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Palermo tra Arabi e Normanni. Sviluppi urbanistici e contesto sociale.

Dipartimento di Studi Storici Corso di laurea magistrale in scienze storiche Anno Accademico 2015/2016 Palermo tra Arabi e Normanni. Sviluppi urbanistici e contesto sociale. Tesi di laurea magistrale Relatore: Candidato: Ch.mo Prof. Mario Gallina Dott. Andrea Puttilli 3 Indice Introduzione. ...................................................................................................................................... 4 Capitolo I. ........................................................................................................................................... 9 La struttura urbana di Palermo nella testimonianza delle fonti arabe. ............................................. 9 Capitolo II. ........................................................................................................................................ 30 Dalla Pale o isla i a a uella o a a: l e ol e si dell i pia to u a isti o. ......................... 30 II.1. La conquista normanna di Palermo e i riflessi sulla topografia della città. .......................... 30 II.2. La Palermo normanna nelle testimonianze di Edrisi e di Ibn Giubayr. .................................. 39 II.3. La forma urbis di Palermo nelle testimonianze di Ugo Falcando e di Pietro da Eboli: tra ideologia e ricostruzione urbanistico-topografica. ...................................................................... 57 Capitolo III. ....................................................................................................................................... 89 Pale o u s feli , populo dotata t ili gui . .................................................................................. 89 III.1. La felicissima città trinlingue................................................................................................ 89 III.2. La Gens Agarena, da dominatori a vinti. .............................................................................. 91 III.3. La comunità greca. ............................................................................................................. 106 III.4. Gli ebrei di Palermo. ........................................................................................................... 117 III.5. L ele e to lati o................................................................................................................ 120 III.6. Populus Panormi. ............................................................................................................... 132 Capitolo IV. ..................................................................................................................................... 138 Il declino della Sedes Regni sotto gli Svevi. .................................................................................... 138 Bibliografia. .................................................................................................................................... 149 I.Fonti letterarie. ........................................................................................................................ 149 II.Fonti documentarie. ................................................................................................................ 151 III.Studi. ...................................................................................................................................... 151 4 Introduzione. Pale it e est appel e l Heu euse. Les a a tages de sa situatio lui o t sa s doute e tit e … . U e des plus elles Villes du o de, et ue l ile, do t elle est la capitale, cultivée comme un jardin, peut devenir le séjour de la terre le plus délicieux. La atu e e lui a ie efus . C est pou uoi, da s les te ps heu eu de l a ti uit , où e peuple a pu d plo e so g ie, il a fo d ta t de o u e ts l es … . Jamais cette Ville fut détruite, jamais elle ne fut plus belle, plus considérable, plus habitée1. Co à uesteà pa oleà l a tistaà eà o afoà f a eseà Houël descrive nel suo Voyage la capitale siciliana da lui appena visitata. Anche se stilate sul finire del XVIII secolo, esse des i o oà i à a ie aà effi a ieà l effettoà heà Pale oà sus itaà ell animo di coloro che vi etto oàpiedeài àog iàte poàeài àog iàepo a.àCo eàsugge is eàilàtitoloàestesoàdell ope aàdià Houël,àl i agi eàdiàPale oà estituita ià elà o soàdeiàse olià à uellaàdiàu aà itt àpitto es a,à magnifica e sensuale, opulenta e decadente, insieme accogliente e pericolosa; una città la uiàide tit à àdiffi ileà odifi a e,àsospesaàeài à ili oàt aàdueà o di.àL isola,àdià uiàPale oà à snodo fondamentale, è infatti storicamente terra di frontiera e punto di passaggio obbligato tra il Mediterraneo occidentale e quello orientale, e insieme t ait d u io tra le coste europee che le acque del Mediterraneo lambiscono a nord, e le terre africane che lo chiudono a sud. Pale oà àfo dataàdaiàFe i ià elàVIIàse oloàa.C.à pe àilàfattoà he,àdaà uestaà itt ,àla dista zaà t aà Ca tagi eà eà laà “i iliaà i hiedeà u à t agittoà e issi o 2. La chiamano Ziz, in pu i oà fio e .à Il nome più tardo, assegnatole dai Greci è Πά ο 1 ος,à tuttoà po to ,à aà J. P. L. L. HOUËL, Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malta et de Lipari, où l'on traite des Antiquités qui s'y trouvent encore; des principaux Phénomèn que la Nature y offre; du Costume des Habitans, & de quelques usages, I, Paris 1782, p. 62. 2 THUCIDYDIS, Historiae, edd. H.S. JONES, J.E. POWELL, Oxford 1942, IV, 2, p. 6. 5 sottolinearne non soltanto le caratteristiche urbanistiche, ma anche la forte vocazione a itti aà eà laà p oiezio eà sulà Medite a eo,à dià uià laà itt à à gi à all epo aà e t oà imprescindibile. A partire dal 254 a. C., sotto il dominio della repubblica romana e ancor più in età imperiale, Panormus si trova inserita nel cuore della sempre più estesa ecumene romana e della trama fittissima di scambi commerciali che, attraverso il Mare nostrum, se zaà soluzio eà dià o ti uit à ollega oà l O ide teà all O ie te3.à E à uesto legame tra Levante e Ponente, di cui Palermo è parte essenziale, a essere ribadito e ulteriormente rafforzato dalle successive dominazioni che impongono il proprio controllo sulla Trinacria lungo tutto il corso del Medioevo: Bisanzio, erede diretta dell i pe oà o a o;à leà a ieà di astieàdiàe i ià usul a ià heàsiàsusseguo oàsull isolaàaàpa ti eàdalà No a i,à ge tià s a di a eà e e te e teà àd.àC.;àeài fi eàià istia izzateà eà p o e ie tià dall o o i aà Normandia4, a cui seguiranno gli Svevi, gli Angioini e gli Aragonesi5.àE àsottoàilàdo i ioàdeià Normanni che si realizza lo straordinario milieau culturale caratteristico di questa terra: tratti orientali, greci e musulmani si fondono con caratteri tipicamente latini e occidentali e danno i natali a una delle piùà g a dià eà affas i a tià i ilt à dià uest epo a.à Laà Pale normanna diventa luogoà d i o t oà dià ultu eà eà ostu ià di e si,à etaà dià o oà uistato i,à pellegrini, mercanti e viaggiatori provenienti dalle terre più remote. Una città con una storia e una fisionomia così ricca appare destinata a esercitare un fascino profondo, che si ritrova intatto nei resoconti di quanti, a vario titolo e in varie epoche, ne hanno scritto. Tuttavia le pagine lasciate da visitatori, cronisti e pellegrini nel periodo compreso tra il X e il XII secolo non si limitano a trasmettere una semplice des izio eà dell i pia toà u a oà dià Pale u i oà eà delleà sueà a hitettu e,à aà eà ipo ta oà agi eà o plessi aàfilt ataàdaàpote ti,à ua toàdiffe e tià e a is iàdiàpe ezio e.à Tali filtri, pur se con intensità diversa, restituiscono dunque rappresentazioni della città inevitabilmente distorte, tanto da stereotipi e luoghi comuni tipici della letteratura celebrativa e del genere ecfrastico, quanto da prospettive ideologiche funzionali a uno 3 G. CLEMENTE, Guida alla storia Romana, Milano 2008, pp. 140-201. “ull et oge esiàdelàpopoloà o a oà edi:àH.àHOUBEN,àI normanni, Bologna 2009, pp. 11-27. 5 Vedi P. CORRAO, M. GALLINA, C. VILLA, L Italia edite a ea e gli i o t i di i iltà, a cura di M. GALLINA, Bari 2001. 4 6 specifico orientamento etnico-politico6. Questi resoconti, certo prospettati dai loro autori ualiàtesti o ia zeàp e iseàeà e itie e,àdiàfatto,ài à i tùàdellaà si o iaàt aà i e deàeàlaàlo oà esposizio e 7, posseggono inevitabilmente un andamento ora panegiristico ora polemico, dalà o e toà heà a a oà dià p opositoà eà o à pe à se pli eà i ide za 8. Nel riportare indicazioni di ordine urbanistico e architettonico, gli autori presi in considerazione, non si limitano dunque a riflettere sulla semplice configurazione dello spazio cittadino. In queste cronache e in questi resoconti di viaggio, il discorso non si delinea come semplice reportage topog afi o,à aà sià s iluppaà se o doà u otti aà p e isa,à a atte izzataà daà u à siste aà dià passioni civili e scelte politiche più o meno coerenti. Così per i cronisti latini, in meno di ual heà de e io,à laà apitaleà o a aà passaà dall esse eà urbs inimica Deo9 all opinatissima10 e felix urbs Panormi11 t atteggiataà elleàpagi eàdell Epistola di Falcando e dal Carmen di Pietro da Eboli. Il cambiamento strutturale e urbanistico della città, nel momento in cui essa è espugnata dal Guiscardo e da suo fratello, è immediato e rispecchia il repentino ribaltamento del potere politico. Gli autori latini che ne seguono gli sviluppi segnalano e registrano queste trasformazioni con prontezza: dove prima si trovavano os hee,à tutt aà u à t attoà so go oà hiese;à palazzià eà astellià p e ede te e teà i à a oà all a isto aziaà eà aglià e i ià usul a i,à si oloà dellaà lo oà i hezzaà eà delà lo oà pote e,à sià trasformanoài à a ifestazio eàdellaàp ese zaàdeiàNo a iàeàdell es lusi aàege o iaàdeglià Altavilla. Dunque Palermo, con la sua Curia regis,à a o h à testi o eà delà usul a o 12 o doà sia dal punto di vista urbanistico sia da quello culturale, diventa sede di re e regine christianissimi et Catholici13. GALLINA, Do i azio i ost uite, do i azio i pe epite: l u a isti a pale ita a dei se oli X-XII tra l a hitettu a a a e e o a e, in Identità cittadine e aggregazioni sociali in Italia, secoli XI-XV, Convegno di studio, Trieste 2010, pp. 259-260. 7 S. TRAMONTANA, Il senso della storia e del quotidiano nelle parole e nelle immagini dei cronisti normanni e svevi, in Il senso della storia nella cultura medievale (1100-1350). Quattordicesimo convegno di studi a cura del Ce t o Italia o di studi di “to ia e d a te, Pistoia -17 maggio 1993, Pistoia 1995, p. 190. 8 UGO FALCANDO, Epistola ad Petrum Panormitane Ecclesie Thesaurarium de calamitate Sicilie, a cura di S. TRAMONTANA, Palermo 1988, p. 11. 9 GUGLIELMO DI PUGLIA, Le gesta di Roberto il Guiscardo, a cura di F. DE ROSA, Cassino 2003, p. 158. 10 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 132. 11 PIETRO DA EBOLI, De rebus siculis Carmen, a cura di E. ROTA, in Rerum italicarum Scriptores, XXXI, Città di Castello 1904, p. 15. 12 GALLINA, Dominazioni costruite, dominazioni percepite cit., p. 264. 13 ROMUALDO SALERNITANO, Chronicon, a cura di C. A. GARUFI, in Rerum italicarum Scriptores, VII, Città di Castello 1909-1935, p. 236. 6 7 D alt aàpa teàa heàià o istià usul a i,àià ualià a o ta oà o àstupo eà- sdegnoso nel caso di Ibn Hawqal, o ammirato nel caso di Ibn Giubayr - la città e la vita entro le sue mura, rispondono a una concezione della Sicilia altrettanto ideologicamente schierata. Così li agi eà dellaà Pale oà delà Xà se olo,à pe à o eà e e geà dalleà pagi eà dià I à Ha al,à à fortemente segnata dalla critica mossa dal mondo musulmano orientale e ortodosso - al ualeàl auto eàappa tie eà- nei confronti di un islam periferico - quello siciliano appunto -, meno controllato dal potere centrale e per questo meno rigido. Nei rendiconti dei viaggiatori musulmani successivi alla conquista normanna, Palermo e la Sicilia, pur se percepite come aliene e sempre più estranee alla propria sensibilità culturale e ideologica, sono in ogni caso presentate ancora come parte ineliminabile del dar al-islā . Così di fronte a una città in mano agli infedeli, a essere riferiti con maggior enfasi sono tutti quei caratteri appartenenti più propriamente alla struttura urbanistica delle città musulmane del Nord Africa e del Mediterraneo Orientale: la presenza al proprio interno di rigogliosi giardini, l a ti olatoài pia toàid i o,àlaàp ese zaàdià os heeàa o aài àfu zio e. In tutte le opere prese in esame i contraddittori caratteri della Palermo normanna non traspaiono soltanto dalle sue forme architettoniche, ma anche dal suo aggregato umano. La rappresentazione degli elementi urbanistici, nella varietà della loro tipologia, non può infatti in alcun modo prescindere da quelli umani che li abitano14. Come già per l a hitettu aà dellaà itt ,à alloà stessoà odoà a heà laà des izio eà dellaà civitas Panormi risponde ai differenti ideali etnico-politici che costituiscono il riferimento di coloro che alla città guardano. Ià di e sià auto ià ife is o oà dià u aà popolazio eà do eà l et iaà g e a,à usul a aà eà lati aà sià i t e ia oà l u aà all alt a,à i à u à mélange et i oà all apparenza inscindibile, salvo poi svelare al proprio interno contrasti tanto laceranti da sfociare pe iodi a e teà i à iole teà app esaglieà eà i o t ollatià assa i.à Du ueà l ele e toà umano che popola le strade di Palermo e le dinamiche sociali e politiche che lo contraddistinguono, costituiscono un fattore essenziale nel delineare la fisionomia della S. FODALE, Città e ita ittadi a ei Paesi dell a ea edite a ea. “e oli XI-XV: un percorso di lettura, in Città e ita ittadi a ei paesi dell a ea edite a ea. “e oli XI-XV, Atti del Convegno Internazionale in onore di Salvatore Tramontana, Adrano-Bronte-Catania-Palermo, 18-22 novembre 2003, a cura di B. SAITTA, Roma 2006, p. 774. 14 8 itt à eà elà fo i eà all osse ato eà delà te poà u à tasselloà i p es i di ileà pe à defi i eà li agi e. Co eà i fi eà osse aà Ma ioà Galli aà dalleà fo tià Pale oà t alu e dunque nel suo duplice aspetto di capitale e di città plasmata dal succedersi di regimi politici diversi, oltre heà dalleà diffe e tià t adizio ià dià g uppià et i ià i à essaà i sediati,à si h à l esa eà delleà sueà t asfo 15 azio iàu a isti heàappa eàtutt alt oà he i ile a te GALLINA, Dominazioni costruite, dominazioni percepite cit., p. 266. 15. 9 Capitolo I. La struttura urbana di Palermo nella testimonianza delle fonti arabe. Nelàte zoàli oàdell Odisseaàsià a aà heàTele a o,àgiu toàaàPilo,à itt àdellaàMesse ia,à incontri Nestore, il domatore di cavalli. Dopo aver lautamente banchettato, come si conviene quando si accoglie un ospite importante, sono queste le parole che il vecchio cavaliere gerenio rivolge al figlio di Odisseo: Stranieri chi siete? E di dove navigate i se tie i dell a ua?[…]16. Così risponde Telemaco: O Nestore di Nèleo, gloria grande dei Danai, chiedi di dove siamo, e io lo dirò. Noi veniamo da Itaca, là sotto il Neio[…]17. Nellaàdo a daàdiàNesto eàilà hi àeàilà do e à ostituis o oàu àu i oà uesito,àu aà sorta di endiade alla quale Telemaco risponde coe e te e te:à o à sià sott aeà alà hi ,à piuttostoàs eglieàdiàdefi i eàseàstessoàeàiàsuoià o pag iàatt a e soàu à do e à heà o àog ià e ide zaài ludeàilà hi . Il rapporto uomo-città è dunque fin dai tempi più antichi uno degli elementi fondanti della struttu aàide tita iaàdell uo o:àluogoàdo eàpe à e essit àlaà o i e zaàf aà individui si fa più stretta, è proprio nella città che si vengono infatti a creare i presupposti indispensabili alla costruzione di legami e relazioni sociali da cui nascono le comunità umane. Con il termine città - afferma Robert Park in un saggio del 1925 - non si indica il solo luogo fisico in cui essa sorge, la sua unità geografica o la sua struttura fisica, ma piuttosto il legame organico che si crea tra questi elementi e la popolazione che vi abita; u àtutt u oài s i di ile,àdo eàilàlocum geografico e i suoi abitanti si fondono e si plasmano l u à l alt o,à dete 16 17 i a doà osìà ià p op ià t attià fo da e tali,à ià p op ià ostu i,à leà p op ieà OMERO, Odissea, Torino 1977, p. 59. Ibidem. 10 pratiche sociali e soprattutto culturali18. Per queste ragioni - conclude Park - la città ostituis eàu a eaà ultu aleà a atte izzataàdaàu àpa ti ola eàtipoà ultu ale un binomio indissolubileàaàpa ti eàdalà ualeà àpossi ileàspiega eà o eàl i 19. Si tratta di agi eàdellaà itt à possa costituire il tratto identitario di fondo dei suoi abitanti, nel quale essi si riconoscono e attraverso il quale intendono essere riconosciuti. Questo legame - tra immagine della città e identità degli uomini che la popolano - è molto forte per tutto il Medioevo ed è ben presente nelle fonti di cui disponiamo in relazione alla città di Palermo. Sono testimonianze di cronachisti del tempo e resoconti di viaggiatori che tra il X e il XII secolo varcano le porte e calpestano le vie di questo importante centro siciliano, prima avamposto bizantino di Ponente, poi capitale dei domini musulmani nella regione, infine laboratorio della costruzione dello stato normanno. Si tratta dunque di un locum - geografico e insieme umano - di straordinaria rilevanza la cui rappresentazione, per come si manifesta nelle pagine di questi autori, risulta tuttavia decisamente variegata. Le ragioni di queste difformità di giudizio poggiano su un altro importante aspetto della questione: le immagini e i topoi attraverso i quali la città è descritta dagli osservatori risentono, come naturale, della particolare interpretazione di quei cronisti e viaggiatori che ha oà egist atoàleàp op ieài p essio iàlu goàl a oàdiàben dueàse oli.àCo eàs i eàGalli a,àdall a alisiàdià uestoàge e eàdiàs ittu eà àpossi ileà i a are siaà l i agi eà heà laà itt à off i aà dià s ,à siaà uella,à o ple e ta e,à heà glià auto ià e epi a oàsullaà aseàdellaàt adizio eàeàdellaà ealt àdià uiàessiàe a oàpa te 20.ààE ài fatti dalla commistione di queste due prospettive che gli autori traggono in definitiva la raffigurazione del carattere della città e dei tratti dei suoi abitanti, della loro moralità e dei loro stili di vita. Nel processo di percezione della città di Palermo, e dunque dei Palermitani, le fonti antiche sono guidate da un sistema di valori e da criteri di giudizio che funzionano come un filtro pote te.àEsseà olgo o,àdiàp i oàa hito,àu aàso aàd i agi ià heài àseguitoà ileggo oàeà rielaborano secondo parametri soggettivi, per poi applicarle a tutto ciò che alla città è riconducibile: dal suo spazio urbano, alle sue forme architettoniche, dal sistema istituzionale a quello etnico e sociale. 18 E. R. PARK, R. BURGESS, La Città, Torino 1999 (ed orig. Chicago 1925), pp. 6-7. Ibidem. 20 GALLINA, Dominazioni costruite, dominazioni percepite cit., p. 259. 19 11 á ūà l-Qāsi àMuha adàI àHa alà àilàp i oàdegliàauto ià heà uiàsiàp e do oài à considerazione. Ibn Hawqal è un mercante originario diàNisī ī à ell alta Mesopotamia e vissuto a Baghdad, il quale espa deàleàp op ieàatti it àdaiàte ito iàdell áf i aàdelà o dàallaà Spagna e infine alla Sicilia. Nella seconda metà del X secolo egli riunisce le note e le e o ieàdià i aàt e t a iàdià iaggiài i te otti - intrapresi pe àge ioàdiàstudia eàiàpaesiàeà gliàuo i i,àeà isog oàdià e ata e 21 - in una sorta di compendio di geografia, il cui titolo è “ū at al-ard, ossia Configurazione della Terra. Michele Amari dà dell opera un giudizio assai severo in ordine al fatto che Ibn Hawqal, a suo dire pe aàalàsolitoàdiàp eo upazio i,àgiudizià p e ipitosi,àfattiàfa il e teà edutiàall alt uiàig o a zaàoàpassio e dià Pale o,à heà ilà e a teà i a he oà isitaà i to oà alà 22. In realtà la descrizione ,à i a eà aà tutt oggià u aà delle testi o ia zeàpiùàp ezioseàdell epo a,àu à eso o toàdaà uià - come finirà per riconoscere Amari stesso - seà eà a a oàge ui ià agguagli 23. Come osserva Mirella Cassarino, i resoconti di viaggio di Ibn Hawqal, al pari di quelli di Ibn Gubayr, evidenzia oà o eàl i agi eàdell alt o ,àta toà ultu aleà ua toàgeog afi a,à siaà filt ataà att a e soà theà di e sio à ofà self-s uti Pale oàa dàofàtheàPale ita sàe ,à si h à theà ep ese tatio à ofà odiesàaàte sio à et ee àtheàautho s àp eo upatio à with their own self-image and place of origin and the novelty represented by the experience of the other lived in the first person and recounted in two different works su je tàtoàthei ào àpa ti ula àlogi 24. E così il resoconto del mercatante iracheno se da un lato è una meticolosa registrazione della configurazione urbana della Palermo kalbita, dall alt oà sià i elaà per essere un discorso fortemente connotato dal punto di vista ideologico, un mezzo che permette a Ibn Hawqal di formulare il proprio severissimo giudizio sui suoi correligionari di Ponente; correligionari che - come annota Amari nella Biblioteca arabo-sicula - Ibn Hawqal mostra di non amare per nulla25. 21 M. AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia, II, ristampa Firenze 2002, p. 196. Ibidem. 23 Ibidem. 24 M. CASSARINO, Islamic Palerm experienced and imagined, in A Companion to Medieval Palermo, The History of a Mediterranean City from 600 to 1500, Leiden-Boston 2013, p. 95. 25 AMARI, Biblioteca Arabo-Sicula, I, Torino 1880à D o aài àpoi:àBAS ,àTa olaàde capitoli XXIV, Capitolo IV. 22 12 La descrizione si snoda quindi su molteplici livelli di confronto e di giudizio. In primo luogoàl auto eà ài peg atoàaàp ese ta eàl aspettoàisla i oàdellaà itt l osse azio eà delà tessutoà u a oà dià Pale 26, istituendo - tramite oà - un raffronto diretto con un non lontano passatoà politeista àeài fedele;ài àse o doàluogoàI àHa alàdeli eaàlaàp ese zaàdiàu a eaà culturale - uellaàdell e i atoàKal itaàdelàXàse oloà- che, pur appartenendo in toto al dar alislā ,à p ese taà siaà sulà pia oà eligiosoà siaà ell a itoà deià ostu ià ote olià diffe e zeà rispetto alla natia Baghdad, sede del califfato abbaside e grande capitale politica, morale e spi itualeàdell i pe oà onquistato e organizzato dagli Arabi27; differenze così significative da rendere la città siciliana quasi aliena e, in ogni caso, palesemente poco gradita al nostro orientale viaggiatore. Dopo un breve excursus sull isolaàsi ilia a,àdià uià e go oàrapidamente accennate forma, collocazione geografica e generiche caratteristiche, Ibn Hawqal inizia una lunga dig essio eà suà Pale apitale 28. o,à u i aà itt à ele eà eà i o ataà [dià uellaà egio e]à heà e è la Seguono notizie molto sommarie sui vari quartieri (ḥā a) che compongono la città e di cui in seguito si forniscono maggiori dettagli; infine l auto eà sià o e t aà sulleà a atte isti heàdellaàpa teàdellaà itt àg a de,àp op ia e teàdettaàPale o 29. Si tratta del Qasr al- ādi , da cui poi il latino Cassarus, vale a dire della città vecchia identificata da Ibn Hawqal e dagli altri autori arabi come Balarm - toponimo arabo proveniente dal greco Panormo - ma anche Bulurm, Bā a , al-Madī a (la città), Madī at Bala o addirittura Ṣiqillyya30. Per meglio comprendere le affermazioni del cronista iracheno è opportuno ricordare che dopo la conquista nel mese di rajab dell 26 àdaàpa teàdeià usul a i31, i quali GALLINA, Dominazioni costruite, dominazioni percepite cit., p. 262. V. PIACENTINI, Il Mezzogiorno normanno-svevo visto dal califfato di Baghdad, in Il Mezzogiorno normannos e o isto dall Eu opa e dal o do edite a eo. Atti delle tredicesime giornate normanno-sveve. Bari, 2124 Ottobre 1997, Bari 1999, p. 227. 28 IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia, in Storia di Palermo, dir. da R. LA DUCA, II, Dal Tardo A ti o all Isla , Palermo 2000, p. 116. 29 IBN HAWQAL, Kitâ ʻal asâlik e . Li o delle ie e dei ea i , in BAS, I, p. 10. 30 A. NEF, Isla i Pale o a d the Dā al-Islā , in A Companion to Medieval Palermo cit., p. 41. 31 IBNà ʻáLà áTI‘,à Cronaca Compiuta, in BAS, I, p. 369. La descrizione della presa di Palermo da parte dei Musul a ià à osìà a o tataàdaàI àalàáti :à Ma ia o i usul a i sop a la ittà di Pale o; l assedia o o e la strinsero sì fattamente, che il principe di essa mandò a chiedere la sicurtà per sé, per la sua famiglia e pel suo avere: ed otte utala, se e a dò pe a e e paesi de ‘û . I Musul a i e t ati i Pale o el ese di aga dell a o duge to sedi i agosto a sette e , o t o a o alt o he [u pug o d ]uo i i, 27 13 strappano la città ai bizantini, Balarm, postaà sìà p essoà alà uo à dell isola,à o à u à po toà o odoàeàdife de ole 32, è scelta dai conquistatori Aghlabiti quale polo di sviluppo della lo oàazio eàsull isola.àá heàaà ausaàdellaàlu gaà esiste zaàpostaàdaà“i a usa,à apitaleàdelà thema bizantino che cadeàsolta toà ell 33, Balarm diviene così sede stabile del governo i ileà usul a oà dell isolaà eà e t oà p opulso eà dellaà defi iti aà o uistaà ilita eà delleà terre siciliane ancora in mano a Bisanzio, oltre che base del jihād che si sperava di portare sul co ti e te.àE questa una scelta decisiva poiché, come segnala M. Amari, sino ad allora iàMusul a ià o àa ea àfattoàsta zaà heài à a poàoàe t oàpi oleà astella “eàappa eà e toà heà alà o e toàdellaà o città vec hiaà pode osa e teà fo tifi ata 35, 34. uistaàdi Palermo i musulmani trovino la nondimeno le notizie sulle mura urbiche restano vaghe. Con ogni probabilità la cinta muraria deve intendersi quale risultato di costruzioni puniche, successivamente riattate e rifatte in età romana e bizantina, che parrebbe oà o fe se oli 36. a eà l appa te zaà allaà st uttu aà u a isti aà dellaà itt à e hiaà dià Racchiusa, dunque, da possenti mura, Balarm presenta una figu aà islu ga . A questo proposito sono utili le osservazioni di J. Johns che segnala, all i te oà dià u à manoscritto parigino del secolo XII, una versione della Geografia di Ibn Hawqal contenente delle sezioni inedite rispetto alle versioni pervenuteci precedentemente. In effetti in una di tali sezioni che concerne proprio la forma di Balarm, si può leggere che uestaà itt àa e aà in origine la forma di un lungo rettangolo, con un mercato che si estendeva da levante a po e te,à aài àseguitoàdi e sia l i e soà eà i ola eàpe àlaà ost uzio eàdià uo iàedifi i u oà dià piet a,à altoà edà e o e 38 37. Comunque che ancora circonda il Cassaro - he o a i a a ai t e ila, de setta ta he a hiudea e la ittà al p i ipio dell assedio. Gli alt i tutti e a o ti . 32 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., I, p. 237. 33 S. TRAMONTANA, L isola di Allah. Luoghi, uo i i e ose di “i ilia ei se oli IX-XI, Torino 2014. Per un app ofo di e toàsull istituzione del thema di Sicilia vedi: S. BORSARI, L'amministrazione del tema di Sicilia, i à ‘i istaà“to i aàItalia a , 66, (1954), pp. 133-158. 34 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., I, p. 237. 35 V. BRUNAZZI, L epo a della ost uzio e delle u a u iche di Palermo, in Pale o Medie ale, Testi dell VIII colloquio medievale, Palermo 26-27 aprile 1989, a cura di C. ROCCARO, Palermo 1998, p. 65. 36 F. MAURICI, Dall assedio a dalo alla o uista usul a a, in Storia di Palermo cit., II, p. 29. 37 J. JOHNS, La uo a a ta della “i ilia e la topog afia di Pale o, in Nobiles Officinae. Perle, filigrane e trame di seta dal Palazzo Reale di Palermo, catalogo della mostra (Palermo, Palazzo Reale, 17.12.2003 – 10.03.2004), II, Catania 2006, p. 16. 38 IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 116. 14 difendendolo peraltro fi oàall XIàse olo39 - è segnalato con precisione da Ibn Hawqal che l osse a durante la sua visita del 972. Il secondo elemento urbanistico sul quale Ibn Hawqal insiste fortemente nella sua descrizione della città vecchia, riguarda la presenza diàu aà os heaà o g egazio ale che pote aà o te e eàpiùàdiàsette ilaàpe so e 40. Dunque una moschea molto grande. Vi si t o a u a os hea p i ipale ǧā iʻ olto g a de, a ti a hiesa istia a fi o alla conquista. Vi è un grande santuario, e un dialettico sostiene che il filosofo dei Greci, intendo Aristotele, giaccia in una bara di legno sospesa nel santuario convertito in moschea dai musulmani. I cristiani onoravano questa tomba e venivano a invocarvi guarigioni, poiché avevano notato il rispetto e la venerazione che i Greci le tributavano. Era sospesa tra cielo e terra perché vi si venisse a pregare per la pioggia, ad implorare una guarigione, o per ogni altra grave circostanza che li spingesse a cercare rifugio in Dio e ad avvicinarsi a lui nei periodi di calamità, di mortalità e di guerra civile. Io stesso ho visto una cassa di legno che probabilmente era proprio quel sarcofago41. Tanta attenzione non stupisce: per ogni musulmano infatti la città islamica è identificata come tale in primo luogo per la presenza del polo identitario primario, costituito appunto dalla presenza di una moschea ǧā iʻ 42. Semmai appare degno di nota quanto Ibn Hawqal scrive subito dopo, e cioè che questa moschea era stata in passato una chiesa cristiana; fatto peraltro suffragato da fonti letterarie e ricerche archeologiche43. Non sembra tuttavia che le parole di Ibn Hawqal siano la constatazione pura e semplice di un datoàdiàfatto,à aà heà o te ga oàpiuttostoàl i te zio eàdiàde a a eàPalermo come spazio prettamente musul a o,à do eà l ele e toà istia o che era stato fino a poco più di un secolo prima un tratto unico e dominante, viene cancellato fisicamente attraverso la 39 R. M. BONACASA CARRA, Palermo Paleocristiana e Bizantina, in Storia di Palermo cit., II, p. 36. IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 118. 41 Ibidem, p. 116. 42 A. BAGNERA, The urban evolution of islamic Palermo, in A Companion to Medieval Palermo cit., p. 65. 43 Ibidem. 40 15 perdita e la sostituzione del luogo di culto, restando così privo della propria fisionomia e dunque della propria riconoscibilità. Ibn Hawqal del resto si spinge oltre, cogliendo l o asio eàpe àesp i e eàu àgiudizioà egati o,àpe à ua toà o àespli ita e teàdi hia ato,à su ciò che gli appare una certa approssimazione del monoteismo cristiano. Dopo aver ricordato la voce di un qualche dialettico circa la venerazione del sarcofago contenente le spoglie di Aristotele (filosofo molto apprezzato - ma ovviamente non venerato - anche e soprattutto nel mondo islamico), tratteggia la religiosità dei cristiani di Palermo in termini di contrasto rispetto al rigore della fede musulmana. Di fatto essi vengono descritti come politeisti,à segua ià dià u idolat iaà e editataà dalà o doà paga o,à oppo tu istià heà e a oà rifugio in Dio solamente in caso di necessità, quando le circostanze della vita si fanno più gravi. Dopo aver così delineato i due principali aspetti urbanistici di Balarm, Ibn Hawqal passa alla descrizione della zona Khālisa - dettaàa heà l Eletta à- che nelle cronache latine incontriamo spesso sotto i nomi di Kalsa, Halicia, Chalicia. Si tratta della cittadella fo tifi ataà edifi ataà t aà ilà à eà ilà à daà Khalīlà i à Isha à i à al-Ward, nobile tripolitano i iatoài à“i iliaàdaiàFati idiàd Egittoàpe à ip e de eàilà o t olloàdell isola e della sua animosa capitale, sede di numerose rivolte dovute al passaggio dalla dinastia Aghlabide a quella Fatimide44, nonchè ai contrasti etnici e allo scarso controllo del potere centrale sul potente clan persiano dei Ba ū l-Ta ā ī. Giunto a Palermo, il nuovo governatore ( ālī) non tarda a rendersi conto che il palazzo usato dai suoi predecessori come residenza emirale e centro delàpote eà o àe aà elàsoggio oàagliàe i ià egliàspessiàtu ultiàpale ita i 45. Sceglie così un sito nei pressi del vecchio porto, la Cala appunto,àeàdell a se ale,à dife de ole,àape toà agliàaiutiàdiàfuo i,àedàa o ioàaà ieta eàaiàPale ita i 46. Con una tale azione KhalīlàI à Ishā àpo eàleàfo da e taàdellaàKhālisa. Così la descrive Ibn Hawqal: di fronte al capoluogo vi si t o a u alt a ittà hia ata al-Ḫālisa a h essa possiede u u o di piet a he o l Eletta : pa ago a ile pe ò a uello di A. DUCELLIER, F. MICHEAU, L Isla el Medioe o, Bologna 2009, (ed. orig. Paris 2000), pp. 107-108. AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 125. 46 Ibidem. 44 45 16 Palermo (il Cassaro). Vi risiedono il sovrano e il suo seguito: conta due bagni pubblici, ma non vi si trovano mercati, né fondachi. Vi è una piccola moschea cattedrale, una guarnigione militare del sovrano, un arsenale e gli uffici amministrativi. La città ha uatt o po te a o d, a sud e ad o est; a ad est è il mare e un muro senza porta47. La descrizione della Kalsa avviene du ueà all i te o di un quadro di presentazione/opposizione rispetto al Qasr al-qadim, tanto che anche A. Bagnera nel suo saggioà o àesitaàaàpa la eàdiàu aà itt à o àdueà itt 48: una è Balarm,àlaà itt à e hia,àl alt aà è la Kalsa, la città nuova49.à E à Ibn Hawqal stesso a suggerire in modo esplicito tale definizione; parla infatti della Kalsa o eà dià u alt aà itt ,à e à defi itaà elà suoà spazioà fisico, ma anche altrettanto definita dal punto di vista istituzionale e per il ruolo ricoperto. Circondata da un proprio muro fortificato e molto ben difesa, al proprio interno essa ospita il quartier generale del governatore con tutti i suoi funzionari (dī ā ), gli uffici pubblici, l a se aleàdellaà itt àeàu aàgua igio eà ilita eàallaàdi ettaàdipe de zaàdelà ālī. La città nuova si presenta dunque come un palazzo-caserma, sede della macchina governativa e ilita eà dell isola,à aà s apitoà dià Balarm che perde in parte questo ruolo o che semmai lo mantiene soltanto più att a e soàloàst ettoàlega eàdiàsi iosià heàs i staura con la Kalsa. La perdita di centralità del Cassaro - che sarà riacquistata solo sotto il dominio normanno è testimoniata anche dalla parziale distruzione delle sue mura. Tale demolizione si proponeva di rendere innocue eventuali rivolte del popolo palermitano e al contempo recuperare materiale edile destinato proprio alle moenia della Kalsa50, quasi a testimoniare come il processo di passaggio di ruolo egemone daàu à e t oàall alt oàfosseàa e utoàa heà sul piano più prettamente materiale. Tuttavia la costruzione della al-Ḫālịa non è solo dovuta alle intemperanze degli abitanti di Palermo e alla grave crisi suscitata in terra siciliana dai sempre più duri scontri tra fazioni difficilmente pacificabili51; essa rientra piuttosto nel più generale processo di affermazione di un modello urbano e di potere promosso dalla dinastia Fatimide, da poco 47 IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., pp. 117-118. BAGNERA, The urban evolution of islamic Palermo cit., p. 70. 49 AL NUWAYRĪ, Niha at ʻal ʻa i , in BAS, II, p. 101. 50 IBNàʻáLàáTI‘,àCronaca Compiuta, in BAS, I, p. 416. 51 Vedi AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, cap. VII e cap. IX. 48 17 salitaàalàpote e.àássistia oài fattiàall e e ge eàdià uestaà uo aàtipologiaàu a aài àtuttiàià domini dei Fatimidi e nelle loro città più importanti: il Cairo in Egitto, Ṣabra al-Maṇū aàeà la capitale Mahdiyya in Tunisia. E proprio Mahdiyya, quartier generale dei Fatimidi, è il modello di riferimento per la ricollocazione del centro amministrativo e militare in una ittadellaàdià uo aà ost uzio eà aàgua dia àdella città principale, volta a separare le nuove élites shi ite dalle popolazioni urbane prevalentemente sunnite52.à Co eà u aàMehdiaà i à pi olo 53 la Khālịa presenta pressappoco le stesse caratteristiche fisiche, topografiche e funzionali della capitale tunisina, da Ibn Hawqal prontamente segnalate e contrassegnate dalla presenza dei due ḥa o ā e del dī ā . Scrive De Simone, sottolineandone la forte otazio eàpoliti a,à heà ilà o eàstessoàdiàal-Ḫālịa datole da Ḫalīlài ruolo della ittadellaà […];à ilà te àIṣā ,à hia i aàilà i eà i di a aà i à alt eà zo eà delà o doà a a o-islamico, soprattutto iranico, i beni appartenenti alla corona, sia pure a titolo non privato. Come ise ataàalàpote e àdo e fortezza eàesse eà eglioài tesaàdu ueàlaàde o i azio eàdià uestaà 54. La Khalisa possiede inoltre una propria moschea ǧā iʻ che, nonostante sia p o a il e teà desti ataà all usoà delà soloà ālī e del suo seguito - dal momento che Ibn Hawqal ne segnala le piccole dimensioni - finisce per contrapporla a Balarm anche in ua toàpoloà eligioso.àT attoàfo da e taleàdell Elettaà ài àog ià asoà uelloàdiàso ge eài àu à punto ideale in vista del controllo e della difesa della Cala, importante porto che permette a Palermo, nel corso dei secoli, di i se i sià all i te oà del ricco e fiorente sistema o e ialeà edite a eo.à I so a,à att a e soà uestoà i o a e toà u a isti oà ià musulmani dimostravano di aver capito che Palermo, equidistante da Napoli e da Tunisi, doveva svilupparsi verso il mare e verso il mare pianificare laàsuaà es ita 55; prospettiva resa peraltro necessaria in relazione alla forte crisi che aveva portato la città di Messina a pe de eài àpo oàte poàilàp i atoàdià e t oàpo tualeàdell isolaàdiàSiqillyyia. I à Ha alà seg alaà i fi eà l esiste zaà dià uatt oà porte nella cinta muraria della cittadella, evidenziando come l u i aà sezio eà delà u oà dife si oà aà o à possede eà sia 52 BAGNERA, The urban evolution of islamic Palermo cit., p. 70. AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 125. 54 A. DE SIMONE, Palermo Araba, in Storia di Palermo cit., II, p. 97. 55 TRAMONTANA, L isola di Allah cit., p. 244. 53 18 quella che si affac iaàsulà a e.à“e e eàl auto eà- a differenza di quanto fa per il Qạr - non fornisca i nomi dei quattro ingressi alla cittadella, essi sono da tempo noti grazie al resoconto compilato da al-Mu addasī56, viaggiatore arabo giunto a Palermo qualche anno più tardi rispetto ad Ibn Hawqal, nel 985, che menziona la Bā ạ-Ṣi āʻa (Porta dell á se ale ,àlaàBā Kutā a (Porta dei Berberi), Bā al-futūḥ (Porta delle Vittorie) e infine la Bā al- u ūd (Porta delle Bandiere)57. Alla descrizione della Kalsa Ibn Hawqal fa seguire quella dei quartieri (hā a) extra muros, vere e proprie contrade che circondano la città di Palermo, intesa come il q̣sr, e che ad essa sono collegate tramite le numerose porte. Il Quartiere degli Schiavoni (̣ā at ạ-Ṣa āli a più popoloso e più i po ta te delle due città che ho citato. Vi si trova il porto e vi scorrono dei ruscelli tra il Quartiere degli Schiavoni e Balarm, in modo da separare i due posti. Un altro quartiere ha il o e della os hea d ʻI “a lā : a h esso olto g a de, o i so o so ge ti e gli a ita ti e o o l a ua dei pozzi. Alla sua est e ità s o e il Wādī A ās, la go e rapido, sul quale si trovano numerosi mulini; le rive sono costeggiate da giardini e vigneti che non traggono profitto dalle sue acque. Il Quartiere Nuovo (̣ā āt alǧadīda esteso e aggiu ge uello della os hea da ui o sepa ato da u a precisa linea di demarcazione. Nessuno dei due quartieri è circondato da mura, e nemmeno il quartiere degli Schiavoni. Quasi tutti i e ati si t o a o t a la os hea d ʻI “a lā e il Qua tie e Nuo o 58. Dunque, oltre al Cassaro e alla Khalisa, Ibn Hawqal segnala innanzitutto la presenza del ̣ā at ạ-Ṣa āli a, il Quartiere degli Schiavoni che sotto i Normanni diventerà Seralcadi59. Contrada di grandi dimensioni, addirittura più popolosa del Cassaro e separata da questo dalle acque del fiume ‘ụ̄a - forse dal latino rota per la presenza di numerosi mulini o fra toi 60 -, il Quartiere degli Schiavoni si estende a nord della città vecchia. Proprio AL MUQADDASI, Kitâ ʻat ta âsī , in BAS, II, p. 671. DE SIMONE, Palermo Araba cit., p. 98. 58 IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 118. 59 Dall a a oàŠā iʻ al- ạ̄ ī, ovvero la via del giudice . 60 DE SIMONE, Palermo Araba cit., p. 91. 56 57 19 pe à uestaà suaà posizio eà st ategi aà l ḥā at nasce e si sviluppa grazie alla sempre più massiccia presenza di marinai, mercanti, operatori marittimi che giungono a Palermo, e soprattutto dei pirati slavi, feroci truppe mercenarie dalmate sotto il comando del temibile “ā i à al-Ṣā la ī61, che in questo luogo trovano la loro sede privilegiata. Gli Slavi da cui prende il nome il quartiere62 - ottimi guerrieri, schiavi ed eunuchi di primissimo ordine erano stati acquistati negli empori delle coste adriatiche e fatti arrivare in gran numero a Palermo dai precedenti emiri che li usavano come truppe scelte al loro servizio. Contrade dette degli Schiavoni sono del resto presenti in tutte le città mercantili più rilevanti della costa italica, dalle Repubbliche marinare a Napoli e Roma: la caratteristica prima di questi quartieri così denominati è quella di sorgere nei pressi del porto, o comunque del mare63. A Palermo, questa stessa zona vedrà concentrarsi poco più avanti le ricche e potenti comunità di mercanti genovesi, amalfitani64 e veneziani65. A sud-est rispetto a Balarm, sorgono il Quartiere della Moschea d ʻI “a lā e il Quartiere Nuovo. Le notizie fornite da Ibn Hawqal su questi due rabạ (suburbia) sono più scarne rispetto alle precedenti. Ibn Hawqal scrive che entrambi sono molto estesi e che, come il quartiere degli Schiavoni, non sono circondati da mura; uno a fia oàdell alt o,àta toà da non essere presente una qualche netta e visibile divisione fisica, essi occupano la zona a sud del Cassaro e sono la sede della maggior parte dei mercati e dei venditori di Palermo66, di cui Ibn Hawqal fornisce un elenco preciso67. In ultimo viene segnalato il Quartiere della Moschea d ʻI nord, e a sud dal ādī al-ʻA Ilà o eàdiàI “a lā che è delimitato dal Cassaro con il quale confina a ās l O eto àsulleà uiàspo deàso go oà igogliosiào tiàeàf utteti.à à“a lā ,àasseg atoàallaà oschea, sembra essere una variazione del singolare TRAMONTANA, L isola di Allah cit., p. 184. Saqaliba è infatti il plurale di siqlabi, arabizzazione del termine latino sclavus. 63 V. DI GIOVANNI, La topografia antica di Palermo dal secolo X al XV. Memorie di Vincenzo di Giovanni, I, Palermo 1889 p. 346. 64 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, nota 24, p. 197. 65 M. SCARLATA, Caratterizzazione dei quartieri e rapporti di vicinato a Palermo fra XIII e XV secolo, in D'une ville à l'autre. Structures matérielles et organisation de l'espace dans les villes européennes (XIIIe-XVIe siècle). Actes du colloque de Rome, (1er-4 décembre 1986), Roma 1989, p. 692. 66 NEF, Isla i Pale o a d the Dā al-Islā cit., p. 52. 67 IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 118. 