Dipartimento di Studi Storici
Corso di laurea magistrale in scienze storiche
Anno Accademico 2015/2016
Palermo tra Arabi e Normanni.
Sviluppi urbanistici e contesto sociale.
Tesi di laurea magistrale
Relatore:
Candidato:
Ch.mo Prof. Mario Gallina
Dott. Andrea Puttilli
3
Indice
Introduzione. ...................................................................................................................................... 4
Capitolo I. ........................................................................................................................................... 9
La struttura urbana di Palermo nella testimonianza delle fonti arabe. ............................................. 9
Capitolo II. ........................................................................................................................................ 30
Dalla Pale
o isla i a a uella o
a
a: l e ol e si dell i pia to u a isti o. ......................... 30
II.1. La conquista normanna di Palermo e i riflessi sulla topografia della città. .......................... 30
II.2. La Palermo normanna nelle testimonianze di Edrisi e di Ibn Giubayr. .................................. 39
II.3. La forma urbis di Palermo nelle testimonianze di Ugo Falcando e di Pietro da Eboli: tra
ideologia e ricostruzione urbanistico-topografica. ...................................................................... 57
Capitolo III. ....................................................................................................................................... 89
Pale
o u s feli , populo dotata t ili gui . .................................................................................. 89
III.1. La felicissima città trinlingue................................................................................................ 89
III.2. La Gens Agarena, da dominatori a vinti. .............................................................................. 91
III.3. La comunità greca. ............................................................................................................. 106
III.4. Gli ebrei di Palermo. ........................................................................................................... 117
III.5. L ele e to lati o................................................................................................................ 120
III.6. Populus Panormi. ............................................................................................................... 132
Capitolo IV. ..................................................................................................................................... 138
Il declino della Sedes Regni sotto gli Svevi. .................................................................................... 138
Bibliografia. .................................................................................................................................... 149
I.Fonti letterarie. ........................................................................................................................ 149
II.Fonti documentarie. ................................................................................................................ 151
III.Studi. ...................................................................................................................................... 151
4
Introduzione.
Pale
it
e est appel e l Heu euse. Les a a tages de sa situatio lui o t sa s doute
e tit e … . U e des plus elles Villes du
o de, et ue l ile, do t elle est la
capitale, cultivée comme un jardin, peut devenir le séjour de la terre le plus délicieux.
La atu e e lui a ie
efus . C est pou uoi, da s les te ps heu eu de l a ti uit ,
où e peuple a pu d plo e so g ie, il a fo d ta t de
o u e ts
l
es … .
Jamais cette Ville fut détruite, jamais elle ne fut plus belle, plus considérable, plus
habitée1.
Co à uesteà pa oleà l a tistaà eà o afoà f a eseà Houël descrive nel suo Voyage la
capitale siciliana da lui appena visitata. Anche se stilate sul finire del XVIII secolo, esse
des i o oà i à a ie aà effi a ieà l effettoà heà Pale
oà sus itaà ell animo di coloro che vi
etto oàpiedeài àog iàte poàeài àog iàepo a.àCo eàsugge is eàilàtitoloàestesoàdell ope aàdià
Houël,àl i
agi eàdiàPale
oà estituita ià elà o soàdeiàse olià à uellaàdiàu aà itt àpitto es a,à
magnifica e sensuale, opulenta e decadente, insieme accogliente e pericolosa; una città la
uiàide tit à àdiffi ileà odifi a e,àsospesaàeài à ili oàt aàdueà o di.àL isola,àdià uiàPale
oà à
snodo fondamentale, è infatti storicamente terra di frontiera e punto di passaggio
obbligato tra il Mediterraneo occidentale e quello orientale, e insieme t ait d u io tra le
coste europee che le acque del Mediterraneo lambiscono a nord, e le terre africane che lo
chiudono a sud.
Pale
oà àfo dataàdaiàFe i ià elàVIIàse oloàa.C.à pe àilàfattoà he,àdaà uestaà itt ,àla
dista zaà t aà Ca tagi eà eà laà “i iliaà i hiedeà u à t agittoà
e issi o 2. La chiamano Ziz, in
pu i oà fio e .à Il nome più tardo, assegnatole dai Greci è Πά ο
1
ος,à tuttoà po to ,à aà
J. P. L. L. HOUËL, Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malta et de Lipari, où l'on traite des Antiquités qui
s'y trouvent encore; des principaux Phénomèn que la Nature y offre; du Costume des Habitans, & de quelques
usages, I, Paris 1782, p. 62.
