopo il passaggio del Rodano41, quando si temeva il
sopraggiungere del nemico sulla retroguardia (cosa che infatti
36. Polibio III, 43. Cf. anche Zonara VIII, 23.
37. Polibio III, 47.
38. Cf. Christy 1922b, p. 190 (elefante africano); Gaidoz 1874, p. 490 (elefante
indiano).
39. Polibio III, 53; Livio XXI, 35.
40. Livio XXI, 34.
41. Polibio III, 47.
12
avvenne sulle Alpi). Durante la discesa, però, la spedizione
raggiunse un passaggio troppo stretto per gli elefanti e le salmerie
e, per di più, ostruito da una frana42. Annibale dovette accamparsi
al limite dellostacolo, e lapertura di un passaggio praticabile ad
uomini e bestie da soma richiese un giorno di lavoro. Per far
passare gli elefanti furono necessari però altri tre giorni di lavoro:
gli elefanti, a quel punto, erano malridotti per la fame43. Alla fine
comunque, come si diceva, tutti gli elefanti riuscirono a raggiungere
la pianura Padana. Qui il loro primo impiego, secondo lo storico
romano Celio Antipatro, sarebbe stato nel genio pontieri: gli
elefanti infatti sarebbero stati allineati nel Po, per attenuare la
violenza del Po e facilitare il passaggio del fiume al resto
dellesercito. Celio Antipatro però non fu uno storico troppo
attendibile44. Ad ogni modo, gli elefanti ebbero modo di dimostrare
il proprio valore anche sul campo, alla battaglia del fiume Trebbia.
Il resoconto della battaglia fornito da Polibio è un po confuso:
Annibale avrebbe disposto gli elefanti davanti alla cavalleria,
schierata ai lati della fanteria45. Ciononostante gli elefanti sarebbero
entrati in azione solo dopo la cavalleria cartaginese, impegnata
contro quella nemica, mentre gli elefanti si sarebbero scontrati
con la fanteria romana, pressandone le ali46.
Più chiaro sembra il racconto di Livio47: gli elefanti sarebbero
stati collocati alle due estremità del proprio schieramento (ab
cornibus in utramque partem diversos elephantos statuit), da
dove sarebbero intervenuti contro la cavalleria romana che già
aveva ingaggiato il combattimento con quella cartaginese48. Sui
42. Polibio III, 54.
43. Polibio III, 55: kakîj ØpÕ toà limoà diateqesqai.
44. Livio XXI, 47, elephantis in ordinem ad sustinendum impetum fluminis oppositis.
Cf. Zonara VIII, 24. Per Polibio (III, 66) avrebbero usato un ponte di barche.
45. Polibio III, 72. Solo fino ad un segnale dato, secondo Appiano, Hann. 7. Si è
anche pensato che Polibio intendesse dire che gli elefanti erano disposti davanti
alle estremità della fanteria (Scullard 1974, p. 159).
46. Polibio III, 74.
47. Livio XXI, 55.
48. Alcuni (Charles, Rhodan 2007, pp. 372-374) ritengono necessario conciliare
le due versioni collocando gli elefanti, divisi in due unità, di fronte allesercito ma
vicino alla cavalleria.
cavalli dei Romani fecero effetto laspetto e lodore delle bestie49
che poi, insieme ai frombolieri delle Baleari, si volsero contro la
fanteria nemica. I Romani, abbastanza inaspettatamente,
resistettero allassalto degli elefanti grazie alla fanteria leggera
che li bersagliò, cercando in particolare di colpirli sotto la coda,
dove la pelle era più morbida (sub caudis, qua maxime molli
cute volnera accipiunt, fodiebant). Respinti, gli elefanti avrebbero
travolto gli stessi Cartaginesi, se Annibale non fosse riuscito a
reindirizzarli contro i Galli Cenomani, ausiliari dei Romani,
mettendoli in fuga50. Sorpreso alle spalle da uomini che Annibale
aveva fatto appositamente nascondere, lesercito romano si
sbandò; una parte dei Romani, sfondato lo schieramento nemico,
riparò a Piacenza, la maggior parte di quelli che invece si
ritirarono verso il Trebbia cadde uccisa dagli elefanti e dalla
cavalleria. Dopo aver ripagato così la fiducia che Annibale
aveva posto in loro, piegati dalle fatiche, dalle ferite e dal freddo
dellinverno padano, gli elefanti, tranne uno, non sopravvissero
allinverno51 (secondo Tito Livio, sette di loro morirono allinizio
della primavera, in un fallimentare tentativo di valicare gli
Appennini, bloccato dal gelo) 52 . Dellunico elefante
sopravvissuto, però, si dice che abbia salvato la vita ad Annibale.
Per sorprendere il nemico, infatti, Annibale aveva deciso di
passare gli Appennini scendendo lungo il corso dellArno. Il
percorso prescelto richiedeva però di attraversare degli acquitrini,
probabilmente tra il Serchio e lArno, che allora peraltro era più
in piena del solito. Fiaccato da unaffezione ad un occhio (di
cui poi perse luso) Annibale si sarebbe salvato solo grazie
allelefante superstite, a bordo del quale poté attraversare quelle
49. Livio XXI, 56 (elephanti eminentes ab extremis cornibus, equis maxime non visu
modo sed odore insolito territis, fugam late faciebant). Cf. Appiano, Hann. 7.
50. Livio XXI, 56. Sulla battaglia cf. anche Zonara VIII, 24.
51. Polibio III, 74; Zonara VIII, 24 (freddo e ferite della battaglia).
52. Livio XXI, 58. Uno studio condotto su elefanti africani ne indica la temperatura
corporea media in 97.6 gradi Fahrenheit (Buss, Wallner 1965).
14
paludi che gli costarono gravi perdite di uomini e animali53.
Nullaltro ci è noto del destino di questo elefante; si è pensato
però che possa identificarsi con il Surus di cui parla Catone54.
Questi, nei propri Annali, aveva escluso i nomi propri dei
comandanti, ma aveva voluto menzionare il più valoroso tra gli
elefanti dellesercito cartaginese, Surus, aggiungendo che
lelefante aveva una zanna sola55. Dopo questo episodio, da
cui deriva in sostanza limmagine di Annibale che marcia in
groppa ad un elefante, il silenzio scende sullultimo pachiderma
reduce delle Alpi.
Le grandi vittorie di Annibale al lago Trasimeno ed a Canne
furono dunque ottenute senza il supporto degli elefanti. Quando
però, dopo la vittoria di Canne, il fratello di Annibale, Magone,
si recò a Cartagine per chiedere rinforzi, si decise di inviare ad
Annibale, insieme da altre truppe, anche quaranta elefanti56.