61 62 20 del termine Ṣa āli a68 eàfo seàdu ueàa h essoàpa eà i o du eàalleàt uppeà e e a ieà slave di stanza a Palermo69. A partire di qui la cronaca di Ibn Hawqal procede con la descrizione di Balarm e del Q̣asr: Ho esposto la situazione di al-Ḫālịa e delle sue porte, indicato ciò che essa contiene, ma non ho descritto Palermo che è la città antica. La porta più nota è la Porta del Mare, chiamata così per la sua prossimità al mare. Vi è poi una porta eretta da A ūʻḷusayn Aḥmad ibn ̣asa i A īʻl-̣usayn, perché gli abitanti, in questa parte della città, si erano lamentati della distanza del posto da cui uscirne. La costruì al di sopra di u a esta he do i a a u o so d a ua e u a so ge te hia ata ʻA šifā, ed da uesta he la po ta ha i e uto l attuale de o i azio e. Colo o he a ita o vicino alla fonte possono approvvigionarsene. Vi è poi la Porta di Sant Agata, che è una porta antica. Accanto ad essa la porta di ‘ụ̄a, dal nome di un grande corso d acqua al quale si accede da questa porta, sotto cui prende origine: l acqua è salubre, e sulla riva c è una fila numerosa di mulini. Poi la po ta dei Gia di i Bā a - i ạ̄), anch essa di ost uzio e e e te, ope a di A ūʻḷusayn Aḥmad ibn ̣asan. Vicino ad essa, c era una porta detta d Ibn Qurhub, situata in un luogo poco fortificato: in passato la città era stata spesso attaccata da questo lato e gli assalitori erano passati attraverso questo varco. Gli abitanti erano esposti ad enormi pericoli: osì A ūʻl-̣usayn la fece chiudere e proibì il passaggio. Lì i i o si t o a la Po ta degli Edifi i Bā al-a ā , la più antica della città. Poi vi è la Po ta dei Neg i Bā as-sudā , di f o te al e ato dei fa i: poi la Po ta di Fe o Bā al-ḥadīd , dalla uale si es e i di ezio e del Qua tie e dei Giudei. “i a i a infine ad una porta costruita anch essa da A ūʻl-̣usayn e che non ha nome: è da essa he si a al ua tie e di A ī Ǧa ī [A ī ̣amir]. In tutto sono nove porte70. 68 Vedi nota 62 in questa tesi, p. 19. DE SIMONE, Palermo araba cit., nota 43, p. 90. 70 Ibidem, pp. 119-120. 69 21 ‘ispettoà allaà po e t à d i fo azio ià circa le porte della Khalisa elencate in precedenza e delle quali non è riportato nemmeno il nome, Ibn Hawqal compila questa volta un lungo, minuzioso elenco dei varchi che aprono le mura urbiche del Cassaro. Procedendo in senso antiorario, dalla più importante Porta del Mare fino alla Porta senza nome, il resoconto contiene informazioni e ragguagli circa il loro fondatore, la loro localizzazione e le ragioni per le quali esse sono state erette71. Lo stesso passo fornisce inoltre preziose informazioni sui quartieri extra muros che componevano la Palermo dell epo a.à Olt eà aiàt eà ḥā a di cui si è parlato in precedenza, ve ne sono altri tre che si addensano intorno alle moenia delàCassa oàeà heàl auto eàsiàli itaàaà ita e,àprobabilmente o à ite e doliàalt etta toài po ta ti:àilà luogoàdettoàal-Muʻaska heà suo aà “ta zaà dià soldati 73, 72 a ovest del Cassaro, un vero e proprio accampamento militare che probabilmente accoglie un esercito stanziale, forse cinto da mura74; un ̣ā at A ī Ǧa ī o A ī ̣i āz75 a est, collegato al Cassaro da una porta che al tempo di Ibn Hawqal non possiede nome, in direzione della Kalsa; un ̣ā at al-Yahūd, il Quartiere degli Ebrei, la giudecca della Palermo araba, che dalle notizie del geografo persiano sembra trovarsi all i te o,àoàaddirittura coincidere, con il Quartiere della Moschea. A tale proposito è utile ip e de eà u osse azio eà dellaàDeà “i o eà se o doà uià laà polise iaàdelà te i eà ḥā a ua tie e ,à aàa heà ia ,àoà g uppoàdià ieà o àu àa essoàu i o àge e aài àp opositoà ual heà a iguit 76. Se dunque facciamo riferimento alla prima delle interpretazioni po a zià itate, il quartiere ebraico corrisponderebbe al quartiere delle moschea, cosa non impossibile in quanto il termine asǧid nel Medioevo era utilizzato per indicare anche il tempio ebraico, ossia la sinagoga; in questa maniera Ibn Hawqal porrebbe in evidenza, seppure in maniera indiretta, la considerevole ampiezza raggiunta dalla comunità ebraica dellaàPale oàdelàXàse olo.àD alt o canto invece, se si intende ḥā a come via ào gruppo di ie ,àallo aàilà ua tie eàe ai oàsiàdo e e t oà l estesoà ̣ā at 71 asǧid ʻI eàlegge eàsoloà o eàu aàsezio eà e àdete i ataà “a lā . Ancora in relazione ai quartieri che circondano DE SIMONE, Palermo Araba cit., pp. 91-92. IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 118. 73 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., I, p. 197. 74 Ibidem, II, nota 25, p. 197. Amari spiega che di sicuro lo fu nel XII secolo, in quanto era chiamato halka. 75 DE SIMONE, Palermo Araba cit., p. 94. 76 Ibidem. 72 22 Balarm, è poi doveroso segnalare che la versione della Geografia di Ibn Hawqal analizzato da Johns di cui si è detto in precedenza, cita un ulteriore quartiere piuttosto esteso, detto di al-Ǧaʻfa i a,à edifi atoà i aà i ua t a ià piùà ta dià ispettoà allaà isitaà delà nostro viaggiatore e non menzionato in alcuna altra fonte. Ragion per cui Johns ritiene probabile heàilàsuoà o eàde i iàdaàu aàpe so aàdià o eàǦaʻfa ,àp esu i il e teà oluiàsottoàilà uià go e oàfuà ost uito 77. Balarm è tagliata in tutta la sua lunghezza, da est a ovest, da una strada lastricata in pietra definita si ạ̄, la Grande Strada, lungo la quale si estende un ampio e bello emporio di varie specie di mercanzie 78. La presenza di un asse viario centrale che probabilmente costeggia il lato occidentale della grande moschea79,à lu goà ilà ualeà so go oà glià edifi ià pu li i,àdallaà e osi ileàst uttu aàaà o te 80, e da cui si dipanano le strade secondarie che si addentrano fra le case (zu ā , strade secondarie di quartiere, e darb, piccole strade di vicinato), risponde ad una struttura urbana tipica del mondo islamico e non a caso presente nella apitaleà ághla idaà dià If ī i a.à Laà G a deà “t adaà d a uaà heàs o o oàdaàestàaào est 81 à i o dataà daà u e osià o sià da cui si ricava acqua potabile e lungo i quali Ibn Hawqal registra la presenza di numerosi mulini azionati dalle loro correnti, di rigogliosi gia di iàeàf utteti.àMaàseàl a uaàpota ileàp o e ie teàdaà uestià us elliàdissetaàlaà aggio à parte degli abitanti della città di Balarm, coloro che vivono nei quartieri al di fuori delle mura e nella Kalsa sono esclusi dalla possibilità di accedervi: questi ultimi - secondo quanto sostiene Ibn Hawqal -,à e h àl a uaà o e teàsiaàa o da te 82, si dissetano da pozzi di acqua stagnante: L a ua della ittà e dei ua tie i, he p o ie e dai pozzi, pesa te e la p efe e za degli a ita ti pe dol e, de i a dalla gusto, pe h le uest a ua piuttosto he pe a uella o e te e a a za di affi atezza e dall a uso di ipolle he dete io a il a gia o ude. No essu t a di lo o, di og i lasse so iale, JOHNS, La uo a a ta della “i ilia e la topog afia di Pale o cit., p. 16. IBN HAWQAL, Kitâ ʻal asâlik cit., p. 21. 79 BAGNERA, The urban evolution of islamic Palermo cit., p. 64. 80 DE SIMONE, Palermo araba cit., p. 101. 81 IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 120. 82 Ibidem. 77 78 alsa a, 23 he o e a gi tutto il gio o, o asa i se a. Questa p ati a ha guastato lo o l i infiacchito i se si e t asfo o os e ze, ui o se e o su i atti a e agi azio e, alte ato il e ello, ato l i tellige za, ist etto la o p e sio e, s i uito le odifi ato il olo e del iso e s o olto l e uili io della ostituzio e, tanto che hanno su ogni cosa o almeno sulla maggior parte delle cose un opi io e contraria alla realtà83. I à ealt à l auto eà o à se aà esse eà aà o os e zaà dellaà fittaà eteà sotte a eaà dià pozzi, canali e gallerie filtranti ( a āt à heà ali e ta oà d a uaà l i te aà Pale o84 e che costituiscono il f uttoà dià u à sapie teà sf utta e toà i iguoà delleà a ueà sorgive e sotte a eeàdelàsuoàte ito io 85. Di fatto l esa eàdellaàsituazio eàidrica della città sembra piuttosto offrire a Ibn Hawqal lo spunto per esprimere giudizi severi, addirittura sprezzanti, sugli abitanti che ne popolano strade e quartieri. Ibn Hawqal reputa infatti che i Palermitani manchino di raffinatezza, che usino per dissetarsi acqua non pura, proveniente dai pozzi, e che addirittura lo facciano di proposito. Tale abitudine, giudicata dal mercante iracheno rozza e volgare, è attribuibile a suo dire a un consumo esagerato di cipolle. Abituato alla ricercatezza della capitale, Ibn Hawqal è disgustato dal largo uso di questo ortaggio, non solo considerato un alimento dal sapore pesante che corrompe e svilisce ogni altro gusto, ma giudicato anche un potente afrodisiaco, il cui consumo procura alterazione dei sensi e pe ditaà d i tellige za.à áà ausaà dell azio eà p esso h à e efi aà dellaà ipolla,à Pale it o aà osìàpopolataàdiàsoleà pe so eà iliàeàse zaà alo e,àp i eàdiàgiudizioàeàdià e aàpiet poi h à essu àg uppoàso ialeà à ispa oà sià 86, iatoàdall effettoà o utto eàdià uesta pianta nefasta e maleodorante. Dunque Ibn Hawqal non ha ricavato una buona impressione dei Siciliani, e dei Palermitani in particolare, e manifesta questa sua opinione in modo piuttosto esplicito. Nei passi della sua Geografia a e teàdell esiste zaàdiàu ope aàda lui stesso compilata e divisa in dieci capitoli, dal titolo Kitā Ṣiqilliyya Libro della Sicilia ;àl autore dichiara di non avervi 83 Ibidem. Per una dettagliata analisi della situazione idrica palermitana medievale vedi P. TODARO, Palermo sotterranea, in Storia di Palermo cit., II, pp. 238- 256. 85 Ibidem, p. 239. 86 IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 122. 84 24 omesso alcuna virtù o difetto degli isolani87, e ciò per correttezza nei confronti del lettore. Quest ope aà o à ià àpe e uta,à aàleà alutazio iàtaglie tià eià o f o tiàdeiàPale ita iàsià sono conservate nelle pagine della stessa Geografia, che ne traccia un profilo assolutamente impietoso. Nella narrazione di Ibn Hawqal la Sicilia e la città di Palermo di e ta oàloàspe hioà elà ualeàsià ifletto oàl i agi eàeàl i doleàdeiàlo oàstessiàa ita ti.àà Laàp e essaà àl osse azio eà heàsegue: E p op io sulla ase delle i hezze, delle e t ate e della p ospe ità he i si può fa e u idea della o dizio e degli a ita ti delle ittà, delle p o i e e delle egio i, olt e che dei loro meriti e delle altre qualità88. Il fatto è che quando Ibn Hawqal scrive, la Sicilia e anche Palermo hanno oramai pe dutoàl a ti aà o dizio eàdiàp ospe it àeàagliào hiàdelà ost oà iaggiato eàpa eà heà e si oà i àu à o e toài à uiàlaàsituazio eàe aàpassataàdalà e esse eàallaà ise ia 89. Di tutto ciò del resto Ibn Hawqal non si stupisce, poiché a questoàpu toàdellaàsto iaàdell isola i costumi incorrotti dei primi conquistatori arabi sono andati sciupati, persi per sempre, imbarbariti dallaàg a deà ua tit à deiàBe e iàBa aǧa aàeàdegliàaff a ati 90. I primi sono considerati rozzi, non avvezzi al controllo del potere centrale, da poco islamizzati, ma soprattutto sono ritenuti pericolosi perché in numero soverchiante rispetto agli arabi, con i quali fin dal tempo della conquista sono in conflitto, tanto che laà i ist àlo o,àseà o àlaàape taàgue a i ile 91 piùà olteàhaàs ossoàlaà olo iaàdià“i ilia.àIàse o diàso oà iàp otetti à ahl aḏ-ḏimma), la parte della popolazione non islamica che dietro il pagamento di una tassa testatica, la ǧizya,à o ti ua aà aà i e e se o doà leà p op ieà leggià eà ostu a ze consegue è netto e chiaro: i “i ilia ià so oà deià asta di 93, 92. Il giudizio che ne in cui alla corruzione dell i tellettoà eà delà sa gueà sià a o pag aà i e ita il e teà laà o pletaà asse zaà dià sentimenti religiosi. Al punto che la presenza di numerose moschee nella città vecchia e nei 87 Ibidem, p. 125. Ibidem, p. 126. 89 Ibidem, p. 127. 90 Ibidem, p. 122. 91 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 29. 92 Ibidem, I, p. 352. 93 IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 126. 88 25 suburbia, che forse altrove sarebbe stata salutata come segno tangibile della religiosità degli abitanti del luogo, viene considerata qui in modo assai critico. Nell i sie e delle due ittà, in quella di Palermo e in quella chiamata Ḫālịa, così come nei sobborghi fuori dalle mura, ci sono più di trecento moschee, quasi tutte in buono stato e solide sotto i tetti, con le pareti e le porte intatte. I Siciliani ben informati ne convengono e sono d a o do sull ide tifi azio e e il o teggio delle os hee […]. Ve e so o a o a al di fuo i dell agglo e ato […]. Tutti ha di ueste os hee e so o d a o do sul lo o u e o: più di due e to. […]94. Un numero tanto grande di mos heeàI i à essu alt aà itt ,à e e oài àu aà heàa di eà dià Co do a,à i à “pag a,à ià uià a ita tià os hee 96. o u a ozio e esatta àHa alà o àl a e a mai visto di persona iaàu aàsupe fi ieàdoppia 95, ma solo sentito i e di a oà pe à laà lo oà itt à i ue e toà E probabilmente, comeà s i eà Deà “i o e,à sià t atta aà dià os heeà e eà eà p op ie,à ost uiteà o àtuttiàià is iàa hitetto i iàeà o àdiàse pli iào ato iàall ape to,àdià ueià mụallā cioè molto diffusi nel mondo musulmano 97. Il sorgere di così tanti luoghi di culto non è tuttavia per il nostro viaggiatore il frutto della pietas religiosa che dovrebbe animare il buon musulmano, quanto piuttosto il segno della superbia che ormai si è impadronita degli animi dei Palermitani: una tale quantità di edifici è infatti il risultato della meschina volontà delle famiglie di primeggiare le une sulle altre, del desiderio di guadagnare prestigio att a e soà ilà possessoà eà l ostentazione di uno o più templi. Scrive Ibn Hawqal che og ià abitante, per eccesso di orgoglio, desiderava possedere una propria moschea riservata, alla ualeà essu oàa e eàa utoàa essoàt a Maàl e piet àdeiàPale eàlaàsuaàfa igliaàeàlaàsuaà lie tela 98. ita iàlaàsiàto aà o à a oàa heàpe àalt ià e si. 94 Ibidem, p. 118. Ibidem. 96 Ibidem. 97 A. DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo,ài à “tudià ag e i i ,àIIà 98 IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 118. 95 ,àp.à 26 Nell isola, i i a al a e, si t o a o olti i ạ̄: vi si pratica la falsità e l ipocrisia, e sono pieni di buoni a nulla e di cattivi soggetti, vecchi e giovani, tutti canaglie impudenti. Questi individui si sono tatuati sulla fronte i segni della prosternazione, o l u i o s opo di i assa e le ele osi e e di attentare alle virtù delle donne o este […]. Ciò non appare a prima vista, tanto è estremo il loro zelo nel farsi ammirare ed apprezzare, ma la maggior parte di loro professa la religione con una volontà cosciente di ingannare, e ignora perfino ciò che nelle abluzioni è un obbligo e ciò che è una consuetudine99. I i ạ̄ erano in origine avamposti fortificati presenti nelle città e nelle aree di confine, volti a ospitare i volontari giunti da terre lontane per combattere il jihād contro gli infedeli, i missionari e i pelleg i ià usul a i.à Questià Pale o aste i-fo tezze à eià p essià dià oà do e a oà esse eà o eà tuttià glià alt i,à disse i atià lu goà laà ostaà dell áf i aà “ette t io ale 100. E infatti Tramontana concorda nel collocarli a nord del muro della Kalsa, in riva al mare sulla bocca del porto101,àpe à oti iàdife si i.àTutta iaài àseguitoàall a e utaà o uistaà dell isola,à essià a e a oà p og essi a e teà pe soà laà lo oà ale zaà eligiosaà eà militare e così, distrutti e diroccati almeno in parte in seguito ai tumulti che avevano portato alla costruzione della Kalsa,àsiàt a uta oài à spazioàdiàespulsio eàso iale 102, ossia i à e t oàdiàatt azio eàpe à e di a tiàeàse zatetto,à a atte izzatoà dallaàp ese zaàdià uelà che era percepito e vissuto come diversità, estraneit ,àpe i olo 103 dal resto dei cittadini. Questo naturalmente non sfugge a Ibn Hawqal, il quale condanna tutti coloro che in questi luoghi vivono: da un lato quegli individui che si sono ritirati dal mondo ad una vita ascetica, tutta volta alla preghiera e alla rinuncia e che tanto si sono prosternati da essersi fatti es e eà u à alloà sullaà f o teà heà o aà oste ta oà o à supe ia;à dall alt oà olo oà heà sià professano votati al trionfo della fede, ma che in realtà si rivelano oziosi, ipocriti e falsi, dal 99 Ibidem, p. 119. DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 157. 101 TRAMONTANA, L isola di Allah cit., p. 182. 102 Ibidem, p. 183. 103 Ibidem. 100 27 momento che attraverso il voto al jihād o t oàgliài fedeli,à i a oàadàesse eà spesatiàsuàleà li osi eàlegaliàoàsuàlas itiàpii Laà a 104. iti aà i oltaà daà I à Ha alà aià i aldi à dei i ạ̄ viene infine ampliata, o e a doà u 'alt aà atego iaà dià i di iduià heà p edo i aà i à itt 105 eà heà l auto eà mostra di non apprezzare in generale, e ancor meno qui a Palermo: i maestri delle scuole coraniche. Costoro sono divisibili in varie categorie e gradi di stoltezza e pazzia, superiori alla pazzia dei maestri di scuola di ogni altro paese, e agli stolti di ogni altra contrada […]. Nella città, ci sono circa trecento maestri o quasi. Un tale numero non ricorre in nessun altro paese della terra. La ragione di questa abbondanza, malgrado la loro s a sa utilità, l a e sione che nutrono per le spedizioni militari e il desiderio di sottrarsi alla guerra santa. La loro città, in effetti, è una marca contro gli Europei, u a o t ada he fa f o te al e i o: la gue a sa ta i p osegue e l appello alla lotta vi risuona costante e te, da ua do la “i ilia stata o uistata […]. Dai tempi più antichi, la consuetudine ha voluto che i maestri fossero dispensati da questi servizi gravosi, pagando delle tasse. Così gli uomini più sciocchi si sono ifugiati ell i seg a e to he la loro stupidità faceva considerare come una bella a ie a, Og i alg ado lo s a so p ofitto e i po hi a taggi he se e t aggo o […]. aest o u o s io o i ete ato […]. La disgrazia più grave, la prova più pesante, la calamità definitiva è che tutti gli abitanti della Sicilia, nella loro mancanza di buon senso, nella mediocre perspicacia, nella lentezza di comprensione, credono che questa corporazione rappresenti i loro nota ili, le pe so e iglio i […]106. Le valutazioni di Ibn Hawqal su Palermo e sui Palermitani, per come emergono dalle pagine del Libro delle vie e dei reami, appaiono a prima vista piuttosto superficiali, se non 104 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 202. IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 123. 106 Ibidem. 105 28 frutto di pregiudizi; in realtà esse si fondano su motivazioni ben più complesse e profonde, ta toà heà sià à a a zataà l ipotesi,à pe à giustifi a eà laà a a zaà dià se e it à delà ost oà geografo nei suoi giudizi sui Palermitani, che egli facesse gli interessi dei Fatimidi e ne fosse i àu à e toàse soàu aàspia 107 e che, una volta giunto nella Sicilia Kalbita del X secolo, vi registrasse con disappunto una situazione di frattura istituzionale e culturale sempre più accentuate rispetto al potere centrale. Ma tra le righe della Geografia, più che le considerazioni di un agente al servizio dei Fatimidi, sembra leggersi un senso di a isto ati oà dista o 108. Ibn Hawqal è figlio di un sistema ideologico che poggia su fondamenta profondamente diverse da quelle su cui si regge il mondo siciliano kalbita. Amari, a tale proposito, scrive nelle pagine della sua Storia heàI àHa al,à p ati a doà oià mercatanti del paese, ritrasse la nobiltà, i dottori e la plebe con tutte le sembianza che quei lo à da a oà pe à i idiaà dià lasse 109. Il nostro viaggiatore è infatti, come già si è detto, originario della Mesopota ia:àlaàsuaà e talit àde eàpe ta toàesse siàfo ataàall i te oàdià una società molto sofisticata dal punto di vista intellettuale e di tradizioni ben più raffinate, quali dovevano essere quelle di Baghdad e più in generale dei territori orientali del dār alīsla 110. Sicché la Sicilia, e in particolar modo Palermo, appaiono a Ibn Hawqal come un mondo quasi alieno: una provincia periferica, che pur essendo riconosciuta come uno dei alua diàdell Isla ,à e aàeàp op iaà a aàdià o fi eà o t oàgliài fedeliàd Occidente, tuttavia mostra aià suoià o hià lega ià o à di etta e teà o du i ilià allaà e t alit à delà usul a o 111. o doà Palermo, terra di frontiera, deve apparirgli lontana non solo fisicamente, ma anche e soprattutto culturalmente. In conclusione, se da un lato nella descrizione della città, delle sue strutture urbanistiche e delle sue architetture, Ibn Hawqal si preoccupa di far emergere il carattere più propriamente islamico di Balarm e dei suoi suburbia 112,àdall alt oài e ita il e te e con 107 DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 157. TRAMONTANA, L isola di Allah cit., p. 179. 109 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 205. 110 TRAMONTANA, L isola di Allah cit., p. 180. 111 GALLINA, Dominazioni costruite, dominazioni percepite cit., p. 262. 112 Fo seàp op ioài à uestoàse soà aàlettoàilàfattoà heàI àHa alà o àdiaàu u i azio eàp e isaàdelàp e ede teà Palazzo degli emiri che sorgeva sulla Galka: il palazzo ormai aveva perduto il suo carattere istituzionale all i te oà dellaà topog afiaà dià Pale oà - acquisito invece dalla Kalsa -,à eà du ueà a heà l i te esseà delà narratore. 108 29 a a ezzaà o àpuòà heà egist a eàu ete oge eit àt oppoà a ataà i à ueiàMusul a ià istià di sangue greco e latino; mezzo stranieri ai lineamenti del volto, alla carnagione, alla p o u zia,àagliàusi,à à e àdo atiàaàtutteàleàp ati heàdell isla is o 113. In ragione di tale eterogeneità i caratteri più marcati e preziosi dell Isla ,à aà detta del mercante iracheno vanno pericolosamente e definitivamente smarrendosi tra le vie dei rioni e i mercati di questa Palermo così etnicamente variegata ed eccessivamente tollerante 113 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 205. 30 Capitolo II. Dalla Pale o isla i a a uella o a a: l e ol e si dell i pia to u a isti o. II.1. La conquista normanna di Palermo e i riflessi sulla topografia della città. L i izioàdellaàfi eàdelàdo i ioà usul a oài à“i iliaà oi ideà o àilà o e toài à uià I àatàTi ah,àe i oàdiàCata ia,à hia aàiàpote tiàgue ie iàNo a iàsull isolaàdiàSiqillyyia per sedare i rivolgimenti che minano il suo potere. Ibn at Timnah stringe così u allea zaà con Roberto il Guiscardo e con il fratello minore, Ruggero, e spi toà daà ti o e,à seteà dià e dettaà edà i esti gui ileà a izio e 114,à spe aà dià pote se eà se i eà o t oà l odiatoà I à Hawwas, signore di Castrogiovanni e suo rivale, nel tentativo di ampliare i propri domini e il proprio potere. I due capi normanni hanno daàpo oà o lusoàl assedioàeàlaà o heàgua da oàall isolaàdià“i iliaà o àe o uistaàdià‘eggio,à osìà eài te esse;àsop attuttoàilàpiùàgio a e,à‘ugge o. Elegantissimus igitur juvenis comes Calabriae, Rogerius, cum apud Regium cum fratre duce, tota Calabria debellata, moraretur, Siciliam incredulam audiens, et brevissimo mari interposito ex proximo intuens, ut sempre dominationis avidus erat, ambitione adipiscendi eam captus est, duo sibi proficua reputans, animae scilicet et corporis, si terram, idolis deditam, ad cultum divinum revocaret, et fructus vel redditus terrae, quos gens Deo ingrata sibi usurpaverat, ipse, in Dei servitio dispensaturus, temporaliter possideret115. La ricca Sicilia si trova infatti lì, a pochi chilometri di distanza dalla costa calabrese, di isaà solta toà daà u à e eà t attoà dià a e.à Leà o dizio ià i à uià l isolaà e saà so oà contrassegnate da profonde divisioni politiche ed etniche - di cui lo stesso agire di Ibn at 114 115 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 46. GOFFREDO MALATERRA, Ruggero I e Roberto il Guiscardo, a cura di V. LO CURTO, Cassino 2002, p. 91. 31 Timnah è testimonianza - che la rendono preda potenzialmente facile. Del resto la continua ricerca di terre, di fama e di ricchezze - tratto tipico dei Normanni e in particolar modo dei due fratelli - in questo caso è pienamente legittimata sul piano religioso dalla guerra santa116,àdaà o du eà o t oàl i fedelt àeàl e piet àdeià“a a e ià heà iàa ita o.àNelà ,à dopo un primo tentativo fallimentare, i Normanni riescono a conquistare il centro portuale di Messina, luogo strategico e decisivo ai fini del consolidamento dei domini in Sicilia e dei collegamenti con il continente che già essi controllano. Le truppe normanne guidate da Ruggero e Roberto procedono così a una conquista decennale che si allarga a macchia d olioàeà heàlià o du eàalleàpo teàdellaà apitaleàdellaà“i iliaà usul a a,àPale Le fonti che racconta oàdell assedioàdellaà itt àdiàPale o,à elà . oà o àso oà olte,àeà uelleà esistenti sono in ogni caso assai scarne, talora del tutto silenti riguardo alle particolari caratteristiche della città e alla sua struttura urbanistica. Le cronache di Goffredo Malaterra, di Guglielmo Pugliese e di Amato di Montecassino sembrano concentrate piuttosto nella registrazione e nella celebrazione delle gesta norrene in terra nemica e infedele. Et quant lo Duc sapientissime vit la disposition et lo siege de Palerme, et que des terres voisines estoit aportée à la marchandise ; et, se alcuns negassent la grace par terre, lui seroit portée par mer, appareilla soi à prendre altre cité, à ce que assemblast autre multitude de navie pour reistreindre Palerme, que né par terre né par mer puisse avoir ajutoire. Et ensi fist117. Palermo si presenta ai Normanni come una città di non facile conquista. I capi della spedizione sono consapevoli del fatto che la posizione della capitale musulmana è strategicamente ideale e che gioca tutta a vantaggio dei difensori, in quanto è di facile rifornimento sia per mare sia per terra. Roberto e Ruggero si persuadono così che il o t olloàdelàpo toà àassoluta e teà e essa ioài à ua toà pu toàst ategi oàfo da e taleà per organizzare una efficiente protezione dellaà itt 118. Dunque il primo passo compiuto C. ERDMANN, Alle o igi i dell idea di o iata, Spoleto 1996 (ed. or. Stuttgart 1935), pp. 133-136. AMATO DI MONTECASSINO, Storia dei Normanni, a cura di A. TAMBURRINI, Cassino 1999, p. 248. 118 S. TRAMONTANA, Palermo dai normanni al Vespro in Storia di Palermo, cit., III, p. 22. 116 117 32 daà ‘o e to,à ede doà o à pote à espug a eà Pale oà se zaà fo zeà a ali 119, è quello di isolare la città e di procurarsi una flotta potente grazie alla quale procedere alla sottomissione o al blocco di tutti i centri cittadini e portuali che avrebbero potuto foraggiare e offrire supporto militare alla capitale. Hoc sibi dux socio confisus et agmine multo secum deducto non obsidione Panormum vincere desperat, Siculis quam nobiliorem urbibus audierat. Roberti milite multo urbs vallata pavet; muros turresque reformant, arma virosque parant, detecta foramina claudunt120. Dopoàa e àpo tatoàaàte i eà uestaàp i aàfase,àiàNo danno il via al vero e proprio assedio opiis 121 a i,àp epa atoàl ese ito,à ag oà e uitato,à u à a ali us peditumque - di quella che nel suo Chronicon ‘o ualdoà “ale ita oà defi is eà ditissi a à “i iliaeà i itate 122 e Guglielmo di Puglia “i ulisà o ilio e à u i us 123. Lo stesso Guglielmo riporta le parole con le quali il Guiscardo arringa i propri uomini e, riposta la fede i àDio,àliài itaàalà o atti e toà o t oàPale o,à u sài i i aàDeo,àdi i ià es iaà ultus,à su ditaàdae o i us,à ete iàspoliataà igo e,àia à uasiàf a taàt e it 124. Inde Panormenses Affros accire laborant auxilio, quorum sibi viribus associatis, quod non sunt ausi terra committere bellum, commisere mari. Bellantibus hoc elementum o odius edu t […]. Principio naves Affrae Siculaeque resistunt; nutu divino tandem cessere coactae, cumque fugam peterent, aliquot capiuntur earum, quaedam submersae pereunt, pleraeque frequenti remorum ductu vix evasere fugaces. Dum portum subeunt, mox opposuere cathenas, cum quibus aequoreos aditus prohibere solebant. His etiam fractis, quasdam de navibus horum Christicolae capiunt, flammis plerasque 119 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 76. GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 154. 121 GOFFREDO MALATERRA cit., p. 176. 122 ROMUALDO SALERNITANO cit., pp. 187-188. 123 GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 154. 124 Ibidem, p. 158. 120 33 perurunt. Dat validas animo ducis haec victoria vires. Hinc pervadendam solers intentus ad urbem, molitur variis conatibus ut capiatur125. Ià No a ià i izia oà osìà l assaltoà allaà itt à a à o ea o usul a aàdiàPale 126. Annientata la flotta o,àallaà ualeàsiàe a oàu iteà a iàp o e ie tiàdall áf i a,àl atte zio eà degli assalitori Normanni può ora concentrarsi interamente sulla Kalsa e sul Cassaro, i due centri vitali della città; gli unici ad essere protetti da mura. Machinamentis itaque et scalis ad muros transcendendos artificiosissime compaginatis, dux hortos cum trecentis militibus latenter ingressus, ex altera parte, qua videlicet navalis exercitus adjacebat, urbem infestare, fratremque a parte, qua erat, haud secus agere perdocuerat. Illi, signo dato, quo edocti erant, haud perficere segnes, magno sonitu irruunt. Urbs tota, in arma ruens, quae strepitu tumultuantium deterrebatur, defensioni accelerando grassatur. A parte, qua minus cavebant, incaute vacuatur; a Guiscardensibus, scalis appositis, murus trascenditur. Urbs exterior capitur; portae ferro sociis ad ingrediendum aperiuntur. Dux et comes cum omni exercitu infra muros hospitantur. Panormitani delusi, hostes a tergo infra muros esse cognoscentes, in interiori urbe refugium petendo, sese recipiunt127. Dopo lunghi giorni di sortite e di ritirate con gravi perdite da parte di entrambi gli schieramenti, quando ormai i Palermitani sono ridotti allo stremo delle forze, Roberto il Guiscardo e il conte Ruggero, suo fratello, decidono di tentare un nuovo e risolutivo colpo di mano: preparano macchine e scale per far arrampicare le proprie truppe sulle mura della al-Halisa, la cittadella fortificata. Tali mura non possono essere altro che quelle della Kalsa, i à ua toà ilà i uitoàeste oàdelleà u aà o àpuòà heàessere stato realizzato nei primissimi a iàdiàgo e oàdià‘ugge oàII,à o àa o aài o o ato 128. 125 Ibidem, pp. 156-158. GOFFREDO MALATERRA cit., p. 176. 127 Ibidem, p. 178. 128 BRUNAZZI, L epo a della ost uzio e delle 126 u a u i he di Pale o cit., p. 67. 34 Racconta Malaterra nel suo De Rebus Gestis che i due fratelli arrivano a conquistare la Kalsa g azieàaàu àdi e si o:à e t eàilàg ossoàdell ese itoà o a oàguidato da Ruggero attacca nuovamente e con grande clamore le alte mura del Qasr al-qadim, Roberto fa passare di nascosto parte delle proprie truppe - circa trecento soldati scelti - attraverso gli alberi dei giardini che si trovavano sul lato della Kalsa, opposto a quello dove era o eggiataàlaàflottaà o a a,àg osso odoà eiàp essiàdell harat al-gadīda e del Castello di San Giovanni. I Palermitani rispondono concentrandosi sulla difesa delle mura nel tentativo di respingere nuovamente gli assalitori e, ignari delà di e si oà Khalesaàdo eà uelàdìà o àa e aà u o eggiatoà attaglia 129. o à po ea oà e teà allaà Velocemente i trecento militi scelti da Roberto scalano le mura della Kalsa, molto più basse di quelle del Cassaro, e in poco tempo prendono il controllo della lo oàso ittadella,àap o oàleàpesa tiàpo teài àfe oàeàfa it ;àdis esiàdaà uestaàall i te oàdellaà oàe t a eàilàg ossoàdell ese itoà o a oà dentro le mura. Incomincia così il sacco della Kalsa: i soldati normanni assaltano le case e gli edifici in cerca di bottino, si appropriano di cose e di persone che poi provvedono a dividersi tra lo o.à Ta taà à laà fe o iaà heà laà oltitudeà deà lià o tà o oità laà te e apta 131, 130.à à U eà o aà scrive Guglielmo. I pochi musulmani superstiti fuggono nel Cassaro, il Qasr, che - annota Amato - è la parte della Palermo medievale più possente e meglio fortificata. M s, pou e ue Pale e estoit faite plus g a t u elle o fu o e i premerement, dont de celle part estoit plus forte dont premerement avoit esté commencié. La it se la oit la a ti ue Pale a ti ue Pale e o t este e . Il o e e e t e t e elle il de la it . Et puiz, ua t la ataille, pe se e t u il devoient faire. Et, en celle nuit, se esmurent o tout li ostage, et manderent certains messages liquel doient dire co e t la te e s est e due132. 129 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 88. AMATO DI MONTECCASINO cit., p. 278. 131 GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 160. 132 AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 278. 130 35 Nonostante siano molti gli atti di coraggiosa resistenza compiuti dai musulmani di Pale oà elà o soàdell assedioàeà a o tatiàdaià ost ià o isti,àgliàa ita tià- insieme alla loro città - sono costretti a capitola eàdiàf o teàall effi ie zaà ilita eàeàall astuziaàdeiàNo e soprattutto di fronte alla loro strenuitas 133 e a i,à al favore che la actio fortunae 134 accorda sempre loro. Accanto al ruolo svolto dalla sorte e alla capacità guerriere che i Normanni most a oà elà o soàdell assedioàeài àge e aleà ellaàlo oàpode osaàazio eàdià o aggiu geà o ia e teà l aiutoà dellaà P o ide za,à laà g a eà deà dieu 135, uista,àsià che non può non accordare la vittoria finale ai liberatori di una terra fino ad allora posta sotto il controllo dell idolat ia136. Età i à se ue tià p aedi tusà Du à oepità i itate à Pa o Ja ua ii 137. u ài à e seà Il 10 gennaio del 1072 la città è dunque definitivamente in mano ai Normanni. I fratelli vittoriosi entrano dentro le mura di Palermo la mattina del giorno stesso e ne prendono il controllo. Se si pone mente alla struttura urbanistica di Palermo - pur nella scarsità delle informazioni - è possibile osservare che la città narrata dai cronisti della conquista normanna non appare molto dissimile da quella descritta da Hawqal; sicché non a torto Amari osserva come, all a i oàdeiàNo a i, Palermo non sembri aver subito mutamenti significativi rispetto al secolo precedente, se non per il decadimento cui segue il totale a a do o,àdeglià spaziosià o ghiàdiàli e io,à ezzodìàeàs i o o 138. In particolare, appare sempre marcata la separazione tra la Kalsa e il Cassaro, tanto che gli stessi assedianti normanni le identificano come due città separate, due entità fisiche ben distinte, dotate di proprie mura, proprie porte e propri difensori. Importante novità è per contro laàp ese zaàdiàu à astello,à heàá a ià ollo aà i aà u à iglioàaàle a te,àalàpostoàdo eàgiu geaài à uelàte poàlaàspo daàdest aàdell O etoàe la 133 Vedi O. CAPITANI, Motivazioni peculiari e linee costanti della cronachistica normanna dell'Italia meridionale: secc. XI-XII, in Atti dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. ‘e di o ti , LXXV (1976-77), p. 67. 134 GOFFREDO MALATERRA cit., p. 160. 135 AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 278. 136 S. TRAMONTANA, Popoli, etnie e mentalità alla vigilia della conquista di Sicilia, in I caratteri originari della conquista normanna. Diversità e identità nel Mezzogiorno (1030-1130). Atti delle sedicesime giornate normanno-sveve. Bari, 5-8 ottobre 2004, a cura di R. LICINIO e F. VIOLANTE, Bari 2006, p. 102. 137 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 188. 138 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 82. 36 spiaggiaàdelàMa e Joha 140, 139,à le quelle - secondo Amato di Montecassino - seà la oitàChastelà conquistato da Ruggero nel 1071 e ribattezzato dai Normanni Castello di San Giovanni. Costruito probabilmente nel corso della guerra contro i Normanni, l edificio a e aàp o a il e teàlaàfu zio eàdiàesse eàp epostoàallaàdifesaàdell i g essoào ie tale della città e dunque dei preziosi palazzi della nobiltà palermitana che sorgevano sulle sponde del fiume Oreto; passato sotto il controllo dei Normanni il castello verrà in seguito adibito ad ospedale. Ancora Amato di Montecassino racconta nella sua Storia che Ruggero, dopo aver conquistato Castello Giovanni, occupa con i suoi uomini anche un magnifico palazzo e le ricche ville lì intorno, circondati da rigogliosi giardini che lo stesso autore descrive come dele toz,àplei sàdeàf utteàetàdeàeaue u à pa adiseà te est e 142. 141, tanto da non esitare a definire questo luogo come A detta di Amari si tratta del sito di Maredolce e del palazzo designato il Qas Gia fa , descritto più tardi da Ibn Gubayr e che i cronachisti cristiani chiameranno Favara: eside zaà dell e i oà pale e te o a ioàdelàXIàse oloà t aàleàa i ita o,à edifi ataà p essappo oà elà p i oà o da tiàa ueàeàiàlietiàgia di ià heàfu o àpoiàdeliziaàdeià eà 143. Una volta presa Palermo, i Normanni apportano immediatamente le prime importanti modifiche alla struttura cittadina, affinché il proprio dominio risulti saldo ed evidente anche sul piano urbanistico. Diversi sono i cronachisti che ne danno conto. Adepti, prius illius Scripturae fideles imitatores dicentis: Primum quaerite regnum Dei, et omnia adjicientur vobis, ecclesiam sanctissimae Dei Genitricis Mariae, quae antiquitus archiepiscopatus fuerat144. Et ensi, come home cristiennissime, avec la moillier et ses frere, et avec lo frere de la oillie , et a e ses p i es, s e ala, o g a t e e a e, plo a t, à l eglize de “ai t Marie, laquel eclize avoit esté temple de li Sarrazin145. 139 Ibidem. AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 276. 141 Ibidem. 142 Ibidem. 143 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 232. 144 GOFFREDO MALATERRA cit., p. 178. 145 AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 280. 140 37 Glorificansque Deum templi destruxit iniqui omnes structuras, et qua muscheta solebat esse prius, matris fabricavit Virginis aulam; et quae Machamati fuerat cum daemone sedes, sedes facta Dei, fit dignis ianua coeli146. L ele e toà o u eàsuà uià uesteàfo tiài sisto oà à he,àpe à e ita eàlaà eatitudi eà oltremondana, i cristianissimi Roberto e Conte Ruggero, una volta preso possesso della itt ,à sià p eo upa oà dià i o e ti eà alà ultoà dià C istoà laà os heaà Pale o,à heà e aà gi à stataà te pioà istia oà p i aà dell a i oà deià o g egazio ale à dià usul a i.à “i h à distrutta la moschea, Roberto il Guiscardo erige sulle sue fondamenta una nuova atted ale,à i hia aàl á i es o o,à uiàa ài piisàdeje tus 147 e vi ripristina il culto cristiano. Ma la costruzione della cattedrale e la sua riconsacrazione alla Vergine Maria non sono una semplice questione di ordine religioso. Con questo atto i Normanni, come del resto già avevano fatto i musulmani prima di loro148, non si limitano a fornire nuovamente un luogo dià ultoàdià ilie oàall u i e soà istia oàdiàPale con forza laà supe io it à delà o.àCe ta e teàià o istia esi oà sull isla is o,à uistato iàaffe a oà aà i sie eà espli ita oà eà impongono pubblicamente e politicamente la propria posizione di vincitori ai vinti. Dunque attraverso la cancellazione fisica e la riconversione del luogo di culto della religione degli avversari, i Normanni compiono sui musulmani di Palermo - come del resto avviene in tutta la Sicilia conquistata - un vero e proprio atto di potere. Ancora a questo proposito Amato racconta un breve aneddoto: il Guiscardo, durante un sopralluogo nel territorio della Galca, vede a fianco di un sontuoso palazzo appartenuto ai Saraceni una piccola chiesa abbandonata ed usata come forno. Adirato, ua àliàpalaizàdeàlià“a azi àestoie tàhaut,àetàlaà o tàdeàlaà ie geàMa ieàoàlaidesà olo sàappe eà appa oit 149, il duca ordina di abbattere la chiesa e di riedificarla con materiali preziosi, quali marmi e grosse pietre squadrate. 146 GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 162. GOFFREDO MALATERRA cit., p. 178. 148 Vedi la descrizione della asǧid ǧā iʻ fatta da Ibn Hawqal e riportata in questa tesi, p. 14. 149 AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 282. 147 38 Imposto il proprio dominio sotto il profilo ideologico, i Normanni si impegnano, più concretamente, a fortificare e rinforzare i punti strategici di Palermo con tutta una serie di interventi, il cui scopo è acquisire un più efficace controllo sulla città e sui suoi abitanti. Ancora una volta le cronache ne riportano le tracce. Et pensa lo Duc les liez especials des cités. Il eslut un lieu molt haut là où il fist une forte roche, et la fist molt bien garder, et la forni de choses de vivre, pour lonc temps et à grant abondance150. Dunque il duca Roberto comincia a studiare i luoghi più adatti in cui poter edificare la cittadella fortificata. La scelta cade sulla parte più alta della città, che Amato chiama o a 151,àdo eàso ge a oàu àte poàl a ti aàPaleapolis greca, poi nel IX secolo il palazzo emirale - abbandonato in seguito pe h àsoggettoàaià o ti uiàtu ultiàdell a i osoàpopoloà Panormi -, eài fi eà elàXàse oloàl harat al-Mu aska , ossia il quartiere militare sede delle truppe stanziali palermitane. Il Guiscardo la preferisce alla Kalsa, cittadella musulmana e gi àsedeàdell e i oàdiàPale o,àpe h àsop aele ataàeàdu ueài àu aàposizio eàdo inante ispettoàalà estoàdellaà itt .àE àp o a ileài olt eà heàalà o e toàdellaà o uistaà o a aà essa fosse già cinta da un muro152, che al Guiscardo non rimane che fortificare. Munia castrorum fecit robusta parari, tuta quibus contra Siculos sua turba maneret, addidit et puteos alimentaque commoda castris153. Ad ogni modo è agli inizi del dominio normanno che viene innalzato un grosso muro; il medesimo che in seguito darà il nome alla nuova cittadella stessa: El-Halka, il cui sig ifi atoà àappu toà laà e hia .àDià uiàpoiàilà o eàGalka o Galca. La nuova cittadella è 150 Ibidem. Amato e il volgarizzatore usano il termine roche per tradurre Qạr (castello), mentre Guglielmo Appulo e Malaterra si servono rispettivamente dei termini castrum e castellum per indicare la città vecchia, propriamente detta Palermo. Non è presente la traslitterazione di Qạr in Cassarum dal momento che la latinizzazione del termine arabo non è ancora avvenuta. 152 Vedi questa tesi, pp. 13-14. 153 GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 337. 151 39 chiamata anche castrum superius o castrum novum, in contrasto alla Kalsa154. I Normanni dotano inoltre il nuovo sistema difensivo di pozzi e magazzini per il grano, in modo tale da renderlo in grado di sostenere attacchi e assedi da parte dei nemici e eventuali rivolte da parte della popolazione palermitana, particolarmente animosa. U ulti aà uestio eàsuià uta e tiàu a isti iàappo tatiàaàPale oàdaiàNo a ià riguarda la presenza di un altro castrum, ovvero il Castello a Mare. Amari nella sua Storia scrive che il castello edificato dirimpetto alla Kalsa, alle bocche della Cala, è costruito o ia o iato àdalàGuis a doà o testual e teàallaàfo tifi azio eàdellaàGalca, con il fine di esercitare sul Cassaro un ferreo controllo da sud-ovest e da nord-est, così da stringere ben e eàilà o soàaiàMusul a iàdiàPale o 155. Le fonti da cui Amari attinge sono innanzitutto Guglielmo di Puglia, che usa il termine castra, dunque al plurale, e in secondo luogo l á o i oàVati a oàpu li atoà elà De Rerum Italicarum Scriptores dal Muratori, il quale ricorda la costruzione da parte dei Normanni di duo fortissima castra, alterum juxta mare, alte u ài àlo o,à uiàdi itu àGaleaà Gal a usoàp ude teàdià uest ulti aài fo alt eàfo tià heàl a 156. Salvatore Tramontana invita tuttavia ad un azio e,àpe àdueàdi e seà agio i:à o àso oàdispo i ilià editi oàeàlaàHistoria Sicula Anonymi Vaticani da cui essa è tratta non è coeva agli avvenimenti, ma anzi piuttosto tarda157, e dunque il rischio è che non sia sempre sufficientemente precisa. II.2. La Palermo normanna nelle testimonianze di Edrisi e di Ibn Giubayr. È necessario, a questo punto della dissertazione, prendere in esame á ūà á dàállāhà Muha adà i à Muha adà i à Id īsà al- álià i-a à állāhà al-Id īsi,à pe so aggioà dià illust ià natali, conosciuto alla corte palermitana di Ruggero II con il nome di Idrisi o El Edrisi. Idrisi nasce intorno alla fine del XII secolo da una casata isla i aàdiàaltissi oà a go.