2
THUCIDYDIS, Historiae, edd. H.S. JONES, J.E. POWELL, Oxford 1942, IV, 2, p. 6.
5
sottolinearne non soltanto le caratteristiche urbanistiche, ma anche la forte vocazione
a itti aà eà laà p oiezio eà sulà Medite a eo,à dià uià laà itt à à gi à all epo aà e t oà
imprescindibile. A partire dal 254 a. C., sotto il dominio della repubblica romana e ancor
più in età imperiale, Panormus si trova inserita nel cuore della sempre più estesa ecumene
romana e della trama fittissima di scambi commerciali che, attraverso il Mare nostrum,
se zaà soluzio eà dià o ti uit à ollega oà l O ide teà all O ie te3.à E à uesto legame tra
Levante e Ponente, di cui Palermo è parte essenziale, a essere ribadito e ulteriormente
rafforzato dalle successive dominazioni che impongono il proprio controllo sulla Trinacria
lungo tutto il corso del Medioevo: Bisanzio, erede diretta dell i pe oà o a o;à leà a ieà
di astieàdiàe i ià usul a ià heàsiàsusseguo oàsull isolaàaàpa ti eàdalà
No
a
i,à ge tià s a di a eà e e te e teà
àd.àC.;àeài fi eàià
istia izzateà eà p o e ie tià dall o o i aà
Normandia4, a cui seguiranno gli Svevi, gli Angioini e gli Aragonesi5.àE àsottoàilàdo i ioàdeià
Normanni che si realizza lo straordinario milieau culturale caratteristico di questa terra:
tratti orientali, greci e musulmani si fondono con caratteri tipicamente latini e occidentali
e danno i natali a una delle piùà g a dià eà affas i a tià i ilt à dià uest epo a.à Laà Pale
normanna diventa luogoà d i o t oà dià ultu eà eà ostu ià di e si,à etaà dià o
oà
uistato i,à
pellegrini, mercanti e viaggiatori provenienti dalle terre più remote.
Una città con una storia e una fisionomia così ricca appare destinata a esercitare un
fascino profondo, che si ritrova intatto nei resoconti di quanti, a vario titolo e in varie
epoche, ne hanno scritto. Tuttavia le pagine lasciate da visitatori, cronisti e pellegrini nel
periodo compreso tra il X e il XII secolo non si limitano a trasmettere una semplice
des izio eà dell i pia toà u a oà dià Pale
u i
oà eà delleà sueà a hitettu e,à aà eà ipo ta oà
agi eà o plessi aàfilt ataàdaàpote ti,à ua toàdiffe e tià e a is iàdiàpe ezio e.à
Tali filtri, pur se con intensità diversa, restituiscono dunque rappresentazioni della città
inevitabilmente distorte, tanto da stereotipi e luoghi comuni tipici della letteratura
celebrativa e del genere ecfrastico, quanto da prospettive ideologiche funzionali a uno
3
G. CLEMENTE, Guida alla storia Romana, Milano 2008, pp. 140-201.
“ull et oge esiàdelàpopoloà o a oà edi:àH.àHOUBEN,àI normanni, Bologna 2009, pp. 11-27.
5
Vedi P. CORRAO, M. GALLINA, C. VILLA, L Italia edite a ea e gli i o t i di i iltà, a cura di M. GALLINA,
Bari 2001.