Era stato deciso anche che laltro fratello di Annibale, Asdrubale,
che come abbiamo detto era rimasto nella penisola iberica,
sarebbe dovuto passare in Italia con un esercito, per unirsi alle
forze di Annibale. Intuendo però la pericolosità del piano
cartaginese, lesercito romano di Spagna riuscì ad intercettare
Asdrubale prima che lasciasse la penisola, e a sconfiggerlo.
Gli Iberici, disposti al centro dello schieramento cartaginese,
erano fuggiti e la cavalleria li aveva seguiti, portandosi dietro
gli elefanti57. In considerazione della situazione creatasi nella
penisola iberica, inoltre, i rinforzi che Cartagine aveva decretato
ed approntato per Annibale, con Magone al comando (il numero
53. Polibio III, 79; Livio XXII, 2. Cf. Giovenale X, 157-158. Sfortunatamente per lui,
Livingstone non disponeva di un elefante su cui attraversare le paludi in cui contrasse
il morbo che gli fu fatale (Gaidoz 1874, p. 504).
54. Cf. Plinio, N.H. VIII, 5. Per lidentificazione di Surus con lelefante di Annibale
cf. Scullard 1948, pp. 282-283; 1974, pp. 174-176.
55. Su questo elemento si baserebbe un gioco di parole tra il nome dellelefante
e surus palo ricordato nel frammento di Ennio unus surum Surus ferre o surum
unum Surus ferre (Scullard 1953). Un riferimento potrebbe aversi anche nello
Pseudolus di Plauto (DeWitt 1941).
56. Livio XXIII, 13.
57. Livio XXIII, 29.
degli elefanti era già ridotto a venti) furono dirottati alla volta
della Spagna, dove si ritenne che fossero più urgenti58.
Dei rinforzi furono comunque inviati anche ad Annibale: unaltra
spedizione, che comprendeva anche elefanti, salpò da Cartagine
e, sbarcata a Locri59, raggiunse Annibale nei pressi di Nola60.
Presso la città campana si sarebbe svolta una battaglia campale
in cui Annibale avrebbe impiegato gli elefanti contro lesercito
romano, ma ciò non sarebbe bastato ad evitargli la sconfitta e
anzi, quattro sarebbero stati gli elefanti caduti e due quelli
catturati61. Forse degli elefanti erano già stati inviati in Italia,
perché Tito Livio riferisce di un loro precedente, parziale successo,
contro i difensori di Casilino, in Campania62. Poiché però questa
spedizione non è esplicitamente menzionata, è probabile che si
tratti di uninvenzione della tradizione annalistica romana63: gli
elefanti costituivano un elemento pittoresco adattissimo a dare
colore alla narrazione64.
Nel 211 a.C., mentre Capua era assediata, Annibale decise
di accorrere in soccorso della città con cavalleria e fanteria
leggera scelte e con trentatre elefanti, che evidentemente
reggevano bene un celere passo di marcia. Giunto nei pressi di
Capua assaltò i Romani intenti allassedio mentre,
contemporaneamente, gli assediati tentavano una sortita. Un
reparto di iberici, con tre elefanti, riuscì a forzare la resistenza
romana, accostandosi alla palizzata del campo65. Ma mentre
58. Livio XXIII, 32. Unarmata, comandata da Asdrubale e destinata ad appoggiare
la rivolta antiromana in Sardegna doveva essere dotata di forze quasi equivalenti
a quella di Magone (tantum ferme copiarum quantum Magoni); ma se essa
comprendesse anche elefanti, come quella di Magone, non ci è dato sapere.
59. Livio XXIII, 41.
60. Livio XXIII, 43; Zonara IX, 3.
61. Livio XXIII, 46; Plutarco, Marc. 15. Questa battaglia, secondo Scullard (1974,
p. 162), sarebbe stata inventata o comunque ingigantita dalla tradizione annalistica
romana.
62. Livio XXIII, 18.
63. Scullard 1974, p. 162.
64. Per questa ragione non potevano mancare nella fantasiosa narrazione della
battaglia di Canne del poeta epico Silio Italico.
65. Livio XXVI, 5.
16
tentavano di passare il fossato gli elefanti furono abbattuti,
venendo anzi a costituire una sorta di ponte attraverso il quale
si accese la mischia. Secondo unaltra versione gli elefanti
avrebbero fatto irruzione nel campo romano, spaventando le
bestie da soma e travolgendo le tende, per esserne poi scacciati
col fuoco66. Annibale comunque non era riuscito in alcun modo
ad allentare la pressione romana su Capua, per cui decise di
tentare unimprovvisa marcia su Roma, sperando che la paura
spingesse i Romani a richiamare le truppe a difesa dellurbe.
Anche questa azione si esaurì però senza risultati rilevanti, ma
sembra che allimpressione destata dal passaggio dei suoi elefanti
(allandata o al ritorno) presso Alba Fucens possano riportarsi
due blocchi calcarei rozzamente scolpiti in figura di elefante67.
Anche in Sicilia gli elefanti parteciparono alle operazioni
militari cartaginesi. Della spedizione inviata sullisola nel 214 a.C.
sotto il comando di Imilcone68 facevano parte dodici elefanti,
otto dei quali furono successivamente catturati dal comandante
romano Marcello in un breve scontro campale svoltosi due anni
dopo sul fiume Imera69. Questi otto elefanti sfilarono poi per le
vie di Roma nella cerimonia celebrativa delle imprese di Marcello
in Sicilia, culminate con la presa di Siracusa (e Tito Livio specifica
che la presenza degli elefanti serviva a ricordare che la vittoria,
oltre che sui Siracusani, era stata anche sui Cartaginesi)70.
Sulla penisola, invece, Marcello ebbe a fronteggiare anche
gli elefanti comandati da Annibale. Presso Numistrone, in
Lucania, gli elefanti intervennero a scontro già iniziato ma
non furono determinanti e la battaglia, con un avvicendamento
66. Livio XXVI, 6. Allo stesso episodio sembra fare riferimento Appiano, Hann. 4243, che aggiunge che gli elefanti, inferociti dal dolore, scossero e calpestarono i
propri guidatori.