àE ài fattiàu oà dei rampolli degli Ḥa udidià dià Malaga,à a oà i e i oà dell a o à piùà a ti a,à o ileà eà E. PEZZINI, Pale o s fo a urbis in the 12th century, in A Companion to Medieval Palermo cit., p. 201. AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 95. 156 ANONIMO VATICANO, Historia Sicula ab ingressu Normannorum in Apuliam usque ad annum MCCLXXVI, a cura di L. MURATORI, in Rerum italicarum Scriptores, VIII, Milano 1726, p. 764. 157 TRAMONTANA, Palermo dai Normanni al Vespro, in Storia di Palermo cit., III, p. 25. 154 155 40 potente dinastia degli Idrisidi, che detenne il potere in Marocco sino alla fine del X secolo e che indicava come proprio capostipite niente meno che il profeta stesso. Il luogo e la data di nascita di Al-Id īsī sono tuttora oggetto di discussione, come anche la data di redazione della sua opera158,ài à ua toà o o àdell Ed isi u aà iog afia àilà o ilàsa gueà 159. Il legame àlaàdott i aà asta o oàadàotte e eài à tra Id īsī e il mondo siciliano è tuttavia così forte e inscindibile, che Leone Africano nel suo Libellus - per quanto opera tarda rispetto agli avvenimenti e dunque, come annota Nef, non troppo attendibile -, non esita ad affermare che fosse addirittura nato nella città siciliana di Mazara160. Nonostante la biografia presenti notevoli lacune, è comunque accertato che il nobile Al-Id īsi sia un viaggiatore instancabile e un grande erudito. Profondo conoscitore della medicina, scrive infatti un trattato di botanica e farmacologia dal titolo di Kitāb aljā iʻli-ashtāt al-nabāt, che costituisce un vero e proprio compendio delle piante e delle loro proprietà curative; possiede inoltre una buona conoscenza del greco e in parte del latino, lingue che gli consentono di entrare in contatto con la cultura, o meglio le culture, dell u i e so cristiano; infine è un poeta, cultore dell adab161. Dopo aver studiato a lungo e molto viaggiato al seguito di carovane e pellegrini dall al-Andalus fino all á atolia, attraversando i territori del Nord Africa -, intorno al 1139 l Ed isi prole di principi 162 è chiamato alla corte normanna di Sicilia, voluto personalmente da Ruggero II in virtù delle sue grandi conoscenze, soprattutto in campo geografico. Il contesto storico con cui Id īsī entra in contatto è tuttavia radicalmente mutato rispetto a quello descritto nelle precedenti cronache islamiche. Sotto il dominio di Ruggero II la Madī at Bala araba si è infatti definitivamente trasformata nella felix urbs regia, capitale della nuova monarchia normanna e centro nevralgico di un nuovo regno che sotto la suaàegidaàsiàeste deào aiàsuàtuttaàlaà“i iliaàeàg a àpa teàdell Italiaà e idio ale.à Di questo mutamento conviene dunque dar conto. Parallelamente alla sistemazione generale dei propri domini, il re normanno procede a una capillare opera di strutturazione A. NEF, Al-Id isi: u o pl e t d e u te iog aphi ue, in Géographes et voyageurs au Moyen Age, a cura di H. BRESC, E. TIXIER du MESNIL, Paris 2010, pp. 53-66. 159 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 436. 160 NEF, Al-Id isi: u o pl e t d e u te iog aphi ue cit., p. 54. 161 CASSARINO, Islamic Palerm experienced and imagined cit., pp. 104-105. 162 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 286. 158 41 della curia palermitana. Iniziato già dal Gran Conte, questo processo diretto ad accentrare il potere nelle mani del sovrano e dei suoi familiares subisce, proprio sotto Ruggero II, una fo teàspi ta.àIlàg a deài te esseà h eglià ost aàpe àleàa tià ie t aàaà pieno titolo in questa logi aà dià ifo a à delà pote e:à ilà so a oà o affi h à o e ga oàaàPale a oà sià faà io à e e ateà eà sià adope aà oà s ie ziatiàd og ià a ie aàeà iaggiato iàdià a ieà azio i 163. Il tentativo è quello di creare una sorta di intellighenzia in sintonia con il potere regio e insieme di affermare una certa concezione della regalità, anticipando in tal senso quella che sarà la politica culturale della Magna Curia federiciana164. Pa ti ola e teàg a deà àl i te esseàdià‘ugge oàIIà ei confronti della geografia, per laà ualeà ut eà u à gustoà spi toà fi oà allaà passio e 165 e di cui il re comprende non solo l i po ta zaàsulàpia oàst etta e teà ultu ale,à aàa heàl utilit àaiàfi ià elli iàeàst ategi i.àE à lo stesso Idrisi ad annotare che al sovrano della casata degli Altavilla, dopo aver assicurato ilàp op ioàpote eàsuiàte ito ià heào aàgliàappa te e a o,à pia ueàdiàappu a eàleà o dizio ià de àsuoià“tatiàeà it a leà o àlaà e tezzaàdellaà ip o a àe - continua - dià o os e eàtuttiàglià altri paesià eà egio ià deià setteà li i “ a i seà ‘uggie oà i à uesto,à aà o pila eà laà 166. geog afiaàu i e sale,àusa doài sie eàleà og izio iàdell O ie teàeàdell O ide te 167: nasce così un monumentale progetto di ricerca geografica sul campo, la cui direzione è affidata alloàstessoàId isi,à o i atoà seg eta ioàdià‘ugge o,ài à uestoàlu goàeàfati osoàla o o 168. Tra i due - il re normanno e il geografo arabo - si crea un legame stretto che non si limita all a itoà pu a e teà p ofessio ale;à ‘ugge oà fi is eà pe à app ezza eà tanto il suo collaboratore, che - riporta Amari - soleaà le a sià ua d eglià e i aà aà o teà eà a da glià i o t oàeà ette seloàaàsede eàalàlato 169. In ogni caso, dopo quindici anni di misurazioni e di analisi di cui lo stesso Ruggero - scrive sempre Idrisi - si preoccupa di verificare in prima pe so aàl esattezza,à elà àilàso a oà o issio aàalàgeog afoàa a oàlaà edazio eàdiàu à M. AMARI, S. SCHIAPPARELLI, L Italia des itta el «Li o del ‘e ‘ugge o» o pilato da Ed isi,ài à áttiàdellaà ‘ealeàá ade iaàdeiàLi ei ,àCCLXXIVà -1877), VIII, Roma 1883, p. 3. 164 Vedi C. VILLA, La cultura della Magna Curia e la sua diffusione nel Mediterraneo, in L Italia edite a ea e gli incontri di civiltà cit., pp. 169-220. 165 AMARI, SCHIAPPARELLI, L Italia des itta el «Li o del ‘e ‘ugge o» o pilato da Ed isi cit., p. 3. 166 EDRISI, Nuzhat ʻal uśtâ , in BAS, I, p. 36. 167 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 439. 168 AMARI, SCHIAPPARELLI, L Italia des itta el «Li o del ‘e ‘ugge o» o pilato da Ed isi cit., p. 5. 169 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 306. 163 42 li oà daà o eda eà o à leà figu eà desu teà daià ilie ià geog afi ià eà aà uià aggiu ge eà u à ragguaglio delle condizioni di ciascun paese eà o tado 170, dalla situazione commerciale a uelleà eligiosa.àPe à olo t àdelà eàlaà o u e taleàope aà i e eàilàtitoloàdià Kitā Nuzhat al- ushtā fi ikhti ā al-afā (Sollazzo per chi si diletta di girare il mondo), noto anche semplicemente come Kitā ‘ujās, o libro di Ruggero171. E ài te essa teàaà uestoàpu toàe t a eà elà e ito,à ipo ta doà iòà heàál-Idrisi scrive nel Kitā ‘ujās riguardo a Palermo, capitale del regno nonché città principale di Sicilia, terra heà luià stessoà defi is eà pe laà delà se oloà pe a o da zaà eà ellezze u osse azio eà p eli i a e:à o osta teà ilà la o oà siaà statoà o 172. Intanto issio atoà daà u à eà istia oàdià uiàId isiàstessoàtesseàlodiàappassio ate,àdefi e doloàaddi ittu aà esaltatoàdaà Dio,à eà pote teà pe à di i aà g azia 173, la descrizione di Palermo si snoda secondo una prospettiva piuttosto contraddittoria. Essa si struttura infatti attraverso i topoi, i caratteri, i moduli narrativi tipici della produzione geografica e letteraria del mondo arabo 174; gli stessi già utilizzati nella cronaca di Ibn Hawqal e tesi di fatto a presentare il volto più spiccatamente islamico della città. Da questo si può dedurre - scrivono Bresc e Nef - come, al e oà daà uestoà pu toà dià ista,à Id isià o side ià Pale largement partieàduà o deàdeàl Isla o,à eà o à essaà laà “i ilia,à e o eà 175. Co eàpe àtuttiàgliàauto ià istiài àp e ede zaàa heàpe àId isiàlaà itt ,à h egliàa o aà chiama Balarm, è scissa in due unità ben definite; la grande novità rispetto al passato è l asse zaà dell Halisa quale polo fondamentale di questa dicotomia urbana, in quanto scrive Idrisi - di idesiàlaà itt ài àdueàpa ti:àQas à « astello,à assa o» àeà o go 176. Il o go [a di p op ia e te] u alt a ittà, he d og i pa te i o da l a ti a. Qui i la [se o da] ittà e hia he s addi a da ʻAl Ḫâlịah («l eletta» in oggi la Kalsa), 170 EDRISI cit., p. 41. Pe àulte io iài fo azio iàsullaà o posizio eàeàsulleà i e deàdell ope aài àseguitoàallaà o teàdià‘ugge oàIIà vedi AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, pp. 439-448. 172 EDRISI cit., p. 55. 173 Ibidem, p. 33. 174 PEZZINI, Paler o s fo a u is i the th e tu cit., p. 211. 175 IDRÎSÎ, La p e i e g og aphie de l O ide t. Présentation, notes, index, chronologie et bibliographie par H. BRESC et A. NEF, traduction du chevalier Jaubert, revue par A. NEF, Paris 1999, p. 43. 176 EDRISI cit, p. 59. 171 43 ella uale al te po [ he do i a o o] i Musul a i soggio a a il sulta o o suoi ottimati e v e a la Bâ ʻal-baḥr («porta del mare») e l arsenale addetto alla costruzione [del naviglio]177. Il Rabạ (borgo) è descritto da Idrisi come un estesa zona urbana che circonda i te a e teà ilà Cassa o,à eà heà o upaà g a deà a eaà dià te e o 178. Idrisi dunque non distingue più le divisioni tra gli antichi ḥara al di fuori delle due città, che invece erano state delineate da Ibn Hawqal nel X secolo in maniera piuttosto netta, né vi è alcuna indicazione circa le diverse parti da cui è formato il Rabạ. In effetti sotto il dominio normanno le differenze tra i quartieri extra moenia si vanno stemperando progressivamente fino a pervenire, al tempo di Ruggero II, a un completo riaccorpamento che dà vita a un nuovo assetto urbanistico caratterizzato dallaàp ese zaà o ti uaàdià u àa itatoàspa so 179. Inoltre la dimensione urbana del Rabạ si definisce e si completa grazie alla presenza di un fasil, una doppia cinta murariaà heà i o daàl i te oàa itato e di cui Idrisi non può non registrare la presenza. Per quanto riguarda invece la Kalsa, occorre segnalare che in seguito alla conquista normanna essa ha perduto il proprio ruolo di centro politico e amministrativo della città di Palermo. I Normanni infatti stabiliscono la propria sede privilegiata nella Galka; questo trasferimento per la Kalsa si traduce in un rapido declino. Ormai completamente inglobata all i te oàdelàRabạ, la Kalsa subisce dunque un forte degrado sia urbanistico sia sociale. MaàseàId isià ipo taàl a ti oàp i atoàdell Elettaàsedeàdiàgo ernatori e nobiltà, non è tanto per la volontà di attenersi ad un dato di realtà, quanto piuttosto per sottolineare il defi iti oàt a o toàdiàu à o e toàsto i oài à uiàilà o doà usul a oàe aài à“i iliaàall api eà delà p op ioà pote e.à E à i à uestaà p ospetti aà di irreversibile cambiamento che Idrisi usa l appellati oàdià itt à e hia à- per la prima volta attribuito alla Kalsa - come chiaro segnale dellaàpe ditaàdell a ti oàp estigio,ài àopposizio eàalàfattoà heàe aàstataàide tifi ataà o eàlaà itt à uo a àfi o al secolo precedente. 177 Ibidem, p. 60. Ibidem, p. 62. 179 M. SCARLATA, Configurazione urbana e habitat a Palermo tra XII e XIII secolo, in Storia di Palermo cit., III, p. 155. 178 44 Idrisi continua poi a scrivere del Rabạ, di cui redige la seguente descrizione: E pie o di fo da hi, ase, ag i, otteghe, e ati, e difeso da u o, fosso e ipa o. Dentro cotesto borgo son molti giardini; bellissimi villini e a ali d a ua dol e e corrente, condotta alla città dai monti che cingono la sua pianura180. Li agi eà dellaà Pale oà dià ‘ugge oà IIà heà e e geà dalle parole del geografo hammudide è dunque quella di una città vivace, soprattutto dal punto di vista commerciale. Nonostante la conquista normanna e i precedenti, durissimi anni di guerra civile e di decadenza, Palermo sembra non aver perso la propria caratteristica - la stessa segnalata da Ibn Hawqal nei suoi resoconti - di centro emporiale di primissimo rilievo, meta di importanti commerci e popolato da numerosi mercanti e bottegai. La ricchezza, e in generale il benessere, di cui gode il Rabạ è ulteriormente sottolineata da Idrisi per la presenza di magnifici edifici, ta toà ellià heà o fo do à hià sià etteà aà des i e leà edà a i telletti aglia oà glià 181. Un altro aspettoàdellaà itt ,à heàId isià ipetuta e teàpo taàall atte zio eàdelàletto eà e che testimonia l o aiàsosta zialeà o ti uit àt aàlaàBala àp op ia e teàa a aàdescritta da Ibn Hawqal e la Palermo cristiana di Ruggero II, è la pregevole presenza di un grande i pia toàid i oài àg adoàdiàse i eàl i te oàte ito ioà ittadi o,à heà eà isultaà osìà sol atoà d a ue 182.àG azieàall a o da zaàdiàa uaà o e teàe alle fonti perenni, notevoli sono le possibilità dei Palermitani di praticare coltivazioni e infatti - continua Idrisi - Pale a o daà dià f utte 183,à ostellataà o oà à dià o tià eà dià g a dià gia di i.à Questaà g a deà dispo i ilit à dià a uaà all i te oà delà tessutoà ittadino è poi coronata dalla presenza del fiume ʻA ās l O eto ,à heàs o eàappe aàfuo iàdalàlatoà e idio aleàdellaà i taà u a iaàdel Rabạ sul quale sono piantati tanti molini da bastare appieno al bisogno [della città] 184. Dunque la crescita esponenziale del Rabạ in termini di edificazioni, non mette fine all i 180 agi eàdià itt -gia di oà heàPale EDRISI cit., p. 62. Ibidem, pp. 60-61. 182 Ibidem. 183 Ibidem, p. 60. 184 Ibidem, p. 62. 181 oàhaàe editatoàdall epo aàa a a,ài à ua toà a pieà 45 zo eà i a go oà e dià alà suoà i te o,à o upateà daà o tià eà f uttetià pe à l auto o su o,à ià mercati urbani, il piacereàdeiàfio i,àdeiàf uttiàeàdell o a 185. Al-Idrisi non fornisce altre informazioni sul Rabạ, né si preoccupa di caratterizzare ulteriormente i rioni del borgo, per come si presentavano alla metà del XII secolo. Molte più notizie compaiono invece riguardo a quello che è identificato come il nuovo, principale polo urbano i à ua toàsedeàdeià eà o a i,àeà heà“ a lataàdefi is eà o eàlaà e aà itt :à il Cassaro. Il Cassa o uell a ti a fo tezza sì i o ata i og i paese e i og i egio e. Abbraccia tre contrade; delle quali quella di mezzo è frequentatissima di torreggianti palazzi ed e elsi o ili ostelli, di e ata ti. N os hee, fo da hi, ag i e otteghe de g a di a a o alle i a e ti due o t ade degli alti palagi, de so tuosi edifizii, de fonda hi, de ag i i g a opia186. Il Cassaro è il quartiere più antico e nobile e si trova nella parte più elevata della itt àdiàPale o.àPote te e teàfo tifi ataàeà i taàdaàu oàla goàeàaltoà u o,àta toà daà o à potersi espugnare per battaglia, né occupare pe à olpoàdià a o 187, è la pars urbis che fin dagli albori della conquista è stata scelta dai Normanni come luogo privilegiato del loro insediamento. Al proprio interno - racconta Idrisi - il Cassaro è suddiviso in tre zone, entro le quali i punti nevralgici sono identificati nei tre simat che tagliano il Cassaro in tutta la sua este sio e,ào e oàleàst adeàeàleàdi ett i iàp i ipaliàsuà uiàsiàa ti olaàl i te oàa itato.ààálIdrisi riporta inoltre che su questi tre assi viari, bazar e tabernae tenuti dai più ricchi mercanti della città si alternano ad altissimi palazzi e ricchi Q̣asr Qusur (edifici), di una ellezzaà taleà heà o à [t o a sià alà o do]à edifiziià piùà i a ilià heà ue à dià Pale o 188 giacchè - o ti uaàl ha udideà- iàsuoiàpalagiàso oàiàpiùà o ili,àleàsueà aseàleàpiùàpia e tià [ heà uo à possaà ede e] 189. Anche in questo caso la descrizione di Al-Idrisi, oltre che registrare il lusso e la vivacità economica della città - indici del suo benessere - pone 185 G. BARBERA, Utilità e Bellezza nel paesaggio normanno, in Storia di Palermo cit., III, p. 102. EDRISI cit., p. 60. 187 Ibidem, p. 61. 188 Ibidem, p. 62. 189 Ibidem. 186 46 attenzione a un tratto tipico della struttura urbana della metropoli araba: ovvero il appo toà t aà l a itatoà p op ia e teà dettoà eà ià u e osià ese izià o testi o ia oà laà stessaà si iosià a itati aà f aà eside zialit à eà atti it à o e iali,à heà e iale 190 presente nelle più importanti città del Nord Africa e del Medio Oriente. La stessa prospettiva vale del resto per la descrizione della cattedrale di Palermo, nella quale permane chiaramente la tendenza a presentare la città di Palermo secondo paradigmi urbanistici appartenenti propriamente al mondo islamico. Nel edesi o [Cassa o] so ge la os hea ģâ iʻ atted ale he fu u te po hiesa cristiana e in oggi è ritornata [al culto] al quale dedicaronla gli antichi. Mal potrebbe immaginarsi qua to ello i oggi uesto [ o u e to], pei ap i i dell a te, i peregrini lavori, le rarità e le nuovissime specie di figure (dipinti e statue), dorature, colori ed [ornati] calligrafici191. La descrizione che Al-Idrisi dà della cattedrale, seppure non dettagliata, è quella di un luogo splendido, prezioso e riccamente adorno. Ma ciò che soprattutto è interessante è che Al-Idrisi si riferisce a essa usando la definizione di os hea ģâ iʻ. Pur segnalandone il ritorno al culto cristiano, avvenuto in seguito all i g essoài à itt àdelàGuis a doàeàdelà o teà Ruggero nel 1072, Idrisi, con un probabile sentimento di nostalgia, torna a mettere in luce l a ti oà a atte eàisla i o. Parole di lode infine sono spese da Idrisi per descrivere la Galka. Nella parte più elevata di questo Cassaro, il ridottato re Ruggiero ha una cittadella nuova (ḥịn), fabbricata di pietruzze dure da mosaico e di grandi pietre da taglio, deli eata o le egole dell a te, u ita d alte to i, e affo zata di edette e di propugnacoli, [comoda] per palazzine e sale ben costruite; notevole per decorazioni architettoniche, pei mirabili e peregrini ornati di calligrafia e per le immagini elega ti d ogni maniera che vi sono raccolte192. 190 SCARLATA, Configurazione urbana e habitat a Palermo tra XII e XIII secolo cit., p. 155. EDRISI cit., p. 60. 192 Ibidem, p. 61. 191 47 Come già registrato dai cronisti latini, non appena i Normanni conquistano la città, o i ia oàu ope aàdià i ost uzio eàeà affo za e toàdelleàmunitiones preesistenti sulla Galka, appartenute a strutture edilizie antiche e realizzate in epoche diverse dai vari popoli che si sono contesi il controllo di Palermo. Con il termine ḥịn, Idrisi si riferisce viceversa alla cittadella fatta costruire di recente da Ruggero II, intorno al 1130 anno della sua incoronazione. In effetti Ruggero II inaugura il suo regno dando avvio a una serie di importanti lavori di ricostruzione del fortilizio o a o;à att a e soà l i o po azio eà eà ilà supe a e toà delleà fo tifi azio ià e etteà daià o a iàsessa t a castrum superius 193, iàp i a,àilàso a oà ealizzaà u aàp i aàfo aà o piutaàdelàpalatium- conosciuto in seguito come Palazzo dei Normanni. La costruzione del Palazzoà s i se is eà du ueà appie oà i à uelà p og a aà dià promotio regia entro il quale rientra lo stesso impiego di Idrisi, e che Ruggero II predispone al fine di incrementare il proprio prestigio, la propria immagine e soprattutto il proprio potere. Purtroppo il lavoro di Idrisi non contiene ulteriori notizie riguardo al Palatium, di cui si limita a declamare appassionatamente la mirabile bellezza, lo sfarzo delle forme e dei decori, la possenza delle fortificazioni. U aàt e ti aàd a iàpiùàta dià ispettoàallaàstesu aàdelàKitā ‘ujās di Idrisi, un altro iaggiato eà a a oà isitaà laà itt àdià Pale o.à E à I à Giu a , i cui scritti costituiscono una testimonianza della città di grandissima rilevanza. Nato a Valencia nel 1145, serve per alcuni anni come kāti (funzionario) della dinastia berbera degli Almohadi presso la corte diàG a ada.àNelà ài t ap e deàl Hajj, il pellegrinaggio verso la Mecca, nonché uno dei cinque pilast iàdellaàfedeàisla i a.àDià ito oàdall á a iaàlaà a eàsuà uiàI auf agaà elà a eàdiàf o teàaàMessi a,à itt às hi aàeài ospitale o a dell a 193 Vuole il caso che il re oà Gugliel oà IIà sià t o ià p essoà l a se aleà dellaà itt à dià Messi aà per cagione ataà h eglià allesti aà i à dell affo da e to,à ilà eà o a uellaà itt 195. Avendo assistito alla scena oà pagaà dià p op iaà tas aà ilà sal ataggioà deià supe stitià F. MAURICI, I castelli normanni, in Storia di Palermo cit., III, p. 71. IBNàǴUBáY‘,à‘ahlat ʻal Ki â ī, in BAS, I, p. 144. 195 Ibidem. 194 194. àGiu a à iaggia,à 48 musulmani e ne garantisce la libertà, così che essi non possano essere fatti schiavi - come di consueto - daglià ado ato ià delleà o i 196. Tratto così in salvo e libero di partire, Ibn Giubayr intraprende nuovamente il viaggio verso la Spagna moresca, le cui prime tappe lo conducono da Messina fino a Trapani, passando per Palermo. E di Palermo il pellegrino spag oloàs i eà heà à laàpiùà ellaà itt àdià“i ilia [leà itt à dellaà “i ilia] 198 197 eà laà aggio eàeàpiùàpopolosaàdiàtutteà in quanto sede della corte reale normanna di Guglielmo II. ággiu geà heà sià p ese taà o eà u aà itt à a ti aà edà elega te,à sple didaà eà g aziosa 199. Dimora piacevole e magnifica, Palermo lascia dunque negli occhi e nella mente del forestiero una forte impressione dià opule zaà eà e esse e,à heà a e ust àdell aspetto 200. agliaà laà istaà o à laà Tuttavia di questa città, avverte Ibn Giubayr, bisogna diffidare e non lasciarsi cullare dalla presenza ingannevole dei tanti piaceri e delle delizie che è in g adoàdiàoff i e,àpoi h àPale oà tiàso geài a tià o àse ia zeàte tat i i 201. Ugualmente - continua Giubayr - è necessario guarda siàdaiàsuoià ittadi iàeàsop attuttoàdalàsuoà‘e,à heà asso igliaàaià eà usul a i 202, in ragione della sua benevolenza e tolleranza nei confronti dell Isla is o,àtalià daàgitta eàlaàte tazio eà egliàa i iàdegliàs io hi Dunque nell i e oà delà àI 203. Giubayr percorre tutta la costa settentrionale dell isola,à elà te tati oà dià aggiu ge eà T apa ià eà dià i a a sià allaà oltaà dellaà “pag a.à Durante il viaggio non può non osservare la somiglianza della Sicilia con le terre andaluse: astiàsape e - scrive - che la [si può dir] figliuola della Spagna, per estensione del terreno coltivato, per feracità e per abbondanza 204. Questa synkrisis - come la definisce Mandalà - tra la Sicilia e al-Andalus è un tratto fondante del resoconto di Ibn Giubayr e raggiunge il proprio apice nella messa a confronto dal punto di vista architettonico e urbanistico delle due capitali: quella siciliana e quella spagnola, rispettivamente Palermo e Cordova205. 196 Ibidem, p. 145. Ibidem, p. 146. 198 Ibidem. 199 Ibidem, p. 159. 200 Ibidem. 201 Ibidem. 202 Ibidem, p. 147. 203 Ibidem, p. 154. 204 Ibidem, p. 145. 205 Vedi G. MANDALÀ, Figlia d al-A dalus! Due ģazī a a o f o to, “i ilia e al-Andalus, nelle fonti araboislamiche del Medioevo,ài à Leàfo eàeàlaà“to ia ,à .às.,àVà ,àp.à . 197 49 Uno degli aspetti pei quali questa città rassembra a Cordova, chè cosa [sempre] rassomiglia a cosa [almen] da qualche lato, è che [Palermo] ha nel bel mezzo della città nuova, una città antica detta il qạr (Cassaro) vecchio: e tale è per l appunto la topografia di Cordova, che Iddio la protegga206. Se Palermo possiede la città vecchia del Cassaro, entro il quale svetta la cittadella fortificata della Galka, edificata recentemente dai Normanni, la città di Cordova - annota Ibn Giubayr - possiede costruzioni speculari. La struttura urbanistica cordovese presenta in effetti una porzio eàdell a itatoàdifesaàdaàalteàdià u aàaddi ittu aàdiào igi iàp e o a e,à alle quali si accede da numerose porte. Si tratta della Qurtuba-Madinat,àlaà itt à e hia.àE à nella seconda metà del VIII secolo, o à l a i oàdell e i oà da as e oà á dà al-Rahman il quale restaura il potere omayyade, che la città di Cordova subisce un importante sviluppo u a o:àsià estau a oàeà i ost uis o oàleà u aà ittadi e,à aàsop attuttoàsiàedifi aàl Alcàzar, un castellum fo tifi atoà elàsetto eàsudo ide taleàdellaàMadi a.ààL Alcàzar (termine che p o ie eàdall a a oà ̣ asr, da cui trae origine anche il Cassaro), che ingloba l antico castellum visigoto, diventa lo spazio privilegiato del potere, centro della vita politica e amministrativa della capitale; questo qạr - che a Ibn Giubayr ricorda la Galka - sotto il potere musulmano cresce progressivamente ed è oggetto di ulteriori fortificazioni sino al tempo degli Almohadi207. Indicativo è invece che Ibn Giubayr, a differenza di al-Idrisi, non fornisca più alcuna notizia riguardo alla Kalsa di Palermo, la al-Halisa di cui ha probabilmente perso il ricordo: al te poàdiàGugliel oàIIàl a ti aà Eletta à isultaài fattià o àsoloàs uotataàdelàsuoà primitivo ruolo, ma neanche ormai riconoscibile fisicamente, completamente inglobata o à all interno del tessuto urbano del Rabạ, al punto da aver perso qualsiasi tipo di specificità degna di nota. In ogni caso quando Ibn Giubayr, giunto a Palermo insieme ai suoi compagni, sta per entrare nel Cassaro attraverso presumibilmente la Bā Ša tagāt, viene fermato dalle gua dieàdellaàdoga a.àIlàpelleg i oà ie eàdu ueàpo tatoà adàu a porta contigua al castello IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à .à Vedi J. F. MURILLO REDONDO, Qurtuba Califal. Origen y desarrollo de la capital omeya de al-Andalus, in áW‘áQ.àEstudiosàso eàelà u doà a eàeàisl i oà o te po eo ,à à ,àpp.à -103. 206 207 50 delà eàf a o 208, la Bā al-a a o Porta degli Edifici, dove deve chiarire le motivazioni del suo viaggio e fornire le adeguate dichiarazioni al mustahlaf o issa io ,à heà i iaà sicuramente al Vicecomes Galke, noto ai documenti posteriori come il responsabile di uellaà pa teà dellaà itt 209. Condotto così per le vie di Palermo, Ibn Giubayr rimane stupefatto di ciò che vede,à pu à a ituatoà alleà ellezze dià Co do aà eà G a ada,à o à l a iaà s a itaàdiàu àp o i iale 210. Si passava per piazze, porte e atrii regii: dove noi scorgevamo tali nobili palagi, a fiteat i e disposti e gia di i e g adi ate, addette a fa iglia i della o te, he ne rimanemmo abbagliati ed attoniti211. Da questi pochi tratti emerge come il Cassaro manifesti ancora quella disposizione u a isti aà pa ti ola e teà a iosaà eà e deggia te 212, già nota grazie alla descrizione contenuta nel Kitā ‘ujās di Idrisi. E ancora come Idrisi, Ibn Giubayr registra con meraviglia il fascino esotico e profondo che in lui destano i diversi elementi architettonici allineati lungo le vie della città. I palagi del re accerchiano la gola della città come i monili il collo di donzelle dal petto ricolmo; sì che il principe [senza uscir mai] da siti ameni e luoghi di diletto, passa dall u o all alt o de gia di i e degli a fiteat i di Pale o. Qua te [delizie] egli ha, he [Dio] gli tolga di gode e! Qua te palazzi e e [ ap i iose] ost uzioni, e logge, e vedette! E quanti monisteri de di to i appa te go o a lui213. Palermo si presenta al viandante valenciano come una bella donna, elegante e i a e teàado a,àdaà uiàsiàpuòàt a eà og iàpia e eàdelà o do dichiara dià e à o p e de eàpe h àilàso a oà o a 214;à osìà ag ifi aà h eglià oà laàfe eà apitaleàdelàsuoà ea eà IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à . SCARLATA, Configurazione urbana e habitat a Palermo tra XII e XIII secolo cit., p. 175. 210 DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 149. 211 EDRISI cit., p. 156. 212 DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 150. 213 IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à . 214 Ibidem. 208 209 51 fa o 215. Oltre ai giardini e agli anfiteatri, vi sono infatti splendidi palazzi in pietra kiddā - heàá a iàide tifi aà o eàilà elàtufoà al a eàusatoà elleà ost uzio iàdiàPale o 216 -, così belli che sembrano ben murati castelli, da à quali s innalzano in aria delle maṇarah loggette àeàa aglia oàgliào hià o àlaàlo oà ellezza 217. Du ueàl i agi eà heàI àGiu a à restituisce di Palermo è quella di una città fiorente, definita daà u à setto eà eside zialeà ampio e articolato, la cui concezione spaziale evoca la qualità e il lusso di alcune corti della città tardo-a ti heàeàisla i he 218. Il percorso successivo di Ibn Giubayr, scortato dalle guardie della dogana, procede attraverso il Cassero, a fronte di quella che Scarlata chiama u aàp og essio eàdià app ese tati it 219 che raggiunge il proprio apice nella vista della magnifica sala da ricevimento ( aģlis) del sovrano normanno presso il palazzo reale. T a le alt e ose [ ota ili] i o o se u aula [ ost uita] i ui i o da u gia di o. L at io ezzo di u at io spazioso, fia heggiato di po ti i e l aula p e de tutta la lu ghezza di uello. Ci e ò olta a a iglia, sì la di e sio e dell aula e sì l altezza delle sue loggette220. Questoà e eà st al ioà ostituis eà l u i aà des izio eà heà I palazzoàdeià eà o a à Giu a à fo is eà del i.àL Aula, descritta da Abd ar Rahman o eà teat oà heà ifulgeàsop aà tutteà leà ope eà d a hitettu a 221, si trova nel mezzo di una corte spaziosa circondata da gia di ià e à ualiàa olgo siàtutteàleàu a eàdelizie 222,à fo seàu àryad 223: si tratta di una costruzione piuttosto elevata -come testimonia la presenza di un loggiato superiorefiancheggiata da un lato da portici sui quali probabilmente si affacciano gli edifici nei quali sià t o a oà glià uffi ià dell a Gugliel oà II,à ta toà heà I 215 i ist azio e224. Il luogo è frequentato con assiduità da à Giu a à s i eà heà ell alt ioà suolà desi a eà ilà eà o à suoià Ibidem. Ibidem, nota 3, p. 159. 217 Ibidem, p. 161. 218 SCARLATA, Configurazione urbana e habitat a Palermo tra XII e XIII secolo cit., p. 175. 219 Ibidem. 220 IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à . 221 áBDàá‘à‘áHMáN,àʻI ādàʻadàdīn, Ḫarîdat ´al qạr, in BAS, II, p. 497. 222 Ibidem. 223 G. BELLAFIORE, Monumenti di Palermo capitale del Regno Normanno, in Storia di Palermo cit., III, p. 118. 224 SCARLATA, Configurazione urbana e habitat a Palermo tra XII e XIII secolo cit., p. 176. 216 52 g a di 225. N à glià sfuggeà heà l Aula regia costituisce una vera e propria curia, dove il so a o,à ià agist ati,à eà ià fa iglia ià seggo oà e à po ti ià eà elleà g adi ate,à gliàuffizialià delà go e oà ʻa ālah àdiàfa iaàalà e 226, per deliberare in assemblea e così decidere le sorti del regno. All us i dal palagio [del e] i e a a o essi pe u po ti o ope to, el uale si camminò lungo tratto senza interruzione, finché giugnemmo ad una chiesa di e sa ole227. Dunque il palazzo, scrive ancora Ibn Giubayr, è collegato alla cattedrale da un lungo porticato a volta, la cosiddetta Via Coperta. Se non si è in grado di stabilire con sicurezza se essa sia stata edificata nel corso della dominazione musulmana, è invece comunque certo che la presenza di questo porticato utilizzato dai sovrani normanni è una caratteristica comune a molte metropoli del mondo islamico. De Simone, come già Amari, sottolinea i fattià laàst ao dinaria analogia di essa con la Via Coperta che serviva ai califfi di Cordova per recarsi il venerdì dal loro palazzo alla Moschea-Catted ale 228. Ciò che non è da escludere è il fatto che Ibn Giubayr, pur essendo spesso piuttosto generico nel suo resoconto, abbia scelto di registrare la presenza della Via Coperta di Palermo proprio pe h à si ileà aà uellaà p ese teà aà Co do a,à fattaà ost ui eà dall e i oà ʻá dà állāh.à à I à Giubayr insiste - come si è detto - ell i di idua eàa alogieàeà o ispo de zeàt aàlaà apitale almohade e quella normanna. Anche Giuseppe Bellafiore registra la stretta conformità della Via Coperta palermitana alle strutture tipiche delle metropoli musulmane che collegano il palazzo con il sacrario. Questo elemento architettonico del paesaggio urbano musulmano riveste un ruolo di una certa importanza, poiché in grado di unire i due centri del potere cittadino, quello politico e quello religioso, secondo una scala precisa dal o e toà heà ell a hitettu aà usul a aàiàpalazziàdelàpote eàfu o oàalàp i oàpostoà ellaà gerarchia delle categorie edilizie 229.à E à du ueà possi ileà heà a heà aà Pale oà uestoà IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à . Ibidem, p. 157. 227 Ibidem, p. 159. 228 Vedi nota 128 in DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 160. 229 BELLAFIORE, Monumenti di Palermo capitale del Regno Normanno cit., p. 118. 225 226 53 collegamento diretto tra il palazzo reale e la cattedrale sia volto a sancire il primato del potere del sovrano su quello della Chiesa. Ibn Giubayr non fornisce alcuna notizia sulla Cattedrale palermitana, ma dopo aver raggiunto con i suoi compag iàlaàChiesaàdell á i aglio nel giorno di Natale del 1185, alla vista di questo magnifico luogo di culto cristiano, si concede una descrizione piuttosto lunga, colma di enfasi e di lodi. U o de [ o u e ti] più stupe di de C istia i i dell A tio he o. La ede uesta ittà la hiesa detta o il dì di Natale, h di lo feste p i ipali: o de i si e a a olta g a t atta d uo i i e di do e. Quest edifizio i off ì u a ista he a a le parole a descriverla ed è forza tacerne, perché quello è il più bel monumento del o do. Le pa eti i te e so do ate o [piuttosto] so tutte u pezzo d o o, o tavole di marmo a colori, che uguali non ne furon mai viste: tutte intarsiate con pezzi da usai o d o o; i ghi la date di foglia e o osai i e di: i alto [poi s ap e] u o di e di fi est e di et o olo d o o he a e a a o la ista ol aglio de aggi loro e destavano negli animi una tentazione [così fatta] che noi ne domandammo aiuto a Dio230. L edifi io che lascia così profondamente ammirato Ibn Giubayr venne costruito nel ,à eà p e deà ilà o eà dalà suoà auto e oleà o dell a oloà dià uestoà eà politeista 231, itte te,à Gio gioà dià á tio hia,à izi à admiratus admirati di origine greca del regno di Ruggero II. Entrato nella chiesa Ibn Giubayr rimane stupefatto, addirittura estasiato dalla ellezzaàdelà o plessoà usi oàdià at i eà iza ti aà heàado aàpa etiàeàsoffitti.à Colà espi oà elegante della sua architettura slanciata, ricca di volte a botte, coronata dalla cupola e i estitaàdallaàsuaàpelleà usi a 232,à o àlaà ellezzaàdelleàsueàfo eàeàl opule zaàdelleàsueà decorazioni, per le quali - annota lo stesso Ibn Giubayr - fu o oàspesià ui taliàd o o 233, questo edificio esercita una tale fascinazione che, per sottrarvisi, non resta altra scelta se IBNàǴUBáY‘à it.,àp. 162. Ibidem. 232 M. ANDALORO, I mosaici e altra pittura, in Storia di Palermo cit., III, p. 192. 233 IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à . 230 231 54 non chiedere aiuto a Dio. La stessa torre campanaria che svetta sulla chiesa, detta “a aʻat ʻas sa ā ī, ovvero - secondo a quanto annota Amari - il campanile delle colonne, con la sua cupola e con le sue colonne di marmi dai vari colori, è definita da Ibn Giubayr o eà u aàdelleàpiùà i a ilià ost uzio ià[ heà ai]àsiàsia à iste Nelà o soà dellaà suaà isitaà aà Pale 234. oà l a isto ati oà ale ia oà ipo taà i fi eà laà presenza di due castelli, il Qas “aʻad e il Qas Ǧaʻfa . Il Qasr “aʻad so geà i i oàalà a e,à g a diosoàeàa ti oàdià ost uzio e seià hilo et ià daà Pale o,à sullaà st adaà e soà Te do i azio eà usul a aà ell isolaà o eà i āt 236 lungo il litorale, presenta infatti tutte le uša ad al- i ā ,à hiusoà o àu aàsaldaàpo taàdiàfe o 238. o à da possenti mura 237 eàdotatoàdià u aà os heaàdelleà A questo proposito De Simone sottolinea come Ibn Giubayr presenti con compiacimento il Qas “aʻad o eà luogoàdiàg azieàeàdià e edizio e spe ieà dià isolottoà o ie tale a circa a i i.à “o toà eià p i ià te pià dellaà caratteristiche di un castello-fortezza islamico, circondato piùàsple dideàdelà o do 235, 240 239,à u aà che è riuscito, probabilmente grazie al suo parziale isolamento, a mantenere laàp op iaàsosta zaàisla i aàdià soggio oàdiàse iàdiàDio 241 nel corso del tempo, resistendo apparentemente ai cambiamenti imposti dalla dominazione o a aàa heài à a poà eligioso.àPe à ua toà igua daàl o o asti a,àp op ioàpe h à à un i āt, e dunque luogoà o àfu zio iàd i te esseàpu li o,à il qạ “a d potrebbe essere statoà ui dià o àp op iet àdiàu à alài di idua ileà“a d,à aài titolatoàaà uelà“a dài Wa àá ī l- ạ̄ (morto tra il 670 ed il 678), uno dei dieci compagni di Mụammad, cui il Profeta aveva p o essoàl i g essoài àPa adisoàpe àesse eàstatoàt aàiàp i iàaà o e ti si 242. Il Qas Ǧaʻfa , invece, viene edificato come residenza di pia e eàdall e i oàkal itaà Ǧaʻfa da cui prende il nome, nel corso del proprio dominio sulla città tra il 997-1019. 234 Ibidem, p. 163. Ibidem, p. 154. 236 DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 162. 237 IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à . 238 Ibidem. 239 Ibidem. 240 DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 163. 241 IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à . 242 A. DE SIMONE, L e ig a del sola iu della Fa a a e del Qạ Ğa fa , in Bausteine zur deutschen und italienischen Geschichte Festschrift zum 70. Geburtstag von Horst Enzensberger, a cura di M. STUIBER, M. SPACCINI, Bamberg 2014, p. 79. 235 55 Successivamente ereditato dai sovrani normanni al momento della conquista, è trasformato in un parco di proprietà reale e usato come riserva di caccia243. Secondo Amari, il Qas Ǧaʻfa è da identificare con il magnifico Castello di Maredolce244, edificato ed ampliatoàdaà ‘ugge oà IIàall i te oà delàpa oà dellaà Fa a a245. Nel costruire questi parchi i Normanni riprendono il modello degli àgdal musulmani, meravigliosi giardini presenti in tutte le più importanti capitali islamiche, e lo rielaborano in forme ancora più lussuose e magnifiche246: si tratta dei ben noti solatia dei sovrani siciliani. Belfiore pone in evidenza o eà essià e editi oà aà pie oà titoloà dalà o doà a a oà l ele e toà dell àgdal, facendo sosta zial e teàp op iaà laà o sape olezzaàpoliti aàdell i agi eàdiàfo za e di dominio che de i aà dallaà atu aà ua doà à piegataà alà soddisfa i e toà delà pia e eà eà delà lusso 247. Le notizie che Ibn Giubayr fornisce sul Qas Ǧaʻfa sono tuttavia molto esigue, limitandosi a seg ala eàalàsuoài te oàlaàp ese zaàdià u à i aioà[ ut itoàda]àu aàpollaàd a uaàdol e 248, ollegataàallaàso ge teàdiàMa eàDol e.ààE àp o a ileà - data la povertà di parole spese dal viaggiatore almohade - h eglià o àl a iaà isitatoàeàdu ue o àl a ia visto con i propri occhi. Sarebbe altrimenti inspiegabile il suo silenzio di fronte a un monumento che doveva essere di rara bellezza249. Dunque quali conclusioni è possibile trarre comparando le pagine di Ibn Giubayr con quelle redatte da Al-Id isi?àE t a eàleàfo tià ipo ta oàu i agi eàdiàPale oà o eàdià una città ricca e vivace sotto ogni punto di vista, economico, amministrativo, artistico, paesaggistico: un vero e proprio gioiello, una lussureggiante città-giardino dove al verde si alte a oà palazzià edà edifi ià dià i a ileà g a dezzaà eà foggia.à Ciòà heà d alt aà pa te emerge nella narrazione di entrambi i viaggiatori arabi è la tendenza a interpretare la città, e dunque a fornire una lettura della sua struttura e dei suoi abitanti, secondo categorie mentali che, con motivazioni diverse, sono riferibili al mondo musulmano. Per Idrisi, tutto 243 Vedi questa tesi, p. 36. Sul dibattito sorto intorno a questa identificazione vedi DE SIMONE, L e ig a del sola iu del Qạ Ğa fa cit., pp. 73-94. 245 Dall a a oàFawwāra (sorgente). 246 Vedi BARBERA, Utilità e bellezza nel paesaggio normanno cit., p. 100. 247 Ibidem. 248 IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à . 249 DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 161. 244 della Favara e 56 teso a magnificare la capitale ove risiede il suo potente mecenate, si tratta di una prospettiva per così dire culturale, in relazione al fatto che egli conserva - nella Sicilia normanna e nel rapporto fiduciario con il suo re - categorie interpretative e canoni narrativi che gli vengono dalle sue origini e dalle sue esperienze pregresse. Negli scritti di Ibn Giubayr, nella sua insistenza nel ricercare elementi di raffronto con le grandi e splendide metropoli musulmane, sembra invece prevalere un sentimento di nostalgia e di sconforto per una condizione di superiorità ormai perduta. Nonostante ciò i due autori non possono tacere le impressioni e le emozioni forti provate di fronte a due luoghi che invece sono il si oloà dell u i e soà cristiano, e da cui entrambe rimangono profondamente colpiti: la Catted aleàdiàPale oàeàlaàChiesaàdell á i aglio. Si può dunque dire che la capitale siciliana diventa, nelle pagine dei due intellettuali arabi, il centro di una sintesi di valori tra le differenti culture mediterranee che non è is o t a ileà alt o e.à Taleà si tesià sià a ifestaà sop attuttoà ell osse azio eà dell assettoà u a isti oà eà a hitetto i o,à all i te oà delà ualeà usul a i,à g e ià eà lati ià o i o oà eà olla o a oà pe à laà es itaà eà ilà e esse eà dellaà itt à eà dellaà o a hia,à sottoà l atte toà controllo dei sovrani normanni e dei loro familiares. Agli occhi dei due visitatori Palermo si mostra dunque come una metropoli in bilico tra due mondi, nella quale i caratteri orientali e arabo-islamici ancora preponderanti si mescolano ai tratti p op iàdell o ide teà istia o,à o à ilà isultatoà dià las ia eà ell animo dià uestià iaggiato ià a a ià u immagine di grande splendore, ma anche sensazioni contrastanti e ambigue, frammiste come sono di familiarità e insieme di estraneità, in una miscela che induce effetti di meraviglia e disorientamento. Insomma per conclude eàsiàpot e eà ita eàloàstessoàId isi:à aàdi laài àu aàpa ola,à uestaà itt àfaàgi a eàilà e elloàaà hiàlaàgua da 250 EDRISI cit., p. 61. 250. 57 II.3. La forma urbis di Palermo nelle testimonianze di Ugo Falcando e di Pietro da Eboli: tra ideologia e ricostruzione urbanistico-topografica. Ugo Falcando, autore della Historia o Liber de regno Siciliae eà dell Epistola ad Petrum Panormitanae Ecclesiae thesaurarium,à o side atià o eà u oàde dellaàsto iog afiaà edie ale 251, iglio iàp odottià è una delle figure più enigmatiche del mondo letterario medievale, costituendo di fatto ancora un rompicapo per gli studiosi che nel corso del tempo hanno cercato di stabili eà l ide tit .àNo osta teà ià oltià studià eàià fiu iàdià pa oleà spesi nel tentativo di capire chi fosse realmente questo evanescente quanto raffinato lette ato,àaàtutt oggià o àsià àa o aàgiu tiàaàu ide tifi azio eà e taàeàdefi iti a,àta toà heà le due opere citate sono ancora adespote. Pur non essendo questa la sede deputata a uestoà tipoà dià i dagi e,à à esse do ià daà pa teà iaà l i tenzione di dilungarmi su una questione intorno alla quale storici e studiosi di letteratura si stanno ancora interrogando, ite goà e essa ioàfo i eàleài fo azio iàesse zialiàsuà uest auto eàa o aàa o i oàeàsulleà sue opere, dal momento che esse rappresentano una fonte importante per la mia ricerca. Dunque il Liber de Regno Sicilia eàl Epistola vengono rinvenuti dal canonico Gervasio de Tournay intorno alla metà del XVI secolo presso la biblioteca di Mathieu Longuejoue, vescovo di Soisson. Dalla data di pu li azio eà dell editio princeps nel 1550, l Epistola venne considerata una prefazione della Historia. Tuttavia ormai da tempo gli studiosi - a partire dallo stesso Amari252 - tendono a considerare l Epistola ad Pet u come un lavoro autonomo rispetto alla Historia che, se davvero appartiene allo stesso autore - e stile e argomenti sembrano confermare questa ipotesi - è comunque stata redatta decisamente piùàta di.