4
6
specifico orientamento etnico-politico6. Questi resoconti, certo prospettati dai loro autori
ualiàtesti o ia zeàp e iseàeà e itie e,àdiàfatto,ài à i tùàdellaà si
o iaàt aà i e deàeàlaàlo oà
esposizio e 7, posseggono inevitabilmente un andamento ora panegiristico ora polemico,
dalà o e toà heà
a a oà dià p opositoà eà o à pe à se pli eà i ide za 8. Nel riportare
indicazioni di ordine urbanistico e architettonico, gli autori presi in considerazione, non si
limitano dunque a riflettere sulla semplice configurazione dello spazio cittadino. In queste
cronache e in questi resoconti di viaggio, il discorso non si delinea come semplice reportage
topog afi o,à
aà sià s iluppaà se o doà u otti aà p e isa,à a atte izzataà daà u à siste aà dià
passioni civili e scelte politiche più o meno coerenti. Così per i cronisti latini, in meno di
ual heà de e
io,à laà
apitaleà
o
a
aà passaà dall esse eà urbs inimica Deo9
all opinatissima10 e felix urbs Panormi11 t atteggiataà elleàpagi eàdell Epistola di Falcando
e dal Carmen di Pietro da Eboli. Il cambiamento strutturale e urbanistico della città, nel
momento in cui essa è espugnata dal Guiscardo e da suo fratello, è immediato e rispecchia
il repentino ribaltamento del potere politico. Gli autori latini che ne seguono gli sviluppi
segnalano e registrano queste trasformazioni con prontezza: dove prima si trovavano
os hee,à tutt aà u à t attoà so go oà hiese;à palazzià eà astellià p e ede te e teà i à a oà
all a isto aziaà eà aglià e i ià usul a i,à si
oloà dellaà lo oà i hezzaà eà delà lo oà pote e,à sià
trasformanoài à a ifestazio eàdellaàp ese zaàdeiàNo
a
iàeàdell es lusi aàege o iaàdeglià
Altavilla. Dunque Palermo, con la sua Curia regis,à a o h à testi o eà delà
usul a o
12
o doà
sia dal punto di vista urbanistico sia da quello culturale, diventa sede di re e
regine christianissimi et Catholici13.
GALLINA, Do i azio i ost uite, do i azio i pe epite: l u a isti a pale ita a dei se oli X-XII tra
l a hitettu a a a e e o a e, in Identità cittadine e aggregazioni sociali in Italia, secoli XI-XV, Convegno di
studio, Trieste 2010, pp. 259-260.
7
S. TRAMONTANA, Il senso della storia e del quotidiano nelle parole e nelle immagini dei cronisti normanni e
svevi, in Il senso della storia nella cultura medievale (1100-1350). Quattordicesimo convegno di studi a cura
del Ce t o Italia o di studi di “to ia e d a te, Pistoia -17 maggio 1993, Pistoia 1995, p. 190.
8
UGO FALCANDO, Epistola ad Petrum Panormitane Ecclesie Thesaurarium de calamitate Sicilie, a cura di S.
TRAMONTANA, Palermo 1988, p. 11.
9
GUGLIELMO DI PUGLIA, Le gesta di Roberto il Guiscardo, a cura di F. DE ROSA, Cassino 2003, p. 158.
10
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 132.
11
PIETRO DA EBOLI, De rebus siculis Carmen, a cura di E. ROTA, in Rerum italicarum Scriptores, XXXI, Città di
Castello 1904, p. 15.
12
GALLINA, Dominazioni costruite, dominazioni percepite cit., p. 264.
13
ROMUALDO SALERNITANO, Chronicon, a cura di C. A. GARUFI, in Rerum italicarum Scriptores, VII, Città di
Castello 1909-1935, p. 236.
6
7
D alt aàpa teàa heàià o istià usul a i,àià ualià a o ta oà o àstupo eà- sdegnoso
nel caso di Ibn Hawqal, o ammirato nel caso di Ibn Giubayr - la città e la vita entro le sue
mura, rispondono a una concezione della Sicilia altrettanto ideologicamente schierata. Così
li
agi eà dellaà Pale
oà delà Xà se olo,à pe à o eà e e geà dalleà pagi eà dià I
à Ha
al,à à
fortemente segnata dalla critica mossa dal mondo musulmano orientale e ortodosso - al
ualeàl auto eàappa tie eà- nei confronti di un islam periferico - quello siciliano appunto -,
meno controllato dal potere centrale e per questo meno rigido. Nei rendiconti dei
viaggiatori musulmani successivi alla conquista normanna, Palermo e la Sicilia, pur se
percepite come aliene e sempre più estranee alla propria sensibilità culturale e ideologica,
sono in ogni caso presentate ancora come parte ineliminabile del dar al-islā . Così di fronte
a una città in mano agli infedeli, a essere riferiti con maggior enfasi sono tutti quei caratteri
appartenenti più propriamente alla struttura urbanistica delle città musulmane del Nord
Africa e del Mediterraneo Orientale: la presenza al proprio interno di rigogliosi giardini,
l a ti olatoài pia toàid i o,àlaàp ese zaàdià os heeàa o aài àfu zio e.