67. De Visscher 1960; 1962. Sul passaggio di Annibale per Alba cf. Livio XXVI, 11.
68. Livio XXIV, 35.
69. Livio XXV, 41.
70. Punicae quoque victoriae signum (Livio XXVI, 21).
di reparti, continuò fino a sera e si concluse senza un
vincitore71. Determinante si rivelò invece lazione degli elefanti
in uno scontro successivo tra Annibale e Marcello, svoltosi in una
località imprecisata. Poiché la battaglia si protraeva in condizioni
di parità, Annibale fece avanzare in prima linea gli elefanti,
sperando che scompigliassero e spaventassero il nemico72. La
mossa si rivelò efficace, ma il tribuno romano Caio Decimio Flavo,
afferrata una delle insegne, guidò i suoi al contrattacco, facendo
concentrare il tiro là dove erano ammassati gli elefanti73. Alcuni
di questi furono feriti e presero la fuga, trascinando gli altri con
sé; i Romani li inseguirono, continuando a bersagliarli e spingendoli
contro le linee cartaginesi, cui gli elefanti fecero un danno
maggiore di quello che avevano fatto al nemico. Lesercito
cartaginese prese la fuga verso il proprio accampamento, inseguito
dalla cavalleria romana. Per giunta, due elefanti erano crollati
proprio sulla porta (elephanti quoque duo in ipsa porta corruerant),
ostruendola e costringendo i fuggitivi a scavalcare fossato e
recinto. In quella battaglia caddero cinque elefanti74. Sembrerebbe
che in questa occasione Annibale fosse stato restio ad impiegare
gli elefanti (nello scontro del giorno precedente, risultato favorevole
ai Cartaginesi, gli elefanti non sembrano essere intervenuti). Nel
208 a.C., in uno scontro con Caio Claudio Nerone, in cui Annibale
nullus usus poté fare degli elefanti perché lesercito cartaginese
era stato assalito senza essersi potuto schierare, quattro elefanti
furono uccisi e due catturati75. Tra i prodigi che i Romani
registrarono per quellanno vi fu la nascita di un bambino con la
testa di elefante. Chissà che il prodigio non annunciasse che
quellanno Marcello, eletto console, sarebbe stato ucciso dai
Cartaginesi76.
71. Livio XXVII, 2.
72. Livio XXVII, 14, 6.
73. Secondo Plutarco il tribuno avrebbe colpito il primo degli elefanti proprio con
linsegna (Marc. 36).
74. Livio XXVII, 14.
75. Livio XXVII, 42.
76. Livio XXVII, 11; Plut. Marc. 38
18
Anche nella penisola iberica intanto gli elefanti venivano
impiegati contro i Romani, ma senza grande fortuna. Dopo la
sconfitta subita da Asdrubale, i Cartaginesi furono sconfitti
ancora sia presso Iliturgi, dove sette elefanti furono catturati
dai Romani ed altri cinque uccisi, sia presso Intibili, dove ben
quarantanove elefanti furono catturati (215 a.C.) 77 . Lanno
seguente, presso Munda, trentanove elefanti caddero trafitti
dai giavellotti romani sul vallo dellaccampamento punico,
contro cui erano stati respinti, mentre in una battaglia presso
Orongi tre elefanti furono uccisi e otto catturati 78 . Anche
lesercito comandato da Asdrubale e che nel 211 a.C. fu
bloccato dai Romani in una posizione svantaggiosa disponeva
di elefanti79. Asdrubale riuscì a sottrarsi alla difficile situazione
ricorrendo ad una punica fraus (del resto era ferma convinzione
del popolo romano che i Cartaginesi fossero infidi per natura):
fingendo di essere disposto ad abbandonare la penisola
iberica, Asdrubale condusse per diversi giorni dei colloqui col
comandante romano, Caio Claudio Nerone. La sua intenzione
però era di prendere tempo, perché di notte i Cartaginesi, alla
spicciolata, abbandonavano la posizione, finché un giorno,
dichiarando che il tempo nebbioso lo costringeva, per scrupolo
religioso, a rinviare i colloqui allindomani, Asdrubale partì lui
stesso con la cavalleria e gli elefanti , evidentemente lasciati
allultimo perché la loro assenza sarebbe stata notata. Il
comando delle forze romane nella penisola iberica passò poi
a Scipione, che nel 208 a.C. avanzò contro lesercito di
Asdrubale nei pressi di Becula. Asdrubale, che disponeva
ancora di elefanti, non accettò lo scontro ma si insediò su
unaltura, dove i Romani decisero di assaltarli. Come scrisse
Livio, se gli elefanti fossero stati tenuti in posizione davanti
alla fanteria, i Romani non avrebbero avuto lo spazio necessario;
77. Livio XXIII, 49.
78. Livio XXIV, 42.
79. Livio XXVI, 17.
le truppe cartaginesi, invece, si diedero ad una fuga che gli
elefanti, atterriti, resero ancora più confusa (addita trepidatione
elephantorum quos territos aeque atque hostes timebant)80.
In effetti sembra che Asdrubale si fosse preoccupato più di
portare in salvo gli elefanti che non di impiegarli nella
battaglia81, e certo non si era posto su un terreno adatto al
loro impiego. Probabilmente desiderava conservarli per la
spedizione in Italia che stava nuovamente progettando, per
riunire le sue forze con quelle di Annibale. E finalmente, come
aveva fatto il fratello, anche Asdrubale attraversò le Alpi con
gli elefanti (ma con minori difficoltà, anche per via della stagione
più clemente, e meno fama tra i posteri). Giunto in Italia
Asdrubale iniziò a discendere verso il Meridione, per
congiungersi con Annibale, ma fu intercettato dai Romani sul
fiume Metauro.
Costretto alla battaglia, Asdrubale dispose i suoi elefanti
davanti al centro della fanteria, ponendosi lui stesso nel punto
in cui si trovavano gli elefanti, ma laggiramento da parte dei
Romani li rese dannosi ai Cartaginesi non meno che al
nemico82: confusi, vagavano come incerti su quali fossero i
nemici, senza che i guidatori potessero controllarli83. Asdrubale,
prevedendo la cosa, aveva fornito i guidatori di un maglio e
di uno scalpello, dando loro disposizione, qualora gli animali
fossero diventati ingovernabili, di colpire gli animali tra le
orecchie, alla giunzione tra capo e collo84: questo era il metodo
più rapido per abbattere i propri elefanti, in caso di necessità85.
80. Livio XXVII, 18.
81. Hasdrubal iam ante quam dimicaret pecunia rapta elephantisque praemissis
(Livio XXVII, 19). Cf. Polibio X, 39.
82. Polibio XI, 1.
83. Livio XXVII, 48.
84. Per Zonara (IX, 9) ØpÕ tÕ oáj.
85. Anche Ammiano Marcellino (XXV, 1, 15) attribuisce linvenzione di questo
espediente ad Asdrubale ma la notizia del suo utilizzo nella Persia nel 363 d.C.
sembra doversi considerare solo un fatto letterario (Rance 2003, p. 365).
20
Il risultato di questa trovata fu che alla battaglia del Metauro
furono abbattuti più elefanti dai loro guidatori che non dal nemico86.