ààHa t igàs i eà heà e t a eàgliàs ittià o àso oà e utiàfuo ià ellaàstessaàte a,à e sono nellaàlo oà edazio eàsepa atiàdaàu ài te alloàdiàte po,àdià i aà e tiàa i 253. L Epistola non può dunque essere la prefazione della Historia, così come sosteneva Gervasio de Tournay: essa si occupa di eventi che seguono la morte di Guglielmo II, avvenuta il à o e eà ,àeà o àp i aàdellaàp i a e aàdelà à áp ile,àMaggio àpuòà esse eàstataàs itta,àe,àpoi h à ue à heàlaà a daà o àhaàa o aàa utoà otiziaàdellaàelezio eà 251 O. HARTWIG, Re Guglielmo I e il suo grande ammiraglio Maione di Bari. Contribuzione alla critica della Historia del creduto Hugo Falcandus, in Archivio storico per le province Napoleta e , VIII (1883), p. 427. 252 Vedi nota 1 in AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 360. 253 HARTWIG, Re Guglielmo I e il suo grande ammiraglio Maione di Bari cit., p. 415. 58 di Tancredi, il luogo della redazione di essa ha dovuto essere abbastanza lontano dalla “i ilia 254. Il Liber invece si sofferma sul quindicennio che va dal 1154-1169 che coincide con ilàgo e oàdiàGugliel oàI,àeàdall a piezzaàdelleà otizieàeàdallaàdovizia di particolari riportati si evince che il cosiddetto Falcandus al momento della redazione della Historia risiede ancora in Sicilia255. Moltoà sià à di attutoà a heà sullaàfigu aà delàdesti ata ioà dell Epistola. Dallo stesso titolo sappiamo che è indirizzata a un tale Pietro, tesoriere della Chiesa di Palermo. Hartwig ha verosimilmente identificato uestaà figu a,à a h essaà e ig ati a,à o à ilà testi o eà eà firmatario di un diploma del 1167, che è sottoscritto appunto da un Petrus Indulsus Thesaurarius256. Lo stesso personaggio compare successivamente in un documento del 1182, in cui si attesta una donazio eàfattaàdalàso a oàGugliel oàIIàall a aziaàdiàMo eale,à e dove Petrus è citato come il fondatore della chiesa di San Martino257. Ciòà heà à hia oà à heà uestaà lette aà alà teso ie eà Piet oà o à à u aà dedi aà dellaà Storia, ma fu destinata per sé stessa alla pu li it 258.àL pa phletà politi oà i à uià l auto eà daà u à latoà o da Epistola è infatti un vero e proprio aà ape ta e teà laà lasseà di ige teà siciliana destinata a essere vittima di sé stessa, della propria animosità, delle proprie ambizioni e della propria i adotta e o ilit ,àdall alt oà leàsugge is eàleàs elteàdaàfa eàeàià ezziàdaà 259, nel tentativo di risvegliare le genti di Sicilia e di farle uscire dal proprio torpore fataleàdiàf o teàall a i oàdelleà turbulentas barbarorum acies 260 al seguito di Enrico VI di Svevia. In ultimo sappiamo che il nome di Hugo Falcandus non è sicuramente quello dell auto eà i à uestio e.à “eà pe à a ià sià à di attutoà i aà l o igi eà dià taleà o eà - se pseudo i oà o àilà ualeàl auto eàfi a aàleàp op ieàope eàpe à a te e eà elataàlaàpropria ide tit à elà XIIà se oloà oà i e oà u i e zio eà dià Ge asioà deà Tou a ,à p i oà u ato eà 254 Ibidem, p. 416. Ibidem. 256 Ibidem, p. 424; G. GAROFALO, Tabularium regiae ac imperialis capellae collegiatae divi Petri in regio Panormitano Palacio, Palermo 1835, p. 25. 257 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 12; M. DEL GIUDICE, Descrizione del Regio Tempio e Monastero di Santa Maria Nuova di Monreale, Palermo 1702, p. 25. 258 A. SALINAS, Rassegna Bibliografica i à á hi ioàsto i oàsi ilia o ,àVIà ,àp.à . 259 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 18. 260 Ibidem, p. 123. 255 59 dell editio princeps dell ope aà elà à-,àse o doào aiàl u a i it àdegliàstudiosià heàdià questo si sono occupati, Hugo Falcandus è molto probabilmente e più semplicemente il nome di un precedente proprietario del manoscritto, siglato sul frontespizio del testo e così trascritto e tramandato da Gervasio261. Chia itoàl e ui o oà heàhaàsus itatoài fi iteàspe ulazio iàsuiàpossi ilià ollega e tià tra il nome Falcandus e tutteàleàfo eàdaà uestoàde i ateà su hàasàFal o,àFal us,àFul o,à Fol aldus,à a dàe e à Fol audusà o à Ful auldus,àa dàtheà F e hà fo ,à Fou aut 262), resta il fatto che la sua identità risulta ancora più oscura e misteriosa. Amari ritiene che Falcando sia sì vissuto in Sicilia, dal momento che ne redige dettagliate descrizioni sop attuttoà dedi ateà allaà apitaleà Pale o,à h eglià a a aà uasià ittadi oàeàp e eagliàdiàsal a à ui ià ellezzeàdellaà atu aàeàl ope aàdellaà i ilt non sia siciliano, quanto piuttostoà u à No a 263, ma che oà dià F a ia,à ta t à heà ua doà edigeà l Epistola,à l auto eà i eaàfuo àdià“i iliaàeàfo seàolt e o ti 264, in un qualche monastero in Francia o addirittura in Inghilterra265. Dello stesso parere è Otto Hartwig che ritiene poco probabile che i taglienti giudizi morali nei confronti dei Siciliani contenuti nella Historia siano stati generati dalla penna di un autore siciliano di nascita266. Di opposta opinione è invece la Jamison che ha identificato lo pseudo-Fal a doà o à l admiratus admirati267 (ammiraglio o emiro) Eugenio: un siciliano, membro di una potente famiglia di origine greca che, sebbene poco conosciuta, doveva possedere oltreché la nobilitas,àu ele ataàposizio eà funzionariale, dal momento che alcuni suoi membri - compreso Eugenio - posseggono il E.àD áNGELO,àIntellettuali tra Normandia e Sicilia (per un identikit letterario del cosiddetto Ugo Falcando), in Cultura cittadina e documentazione. Formazione e circolazione di modelli, Bologna, 12-13 ottobre 2006, a cura di A. L. TROMBETTI BUDRIESI Bologna 2009, p. 325. 262 E. JAMISON, Admiral Eugenius of Sicily. His life and work and the authorship of the Epistola ad Petrum and the Historia Hugonis Falcandi Siculi, London 1957, p. 197. 263 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 360. 264 Ibidem. 265 Vedi SALINAS, Rassegna Bibliografica cit., pp. 137-146. 266 HARTWIG, Re Guglielmo I e il suo grande ammiraglio Maione di Bari cit., pp. 417-418. 267 Theàad i alàofà“i il àde i edàf o àtheàá a àe i ,ào àgo e o àofàPale oà i àG eekàἀ ή or ἀ η ᾶς, in Latin amiratus, admiratus, admiralius), and the office was taken over by Robert Guiscard and conferred on one of hi knights after the capture of the city in 1071. As late as 1086 there was admiratus Palermi. Under the Great Count Roger and still more under his widow, the regent of the young son Roger II, the emir of Palermo enlarged his sphere and became ἀ ή ofà allà theà ou t sà do i io sà i à “i il à a dà Cala ia :à i à JAMISON, Admiral Eugenius of Sicily cit., p. 33. 261 60 titolo di ύ ιος268 e di admiratus; Eugenio in particolare è figura di assoluto rilievo della corte palermitana, dal momento che prima di diventare regius amiratus nel 1190 - la carica piùà altaà adi itaà alà o t olloà dell a i ist azio eà fis ale269 -, è già magister duane o magister regie dohane baronum270 sotto il regno di Guglielmo II. Si tratta dunque di un uo oàdiàaltaà a atu aà ultu ale,à heàlaàstessaàJa iso àdefi is eà o eàofàtheà ightestàsta sà in the constellation of scholars, translators, and men ofàlette s 271 del Mezzogiorno; ed è inoltre un profondo conoscitore delle dinamiche entro le quali si muove la stessa corte normanna, essendone membro attivo. Infine, per avallare la propria tesi, Jamison sottoli eaà o eàEuge io,à ell Epistola - sotto lo pseudonimo di Hugo Falcandus -, si faccia po ta o eà dellaà e essit à dell u it à t aà ià “i ilia i,à p op ioà i à ua toà suoià o egio ali,à dià fronte alla brutalità e le barbarie degli invasori teutonici. Negli ultimi quindici anni il dibattito sulla figura di Hugo Falcandus ha, comunque sia, continuato a generare dibattiti e studi tra coloro che di questo si sono occupati. A fronte delàfattoà heààl ipotesiàdellaàJa iso à àstataà o side ataàfi àdalàp i ipioàa tifi iosaàeàast usaà dalla quasi unanimità della critica, gli studiosi sono giunti a identificare la figura dell a o i oà s itto eà o àt eà possi ilià pe so aggi,à tuttià o igi a ià delàNo dàdellaà F a ia:à Hugo Foucaut, abate di Saint-Denis; Pietro di Blois, monaco benedettino giunto in Sicilia al seguito di Stefano di Perche heà e aà statoà hia atoà ell isolaà dallaà ugi a,à laà egi areggente Margherita di Navarra; e in ultima istanza Guglielmo di Blois, fratello del suddetto Piet o,àa h eglià e edetti oàeà o eàilàf atelloàgiu toài àItaliaà e idio aleàatti atoàdallaà possibilità di far carriera e fortuna, grazie al favore che Stefano del Perche accorda ai Francesi, suoi connazionali. áà soste e eà uest ulti aà ipotesià à Edoa doà D á geloà he,à att a e soà u atte taà analisi letteraria delle opere di Falcando, registra la gra deà i i a zaàt aàl a o i oàauto eà e la figura di Guglielmo di Blois272. Non dunque Pietro di Blois, sia per motivi stilistici sia perché è poco probabile che Pietro - di cui tutto si sa - non rechi notizie nei suoi scritti di Il titolo di ύ ιος nella Palermo Normanna è il corrispettivo di â id (latinizzato in gaytus) riservato agli alti funzionari di stirpe greca: vedi ibidem, p. 35. 269 Ibidem, p. 95. 270 Ibidem, pp. 59-61; Ibidem, p. 83 271 Ibidem, Introductory chapter XVI. 272 D áNGELO,àIntellettuali tra Normandia e Sicilia (per un identikit letterario del cosiddetto Ugo Falcando) cit., pp. 344-349. 268 61 un testo della caratura del Liber273, ma appunto Guglielmo di Blois nel cui personaggio oesisto oà pe fetta e teà tuttià glià ele e tià iog afi ià a oltià i to oà all a o i o 274. Guglielmo è infatti un uomo di lettere di ottimo di livello, autore di opere teologiche e religiose, ma anche tragediografo e commediografo275. D alt oà a toàl humus e gran parte della memoria culturale ricorrenti nella Historia eà ell Epistola dello pseudo-Falcando p ese ta oàa ezio iàtipi heàdiàs itto iàappa te e tiàall a eaàf a aàeàa glo- o pa ti ola eàGio a iàdià“alis u ,àPiet oàdiàBlois,àBe a doàdiàChia a alle 276). a aà i à Dunque per questi motivi è ragionevole propendere alla sua identificazione con un transalpino277, qual è Guglielmo. Si deve inoltre rilevare che Hugo Falcandus si presenta ai propri lettori come uo oà o à soloà ultu al e te,à aà a heà politi a e teà i i oà alà pa tito à dià “tefa oà dià Perche, al cui seguito Guglielmo giungeàappu toài à“i ilia.àI fi eàl atte zio eàallaàgeog afia,à alla toponomastica e alla topografia del Mezzogiorno e soprattutto della città Palermo registrabile nel Liber eà ell Epistola, palesa ilàfattoà heàl a o i oà- come del resto Guglielmo - in queste terre deve aver vissuto278. In ultimo a rimescolare nuovamente le carte e a sostenere che lo pseudo-Falcando sia invece da riconoscere in un nativo del regno di Sicilia piuttosto che in personaggio di di e seào igi i,à àG aha àLoud,àp ofesso eàdell U i e sit di Leeds. Loud manifesta infatti du iàsiaàsull ide tifi azio eàdiàFal a doà o àGugliel oàdiàBloisàp opostaàdaàD á geloàsiaà più in generale con un autore di origini francesi. Ta disà ueà e tai sàpa all lesàlitt ai esà et influences pourraient suggérer queàl auteu à taitào igi ai eàdeàlaàF a eàduàNo dà o o à l aà all gu ,à e tai sà p oposà duà te teà se la tà t ahi à u eà o igi eà diff e te 279. eà Un i dizioàaàtaleàp opositoà ,àse o doàLoud,à ua toàl á o i oà ipo taàsuià usul a iàdià“i ilia.à Se da un lato è chiaro che Falcando critica apertamente, in quanto cripto-islamici, molti dei funzionari di origine musulmana presenti a o te,àdall alt oàlaàsuaà o da allaà popolazio eà usul a aà i à aà o à à i oltaà ua toà tale.à á zi,à spessoà l auteu à seà o t eà 273 Ibidem. Ibidem, p. 344. 275 Ibidem, p. 346. 276 Ibidem, p. 337. 277 Ibidem, p. 346. 278 Ibidem, p. 334. 279 G. LOUD, Le problème du Pseudo-Hugo: ui a p. 48. 274 it l Histoi e de Hugues Fal a d?,ài à Ta ula ia àIVà ,à 62 considérablementà plusà hostileà à l ga dà deà e tai sà i ist esà h tie es"280, che invece accusa di aver compiuto persecuzioni indiscriminate nei confronti degli agareni di Sicilia e di aver così destabilizzato definitivamente il già fragile equilibrio del regno normanno. Se o doàLoudà ua toàfi o aàdettoà alàsiàsposaà o àl ideaàdiàappa te e zaàalàg uppoàdeià familiares francesi che giungono al seguito di Stefano di Perche e che si contraddistinguono per il loro spiccato antagonismo nei confronti dei cittadini musulmani. Per co t oà u eàtelleà attitude,à elati e e tà tol e tà età i pa iel 281,à o eà uellaà ost ataà dall á o i oà elà o soà delleà pagi eà dell Historia eà sop attuttoà dell Epistola, è piuttosto attribuibile ad un pe so aggioà o igi a ioà dell isola,à a ituatoà aià o plessià fu zio a e toà delloà statoà o a o,à usul a esàsousàlaàdo i atio à h tie e canismi che regolano il aà sop attuttoà ha itu à à laà p se eà desà eàetà fi ia tàdeàlaàp ote tio à o ale 282. E se l á o i oà ost aàa e eàu opi io eàpositi aàdelàPe he,à heà elleàsue pagine è descritto come un uomo indulgente e poco avvezzo alla crudeltà, opposto è invece il suo giudizio sul resto dei Francesi accusati di essere eccessivamente orgogliosi e sprezzanti nei confronti dei costumi e delle usanze del regno normanno (gentis Transalpini superbia). Infine Loud sottolinea come le descrizioni di due momenti chiave della storia del regno narrati nel Liber - eà e à p e ede tià all a i oà delà Pe heà -,à eà io à l assassi ioà dià Maio eà eà laà i oltaà deià feudatari contro Guglielmo I del 1161, siano dettagliate in modo minuzioso. Questo dato secondo lo studioso porterebbe ad escludere una narrazione par oüi-dire e dunque l a osta e toàdellaà figu aàdell á o i oà o à uellaàdiàu à t a salpi oà giu toà i à “i iliaà alà seguito del Perche solamente nel 1166. Nonostante il quadro degli studi sia ancora aperto eàpo oà hia oà ispettoàall ide tit à eàallaà iog afiaàdell auto e,à iòà heà uià àoggettoàdiàt attazio eàso oàleàpagi eàche Falcando dedica a Palermo. Se la Historia è praticamente muta di informazioni relative all u a isti a,àall a hitettu aàeàallaàtopog afiaàdellaà itt ,àpe à o t oà ell Epistola Falcando si abbandona a una descrizione appassionata e piuttosto particolareggiata della capitale del Regno normanno. I contenuti del suo resoconto trovano peraltro rimando e supporto nel Liber ad honorem Augusti di Pietro da Eboli. Anche di questa figura di poeta poco si 280 Ibidem, p. 49. Ibidem. 282 Ibidem. 281 63 conosce, se non che dalle sue pagine risulta essere un convinto sostenitore della discesa di Enrico VI in Sicilia.à Etto eà ‘otaà eà p opo eà l ide tifi azio eà o à un magister Petrus Ansolinus [o Ansolini] de Ebulo,à itatoà ellaà o essio eà dià u à p i ilegioà all a aziaà dià Montevergine nei pressi di Avellino, da parte di Federico II di Svevia; una notazione che poco aggiunge alla conoscenza del personaggio. Ciò che in ogni caso qui interessa è che, se Pietro nelle righe del Liber tace intorno all u a isti aàeàall a hitettu a di Palermo, molto eloquenti sono invece le figure che compaiono nelle tavole miniate che accompagnano lo scritto e che, nel corso di questa analisi utilizzeremo insieme ai resoconti di Falcando. Nell Epistola dunque, dopo aver chiamato in causa le più importanti città di Sicilia, da Catania a Siracusa e Agrigento, di fronte al pericolo imminente rappresentato da Enrico VI e dalleà sueà s hie e,à l á o i oà sià i olgeà appu toà aà Pale opinatissi a,à totiusà eg ià “i ilieà aputà età glo ia 283.à o,à p ese tataà o eà u sà Dopoà u a o ataà excusatio nei confronti del lettore e soprattutto della città, troppo magnifica perché se ne possano de a ta eà leà ellezzeà eà ilà p estigioà se zaà i o e eà elà is hioà i ge tisà ausi 284,à l auto e dichiara apertamente di non poter tenere per sé soltanto i pensieri di elogio nei confronti dià Pale o,à ta à a eptià p o o atus e oà e efi iià ua à si gula isà glo ieà tueà i a uloà 285. Hac ergo civitas in plano sita, maris ex uno latere crebris insultibus fatigatur, cuius tamen fluctibus retudendis Vetus palatium, quod dicitur Maris Castellum, murosque multa turrium densitate munitos opponit. Alterius vero lateris partem oppositam palatium Novum insedit286. Come gli autori precedenti, anche Ugo Falcando comincia la sua descrizione con il deli ea eàlaàp ese zaà a atte isti aàdiàdueàpoliàall i te oàdellaà itt :àilà palatium Vetus, o Castella a e,àeàilàpalazzoà ealeàall i te oàdellaàGalka, il palatium Novum. Falcando rimarca dunque il peculiare dualismo urbanistico della città di Palermo, ma ne legge la fisionomia 283 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 132. Ibidem, p. 134. 285 Ibidem, p. 132. 286 Ibidem, p. 134. 284 64 e t oàu aà isio eàtopog afi aàdell i pia toà ittadi oào aiàde isa e teàeàdefi iti a e teà normanna. Kalsa e Rabạ sono dimenticati e definitivamente messi in secondo piano dal punto di vista urbanistico. Il maris Castellum, segnalato dall ánonimo come uno dei cardini cittadini, si contrappone al Palazzo dei Normanni non solo sul piano urbanistico ma anche cronologico, in quanto Vetus. Come segnalato in precedenza, il Castellamare sorge sul lato nord-orientale della Cala e probabilmente, dopo essere stato fatto edificare dagli Arabi, è recuperato e rafforzato dai Normanni al loro ingresso in città nel 1072287. Le sue funzioni sotto la dinastia degli Hauteville sono molteplici. Innanzitutto di difesa al porto: già sotto gli emiri aghlabiti il sito dove sorge il Castellamare era forse stato occupato e fortificato, in quanto costituiva evidentemente la più immediata difesa di cui godeva il porto di Palermo, dal momento che un fortilizio eretto dirimpetto alla Kalsa sarebbe in grado di mantenere uno stretto controllo sulla Cala. Del periodo arabo - come del resto anche di quello normanno pu t oppoà o à i a go oàp ati a e teàt a e,àseà o àlaà to eà ast a 288, e dunque non si possono formulare che delle semplici congetture. Una delle ipotesi possibili, sostenuta da De Simone, è che in questo luogo potesse sorgere un tempo uno dei i ạ̄289, ovvero uno di quei monasteri-fortezza sorti sulle coste della Sicilia, di cui Ibn Hawqal segnala il gran numero290. Ancora De Simone sottolinea come questa supposizione possa trovare un ual heà is o t oà ellaà p ese zaà dià u a ti aà os hea,à dià uià ià à u aà testi o ia zaà seppure incerta - nelle accuse di apostasia mosse da Stefano di Perche nel 1167 a Roberto dià Calata ia o,à p otettoà dell o aià defu toà Gugliel oà I;à a useà ipo tateà dalloà stessoà Falcando nella sua Historia, sulla base delle quali si condanna il Calataboianese per aver ristrutturato e riportato al culto originario i àCastelloà a isàa ti uissi u à“a a e o u à te plu 291. Dunque - come testimoniato da Guglielmo di Puglia - fin dai primi momenti della conquista normanna,àilàCastelloàaàMa eà es eàedà à affo zatoài àu espli itaàp ospetti aàdià 287 Vedi questa tesi, p. 39. MAURICI, I castelli normanni cit., p. 78. 289 DE SIMONE, Palermo Araba cit., p. 88. 290 Vedi la descrizione fatta da Ibn Hawqal e riportata in questa tesi, p. 26. 291 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie e la Epistola ad Petrum Panormitane Ecclesie thesaurarium, a cura di G. B. SIRAGUSA, in Fonti per la storia d'Italia, XXII, Roma 1897, p. 115. 288 65 dominio da Roberto il Guiscardo e Ruggero I, tanto daàassu e eàl aspettoàeàleàfu zio iàdià u aà e aàeàp op iaàfo tezza.àE àp o a ileài olt eà heàal e oài izial e teàilàCastelloàaàMa eà potesseàesse eàu aà ost uzio eàaàp e ale teàfu zio eà eside ziale 292, avente il ruolo di ospitare il Gran Conte Ruggero e la sua curia du a teàlaà ost uzio eàeàl e oluzio eàaàpalazzoà reale del palatium Novum p essoàl Halca. In seguito alla violenta rivolta dei baroni del 1161 nei confronti di Guglielmo I, si osserva infine un ulteriore cambio di destinazione dell edifi io:àleà a e ià e go oàt asfe iteàdalàPalazzoà‘ealeàalàCastelloàaàMa e.àCo àlaàp esaà di coscienza da parte dei sovrani normanni del pericolo rappresentato dalla presenza dei prigionieri nel palatium Novum, do eà i aàCa pa a iu ,àea G ae aà o a atu ,à a e esàe a tàdispositi 293, ueàpa te ,à uaeàTu isà la fortezza del Castello a Mare è destinata al compito di accogliere tra le proprie mura294 le prigioni, affidate alle cure di un Gavarretum palatii, una sorta di vice del magister castelli,à adàhujusà uo ueàspe ta atàoffi iu àeos,à uià per diversos carceres tenebantur inclusi, frequenter inspicere, eorumque statum mitius, asperiusve, prout ei visum fuerat, commutare, et prout vellet custodes singulis designare carce i us 295. La presenza minacciosa e imponente del Castellamare è riprodotta nella miniatura della Tavola VI296 del Liber del già citato Pietro da Eboli. Nella parte inferiore della Tavola è raffigurata centralmente la Cala, segnalata dalla dicitura Portus Panormi e chiusa in basso daàu aà ate aàpo tualeà app ese tataài à a ie aàstilizzata,àsi ileàaà u aàg ossaàt e ia,àaà u à si oloà dià osta olo 297. Sul lato nord-orientale invece è chiaramente riconoscibile il CastelloàaàMa e,àa h essoài di atoàdaàu aàdidascalia che riporta la dicitura Castrum maris. L edifi ioà app ese tatoàdalà i iatu istaà ellaàsuaài po e teàfisi it ,àsiàp ese taàdu come uno dei punti di riferimento dell u s Pa o i. Nell i aspettià o e zio alià aà otazio ià est e a e teà ealisti he 292 ueà agi e,à i à uià so oà u itià 298, il Palatium Vetus è MAURICI, I castelli normanni cit., p. 79. UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 53. 294 MAURICI, I castelli normanni cit., p. 79. 295 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 53. 296 PIET‘OàDáàEBOLIà it.,àTáVàIV,àp.à ;àl i agi eà à ipo tataài à uestaàtesi,àp.à 7. 297 V. ZORIC, La ate a po tuale. “ulle difese passi e dei po ti p i a e dopo l adozio e ge e alizzata delle bocche da fuoco. Il caso di Palermo, con alcune noterelle di sua topografica storica, in Palermo Medievale cit., p. 79. 298 F. MAURICI, I castelli normanni cit., p. 77. 293 66 raffigurato dal miniaturista di Pietro da Eboli secondo gli stessi elementi architettonici des ittià daà Fal a do:à laà ge e aleà i po e zaà dell edifi io,à leà alteà to ià eseà a o aà piùà temibili dalla presenza di un grosso trabucco sopra ciascuna di esse, i muniti muri che ne p oteggo oàilàpe i et oàeàl a esso.à 67 299 299 PIETRO DA EBOLI cit., Tav. IV, p. 14. 68 Come già segnalato, Falcando individua anche il Palatium Novus, ovvero il Palazzo dei Normanni che nella miniatura del Carmen di Pietro da Eboli svetta proprio sopra il Castrum maris300,à o eà l alt oà ful oà ittadi oà dell i pianto urbanistico palermitano. L altu aà suà uià so geà ilà Palazzoà sià t o aà ellaà pa teà e idio aleà delà Cassa o,à o e oà ellaà Galka, che già dal Guiscardo, e prima ancora dai Cartaginesi, dai Greci e dagli Arabi, era stata individuata quale luogo privilegiato per la sua posizione, e dunque atto a essere fortificato con la costruzione di una prima struttura difensiva301. Ma è solo in seguito, sotto il dominio del Gran Conte, che le difese erette dal Guiscardo crescono e progressivamente assumono le sembianze di un palatium. Tale evoluzione architettonica subisce una notevole accelerazione quando il Gran Conte, sopprimendo le ultime sacche di resistenza musulmana e ultimata di fatto la conquista dell isola,àp o edeàaàu àdefi iti oà affo za e toà delàp op ioà o t olloàsuàdiàessa.àCosìà elà G a àCo teà‘ugge oà †à àádelasiaàdelàVasto,à oglieàdell o aiàdefu toà àeà ad eàdià‘ugge oàII,àfutu oàso a oàdià“i ilia,àp op ioài à ragione della raggiuntaàsi u ezzaàsull isola,àde ideàdiàsposta eàlaà apitaleà o italeàdaàMiletoà (Troina-Messina) a Palermo, attratta dalla sua lunga storia di capitale emirale sotto il do i ioà usul a oàeàdalàsuoà es e teàpesoàe o o i oàeà ultu ale.àE ài à uestoàpe iodoà che la struttura urbana di Palermo, e con essa il palazzo, comincia a subire interventi sempre più incisivi, volti a rendere la città più conforme allo stile di vita dei conquistatori normanni e soprattutto al rango di capitale comitale appena acquisito. Il momento decisivo, da cui prende avvio la definitiva trasformazione di Palermo, è tutta iaà ostituitoàdall as esaàallaàdig it à egiaàdià‘ugge oàIIà elà .àáà uestoàp opositoà Alessandro, abate del monastero di Telese e autore del De Rebus Gestis Rogerii Siciliae Regis, s i eà i aesti a ilite à uide à totaà o o a atu à i itas 302. Nella sua cronaca l a ateà egist aà o à soloà laà promotio regia di Ruggero II, ma specularmente anche il definitivo trapasso della residenza comitale a domus regis, descrivendone il sontuoso palatii apparatus allestitoàpe àl o asio e,à u di ueài te iusà i aàpa iete àglo ifi eàtotu à rutilabat. Solarium vero ejus multicoloriis stratum tapetis terentium pedibus largifluam 300 Vedi ibidem. Vedi questa tesi, p. 38. 302 ALESSANDRO DI TELESE, De rebus gestis Rogerii Sicilia e regis libri quatuor, in G. DEL RE, Cronisti e scrittori sincroni napoletani editi e inediti, II, Napoli 1845, p. 103. 301 69 p aesta atàsua itate 303, al punto che tutti i commensali rimangono estasiati, in preda a uno stupor vehementissimus per lo spettacolo che si presenta dinnanzi ai loro occhi. Ma è la descrizione dell Epistola redatta dallo pseudo Falcando a fornire del palazzo una vera e propria panoramica, ricca di dettagli architettonici; descrizione che risulta essere u aà delleà testi o ia zeà piùà i po ta tià sull edifi ioà osìà o eà do e aàp ese ta sià elà XIIà secolo, dal momento che poco o nulla i cronisti e i viaggiatori a lui precedenti e coevi ne avevano scritto304. Non solo fortilizio, scrive Falcando, la cui rilevanza militare è ovvio desu e e,à aàope aàdiàg a àp egioàeà e ust ,àta toàall este oàpe à iaàdeiàgrossi blocchi di calcare dorato i a il e teà s uad atià eàposizio atià se o doà laà te i aàediliziaà dell opus quadratum,à ua toà pe à l opulenza degli ambienti interni, impreziositi da ori e pietre preziose. Mira ex quadris lapidibus diligentia, miro labore constructum, exterius quidem spatiosis murorum anfractibus circonclusum, interius vero multo gemmarum aurique splendore conspicuum; hinc habens turrim Pisanam thesaurorum custodie deputatam, illinc turrim Grecam ei civitatis parti que Kemonia dicitur imminentem. medium vero locum pars illa palatii que Ioharia nuncupatur, plurimum habens decoris, illustrat, quam multiformis ornatus gloria prefulgentem, rex ubi otio quietique indulgere voluerit, familiarius frequentare consuevit305. Situato nella nella pars opposita dell urbs Panormi rispetto al Palatium Vetus, il Palatium Novum do i aàlaà itt àdall altoàdellaàGalka, la parte più elevata e più nobile di Palermo. Il Palazzo è naturalmente molto ben difeso. Oltre ad essere circondato da un g a deà u oà este oà heà loà p oteggeà lu goà tuttoà l ambitus castelli e che risulta particolarmente diffusus306, Guglielmo I predispone alla custodia del palazzo t e e tosà fe eàju e esàse u àha e etàassidueà[…]à uiàsi àe a tàpe àpo ta u àa gustiasàdist i uti,àutà 303 Ibidem, p. 103. Vedi la descrizione piuttosto scarna redatta da Ibn Giubayr e riportata in questa tesi, pp. 51-52. 305 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 134. 306 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 59. 304 70 quantumvis numerum militum ab ingressu facile submoverent, et, si furtim aliquos ingredi contigisset, certum erat ibidem eos sine spe salutis intercipi, redituris exitu non patente 307. A ulteriore protezione del Palazzo, già di per sé così imponente, svettano poi le torri, i donjon etta gola ià tipi ià dell a hitettu aà feudaleà o a a,à heà Fal a doà dilige te e teàe u e a.àLaàto eàdettaà Pisa a ,àdià at i e islamico-maghrebina, sorge a nord del palatium e domina il perimetro settentrionale delle mura con i suoi tre piani di altezza e la sua rigorosa figura di parallelepipedo a base quadrata, abbellita da fregi e dalla modanatura delle finestre. Il piano terra della Torre Pisana è preposto alla custodia degli i ge tesàetia àthesau osàadà‘eg iàtuitio e 308 uatt oàg a diào iàa Al primo piano invece si trovano gli alloggi egatià elàpa i e to 309. a oltiàdagliàálta illa,àeà o se atià i à residenziali, connotati da forti tratti simbolici310.àáll a goloàsud-orientale sorge invece la To eà G e a,à laà uià dataà dià ost uzio eà à a o aà a oltaà ell i e tezza.à R. La Duca311 osserva che se si tiene conto di quanto scritto dal Fazello, la Torre Greca risalirebbe inequivocabilmente a Ruggero II, forse prendendo questa denominazione perché posta in direzione del grecale (un vento mediterraneo che soffia da nord-est). La tradizione invece riporta che la torre fu edificata per volontà di Guglielmo I grazie al lavoro di una grande quantità di prigionieri greci u à du i usà suisà Pa o u à t a s e ti 312 in seguito alla vittoria normanna nella battaglia di Brindisi del 1156, dai quali potrebbe aver preso il nome. La Turris Graeca do i aàl a eaàdelàPalazzoàdesti ataà- almeno fino alla rivolta dei baroni - a contenere le carceri in cui erano rinchiusi i condannati di più alto livello sociale 313. áll este oà delleà u aà essaà so astaà laà po zio eà sud-orientale della città, al di fuori del Cassaro, dove passa il fiume Kemonia. Ultima costruzione è infine la Joharia,à u a eaà eside zialeà situataà ellaà pa teà centrale del Palazzo. La Joharia ie eà des ittaà daà Fal a doà o eà u à e oà paesi oà 307 Ibidem, p. 52. Ibidem, p. 6. 309 R. CALANDRA, Il complesso monumentale, in Palazzo dei Normanni, Palermo 2002, p. 23. 310 R. DI LIBERTO, Architecture between the 11th and 12th century, in A Companion to Medieval Palermo cit, p. 166. 311 R. LA DUCA, Il Palazzo dei Normanni, Palermo 1997, pp. 116-117. 312 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 21. 313 Vedi questa tesi, p. 65. 308 71 o u e tale 314 che il sovrano, i suoi familiares e più in generale la sua corte sono soliti frequentare per occupare il proprio otium. Dal punto di vista architettonico il complesso della Joharia non doveva essere troppo alto. La sua conformazione corrisponde molto p o a il e teàaà uellaàdellaà t adizio eàa itati aàdeiàpaesià ell a eaà edite a ea 315, che prevede la presenza di strutture abitative dai volumi bassi, coperti da terrazze calpestabili. A conferma di questa ipotesi ancora Falcando narra che in seguito al fallimento della cospirazione nei confronti di Guglielmo I, per calmare le ire del popolo tumultuante, i o giu atià adàJoha iaeàfi est asàeu àpe du u t 316; in effetti perché Guglielmo potesse esse eà istoàeàage ol e teà i o os iuto,àta toà heà totiusà ultitudi isà la o àetàtu ultusà i ge sàe o itu dià pale 317, e per poter in seguito arringare a uàsile tiu ài di e s 318 la turba ita ià iu itasià p essoà ilà palazzo,à l edifi ioà o à do e aà esse eà t oppoà alto.à Neià palatia che occupano la Joharia so oà i olt eà u i ateà eà dispositeà a sio esà at o isà puellisque et eunuchis, qui regi regineque serviunt deputate 319, e anche i palatiola, sfarzosamente addobbati e aàse izioàdellaà o teà u ià e àautàdeàstatuà eg iàfa ilia i usàsuisà secretius disserit, aut de publicis et maioribus regni negotiis locuturus proceres i t odu it 320. Dunque la Joharia siàp ese ta,àall i terno del Palatium Novus, o eàl a eaà residenziale in cui sorgono le abitazioni private dei membri della corte e della servitù; ma alà o te poàsià o figu aàa heà o eàu aàsezio eàdelàpalazzoàadi itaàall usoàdelà o a aà normanno, dato che - scrive Falcando - il sovrano vi è solito desinare e sostare, tanto per passare il proprio tempo libero, quanto per discutere con i suoi familiares più stretti di affari personali e pubblici e per ricevere i maggiorenti del regno. Nei pressi di questi palatiola sorgono anche le officinae per la manifattura della seta - in arabo Ti āz -, laboratori in cui si produce il tessuto più prezioso del tempo. Sotto Ruggero II la produzione di seta del Ti āz palermitano raggiunge il suo apice. A tal proposito Ottone di Frisinga racconta che nel corso della seconda crociata del 1147, a cui partecipano 314 V. ZORIC, Arx Praeclara quam Palatium Regale appellant. Le sue origini e la prima Cappella della corte normanna, in La città di Palermo nel Medioevo,àaà u aàdiàF.àD áNGELO,àPale oà ,àp.à . 315 Ibidem. 316 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 60. 317 Ibidem, p. 60. 318 Ibidem. 319 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 134. 320 Ibidem. 72 anche i contingenti siciliani, la flotta normanna saccheggia diverse città greche e fa molti prigionieri. Tra questi, coloro che se i osà pa Ruggero II nel Ti āz diàPale osà te e eà sole t 321 sono condotti da oà o àilà o pitoàdià a te àilla àte e diàsuosàedo e e 322, in a ie aàtaleà heà p edi taàa sàilla,àp iusàaàG e isàta tu ài te àCh istia osàha ita,à‘o a isà pate eà opeitài ge iis 323. Multa quidem et alias videas ibi varii coloris ac diversi generis ornamenta in quibus et sericis aurum intexitur, et multiformis picture varietas gemmis interlucentibus illustratur. margarite quoque, aut integre cistulis aureis includuntur, aut perforate filo tenui connectuntur et eleganti quadam dispositionis industria picturati, iubentur formamoperis exhibere324. Dunque nelle cosiddette Nobiles Officinae, la seta non è semplicemente filata ma la o ataàeào ataà o àl appo toàdell a teào afa,à osìàdaàda eà itaàaà ag ifi heàope e,à o eà gli amita, dimita, trimita ed examita, sfolgoranti di ori, perle e gemme, e per questo rinomati in tutto il Mediterraneo per il loro valore e preziosità. Nel suo resoconto circa il Palazzo e le sue diverse componenti architettoniche, Falcando giunge infine a scrivere della Cappella Palatina. La Cappella Palatina viene inaugurata e dotata ufficialmente di un diploma - fatto redigere da Ruggero II per manus del Cancelliere Roberto - dieà dedi atio isà E lesiae,à Qua tosà Kale dasà Maji,à I di tio isà Tertiae, Incarnationis Dominicae ann. MCLX. Regni vero Excellentissimi Regi Rogerii Anno De i o 325. Essa si trova - precisa lo stesso diploma - i t aà ost u à egaleàpalatiu ,à uodà estài àU eàPa o i 326,à eiàp essiàdell e t ataà heàd à e soàlaà itt . Porro ex ea parte que urbem respicit palatium ingressuris, capella regia primum occurrit sumptuosi operis pavimento constrata, parietes habens inferius quidem 321 OTTONIS ET RAHEWINI Gesta Friderici I. Imperatoris, a cura di G. WAITZ, in Scriptores Rerum Germanicarum in usum scholarum, Hannover-Leipzig 1912, pp. 53-54. 322 Ibidem, p. 54. 323 Ibidem. 324 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 180. 325 G. GAROFALO, Tabularium regiae ac imperialis capellae collegiatae cit., p. 12. 326 Ibidem, p. 11 73 pretiosi marmoris tabulis decoratos, superius autem de lapillulis quadris, partim auratis, partim diversi coloris, veteris ac novi Testamenti depictam ystoriam continentes. supremi vero fastigii tabultatum insignis elegantia celature et miranda picture varietas passimque radiantis auri splendor exornat327. La grande meraviglia che la bellezza della Cappella Palatina è in grado di suscitare ell osse ato e,à àta gi ileà elleàpa oleà heàFal a doàleàdedi a.àLaàdes izio eàsiàs a is eà ell i a toà reato dalla ricchezza dei marmi e degli stucchi dorati, dai colori rifulgenti delle pitture e dei mirabili mosaici che ne rivestono le pareti, in una progressione di attributi che giungono al supremus. Ma a stupirsi di fronte alla bellezza del luogo, l ánonimo non è il solo:à pa oleà heà i a da oà allaà p eziosit à deglià i te ià dellaà Cappella,à ta ulata 328, i oà la o eà sono presenti nel Chronicon di Romualdo Salernitano, e soprattutto ell ἔ ϕ ασις compiuta dal monaco calabrese Filagato da Cerami nella XXVII Omelia h eglià pronuncia proprio nella Cappella Palatina al cospetto di Ruggero II, suo munifico protettore. Defi itoàdaàFilagatoà o eàilà di i oàte pioàdellaà eggia so a oà o a 329, il luogo di culto personale del oà à a tatoà dalà o a oà asilia oà o eà g a dissimo e bellissimo, e ag ifi oà pe à l i solitaà ellezzaà eà sple didissi oà dià lu eà eà fulgidissi oà d o oà eà s i tilla tissi oà dià tesse eà Filagato - usi eà eà fio e tissi oà dià pittu e 330 tanto che - continua hià loà haà spessoà edutoà eà to aà a o aà u aà oltaà aà ederlo lo ammira con stupore, come se gli apparisse per la prima volta, e resta attonito volgendo errante dappe tuttoàloàsgua do 331. La descrizione di Filagato, redatta il 29 di giugno di un anno incerto (comunque compreso tra il 1140 e il 1154) è, oltre che u àelogioàspassio atoàdià‘ugge oàII,à so a oà pio,à sal ato e,à e ig o 332, anche una diapositiva realistica e piuttosto precisa di un monumento unico nel mondo mediterraneo, dove correnti artistiche bizantine si 327 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 136. ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 232. 329 FILAGATO DA CERAMI, O elie pe i Va geli do e i ali e le feste di tutto l a e altra pittura cit., p. 184. 330 Ibidem. 331 Ibidem, p. 185. 332 Ibidem, p. 184. 328 o, in ANDALORO, I mosaici 74 mescolano a quella fatimide e musulmana, in una rutilante e straordinaria miscela di materiali e di colori. Il tetto […] ado o di e ti fi issi i i tagli a ia e te la o ati a fo a est i, e ifulge do d o o da tutte le pa ti i ita il ielo […]. Le olo perfetto sostengo o gli a hi, solle a o il tetto a u altezza i a di pi oli e he i odo edi ile. Il sa tissi o pavimento del tempio, adornato di variopinte pietruzze di marmo come fossero fiori […]. Tutte le pa eti so i ope te di u a g a a ietà di a i, e tesse e d o o coprono la parte più alta di esse, fin dove non le occupi la schiera delle venerande i agi i. […] u e sa, e i to isple de te pe a o eo hiude lo spazio ise ato ai sa e doti […]. La gli s i tillii dell o o e dell a ge to, e de atto ito l osse ato e […]. È stata appesa anche una gran quantità di drappi, per i quali forniron materia fili di seta intessuti d o o e di di e si olo i […]333. U alt aà i idaài agi eàdelàPalazzoà- e insieme della variegata popolazione che lo abita - è riportata dal miniaturista del Carmen di Pietro da Eboli nella Tavola III334. Nella tavola sono riprodotte le mura difensive esterne, protette da una serie di potenti macchine da guerra posizionate in cima a quattro delle nove torri murarie. Dentro le mura si osservano gli ambienti interni del Palazzo divisi in sezioni, rappresentati entro otto volte arcate e disposti su due piani. Nel registro superiore è ritratta la corte normanna che, nel novembre del 1189, sta vivendo con sgomento gli ultimi momenti di vita di Guglielmo II. Accanto ai membri della famiglia reale raccolti intorno al capezzale del re morente, sono it attià dueà usul a ià dià a go,à i o os i ilià dalà op i apoà aà tu a te:à l ast ologoà eà ilà medico di corte Achim. Nelle tre arcate del registro inferiore il miniaturista colloca i pe so aggiàpiùàdi e siàaà app ese ta eàl i te oà e taglioàdellaàpopolazione palermitana: dai comites ai barones, dai domini curiae al populus declinato nelle sue varie etnie. Né può a a eà ellaà Ta olaà laà Cappellaà Palati a,à heà o à l alta eà eà glià a edià sa ià o upaà la 333 334 ie teài te oàall ulti oàa oàdellaàsezio eàsupe io eàeà heà ài di ataà o eà Cappellaà Ibidem, pp. 184-185. Vedi questa tesi, p. 76. 75 egia ,àalàlatoàdellaà ualeàs ettaàilàcampanarium, la cui esistenza segnala anche Falcando nella sua Historia335. 335 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 53. 76 336 336 PIETRO DA EBOLI cit., Tav. III, p. 10. 77 In conclusione i due palatia presenti nella città non sono semplici residenze atte ad ospitare il sovrano e la sua curia, o viceversa semplici fortilizi di natura militare. Allo sguardo delà pale ita oà dell epo aà eà delà isitato eà essià isulta oà hia a e teà esse e,à ellaà lo oà straordinaria imponenza, i due vertici cittadini - u oà oltoàalà a eàeàu oàall e t ote aà- ai quali i regnanti normanni legano indissolubilmente il loro potere. Ben oltre il ruolo di rappresentanza simbolica di questo potere, i due edifici ne diventano la diretta manifestazione fisica nello spazio pubblico e contemporaneamente il concreto dispositivo dià o t olloàsull a eaà ittadi a. Falcando ne fornisce una chiara dimostrazione. Il Palazzo Reale, proprio in quanto dimora del sovrano, non può che rivestire un ruolo di assoluta preminenza architettonica e urbanistica. E così come il monarca siede sulla vetta della piramide sociale, il Palazzo dei No a ià si àe goàdispositu ,àsi ào atu ,àsi ào i odeà oluptatisàg atiaàdeli utu siàt o aàall api eàdellaàs alaàge a hi aàdegliàele e tiàu a isti iàdellaà itt ,à ta eli uoà o po i,à si à totià supe e i età i itati dissezio a eà ilà a aà he,à t i aà pa titio eà disti ta proprio interno tres particulares civitates 341, 340. ua à aputà Individuata la testa, egli procede a o poà ittadi o à o eà u à espe toà hi u go,à pe à l a ato iaà dell u eà o ollo atu 338. 337 339, ost a eà alà letto eà risulta contenere al Laà pa teà e t ale,à i te à e t e asà ediaà è chiaramente il Cassaro con la sua caratteristica forma allungata, latitudi isàpa u àha e s,ài àlo gu à e oàspatioà aio eàpo e ta 342, e chiusa da mura di smisurata altezza. Alla maniera di un organo vitale il Cassaro è, nella descrizione di Ugo Falcando, attraversato da tres vie principales - le stesse già segnalate da Al-Idrisi343 - che, co eàa te ie,à tota àeiusàlo gitudi e à etiu tu 344. Harum media, que vicus Marmoreus nuncupatur et rebus deputatur venalibus, a parte superiori vie Cooperte ad palatium Arabum indeque ad Inferiorem portam 337 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 136. Ibidem. 339 Ibidem. 340 Ibidem. 341 Ibidem. 342 Ibidem. 343 Vedi questa tesi, pp. 45-46. 344 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 136. 338 78 iuxta forum Saracenorum directe propenditur; alia quoque a turre Pisana per viam Coopertam ad domum archiepiscopi, iuxta maiorem ecclesiam, mox ad portam Sancte Agathes deincepsque per domos Maionis admirati ad predictum forum Saracenorum pertransit, ibidem vie Marmoree coniungenda. Tertia sane ab aula regia que palatio subest, per domum Sedicti sarraceni, ad edes Silvestri comitis et capellam Georgii admirati porrigitur, et inde ad propinquam urbis portam obligat deflectitur345. La strada principale del sistema viario del Cassaro è la Via Marmorea, descritta a heàdaàI àHa alà o eàlaà G a deà“t ada à si ạ̄) lastricata346, lungo la quale già nel X secolo sorgevano i più importanti empori della città. Il rettilineo lungo il quale corre la Via Marmorea tagliaàdià etto,àeà elà ezzo,àl i tero Cassaro e si dipana dalla Via Coperta - e dunque dal Palazzo dei Normanni - si oàallaàPo taàI fe io eà eiàp essiàdell e po ioà fo o à deià “a a e i,à o e oà l a ti aà Bā Patitellorum,à dalà zo oli 347. al-baḥr, indicata già nel XII secolo come Porta o e toà heà sottoà ià suoià a hià i stettero i lavoranti di patiti, o Aperta nelle mura del lato nord-est del Cassaro, la Bā al-baḥr vede gradualmente esaurire il proprio ruolo difensivo di porta urbica per assumere la funzione di semplice collegamento e passaggio tra il Cassaro e il resto della città, in relazione al processo di espansione e mutamento della città in corso. A ridosso della Via Marmorea eà all i te oà dià tuttoà ilà Cassa oà sià s iluppaà u à complesso sistema abitativo altamente gerarchizzato dal punto di vista spaziale. Nella Galka,à ossiaà eià p essià delà Palazzoà ‘eale,à sià ele a oà lu goà uestaà st adaà ià edifi ia i a daà 348 e le opulente dimore delle famiglie aristocratiche, degli alti dignitari ecclesiastici e dei funzionari più importanti del Regno, che rendono Palermo st u tu aà p epolle s 349. o ilio ià hedifi io u à Scendendo poi dalla Galka nel Cassaro propriamente detto, Falcando osserva ai lati del vicus Marmoreus lo sviluppo di un fitto sistema di strade aà petti e à heà o o oàpe pe di ola 345 e teàeà heài à a ie aàdirettamente proporzionale al UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138. Vedi questa tesi, p. 22. 