In tutte le opere prese in esame i contraddittori caratteri della Palermo normanna
non traspaiono soltanto dalle sue forme architettoniche, ma anche dal suo aggregato
umano. La rappresentazione degli elementi urbanistici, nella varietà della loro tipologia,
non può infatti in alcun modo prescindere da quelli umani che li abitano14. Come già per
l a hitettu aà dellaà itt ,à alloà stessoà
odoà a heà laà des izio eà dellaà civitas Panormi
risponde ai differenti ideali etnico-politici che costituiscono il riferimento di coloro che alla
città guardano. Ià di e sià auto ià ife is o oà dià u aà popolazio eà do eà l et iaà g e a,à
usul a aà eà lati aà sià i t e ia oà l u aà all alt a,à i à u à mélange et i oà all apparenza
inscindibile, salvo poi svelare al proprio interno contrasti tanto laceranti da sfociare
pe iodi a e teà i à iole teà app esaglieà eà i o t ollatià
assa i.à Du
ueà l ele e toà
umano che popola le strade di Palermo e le dinamiche sociali e politiche che lo
contraddistinguono, costituiscono un fattore essenziale nel delineare la fisionomia della
S. FODALE, Città e ita ittadi a ei Paesi dell a ea edite a ea. “e oli XI-XV: un percorso di lettura, in
Città e ita ittadi a ei paesi dell a ea edite a ea. “e oli XI-XV, Atti del Convegno Internazionale in onore
di Salvatore Tramontana, Adrano-Bronte-Catania-Palermo, 18-22 novembre 2003, a cura di B. SAITTA, Roma
2006, p. 774.
14
8
itt à eà elà fo i eà all osse ato eà delà te poà u à tasselloà i p es i di ileà pe à defi i eà
li
agi e.
Co eà i fi eà osse aà Ma ioà Galli aà dalleà fo tià Pale
oà t alu e dunque nel suo
duplice aspetto di capitale e di città plasmata dal succedersi di regimi politici diversi, oltre
heà dalleà diffe e tià t adizio ià dià g uppià et i ià i à essaà i sediati,à si h à l esa eà delleà sueà
t asfo
15
azio iàu a isti heàappa eàtutt alt oà he i ile a te
GALLINA, Dominazioni costruite, dominazioni percepite cit., p. 266.
15.
9
Capitolo I.
La struttura urbana di Palermo nella testimonianza delle fonti arabe.
Nelàte zoàli oàdell Odisseaàsià a aà heàTele a o,àgiu toàaàPilo,à itt àdellaàMesse ia,à
incontri Nestore, il domatore di cavalli. Dopo aver lautamente banchettato, come si
conviene quando si accoglie un ospite importante, sono queste le parole che il vecchio
cavaliere gerenio rivolge al figlio di Odisseo:
Stranieri chi siete? E di dove navigate i se tie i dell a ua?[…]16.
Così risponde Telemaco:
O Nestore di Nèleo, gloria grande dei Danai, chiedi di dove siamo, e io lo dirò. Noi
veniamo da Itaca, là sotto il Neio[…]17.
Nellaàdo a daàdiàNesto eàilà hi àeàilà do e à ostituis o oàu àu i oà uesito,àu aà
sorta di endiade alla quale Telemaco risponde coe e te e te:à o à sià sott aeà alà hi ,à
piuttostoàs eglieàdiàdefi i eàseàstessoàeàiàsuoià o pag iàatt a e soàu à do e à heà o àog ià
e ide zaài ludeàilà hi .
Il rapporto uomo-città è dunque fin dai tempi più antichi uno degli elementi
fondanti della struttu aàide tita iaàdell uo o:àluogoàdo eàpe à e essit àlaà o i e zaàf aà
individui si fa più stretta, è proprio nella città che si vengono infatti a creare i presupposti
indispensabili alla costruzione di legami e relazioni sociali da cui nascono le comunità
umane. Con il termine città - afferma Robert Park in un saggio del 1925 - non si indica il
solo luogo fisico in cui essa sorge, la sua unità geografica o la sua struttura fisica, ma
piuttosto il legame organico che si crea tra questi elementi e la popolazione che vi abita;
u àtutt u oài s i di ile,àdo eàilàlocum geografico e i suoi abitanti si fondono e si plasmano
l u à l alt o,à dete
16
17
i a doà osìà ià p op ià t attià fo da e tali,à ià p op ià ostu i,à leà p op ieà
OMERO, Odissea, Torino 1977, p. 59.
Ibidem.