Questo sacrificio non bastò ad impedire che lesercito di
Asdrubale fosse completamente annientato: per dirla col cronista
bizantino Zonara, nellesercito di Asdrubale gli elefanti furono
uccisi dai Cartaginesi, gli uomini dai Romani87. Dei dieci elefanti
di cui disponeva Asdrubale sei perirono, mentre i quattro che
avevano passato le linee, ormai privi di guidatore, furono catturati
dopo la battaglia88. Quello stesso Claudio Nerone che era stato
ingannato in Iberia con le finte trattative e che ora, da console,
era accorso dalla Puglia per appoggiare il collega, tornava ora
al suo esercito con la testa di Asdrubale, che era caduto nella
battaglia. Per quel che sappiamo, lespediente adottato al Metauro
non gli sopravvisse: le fonti non vi fanno più alcun cenno. Non
sembra averlo adottato laltro Asdrubale (figlio non di Amilcare,
ma di Gisgone) i cui trentadue elefanti, che erano stati schierati
davanti alle ali, bersagliati dai dardi, presero a vagare fuori
controllo travolgendo chiunque89. Il vincitore di questa battaglia,
che ebbe luogo nella penisola iberica (206 a.C.) era Publio
Cornelio Scipione, che alla fine riuscì a sgomberare la Spagna
dalle forze cartaginesi e dallaltro fratello di Annibale, Magone.
Questi poi si diresse in Liguria con lincarico di arruolare Liguri
e Celti e ritentare limpresa fallita al fratello Amilcare: congiungere
le proprie forze con quelle di Annibale. Magone ricevette anche
rinforzi da Cartagine, tra cui sette elefanti90. Proprio questi elefanti
furono sul punto di guadagnargli la vittoria nella battaglia cui i
Romani lo costrinsero quando Asdrubale tentò di muoversi dalla
Liguria (203 a.C.). La cavalleria romana infatti fu messa in difficoltà
dallintervento degli elefanti, che con laspetto, i barriti e lodore
ne spaventarono i cavalli. I Romani concentrarono allora il tiro
86. Elephanti plures ab ipsis rectoribus quam ab hoste interfecti (Livio XXVII, 49, 1).
87. Zonara IX, 9.
88. Polibio XI, 1. Quindici secondo Appiano, Hann. 52.
89. Polibio XI, 20.22.24; Livio XXVIII, 14-15.
90. Livio XIX, 4; Appiano, Lib. 9.
sugli elefanti (che, compatti, stavano per travolgere anche la loro
fanteria) rivolgendoli contro i Cartaginesi e abbattendone quattro.
Ma solo il ferimento (rivelatosi poi mortale) di Magone diede la
vittoria ai Romani, tra i quali circa ventidue illustri equites erano
periti sotto la carica degli elefanti91.
La sconfitta di Magone segnava anche la sostanziale fine
delle speranze di Annibale di tenere il fulcro della guerra in Italia.
Prevedendo che Scipione, secondo il detto per cui la miglior
difesa è lattacco, sarebbe sbarcato in Africa, Asdrubale figlio di
Gisgone era stato inviato a catturare dei nuovi elefanti92. Quando
Scipione sbarcò, Asdrubale, accampato presso Utica, aveva con
sé centoquaranta elefanti93. Sei di essi furono catturati e altri otto
perirono nellattacco notturno con cui Scipione sorprese il nemico
incendiando gli accampamenti di Asdrubale e dei suoi alleati
numidi94. Gli altri elefanti forse erano rientrati a Cartagine in
precedenza, forse riuscirono a fuggire. Comunque sia, nella
battaglia finale contro Scipione (la battaglia di Naraggara, più
nota come battaglia di Zama), Annibale poté disporre di
unottantina di elefanti, più di quanti avesse mai avuto a
disposizione per una battaglia95. Schierati davanti allesercito,
gli elefanti caricarono il nemico ma parecchi di loro, spaventati
dal suono dei corni e delle trombe dei Romani, deviarono sui lati,
finendo così col travolgere, allala sinistra dellesercito di Annibale,
la cavalleria numida, e scompigliando, col proprio frenetico
passaggio, anche la cavalleria alla destra dello schieramento
cartaginese. Gli altri elefanti, dopo aver travolto la fanteria leggera
romana, esaurirono a vuoto la propria carica, infilandosi nelle vie
di fuga che Scipione aveva appositamente predisposto nel suo
schieramento96. Fu comunque la superiorità della cavalleria a
91. Livio XXX, 18.
92. Appiano, Lib. 9.
93. Appiano, Lib. 13.
94. Livio XXX, 6. Per Appiano (Lib. 23) alcuni furono uccisi, altri feriti.
95. Polibio XV, 11; Livio XXX, 33 (quot nulla unquam in acie ante habuerat); Appiano,
Lib. 40.
22
dare la vittoria ai Romani. Undici elefanti furono catturati97, gli altri
almeno in parte riuscirono forse a rientrare a Cartagine98, e forse
non tutti gli elefanti disponibili avevano seguito Annibale in battaglia.
Ad ogni modo, anche dopo la battaglia a Cartagine rimaneva, a
quanto pare, un buon numero di elefanti99. Il trattato che pose fine
alla guerra prevedeva anche la consegna, da parte di Cartagine,
di tutti gli elefanti e il divieto di allevarne degli altri 100 .
La battaglia di Naraggara, che vide la sconfitta di Annibale
fu così anche lultima in cui degli elefanti si batterono per Cartagine.
Quelli consegnati ai Romani furono in parte concessi a Massinissa,
il re numida loro alleato, ma in parte maggiore furono condotti a
Roma per partecipare al trionfo di Scipione101. Elefanti presi ai
Cartaginesi servirono Roma nella guerra contro Filippo di
Macedonia, che era stato alleato di Annibale102.
Le stalle realizzate entro le mura stesse di Cartagine, capaci
di contenere un elevato numero di elefanti (si parla di trecento)
e il loro foraggio, rimasero vuote103. Si dice che durante la terza
Guerra Punica, tra la popolazione di Cartagine sconvolta dalla
richiesta romana di abbandonare la città, qualcuno chiamasse
gli elefanti per nome, come se fossero stati ancora presenti104.
Ma in quella guerra gli elefanti, allevati dai Numidi, combatterono
contro Cartagine, che cadde105. Quando, molti anni dopo averla
distrutta, i Romani rifondarono la città come loro colonia, per gli
96. Polibio XV, 9-12; Livio XXX, 33; Zonara IX, 14.
97. Livio XXX, 35.
98. La battaglia, per gli elefanti, era terminata presto, come si è detto (cf. Appiano,
Lib. 43: ¢p»gagon k tÁj m£chj o pib£tai). Per Scullard (1974, p. 169), invece,
the rest were presumably captured.