347 V. DI GIOVANNI, La topografia antica di Palermo dal secolo X al XV cit., p. 21. 348 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138. 349 Ibidem, p. 136. 346 79 loro allontanarsi dal Palazzo Reale - fulcro del potere cittadino -, dalla Cattedrale e dalla centralità della via principale, perdono progressivamente di rilievo sociale, fino a giungere alleàdi o eà i à uiàha oàa itatoàeàa ita oàa o aàsiaà app ese ta tiàdell auto it à ittadi aà p o u ato e,à giudi e,à a ellie e à heà se pli ià aest ià a tigia ià p otesià e soà u as esaà so ialeài ealizza ile 350. Le altre due vie individuate quali principali arterie del Cassaro, il cuore cittadino, sono due strade parallele al vicus Marmoreus. La prima è il famoso camminamento attraverso la Via Coperta che si snoda a ridosso delle mura settentrionali del Cassaro, su un lato delle quali probabilmente si sostengono le volte e la sovrastante copertura da cui la strada prende il nome. Essa percorre le mura lungo tutta la loro lunghezza, dalla Torre Pisana del palazzo reale fino al palazzo arcivescovile presso la Cattedrale, che rispetto alla di o aàdell a i es o oàdiàPale u itio e àseà e epit 351.à“upe oà e atà o tigua,ài Campanarium fortissima, ut in plano, atoàilàpalazzoàa i es o ileàsu itoàdopoàPo taà“a t ágata,à la Via Coperta osteggiaàlaàdi o aàdell admiratus Maione, che Di Giovanni sostiene essere stataà edifi ataàsullaàa ti hissi aà u aglia 352, fino a giungere al Forum Sarracenorum, nei pressi della porta Inferiore, dove si congiunge direttamente alla Via Marmorea. La Via Coperta - già indicata in questa sua funzione da Ibn Giubayr353 - collega dunque il Palazzo Reale alla Cattedrale palermitana assolvendo in tal modo al decisivo compito di giuntura tra i due principali poteri del regno, quello politico del sovrano e quello eligiosoà dell a i es o o;à fattoà i dis uti il e teà i po ta te,à ui Falcando aggiunge un ulteriore e non secondario attributo: collegare al Palazzo Reale, e quindi al sovrano, un altro elemento centrale della vita cittadina palermitana vale a dire il Forum Sarracenorum che, con il collegato Vicus Amalfitanorum, costituisce il centro del commercio urbano. La Via Coperta è in ultimo il luogo prescelto da Matteo Bonello per compiere il 10 novembre del àl assassi ioàdiàMaio eàdiàBa i,àmagnus ammiratus ammiratorum e manus dextera del so a oà o a o;àe e toàdaà uiàp e deàa ioàlaà i oltaàdeià a o ià o t oàGugliel oàI.àE à ancora Falcando nella sua Historia, a fornire notizie ulteriori su questo camminamento, nel F.àD áNGELO,àPalermo alla fine del Duecento e inizi del Trecento. Contrade e chiese dei quartieri della città desunte dai documenti d a hi io, in La città di Palermo nel Medioevo cit., p. 37. 351 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 158 352 DI GIOVANNI, La topografia antica di Palermo dal secolo X al XV cit., I, p. 51. 353 Vedi questa tesi, p. 52. 350 80 corso della narrazione di questo episodio: per poter uccidere Maione a colpo sicuro, MatteoàBo elloà o àiàsuoiàpa tigia iàsiàappostaà adàpo ta à“a taeàágathes dove la Via Coperta risulta essere plu i u à oha tata 355 354, in un punto al fine di controllarne più fa il e teà ilà passaggio,à poi h à dei epsà seseà dispe ge atà i à t i iu à età p ae ede tisà ulpa àa gustiaeàdilatatio eàp odigaà edi e at 356. Scrive Falcando che Bonello ordina ai suoi uomini di presidiare tutto il percorso della Via Coperta dalàPalazzoàdell a i es o oàaà uelloà‘eale,àdo eà pe à e ulas,àutà ulgoàdi itu ,ài à iasàaliasàlate alite àefflue at 357, così heàall admiratus non sia concessa alcuna via di fuga. L alt aà ia,àpa allelaàalàvicus Marmoreus eàpe o e teàilàCassa o,àhaài izioàdall Aula Regia, dunque sempre dal Palazzo dei Normanni e, fiancheggiando la residenza del Sedictus sarracenus, giunge fi oàallaà hiesaàdell á i aglio; fatta edificare dal già ricordato Giorgio d á tio hia,àa h essaà pa zial e teà ost uitaàsulleà u aàdellaà itt à e hia,à heàs e do oà da Porta as sudā , proprio nel luogo dove flettono a gomito verso nord, ovvero è a queste addossata 358. Dell Aula Regia, theàfo alàpoi tàofàtheà it àstage o à d à alt eà otizieà ell Epistola,à seà o à heà su est i fo 360 359, Falcando stranamente al Palazzo reale. Qualche azio eà aggiu ti aà à o te utaà ell Historia,à do eà l Aula Regia,à o ju taàe at 361, è descritta co eàu à a plio e àlo u 362 i suoi familiares, o àià ualià àsolitoà deàstatuà‘eg iàdisse e e eoà uodà a plitudoà lo ià apie daeà uaeà palatioà dove il sovrano si riunisce con 363, e con il populus panormi, ultitudi ià ulgià suffi e et 364. Essa dunque può o te e eà all i i aà die i ilaà pe so e365. Il miniaturista del Carmen riproduce p o a il e teàl Aula Regia nella Tavola III366 già presa in esame. L Aula è simbolicamente 354 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 42. Ibidem. 356 Ibidem. 357 Ibidem. 358 SCARLATA, Configurazione urbana e habitat a Palermo tra XII e XIII secolo cit., p. 162. 359 L. SCIASCIA, Palermo as a stage for political developments, in A Companion to Medieval Palermo cit., p. 301. 360 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138. 361 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 62. 362 Ibidem, p. 55. 363 Ibidem. 364 Ibidem, p. 62. 365 Vedi G. B. SIRAGUSA, Di una probabile rappresentazione dell aula egia del Palazzo ‘eale di Pale o i u a miniatura del sec. XII,ài à ‘e di o tiàdellaà‘ealeàá ade iaàdeiàLi ei,àClasseàdià“ ie zeàMo ali,à“to i heàeà Filologi he ,àXVà ,àpp.à -234. 366 Vedi questa tesi, p. 76. 355 81 app ese tataà dallaà se ieà dià a ateà heà diseg a oà l i po e teà at ioà i à cui è riunito il populus Panormi, insieme ai maggiorenti del Regno. Questa rappresentazione non fa che o fe a eàlaàp ese tazio eàdell Aula lasciataci da Ibn Giubayr nel suo ‘ahlat ʻal Ki ā ī, heàe o aàl i agi eàdiàu àg a deà o tileà ope toài se itoàt a gliàuffi iàdell a i ist azio eà eà u à gia di oà osìà lussu eggia teà daà fa glià e ita e,à i à su essi ià do u e tià edie ali,à l appellati oàdiàSala Verde 367. Falcando annota infine la parziale costruzione di edifici sulle mura del Cassaro, come la domus di Maio eà eà laà Chiesaà dellaà Ma to a a.à Questaà i o e sio eàd uso,à e toà o à ge e alizzata,à à sig ifi ati aà delà fattoà heà leà posse tià u aà heà hiudo oà ilà Cassa oà a à ut a ueàde te aàle a ue 368 separandolo dal resto della città, hanno ormai perso la grande importanza difensiva avuta fino a pochi decenni prima, e che è in atto una graduale agg essio e àdell a itatoài à o ti uaàespa sio e.àI àeffettiàleà u aàdelàCassa o,àaà ausaàdià un degrado funzionale sempre più marcato, diventano presto oggetto di interventi edilizi e di attività edificatorie, soprattutto private, che ne vedono un progressivo inglobamento nel tessutoàa itati o.àEdà àp esu i ileà heàl i izioàdiàtaleàp o essoàsiaàst etta e teà o elatoà alla crescita della città ed in particolar modo alla realizzazione, tra la seconda metà del X e laàse o daà et àdelàXIIàse olo,àdellaàse o daà e hiaàdià u a L alt aàPale 369. o,à aleàaàdi eà uellaàalàdiàfuo iàdellaà itt à e hia,à ài fattiàdes ittaàdaà Falcando come potentemente fortificata e circondata da mura che la racchiudono completamente. átà e oà de te aà pa sà i itatis,à aà o aste ioà “a tià Ioha isà p opeà palatium in Kemonia constructi habens initium, muris usque ad mare circumductis includitur 370. Durante il periodo di dominazione normanna la contrada in Kemonia, da cui le mura hanno inizio, doveva essere stata oggetto di interventi edilizi progressivamente sempre più pesanti proprio in relazione alla sua vicinanza alla Galka e al Palazzo regio. Falcando scrive che il Gaito Pietro, comandante degli eunuchi di palazzo e figura di p i issi oàpia oàdellaà o teàdiàGugliel o,à o u àpalatiu à uodài àeaàpa teà i itatis,à uaeà 367 LA DUCA, Il Palazzo dei Normanni cit., p. 122. UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 136. 369 M. VESCO, Fenomeni insediativi sulle mura del Cassaro: un caso di studio, in Le ittà edie ali dell Italia Me idio ale e I sula e, “to ia dell u a isti a/“i ilia IV. Atti del o eg o di Pale o, a cura di A. CASAMENTO, E. GUIDONI, Roma 2002, p. 231. 370 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138. 368 82 o atu à Ke o ia,à upe à o st u e at 371.à Pa sà aute à si ist aà a à ipsiusà ite à palatiià confinio ad castellum se Maris extendens, ibidem finem sortitur, ingenti nichilominus u o u à allataà i uitu 372.à Vià à du ueà u aà pa teà delà o goà ittadi oà uodà i te à edia à i itate àetàpo tu àe te ditu ,àu iàdueà eli ueàpa tesàu isà o e iu t 373, dove sorge il vicus Amalfitanorum, luogo in cui da lungo tempo si è ormai insediata la ricca e prosperosa comunità dei mercanti provenienti dalla città di Amalfi, e per questo pe eg i a u à uide à e iu à opiaà lo uplete 374. Centro nevralgico del commercio palermitano, il vicus Amalfitanorum è il segmento cittadino che collega la Cala al Cassaro e dunque il palazzo dei re al mare. Ulteriori notizie sulla suddivisione quartierale della Palermo di fine XII secolo, sono fornite ancora dalla Tavola IV del Liber ad honorem Augusti di Pietro da Eboli, già proposta in precedenza375. Il quartiere segnalato dal miniaturista come Scerarchadium - dicitura che p o ie eàdall a a oà Shari´al-qadila, strada del qadì), noto nei diplomi latini anche come Seralcadi o Serarcadi oppure anche Transpapyretum - corrisponde alla zona descritta da Falcando in cui sorge il vicus Amalfitanorum. Dall i agi eà delà Carmen è inoltre hia a e teàe ide zia ileà o eàl et iaàp e ale teàall i te oàdelàScerarchadium sia quella musulmana, in relazione al fatto che tutti gli individui riprodotti presentano i tipici caratteri iconografici del gruppo islamico, come il turbante e la folta barba. Del resto è lo stesso Falcando a dirci che, in seguito alla perturbatio civitatis 376 esplosa nel 1161 durante la congiura contro Guglielmo I, i sarraceni, minacciati dai cristiani e provvisoriamente senza laà p otezio eàdelà so a o,à eli tisàdo i us,à uasà i à i itateà ediaà posside a t,à i à ea à partem, quae trans Papyretum est, secesse u t ia u à ost isàtutiusà esiste a t 377,à do eà illià adà i t oitusà età a gustiasà 378. Altro quartiere è il Cassarum, già ampliamente descritto in precedenza, in cui risiede o 371 aiàu aàpopolazio eà uasiàes lusi a e teà istia a,àp op ioàaà ausaàdell esodoàdiàquella UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 99. UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138. 373 Ibidem. 374 Ibidem. 375 Vedi questa tesi, p. 67. 376 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 57. 377 Ibidem. 378 Ibidem. 372 83 musulmana verso il Scerarchadium.à Laà lege daà Alza à i fi eà à se pli e e teà u aà corruzione della parola Kalsa da parte del miniaturista. Con essa è indicata la corrispettiva contrada, che nel corso del XII secolo si è progressivamente trasformata in un semplice ua tie eà do ito io,à eside zaà dià u aà o u it à dià g e ià ollegataà alà po toà heà possiede nemmeno il titolo di civis, ma solamente quello di habitator Chalcie o à 379. Da ultimo compare il quartiere che presenta la dicitura Deisin. Esso prende il nome dalla sorgente di Denisinni - dall a a oàʻA A ī “aʻīd (la fonte di A ū “aʻīd)380 - e si colloca a sud-ovest del Cassa oàeàdellaàse o daà i taà u a iaàdiàPale o,à o àlo ta oàdalàGe oa do.àQuest ulti oà è indicato a sua volta nella Tavola del mi iatu istaà o à laà o e latu aà Viridarium Genoard :à àilàg a deàāgdal,àpa oàe t au a oà e i tatoàeàdotatoàdià as heàpe àl a u uloà dell a ua,àutilizzatoà o eà ise aàdià a iaàeàsedeàdeiàfa osiàsolatia da parte dei sovrani normanni. Il parco sorge a sud-està delà Palazzoà ‘ealeà ellaà p edi a da àpla itie 381, eata à u tis ueà se ulisà territorio di delizie e incanti, dominato da un paesaggio florido ueài te àu isà e iaà o tes ueà uatuo àfe eà ili usàpatet 382 e in cui cresce ogni tipo di albero e diàf utto.àPe à uestaà agio eàsa à eiàse oliàsu essi ià i o datoà o àl appellati oà dià Co aà d O o383. Dall a a oà Ǧennat-al-ard,à o e oà pa adisoà te est e ,à ilà Viridarium Genoard,à gi à ell o o asti a,à ost aà dià a e eà u altaà ale zaà sa ale,à poi h à i hiama li agi eàede i aàdelàpa adisoàp o essoàalà uo àfedeleàdalàp ofetaàMao ettoà elleà“u eà Co a i he,à o eà dià u oà spazioà e a igliosoà all o aà dià igogliosià al e ià daà f uttoà eà circondato da fresche acque scroscianti384. E, in effetti, la terra in cui il Genoard si trova e ueà ui uidà us ua à està deli ia u à solaà p ete dit 385, doveva sembrare davvero un pa adiso,à p ese ta dosià aglià o hià dell osse ato eà o eà u aà g a deà distesaà dià e deà lussu eggia teà se pe à i e tiu àa o u 386, bagnata da canali e specchi d a uaàsuà uià si ergevano i ricchi solatia reali, e le cui distese erano dimora di animali preziosi come daini 379 SCARLATA, Caratterizzazione dei quartieri e rapporti di vicinato a Palermo fra XIII e XV secolo cit., p.692. Vedi IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 120. 381 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138. 382 Ibidem. 383 Pe àu atte taàa alisià ediàG.àBá‘BE‘á,àCo a d O o, Palermo 2012. 384 A tal proposito una selezione di passi del Corano è presentata in Maredolce. Studiare il territorio di Maredolce/Brancaccio e valorizzarlo come Distretto culturale e turistico, Palermo 2014, pp. 42-46. 385 UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138. 386 Ibidem. 380 84 e cervi destinati alla caccia del signore, e di fiere esotiche come il caracal (ben visibile nella miniatura), un felino o igi a ioàdell áf i a, già ampiamente usato presso le corti orientali nella cacciagione dei volatili387. Entro il grande Viridarium Genoard dai confini non definiti, sorgono i solatia della Favara, della Zisa e della Cuba, tra i monumenti più belli eretti in Sicilia durante la dominazione normanna nella seconda metà del XII secolo. Le più importanti notizie sull edifi azio eà dellaà Fa a aà - primo dei loca solaciorum normanni - sono fornite da Romualdo Guarna, arcivescovo di Salerno, che nel suo Chronicon ne descrive attentamente i passaggi. La costruzione del solarium del Castello di Maredolce avviene su commissione dià ‘ugge oà IIà i à lo oà uià Fa a aà di itu 388 dall a a oà fa ā a,à o e oà so ge teà heà sgo gaàgo goglia do ,àaffi h à o àglià a asse oà a ua u àetàte aeàdeli iaeàtempore ullo 389:à àl i te e toàdellaàCo o aàsull a ie teàpiùàg a diosoàdell epo a 390. Attraverso i po ta tià la o ià dià s a oà g azieà aià ualià te aà ultaà fossaà pa ite à età effossa 391, e la sapie teà odifi azio eàdelàpaesaggioàid i oàatt a e soàl usoàdeià a āt e degli invasi, viene eatoà daglià i geg e ià delà ‘eg oà u à a pioà a i oà d a uaà eià p essià delà palatium. Alimentato da due sorgenti in prossimità del Monte Grifone, il bacino funziona come un grande vivarium,à i à uià e go oà fattià p olife a eà pis esà di e sorum generum de variis egio i usàa du tos 392.àáàtesti o ia eàl este sio eàdelàlagoàa tifi ialeà olutoàdaà‘ugge oà II, è Beniamino di Tudela, pellegrino e geografo ebreo proveniente dalla Navarra iberica. Dopo aver visitato Palermo nel 1170, sotto il regno di un giovanissimo Guglielmo II, Beniamino riferisce nel suo Massā‛ōt (Viaggi) di aver visto navigare sulle sue acque ricoperte d o o e d a ge to 393. Ilàpalazzoà pul h u àsatisàetàspe iosu 394 a he che si affaccia sulle acque del lago e che Romualdo descriveà à ilà isultatoà dià u i po e teà ope aà dià 387 Sulla fauna, esotica e non, che popola i parchi e le riserve dei Sovrani normanni vedi G. BARBERA, Maredolce-La Favara: il luogo, la i iltà a a a e o a a. L e oluzio e del paesaggio ella Co a d O o, in Maredolce-La Favara. Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, XXVI edizione, a cura di G. BARBERA, P. BOSCHIERO, L. LATINI, Treviso 2015, pp. 67-85. 388 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 232. 389 Ibidem. 390 BARBERA, Maredolce-La Favara: il luogo, la civiltà araba e normanna cit., p. 69. 391 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 232. 392 Ibidem. 393 BENIAMINO DA TUDELA, Libro di viaggi, a cura di L. MINERVINI, Palermo 1989, p. 95. 394 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 232. 85 ricostruzione di un edificio arabo preesistente, ampliato e riadattato in modo tale da poter fu ge eàdaàapp op iataàdi o aà eale.àI to oàalàpalazzoàeàalloàspe hioàd a uaàso geàpoià u à pa u àdeli iosu àsatisàetàamenum diversis arboribus insitum et plantatum 395, dove uotaàilàg ossoàpes eà ell o daà hia aàeàgliàu elliàt aà ue àgia di ià odula oàilà a to 396. Il parco, assai esteso, è delimitato e chiuso da una cinta muraria, e quindi popolato da daini, cervi e cinghiali, così da poter essere usato come riserva di caccia privata dai reali normanni. Per tutte queste sue caratteristiche il solacium della Favara diventa una delle dimore favorite dal sovrano che infatti lo visita con assiduità non solo per la bellezza del luogo, ma anche in ragione della sua vicinanza alla curia,àta toà i àh e eàetà uad agesi aliàte po eà p oà opiaà pis iu 397,à ua toà i à estateà e o apud parcum estivi caloris temperabat incendium, et animum diversis curis et sollicitudinibus fatigatum, venationis usu mediocri ua odoà ele a at 398. La bellezza del palazzo arabo-normanno, immerso nel verde lussu eggia teà eà affa iatoà all a ua,à o à ià suoi affreschi e i suoi pavimenti di marmo decorati con ori e argenti, già cantata da Abd ar Rahman399, doveva essere tale che lo stesso i pe ato eàE i oàVI,àgiu toà eiàp essiàdellaà apitale,à eà i a eà osìà olpitoà heà laudatàopus o ileà 400. Il palazzo - o castello - diàMa edol eà o à àse pli e e teàu aà di o a àdelàso a o.à In primo luogo, come tutti i solatia del resto, Maredolce riveste un compito fondamentale dalàpu toàdià istaàsi oli o,à heà o sisteà ell esaltazio eàdell i agi eà egiaàdiàf o teàaglià a ita tiàdelà eg oàeài àpa ti ola à odoàdellaà apitale.à La monarchie sicilienne a trouvé en effet dans l'aménagement du sol de la Conque d'Or les éléments d'un ordre symbolique et id ologi ue 401;àilà heà ie t aàaàpie oàtitoloà ell i sie eàdià ueiàdispositi i che Ruggero II e i suoi successori mettono in campo per affermare la regalità acquisita dalla casata degli Altavilla. In secondo luogo il sito del Palazzo di Maredolce assume un ruolo di controllo 395 Ibidem. ABD AR RAHMAN, ʻI ād ʻad dī , Ḫarîdat ´al qạr cit., p. 497. 397 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 233. 398 Ibidem. 399 Abd Ar Rahman al Itrabahnishi è un poeta e dotto arabo-siciliano nato a Trapani nel XII. Giunto alla corte dià ‘ugge oà II,à á dà á à ‘ah a à i esteà a i heà a heà i po ta tià all i te oà delà diwan normanno, tanto da esse eàsop a o i atoà ilà“eg eta io . 400 PIETRO DA EBOLI cit., p. 161. 401 H. BRESC, Les jardins royaux de Palerme, in Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes, 106/1, Roma 1994, p. 248. 396 86 strategico assolutamente fondamentale in relazione alla sua ubicazione entro la piana pale ita a,àpostoà o àalà e t oàdiàu à italeà odoà ia ioàeà o o tiàallaàpia u a,àlaà apitaleàalleà a pag eàeàdu e iale,à heà ollegaàià ueàl e t ote aàalà a e.à L alt etta toà i o atoàsolacium della Zisa - dall a a oàAl-azīz-dar loàsple dido,àilà glo ioso à - è invece edificato qualche anno più tardi per volere di Guglielmo I, figlio di ‘ugge oà II.à E ,à se o doà Falcando, un arrogante tentativo di superare in bellezza e magnificenza la Favara e le altre opere paterne. Cominciato intorno al 1164, il cantiere della Zisa procede molto velocemente. La maxima pars dell edifi ioà à o piutaài àpo hiàa i,à grazie anche a un notevole sforzo economico da parte della casa reale, che Falcando - molto critico nei confronti del successore di Ruggero II - o àpe deàl o asio eàdiàsottoli ea eà o à non poca malizia. Nella descrizione di Romualdo Salernitano, il Palatium della Zisa (che ‘o ualdoà t as i eà e o ea e teà o eà Lisam à ie eà p ese tatoà o eà u à edifi ioà altu àsatisàetà i oàa tifi ioàla o atu 402, collocato entro i confini del Genoard, nei pressi di Palermo. Il modello di riferimento architettonico della Zisa è quello del palazzo di Ma edol e,àdu ueàse p eà ell osse a zaàdell ese pioàstilisti oàeàst uttu aleàfati ide.àIlà volume compatto e squadrato che ne forma il corpo centrale alto tre piani, di chiara ascendenza islamica, contrasta con la varietà con cui gli ambienti interni sono organizzati, con lo sfarzo delle decorazioni e infine con la raffinata ricchezza naturale che caratterizza glià spazià este i,à do eà à i hia ataà uo a e teà l i pa adiso à isla i o.à Ilà i ạ̄, percorso infatti da pis a iis 403,à agi eà si oli aà delà gia di oà diversis aquarum conductibus et à i o datoàdaà pul h isà po ife isà età a oe isà i ida iis 404, vero e proprio pa adisoà te est eà heà sià ap eà aglià sgua di se o doà l is izio eà i à a a oà naskhi che a peggiaà sullaà pa ete,à all i g essoà dellaà salaà e t ale.à E à uestaà u aà sala imponente, rivolta ad oriente, che funziona da vestibolo del palazzo e che si affaccia su uno specchio d a ua,à el centro del quale si staglia un padiglione di delizie, utilizzato dal sovrano e dai suoi cortigiani per rinfrescarsi e ripararsi dalla calura estiva. Dal padiglione, formato da due piccoli ambienti e collegato al palazzo tramite un ponte di pietra, si può accedere di etta e teàall a uaàdellaàpes hie a.àQuasiàulti ataàlaà ost uzio eàdellaà)isa,à a te ua à 402 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 252. Ibidem. 404 Ibidem. 403 87 supremam operi manum imponeret 405, Guglielmo I muore improvvisamente nel 1166, lasciando al figlio il completamento del palazzo con le sue delizie. Intorno al 1180 infine, Guglielmo II promuove la costruzione della Cuba, il proprio personale solacium e ultimo dei grandi loca delectabilia normanni. Il palazzo della Cuba è adibito a luogo per feste e banchetti, o anche - grazie alla grande vicinanza alla Galka e al Palazzo Reale - a temporaneo soggiorno di riposo per il sovrano in fuga dal torrido caldo esti oà pale ita o.à L i te toà delà eà à heà l edifi ioà i hia ià ideal e teà eà architettonicamente i modelli precedenti. La Cuba di Guglielmo II si rifà dunque alle dimensioni colossali della Favara di Ruggero II e, come il Castello di Maredolce e la Zisa, riprende gli schemi costruttivi e di organizzazione degli spazi tipici del mondo islamico: un padiglione di delizie circondato da ampie acque destinate alla navigazione e alla pesca, che siàe geàsuàdiàu isolaàdià i aàotta taà et i,àall i te oàdelà igogliosoàpa oàGe oa d.à In conclusione si può affermare che le pagine dello pseudo-Falcando, soprattutto nell Epistola,à estituis a oàu i agi eàdiàPale oà o eàdiàu aà itt à ag ifi a,à i a te;à o e iaà dià ultu e,à do eà l O ie teà a a oà eà iza ti oà sià es olaà all O ide teà lati o.à E à questo intreccio che dà vita allo straordinario esperimento architettonico ed urbanistico unico nel suo genere – rappresentato da Palermo con i suoi monumenti. Non si può dire i e eà heàl auto eàspe daàloàstessoàe tusias oà ua doàdeli eaàilàp ofiloàdellaàpopolazio eà pale ita aà eà piùà i à ge e aleà si ilia a.à L i agi eàdellaà u i e saà i itas 406, così come emerge dai suoi scritti - i àpa ti ola eà ell Historia - è infatti impietosa: i Palermitani sono a i osi,à al agià eà fa ilià aià a p o a ue fidei 408, ia e tià d a i oà eà d u o e,à ge sà i fida,à 407. I Palermitani, come del resto i “i ilia iàtutti,à o ilis,à ale u tàte po iàse i e,à ua à pronti a cambiare schieramento nel caso la fortuna muti il suo percorso e volti o e ta ea e teàlo oàleàspalle;à aest ià ellaà o uzio eàeà elàt adi e to,à dissi ula doà celant propositum, et quos oderunt blandis adulationibus demulcent, ut improvisi laedant at o ius 405 409, al chiaro fine di trarre il massimo profitto per se stessi. Il giudizio, severissimo, UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 87. Ibidem, p. 158. 407 Ibidem, p. 30. 408 Ibidem, p. 72. 409 Ibidem, p. 30. 406 88 non risparmia alcuno: dai nobiles - normanni e transalpini -, agli alti funzionari e ai potentissimi eunuchi impegnati senza sosta ad annientarsi a vicenda tra attentati e delazioni dietro le quinte della curia, dal popolo della capitale - massa informe e capricciosa - fino a re Guglielmo, rex inutilis e iste et 410. u àpat iaeàsolu àpotestatis,à o àetia à i tutisàhaeres Falcando sembra ritenere che tutti i gruppi della società palermitana si muovano entro queste dinamiche e che siano radicalmente dominati da questo carattere, uasià heàfosseàu àt attoàge eti o.àL auto eàloà i a aàpiùà olteà o àu à e to disprezzo, sottolineando come esso finisca per scandire e regolare la vita politica della città. Nell incipit dell ope aàa e teà heàlaà lo iàipsiusài hu a itas 411 àta toàg a de,à uaeàsuià ipsius atrocitate satis abundeque sufficeret vel omnimo fidem excludere, vel suspectam reddere veritatem: nisi certe in Sicilia mihil miraculi esset, ea monstra scelerum perpetrari, quae potius Tragoedorum sint deflenda boatibus, quam historicae veritate ordine o te e da 410 Ibidem, p. 7. Ibidem, p. 3. 412 Ibidem. 411 412. 89 Capitolo III. Pale o u s feli , populo dotata trilingui . III.1. La felicissima città trinlingue. U sà feli ,à populoà dotata t ili gui 413. Sono questi i tratti essenziali con i quali Pietro da Eboli presenta nel suo Carmen la capitale del regno normanno di Sicilia all i pe ato eàE i oàVI,à uiàl ope aàstessaà àdedi ata, sicché è lecito pensare che per Ibn Giubayr o per lo pseudo-Falcando non dovesse essere per niente bizzarro, percorrendone le strade lastricate tra i rumori provenienti dalle abitazioni e la questua dei mendicanti, as olta eàilàlati o,àilàg e oàoàl a a o. Come più volte sottolineato nelle pagine precedenti, la città di Palermo sotto il dominio normanno si presenta infatti come un centro di primo piano, dinamico, multietnico e multiculturale. Grazie alla propria posizione privilegiata di porta di passaggio tra i due Mediterranei, quello occidentale e quello orientale, la Sicilia e soprattutto Palermo i esto oàl i po ta teà uoloàdiàli eaàdià o fi eàt aàLe a teàe Ponente, ma anche di crocevia e t ait d u io tra le tre principali civiltà che sul Mediterraneo si affacciano, si mescolano, si danno battaglia e si sovrappongono. Palermo, sede della Curia regis, diventa così, almeno i izial e te,àl habitat idealeài à uiàleàt eàg a dià ultu eà edite a eeàt o a oà fa o e olià o dizio iàalàlo oàs iluppo 414. Nella capitale si crea un complesso quanto vivace mélange et i oàeà ultu ale,àdo eàall ide tit àg e a,àaà uellaàdellaàfio e teà o u it àgiudai aàsi ilia aà e soprattutto a quella preponderante di religione islamica, si aggiunge la cultura latina, a sua volta poliedrica e altrettanto ricca di sfumature in relazione alle differenti provenienze di coloro che giungono da tutta Europa al seguito dei conquistatori normanni. Tale esperimento politico, sociale e culturale, che trova nella Sicilia normanna il suo banco di prova principale e che tuttavia sarà destinato a fallire proprio a causa delle insanabili 413 PIETRO DA EBOLI cit., p. 15. A. DE STEFANO, La cultura in Sicilia nel periodo normanno, in VIII Centenario della morte di Ruggero II, Atti del Convegno Internazionale di studi ruggeriani, Palermo 1955, p. 128. 414 90 diversità, riesce, comunque sia, a dare origine a una civiltà straordinaria, considerata da oltià laàpiùà affi ataàeàlaàpiùà ultaàdiàtuttaàl Eu opaà istia a 415. Questa realtà del tutto particolare è il risultato di un complicato processo politico, pe seguitoà dallaà o a hiaà o a aà o à l o ietti oà dià a e t a eà la propria autorità, assestando e consolidando il proprio controllo nei confronti dei poteri e della società si ilia aà p eesiste ti.à “ià t attaà dellaà osiddettaà reductio ad unum à dià sta poà o ie tale.à Traumatico per certi versi e non privo di episodi di efferata violenza, questo processo non riesce tuttavia a realizzarsi pienamente416 per due ragioni sostanziali: in primo luogo gli Altavilla, pur vincitori e veri padroni della scena del Mezzogiorno, contano un numero ridotto di effettivi propriamente normanni al loro seguito, insufficienti a garantire il controllo diretto del territorio conquistato; in secondo luogo, e soprattutto, non è stata ancora affermata in maniera definitiva la loro autorità sugli altri clan di origine norrena collocati sul continente. Dunque gli Altavilla sono costretti per necessità a legarsi a città, famiglie e membri importanti appartenenti soprattutto alla comunità etno-religiosa islamica, assolutamente p edo i a teàsull isolaàalàlo oàa i o.ààIàdueàf atelli,à‘o e toàeà‘ugge o,àu aàvolta entrati in suolo siciliano, si trovano infatti a dover fare i conti con una società già fortemente strutturata. E se questa condizione da un lato si presenta - almeno in termini potenziali o eàu aàsolidaà aseàdiàpote e,àdall alt oà isultaàp ofo damente diversa rispetto a quanto essi hanno sperimentato in Francia e in Italia meridionale, al servizio dei Longobardi. Circostanze così particolari suggeriscono dunque agli Altavilla di evitare forzature pesanti la conversione coatta o la totale estromissione dei ceti islamici dalla direzione del nuovo regno -,à i ola doliàpiuttostoàadàattua eàu a o taàpoliti aàdiàe uili ioàt aàlaàtolle a zaà dià uesteà sig ifi ati eà diffe e zeà ultu alià eà eligioseà eà l i posizio eà i t a sige teà dellaà sottomissione a tutta la popolazione musulmana. I dominatori normanni, nella fase di assestamento della conquista, si rendono infatti conto di non poter fare a meno dell appoggioà delleà élites islamiche, le sole dotate - insieme a parte di quella greca - di 415 Ibidem. “ulà p o essoà itatoà dellaà edu tio à adà u u à eà laà diffi ileà sop a i e zaà delleà i o a zeà et i heà eà religiose vedi C. DALLI, Contriving Coexistence: Muslims and Christians in the Unmaking of Norman Sicily, in Routines of Existence: Time, Life and After Life in Society and Religion, a cura di E. BRAMBILLA, Pisa 2009, pp. 30-43. 416 91 adeguate competenze tecniche, burocratiche ed amministrative, necessarie alla direzione del neonato regnum. Tale connubio può tuttavia avvenire solo sub condicione dell esiste zaà eà ui diàdell osse a zaàdiàu à i olo, che prevede la fedeltà assoluta della popolazione musulmana ai sovrani normanni417 e la cui contropartita consiste nel fatto che la sicurezza e la stessa sopravvivenza di questa comunità risultano indissolubilmente legate al potere regio degli Altavilla e da esso garantite. Dunque il processo di creazione della monarchia siciliana non può prescindere dalla problematicità che le circostanze gli impongono: da un lato è necessariamente teso a omologare e aàappia a eàleàdiffe e zeài te eài àu otti aàdiàagg egazio eàdiàtutteàleàpa tià intorno al potere e t ale,à dall alt oà - p op ioà pe à laà pa ti ola eà o dizio eà dell isolaà richiede tempi di realizzazione non brevi e di fatto costringe la corona a mantenere e, più a o a,àaàp otegge eàleàta teàdiffe e zeà ultu aliàeà eligioseàp ese tiàsull isola,àalloàscopo di fa eàlaàp op iaà aseàd appoggio.à III.2. La Gens Agarena, da dominatori a vinti. Dataàl esiguit àdelleàfo ti,àgliàsto i iàsiàt o a oà ell i possi ilit àdiài di a eàu àdatoà quantitativo preciso circa la densità demografica di Palermo al momento della conquista. Essa doveva comunque essere piuttosto alta e - salvo minoranze di identità greca ed ebraica - quasi esclusivamente musulmana. Se poi si presta fede alla descrizione di opule zaàeàp ospe it àdellaà itt à edattaàdaàI àHa al,àeàalàfattoà h egliàa i iàaà egist a eà li edi ileà u e oà dià sette ilaà pe so eà iu iteà ellaà moschea ǧā iʻ418, allora si può i agi a eà heà laà o e t azio eà dià popolazio eà ell a eaà u a aà dià Pale oà do esseà apparire veramente elevata. Il momento di massimo incremento demografico coincide in realtà con il controllo Fatimide, a partire dal 937. Nelle ulti eà fasià dellaà o uistaà dell isola,à ilà go e oà musulmano procede infatti in maniera sistematica alla deportazione di notevoli quantitativi 417 H. ENZENSBERGER, Tecniche di governo di un paese multietnico, in Byzantino-Sicula V: Giorgio di Antiochia. L a te della politi a i “i ilia el XII se olo t a Bisa zio e l Isla . Atti del Co eg o I te azio ale Pale o 20 Aprile 2007), a cura di M. RE, C. ROGNONI, Palermo 2009, p. 6. 418 Vedi questa tesi, p. 14. 92 di popolazione dalle città espugnate verso la capitale, aumentandone considerevolmente la densità demografica419. A testimonianza di ciò il cronista Al Nuwayrīà a o taà he,à elà o soàdell assedioàdià‘a ettaàdelà fame; e al-Hasa ài àá , piùàdià illeàpe so eàus i o oàdallaà itt àspi teàdallaà a- àliài iòàallaà apitale 420. Tuttavia gi à ell XIàse oloàsià egist aà una tendenza opposta, caratterizzata da un sensibile calo di popolazione. A questo proposito Amato di Montecassino riporta nella sua Storia heà laà it àestàassoutilli ,àetà eu à deà laà it à so tà o eà leà o sà sa sà l a e 421. Parte della popolazione, con molta probabilità, si è dunque unita ai circa cinquantamila Sicilienses422 heà all a i oà deià No a iàs elgo oàdiàa a do a eàl isolaàpe à ipa a eà elleàte eàappa te e tiàalàdar al- islām di al-Andalus e del Maghreb. Del resto, quando i Normanni mettono piede in terra si ilia a,àl isolaàeàiàsuoiàa ita tiàgi à e sa oài àu oàstatoàdià isiàp ofo da.à“ o oltaàdaàu à clima di pesante discordia, la Sicilia è preda di una guerra civile generalizzata che vede confliggere dinastie, signori, entità cittadine e tribù. Lo scontro interno è reso ancora più a utoàdalleà i alit àet i heàt aàá a i,àBe e iàeà alt iàa ti hiàa itato i 423. Si tratta insomma di una vera e propria cancrena che porta la gens Agarena a essere sempre più debole. L a i oàdeiàNo a ià o à app ese taàdu que altro, se non il colpo di grazia sferrato a un organismo moribondo. Gli effetti sotto il profilo demografico sono importanti. Conseguenti agli sconvolgimenti di quegli anni424,àleà ig azio iàdallaà“i iliaà e soàl áf i aàsiàsusseguo oà numerose e vedono spessoàpa ti eàl intellighènzia del paese. Da ultimo, a peggiorare una situazione già estremamente critica, è il pesante e lungo assedio che Palermo subisce ad opera delle milizie di Roberto e Ruggero: cinque lunghi mesi di accerchiamento finiscono per assottigliare ulteriormente il numero degli abitanti e aumentarne la debolezza, fiaccati come sono dalla guerra, dalla fame e dalle pestilenze. A darcene notizia è ancora Amato di Montecassino nella sua Storia. F. CRESTI, Città, Territorio, Popolazione nella Sicilia Musulmana. Un te tati o di lettu a di u e edità controversa,ài à Medite a ea.à‘i e heàsto i he ,àIVà ,àp.à . 420 AL NUWAYRĪ, Niha at al a i cit., p. 546. 421 AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 247. 422 Termine utilizzato da Goffredo Malaterra per indicare i musulmani di Sicilia. 423 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 58. 424 Ibidem, p. 83. 419 93 Et cellui temps meismes estoit une grant famine entre cil de la cité; quar dedens lor failloient les coses de vivre, et ne les trovoient à achater. Et autresi, pour li mort non souterrez, estoit grant pestilence et mortalité ; dont molt en estoient ferut, et molt enfermé, et molt afloboïez pour fain425. Al momento della presa di Palermo da parte degli Altavilla, la città è retta da un si ed ioàdià aggio e ti,à heà á atoà a o taà esse eà o postoàdaà ge tilho Ca te 426. e eà duià Poco ci è dato sapere della condizione dei burgenses palermitani del periodo musulmano, dal momento che le fonti di tale epoca tacciono. Chi siano dunque questi notabili che, dopo una decisione presa in assemblea, decidono di consegnare Palermo all i aso e,à o à à fa ileà daà sta ili e.à Ilà g uppoà deià primores427 da cui questi cittadini autorevoli provengono, è composto probabilmente da membri dello jund428,à l o di eà militare ereditario di pertinenza delle famiglie di più antica origine, direttamente discendenti dalla nobiltà di stirpe araba; da individui appartenenti al clero di fede islamica; e infine dai più ricchi mercanti musulmani di Palermo, una vera e propria aristocrazia e a tile,àlaà uiàp ese zaà à oti ataàdalàfattoà heà theàá a i à i ilizatio à asàesse tiall à u a ,àa dàit sà ate ialà asisà asàtheà igo ousà o sottoà ilà do i ioà usul a oà Pale oà à ilà e t oà a e ialàa ti it 429. Ma se è vero che i ist ati oà p i ilegiatoà dell isolaà eà contemporaneamente è luogo di primaria importanza economica, sociale e religiosa, non è tuttavia da confondere in alcun modo con una città stato. No àdid the cities of Islam ever develop self-governing institutions or combine in defence of their interests like the Lo a dàLeagueào àtheàHa sa 430. E à e oàpiuttostoà heàià aggio ià e t iàu a iàsi ilia i,àeà dunque anche Palermo, godono di consuetudines e privilegi concessi dal potere centrale, rispetto al quale il ceto dirigente cittadino è uno degli interlocutori privilegiati sul territorio. Questo trattamento privilegiato nei confronti delle città è ancora presente al tempo dei sovrani normanni, grazie al fatto che la resa patteggiata da quasi tutti i centri urbani 425 AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 276. Ibidem, p. 280. 427 Te i eà o à uiàGoff edoàMalate aàdefi is eàià aggio e tiàdellaà itt àdiàPale oàall a i oàdeiàNo 428 TRAMONTANA, L isola di Allah cit., p. 47; AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, pp. 18-19. 429 J. J. SAUNDERS, A History of Medieval Islam, Oxford 2002, p. 195. 430 Ibidem, p. 196. 426 a i. 94 comporta il mantenimento della maggior parte delle libertates e delle consuetudines431. Tale circostanza è in effetti riscontrabile in diversi passi del Liber del Falcando, il quale - per limitarci a un esempio - registra a un certo punto il seguente fatto: in seguito alla congiura o ditaà eiàsuoià o f o ti,àGugliel oàI,àpe ài g azia siàilàpie oàfa o eàdelàpopolo,à po ta u à eis immunitatem concessit, ut omnes cives Panormitani victualia sua, vel empta, vel ex agris età i eisàsuisà olle ta,àli e eàposse tài fe e,à ihil ueàa àipsisà uisàe ige et fa 432. Le gabelle oàpa teàdià uelleà o suetudi esàetia àsuisài t odu tasàte po i us,à uaeà elàjusta à li e tate àpopulià i ue e,à elàeosài i uisàp aeg a a e sovrano - uodàple iàg atissi u àfuit 434 433. L ese zio eàfis aleà o essa dal - non è dunque altro che la riaffermazione dei tradizionali privilegi degli abitanti della città. E che Palermo continui a godere di statuti particolari è probabilmente ancora vero durante il regno di Guglielmo II, al tempo della congiura contro il Perche. Se si presta attenzione a quanto scrive lo pseudo-Falcando, il Cancellarius viene accusato pubblicamente di voler attentare alla tradizionale libertatem civium et oppidanorum Siciliae 435 aàfa o eàdell affe azio eàdelàsiste aàfeudaleàdiffusoà ell Eu opaào ide tale.àCosìàiàcives Panormi, aizzati dai nemici del Perche, si rivoltano con l o ietti oàdià i o da eàalàso a oàilà ispettoàdelleàa ti heàconsuetudines. Nullo se editus aje a t, ullas e a tio es de e e, sed ali uoties do i is suis, urgente qualibet necessitate, quantum vellent sponte et libera voluntate servire. Sarracenos autem Grecos eos solum, qui Villani dicantur, solvendis reditibus, annuisque pensio i us o o ios .436 Ma per intanto si torni indietro, al momento della conquista. La città è dunque o seg ataà aà ‘o e toà eà ‘ugge oà dall élite musulmana, che presta giuramento di sottomissione lege à sua 437;à ilà heà o sisteà ell u isà deditio e à fa e e,à se in fa ula doàfidelesàpe siste e,àt i utaàsol e e 438.àI àa ioà i hiedeàlaàga a ziaàdellaà g atiaà F. GABRIELI, Normanni e Arabi,ài à á hi ioà“to i oàPugliese , XI (1958), p. 57. UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 63. 433 Ibidem. 434 Ibidem. 435 Ibidem, p. 144. 436 Ibidem, pp. 144-145. 437 GOFFREDO MALATERRA cit., p. 178. 438 Ibidem. 431 432 95 u à ita 439.à Ilà Du aà eà ilà Co teà itto iosià a etta oà du li e te à sus ipiu t 440;à o eà ueà laà esaà eà o t opa titaà l álta illaà uodà offe e atu à ullu à p os i ere curat, observansque fidem promissi, laedere nullum, quamvis gentiles essent, molitur eorum 441. Tuttavia la condizione degli abitanti musulmani442 di Palermo, sotto il nuovo dominio normanno, cambia in maniera sostanziale rispetto al passato. La comunità islamica è infatti i se itaà all i te oà dià u à uad oà giu idi oà si ileà allaà dī a imposta dai musulmani agli abitanti di fede non islamica residenti entro il dar al-islām: solo grazie alla protezione garantita da Roberto prima e da Ruggero dopo, i cives musulmani di Palermo mantengono la propria condizione di libertà, la propria personalità giuridica, e soprattutto la propria libertà di culto. A testimoniare come, nonostante la crisi demografica e le restrizioni imposte dai vincitori, la comunità islamica sia comunque ancora fortemente attiva e piuttosto prospera è Ibn Giubayr, che nel suo Rahlat s i eà heàPale oà àilàsoggio oà[p i ipale]àde à ittadi ià musulmani, che vi tengono delle moschee, dei mercati loro proprii e molti sobborghi Aggiunge cheàessiàsià o e t a oài à ua tie iàspe ifi i,à o à C istia i 444.à L auto eà o à s i eà ualià sia oà uestià 443. e à ualiàa ita oà o à[ es olati]à o ghià lo à p op i à alà te poà dià Guglielmo II. Ma è noto che in seguito alla rivolta esplosa in città ai danni di Guglielmo I, nel corso della quale si assiste alla persecuzione della minoranza musulmana per opera degli abitanti cristiani, i Palermitani di fede islamica, per porsi in salvo, si asserragliano tra le strette strade del quartiere dei Seralcadi (al-Saqaliba). E àdu ueàp o a il e teà uestoà il punto della città in cui la comunità musulmana si concentra maggiormente ancora al tempo di Guglielmo II, suo immediato successore. In ogni caso Ibn Giubayr, oltre ad annotare sia pure in modo generico il dato quantitativo - ossia la presenza importante dei suoi correligionari -, ne descrive insieme il ruolo economico assai vivace, in ordine al fatto heà i à uestià ua tie ià ià 439 e atià so à te utià daà lo oà edà essià [soli]à ià ese ita oà ilà GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 162. Ibidem. 441 Ibidem. 