10
pratiche sociali e soprattutto culturali18. Per queste ragioni - conclude Park - la città
ostituis eàu a eaà ultu aleà a atte izzataàdaàu àpa ti ola eàtipoà ultu ale
un binomio indissolubileàaàpa ti eàdalà ualeà àpossi ileàspiega eà o eàl i
19.
Si tratta di
agi eàdellaà itt à
possa costituire il tratto identitario di fondo dei suoi abitanti, nel quale essi si riconoscono
e attraverso il quale intendono essere riconosciuti.
Questo legame - tra immagine della città e identità degli uomini che la popolano - è
molto forte per tutto il Medioevo ed è ben presente nelle fonti di cui disponiamo in
relazione alla città di Palermo. Sono testimonianze di cronachisti del tempo e resoconti di
viaggiatori che tra il X e il XII secolo varcano le porte e calpestano le vie di questo
importante centro siciliano, prima avamposto bizantino di Ponente, poi capitale dei domini
musulmani nella regione, infine laboratorio della costruzione dello stato normanno.
Si tratta dunque di un locum - geografico e insieme umano - di straordinaria
rilevanza la cui rappresentazione, per come si manifesta nelle pagine di questi autori, risulta
tuttavia decisamente variegata. Le ragioni di queste difformità di giudizio poggiano su un
altro importante aspetto della questione: le immagini e i topoi attraverso i quali la città è
descritta dagli osservatori risentono, come naturale, della particolare interpretazione di
quei cronisti e viaggiatori che ha
oà egist atoàleàp op ieài p essio iàlu goàl a oàdiàben
dueàse oli.àCo eàs i eàGalli a,àdall a alisiàdià uestoàge e eàdiàs ittu eà àpossi ileà i a are
siaà l i
agi eà heà laà itt à off i aà dià s ,à siaà uella,à o ple e ta e,à heà glià auto ià
e epi a oàsullaà aseàdellaàt adizio eàeàdellaà ealt àdià uiàessiàe a oàpa te
20.ààE
ài fatti dalla
commistione di queste due prospettive che gli autori traggono in definitiva la raffigurazione
del carattere della città e dei tratti dei suoi abitanti, della loro moralità e dei loro stili di vita.
Nel processo di percezione della città di Palermo, e dunque dei Palermitani, le fonti antiche
sono guidate da un sistema di valori e da criteri di giudizio che funzionano come un filtro
pote te.àEsseà olgo o,àdiàp i oàa hito,àu aàso
aàd i
agi ià heài àseguitoà ileggo oàeà
rielaborano secondo parametri soggettivi, per poi applicarle a tutto ciò che alla città è
riconducibile: dal suo spazio urbano, alle sue forme architettoniche, dal sistema
istituzionale a quello etnico e sociale.
18
E. R. PARK, R. BURGESS, La Città, Torino 1999 (ed orig. Chicago 1925), pp. 6-7.
Ibidem.
20
GALLINA, Dominazioni costruite, dominazioni percepite cit., p. 259.
19
11
á ūà l-Qāsi àMuha
adàI
àHa
alà àilàp i oàdegliàauto ià heà uiàsiàp e do oài à
considerazione. Ibn Hawqal è un mercante originario diàNisī ī à ell alta Mesopotamia e
vissuto a Baghdad, il quale espa deàleàp op ieàatti it àdaiàte ito iàdell áf i aàdelà o dàallaà
Spagna e infine alla Sicilia. Nella seconda metà del X secolo egli riunisce le note e le
e o ieàdià i aàt e t a
iàdià iaggiài i te otti - intrapresi pe àge ioàdiàstudia eàiàpaesiàeà
gliàuo i i,àeà isog oàdià e ata e
21
- in una sorta di compendio di geografia, il cui titolo è
“ū at al-ard, ossia Configurazione della Terra. Michele Amari dà dell opera un giudizio assai
severo in ordine al fatto che Ibn Hawqal, a suo dire pe aàalàsolitoàdiàp eo upazio i,àgiudizià
p e ipitosi,àfattiàfa il e teà edutiàall alt uiàig o a zaàoàpassio e
dià Pale
o,à heà ilà e a teà i a he oà isitaà i to oà alà
22. In realtà la descrizione
,à i a eà aà tutt oggià u aà delle
testi o ia zeàpiùàp ezioseàdell epo a,àu à eso o toàdaà uià - come finirà per riconoscere
Amari stesso - seà eà a a oàge ui ià agguagli
23.