99. Cf. Appiano, Lib. 59, plÁqoj lef£ntwn.
100. Polibio XV, 18; Livio XXX, 37; Appiano, Lib. 2; 54; cf. 59; 83; 84; Dione Cassio,
XVII, 82; Zonara IX, 14.
101. Appiano, Lib. 66; Dione XVII 84; Zonara IX, 14.
102. Livio, XXXI, 36.
103. Appiano, Lib. 95.
104. ka t¦ ÑnÒmat£ tinej tîn lef£ntwn ¢nek£loun æj ti parÒntwn (Appiano,
Lib. 92).
105. Appiano, Lib. 126.
elefanti a Cartagine non vi era più posto se non, forse, nei giochi
del circo106.
Questa è dunque la storia dellimpiego degli elefanti presso
i Cartaginesi. Restano però numerosi punti da approfondire;
innanzitutto: dove si procurarono gli elefanti, i Cartaginesi? Certo,
per colmare le perdite (dato anche il basso tasso di riproduzione
dei pachidermi) era necessario procurarsi sempre nuovi esemplari.
Sebbene non sia da escludere la presenza, negli eserciti
cartaginesi, di esemplari indiani (tale potrebbe essere il caso di
Surus)107, per la maggior parte si trattava di elefanti catturati nel
Nordafrica, dove la presenza di elefanti allo stato brado
nellAntichità è ben documentata108. Ne parla anche Annone, il
navigatore cartaginese che lasciò un resoconto del proprio viaggio
lungo la costa mediterranea ed atlantica dellAfrica109.
Sappiamo in effetti che un Asdrubale, probabilmente il cognato
di Annibale, avrebbe tratto in inganno i Numidi che era stato
incaricato di sottomettere sostenendo che voleva entrare nel loro
territorio per catturare degli elefanti. I Numidi, che gli credettero,
chiesero denaro in cambio della licenza di caccia110. Una
spedizione cartaginese alla cattura di elefanti è attestata
esplicitamente allepoca della seconda Guerra Punica 111 .
Sebbene catturati in Africa, però, gli elefanti impiegati da
Cartagine non erano elefanti africani, almeno nel senso in cui
si intende comunemente. Questa affermazione può sembrare
paradossale, ma in realtà costituisce la soluzione di unannosa
106. Cf. Bomgardner 1989, p. 92 n. 31.
107. Il nome Surus indicherebbe infatti una provenienza dalla Siria, una regione
in cui si utilizzavano elefanti dallAsia. Ma si è pensato anche alla radice semitica
SWR, per cui il nome varrebbe roccia (cf. Scullard 1948, p. 283 n. 43).
108. Cf. Gsell 1913, pp. 74-81.
109. Annone, Per. 4.
110. Frontino, Strat. IV 7, 18. Per lidentificazione di Asdrubale e lattribuzione
allepoca delle imprese iberiche di Amilcare cf. Scullard 1974, p. 154.
111. Appiano, Lib. 9.
24
questione. Quando, nel 217 a.C., lesercito egiziano di Tolomeo
IV, dotato di elefanti catturati in Africa, si scontrò con lesercito
siriano di Antioco III, che disponeva invece di elefanti indiani,
soltanto alcuni tra gli elefanti di Tolomeo osarono battersi contro
quelli di Antioco: la maggior parte prese la fuga prima ancora di
iniziare a battersi. La motivazione addotta da Polibio sembra
piuttosto sconcertante: gli elefanti indiani avrebbero impaurito
gli elefanti africani (Libukoj lfasi) di Tolomeo, di cui erano
più grossi112.
Eppure, al giorno doggi tutti sappiamo che è lelefante africano
(Loxodonta africana) ad essere maggiore dellelefante indiano
(Elephas maximus). Polibio avrebbe dunque riportato un luogo
comune113, senza porsi il problema della sua veridicità? Lidea
che gli elefanti indiani fossero di maggiori dimensioni rispetto a
quelli africani era largamente diffusa e condivisa nellAntichità114
e si cercava anche di spiegarla sulla base della differente
alimentazione115. La soluzione al dilemma è stata fornita dalla
constatazione che in Africa esistono almeno due tipi di elefante116,
uno (Loxodonta africana, o elefante di savana, il tradizionale
elefante africano, appunto) maggiore dellelefante indiano, laltro
(Loxodonta cyclotis o elefante di foresta) minore di esso. Gli
antichi, in Africa, avrebbero conosciuto solo questo secondo
tipo117. Attualmente la reciproca posizione dei due tipi africani
di elefante è ancora oggetto di dibattito. Dallesame del DNA
sembra infatti che si tratti non di due sottospecie di una specie
comune (come si pensava precedentemente), ma di vere e
proprie specie differenti118, anche se la situazione potrebbe
essere ancora più complessa119. Ad ogni modo, lelefante
112. Polibio V, 84. Gli elefanti di Tolomeo che combatterono probabilmente erano
anchessi indiani (cf. Gowers, Scullard 1950, p. 276; Charles 2007).
113. Tarn 1926.
114. Cf. Plinio, N.H. VIII, 9; Livio, XXXVII 39, 13; Curzio Rufo, VIII, 9; Filostrato, Vita
Apoll. II 12; Strabone, XV, 1, 43.
115. Diodoro Siculo, II, 35, 4.
116. Cf. Christy 1922a, pp. 92-95.
117. Gowers 1948.
118. Tangley 1997; Roca, Georgiadis, Pecon-Slattery, OBrien 2001; Shoshani,
Sanders, Tassy 2001.
nordafricano cui avrebbero attinto i Cartaginesi era probabilmente
una forma oggi estinta (ma estesa anticamente dallAtlante al
Mar Rosso) solitamente considerata come sottospecie di
Loxodonta africana (Loxodonta africana pharaohensis)120 ma
che potrebbe ora essere considerata una sottospecie di quello
di foresta (Loxodonta cyclotis pharaohensis), se non, magari,
una specie autonoma.
Una volta catturati, comunque, gli elefanti andavano
ammaestrati. Laddestramento degli animali era probabilmente
demandato agli stessi specialisti che poi li avrebbero guidati in
battaglia. Considerando la vulnerabilità dei guidatori rispetto agli
animali, è presumibile che il numero dei primi fosse discretamente
superiore rispetto ai secondi, eventualmente con specializzazioni
(per fare un esempio, i guidatori più anziani potevano magari
diventare allenatori). Le fonti classiche usano con frequenza,
per indicare i guidatori, termini che letteralmente valgono come
Indiani. È infatti probabile che, almeno inizialmente, anche
Cartagine si fosse rivolta ad esperti indiani, depositari di una già
lunga tradizione in materia di addestramento di elefanti,
eventualmente anche con lausilio di elefanti indiani121.