442 D o aài àpoiàutilizze òàse p eàl appa te e zaà eligiosaàpe àide tifi a eà uestaài po ta teà i o a zaàdelà regnum, dal momento che risulta impossibile definirla in termini etnici, poiché molte sono le gentes che la compongono: arabi, andalusi, berberi, greci islamizzati. 443 IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à . 444 Ibidem, p. 161. 440 96 o e io 445. Che il dinamismo imprenditoriale ne sia un tratto caratterizzante è già testimoniato dallo pseudo-Falcando in relazione ai tumulti del 1161, quando molti cittadini usul a ià so oà assa atià dallaà e de disàp aee a t 446, assaà i à i oltaà e t eà i à apothe isà suià e i usà verosimilmente entro il Forum Sarracenorum447. Ma il ventaglio delle attività economiche ad essi riferibile non si limita alla mercatura. A maggioranza musulmana devono infatti essere anche le maestranze dei costruttori, eredi di una tradizione edile secolare e ben strutturata, alla quale Palermo deve molto sotto il profilo urbanistico, e il cui fascino - come si è visto - viaggiatori e forestieri non mancano di annotare fin dal loro primo ingresso in città. Non a caso dunque, ancora nel 1132, Ruggero II si serve di cost utto iàspe ifi ata e teàsa a e iàdià“i iliaà adàaedifi u à u itio isàsuae 448.àEài fi eàso oà fo seà usul a iàa tigia iàdelàgiu o 449 gli abitanti del quartiere palermitano di Deisin, la cui illustrazione compare nella tavola del Carmen di Pietro da Eboli450. Altra traccia importante della presenza e del radicamento della comunità usul a aà dià Pale oà igua daà l a itoà eligioso.à E à a o aà I i a go oà estigiaàdiàfedeàappoàiàMusul a iàdià uestaà itt à Giu a à aà s i e eà heà 451, in relazione al fatto che vi sono moschee non trasformate in chiese cristiane, tenute in buono stato e funzionanti; diàesseà laàpiùàpa teàse o oàaàs uolaàa à aest iàdelàCo a o 452 e dai loro minareti ancora risuona la chiamata alla preghiera del muezzin. Dunque ai musulmani di Palermo è effettivamente riconosciuta la libertà di culto, in cambio della quale - come già detto - è previsto il pagamento di una tassa simile alla jizya isla i a,à o h àl o iaàosse a zaàdelà vincolo di fedeltà nei confronti della famiglia Altavilla, stipulato al momento della resa. Dall i t e ioà o pli atoà dià oltià fatto ià sià ealizzaà du ueà uelà o u ioà t aà ilà potere centrale e la gens Agarena, che costituisce uno dei tratti principali e più caratteristici 445 Ibidem. UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 56. 447 Vedi questa tesi, p. 76. 448 ALESSANDRO DI TELESE cit., p. 114. 449 R. LICINIO, L a tigia o, in Condizione umana e ruoli sociali nel Mezzogiorno normanno-svevo, Atti delle none giornate normanno-sveve, Bari, 17-20 ottobre 1989, Bari 1991, p. 174. 450 Vedi questa tesi, p. 67. 451 IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à . 452 Ibidem, p. 161. 446 97 del regno normanno di Sicilia. Per capire la natura di questo legame in maniera più precisa, è forse utile affiancare alla nostra trattazione la descrizione di un particolare oggetto, appa te utoàaà‘ugge oàII:àilà a telloà dell i o o azio e 453. Il mantello è confezionato su commissione dello stesso Ruggero nel Ti āz454,àl opifi ioà egioà heàsiàt o aàe t oàilàPalazzoà ‘eale,à ellaà apitaleàdellaà“i ilia,àl a oà 455, secondo quanto recitano i caratteri cufici che corrono lungo il lembo del drappo. Il mantello è adornato da straordinarie figure ricamate in oro, con lo scopo - come spiega magistralmente Cantarella456 - di trasmettere aà hià l osse aà u à essaggioà i e ui o a ileà dià do i io.à “ullaà po po aà delà tessutoà à rappresentata a specchio - du ueà siaà daà u à latoà delà a telloà heà dall alt oà i à odoà perfettamente simmetrico - l i agi eàdiàu àleo eà a pa te,à heà àsulàpu toàdiàsfe a eà un colpo alla sua preda, un cammello steso a terra. Se a un primo superficiale sguardo può se a eàu o di a iaàs e aàdià a iaà heàhaàpe àp otago istiàa i aliàesoti i,ài à ealt il magnifico ricamo intessuto di perle e oro tratteggia una chiara allegoria del potere che la corona normanna esercita sulla popolazione musulmana di Sicilia. Il leone infatti, dopo aver atterrato il cammello, gli si para sopra come per sbranarlo. Ma il felino non uccide il cammello, lo risparmia. Anzi, pur restando pronto a sferrare il colpo di grazia con gli artigli sfilati sul capo della preda e lasciandola quindi indifesa e alla propria mercé, il leone tiene alta la testa e volge avanti il proprio sguardo feroce e minaccioso verso altre eventuali sfide. No à àdu ioà heàilàleo eà a pa teà app ese tiàlaàfa igliaà eale,àeà o àsolta toà o eà ge e i oà i hia oàall ideaàdiàfo za,àdalà o e toà heàessoà a peggiaà elàsi oloàa aldi oà della casata degli Altavilla; né vi è dubbio che la porpora del mantello rimandi per lunga tradizione al colore che prefigura il potere. Il cammello invece rappresenta tradizionalmente il mondo musulmano. I musulmani di Sicilia si ritrovano infatti in una posizione di inerme sottomissione al potere degli Altavilla, e destinati - al pari dei cammelli del mantello - a rimanere in quella condizione in perpetuum. Infine questo stato di completa vulnerabilità del mondo islamico in terra siciliana è ribadito in maniera definitiva da una legge emanata nel 1160, che obbliga i Musulmani di Palermo al completo disarmo 453 Vedi questa tesi, p. 100. Centro della produzione serica di Palermo, per ulteriori informazioni vedi questa tesi, pp. 71-72. 455 Laàdataà ipo tataàsulà a telloàsegueàlaà u e azio eàa a a,à heàpa teàdall egi aàdelàP ofetaà elà àd.àC.,àeà o ispo deàall a oà àd.àC.àdellaà o ologiaà istia a. 456 G. M. CANTARELLA, La Sicilia e i Normanni. Le fonti del mito, Bologna 1989, pp. 126-154. 454 98 eàaà o iaàa aàsuaàCu iaeà edde e 457. E àdu ueà uestaàlaà o dizio eà e essa iaàalàfi eà di ottenere un doppio risultato: innanzitutto ottenere la grazia, sopravvivendo alle fauci del felino, ossia alla stretta della monarchia normanna; in secondo luogo vedersi garantita una sorta di protezione, la stessa che una fiera pericolosa come il leone è in grado di elargire sua sponte a una preda inerme come il cammello. Come testimonia la simbologia del mantello regale, il mondo musulmano si trova così legato attraverso un patto di tipo signorile458 alla persona del sovrano, che prevede la garanzia ai vinti della tuitio, in cambio della totale sottomissione alla dinastia regnante normanna. Pe à pa teà suaà ilà leo eà d álta illaà ottie eà u aà solidaà aseà dià o se soà suà uià poggiarsi, costruire il proprio dominio e vigilare, pronto a reagire a fronte di nuove possibili minacce alla propria autorità regia. Ma gli Altavilla non si limitano a curare uest aspetto,àesse zial e teà i atoàallaà salvaguardia della casata; vanno oltre, dando vita piuttosto velocemente al processo di appropriazione della cultura dei vinti che si realizza a piene mani e a tappe forzate. La cultura musulmana infatti è funzionaleàall affe azio eàdellaàdi astia,àpoi h àpo tat i eàdià strutture mentali e modelli istituzionali provenienti dal Levante e dunque plasmati su un concetto di autorità regia e autocratica del tutto differente, se non opposto, rispetto a quello che è andato definendosi in Occidente del primus inter pares. Sono ancora le decorazioni del mantello a chiarirlo, con la presenza assolutamente centrale della palma459: arbor vitae e simbolo della prosperità del Regno che gli Altavilla costruiscono proprio sulle fondamenta della cultura arabo-musulmana di Sicilia. Assorbita e, diremmo, quasi metabolizzata dai sovrani norreni, essa viene rimodellata sulle inedite e pressanti necessità della neonata monarchia in bilico tra Ponente e Levante, e fin dai suoi albori tendente a u auto aziaàdiàsta poào ie tale.à Sono le vicende di quegli anni a darcene conferma. Se infatti, sotto il Comes Ruggero, i musulmani sono ancora esclusi dalle cariche centrali di governo essendo loro preferiti i funzionari di estrazione greca, in seguito allo spostamento della capitale a Palermo e alla salita al trono di Ruggero II, la situazione cambia significativamente e i 457 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit, p. 57. Vedi CANTARELLA, La Sicilia e i Normanni cit., p. 138. 459 Ibidem, p. 135. 458 99 musulmani acquistano un rilievo sempre maggiore460. Nella nuova capitale infatti viene a crearsi un rapporto di vera e propria simbiosi tra gli abitanti di fede islamica e la Curia regis heài àessaàhaàsede.àCo fida doà ell effi a iaàdelà i oloàdiàfedelt ài postoàaià i ti,àiàso a ià o a iàaffida oàse p eàpiùàspessoàall élite islamica ruoli istituzionali di primissimo piano in qua toà i dispe sa iliàalleatiàeà elloàstessoàte poàostaggiàdellaà o a hiaà o i ghiaàdiàt as issio eào ligataàpe àlaàfis alit àdelà eg o 461. a a,àeà La creazione della Duana de secretis462 e della Duana Baronum463 heà ostituis o oàiàpilast iàdell a i ist azio eàfis aleà del regno normanno di Sicilia, ne è esempio acclarato: costruite sul modello dei dī ā arabi, esse operano attraverso un apparato di funzionari, un gran numero dei quali appartiene alla civitas musulmana palermitana. 460 H. TAKAYAMA, The Administration of Roger I, in Bausteine zur deutschen und italienischen Geschichte Festschrift zum 70 cit., p. 408. 461 L. SCIASCIA, Palermo e il mare, in Itinerari e centri urbani nel Mezzogiorno normanno-svevo. Atti delle decime giornate normanno-sveve. Bari, 21-14 ottobre 1991, Bari 1993, p. 61. 462 J. JOHNS, Arabic Administration in Norman “i il : The o al dī ā , Oxford 2007, pp. 193-206. 463 Ibidem, pp. 206-207. 100 464 Ilà a telloàdià eà‘ugge oàIIàd álta illa,à eàdià“i ilia,à hia atoàa heà a telloàdell i o o azio e ,àsiàt o aà esposto presso il Weltliche Schatzkammer del Palazzo di Hofburg, a Vienna. 464 101 Un altro interessante spaccato della Curia regis normanna e dello strettissimo rapporto che lega il monarca alla minoranza musulmana nella sfera pubblica, come anche in quella privata, riguarda il regno di Guglielmo II. Siamo nella seconda metà del XII secolo. Ibn Giubayr riporta nel suo Rahlat - con non poca stupefazione e anche con una punta di compiacimento - heà ilà so a oà adope aà oltoà ià Musul a i 465 eà sià fidaà Musul a iàeà iposaàsuàdiàessià elleàsueàfa e deàeà[pe fi o]à elleà oseàpiùàg a i oltoà e à 466: il capo- cuoco della regia cucina è musulmano, così come musulmane sono le sue concubine. Molta deve essere dunque la fiducia che il sovrano ripone in questi personaggi, se a loro affida la cura del cibo e del sesso; momenti in cui, naturalmente abbassata la guardia, il monarca rischia di trovarsi pericolosamente indifeso. Ancora lo stesso Guglielmo II ricorre agli eunuchi di origine musulmana, usati in gran numero come paggi (fatāh di palazzo. Teo i a e teàsiàt attaàdià o e titi,ài à ua toàloà “tatoàliào ilàG a àCo te,àaà i e e eàilà attesi o 467 liga a,àsi àdaiàte piàdià‘ugge oà in ragione della loro vicinanza alla corte, ma Ibn Giubayr confessa che molti di essi praticano ancora la religione islamica, dal momento che laà piùà pa teà elasià laà fede,à aà sta à fe ià ellaà leggeà dell Isla o t a iatoà Fal a doà di hia aà heà l eu u oà a i oà“a a e us 469. 468; per parte sua, un o i eà ta tu à ha itu ueà Ch istia usà e at,à Per nulla turbato, anzi del tutto consapevole del fatto470 secondo il Rahlat dell a daluso,à eà i e e saà aà dispettoà dellaà eu u ho u à upiditasà i e pleta 471 denunciata e condannata a più riprese dallo pseudo-Falcando, Guglielmo II affida loro ruoli tra i più eminenti, tanto cheà iàsuoià isi àeàiàsuoiàḥāĝi (ciambellani) son sempre scelti tra i dettiàpaggi;à h eglià haàg a à u e o,àeàso àessiàgliài piegatià egliàufiziàpu li iàeà eiàse igià IBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à . Ibidem, pp. 146-147. 467 P. CORSI, L eu u o, in Condizione umana e ruoli sociali nel Mezzogiorno normanno-svevo cit., Bari 1989, p. 263. 468 IBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à . 469 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 25. 470 Ci narrò il medesimo Yạ āà heàu aà olta,à e t era scossa la Sicilia da forti tremuoti, questo politeista, andando attorno tutto spaventato per la sua reggia, non sentiva altro per ogni luogo se non che le voci delle do eàeàde àpaggià heàpo gea àp e i a Dio e al suo profeta. Al vedere il re, sbigottiron tutti; ma ei li confortò, di e do:à«Cheàog u àdià oiài o hiàl [Esse e]à h egliàado a,àeài à uià ede» .àI àIBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à . 471 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 86. 465 466 102 dellaà o te 472.à Iàg a diàdelloàstatoàeàgliàufizialiàdiàgo e oàso à usul a i 473 conclude il cronista. Prova ne siano, per esempio, i tre magistri camerarii palatii del Palazzo Reale, Iohar474, Pietro475 e Riccardo476 che sono appunto eunuchi di origine musulmana. La ragione è che essi garantiscono fedeltà assoluta alla casata reale e insieme il funzionamento effi ie teàdellaà a hi aàdelloà“tato .à D alt aà pa teà laà p ese zaà usul a a,à heà ostituis eà u à t attoà disti ti oà dellaà monarchia normanna e che concerne posizioni vicinissime al monarca financo entro la sfera della familiaritas regis, è ampiamente testimoniata anche nei governi degli Altavilla che precedono Guglielmo II. Eunuchi musulmani come il Gaito Martino o il Gaito Pietro477 i esto oài fatti,àgi àsottoàGugliel oàI,àposizio iàdiàaltissi oàp ofiloàpoliti o.àE àloàpseudoFalcando a narrare che, mentre Guglielmo I è impegnato a sedare sul continente la rivolta dei baroni conseguente alla congiura del 1169, al Gaytus Martinus eunuchus è affidato il o pitoàdiàsuppli eàte po a ea e teàallaàfu zio eà egiaà adà ustodia à i itatisàa àpalatiià Pa o i 478. Per parte sua il Gaytus Petrus, già potentissimo durante il regno dello stesso Guglielmo I, alla morte del sovrano è inserito direttamente nella familiaritas curiae della Madre-‘egge te,à heà su aà e u à o e i e tio ià lo oà o stitue s 479. iu à potestateà o essa,à sup aà o esà eu à E prima ancora, sotto il regno di Ruggero II, un altro eunuco ottiene incarichi straordinari. Si tratta di Filippo di al-Mahdī a480. A darne conto è Romualdo Salernitano nel suo Chronicon:à ‘e à ‘oge iusà ue da à eu u hu à ha uità Philippu à o i e,à uiàsuiàp o itateàse i iiàeiàg atusàe atàad odu àetàa eptus 481. Grazie all affida ilit à ellaà o duzio eà deglià affa ià eà all effi ie zaà elloà s olgi e toà deià o pitià assegnati, Ruggero il Gran Re lo eleva al rango di stolii sui admiratus, ossia comandante dell i te aàsuaàflotta,à aàsop attuttoà u i e soàhu àp efe itàpalatio,àetàtotiusàdo usàsueà IBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à . Ibidem, p. 149. 474 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 77. 475 Ibidem, p. 83. 476 Ibidem, p. 109. 477 Pe à u atte taà a alisià dià e t a eà ià pe so aggià i a doà alà gi à itatoà olu eà dià JOHN“,à Arabic Administration cit., pp. 219-228. 478 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 79. 479 Ibidem, p. 90. 480 Vale il discorso fatto per i due personaggi precedenti, vedi JOHNS, Arabic Administration cit., pp. 215-218. 481 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 234. 472 473 103 statuitàesseà agist u 482. Né la pratica di integrare i musulmani in posizioni chiave sotto il profilo amministrativo e burocratico riguarda solo il gruppo degli eunuchi, essendo di fatto estesa anche a membri del ceto nobiliare: così Abu al-Kasim che il Falcando chiama Bulcassem,à i te à “a a e osà “i iliaeà o ilissi usà a à p aepote s 483. Appartenente alla potente famiglia di origine berbera dei Beni-Ha ūd,àá uàal-Qāsi à à u oàdià ue à o iliàdià uestaàisolaà heàha oàe editataàlaàsig o iaàdiàp i oge itoài àp i oge ito 484. Molto vicino al sovrano, munifico mecenate di sapienti e di poeti quale Ibn Qalaqis, Abu al-Qāsi à à significativamente indicato come uno dei musulmani più in vista della Curia regis485. ált oà apitoloà elati oà all i lusio eà deià usul a ià eglià appa atià delà regnum igua daà l esercito. Si può ben dire che gli Altavilla facciano largo impiego di effettivi musulmani, per ragioni assai concrete. I vassalli normanni infatti, pur essendo obbligati dal vincolo del foedus aà o atte eàpe àilàso a o,àspessoà pe à agio iàdiài te esse,àstanchezza, oà diffi olt à fi a zia ie,à sià dilegua a o 486 nel momento del bisogno. I musulmani al contrario risultano essere, oltreché ottimi combattenti, soldati fedeli alla corona in relazione al già più volte citato rapporto di sudditanza, al quale si aggiunge il fatto che spessoàall o ligoàdelàse izioà ilita eà àlegataàlaà o essio eàdiàte eàde a iali.487 Così se gi à‘ugge oàilàG a àCo teào ga izzaàilàsuoàese itoà o àu aà o à i i aà ultitudi e 488, ilitu àpeditu à“a a e o u à sotto Ruggero II i mercenari musulmani diventano lo zoccolo duro delle forze armate regie e tali rimangono ancora durante il regno di Federico II, ua doà o à o aggioà eàspi itoàdià sa ifi ioà spa gea oà ilà sa gueàpe à assoda eà u à t o o,à fondato in parte con gli elementi stessi di lor ci ilt 489. A Palermo in particolare, soldati saraceni sono addirittura arruolati come milizia personale del sovrano e guardia del Palazzo ‘eale.à“ i eàaà uestoàp opositoàI 482 àGiu a à heàsottoàGugliel oàIIà u oàstuoloàdiàs hia ià Ibidem, p. 235. UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 119. 484 IBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à . 485 SCIASCIA, Palermo e il mare cit., p. 61. 486 V. VON FALKENHAUSEN, I gruppi etnici nel regno di Ruggero II e la loro partecipazione al potere, in Società, pote e e popolo ell età di ‘ugge o II. Atti delle terze giornate normanno-sveve, Bari 1977, p. 153. 487 Ibidem, pp. 153-154. 488 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 215. 489 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 267. 483 104 negri musulmani con un capita oàdiàlo àge teàstessa 490, erano stati scelti e preposti alla protezione e alla difesa della persona stessa del monarca. Dunque il numero dei musulmani che con ampi poteri militano nelle fila dei cortigiani occupando posizioni di rilievo, se non si può dire altissimo in senso assoluto, è certo di grande importanza, tanto che entro le mura del palatium essiàda oà itaàaà uelloà che noi diremmo «un partito» o una fazione di non indifferente peso nelle interne o tese 491. La coesione comunitaria è infatti - anche per i maomettani più in vista di Palermo - una necessità imprescindibile rispetto alle difficoltà cui i cittadini musulmani debbono far fronte periodicamente e che in larga misura riguardano la loro differente fede religiosa. Il fatto è che la posizione dei musulmani in terra cristiana è perennemente in bilico. Non si può infatti dimenticare o sottovalutare il contesto storico, ossia che questi sono i secoli delle Crociate, quando cristiani e musulmani sono impegnati a combattersi sottoàl egidaàdelàdioàpiù vero. I musulmani di Palermo - o eà elà estoàdell isolaà- vivono dunque una condizione di forte precarietà lungo tutto il ciclo di vita della monarchia o a a,à eà so oà pu à se p eà o side atià o eà ittadi ià dià se o doà a do 492, la cui sicurezza e il cui benessere sono unicamente garantiti dal filo sottile che li lega ai sovrani. A testimoniare quanto tale legame sia essenziale - e come viceversa la sua rottura risulti fatale - è il caso del già citato Abu al-Qāsi .àNo ileàdiàa ti oàlig aggio,àá uàal-Qāsim tenta a un certo punto di svincolarsi dal patto di sudditanza sottoscritto con gli Altavilla, p e de doà o tattiàseg etià o àl e i atoàál ohade.à“ ope taàlaàt a a,àlaàpu izio eà heàglià ie eà o i ataà o sisteà ell esp op iazio eàdiàtuttiàiàsuoià e iàe nella privazione del titolo aristocratico. Abu al-Qāsi àsa àpoiàpe do atoàeà ia essoà elleàg azieàdelà e, ma - e il fatto è emblematico - nel diverso statuto di ostaggio, la cui stessa sopravvivenza dipende interamente ed esclusivamente dal beneplacito del suo signore. In definitiva si può considerare che la condizione di sicurezza della comunità musulmana è direttamente proporzionale alla forza che la monarchia normanna è in grado dià ese ita e.à Ciòà sig ifi aà heà elleà i osta zeà i à uià l auto e olezzaà dellaà figu aà delà IBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à . GABRIELI, Normanni e Arabi cit., p. 58. 492 Ibidem, p. 62. 490 491 105 sovrano si appanna - a causa per esempio della malattia o peggio della morte del re, oppure in seguito a conflitti interni - laà ittadi a zaàsa a e aàsiàt o aàsgua itaàdell u i aàdifesaà disponibile, e dunque in forte pericolo. La fulminea caduta e la fine cui va incontro Filippo di al-Mahdī aà eà fo is eà u à hia oà ese pio.à Ge e aleà dià g a deà alore, Filippo ha condotto vittoriosamente le operazioni belliche affidategli da Ruggero II contro la città africana di Bôna. Nonostante ciò, al suo ritorno a Palermo è imprigionato e, accusato di apostasia, condannato a morte493. La parabola politica di Filippo può essere letta come paradigma della condizione di congenita instabilità propria al mondo musulmano sotto la monarchia normanna. Romualdo racconta nella sua Chronica che il sovrano nega la grazia all eu u oà fideiàfla aàsu e sus 494, ma in realtà è molto più probabile che Ruggero II, indebolito dalla vecchiaia, abbia perso parte della propria presa sulla pars latina della Curia regis; fazione che risulta via via sempre più egemonizzante e capace di esercitare il proprio peso nelle decisioni prese della monarchia. Filippo è dunque accusato e condotto al pati oloà i à ua toà p i ipaleà espo e teà dellaà fazio e à usul a a.à Leà ipe ussio ià sull i te aà o u it à sa a e aà o à ta da oà adà a i a e,à eà aliià aute à suaeà i i uitatisà complices et consortes capitalem subie eàse te tia 495. Tuttavia il momento più critico per i musulmani di Palermo è il 1161 e coincide con la congiura dei baroni contro Guglielmo I, allorché, estromesso momentaneamente il sovrano, viene meno il patto garante della salvezza dei credenti islamici. Senza la protezione dei beni e delle persone assicurata dal re, la comunità musulmana si trova in aliaàdeià istia i.ààL esitoàdià uestoàseppu àte po a eoà uoto àdelàpote eà egioà à heàaà Palermo si registra un vero e proprio eccidio della minoranza islamica, che rischia di essere annientata e si salva solo grazie al rifugio offerto dagli stretti e intricati vicoli del Seralcadio496. Una volta ripreso il potere, Guglielmo I si adopera nel soffocare con mano decisa la rivolta dei baroni, ristabilendo nel contempo la pax regis e la protezione sulla o u it àisla i a.àMaàl esileàe uili ioàsuà uiàsià eggeàilàdesti oàdeià usul a iàdiàPale oà si sta irrimediabilmente logorando e allentando. Il colpo di grazia è sferrato al momento 493 Vedi ROMUALDO SALERNITANO cit., pp. 234-236. Ibidem, p. 235. 495 Ibidem, p. 236. 496 Vedi questa tesi, p. 82. 494 106 dell elezio eàalàt o oàsi iliano di Tancredi, conte di Lecce e ultimo discendente - il solo in vita - della casata degli Altavilla, il quale si era peraltro distinto per aver partecipato al assa oàdegliàeu u hiàeàdeià usul a iàdu a teàlaà o giu aàdelà .àE à elà o soàdelàsuoà breve e travagliatissimo regno, tra il 1189 e il 1194, che si osserva il definitivo sradicamento dell ele e toà usul a oàdallaà o teàpale “ottoàTa ita aàeàpiùài àge e aleàdallaà apitaleàsi ilia a.à edi,à o eàse p eà àa adutoà ua doàl auto it à egiaàsiàfaàdebole, nuovi tumulti scoppiano a Palermo e con essi i pogrom antimusulmani, in seguito ai quali - scrive Amari laà itt àfuàallagataàdiàsa gue 497.à Multaàsuo u àst ageàfa ta 498, i musulmani di Palermo decidono di lasciare la città e riparano nelle zone montuose circostanti. Dunque con la s o pa saàdell ulti oàg a deàdegliàálta illa,àGugliel oàIIàdettoàilà uo o,àelogiatoàdaàI Giu a à pe à laà suaà uo aà o dotta 499 à e per la stabilità che è in grado imprimere alla monarchia - ciò che costituisce il vero nodo della questione - vengono drammaticamente meno le condizioni necessarie alla sopravvivenza della cultura araba e della fede islamica. Nonostante un debole accenno di ripresa, pochi e fiaccati saraceni superstiti rientrano infatti in Palermo quando Tancredi sembra sul punto di riuscire ad affermare la propria autorità e a ripristinare quindi il patto di convivenza che tradizionalmente aveva legato gli Altavilla alla comunità islamica500. Dunque nel biennio compreso tra il 1189 e il 1190 si compie il tramonto definitivo di quel progetto politico di inclusione che tanto aveva contribuito al successo della monarchia normanna di Sicilia. III.3. La comunità greca. Un altro importante gruppo etno-culturale che nella storia del regno normanno di Sicilia occupa un ruolo di primo piano, è naturalmente quello greco, il cui tratto identitario è rappresentato dalla lingua e dalla particolare professione liturgica in seno al mondo cristiano. Si tratta di una minoranza assai più ridotta sotto il profilo quantitativo, le cui 497 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 361. ANONIMO CASSINESE, Annales Cassinensis, a cura di G. H. PERTZ, in MGH, Scriptores, XIX, Hannover 1866, p. 314. 499 IBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à . 500 I. PERI, Uo i i, ittà e a pag e i “i ilia dall XI al XIII se olo cit., p. 121. 498 107 vicende seguono una parabola completamente differente rispetto a quella della comunità musulmana tratteggiata nelle pagine precedenti. Ciò che innanzituttoà e itaàdiàesse eà ile atoà à heàalà o e toàdell o upazio eà dell isolaà- dunque fin da subito - il comportamento tenuto dai Normanni nei confronti dei G e ià àtutt alt oà heàsfa o e ole.à“eàl i lusio eàdeià usulmani avviene in mezzo a non poche resistenze, ed essi, comunque sia, restano sempre cittadini di seconda classe, ai Greci è attribuita una ben diversa considerazione fin dagli esordi del dominio normanno in Sicilia. I Normanni sono infatti già entrati in contatto con la cultura greca in precedenza i to oà aglià a ià à dell XIà se oloà - in seguito alla conquista della Calabria, regione fortemente ellenizzata. Inesperto e digiuno di pubblica gestione, il Gran Conte i ediata e teàa uolaàe t oàlaàs hie aàdeiàfu zio a iàp epostiàall a i ist azio eà dei suoi domini i ο ά ιοι di lingua greca presenti sul territorio. Quando successivamente i No a iàp o edo oàall a uisizio eàdelleàte eàsi ilia e,àgliàálta illaàadotta oàu ide ti aà politica di integrazione nei confronti della comunità greca di Sicilia, in virtù delle sue specializzate ed evolute capacità amministrative e di governo. Finanche sotto il regno di Ruggero II infatti, il mondo latino e normanno non è preparato ad assolvere tali compiti, se - come scrive la Jamison - oà e à ofà Lati à ultu e seem up to this time to have been e plo edài àpositio sàhighào àlo à à e t alàoffi esàofàfi a e 501.àD alt aàpa teàiàte pià o à sono ancora maturi a che i signori normanni possano contare - come invece accadrà in seguito - sul contributo dei Saraceni, poiché la sottomissione della Sicilia musulmana è tutt alt oà heà i ediataà eà ilà o t olloà heà laà o o aà à i à g adoà dià ese ita eà suà dià essaà ancora non si è consolidato. Così membri della comunità greco-sicula si trovano, come già sul continente, immediatamente insigniti di poteri e cariche di rilievo entro gli uffici della pubblica amministrazione. Gli incarichi cui possono aspirare costituiscono un lungo e 501 E. JAMISON, Admiral Eugenius of Sicily cit., p. 40. 108 significativo elenco: admiratus (α ή ας)502, protonotarius ( ( α ω ο ο ά ιος)503, camerarius ι ίγγας)504, logotheta ( ογοθέ ης)505, strategus (σ α ηγός), iudices, vicecomes506, protonobilissimus507. Se il numero di Greci in Sicilia è inizialmente piuttosto scarso e assolutamente minoritario rispetto alla compagine musulmana, durante i primi mesi del p op ioàdo i ioàgliàálta illaàp o uo o oàu aàfo teài ig azio eà e soàl isolaàdiàfu zio a ià greci prove ie tiàdallaàCala ia,à o àl o ietti oàdiài g ossa eàleàfila.àIlà odoàdellaà uestio eà riguarda evidentemente le competenze che questi uomini sono in grado di mettere in campo. Maà à u à alt oà aspettoà heà i à ual heà odoà lià fa o is e:à ià G e ià dià “i iliaà sono cristiani e pertanto percepiti come i naturali interlocutori dei conquistatori normanni. Non sià de eà i fattià di e ti a eà heà l XIà se oloà à uelloà i à uià papaà U a oà IIà i di eà laà p i aà Crociata, intesa a liberare la Terra Santa dagli infedeli e che la stessa conquista di Sicilia non è estranea al generale clima di fervore religioso. Quando Malaterra scrive della conquista dell isola,àdaàu àlatoàlaà i o du eàall a izio eàdiàdo i ioàdelàgio a eàeài e uietoà‘ugge o,à dall alt oàallaà issio eà e edettaàdal papaài àpe so a,ài t ap esaàalàfi eàdià i o du eàl isolaà sotto il vessillo della cristianità508. Si tratta di una presa di posizione forte, che matura in un contesto nel quale i rapporti con la comunità musulmana sono ancora in costruzione. á i aglioà à o uzio eàdellaà o eàa a i aàemîr, che i Bizantini trascrissero fedelmente al nominativo, ma ne fecero al genitivo ἀμήραδος;ào deàpassòà o àtaleàdesi e zaàa àC istia iào ide tali ài àáMá‘I,àStoria dei Musulmani di Sicilia cit., III, p.à .àL istituzio eàdell admiratus proviene dunque dal mondo arabo, ed è la a i aà piùà ele ataà heà sià possaà i e e eà du a teà ilà eg oà deglià álta illa.à áll admiratus viene assegnato il o t olloàdell a i ist azio eàfis aleàdelà eg oàeàdelleàfo zeàa ate,àe risponde del suo operato direttamente allaàfigu aàdelàso a o.àLaàp ese zaàdià uestoàuffi ioàaàPale oà àattestataàgi àall i do a iàdell e t ataài à itt à deià o a i,à se o doà ua toà s i eà Gugliel oà dià Puglia:à ‘egi a à e eatà ‘o e tusà i to à adà u e ,à no i isàeiusde à uoda à e a e teàPa o ià ilite,à uià“i ulisàdatu àa i atusàha e i ,ài àGUGLIELMOàDIà PUGLIA cit., p. 162. 503 La carica di protonotarius à dià o igi eà iza ti a.à Nelleà p o i eà iza ti eà dell Italiaà e idio aleà alà protonotarius spettavano compitià dià di ezio eà ell a i ist azio eà fis aleà delà θέ α. Sotto il governo normanno a questa istituzione spetta il censimento di terre e uomini. 504 Il camerarius è invece di origine normana, e la sua presenza è già attestata nei domini continentali normanni. Nasce come tesoriere ducale, sotto il regno di Ruggero II diventerà il camerarius palatii, al quale ie eàaffidataàlaà is ossio eàdelleàtasseàeàl a i ist azio eàdeià e iàdellaàCasaà eale. 505 á h essoàdiào igi eà iza ti a,àalàtitoloàdiàlogotheta spettano compiti di tipo amministrativo e finanziario. 506 “iaàall istituzio eàdelloàst atega,àdiào igi eà iza ti a,à heàalàvicecomes, di chiara origine latina, sono affidati compiti di amministrazione della giustizia e di riscossione delle tasse entro determinati distretti. 507 Non è sempre evidente a quali precise funzioni sia preposta ciascuna di queste cariche. Più in generale ai titoli qui elencati non sembra corrispondere un chiaro campo di responsabilità, che invece potevano aumentare o diminuire a seconda delle necessità del Regnum. Vedi JOHNS, Arabic Administration cit., p. 68. 508 Vedi GOFFREDO MALATERRA in questa tesi, p. 23. 502 109 Nonostante la co uistaàdell isolaà o à o du aàalloàste i ioàoàall es lusio eàdegliàága e ià di Sicilia, ma piuttosto proceda nella direzione opposta, il fattore religioso continua a permanere come discriminante fondamentale. Non è irrilevante inoltre che la consistenza u e i aà dell et iaà do i a teà lati o-normanna sia piuttosto debole e che questo dato i du aàià uo iàsig o iàadàaffida eàall élite cristiana greco-bizantina un ruolo fondamentale politico e insieme religioso - e t oàlaà io ga izzazio eàdell isola.àCosìàil Gran Conte, ricevuta laà legatio e à eatiàPet i…àpe àtota à“i ilia 509, ripristina, accoglie e favorisce il mondo o asti oà eà leà ge a hieà e lesiasti heà g e he,à poi h à fu zio alià aà u azio eà dià i istia izzazio e ,à oltaàaàst appa eàlaà“i iliaà a ài sole tiàsa a e aà a u 510. Nel 1072 quando i due Altavilla sono ormai entrati vittoriosi nella città di Palermo, tra i primi provvedimenti presi dai due fratelli vi è quello di richiamare immediatamente Nicodemo, l Archiepiscopus pale ita o,à ti idusàetà atio eàg ae us e lesiaà sa tià C ia i 512 511,àfi o aà elegatoà i àpaupe eà e di reintegrarlo nel suo ruolo originario. La ragione è che i Palermitani di origine greca mantengono - e manterranno anche in seguito - la liturgia in lingua greca e continuano a essere guidati spiritualmente dal clero bizantino. La sola i o azio eà à heà uest ulti oà o àdipe deàpiùàdalàpat ia aà aàdi etta e teàdalàso a oà normanno513. Cosìà Pale o,à pu à situataà ellaà pa teà o ide taleà dell isola, più pesantemente islamizzata rispetto a quella orientale, a partire dal momento in cui essa diventa sede della Curia regis con Adelasia, registra la presenza di una significativa serie di personaggi di origine greca che presentano un altissimo profilo politico e decisionale. In generale del resto tutta la corte è immersa in un contesto fortemente grecizzato, nel quale la lingua e la s ittu aà g e aà so oà o a aià d usoà uffi ialeà eà do eà loà stessoà ‘ugge oà IIà ie eà edu ato.à Significativo è il fatto che Ruggero II si circondi a corte di tutta una serie di letterati e 509 Ibidem, p. 344. C. GARUFI, I do u e ti i editi dell epo a o a a i “i ilia,àPale oà ,àp.à ;à a ài piisà“a a e is ài à GOFFREDO MALATERRA cit., p. 45. 511 GOFFREDO MALATERRA cit., p. 178. 512 Ibidem. 513 S. FODALE, La politique des Normands face à la pluralité des religions, in De la Normandie à la Sicile: Réalités, Représentations, Mythes, a cura di M. COLIN, M. A. LUCAS-AVENEL, Saint-Lô 2004, p. 113. 510 110 intellettuali greci, come il noto teologo Neilos Doxopatres514. Intorno a questo ambiente si compattano un grande numero di antiche e nobili famiglie di stirpe greca, da cui i sovrani normanni attingono una parte considerevole della nuova élite di governo. Molti sono dunque i nobili greci che nel regnum hanno un ruolo di rilievo515. Tra i più significativi e potenti è opportuno ricordare Cristodulo. Probabilmente nativo della Calabria, forse originario della zona di Rossano - come testimoniano i diplomi sulle importanti donazioni che lui stesso fa alla chiesa rossanense516 -, Cristodulo si trasferisce in “i iliaà i sie eà aà oltià suoià alt ià o te a eià sottoà l i pulsoà dellaà o uistaà o a a.à Cristodulo è sicuramente di nobili origini, dal momento che in diversi diplomi il suo nome appare accompagnato dal titolo di dominus517, o di ός518 oppure ύ ις519, o infine addirittura di splendidissimus ( εγα ε ιφα έσα ος)520. Se poco si sa della sua storia famigliare, è invece noto che sotto la reggenza di Adelasia prima, e sotto Ruggero II più tardi, Cristodulo percorre una carriera davvero notevole. Già nel 1104, prima ancora dunque che Palermo venga designata come capitale comitale da Adelasia del Vasto, Cristodulo (alle volte chiamato anche Christophorus) viene insignito del titolo di admiratus521, tra gli incarichi di più alta responsabilità in materia di amministrazione fiscale; incarico che conserva ininterrottamente ancora per tutto il regno di Ruggero II. Il suo nome, accompagnato da diverse forme del titolo, compare infatti in vari documenti datati in successione: ad esempio admirabilius combinato a quello di bonum notarium522 nel 1110, amiras e a 514 ι ᾶς523, o ἀ η ᾶς insieme a quello di ᾶ ο α ιος e protonotarius524 nel 1130. V. VON FALKENHAUSEN, Doxopatres, Nilo, in Dizionario biografico degli Italiani, 41, Roma 1992, pp. 610613; H. TAKAYAMA, Confrontation of Powers in the Norman Kingdom of Sicily, in Città e vita cittadina nei paesi dell a ea edite a ea. Secoli XI-XV cit., p. 550. 515 Come testimoniano i molti documenti redatti nel regno normanno in cui figurano nomi e personalità di origine greca. Vedi C. GARUFI, I do u e ti i editi dell epo a o a a i “i ilia cit.; S. CUSA, I diplomi greci ed arabi di Sicilia, Palermo 1868. 516 F. UGHELLI, Italia Sacra sive De Episcopis Italiae et insularum adjacentium, IX, a cura di N. COLETI, Venezia 1721, p. 292. 517 Ibidem. 518 S. CUSA, I diplomi greci ed arabi di Sicilia cit., p. 418. 519 Ibidem, p. 471; B. DE MONTFAUCON, Paleographia Graeca, sive De ortu et progressu literarum graecarum, Paris 1708, p. 396. 520 Ibidem. 521 UGHELLI, Italia Sacra cit., p. 292. 522 Ibidem, p. 429. 523 F. TRINCHERA, Syllabus Graecarum membranarum, Napoli 1865, p. 139. 524 B. DE MONTFAUCON, Paleographia Graeca cit., p. 399. 111 Nell estateà delà à glià ie eà affidatoà il comando supremo della spedizione marittima contro la città di Mahdyia e la dinastia degli )i iti,à sulleà osteà dell Ifriqyyia. A partire da uestoà o e toà all aspettoà fu zio a ialeà dellaà a i aà dià admiratus si affianca anche l i a i oà ilita e.à No osta teà laà spedizio eà isultià tutt alt oà heà feli eà eà C istoduloà siaà costretto a ritirarsi onde evitare una totale disfatta, la sua stella continua a brillare per molto tempo alla corte degli Altavilla. Il suo nome compare infatti ancora in un documento del 1139,ài à uià dig itasà … àP oto o ilissi atusàaàCh istiàa a teàDo i oà ost oà ollataà Chistoduloàá i ae 525, attraverso la concessione di un privilegio firmato da re Ruggero II in persona a coronamento del suo straordinario cursus honorum. áà a oglie eàl e edità di Cristodulo è un altro greco di origine bizantina, il cui nome àGio gioàdiàá tio hia.àGio gioà as eàp o a il e teài àá e iaà e soàlaàfi eàdell XIàse oloà da una famiglia di buona condizione, dal momento che segue studi di lingua araba e ragioneria. Dopoàa e àdatoà uo aàp o aài àá tio hiaàeài àalt eà itt àdellaà“i ia p op ieà apa it àeà o pete zeà ell àa 526 delle i ist azio eàdelàfis o,àsiàt asfe is eàadàal-Mahdyia presso la corte zirita di Tamîm ibn al-Mu'izz, che gli attribuisce uffici e cariche di grande importanza Tamîm gli diè potere sopra le sue entrate e le sue spese; lo fece soprintendere ai paga e ti dell e a io, di odo he il da a o dei Musul a i i ase tutto elle sue mani e dei suoi congiunti: pure le entrate pubbliche crebbero per opera sua527. Qua do,à o toàTa î ,àgliàsu edeàilàfiglioàYah ā,àGio gioàcade in disgrazia e quindi t a òà dià ipa a à p essoà ‘uggie o 528. I à g a à seg etoà l á tio he oà faà allo aà elaà e soà Palermo insieme ai suoi congiunti e, raggiunta la corte del re normanno, ne ottiene la protezione. 525 Ibidem, pp. 408-409; S. MORSO, Descrizione di Palermo antico ricavata sugli autori sincroni e i monumenti de te pi, Palermo 1827, p. 301. 526 IBNàHáLDUN,àKit à alà I ,àBAS, II, p. 206. 527 AT TIGĀNĪ, Rahlat, in BAS, II, p. 65. 528 IBN HALDUN cit., p. 206. 112 Arrivati in Sicilia, Abd Allâh an Naṣânî (il cristiano), preposto alla pubblica a i ist azio e di uell isola, li i piegò ella is ossio e e osì a uista o o riputazione529. A Palermo, Giorgio e i suoi famigliariàso oàa oltiàdall admiratus Cristodulo, noto p essoà ilà o doà a a oà a heà o à l appellati oà dià an Naṣânî, ovvero il Nazareno, il istia o.à“ i eàilà o istaà átàTigā īà heàsottoàl egidaàdiàC istodulo,àGio gioàa uista una buona posizione a corte e soprattutto agli occhi del sovrano. In seguito, proprio grazie alla o os e zaà dell a a o,à Gio gioà à i iatoà o eà apoà dià u aà legazio eà p essoà laà o teà egizia aàfati ide,àdallaà ualeà ito aà o à teso iàdaà e 530. Fittissima è infatti la trama di relazioni che l á tio he oà ài àg adoàdiàsta ili eà o àleàélites delle più importanti capitali del Levante - appunto il Cairo, ma anche Costantinopoli, Antiochia, Gerusalemme - grazie ai profondi legami con la potente comunità della diaspora armena dalla quale proviene. In seguito ai grandi successi riportati, Giorgio entra definitivamente nel favore di Ruggero II e, in occasione della spedizio eà o t oà laà apitaleà d Ifriqyyia, viene posto al comando dell a ataàsi ilia aàaàfia oàdiàC istodulo.àNo osta teà- come si è detto - la spedizioni si i elià u à o pletoà falli e to,à ilà pote eà eà l i flue zaà pe so aleà dià Gio gioà o ti ua oà aà crescere, tanto che a partire dagli anni trenta del XII secolo subentra definitivamente a Cristodulo nella carica massima di admiratus. La novità istituzionale che accompagna questo suo incarico è che il titolo di admiratus adesso prevede la convergenza nelle mani dell á tio he oà o à soloà delà t adizio ale ruolo amministrativo e funzionariale, ma - in ordine alle grandi capacità che Giorgio ha negli anni dimostrato di possedere sui campi di battaglia - anche e definitivamente quello militare, quando le circostanze lo richiedano. 529 530 AT TIGĀNĪ cit., p. 66. Ibidem. 113 Nam Georgium virum utique maturum, sapientem, providum, et discretum, ab Antiochia abductum, magnum constituit Ammiratum, cujus consilio et prudentia in mari et terra victorias multas obtinuit531. Dunque, nella persona di Giorgio di Antiochia, il titolo di ammiraglio evolve progressi a e te,à a u ula doà u à pote eà se p eà aggio e,à dià doppioà isi atoà dellaà spadaà eà dellaà pe a 532, diventando magnum, e poi maximus533. Intorno al 1126 viene insignito della carica di admiratus admiratorum534 e di ἄ χω ῶ ἀ χό ω 535; carica che Giorgio occupa ininterrottamente grazie a una serie di straordinari successi militari e di alt etta toàst ao di a ieà o pete zeàa i ist ati e,àfi oàallaà o te,às i eà I à alà áti ,à sop aggiu taà pe à ilà o pli a sià dià pa e hieà alattie,à t aà leà alt eà e o oidià eà ilà al di piet a 536 tra il 7 e il 20 aprile del 1151. Con questo enorme potere, Giorgio diventa uno dei principali fautori della riforma amministrativa, il cui risultato è lo sviluppo della cancelleria trilingue e multiculturale del Regno normanno. Altre ancora sono le nobili famiglie greche che riescono a ritagliarsi ampie fette di pote eàallaà o teàdià‘ugge oàII,àpe àese pioàlaà asataàdell admiratus Eugenio e quella dei G affeus.ààI peg ateà i à o t olàofàtheà holeàfis alào ga izatio 537, esse creano delle vere e proprie dinastie, al cui interno titoli e onorificenze si tramandano di padre in figlio. Così a Eugenio segue nella carica di admiratus ilàfiglioàGio a ià heàilàTelesi oàdefi is eà i u à scilicet in rebus bellicis prudentissimum atque strenuissimu i peg atoà ellaà o 538 e che troviamo nel 1131 uistaàdiàá alfiàalàfia oàdell admiratus admiratorum e poi in molte altre vicende belliche sul continente. E non da meno è Nicola, che dello stesso Eugenio è 531 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 233. AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 234. 533 ALESSANDRO DI TELESE cit., p. 104. 534 Vedi R. PIRRI, Sicilia sacra, disquisitionibus et notitiis illustrata, ubi libris quatuor, postquam de illius patriarcha et metropolita disquisitum est: a christiane religionis exordio ad nostra usque tempora, cujusque praesulatus, majorumque beneficiorum institutio, archiepiscopi, episcopi, abbates, priores, singulorum jura, privilegia, praeclara monumenta, civitates dioeceseon, cum praecipuis earum templis religiosisque familiis, atque viri siculi, vel sanctitate, vel doctrina illustres, concinentur, explicantur, auctore... Don Roccho Pirro, a cura di S. MONGITORE, II, Palermo 1733, p. 774. 