Come osserva Mirella Cassarino, i resoconti di viaggio di Ibn Hawqal, al pari di quelli
di Ibn Gubayr, evidenzia oà o eàl i
agi eàdell alt o ,àta toà ultu aleà ua toàgeog afi a,à
siaà filt ataà att a e soà theà di e sio à ofà self-s uti
Pale
oàa dàofàtheàPale
ita sàe
,à si h à theà ep ese tatio à ofà
odiesàaàte sio à et ee àtheàautho s àp eo upatio à
with their own self-image and place of origin and the novelty represented by the
experience of the other lived in the first person and recounted in two different works
su je tàtoàthei ào
àpa ti ula àlogi
24.
E così il resoconto del mercatante iracheno se da
un lato è una meticolosa registrazione della configurazione urbana della Palermo kalbita,
dall alt oà sià i elaà per essere un discorso fortemente connotato dal punto di vista
ideologico, un mezzo che permette a Ibn Hawqal di formulare il proprio severissimo giudizio
sui suoi correligionari di Ponente; correligionari che - come annota Amari nella Biblioteca
arabo-sicula - Ibn Hawqal mostra di non amare per nulla25.
21
M. AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia, II, ristampa Firenze 2002, p. 196.
Ibidem.
23
Ibidem.
24
M. CASSARINO, Islamic Palerm experienced and imagined, in A Companion to Medieval Palermo, The
History of a Mediterranean City from 600 to 1500, Leiden-Boston 2013, p. 95.
25
AMARI, Biblioteca Arabo-Sicula, I, Torino 1880à D o aài àpoi:àBAS ,àTa olaàde capitoli XXIV, Capitolo
IV.
22
12
La descrizione si snoda quindi su molteplici livelli di confronto e di giudizio. In primo
luogoàl auto eà ài peg atoàaàp ese ta eàl aspettoàisla i oàdellaà itt
l osse azio eà delà tessutoà u a oà dià Pale
26, istituendo - tramite
oà - un raffronto diretto con un non lontano
passatoà politeista àeài fedele;ài àse o doàluogoàI
àHa
alàdeli eaàlaàp ese zaàdiàu a eaà
culturale - uellaàdell e i atoàKal itaàdelàXàse oloà- che, pur appartenendo in toto al dar alislā ,à p ese taà siaà sulà pia oà eligiosoà siaà ell a
itoà deià ostu ià ote olià diffe e zeà
rispetto alla natia Baghdad, sede del califfato abbaside e grande capitale politica, morale e
spi itualeàdell i pe oà onquistato e organizzato dagli Arabi27; differenze così significative
da rendere la città siciliana quasi aliena e, in ogni caso, palesemente poco gradita al nostro
orientale viaggiatore.
Dopo un breve excursus sull isolaàsi ilia a,àdià uià e go oàrapidamente accennate
forma, collocazione geografica e generiche caratteristiche, Ibn Hawqal inizia una lunga
dig essio eà suà Pale
apitale
28.
o,à u i aà itt à ele eà eà i o ataà [dià uellaà egio e]à heà e è la
Seguono notizie molto sommarie sui vari quartieri (ḥā a) che compongono la
città e di cui in seguito si forniscono maggiori dettagli; infine l auto eà sià o e t aà sulleà
a atte isti heàdellaàpa teàdellaà itt àg a de,àp op ia e teàdettaàPale
o
29.
Si tratta del
Qasr al- ādi , da cui poi il latino Cassarus, vale a dire della città vecchia identificata da Ibn
Hawqal e dagli altri autori arabi come Balarm - toponimo arabo proveniente dal greco
Panormo - ma anche Bulurm, Bā a
, al-Madī a (la città), Madī at Bala
o addirittura
Ṣiqillyya30.
Per meglio comprendere le affermazioni del cronista iracheno è opportuno
ricordare che dopo la conquista nel mese di rajab dell
26
àdaàpa teàdeià usul a i31, i quali
GALLINA, Dominazioni costruite, dominazioni percepite cit., p. 262.
V. PIACENTINI, Il Mezzogiorno normanno-svevo visto dal califfato di Baghdad, in Il Mezzogiorno normannos e o isto dall Eu opa e dal o do edite a eo. Atti delle tredicesime giornate normanno-sveve. Bari, 2124 Ottobre 1997, Bari 1999, p. 227.