Nellesercito di Cartagine, che faceva largo uso di contingenti
mercenari di varia provenienza scelti anche sulla base delle loro
precipue caratteristiche militari (come nel caso dei frombolieri
scelti delle Baleari), la cosa sarebbe stata normale. In seguito
però parrebbe che il termine indiano sia divenuto un sinonimo
di guidatore di elefante, perdendo quindi ogni riferimento etnico.
È possibile in effetti che, formato dagli esperti indiani, un corpo
di guidatori numidi venisse col tempo a costituirsi a Cartagine122.
In tal caso si capirebbe bene perché siano stati impiegati i
119. Eggert, Rasner, Woodruff 2002.
120. Cf. Laursen, Bekoff 1978, p. 1.
121. Gowers, Scullard 1950, p. 277.
122. Gowers 1947, p. 43; Scullard 1948, p. 161; 1974, p. 149; Gowers e Scullard
1960, p. 271. Per un valore letterale cf. invece Berthelot 1936, pp. 37-38; Glover
1944, p. 269.
26
Numidi per aprire il varco alpino agli elefanti123. Si è anche
osservato che, a proposito del ricorso di Metello ai prigionieri per
recuperare gli elefanti dispersi alla battaglia di Palermo, una delle
fonti (Eutropio) parla di Numidi mentre unaltra (Zonara) sembra
fare riferimento ai guidatori degli elefanti: combinando le due
fonti si potrebbe concludere che i guidatori erano Numidi124.
Lespressione di Eutropio per Numidas, quos in auxilium habebat
suggerisce comunque una versione differente dei fatti, per cui la
cattura sarebbe avvenuta tramite truppe ausiliarie numide, non
prigionieri, dei quali Zonara dice che avvicinarono gli animali più
mansueti (toj sfîn praot£toij), grazie al fatto di essergli noti (di¦
t¾n sun»qeian), anche perché essi erano resi irrequieti proprio dal
fatto di trovarsi tra gente sconosciuta (¥neu tîn sun»qwn sf sin
¢ndrîn)125. La disponibilità di questi prigionieri a consegnare al
nemico gli elefanti e probabilmente anche a consigliare come farli
imbarcare, non depone certo per un loro forte senso della patria,
ammesso che costoro ritenessero Cartagine la propria patria; ma
potrebbe confortare lipotesi che i guidatori fossero un reparto
mercenario. Sembra comunque che una certa consapevolezza di
corpo caratterizzasse i guidatori degli elefanti allinterno dellesercito
cartaginese: secondo Polibio fu lambizione di togliere ad Asdrubale
il merito della vittoria a spingere i guidatori degli elefanti alla carica
contro Metello a Palermo126. Se otto elefanti furono catturati dai
Romani allo scontro del 212 a.C. sul fiume Imera, cui i Numidi della
cavalleria scelsero di non partecipare perché il proprio comandante
non era presente127, è chiaro che i guidatori non avevano aderito
123. Polibio III, 55.
124. Scullard 1974, p. 151. Cf. Eutropio II 24; Zonara VIII 14.
125. Non è indispensabile considerare questi prigionieri come guidatori; gli elefanti
potevano essere ben noti ai soldati e, a loro volta, conoscere anche altri commilitoni.
A Cartagine, come abbiamo visto, sembra che i loro nomi fossero ricordati dalla
gente anche a distanza di anni. Comunque sappiamo che Metello aveva catturato
almeno cinque guidatori.
126. Polibio I, 40. Secondo Frontino (II 5,4) la causa dellavventatezza dei guidatori
degli elefanti sarebbe stata invece lira per il lancio di proiettili e la fuga degli hastati
(ea ludificatione rectores elephantorum concitati).
27
allo sciopero: se si trattava di Numidi laspetto di corpo potrebbe
aver prevalso su quello etnico. Indipendentemente dalletnia dei
singoli guidatori, comunque, sembra certo che la tradizione
cartaginese di addestramento degli elefanti da guerra debba essere
riportata, sia pure eventualmente mediata dallEgitto128 o dalla Siria,
allIndia. Probabilmente di questo bagaglio culturale facevano parte
dei termini tecnici, anche perché, secondo la concezione ellenistica,
gli elefanti capivano la lingua indiana129 ma avevano difficoltà
con le altre. Proprio perché si riteneva che gli elefanti potessero
capire solo la lingua indiana130 fece scalpore lelefante che fu
regalato a Tolomeo II e che comprendeva il greco. È presumibile
che, col tempo, a Cartagine si finisse per comunicare con gli elefanti
utilizzando una lingua mista in cui potevano entrare vocaboli indiani,
greci, fenici e libici. Del resto, gli elefanti di Cartagine erano, almeno
in grande maggioranza, africani131 e al tempo di Plinio si riteneva
che gli elefanti capissero la lingua del proprio paese132.
Forse sappiamo anche quale fosse il vocabolo per elefante
in uso a Cartagine. Infatti tra le possibili etimologie che si davano
del nome Caisar, Cesare, gli antichi ne conoscevano una per cui
il primo a portare quel nome lo avrebbe ricevuto per avere abbattuto
un elefante, che in Africa sarebbe stato chiamato kaisa(r)133. Le
fonti non sono concordi nellattribuire questo termine alla lingua
punica o ad una lingua indigena del Nordafrica, ma è anche possibile
127. Livio XXV, 41.
128. Cf. Casson 1993, p. 248 n. 4.
129. Secondo un aneddoto di Eliano (N.A. XI, 14) in cui la moglie illius, qui elephantum
aleret nellesercito siriano comunica con un elefante lingua utens Indica, quam
elephanti intelligunt.
130. Eliano, N.A. XI, 25.
131. Una ricerca nellIndia meridionale ha dimostrato che, almeno in una certa
area, la lingua utilizzata per comunicare con gli elefanti non era quella comune,
ma una decina di comandi di origine hindi, dravidica e kanna?a (Zvelebil 1979).
132. Plinio, N.H. VIII, 1, intellectus illis sermonis patrii.
133. Hist. Aug., Ael. II, 3-4: ab elephanto, qui lingua Maurorum caesai dicitur, in
proelio caeso; Servio, in Aen I, 286: quod avus eius in Africa manu propria occidit
elephantem, qui caesa dicitur lingua Poenorum; Giovanni Lido, De mensibus IV
63, par¦ Fo nixin Ð lfaj tÕ zùon kasar lgetai; Costantino Manasse, S.H.,
1818: ka sarej g¦r lfantej toj Fo nixi kaloàntai.
28
che per indicare lelefante la lingua punica adottasse un termine
africano, come africani erano sostanzialmente gli elefanti cui si
riferiva134. Si è anche proposto di riconoscere questo vocabolo
kaisa(r) nellonomastica cartaginese, in cui è noto un nome k(y)r
che potrebbe quindi valere Elefante; sebbene possa parere un
nome un po buffo, non sarebbe comunque lunico esempio di nome
comune di animale adoperato come nome proprio di persona135.