535 G. SCHLUMBERGER, Sigillographie de l'Empire Byzantin, Paris 1884, p. 343. 536 IBNà áLà áTI‘à it.,àp.à . 537 E. JAMISON, Admiral Eugenius of Sicily cit., p. 39. 538 ALESSANDRO TELESE cit., p. 104. 532 114 figlio cadetto, e che riveste ruoli importanti in seno alla curia539. Anche i Graffeus ricoprono incarichi di rilievo, tra cui quello di admiratus540, e pare che addirittura Ruggero II nel 1139 conferisca loro il feudo di Partanna e, con esso l oppo tu it à dià da à itaà aà u aà sti peà baronale di rilievo non secondario. In ogni caso gli uomini che ricoprono la carica di ammiratus, Teodoro, Basilio e Michele, figlio di Giorgio, sono tutti di origine greca541. Un ultimo importante personaggio di estrazione greca entro la curia normanna, che Giu taàa o e aàt aàià Bizantini «novi» 542, è Maione di Bari. Nato nei primi decenni del XII se oloàdaàu aàfa igliaàdell élite cittadina barese, Maione cresce sotto il dominio dei principi o a i.àDià hia aào igi eàg e a,à o eàtesti o iaàa heàsoloàl o o asti aàfa iglia e543, la famiglia de Reyza svolge nella città di Bari la professione notarile. Non vere probabilmente dettate da un profondo odio di parte - sono le testimonianze dello pseudoFal a do,à heà o àdisp ezzoàdes i eàMaio eà o eàu àu ileà oleià e dito e pate à oleu à Ba ià e de eà o sue e at ge e is 546, 545,à sottoli 544,à uiusà ea do eà laà ig o i iosaà o s u itasà giacché proprio il padre Leone svolge il ruolo di regalis judex Barensium già dal 1119 e in seguito quello di protojudex. Ed è proprio sulle orme paterne che Maione intraprende la carriera di notarius fin dalla giovane età, per poi perseguire una carriera ben piùàa iziosaàeàfo tu ata.àE t atoài à o tattoà o àilà e,àp o a il e teài àseguitoàall assedioà e la presa di Bari del 1139, Ruggero II lo vuole infatti con sé a corte nella funzione di scrinarius nel 1140, poiché - come segnala Romualdo Guarna nella sua Chronica uti ueàfa u du ,àsatisàp o idu ,àetàdis etu 547. iu à A partire da questo momento, grazie alle sue straordinarie capacità amministrative e decisionali,à l as esaà dià Maio eà isultaà inarrestabile548. Fatto vice-ca ellie eà aglià o di ià dell i gleseà ‘o e toà dià “el 539 549, ricopre E. JAMISON, Admiral Eugenius of Sicily cit., p. 38. Ibidem, p. 34. 541 TAKAYAMA, Confrontation of Powers in the Norman Kingdom of Sicily cit., p. 548. 542 F. GIUNTA, Bizantini e Bizantinismo, Palermo 1950, pp. 87-95. 543 Il padre porta il nome di Leone, la madre di Kuraza, la sorella maggiore Eustachia e il fratello minore Stefano. 544 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 33. 545 Ibidem, p. 17. 546 Ibidem, p. 32. 547 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 235. 548 Vedi A. GABRIELI, Un grande statista barese del secolo XII vittima dell'odio feudale, Trani 1899, p. 12. 549 Dottoàeào estoài gleseà hia atoàdalà eà‘uggie oàdià“i ilia:àsoste eàuffi ià ilita iàeà i iliàdiàg a à o e toà edàe eàilàgo e oàdiàPugliaàeàCala ia .àIbidem, in nota; vedi anche nota 46 in TAKAYAMA, Confrontation of Powers in the Norman Kingdom of Sicily cit., p. 548. 540 115 questa carica per circa sette anni, per poi subentrare a quella di Cancellarius nel 1153. La oàsu essi oàilà àap ileàdelà ,àgio o di Pasqua, contemporaneamente alla salita al trono di Guglielmo I, viene infine investito dal sovrano della carica più esimia, di magnus admiratus admiratorum. Si concentrano così nelle mani di Maione i maggiori poteri in te i iàdià o t olloàdell a i ist azio eàdelà eg oàeàdià o duzio eàdell ese ito.àDisti tosià pe àl effi a iaà ellaà o duzio eàdià uestoàuffi io,àMaio eàdi e taàlaàp i ipaleàa aà o à uià la monarchia siciliana tiene a bada, colpisce e castiga la sempre più inquieta nobiltà normanna del o ti e te.àCosìàfi oàall a oàdellaàsuaà o teà elà ,àpe àope aàdiàMatteoà Bo elloàeàdeià o giu ati,àsiàpuòàdefi i eàMaio eàl uo oàpiùàpote teàdelà eg o,àsecondo solo allo stesso sovrano in quanto alle sue sole e dirette dipendenze; tanto potente che un non poco preoccupato pseudo-Fal a doàs i eàdiàluià heà ia àadàidàpe e e atàpotestatis,àutà o àta àád i ati,à ua à‘egisà ide etu àp aeditusàdig itate dià ilie oà fi o aà des itti,à Maio eà p opi dig itates 551, 550. Come altri tra i personaggi uisà età affi i usà suisà a i asà Regni conferat riuscendo a creare una vera e propria rete di potere famigliare entro la struttura funzionariale del Regnum. Il cognato Simone, marito di una delle sorelle minori di Maione, è da lui insignito prima del titolo di Senescalcus a o te,àeài àseguitoàdià totiàápulieà a à Te eà La o isà agist u à apita eu “tepha usà Maio isà filius,à eiusde 552. Assurgono inoltre alla carica di Ammiraglio ueà f ate à “tepha us 553; al fratello in particolare, Stefano de Reyza, sono affidati importanti ruoli militari, prima in Puglia e in seguito come comandante della flotta nelle vittoriose campagne contro Bisanzio, che spianano la strada alla pace trentennale tra i due regni nel Mediterraneo orientale. Ai parenti più prossimi si deve poi aggiungere uno stuolo di collaboratori stretti - cuore della familiaritas di Maione - cui vengono assegnati funzioni di grande rilevanza, e tra i quali spicca Matteo Notarius, il piùàfidatoàt aàiàsuoià oadiuto i,à uiàplu i u àilliàfa ilia isàe tite at 554. In conclusione si può ben dire che la comunità greca di origine bizantina ricopra una posizio eà dià fo da e taleà i po ta zaà all i te oà delà eg oà o a all i flue zaà ultu aleà heài àge e aleà ài àg adoàdiàese ita eàeàallaà o 550 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., pp. 24-25. Ibidem. 552 Ibidem. 553 Ibidem, p. 45. 554 Ibidem. 551 oà dià “i ilia.à G azieà etaàp ese zaàdià 116 figure di grande caratura, essa diventa - insieme al mondo arabo e ovviamente a quello latino - una delle colonne su cui poggiano le fondamenta del regnum, nonché la sua eccezionale quanto breve fortuna. Nonostante la grande importanza istituzionale e soprattutto culturale, accade tuttavia che l ele e toà g e oà eà sop attuttoà uelloà musulmano vadano inevitabilmente incontro a un lento e progressivo declino che nel giro di un secolo conduce alla loro quasi completa sparizio eàdall isola.àPe à ua toà igua daàià “a a e iàdià“i ilia,àsià àdettoà elà o soàdià uesteàpagi eà o eàessiàsia oài se itiàall i te oà della nuova società normanna in una posizione di assoluta subordinazione nei confronti dei conquistatori. Sebbene la conquistaàdell isolaà o àseguaàleàdi ett i iàp op ieàdelleàgue eàdià religione - come testimonia la protezione e la libertà di culto garantita dal sovrano nel secolo e mezzo circa di dominazione normanna - la comunità musulmana subisce un pesante processo di cristianizzazione e latinizzazione. Nei suoi confronti sono attuate i u e e olià p essio i,à u iteà aà uelloà heà á a ià defi is eà olestoà p oselitis o 555, in o eàdelà ualeà iàC istia iài pu e e teàst appa a oàiàfigliuoliàalleàfa iglieà usul a e,à sotto specie dià o e ti li le oà eà daà ual heà 556.à Moltià Musul i ist oà delà e 557, a ià du ue,à olestatià o essià e a oà dalà si convertono al cristianesimo nel tentativo di mettere fine a questa condizione di estrema precarietà, oppure emigrano verso il Nord Africa o al-Andalus. Per parte sua il mondo greco-bizantino siciliano, che pure segue un o soà o pleta e teàdisti toàdià i e de,à o à i a eàese teàdall esse eàp ofo da e teà latinizzato. Le stesse gerarchie religiose greche, cooptate entro la nuova struttura ecclesiastica messa in piedi dai signori normanni al loro arrivo, sono progressivamente inquadrate entro la politica di fidelitas Romanae Ecclesiae imposta dai sovrani normanni558, fu zio aleàall affe l i izialeà i 555 azio eàdellaàp op iaàso a it àsulàte ito io.à“i h ,àu aà oltaàsuperata e essit à dià sosteg o,à ià o a hià o a ià p o edo oà alà defi iti oà uad a e toà delà le oà g e oà all i te oà dià u aà Chiesaà dià si u aà fedelt ,à u aà Chiesaà AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 353. Ibidem. 557 Ibidem, p. 357. 558 Vedi C. D. FONSECA, Le istituzio i e lesiasti he dell Italia e idio ale e ‘ugge o il G a Co te, in Ruggero il G a Co te e l i izio dello “tato o a o, Atti delle se o de gio ate o a o-sveve, Bari 1991, pp. 4366. 556 117 o a a 559,àeàpiùài àge e aleàall asso i e toàdellaà esiduaàpopolazio eàg e o-cristiana in una società inevitabilmente sempre più latinizzata. III.4. Gli ebrei di Palermo. Quando si voglia porre in luce Palermo come centro multietnico e multiculturale, non si può dimenticare che la città registra contestualmente la presenza non secondaria di u aà fio e teà o u it à e ai a.à I sedia e tià e ai ià sull isolaà so oà attestatià gi à i à et à romana, dunque quella della comunità giudaica in Sicilia è una storia di lungo corso. Sotto ilàdo i ioàaghla itaàd Ifriqyyia dal quale dipende formalmente anche la Sicilia, le comunità e ai heà godo oà dià u aà e taà p ospe it à eà ià suoià e ià fa oà pa teà dià u élite i tellettualeà heàsiàdisti gue aàsop attuttoàpe àlaàp ati aàdellaà edi i a 560, in ragione della quale sono tenuti in gran conto presso emiri e signori. Purtroppo poche sono le fonti elati eà alà Xà eà all XIà se olo,à aà daà iòà heà sià t o aà s ittoà elleà osiddetteà Lettere della Gheniza siàe i eàlaàp ese zaàdiàe po iàte utiàdaà e a tiàe eiài àdi e seàzo eàdell isola,à anche e soprattutto a Palermo. Certo à heàI XIàse oloà app ese taàpe àleà o u it àe ai heài sediateàsulleàspo deà e idio aliàdelàMedite a eoàu àpe iodoàtutt alt oà heàse pli e.àI àal-Andalus e in Nord Africa infatti si afferma la dinastia berbera degli Almoravidi, i cui membri, per nulla propensi al mantenimento di collettività religiose estranee alla umma islamica entro i propri territori, danno avvio a una politica di persecuzioni e conversioni forzate nei confronti di ebrei e cristiani. Molte delle comunità giudaiche che non si piegano, sono così costrette a fuggire verso i territori più marginali del dar al-islām. Una delle mete privilegiate è proprio la Sicilia561, la cui capitale diventa ben presto sede di una delle comunità ebraiche più u e oseà eà fio e tià d Italia.à I à uelà pe iodoà tutta iaà l isolaà à tutt alt oà heà pa ifi aà eà laà Sicilia musulmana sta vivendo il suo momento di massimo declino, dovuto agli 559 S. FODALE, Il Gran Conte e la Sede apostolica, ibidem, p. 31. F. CRESTI, Gli e ei ella sto ia dell O ide te isla i o,ài à á hi ioà“to i oàpe àlaà“i iliaàO ie tale ,àXCVIIà (2001), Catania 2008, p. 15. 561 Vedi ibidem. 560 118 sconvolgimenti provocati dalla guerra civile562.à áll a i osit à i te aà alà si ilia o,àsiàaggiu geài fi eàl a i oàdeiàNo a o doà a a oà iàlaà uiàpluridecennale guerra di conquista p o o aà g a dià pati e tià t aà laà popolazio eà i ile,à ta toà heà ell ulti oà s o ioà dià uelà medesimo secolo si segnala nuovamente un certo flusso migratorio che ha tra i suoi protagonisti la popolazione ebraica e per destinazione le terre del Nord Africa. Questa tendenza tuttavia si esaurisce e si registra un andamento opposto non appena il dominio degli Altavilla si co solidaàeàl isolaàsiàpa ifi a.à Sotto il dominio musulmano gli Ebrei, così come i cristiani, rientravano nello status giuridico e sociale della dī a, che prevedeva una generale condizione di inferiorità e costringeva al pagamento della jīz a e ad altri obblighi, tra cui il vestire in pubblico un simbolo che li facesse riconoscere come tali. Quando ai signori musulmani si sostituiscono ià uo iàdo i ato ià o a i,àlaà o dizio eàdell E eoàsi ilia oà i a eàp esso h ài a iata.à No osta teàl i possi ilit àdiàmettere fine allo status di inferiorità giuridica e sociale se non attraverso la conversione, alla comunità ebraica è tuttavia concesso dai dominatori - prima musulmani e in seguito normanni - di esprimere di fatto meccanismi di autogoverno: è infatti consentito loro di avere propri magistrati cittadini che amministrino la comunità, proprie regole comunitarie, propri giudici che comminino le pene iuxta suam legem e una gestio eà delà tuttoà auto o aà dell appli azio eà dellaà fis alit à egiaà all i te oà dellaà collettività giudaica563. Dalà o e toà heà all E eoà à fattoà di ietoà dià possede eà te eà eà fa eà oggettoà dià compravendita sino a un editto di Guglielmo I nel 1161, e se u à h istia u à e à e de eà nec comperare audeat nec ex aliquo titulo possidere seu pignori deti e eàs hia iàeàse i 564, lu goà tuttoà l a oà dellaà do i azio eà o à daà a aà i à “i iliaà si oà all espulsio eà delà parte dei re cattolici di Spagna, le comunità ebraiche si concentrano solitamente Pe à u atte taà a alisià dellaà p ese zaà e ai aà elà pe iodo delle guerre civili che sconvolgono la Sicilia islamica entro le Lettere della Gheniza vedi: M. GIL, Sicily 827-1072, in light of the Geniza documents and parallel sources, in Italia Judaica. Gli ebrei in Sicilia sino all'espulsione del 1492. Atti del V convegno internazionale Palermo, 15-19 giugno 1992, Roma 1995, pp. 96-130. 563 S. MAZZAMUTO, I. MINEO, Sulla condizione giuridica degli ebrei in Sicilia, ibidem, p. 455. 564 B. LAGUMINA, G. LAGUMINA, Codice diplomatico degli Giudei di Sicilia, documento XIII, I, Palermo 1884, p. 11. 562 119 ell a ie teàu a o,ài à ua tie i àde o i atiàgiude he565. Palermo, in quanto capitale, ospitaàlaàpiùàg a deàeàp ospe aà o u it àgiudai aàdell isola.àáàtalàp opositoàBe ia i oàdaà Tudela nelle pagine del suo resoconto di viaggio, annota la straordinaria cifra di millecinquecento famiglie ebraiche residenti nella Palermo del XII secolo566. Gli Ebrei sotto gli Altavilla, pur se riconosciuti come membri della civitas Panormi a tutti gli effetti, sono tuttavia considerati cittadini di seconda classe e, come i musulmani, legati direttamente alla Curia regis e alla figura del sovrano per la sicurtà di beni e persone. Nei loro confronti sono inoltre attuate tutta una serie di restrizioni giuridiche e sociali, tra cui il divieto di poter ricoprire alcuna carica pubblica o amministrativa al di fuori della stessa comunità giudaica. A dispetto di queste limitazioni tuttavia viene riconosciuta agli Ebrei l assolutaàli e t àdiàs olge eà ualsiasiàatti it àeàp ofessio e.àPe à uestaà agio eàsiàt o a oà membri della comunità ebraica siciliana in situazioni sociali assai differenziate: dalla condizione di servi concessi dalla corona a titolo di feudo, a quella di poveri salariati, a quella infine di rispettati artigiani e ricchi mercanti. Gli Ebrei siciliani, e in particolar modo quelli della comunità di Palermo, ricoprono in effetti da sempre un ruolo di grande rilievo o e ialeàall i te oàdellaà o pagi eà ittadi a.àG azieàallaàfittaà eteàdià elazio ià heàsià fo daàsullaà oesio eàdellaàsti pe àeàsuà uiàgliàEbrei sono in grado di contare a prescindere dallo stato in cui si essi si trovano, storicamente queste comunità occupano un canale p i ilegiatoàe t oàilàsiste aà o delleà epu e ialeà edite a eo.àE àsoloà o àl i a esta ileàas esaà li heà a i a eàaàpa ti eàdall XIàse oloàeàl e o eà es itaàe o o i aàdeiàpaesià musulmani sulle coste del Mediterraneo meridionale, che il peso del commercio praticato dai Radhaniti diminuisce ed entra progressivamente in declino567. Il mercato ebraico è così costretto a ristrutturarsi completamente: esclusi da molti dei più fruttuosi rami del commercio marittimo ormai in mano esclusivamente alle repubbliche marinare e ai 565 La giudecca di Palermo non nasce perché voluta e ordinata dalle autorità cittadine, ma piuttosto dalla atu aleàte de zaàall agg egazio eài àdete i ateàpa tiàdellaà itt à heàsià egist aàp essoàleà o u it àe ai heà delàte po.à Essa non è mai struttura urbana di fondazione, progettata, ma aggregato funzionale organico, nel quale si distinguono nodi riconoscibili e funzionalmente identificabili: la sinagoga o meschita, gli allineamenti commerciali e artigianali, i bagni, mentre il cimite oà i a eàfuo iàdiàessa ,ài :à‘.àLáàF‘áNCá,à Caratteri insediativi e memoria dei luoghi ebraici di Sicilia, in Italia Judaica cit., p. 256. 566 BENIAMINO DA TUDELA, Libro di viaggi cit., p. 95. 567 Vedi E. ASHTOR, Gli ebrei nel commercio mediterraneo nell'alto medioevo (secc. X-XI), in Gli orizzonti aperti. Profili del mercante medievale, a cura di G. AIRALDI, Torino 1997, pp. 60-78. 120 potentati musulmani, i mercanti ebrei - e non solo in Sicilia - puntano al mercato di lusso. Come molti altri correligionari sparsi per il Mediterraneo, i mercanti ebrei di Palermo mirano dunque al commercio di poche, preziosissime e poco voluminose merci. I Radhaniti palermitani si impegnano nella compravendita e nello smercio di oggetti preziosi quali perle, corallo e soprattutto seta e tessuti di pregio - di cui gli Ebrei sono abili lavoranti desti atià aà po hià eà i hià o p ato i:à apià dell a o teàeàdell altaàa isto aziaàpale i ist azio eà pu li a,à e ià dellaà ita aàeàdiàtuttoàilà a i oà edite a eo568. La condizione di relativa tranquillità e prosperità che gli Ebrei vivono sotto il dominio normanno è interrotta solamente da sporadici tentativi di conversione forzata attuati dalla corona e dovuti al crescente peso della Chiesa latina entro la Curia regis, come alà te poà ‘ugge oà II,à ilà ualeà i aà fi e à aute à itaeà suae secularibus negotiis aliquantulum postpositis et omissis, Iudaeos et Sarracenos ad fidem Christi convertere odisào i usàla o a at 569. Tale congiuntura, nonostante tutto piuttosto favorevole alla comunità giudaica siciliana e soprattutto a quella palermitana, conoscerà invece un netto peggioramento nel momento in cui il giovane imperatore svevo Federico II sale al trono. Le ragioni consistono nell a es iutoàpote eàdellaàChiesaàsull isolaàeànelle forti pressioni che essa è in grado di esercitare in questo senso, nell i posizio eàdià uo eà est izio i,àdià uo eà prestazioni nei confronti della casa reale e di tasse sempre più elevate da pagare allo stato. III.5. L ele e to lati o. Come si è più volte scritto, al momento della conquista la popolazione latina è in “i iliaà etta e teà i o ita ia,àseà o à o pleta e teàasse te.àPale ui,àp i aàdell a i oàdeiàNo a oà àl u i aà itt ài à i,àsià egist aàlaàp ese zaàdiàu aà o u it àlati aàdiàu aà certa consistenza, composta con buona probabilità da mercanti pisani570. Dal momento che glià a ita tià dellaà epu li aà a i a aà saepiusà a alià o e ioà Pa o u à lu atu à 568 Ibidem, pp. 91-98. ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 235. 570 I. PERI, “ull ele e to lati o ella “i ilia No Siciliani, II, Palermo 1954, p. 4. 569 a a, in Bollettino del Centro di Studi Filologici e Linguistici 121 e i eàsolitiàe a t o ittadi i,à 571, si può ipotizzare che in città fosse presente un certo numero di loro o pag ià oà al e oà uo i ià dellaà stessaà fede 572. Sono, con ogni verosimiglianza, gli stessi uomini che vivono nei pressi della Cala e che nel 1063 cercano l allea zaà o à ià No usul a ià dià Pale upie tes a o,à i,à i ita doà ilà gio a eà o teà ‘ugge oà aà i te e i eà o t oà ià uasda à i ju iasà a à ipsisà Pa o ita isà passi vindicari 573. I àog ià asoàl appo toàdei Latini i àte i ià u e i i,à o àl a i oàdeiàp i iàNo a ià sull isola, resta poco incisivo; è infatti significativo che la compagnia stessa dei milites guidata da Ruggero sia inizialmente così ridotta da obbligare il Gran Conte a richiedere effettivi al fratello Guiscardo, in cambio di munera eàp o esse.àá o aàt e t a iàpiùàta di,à quando nel 1091 i Normanni di Ruggero portano a termine la presa di Noto, ultima o afo teà usul a aàdell isola,àlaàp ese zaàdiàLati iàsull isolaà o ti uaàaàesse eàs a sa.àáà testi o ia loà àl i iziati aàdell álta illa,àilà uiào ietti oà o sisteài a zituttoà ell i teg a eà le élites arabe e greche preesistenti all'interno dell'apparato amministrativo e burocratico del neonato possedimento, e in secondo luogo nel sostenere e incoraggiare flussi migratori, di ettià e soàl isola,àdiài di iduiàeàfa iglieàp o e ie tiàdallaà o ilt àdell Eu opaào ide tale.àà I à “i ilia,à o eà i à p e ede zaà elà estoà delà Mezzogio o,à ià No a ià i fattià non erano ge teà e utaà i à f otteà aà sta zia eà elà paeseà o upatoà … ,à o à ese itoà o di atoà heà si et i a e teà s adagiasseà i à asaà de à i ti 574. Giunti in territorio italico agli inizi del secolo undicesimo come bande di pellegrini e mercenari, alla ricerca di redenzione e soprattutto di fortuna, i Normanni sono i protagonisti della convulsa conquista del Sud Italia ai danni di Bisanzio, ma anche dei Longobardi, del papato e del mondo islamico. Procedendo in maniera disordinata e secondo direttrici pressoché casuali, questi guerrieri - cavalieri e membri della piccola nobiltà in cerca di status - non sono una compagine militare organizzata e unitaria, animata da una qualche coesione di stirpe, né tantomeno dall i te toà dià aggiu ge eà u à p e isoà eà o u eà o iettivo strategico. Si presentano piuttosto come una nuova e pericolosa realtà, variegata e poliedrica al proprio interno, che, 571 GOFFREDO MALATERRA cit., p. 150. PERI, “ull ele e to lati o ella “i ilia No a 573 GOFFREDO MALATERRA cit., p. 150. 574 AMARI, Storia dei Musulmani cit., III, p. 146. 572 a cit., p. 4. 122 in virtù della propria dirompenza, tende non solo allo stanziamento su nuove terre ma, mossa da una progressiva quanto irrefrenabile spinta, ad allargare questi nuovi domini e ad acquisirne di nuovi. Sin dagli albori della conquista le bande di Normanni che discendono dalla Francia, sono dunque formate da milites provenienti non solo dalle terre propriamente normanne, ma anche da altre regioni d'oltralpe come Fiandre e Bretagna. A tale proposito Hubert Hou e àsostie eà heà u à ua to,àoàfo seàpe si oàu àte zo,àdeiàNo il Sud non proveniva dallaàNo a dia 575. Certo della Normandia - p otago isteàdellaà o a ià heà o uista o oà l ele oàdelleàfa iglieà eal e teào igi a ieà uistaàdell isolaàoà heàsiàagg ega oà eià omenti immediatamente successivi legandosi agli Altavilla attraverso rapporti vassallatici e una fitta rete di politiche matrimoniali - è significativo. Tra quelle più in vista e potenti basti citare le casate dei d É eu , dei Culchebret, dei Say (o de Sées), dei Malcovenant, dei Grandsmesnil, dei de Lucy, degli Avenel, dei Berlais, dei Bonnel, dei Mortain, dei Mallabret576. Ma altrettanto significativa è la presenza di cavalieri e di casate che, pur avendo altra provenienza regionale, le affiancano ponendosi alàseguitoàdegliàálta illa.àE à questo il caso di Roberto d E u , membro della casa comitale di Provenza, o dei Borello, dis e de tiàdiàu aàdi astiaàf a aàoàlo go a da,àsta ziatasiàfi àdall epo aàdiàCa loàMag oà in Abruzzo577. Il più attento dei cronisti normanni per quanto attiene a notizie di questo genere è Goffredo Malaterra, che nel suo De Rebus Gestis riferisce diversi nomi di cavalieri o di ecclesiastici non normanni, ma comunque francesi, presenti fin dagli esordi al seguito di Ruggero, dei quali spesso si preoccupa di indicare anche la terra di provenienza. Ad esempio scrive il cronista di un tale E is a do,à o aggiosoà gue ie o,à o toà elà o soà dell assedioà dià Tao atio eà B ito 578, i aà elà te tati oà dià sal a eà ‘ugge oà eà pe à uestaà ragione onorato per volontà del Conte stesso con magnifici onori funerari. Altra informazione riguarda la creazione, tra il 1087 e il 1088, delle diocesi di Mazara, Agrigento, Cata iaàeà“i a usa.àL auto eà itaà o eàeàp o e ie zaàdeià es o ià he,àpe à ole eàdià‘ugge o,à 575 Vedi H. HOUBEN, I Normanni nel Sud, in Studi in onore di Salvatore Tramontana, Avellino 2004, pp. 269280. 576 Vedi L. R. MÉNAGER, Inventaire des familles normandes et franques émigrées en Italie méridionale et en Sicilie (XIe-XIIe siècles), in Roberto il Guiscardo e il suo tempo, Atti delle prime giornate normanno-sveve, Roma 1975, p. 320. 577 Ibidem. 578 GOFFREDO MALATERRA cit., p. 213. 123 so oà aà esseà p eposti:à laà sedeà epis opaleà dià ág ige toà à affidataà aà Ge la do,à állo ogu 579, la diocesi di Siracusa viene attribuita a Ruggero, chierico provenzale, e i fi eà uellaàdiàCata iaà àasseg ataàadàá ge io,à atio eàB ito e “e o doàG aha àLoudà toàge ui eàNo o a atio eà a s 581, ma 580. eà ustà o ti ueàtoàassig àaàp i a l à oleài àtheà o uestà questo non contraddice il fatto che fin dagli albori del dominio oài à“i iliaàl ele e toàlati oà app ese tià o àsoloàu aà i o a za,à aàa heàu à gruppo piuttosto multiforme e variegato al proprio interno. A ben vedere, anzi, questa poliedricità cresce, man mano che si stabilizza il controllo degli Altavilla. Essi infatti, fin dai tempi del Gran Conte Ruggero, danno avvio a un progressivo, seppur lento e per niente uniforme p o essoàdiàlati izzazio eàdelà o doàsi ilia oàa heàatt a e soàl i po tazione di elementi provenienti da diverse province francesi e da zone del Piemonte e della Lo a dia.àIlàfattoà à he,àpiùài àge e ale,à iàNo a iàe ig atiàalà“udàe a oàsolta toàal u eà migliaia, e rimasero quindi un minoranza in un paese popolato da gente di lingue e religioni di e se 582.à L e ig azio eà o a aà erso il Sud Italia e in particolare verso la Sicilia continua così i à a ie aàp esso h ài i te ottaàpe àtuttoàilà o soàdell XIàse oloàeàdu a teàià primi anni del XII. Una famiglia normanna di rilievo - oltre a quelle già segnalate nelle pagine precedenti - giunta alla corte palermitana dove acquisisce un peso non indifferente dal punto di vista politico, è quella dei Guarna, potenti nelle Puglie e nel Salernitano. Ramo cadetto della famiglia degli Altavilla, i Guarna discendono da Goffredo, quarto figlio as hioàdiàTa edi,à apostipiteàdellaàsti peàdegliàálta illa,à ge tiluo oàdià o ilt à ezza a,à dià s a soà a e e,à dià g a à fo zaà eà o aggio 583. Il nome Guarna pare derivi da una diffusa consuetudine, per cui avendo Goffredo ucciso nella battaglia di Civitate del 1053 combattuta contro le forze congiunte di Impero e Papato, un condottiero imperiale di nome Werner, ne acquisisce poiàl o o asti a584. Personaggi di altissimo rilievo alla corte degli Altavilla, appartenenti a questa illustre gens, sono Silvestro di Marsico, cugino di 579 Ibidem, p. 282. Ibidem. 581 G. LOUD, Ho No a as the No a Co uest of “outhe Ital , in Conquerors and Churchmen Norman Italy, a cura di G. LOUD, Farnham 1999, pp. 19-20. 582 HOUBEN, I Normanni del Sud cit., p. 274. 583 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 30. 584 LOUD, Ho No a as the No a Co uest of “outhe Ital cit., p. 22. 580 124 Ruggero II, capace soldato e uomo politico, e Romualdo Guarna, arcivescovo di Salerno, cronista e membro della familiaritas regis. E à el corso del secolo XII heà leàdi ett i ià eà l ampiezza dei flussi migratori vanno modificandosi585. Si assiste infatti al progressivo esaurirsi dell e ig azione dalle zone della Normandia e si registra per contro un forte aumento di immigrati che provengono da altre p o i eàdellaàF a iaàeàdell Europa, come gli inglesi Roberto di Selby586, Thomas Brown587, Florius de Camerota588, o come Riccardo Palmer, ordinato arcivescovo di Siracusa da Guglielmo I e tra i grandi protagonisti della Curia regis normanna per circa un trentennio sotto il regno dei due Guglielmi. A tal proposito lo stesso Falcando nel suo Liber avverte che ‘ugge oà IIà T a salpi osà a i e,à u à a à No th a isà o igi e à du e et,à s i et ueà Francorum gentem belli gloria caeteris omnibus anteferri, plurimum diligendos elegerat, et p ope siusàho o a do 589. Una tale tendenza del resto si era già affermata sotto il regno del Gran Conte nel tentativo di bilanciare la grande discrepanza di numero tra i conquistatori franco- o a iàeàl ele e toài dige oàa a o-greco. Questi flussi migratori heà a atte izza oàilàdo i ioà o a oàsull isola,àte do oàaà proseguire sotto la reggenza delle rispettive regine-madri, Adelasia del Vasto e Margherita di Navarra. Entrambe infatti, al fine di rafforzare il proprio potere, continuano ad affiancare alla corona cavalieri, funzionari e chierici provenienti dai rispettivi ambiti famigliari o terra di origine, in modo da rimpolpare le fila del Regno con elementi provenienti dal più affine ambiente italico-germanico e franco-ispa i o.àNell ulti oàde e osìàa ioàl i ig azio eài à“i iliaàdeià osiddettiàLo ioàdell XI secolo prende a di.àNelà‘eg oàgiu go oài di iduiàeà intere comunità da diverse zone del Piemonte e della Lombardia, in cerca di terra e fortuna. Quella dei Lombardi risulta essere, per intensità e durata, una vera e propria migrazione, che coinvolge gruppi anche molto numerosi, caratterizzati al loro interno da forti differenze e o o i heàeàso iali.àLaà agio eàdell a i oà assi ioàdià olo iàdall Italiaàsette t io aleà à da ricercare in cause diverse, ma strettamente concatenate le une alle altre: la pesante 585 Ibidem, p. 21. Vedi nota 549 in questa tesi, p. 114. 587 Potente magister cappellanus sotto il regno di Ruggero II. Vedi nota 46 in TAKAYAMA, Confrontation of Powers in the Norman Kingdom of Sicily cit., p. 548. 588 Ricopre la carica di Justiciarius ininterrotamente sotto il regno normanno. Vedi ibidem. 589 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 287. 586 125 dep essio eà e o o i aà heà staà olpe doà uestià te ito ià aà pa ti eà dall a oà ille;à laà conseguente forte pressione demografica; soprattutto il progressivo formarsi dei comuni, che porta alla crisi dei poteri tradizionali590. La stessa importante famiglia marchionale degli Aleramici, alla quale appartiene la regina Adelasia, è direttamente coinvolta in questi movimenti: in questo periodo giunge infatti a Palermo Enrico del Vasto, figlio del marchese Bonifacio e fratello minore di Adelasia, a cui vengono affidati titoli, terre e incarichi. Ed è oltoàp o a ileà heà otestoà a oàdellaàCasaàale a i aàa suoiàpa tigia i Pale o o,à dalà 591,àsop iaà o dottiài à“i iliaà oltiàdeià attuttoà e soàlaàpa teào ie taleàdell isola,à aàsicuramente anche a o e toà heà alt ià a pollià dellaà Casaà ale a i aà e a à e utià ui ià aà atte eàsottoàleài seg eàde àNo a i 592. Tale andamento, se subisce una parziale battuta di arresto con Guglielmo I, il quale preferisce appoggiarsi all élite funzionariale locale composta in grande parte da Greci e Arabi, riprende nuovamente sotto la reggenza della moglie di questo, Margherita di Navarra - figlia del Re di Navarra, Garcia Ramirez, detto el Restaurador - che ascende alla reggenza alla morteàdelà a itoà elà ,àaà ausaàdellaà i o eàet àdelàfiglio.àI à uell a oà infatti vediamo approdare nella città di Palermo Rodrigo Gracés, fratello della regina edo a.à I sig itoà dellaà Co teaàdiàMo tes aglioso,à oppida ueà “i iliae,à uaeà u à eode à Comitatu Gauf idusàCo esàoli àte ue at 593, Rodrigo non è ricordato dal Falcando con toni lusinghieri. Innanzitutto il cronista mette in dubbio la sua ascendenza reale, dal momento che secondo voci riportate nel Liber,à ‘e à Na a o u à u credidit o fe 594.àL i deg it àdià uestoàpe so aggioà àdelà estoà - sempre a detta di Falcando - ataà dall aspettoà fisi o,à poi h à pa usà statu a,à a a à ha e sà a issi a ,à su à pallidaà ig etudi eà foedatus u aà i 590 ua à filiu à suu à elà esseà 595;à dall ataeàstoliditatisàse pli itate a i oà i dis etus,à eli guis 597; contraddistinto da e ancora dalle abitudini immorali di cui è servo, R. BORDONE, G. SERGI, Dieci secoli di medioevo, Torino 2009, pp. 152-161. AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 154. 592 Ibidem, p. 136. 593 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 107. 594 Ibidem. 595 Ibidem. 596 Ibidem. 597 Ibidem, p. 126. 591 596, 126 o eàl esse àdeditoàalà alea u àetàtesse aeàludu aà‘egi aàsi iàt adita àfa ileà o su psisset 599. 598,à o àleà ualià i e sa àpe u ia à Infine è dipinto come uno straniero, che poco a che fare con la Sicilia e con le sue genti, tra cui sono annoverati ovviamente, ormai, a heà ià F a hià eà ià Lo a di.à Laà stessaà egi aà Ma ghe ita,à all a i oà delà f atello,à itie eà opportuno mutarne il nome da Rodericus a Henricus, poiché il primo risulta essere troppo st a aga teàp essoàlaà o teà o a a u ài ide e t 600. A a aà id ueà“i ulià o e àa ho e tesà elutàig otu àetà completare il quadro di estraneità al mondo siciliano, lo pseudo- Falcando segnala che Rodrigo, ormai Enrico di Mo tes aglioso,à F a o u à seà li gua à ig o a e,à uaeà a i eà e essa iaàessetài àCu ia 601. I multi milites Hispani602 che Enrico si era portato appresso in Sicilia spe lucri, non sono gli unici iberici a installarsi presso la corte normanna. Il Conte di Montescaglioso è stato infatti preceduto da un altro parente della Regina-madre di origine spagnola, accompagnato presumibilmente da un certo seguito. Il pe so aggioài à uestio e,àa h essoà itatoàdalàFal a do,à àGil e to,à ugi oàdiàMa ghe ita.à Poco si sa di Gilberto, se non che è o sa gui eoàdellaà egi a,à uià‘e ,à upe àe àHispa iaà o ato,à G a i aeà dede atà o itatu 603.à Pu à o à a e doà otizieà p e iseà i aà l a a i oà i à Italia,àpoi h à Gil e toà à itatoà dalàFal a doà ell ele oàdià e oà dià ià dellaà o ilt à pugliese che prende parte alla congiura contro Maione604,àsiàpuòàp esu e eà h egliàsiaàgi à presente sul suolo peninsulare intorno al 1160. Nel 1166 il Conte Gilberto torna uo a e teà allaà Cu iaà dià Pale consolatu à e e it 605. oà uodà auditaà ‘egisà o teà si eà dilatio eà ‘egi a à Qui diventa in poco tempo uno dei principali fautori della fazione di corte avversa al potente gaito Pietro606 - membro di spicco della familiaritas regis e favorito della regina607 - e alfiere delle esigenze della nobiltà di fronte alla cugina, fino al suo definitivo allontanamento dalla capitale in seguito alla nomina a Apuliae Terraeque 598 Ibidem, p. 107. Ibidem. 600 Ibidem. 601 Ibidem, p. 127. 602 Ibidem, p. 107. 603 Ibidem, p. 29. 604 Ibidem. 605 Ibidem, p. 96. 606 Ibidem, pp. 96-97. 607 Co posta,àolt e h àdall eu u oàPiet o,àdaà‘i a doàdiàPal e ,àa i es o oàdià“i a usa,àeàMatteoàd áiello,à notaio del Regno. 599 127 Laboris Capitaneus,à o àl o di eàdià adu a eàu àese itoàsulà o ti e teà o t oàilàp ofila sià del Barbarossa. I fi eàalt oài po ta teàpe so aggioà st a ie o à he giunge nella urbs felix sotto la egge za,ài g ossa doà osìàleàfilaàdellaàpopolazio eàlati a,à à“tefa oàdiàPe he,à le i us,àetà o sa gui eusà‘egi ae 608. Figlio illegittimo del normanno Rotrou, signore della Contea di Perche, Stefano giunge a Palermo nel 1166, invitato dalla cugina reggente che aveva voluto illiusà ad e tu à su oà deside io 609. Margherita poi, nonostante la giovane età di “tefa o,à p o e i usà o o atisà adà Cu ia ,à Ca ella iu à eu à i stituit,à iussit ueà utà universa Curia negotia deinceps ad eu àp i ipalite asseg aàaà“tefa oàa heàl a 610. In un secondo momento, la regina itoàa i es o atoàdiàPale o.àDu ueàilàpote eà heàilàgio a eà nobile normanno riesce in così poco tempo ad accentrare nelle proprie mani grazie all appoggioà p esso h à totaleà della regina Margherita, è tanto grande - commenta Romualdo Salernitano - uodàtotu à‘eg u àp oàsuoàa it ioàdispo e at 611. Come anche nei casi citati in precedenza, il Cancelliere a Palermo si circonda inoltre di uomini e appartenenti al proprio milieu famigliare e territoriale. E infatti il Perche o pag iaàdiàuo i iàdotti,àdiàsatellitià alo osiàedàa oàfa e die iàaffa ati eài à“i iliaài à 612 dalla Normandia e dalla Francia, aià ualià solta toà ise a aà e ià eà o o i provenienti 613. Poi, per accrescere ulteriormente le fila del proprio entourage alla corte di Palermo, il Cancellarius oltoàsiàadope aàpe àt atte e eài à“i iliaàilàpiùàg a deà u e oàpossi ileàdià o iati,à Trasmontanos, qui de Francia nuper venerant Ierosolimam t a situ i 614, ilitesà e che nel loro pellegrinaggio verso la Terra Santa fanno tappa in Sicilia. Nel quantificare la crescente quantità di latini nella capitale, oltre al gran numero di eu opeià o ti e talià heàgiu go oàsull isolaàalàseguitoàdeiàp i ipià o 608 a iàt aàl XIàeàilàXIIà ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 255. UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 109. 610 Ibidem. 611 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 255. 612 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 331. 613 S. TRAMONTANA, Gestione del potere, rivolte e ceti al tempo di Stefano di Perche, in Potere, società e popolo ell età dei due Gugliel i. Atti delle quarte giornate normanno-sveve, Bari – Gioia del Colle, 8-10 ottobre 1979, Bari 1981, p. 88. 614 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 129. 609 128 secolo, bisogna tenere conto della presenza assolutamente non secondaria delle epu li heà a i a eàeàdeiàlo oàuo i i.àNelà o soàdell XIàse oloàPale oàdi e taàu oàdeglià s alià a itti iàp i ipaliàdell i te oàMedite a eo615, in quanto porta di confine privilegiata tra Occidente e Oriente per il transito di merci e uomini. Si è già segnalato come i Pisani fosse oà adi atià elà tessutoà ittadi oà e à p i aà dell a i oà deià No a i,à aà o à so oà uestiàgliàu i ià e a tià lati i àadàapp oda eàe a installarsi a Palermo. Prima ancora dei Pisani era sicuramente presente una forte comunità di mercanti Amalfitani, da cui la Ruga Amalfitana prende appunto la denominazione616. Amalfi infatti, fin dal IX secolo instaura un rapporto mercantile privilegiato con il Mediterraneo musulmano: il principale bacino commerciale della città campana è il Maghreb,àl Ifriqyyia eài àu àse o doà o e toàl Egittoà fatimida. Ibn Hawqal nel suo Kitā a otaà heàá alfiàe aàalàte poà laàpiùàp ospe aà itt à della Longobardia, la più nobile, la più illustre per le sue condizioni, la più agiata ed opule ta 617.à“ottoàiàFati idiài àpa ti ola e,à aiàt oppoàse si iliàall ideologiaàdiàjihadàa ti- istia a,àesse doàpiùàp eo upatiàdallaàlottoà o t oàiàlo oà e i iàsu iti 618, i commerci delle navi amalfitane prosperano nel Mediterraneo619. Per questa ragione la Sicilia musulmana e Palermo, la sua capitale, risultano essere tappa fondamentale di questo circuito capillare di scambi commerciali che porta i mercanti della repubblica campana sulle coste del Nord Africa620.Amalfi continua a rivestire questo significativo ruolo economico anche nel momento in cui la Sicilia passa di mano, dal mondo musulmano ai conquistatori normanni. 615 D. ABULAFIA, The Two Italies: Economic Relations Between the Norman Kingdom of Sicily and the Northern Communes, Cambridge 2005, p. 43. 616 Vedi questa tesi, p. 79. 617 IBN HAWQAL, Kitâ ʻal asâlik cit., p. 25. 618 D. VALERIAN, Amalfi e il mondo musulmano: un laboratorio per le città marinare italiane?,ài à ‘asseg aà del Centro di cultura eàsto iaàa alfita a ,à -40 (2010), p. 210. 619 A tal proposito vedi D. JACOBY, A alfi ell XI se olo: o e io e a igazio e ei do u e ti della Ghe izà del Cairo,ài à ‘asseg aàdelàCe t oàdiàCultu aàeà“to iaàá alfita a ,à à ,àpp.à -90. 620 Pale oà learly retained its importance in the Ifriqiyan trade, even though it was, as it were, round the corner of Sicily. But the speciality of Palermo was long-distance trade with Egypt and the east Medite a ea :àáBULáFIá,àThe Two Italies cit., p. 44. 129 Urbs haec dives opum, populoque referta videtur, nulla magis locuples argento, vestibus, auro, partibus innumeris. Hac plurimus urbe moratur nauta, maris coelique vias aperire peritus621. á alfià laà a itti a ,à a o aà alà te poà dià ‘ugge oà II,à à dotataà dià u à otti oà a o aggioàeàpossiedeà solideà u aàeàpopolazio eà oltaàedàagiata 622. Tuttavia nel corso del XII secolo la sua importanza commerciale nel Mediterraneo e presso la corte Palermitana va progressivamente ridimensionandosi, di gran lunga superata dalle altre Repubbliche marinare623. Contribuisce a uestaà pe ditaà d i po ta zaà – oltre che l espo e zialeà es itaàdiàpesoàe onomico e commerciale delle sopraddette Repubbliche presso Bisanzio e il dar al-Islām grazie soprattutto alle crociate - il definitivo passaggio di Amalfi sotto il controllo amministrativo della Corona Siciliana, nel 1139. Il potere normanno sulla città impedisce di fatto alla forza navale amalfitana di operare nel Mediterraneo in maniera autonoma e indipendente. A partire dal 1139 la prosperità commerciale di Amalfi dipende così completamente dai privilegia concessi dalla monarchia normanna, la quale procede tuttavia in maniera opposta. Infatti il sovrano normanno, Ruggero II, appare ben più propenso ad appoggiare i mercanti siciliani in Egitto e a stringere vantaggiosi accordi commerciali con Pisa, Venezia e soprattutto Genova, sempre più potenti, piuttosto che con Amalfi, ormai sotto il proprio diretto controllo624. La presenza a Palermo della Serenissima è certamente attestata dalla presenza della Chiesa di S. Marco nel Seralcadio, non distante dalla Cala. Centro nevralgico della comunità veneziana nella capitale siciliana, la suddetta chiesa è eretta nel 1144 sulle spoglie di un antica chiesa greca grazie a un permesso concesso dalla Corona625. Ma il rapporto tra la Repubblica veneta e i sovrani Normanni è sancito ben prima da tutta una serie di trattati 621 GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 170. AMARI, SCHIAPPARELLI, L Italia des itta el «Libro del Re Ruggero» cit., p. 96 623 D. JACOBY, Commercio e navigazione degli amalfitani nel mediterraneo orientale: sviluppo e declino, in Interscambi socio-culturali ed eco o i i f a le ittà a i a e d Italia e l O ide te dagli osse ato i mediterranei. Atti del Convegno Internazionale di Studi in memoria di Ezio Falcone (1938-2011). Amalfi, 1416 maggio 2001, Amalfi 2014, pp. 123-124. 624 Ibidem, p. 125. 625 Vedi ABULAFIA, The two Italies cit., p. 79. 622 130 che perdureranno nel corso della monarchia. Esenzioni commerciali a Venezia sono infatti concesse da re Ruggero II fin dagli anni trenta del XII secolo626. Altri accordi commerciali con la Serenissima, tesi a confermare o ampliare i privilegia concessi, e connessi dunque con la presenza di veneziani a Palermo, vengono poi firmati anche dai successori di Ruggero. Nel 1154 Maione di Bari, appena nominato admiratus admirati da Guglielmo I, si adope aàaffi h à legatosàVe etia àCu iaà i te dosàesse 627 sotto la direzione di Roberto di San Giovanni628,à o àl o ietti oàdiàst i ge eà uo iàa o diàpe à affo za eàleài te azio ià commerciali fra le due potenze629. In seguito simili accordi sono confermati anche da Guglielmo II nel 1175630 e nel 1177 - con la stipulazione della Pace di Venezia - grazie all azio eàdiplo ati aàdelloàstessoà‘o ualdoà“ale ita oàp essoàlaà o teàdeiàdogi631. Infine, di gran lunga maggiore rispetto a Pisani e Veneziani, è la presenza in Sicilia di mercanti genovesi. Come per Venezia, anche la storia della cooperazione commerciale tra gli Altavilla e la Superba risulta essere, seppur non priva di difficoltà, molto lunga e pressoché senza interruzioni dal momento del suo inizio nel 1116 sotto il dominio del Gran Conte sin oltre la caduta della monarchia normanna. Sempre per opera di Maione, che mira a staccare - soprattutto militarmente - l i pe oà iza ti oàdalleàpote zeà a i a e,à elà à è stipulato un vero e proprio trattato di amicizia con chiare implicazioni politiche e non solo commerciali. A seguito di questo trattato, se da un lato i genovesi ottengono il rinnovo e l a plia e toà dià ese zio ià gi à o esseà eià po tià dià Pale l espulsio eà dià oà eà Messi a,à o h à e a tià p o e zalià eà francesi loro concorrenti, per contro la Corona normanna si assicura un patto di non belligeranza con la Superba, così che Genova non si schieri contro il Regno di Sicilia632. Il forte legame che si instaura così tra Genova e la Sicilia porta non solo un grande numero di galere, marinai e mercanti genovesi nella capitale sicula, ma anche uomini e capitali appartenenti ai comuni e alle città che a Genova sono 626 Ibidem, p. 88. UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 67. 