28
IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia, in Storia di Palermo, dir. da R. LA DUCA, II, Dal Tardo
A ti o all Isla , Palermo 2000, p. 116.
29
IBN HAWQAL, Kitâ ʻal asâlik e . Li o delle ie e dei ea i , in BAS, I, p. 10.
30
A. NEF, Isla i Pale o a d the Dā al-Islā , in A Companion to Medieval Palermo cit., p. 41.
31
IBNà ʻáLà áTI‘,à Cronaca Compiuta, in BAS, I, p. 369. La descrizione della presa di Palermo da parte dei
Musul a ià à osìà a o tataàdaàI àalàáti :à Ma ia o i usul a i sop a la ittà di Pale o; l assedia o o e
la strinsero sì fattamente, che il principe di essa mandò a chiedere la sicurtà per sé, per la sua famiglia e pel
suo avere: ed otte utala, se e a dò pe a e e paesi de ‘û . I Musul a i e t ati i Pale o el ese di
aga dell a o duge to sedi i
agosto a
sette
e
, o t o a o alt o he [u pug o d ]uo i i,
27
13
strappano la città ai bizantini, Balarm, postaà sìà p essoà alà uo à dell isola,à o à u à po toà
o odoàeàdife de ole
32,
è scelta dai conquistatori Aghlabiti quale polo di sviluppo della
lo oàazio eàsull isola.àá heàaà ausaàdellaàlu gaà esiste zaàpostaàdaà“i a usa,à apitaleàdelà
thema bizantino che cadeàsolta toà ell
33,
Balarm diviene così sede stabile del governo
i ileà usul a oà dell isolaà eà e t oà p opulso eà dellaà defi iti aà o
uistaà ilita eà delleà
terre siciliane ancora in mano a Bisanzio, oltre che base del jihād che si sperava di portare
sul co ti e te.àE questa una scelta decisiva poiché, come segnala M. Amari, sino ad allora
iàMusul a ià o àa ea àfattoàsta zaà heài à a poàoàe t oàpi oleà astella
“eàappa eà e toà heà alà o e toàdellaà o
città vec hiaà pode osa e teà fo tifi ata
35,
34.
uistaàdi Palermo i musulmani trovino la
nondimeno le notizie sulle mura urbiche
restano vaghe. Con ogni probabilità la cinta muraria deve intendersi quale risultato di
costruzioni puniche, successivamente riattate e rifatte in età romana e bizantina, che
parrebbe oà o fe
se oli
36.
a eà l appa te zaà allaà st uttu aà u a isti aà dellaà itt à e hiaà dià
Racchiusa, dunque, da possenti mura, Balarm presenta una figu aà
islu ga . A
questo proposito sono utili le osservazioni di J. Johns che segnala, all i te oà dià u à
manoscritto parigino del secolo XII, una versione della Geografia di Ibn Hawqal contenente
delle sezioni inedite rispetto alle versioni pervenuteci precedentemente. In effetti in una di
tali sezioni che concerne proprio la forma di Balarm, si può leggere che
uestaà itt àa e aà
in origine la forma di un lungo rettangolo, con un mercato che si estendeva da levante a
po e te,à aài àseguitoàdi e
sia l i
e soà
eà i ola eàpe àlaà ost uzio eàdià uo iàedifi i
u oà dià piet a,à altoà edà e o
e
38
37.
Comunque
che ancora circonda il Cassaro -
he o a i a a ai t e ila, de setta ta he a hiudea e la ittà al p i ipio dell assedio. Gli alt i tutti e a
o ti .
32
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., I, p. 237.
33
S. TRAMONTANA, L isola di Allah. Luoghi, uo i i e ose di “i ilia ei se oli IX-XI, Torino 2014. Per un
app ofo di e toàsull istituzione del thema di Sicilia vedi: S. BORSARI, L'amministrazione del tema di Sicilia,
i à ‘i istaà“to i aàItalia a , 66, (1954), pp. 133-158.
34
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., I, p. 237.
35
V. BRUNAZZI, L epo a della ost uzio e delle u a u iche di Palermo, in Pale o Medie ale, Testi dell VIII
colloquio medievale, Palermo 26-27 aprile 1989, a cura di C. ROCCARO, Palermo 1998, p. 65.