Limmagine dellelefante136 fu impiegata anche sulle monete,
principalmente su quelle curate proprio dalla famiglia dei Barca,
che coi pachidermi divise tanta parte delle sue fortune (e sfortune).
Monete dargento battute in Spagna (237-227 a.C.) recano, sotto
le spoglie di Eracle, i ritratti dei Barca e sullaltra faccia un elefante,
con guidatore (per Amilcare) o senza (per Annibale), oppure la
prua di una nave da guerra (per Asdrubale)137. Lelefante compare
anche su unaltra serie di monete, emesse in Sicilia durante
lultimo periodo della presenza militare punica nellisola, forse
dalla zecca di Agrigento138. Cè chi ha individuato nel ritratto
sullaltra faccia di queste monete quellImilcone che, come
abbiamo visto, nel 213 a.C. era sbarcato in Sicilia con dodici
elefanti, donde la proposta di una datazione al 213-210 a.C. per
le nostre monete139. Oltre alla Sicilia, comunque si è proposta
per questa serie una zecca della penisola iberica o la stessa
Cartagine140, con la possibilità di una coniazione cartaginese
ma destinata alla Sicilia o di una coniazione in Sicilia su
134. Clermont-Ganneau 1886.
135. Clermont-Ganneau 1886. Le iscrizioni sono Corpus Inscriptionum Semiticarum
I, 336, 589, 2150, 2687, 2150, 2687, 4010, 4685, 4908, 5727, 5824. Il valore di
elefante è possibile per Benz 1972, p. 330 e Fuentes Estañol 1980, p. 139,
Krahmalkov (2000, pp. 235 e 244) pensa ad una forma del teonimo kr. I due
elementi potrebbero però coesistere (Jongeling 2008, pp. 342-343).
136. Attestata anche per le stele puniche, cf. Corpus Inscriptionum Semiticarum
I, 182.
137. Sulle monete cf. Alfaro Asins 1993, p. 31; Acquaro 1991, pp. 72-73; Manfredi
2001, p. 395. Per lidentificazione dei ritratti cf. Blazquez 1976.
138. Cf. Manfredi 1991, pp. 78-79; 2001, p. 395.
139. Cutroni Tusa 1991; Marchetti 1992, p. 120; 2001, p. 395. Cf. Livio XXIV, 35.
140. Jenkins 1987, p. 227 (Cartagine); Robinson 1956, nn. 8a-c (zecca spagnola,
forse Gades).
29
commissione cartaginese. Per un altro gruppo di monete è stata
proposta lattribuzione ad una zecca cartaginese in Italia, nel
periodo 216-211 a.C.141; si tratterebbe insomma di monete
battute da Annibale. Per le popolazioni della penisola italiana il
legame ideologico tra Annibale, elefanti e monete dovette essere
notevole, dato che allepoca della presenza in Italia del
comandante cartaginese diverse monete locali adottarono
limmagine dellelefante142. Tra queste cè una moneta di zecca
etrusca, per alcuni coniata per ordine o su concessione dello
stesso Annibale143, che presenta su una faccia un elefante,
sullaltra la testa di un Africano in cui si è pensato di poter
identificare il guidatore dellanimale ma i tratti somatici, più che
il ritratto di un Numida sembrano voler evocare lidea di Africa144.
Alcune di queste monete145 mostrano al collo degli elefanti
una campana, destinata ad accrescere lefficacia psicologica
della carica degli animali, aumentandone il frastuono146. Queste
campane erano utilizzate già in India, come documenta il celebre
decadrammo di Poros, in cui Alessandro Magno si fece
rappresentare mentre assalta, col suo Bucefalo, il re indiano
Poros montato su di un elefante (dotato, appunto, di campana)147.
Le monete cartaginesi non mostrano invece bardature
appariscenti 148 per gli elefanti, anchesse destinate ad
141. Rutter 2001, p. 163. Robinson (1964, p. 41) pensava a zecca di Capua).
142. Così per le monete di unignota zecca campana (Robinson 1964, p. 42; Rutter
2001, n° 2666), di Atella (Sambon 1903, n° 1056), di Capua (cf. Scullard 1974,
p. 163), di Velecha (Sambon 1903, n° 1064). Su un aes grave forse sannita
(Sydenham 1926, p. 131; Scullard 1948, pp. 162-163; Rutter 2001, pp. 59-60)
sembra addirittura imitata una delle monete puniche di Spagna. Differente il caso
di una moneta di Paestum, datata ora al II secolo a.C. (cf. Rutter 2001, p. 113).
143 Pedani 1928; Massa-Pairault 1981 p. 332 n. 88 (queste monete ont tous les
caractères démissions carthaginoises). Altri pensano piuttosto ad autonome
emissioni etrusche (Panvini Rosati 1964, pp. 167-180, cf. Baglione 1976). Per una
datazione alla prima Guerra Punica propende Visonà 1989, per un problema
attualmente insolubile F. Catalli, Monete etrusche, Roma 1990, p. 112.
144. Cf. Scullard 1974, p. 173.
145. Quella etrusca e quella di ignota zecca campana (Robinson 1964, p. 42).
146. Scullard 1948: 162 n. 11. Pedani (1928, p. 645) riteneva che la campana
indicasse lanimale da lavoro, non quello da guerra.
147. Cf. Goukowski 1972: 477.
30
impressionare il nemico. Limportanza dellimpatto psicologico
degli elefanti era tale che, a quanto si racconta, Annibale avrebbe
fatto uccidere un prigioniero romano, che si era riconquistato la
libertà uccidendo in un duello uno dei suoi elefanti, perché temeva
che se la cosa si fosse saputa il timore dei nemici nei confronti
degli animali sarebbe diminuito149. Sulle monete cartaginesi è
assente anche la torretta (qwr£kion) su cui potevano prendere
posto dei soldati. Luso della torretta sarebbe stato introdotto
allepoca di Pirro e, probabilmente, proprio nella sua cerchia,
donde poi si sarebbe diffuso fino allIndia150, ma non sembra
essere stato adottato a Cartagine151. Le fonti relative agli elefanti
di Cartagine non parlano mai né di torrette né di eventuali soldati
al loro interno, ma solo di guidatori, montati sul collo degli animali
come mostrato dalle monete di Amilcare152. Passi come quello
in cui Tito Livio afferma che gli elefanti schierati davanti allesercito
offrivano da lontano limmagine di torri o quelli poetici di Lucrezio
e Silio Italico non sono utilizzabili sul piano storico. Lucrezio, che
parla (V, 1302) di turrito corpore, attribuisce erroneamente ai
Cartaginesi lorigine delluso militare degli elefanti (V, 1302-1305)
e altrettanto erroneamente potrebbe ascrivere loro luso delle
torrette; lo stesso discorso vale per Silio Italico (IX 239-241; 570583) che del resto descrive gli elefanti cartaginesi alla battaglia
di Canne dove, come abbiamo visto, non cerano.