628 ált oà uo oà fedelissi oà delà ‘eà eà dell admiratus, canonico della cattedrale di Palermo, eletto da poco cancellarius in luogo dello stesso Maione. 629 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 89. 630 ABULAFIA, The two Italies cit, p. 88. 631 Ibidem, p. 24. 632 Ibidem, pp. 96-97. 627 131 federate: dimorano infatti a Palermo anche un discreto numero di Lucchesi e soprattutto Savonesi633. Dunque nella Palermo normanna i Latini appaiono in decisa crescita, tanto da passare da elemento secondario a principale. Il processo di latinizzazione della popolazione palermitana è peraltro graduale e piuttosto lento, p o edeàse o doàl a da e toàdeiàflussià ig ato ià istià po a zi,à edà à desti atoà aà o lude sià solta toà sulà fi i e della dinastia o a aà g azieà allaà defi iti aà assi ilazio eà dell et iaà g e aà eà allaà a iata,à alla persecuzione e infine all a ie ta e toàdià uellaà usul a a.àDe isi oà ài olt eàilàfattoà heà uestoàp o essoà o àsià o figu aàsoloà o eàu à i a ioàdià sa gue ,à e sìàpiuttostoà o eà u à piùà o plessoà p o essoà dià lati izzazio eà dell i te aà so iet 634. I Latini in larghissima maggioranza appartengono alle classi più elevate della città palermitana: sono componenti dell a isto aziaàfeudaleàeàg a diàe lesiasti i che dimorano a corte; sono i ricchi e potenti e a tiàdelleà‘epu li heàMa i a e.àFi àdalàsuoàa i oàdu ueàl ele e toàlati oàsiàpo eà allaà di ezio eà dellaà itaà dell isolaà eà dellaà suaà apitale.à á heà seà ilà o doà fu zio a iale,à rimane ancora per un certo tempo saldamente nelle mani di Greci e soprattutto Arabi in virtù della loro ben più radicata tradizione amministrativa, il mondo latino funziona, proprio in relazione al proprio maggiore peso sociale, quale modello a cui tendere, grazie anche all azio eà apillare di conversione e proselitismo perseguita dalla Chiesa di Roma, di cui i sovrani normanni sono legati apostolici. In seguito a tale azione molti membri appartenenti alle aristocrazie greche e arabe si convertono progressivamente al credo latino nel tentativo di mantenere inalterato il proprio status sociale635.àL ele e toàlati oàsiàaffe o àse p eà aggio àfo zaàa heàp essoàlaà o ghesia àe o o i aàpale aà ita aà- costituita ancora in prevalenza da musulmani almeno fino al regno di Guglielmo I636 - soprattutto grazie al ruolo sempre più importante svolto dai ricchi mercanti provenienti dalle Repubbliche marinare del nord Italia. A Palermo, sotto la monarchia degli Altavilla, nel 633 Seppur città sottoposta al dominio genovese, la connessione tra questa città e la Sicilia fu sempre molto forte, dal momento che Adelasia del Vasto, Regina e moglie di Ruggero II, proviene proprio dalle fila dell a isto aziaàsa o ese.àáàtalàp opositoà edi ABULAFIA, The Two Italies cit., p. 63. 634 PERI, “ull ele e to lati o ella “i ilia No a a cit., p. 19. 635 Vedi questa tesi, p. 116. 636 Colpo decisivo in questo senso si ha con il duro pogrom scoppiato in seguito alla rivolta baronale contro Maione e il Sovrano nel 1161. 132 corso del XII secolo, i Latini non appaiono soltanto come la compagine qualitativamente preminente della città, ma costituiscono anche una vera e propria maggioranza quantitativa637. III.6. Populus Panormi. Un ultimo aspetto, quando si consideri la composizione della popolazione palermitana, riguarda il populus. Dalleàpagi eà heàià o istià o a ià edigo oàall epo aà non è ben chiaro, sia in termini giuridici sia sociali, a cosa essi facciano corrispondere il termine populus. Nelle opere di questi autori, il termine populus è infatti spesso sostituito nel corso della narrazione da altri vocaboli, con sostanziale identità di significato: vulgus, turba o il ben più frequente plebs, sembrano funzionare come sinonimi, atti a indicare in blocco tutta quella popolazione cittadina che non rientri nel gruppo dei nobili o degli uomini di Chiesa. Questa intercambiabilità di termini tuttavia confligge con la definizione giuridica tradizionale riportata nelle Institutiones di Giustiniano secondo cui populus e plebs rappresentano due soggetti sociali diversi, con caratteristiche giuridiche differenti che li sepa a oà etta e teàl u oàdall alt o.àCosìàs i o oàleàInstitutiones al riguardo: plebs autem a populo eo differt quo species a genere: nam appellatione populi universi cives significantur, connumeratis etiam patriciis et senatoribus: plebis autem appellatione sine patriciis et senatoribus ceteri cives significantur638. La precisione con la quale la classificazione giuridica giustinianea descrive il populus si è dunque completamente offuscata al tempo dei Normanni, rendendone la atego izzazio eà sto i a e teà a iguaà eà s ie tifi a e teà i defi i ile 639. Il quadro è inoltre ulteriormente complicato dal fatto che tutti i cronisti leggono la società attraverso il filtro interpretativo proprio delle classi sociali più elevate, alle quali essi fanno riferimento eàde t oàleà ualiàsià i o os o o.àL adozio eàdià uestaàp ospetti aàso ial e teà s hie ata à PERI, “ull ele e to lati o ella “i ilia No a a cit., p. 11. Institutiones, in Corpus iuris civilis a cura di P. KRUEGER, T. MOMMSEN, Berlin 1877-1895, p. 1. 639 TRAMONTANA, Gestione del potere, rivolte e ceti cit., p. 99. 637 638 133 te deà aà i de oli eàl i te esseà aà disti gue eà eà aà oglie eà ilàdi e soà ilievo economico e le u e oseà sfu atu eà so ialià heà do e a oà e ta e teà p ese ta sià all i te oà dià uelà variegato e molteplice elemento cittadino che è il populus Panormi. Dunque, tutti quei cives che non appartengono al ristretto gruppo costituito dalla nobilitas feudale,àdall altoà le oàeà dall altoà fu zio a iatoà dià o te,à aglià o hià dià uestià auto ià assu o oà ià t attià eà leà caratterizzazioni politiche, ma anche emotive, della plebe. Così per lo pseudo-Falcando, come destato da un eterno capriccio, il populus Panormi è volubile e cangiante negli intenti. Quodà og atusàestà“i ulis ua àfidei 641,àpassa 640 - aggiu geàl á o i oà- ilàpopoloàp efe is eà te po iàse i e,à doàp o ta e teàdaàu oàs hie a e toàall alt oà o eàu aà a de uolaà che si piega al primo, lieve soffio di vento. Secondo il giudizio generico e durissimo di tutti i cronisti, il popolo si presenta come una creatura informe, schiamazzante e subdola, degna solo di disprezzo. Ma se agli occhi di questi autori è tanto facile scuotere il populus dalla sua quieteà o àp o esseàeà o pe si,à ua toàistiga loàeài li a loàall odioà eià o f o tiàdià ual heàpote te,à uestoà ài àg adoàdià i ela siàall o asio eàa heà estiaàfe o e,àpote teàeà riottosa da cui guardarsi con attenzione. Il furor, che è in grado di accendersi subitamente ell a i oàdelàpopoloàpale ita o,à àfa ileài fattià heàsiàt a utiài ài e dioài do a ileàeà devastante. Così il popolo furens,àa e atoàdall ira642, diventa impetum travolgente che si riversa nelle strade della città come un fiume in piena; forza incontrollabile e assetata di sangue, che non si placa se non una volta raggiunto il proprio obiettivo. Le fonti non consentono di entrare troppo nel merito e di caratterizzare con precisione il populus dal punto di vista sociale, politico e giuridico643, dal momento che i o istiàdell epo aàte do oàaà app ese ta loà o eàu i fo a à ulie u àtu a 644.àE eàeàa o i aà ultaà i o u à àe ide teàtutta iaà heàessoàdo e aàp ese ta eàalàp op ioài te oà delle innegabili diversità. Innanzitutto è necessario ricordare che a Palermo - come nel estoàdelàMe idio e,à aàa heà elleà itt àdell Italiaà e t osette t io aleà- la composizione della civitas si articola al proprio interno in tre grandi, anche se poco definite, categorie. 640 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 331. Ibidem. 642 Vedi fu e tisàple isài a à o pes e e : ibidem, p. 132. 643 TRAMONTANA, Gestione del potere, rivolte e ceti cit., pp. 97-98. 644 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 131. 641 134 Nella comunità cittadina si possono infatti distinguere cives maiores, mediocres e minores. I maiores sono i comites et proceres regni645 che risiedono nella capitale, membri del funzionariato di corte, i grandi negotiatores, che controllano i mercati, e coloro che appartengono al mondo aristocratico-feudaleà eà all altoà le o;à sià ipa tis o oà i e eà t aà mediocres e minores i mercanti di medio o minore rilievo, i grandi o piccoli artigiani, i proprietari più o meno modesti, i giudici e i notai. Sono proprio questi due ultimi gruppi, così duttili nei loro confini e difficili daàdisti gue eàl u oàdall alt oà- tuttavia caratterizzati al proprio interno da sostanziali differenze quanto a peso economico e sociale - a rientrare all i te oà delà ge e i oàte i eà populus.à E à a o aà Fal a doà aà seg ala eà uestoàfatto in diversi passi del Liber in cui vengono narrati i moti popolari che sconvolgono la capitale ell et àdeiàdueàGugliel i. sic homines etate, moribus genereque diversi, variis nichilominus dissonisque rerum studiis agebantur646. Nonostante egli osservi il panorama sociale siciliano attraverso la prospettiva tipica del mondo feudale, il populus, che minacciosamente tumultua davanti al palazzo reale nel corso della congiura ordita dalla nobiltà feudale contro Maione e Guglielmo I, rivela al proprio interno evidenti differenze di ricchezza, costumi, condizioni sociali e di obiettivi politici. Questo stesso dato viene riscontrato anche da Romualdo Salernitano, quando nel Chronicon seg alaà heà ultià deà populo,à uià i à ho à fa toà so iià Matheià fue a t organizza oà o t oàilàgo e oàdell odiatoàMaio eàdiàBa i.àChia oà àdu 647 si ueà heà uestaàpars del popolo che nel corso della congiura stringe alleanza con il Bonello non è sicuramente costituita da membri della plebs, ossia dagli indigentes, ma da populares di ben altro rango. Tuttavia il tentativo di attribuire un più preciso ruolo politico alle diverse o po e tià st atifi ateà all i te oà delà populus è estremamente problematico, dal momento che le notazioni presenti nelle varie cronache conservano un margine di indeterminatezza eccessivamente ampio. A ciò concorre non solo la scarsa pregnanza delle 645 PIETRO DA EBOLI cit., p. 147. UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 56. 647 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 246. 646 135 fonti ma anche il contesto storico al quale esse fanno riferimento, che è quello dei momenti convulsi e poco chiari di una generalizzata rivolta cittadina. Qualche osservazione è tuttavia possibile. Per rivestire il peso politico che la narrazione del Chronicon attribuisce loro, questi ulti , che nella rivolta affiancano direttamente i barones, dovevano essere i rappresentanti più influenti del populus, o almeno una buona parte di essi. Ad allearsi con ià o giu atià o t oàl admiratus ammirati sono dunque probabilmente quelle componenti del populus il cui presumibile peso economico, conferito da una ricchezza che poteva essere anche molto vicina a quella propria delle classi dirigenti, non trovava alcun riscontro a livello politico648. E ancora, al medesimo gruppo - economicamente forte - sembrano appartenere quei membri del populus che fanno societas fra loro nel corso della rivolta contro il cancellarius Stefano del Perche. Qui circa Viam Coopertam et in parte superiore vie Marmoree commanebant, videntes rixas et seditiones inter curie familiares exortas, societatis inter se fedus inierant649. áàtesti o ia eàl ele atoà edditoàdià uestaàpars civium sta almeno un indizio, il fatto cioè che questi individui abitino - o eàseg alaàl á o i oà- nella parte superiore della Via Coperta e lungo la Via Marmorea, nei pressi della Cattedrale. Questa è la zona urbanistica in cui tradizionalmente si concentrano i palazzi della grande nobiltà siciliana e le dimore delle famiglie più abbienti e più in vista della realtà cittadina palermitana. Non mancano dunque segnali tali da suggerire la presenza a Palermo, come in altre città, di gruppi sociali che, pur essendo catalogati come populus, risultano più precisamente delimitabili per i po ta zaà e o o i a,à o t a ia e teà aà ua toà i e eà se aà ost a eà l i o ilità della situazione del potere politico650. Oltretutto, questa cerchia costituita da ricchi populares doveva anche essere caratterizzata da una certa coesione interna, 648 TRAMONTANA, Gestione del potere, rivolte e ceti cit., p. 100. UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 156. 650 TRAMONTANA, Gestione del potere, rivolte e ceti cit., p. 100. 649 136 presumibilmente dovuta alla presenza di una fitta trama di reti parentali e matrimoniali, volte a legare le diverse famiglie, le une alle altre651. áll i te oàdià uestoà o pli atoàpa o a aàso iale,àpoliti oàedàe o o i o,àsiàpuòà i di idua eà ellaàPale oà o a aàu aàso taàdià as e teà os ie zaàdià lasse àpopola e,à quale appare in formazione nei o u iàdell Italiaàsette t io aleàaàpa ti eàdallaàfi eàdelàXIIà secolo652? La risposta che i più importanti studiosi di questo periodo danno a tale domanda àdiàfattoàu a i eàeà egati a:àdiàtaleà os ie zaàdià lasse àt aàgliàst atià o à o ilia iàdellaà popolazione non vi è traccia alcuna, nemmeno a uno stato embrionale. Le ragioni sono da ricercare sia nella particolare struttura del potere della giovane monarchia normanna di Sicilia, sia nel rapporto che si instaura fin dal principio tra le realtà cittadine del Regnum Siciliae eàlaà o o a.àáàdiffe e zaàdià ua toàstaàa ade doà ell Italiaà e t oàsette t io ale,à nello stato normanno non si assiste a quella dissoluzione del potere centrale, che ostituis eàl i dispe sa ileàp esuppostoàpe àlaàfo dall i izioà delà lo oà do i io,à i fatti,à ià so a ià o azio eàdelleà a ie realtà comunali. Sin a ià ost uis o oà ilà p op ioà eg oà sulà modello autocratico orientale, e a quel modello - in cui nessuno spazio è lasciato a poteri alternativi che esulino dal loro diretto controllo - restano fedeli. Rex Roggerius, in regno suo perfecte pacis tranquillitate potitus, pro conservanda pace camerarios et iustitiarios per totam terram instituit, leges a se noviter conditas promulgavit, malas consuetudines de medio abstulit653. Le autonomie cittadine, cui corrisponde la volontà di autogestione e autodecisione, eà heà pu eà so oà p ese tià elleà ealt à u a eà delà “udà Italiaà p i aà dell a e toà deià conquistatori normanni, sono così tempestivamente frenate e completamente racchiuse entro le maglie di un sistema autocratico grazie al quale la corona si arroga il capillare ed es lusi oà o t olloà dell ese izioà dellaà giustiziaà eà dellaà fis alit ,à oltoà aà a te e eà o à 651 Ibidem. Vedi G. MILANI, I comuni italiani, Bari 2009, pp. 61-158. 653 ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 226. 652 137 risolutezza la pax regis eà u eà ieàso ialeàha o ieuse 654. Ciò che, a questo proposito, è riportato da Romualdo Salernitano nel Chronicon, di fatto è già stato affermato con forza nella Monitio generalis egist ataà ell ássiseàdiàá ia oàdelà pe à is ittoà eà o à alo eà dià leggeà heà u i a e teà allaà aleà fa tu à i à accentrato nelle eliusà efo ae 655. ,ài à uià‘ugge oàIIàaffe aà ost a à spe ta ità solli itudi e à In questo contesto, così rigido e saldamente a iàdellaà o a hia,à essu àspazioà àlas iatoàall affe azio eàpoliti aà della pars popola e.à Ce toà laà atu aà s hie ata à deià o istià dell epo aà o à aiutaà aà fa eà chiarezza sulla questione, ma un dato è comunque significativo: non esistono documenti dell epoca che attestino a Palermo, come in altre città della Sicilia, la presenza di foedera formali di solidarietà reciproca stretti tra i membri del populus, neppure tra i suoi membri più agiati. Dunque entro il populus, che ribolle e si agita nelle rivolte palermitane del XII se olo,à o àsiàpuòà egist a eàal u aàp e isaàli eaàpoliti aàdià lasse ,à oltaàalà o sape oleà te tati oàdiàso e ti eàl esiste teào di eàpoliti o656. Ad animare il populus sembrano essere interessi di ben altra portata: la pretesa - secondo quanto riporta Ugo Falcando ell Allocutio regis ad populum657 - di restituzione o di mantenimento di antiche consuetudines e della iustam populi libertatem, che sono andate via via sfumando nel corso della progressiva affermazione della monarchia normanna; la richiesta di sgravi da quelli che sono ritenuti gli iniquis oneribus; oàa o aàl odioà eià o f o tiàdiàu àaltoàfu zio a io,àoà viceversa la difesa di un personaggio ritenuto onesto e dunque ben voluto658. Inoltre è evidente che queste ambizioni popolari assumono carattere di aperta sedizione solamente nel momento in cui si legano a operazioni di ristretti gruppi di potere, i quali strumentalizzano abilmente queste aspirazioni in funzione dei propri interessi, e cioè quando alla nobiltà, oppure al mondo dell altoàfu zio a iato,à o ie eà oi olge eà uestoà soggetto sociale allo scopo di aumentare il proprio peso politico. 654 L. R. MÉNAGER, L'institution monarchique dans les États normands d'Italie. Contribution à l'étude du pouvoir royal dans les principautés occidentales, aux XIe-XIIe siècles, in Cahiers de Civilisation Médiévale , 8 (1959), p. 461. 655 F. BRANDILEONE, Il diritto romano nelle leggi normanno-sveve, Torino 1884, p. 97. 656 G. FASOLI, Città e ceti urbani, in Pote e, so ietà e popolo ell età dei due Gugliel i cit., p. 151. 657 UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 63. 658 Vedi questa tesi, pp. 93-94. 138 Capitolo IV. Il declino della Sedes Regni sotto gli Svevi. Morto Tancredi nel febbraio del 1194 a causa di una non meglio precisata malattia, eà e utoà osìàaà a a eàl u i oàlegitti oà i ale,àE i oàVI,ài pe ato eàdelà“a oà‘o a oà Impero, si trova la strada spianata verso la capitale del Regno di Sicilia. Pace triumphali mandat in urbe frui. Protinus edictum sonat imperiale per omnes Ne quis presumat, unde querela venit, Et pedes et miles caute pomeria servent, Cesaris adventus nulla virecta gravet. Hec postquam preco clamandocircuit agmen, Urbe pacifico milite Cesari adit659. Tandem summa industria civium cum maximis sumptibus triumphali pompa preparata tota coronatur civitas, (...) thure, myrra aliisque speciebus odoriferis intus et extra civitatem redolentibus plateis; amotoque a civitate procul imperatore cum exercitu, cives per turmas suas secundum modum dignitatum, condicionum etatisque differenciam egressi (...) ordine stacionario in obviam procedebant, singulis quibusque pro suo modo vel arte cum omnibus musice dicipline instrumentis plausum exhibentibus. Imperator autem non minori industria (...) omni armorum splendore rutilantem miliciam exhibuit, binis et binis longo tractu civitatem versus pedetemptim incedentibus. Ipse autem cum principibus imperiali gloria et ornatu subsecutus civitatem ingreditur660. 659 PIETRO DA EBOLI cit., p. 162. OTTO DE SANCTO BLASIO, Chronica, a cura di A. HOFMEISTER, in MGH, Scriptores, XLVII, Hannover 1912, p. 62. 660 139 Accolta la resa eàlaà o seg aàdellaà itt àdaàpa teàdiàu a as e iaàpale ita aà eià p essiàdellaàFa a a,àE i oàVIàp o etteàeà o edeàallaà itt àl i olu it àdià e iàeàpe so e.à Il 20 novembre dello stesso anno l Augustus t iu pha s, cingendo la palma del trionfo e o à l esercito al proprio seguito, in pompa magna, fa il proprio ingresso nella città di Pale oà heàgliàsià o seg a,àa oglie doàl Hohe staufe ài àfesta,à o à iàpalagiàado iàdià tappetiàeàghi la de,àleà o t adeàolezza tiàdiàp ofu i 661 e il popolo ossequioso, prostrato con la fronte al suolo662. Poche in realtà sono le fonti a nostra disposizione utili a una ricostruzione, anche solo parziale, degli avvenimenti che investono Palermo. Lo stesso Pietro da Eboli, principale testi o eàdelleàazio iàdell i pe ato eài à“i ilia, dopo aver narrato la sua entrata trionfale in Palermo, non fornisce ulteriori informazioni sulla città e i suoi abitanti. Tuttavia i pochi documenti redatti dalla cancelleria imperiale nel corso del breve soggiorno palermitano di Enrico VI e sopravvissuti nel tempo fino ai giorni nostri, lasciano trapelare - scrive Tramontana - u àdiffusoàse soàdià o i aàeàdiàsfa eloài o te i ile 663. Eodem anno, Die Natalis Domini, Henricus Romanorum imperator fuit in Sicilia apud Panormum, coronatus corona Regni Sicilia664. No à appe aà ilà so a oà tedes oà ies eà aà i salda eà ilà p op ioà pote eà sull isola,à formalizzato dalla sua incoronazione a Re di Sicilia il giorno di Natale del 1194, procede a u epu azio eà suà astaà s alaà heà olpis eà tuttià ià fu zio a ià piùà i flue ti, legati per assunzione di cariche o per sentimento di appartenenza alla tradizione normanna. 661 AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 366. Ibidem. 663 TRAMONTANA, Palermo dai normanni al Vespro cit., p. 37. 664 RUGGERO DI HOVEDEN, Chronica Magistri Rogeri de Hoveden, a cura di W. STUBBS, in Rerum Britannicarum Medi Aevii Scriptores, London-Cambridge 1870, p. 276. 662 140 Imperator potenter regnum intravit et obtinuit et cepit Guillelmum filium dicti Tancredi, matrem et tres sorores suas et alios XI nobiles regni et eos captivos duxit in Germaniam. Quos omnes preter mulieres obtenebravit lumine et in carcere retinuit665. Enrico VI, al fine di scongiurare rivolte o congiure da parte dei Siciliani, eliminata la fa igliaà dià Ta edià d álta illa,à plu esà o itesà eà eg ià ag atesà i à i ulaà o ie it 666, molti ne deporta in terre tedesche, altri ancora ordina che siano accecati. Terre e cariche, las iateà a a tià dall eli i azio eà dià pa teà dell élite siciliana, sono distribuite dall Hohe staufe àt aàiàp op ià o eà ilita azio aliàeàt aà ua tiàloàhanno sostenuto politicamente e teà elà o soàdellaà a pag aài àItalia.à“e e eàE i oàVIà ost iàl i te zio eàdià servirsi delle strutture ereditate dal regno normanno667, la Curia regis, che fino ad allora e aàstataàilà uo eàpulsa teàdell a i ist azione del regno, subisce pesanti sconvolgimenti e, almeno in parte, si trova privata di molti dei suoi più capaci ed efficienti funzionari, rimpiazzati da individui la cui conoscenza del regno, del suo funzionamento, dei suoi usi e costumi è, se non nulla, quantomeno poco adeguata. Il carattere marcatamente tedesco di questa pesante ristrutturazione politica intrapresa e sostenuta da Enrico VI provocherà nel ‘eg oà o à po heà opposizio i,à ua doà o à ape teà i olteà eià o f o tià dell istituzio eà imperiale e deià suoià app ese ta ti,à ta toà sull isolaà ua toà sulà o ti e te.à Laà isià i à uià entra la Curia regis ha inevitabilmente conseguenze gravose sulla città di Palermo, che ne è la sede e che a sua volta va incontro a un forte e rapido degrado. Compiutasi la unio regni ad imperium668 sotto il dominio svevo, Palermo entra così a far parte di un vasto impero transregionale che si estende dalla Sicilia, lungo tutta la penisola, fino alle terre germaniche. Di conseguenza, nonostante essa rimanga nominalmente la capitale del Regno di Sicilia, si assiste a un progressivo e inevitabile 665 Breve chronicon de rebus siculis a Roberti Guiscardi temporibus inde ad annum 1250, a cura di W. STÜRNER, in MGH, Scriptores, LXXVII, Hannover 2004, p. 62. 666 ANONIMO CASSINESE cit., p. 318. 667 P. CORRAO, Mezzogiorno e Sicilia (secoli XI-XV), in L Italia edite a ea e gli i o t i di i iltà cit., p. 120. 668 G. TABACCO, Impero e Regno meridionale, in Potere, società e popolo tra età normanna ed età sveva. Atti delle quinte giornate normanno-sveve, Bari-Conversano 1981, Bari 1983, pp. 28-36. 141 sposta e toà dellaà p ese zaà egiaà e soà alt eà itt à dell isolaà o eà Messi a,à sedeà dell a se aleàeà e t oàisola oàp i ipaleàaà idossoàdelà o ti e te.àLaàpe ditaàdià e t alit à della capitale non avviene peraltro solo sotto il profilo istituzionale e politico, ma anche sotto quello strategico ed economico. Con i dominatori svevi si completa infatti quel processo di ampliamento degli orizzonti economici del Regno di Sicilia dal Mediterraneo sud-orientale verso le costeào ide taliàdell Eu opaàgi àpe seguitoàdaiàso a ià o a i669. In questa nuova situazione Palermo continua a fruire di una posizione commerciale p i ilegiata,àdo u e tataàdalàfattoà heà daiàsuoiàpo tiàl'espo tazio eàdià e ealià o ti ua aà a svolgersi, se zaà diffi olt à oà seg ià dià e essio e 670, ma da questo momento la sua posizione di dominanza va diminuendo esponenzialmente, poiché a entrare prepotentemente entro la rete commerciale promossa e sostenuta dagli imperatori Svevi sono le grandi città portuali peninsulari del Regno, come Napoli e Brindisi, piuttosto che Bari o Salerno. A testimonianza di questa perdita di rilevanza vi sono diversi documenti redatti dalla curia,à eià ualiàlaà itt àdiàPale urbsàPa o i 671. oà ài di ataàse pli e e teà o eà i pe ato iaàetà egiaà Dunque Palermo, capitale del Regnum Siciliae, non si caratterizza più - come nel passato recente - per essere la felix urbs, ma esclusivamente in quanto sede della o teà egiaàeàdell i pe ato e,àeàaàluiàdi etta e teàsoggetta.àL i agi eàdiàPalermo - cuore culturale, politico ed economico del Regno - heàt aspa i aàdalleàpagi eàdell Epistola e del Carmen di Pietro da Eboli, sembra appannarsi e perdersi definitivamente nel secco e freddo linguaggio giuridico della curia sveva. Con la morte di Enrico VI, la salita al trono di un Federico II ancora infante, la debole reggenza della regina-madre Costanza e la forte intromissione del Papa nelle questioni del Regno672, elàte tati oàdià isola eàlaà o teàdiàPale 669 oàdalàpe siste teà o i e toàtedes oà Vedi K. TOOMASPOEG, Il Regno e il Mediterraneo, in Il Mezzogiorno normanno-svevo fra storia e storiografia. Atti delle ventesime giornate normanno-sveve. Bari, ottobre 8-10 ottobre 2012, a cura di P. CORDASCO, M. A. SICILIANI, Bari 2014, pp. 217-236. 670 I. PERI, Uo i i, ittà e a pag e i “i ilia dall XI al XIII se olo cit., p. 138. 671 R. RIES, Regesten der Kaiserin Constanze, Königin von Sizilien Gemahlin Heinrichs VI, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 18, 1926, p. 46. 672 M. MACCARONE, Papato e Regno di Sicilia nel primo anno di pontificato di Innocenzo III, in Potere, società e popolo tra età normanna ed età sveva cit., pp. 75-108. 142 in Italia 673, la capitale è destinata a perdere ulteriore smalto. La situazione della città peggio aà i fattià i à seguitoà all a ui sià delleà te sio ià t aà laà egi aà Costa zaà d álta illa,à appoggiata dal Papato, e Markwald Von Anweiler, luogotenente di Enrico VI, che lo stesso imperatore ha nominato reggente del Regno. Nello scontro che segue, Markwald si dirige u à e e ituà suoà us ueà Pa o u 674 e, assunto il controllo della città, vi stabilisce il p op ioà ua tie àge e ale.àMaàpo oàdopoà às o fittoà ellaàpia aàdell O eto - antistante le mura urbiche - dalle forze regie appoggiate militarmente dal Papa. Nel corso della guerra o àl á eile ,àlaàpars regia trasferisce la propria corte stabilmente nella città di Messina. Nelà àFede i oàII,à uasià ui di e e,à du itài à uxorem dominam Constantiam filia à egisà á ago u ,à ueà fue atà u o à uo da à egisà U ga ie ele a oà ellaà atted aleàdiàPale 675. Le nozze regali si oà o àg a àlussoàd appa ato.àNo osta teàlaà ile a zaà dell a e i e to,àlaà itt à àa o aàdesti ataàaà i a e eàai margini della scena imperiale, poi h àall attoàdellaàsuaàelezio eàalàsoglioài pe ialeà elà ,àFede i oàIIàsiàallo ta aài fattià immediatamente da Palermo e dalla Sicilia, per farvi ritorno solamente otto anni più tardi. Durante la sua protratta assenza la corte, di cui Costanza regge le sorti, sembra non risiedere più a Palermo, città alla quale la regina continua a preferire di gran lunga la località di Messina. Palermo in questi anni turbolenti perde in sostanza il ruolo di centro privilegiato del regno in cui risiedono corte e sovrano. Se nella storia, e in particolar modo in quella del Regno di Sicilia - avverte Tramontana -, la presenza della corte regia tanto ha condizionato, se non oppresso, la vita cittadina in ogni suo aspetto, è anche vero che la città ne ha tratto vera e propria linfa vitale. Palermo è stata sede della regalità: residenza del sovrano e luogo i à uià ià so a ià e go oà i o o ati:à loà stessoà Fede i oà ‘ugge oà Pe te ostesài àe lesiaàPa o ita aà[…],àu tusàfuitài à ege t a iaà loà spazioàdellaà itt grazie alla propria presenza. E non è necessario indagare 677 676.àDu uià e ie sà i à festoà ueà ilà eà à oluià heà oltre le forti connessioni tra gli aspetti sacrali della regalità normanna e lo spazio regio: basti pensare a quanta parte della città è legata simbioticamente alla presenza della corte 673 TABACCO, Impero e Regno meridionale cit., p. 36. Breve Chronicon cit., p. 66. 675 Ibidem. 676 Breve Chronicon cit., p. 62. 677 J. LE GOFF, Il e ell O ide te edie ale, Bari 2004 (ed. orig. Paris 2004), p. 32. 674 143 regia. Nella corte si vengono a concentrare gli imponenti apparati burocratici e funzionariali; intorno alla figura del sovrano si coagulano gli esponenti più in vista dell a ie teà o ilia eà eà eligioso, nonché di quello intellettuale. Predisporre e fornire servizi adeguati a una così grande quantità di magnates e ai numerosi individui a loro connessi, significa muovere ingenti quantità di capitali finanziari, sicché la presenza di una corte regia si configura anche come un significativo fattore di promozione di attività economiche legate alle ingenti spese per il mantenimento della corte stessa, che siano esse collegate agli scambi commerciali di beni di qualsivoglia genere o alla committenza artistica, di fondamentale importanza in ogni centro regio. E àl i sie eàdià uestiàele e tià heài p o isa e teàde ade.àáàPale oà e go oà infatti a mancare le funzioni di centro istituzionale, politico e culturale che tradizionalmente le sono state attribuite. Questo si traduce in un generale e pesante depauperamento della città dal punto di vista economico, che continua anche negli anni della maturità di Federico II. A titolo di esempio basti citare la decadenza cui va incontro il rinomato Ti āz di Palermo, che tanta magnificenza aveva suscitato nelle pagine del Falcando: a causa della scarsità di o itte zaà iàla o ato iàdellaàsetaà a oàt asfe e dosiàalt o e,à o eàpu eàià osai isti,à tanto è vero che la fabbrica del mosaico, dopo il 1225, lavora quasi soltanto per le ipa azio i 678. Il fatto è che Federico II non possiede una capitale stabile dove far risiedere la p op iaà o te.àIlàsuoà eg oà à a atte izzatoàdaàu aà o dizio eàdià o adis oà osta te 679, e si muove in direzione opposta rispetto alla tradizione ereditata dai re normanni, che scelsero la Sicilia e Palermo come residenza privilegiata. Palermo finisce invece per essere piuttostoà t as u ataà dall i pe ato e,à e upe a doà ilà uoloà dià eside zaà egiaà soloà pe à periodi di tempo molto limitati. Quando non impegnato in guerre contro i propri nemici, è noto come Federico II preferisca risiedere nei castelli reali e nei solatia della Capitanata o in uno dei tanti palazzi disseminati sulla Strada Adriatica, arteria viaria principale del suo regno680. Così il Palazzo dei Normanni, sede della curia normanna e fino ad allora cuore del 678 A. LA MANNA, Il Palazzo, in Palazzo dei Normanni cit., p. 65. VILLA, La cultura della Magna Curia e la sua diffusione nel Mediterraneo cit., p. 194. 680 Ibidem, pp. 197-200. 679 144 Regnum,à o osta teàa iaàa oltoàt aàleàsueà u aàlaàpe so aàdell i pe ato eàfi àdallaàpiùà te e aàet ,àsià idu eàaà ie t alt oà heà ilàgus ioà uotoàdellaà egalit 681. La perdita del ruolo di centro politico-istituzionale ed economico della Palermo del periodo svevo ha chiari effetti anche dal punto di vista demografico. Con la dipartita dei sovrani normanni si guasta infatti definitivamente la convivenza tra abitanti cristiani e musulmani. Nonostante gli Svevi ratifichino la formale difesa del tradizionale pactum di protezione della minoranza musulmana ereditato dalla monarchia normanna, fin dall a i oàdiàE i oàVIàsiàassisteàaàu ài po ta teàesodoàdiàge tiàisla i heà heàdaàPale oàsià dirigo oà e soàià e t ià u aliàdell e t ote aàsi ilia o,àseà o àaddi ittu aà e soàl áf i aàdelà nord. La situazione peggiora progressivamente anche in seguito alla sconfitta di Markwald Vo à á eille ,à esosià pe à l o asio eà alleatoà deià usul a ià si ilia i,à eà pe la presenza sempre più ingombrante del papato. In questo periodo la popolazione musulmana di Sicilia viene sottoposta a metodici soprusi, confische, conversioni forzate e pogrom da parte di quella cristiana, senza ricevere la necessaria protezione da parteàdell auto it à e t ale.àáà ausaàdell i e e si ilit àdellaàf attu aàdelàfoedus di convivenza con la parte musulmana, lo stesso Federico II - tornato a Palermo dopoà l i o o azio eà i pe ialeà - si adopera a ep i e eàilà al o te toà o àpug oàdiàfe o.àNell u ge zaàdià i ostitui eàloà“tatoài to oà allaà o o a,àl i pe ato eàsiài peg aàaà a ella eàog ià o t astoàet i oài àg adoàdià i a eà la stabilità del Regnum att a e soàu epu azio eàdiàfattoàdell ele e toà usul a oàdallaà Sicilia. In questa direzione va anche la legislazione in linea con la politica papale promossa dalloàstessoàFede i oàIIà o t oà e eti iàeàdi e siàdià ualsiasiàspe ie 682. I Saraceni perdono definitivamente quel ruolo di preminenza che avevano ricoperto sotto i sovrani normanni all i te oàdelleàfilaàfu zio a ialiàdelàdī ā ,à o h àilà ote oleàpesoàe o o i oàall i te oà delle attività commerciali cittadine. Viene dunque a mancare una componente importante dià uelà diffusoà eà a ioà etoà o ghese ,à di e sifi atoà elleà o upazio ià eà dalleà di e seà o dizio iàe o o i he 683, che aveva costituito parte del successo della città nelle epoche passate. La sua progressiva quanto rapida e cruenta dipartita crea un danno enorme al 681 SCIASCIA, Palermo e il mare cit., p. 73. TRAMONTANA, Palermo dai normanni al Vespro cit., p. 41. 683 PERI, Uo i i, ittà e a pag e i “i ilia dall XI al XIII se olo cit., p. 29. 682 145 tessuto socio-economico cittadino, che non si rivela in grado di fornire un adeguato ricambio a fronte di questa improvvisa mancanza. Le ripercussioni che questi avvenimenti hanno sulla città di Palermo, producono effettià t agi ià o à soloà sottoà l aspettoà e o o i oà eà de ografico, ma anche urbanistico. Molti edifici e molte case vengono abbandonati dai musulmani in fuga e di conseguenza ado oà i à o i a.à G a dià spazià all i te oà delleà u aà e go oà las iatià all i u iaà eà alà degrado, generando vuoti difficilmente colmabili entro la struttura urbana, anche in quartieri centrali come il Seralcadio, la Galka e il Cassaro. La città si trasforma nel fantasma dià uellaà heàe aàstataàlaà apitaleà o a a,àalàpu toà heàl a i es o oàdiàPale di Castacca scrive in una delle sue epistole dià o àa a eàpe à ullaàl a o,àBe a doà ie teàdellaà itt à pe àilàsuoà li aàpestife o àeàpe àiàta tià o flittià heà eàtu a oàlaà itaà o u ita ia 684. Consapevole della situazione di enorme difficoltà in cui versa Palermo, Federico II tenta infine di porre rimedio allo spopolamento e al degrado cittadino con una serie di p o edi e ti.àI a zituttoà ie eà eataàpe àl o asio eàu aà a i aàp epostaàall es lusi oà controllo, mantenimento e recupero del tessuto urbanistico685. A tale funzionario viene affidata la responsabilità di operazioni che prevedono la deportazione forzata di popolazione da altre zone della Sicilia nel tentativo di rinvigorire la città ormai agonizzante. È questa la sorte a cui vengono sottoposti gli abitanti di Centorbi e Capizzi da parte dell auto it à egia:à i à seguitoà allaà dist uzio eà dià uestià dueà e t ià dellaà “i iliaà o ie tale,à colpevoli di essersi schierati contro Federico II nella rivolta 1233, la popolazione è deportata aàPale o.àL espli itoào ietti oàdià uestaàope azio eà olutaàdallaàcorona è appunto quello di coprire il vuoto demografico presente in un quartiere della città, nella zona del fiume Ke o ia.à Ilà t asfe i e toà alseà aà da eà o eà uo o,à Albergaria Centurbii et Capicii, al quartiere a levante del Cassaro accosto al torrente Ke o ia 686. A questi nuovi abitanti vengono assegnati dei casalina687, case abbandonate e in rovina, con il connesso obbligo di provvedere alla loro ristrutturazione e ricostruzione. A testimonianza della difficoltà che il pote eà e t aleà i o t aà 684 ell i e tire questa conclamata crisi demografica e il TRAMONTANA, Palermo dai normanni al Vespro cit., p. 39. Ibidem, p. 42. 686 PERI, Uo i i, ittà e a pag e i “i ilia dall XI al XIII se olo cit., p. 137. 687 TRAMONTANA, Palermo dai normanni al Vespro cit., p. 42. 685 146 conseguente degrado urbanistico, gli interventi di questo genere si ripetono numerosi, nonostante lo scarso successo. E ancora in questa prospettiva rientrano i movimenti di i te eà o u it à dià E ei,à atte de do e anche apporti in settori particolarmente qualificati, e attraverso l'alternativa di inviti e di resistenze, di accoglienza e di repulsione, di favori e di costrizioni, quale era del resto frequente da parte di Federico e del suo a ie te 688. Serva ad esempioà ilà asoà dell a ettazio eà dellaà i hiestaà dià sta ili sià aà Palermo rivolta a Federico II dagli Ebrei del Garbo. Questa comunità, proveniente da una non meglio identificata località del Nord Africa - forse Gharb,à paeseà situatoà sull isolaà dià Gozo, oppure Tripoli, il cui nome in arabo è Tarabulus al-Gharb - giunge in Sicilia nel 1239. A questi ebrei la corona consegna un dattiletum e terreni in cui sono tenuti a coltivare al ha à età i di u à età aliaà ueà es u tà i à Ga o Pano i,àe ole du àiu taà o eàeo u àdeàGa o 689,à 690. situatià p opeà fa a ia à ost aà Non viene invece permesso loro, come richiesto, di insediarsi entro le mura nei pressi del Cassaro, ma vengono loro asseg atià asali aàp oàdo i usà o st ue dis 691 ultas te asàadàe ole du ài à o t ataàFa a ie i à aliisàpa ti usàPa o 693 692, presso le loro concesse. Questaàpoliti aà àpe seguitaàdaàFede i oàlu goàtuttoàilà o soàdegliàa No osta teà l a i oà dià i ià àdelàdue e to.à oltoà novi habitatores p o e ie tià daà alt eà zo eà dell isolaà oà addirittura – come nelà asoàpo a ziàespostoà– dall áf i a,àtutta iaà o àsià ealizze a oà aià le condizioni necessarie per sanare le ferite aperte, sia nel tessuto demografico sia in quello urbanistico, dalla definitiva rottura della convivenza tra cristiani e musulmani694. Alt iàte tati iàdià e upe oàeàdià alo izzazio eàdell i pia toà ittadi oàdaàpa teàdelà pote eà e t aleàa e go oàt a iteàl asseg azio eàdiàa eeà uoteàaàistitutiàe lesiasti i,à o eà uelloàdeià iste e siàeàdell o di eàteuto i o.à“ig ifi ati oà àilà asoàdellaà hiesa della SS. Trinità, fondata dal cancellarius Matteoàd ájelloà elà àeà elà àasseg ataàdaàpa teàdià E i oà VIà all Ordo hospitalis Sanctae Mariae theutonicorum Jerusalem, arrivati in Sicilia p op ioà o àleà o uisteài pe iali.ààLaà hiesaà àsituataà ell est e aàsezio eào ie taleàdellaà PERI, Uo i i, ittà e a pag e i “i ilia dall XI al XIII se olo cit., p. 137. B. LAGUMINA, G. LAGUMINA, Codice diplomatico degli Giudei di Sicilia, documento XXII, I, p. 20. 690 Ibidem. 691 Ibidem. 692 Ibidem. 693 Ibidem. 694 PERI, Uo i i, ittà e a pag e i “i ilia dall XI al XIII se olo cit., p. 137. 688 689 147 città, iuxta porta Thermarum.àDi e utaàlaàsedeàp i ipaleàdell o di eàteuto i oài à“i ilia,à otaà i à seguitoà o eà Laà Magio e ,à laà hiesaà assume sempre maggiore rilievo sotto il profilo urbanistico: in poco tempo i monaci- a alie ià ies o oàaài a e a eàall i te oàdeià propri possedimenti ampie aree cittadine abbandonate, che in seguito, per la maggior parte, sono riconvertite in spazi agrari simili a quelli presenti al di fuori delle mura urbiche695. Du ueàPale oà o à ie t aàall i te oàdell i po e teàp og a aàdiàp oduzio eà ediliziaàfede i ia a,à oltaàaàseg a eàfisi a e teàsulàte ito ioàlaàg a dezzaàeàl o ip ese zaà dello Stupor mundi nei suoi domini696. Palermo non si stupisce, e il rango di Prima Sedes, Corona Regis et Regni Caput - prerogativa dalla città ereditata fin dal 1130 con l i o o azio eàdià‘ugge oàIIà-, nonostante sia ribadito con costanza da Federico II lungo tutto il corso del suo regno, diventa un titolo vuoto in riferimento a una continuità con il passatoà he,àdiàfatto,à o àt o aàal u aà o ispo de zaàpe à ua toà o e eàl i te e toà sul tessuto cittadino da parte del potere centrale. Durante il periodo svevo non si ha alcun riscontro sotto il profilo della ricerca archeologica, né di quella documentaria, di importanti interventi sulla struttura urbanistica e architettonica di Palermo: non si registrano a ia e tià dell assettoà ia io;à o à so oà edifi atià uo ià palazzi;à o à a e gono grandi i liàdià estau o,à e e oàall i te oàdelàPalazzoà‘eale,à heàpu àe a oàstatiàp og a atià e affidati ad un funzionario prepositus edificiorum; non si rilevano neanche interventi sulle strutture difensive della città, operazione a cui Federico II dedica grandi sforzi in altre zone dell isolaàeà elà o ti e te;à o osta teàlaàp ese zaài à itt àdiài po ta tiào di ià o asti i,à a heàl ediliziaàsa aàsu is eàu aà us aà attutaàd a esto,àfo seàseg ataàdalàp og essi oà inasprirsi delle relazioni tra Federico II e la Chiesa697. áàPale oà ie eài àtalà odoàaà a a eàl i po e teàp og a aàdiàediliziaàpubblica e privata, tanto civile quanto sacra, che molto aveva cambiato la fisionomia della città nel corso del XII secolo. Palermo sotto il dominio imperiale non riesce più ad essere la città Vedi N. BAGNARINI, “tudio p eli i a e sugli i sedia e ti dell O di e Teuto i oi “i ilia: sto ia ed architettura (1197-1492), in Deus Vult. Miscellanea di studi sugli Ordini Militari, a cura di N. BAGNARINI, C. GUZZO, II, Tuscania 2012, pp. 19-29. 696 Vedi VILLA, La cultura della Magna Curia e la sua diffusione nel Mediterraneo cit., pp. 194-203. 697 TRAMONTANA, Palermo dai normanni al Vespro cit., p. 43. 695 148 fedelissima e felicissima che gli Svevi avevano ereditato dalla dinastia normanna, ed entra così in un lungo periodo di forte crisi che si acuisce ulteriormente con la fine di Federico, il 13 dicembre del 1250. 149 Bibliografia. I.Fonti letterarie. ABD AR RAHMAN, ʻI ād ʻad dī , Ḫarîdat ´al qạr, in M. AMARI, Biblioteca arabo-sicula d o aài àpoi:àBAS) Torino 1880-1881, II. AL MUQADDASI, Kitâ ʻat ta âsī , ibidem. AL NUWAYRĪ, Nihayat ʻal ʻa i , ibidem. 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