Limpiego bellico degli elefanti, a Cartagine, consisteva quindi
sostanzialmente nel caricare il nemico, guidati dai propri
conducenti. Il paragone tra gli elefanti ed i carri armati sorge
quasi spontaneo153 e in effetti in India, intorno alla fine del XVI
secolo, il Gran Mogol giunse persino a installare dei cannoni,
148. Cui allude Appiano, Lib. 43 (j tÕ foberètaton skeuasmnoi); cf. Meurig
Davies 1951.
149. Plinio VIII, 18.
150. Goukowski 1972.
151. Cf. Scullard 1974, pp. 242-243.
152. La torretta appare sulla moneta di zecca campana posta in relazione alla
presenza di Annibale.
153. Cf. Born 1928.
31
serviti da quattro inservienti, sul dorso degli animali154. Per luso
che ne fecero i Cartaginesi, però, gli elefanti dovrebbero forse
accostarsi piuttosto alla cavalleria; proprio contro la cavalleria
nemica avrebbero trovato il loro impiego migliore, soprattutto se
la cavalleria nemica era superiore alla propria. In effetti, le fonti
riferiscono spesso il panico suscitato dagli elefanti tra i cavalli
del nemico, per aspetto, suoni ed odore (ed è stato suggerito
che la realizzazione delle stalle per i cavalli al di sopra di quelle
degli elefanti, nelle mura di Cartagine, mirasse ad accostumare
gli equini alla presenza dei pachidermi)155.
Annibale, oltre a disporre lui solo di elefanti, era generalmente
superiore al nemico anche nella cavalleria, con leccezione di
Naraggara, dove, pur potendo contare su più elefanti di quanti
ne avesse mai avuti nelle battaglie precedenti, la vittoria non gli
arrise. Il suo schieramento in quella battaglia gli meritò i
complimenti di Polibio156, ma non di tutti gli studiosi moderni:
Annibale aveva impiegato gli elefanti contro la fanteria e, se non
manca chi approva lutilizzo concentrato come massa durto157,
altri sostengono che avrebbe dovuto impiegare gli elefanti contro
la cavalleria158. Altri ancora però osservano che Annibale non
avrebbe fatto altro che seguire le regole tradizionali del tempo:
in materia di elefanti, non avrebbe apportato nulla di nuovo159.
Cè anche da considerare che fu Scipione a non seguire le
154. Gaidoz 1874, p. 488.
155. Glover 1944, pp. 258-261 (sulla disposizione delle stalle per i cavalli sopra
quelle per gli elefanti cf. Appiano, Lib. 95). Vegezio (III, 24), elefanti in proeliis
magnitudine corporum, barritus horrore, formae ipsius novitate homines equosque
conturbant.
156. Polibio XV, 16; Livio (XXX, 35) concorda. Secondo Appiano (Lib. 41) alla battaglia
di Naraggara Scipione avrebbe disposto alle ali la cavalleria numidica proprio perché
quei cavalli erano avvezzi alla vista e allodore degli elefanti. In realtà ad unala cera
la cavalleria italica, allaltra quella degli alleati numidi. Infatti Scipione avrebbe fatto
smontare la cavalleria italica per tirare sugli elefanti (Lib. 43).
157. Glover 1944, p. 265.
158. Edwards 2001, p. 903.
159. Charles, Rhodan 2007, p. 386; cf. p. 389: Hannibal, far from possessing any
exceptional ability in using elephants in battle, did not really advance elephant
warfare.
32
consuete regole, disponendo le sue truppe in maniera innovativa
proprio per affrontare validamente la carica degli elefanti160. E un
altro punto da tenere in considerazione è che, sebbene numerosi,
gli elefanti presenti a Naraggara forse erano in gran parte ancora
poco addestrati (una conseguenza delle numerose perdite subite
nel corso della guerra)161. Come si è detto, in effetti, a Naraggara
gli elefanti recarono danno anche al proprio esercito.
Un aspetto importante del suo impiego infatti è che spesso
lelefante si è rivelato unarma a doppio taglio. Il fatto che Asdrubale
avesse ordinato ai suoi guidatori di abbattere i propri elefanti una
volta che ne avessero perso il controllo rispecchia proprio la
consapevolezza (e la frequenza) di questo problema. In effetti si
può dire che tra un elefante che carica ed un elefante che scappa
lunica differenza consiste nella direzione in cui si muove162.
Abbiamo visto quante volte, e fino allultima battaglia in cui
poterono impiegare degli elefanti, gli eserciti cartaginesi ebbero
a rendersene conto. Per questa sua caratteristica lelefante fu
anche soprannominato il nemico comune163, e si è persino
pensato che questo aspetto ambiguo dellanimale (est genus
anceps) potesse essere paragonato con la doppiezza cui i
Cartaginesi erano, per i Romani, geneticamente portati164.
Per i Romani gli elefanti, che avevano invaso lItalia con
Annibale e, prima ancora, con Pirro, rimasero associati allidea
di nemico e, daltra parte, ben si prestavano a simboleggiare la
160. Gowers 1947, p. 47: if it had not been for Scipios dispositions against the
elephants, if he had confronted them with his legions in the customary close
formation, the elephant charge might well have been the decisive factor in a victory
for Hannibal, and Scipio might never have earned the name Africanus.
161. Edwards 2001, p. 903; Charles, Rhodan 2007, p. 384.
162. Glover 1944, p. 263.
163. koinoÝj polem ouj, Appiano, Iber. 46; cf. Bell. Afr. 27, communi periculo in
aciem producuntur; Lucrezio, V, 1339-1340.
164. Shelton 2006, pp. 17-18, sulla base dellespressione est genus anceps usata
da Livio (XXVII, 14). Ma poco prima Livio scrive anche cum anceps diu pugna
esset. Forse qui lambiguità degli elefanti sottolinea piuttosto il protrarsi di quella
dellesito della battaglia.
33
natura selvaggia dellAfrica. Il loro impiego nei giochi del circo
servì così insieme a celebrare lumiliazione e la distruzione dei
nemici di Roma e laffermarsi del potere civilizzatore di Roma
sulle forze della natura165. Proprio per lintensa caccia cui furono
sottoposti gli elefanti, ricercati per i fastosi giochi del circo e per
il loro avorio, scomparvero dal Nordafrica come già ne era
scomparsa Cartagine.
165. Shelton 2001; 2004.
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