36
F. MAURICI, Dall assedio a dalo alla o uista usul a a, in Storia di Palermo cit., II, p. 29.
37
J. JOHNS, La uo a a ta della “i ilia e la topog afia di Pale o, in Nobiles Officinae. Perle, filigrane e
trame di seta dal Palazzo Reale di Palermo, catalogo della mostra (Palermo, Palazzo Reale, 17.12.2003 –
10.03.2004), II, Catania 2006, p. 16.
38
IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 116.
14
difendendolo peraltro fi oàall XIàse olo39 - è segnalato con precisione da Ibn Hawqal che
l osse a durante la sua visita del 972.
Il secondo elemento urbanistico sul quale Ibn Hawqal insiste fortemente nella sua
descrizione della città vecchia, riguarda la presenza diàu aà os heaà o g egazio ale che
pote aà o te e eàpiùàdiàsette ilaàpe so e
40.
Dunque una moschea molto grande.
Vi si t o a u a os hea p i ipale ǧā iʻ
olto g a de, a ti a hiesa istia a fi o
alla conquista. Vi è un grande santuario, e un dialettico sostiene che il filosofo dei
Greci, intendo Aristotele, giaccia in una bara di legno sospesa nel santuario
convertito in moschea dai musulmani. I cristiani onoravano questa tomba e
venivano a invocarvi guarigioni, poiché avevano notato il rispetto e la venerazione
che i Greci le tributavano. Era sospesa tra cielo e terra perché vi si venisse a pregare
per la pioggia, ad implorare una guarigione, o per ogni altra grave circostanza che
li spingesse a cercare rifugio in Dio e ad avvicinarsi a lui nei periodi di calamità, di
mortalità e di guerra civile. Io stesso ho visto una cassa di legno che probabilmente
era proprio quel sarcofago41.
Tanta attenzione non stupisce: per ogni musulmano infatti la città islamica è
identificata come tale in primo luogo per la presenza del polo identitario primario,
costituito appunto dalla presenza di una moschea ǧā iʻ 42. Semmai appare degno di nota
quanto Ibn Hawqal scrive subito dopo, e cioè che questa moschea era stata in passato una
chiesa cristiana; fatto peraltro suffragato da fonti letterarie e ricerche archeologiche43. Non
sembra tuttavia che le parole di Ibn Hawqal siano la constatazione pura e semplice di un
datoàdiàfatto,à aà heà o te ga oàpiuttostoàl i te zio eàdiàde a a eàPalermo come spazio
prettamente musul a o,à do eà l ele e toà istia o che era stato fino a poco più di un
secolo prima un tratto unico e dominante, viene cancellato fisicamente attraverso la
39
R. M. BONACASA CARRA, Palermo Paleocristiana e Bizantina, in Storia di Palermo cit., II, p. 36.
IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 118.
41
Ibidem, p. 116.
42
A. BAGNERA, The urban evolution of islamic Palermo, in A Companion to Medieval Palermo cit., p. 65.
43
Ibidem.
40
15
perdita e la sostituzione del luogo di culto, restando così privo della propria fisionomia e
dunque della propria riconoscibilità. Ibn Hawqal del resto si spinge oltre, cogliendo
l o asio eàpe àesp i e eàu àgiudizioà egati o,àpe à ua toà o àespli ita e teàdi hia ato,à
su ciò che gli appare una certa approssimazione del monoteismo cristiano. Dopo aver
ricordato la voce di un qualche dialettico circa la venerazione del sarcofago contenente le
spoglie di Aristotele (filosofo molto apprezzato - ma ovviamente non venerato - anche e
soprattutto nel mondo islamico), tratteggia la religiosità dei cristiani di Palermo in termini
di contrasto rispetto al rigore della fede musulmana. Di fatto essi vengono descritti come
politeisti,à segua ià dià u idolat iaà e editataà dalà o doà paga o,à oppo tu istià heà e a oà
rifugio in Dio solamente in caso di necessità, quando le circostanze della vita si fanno più
gravi.
Dopo aver così delineato i due principali aspetti urbanistici di Balarm, Ibn Hawqal
passa alla descrizione della zona Khālisa - dettaàa heà l Eletta à- che nelle cronache latine
incontriamo spesso sotto i nomi di Kalsa, Halicia, Chalicia. Si tratta della cittadella
fo tifi ataà edifi ataà t aà ilà
à eà ilà
à daà Khalīlà i
à Isha à i
à al-Ward, nobile tripolitano
i iatoài à“i iliaàdaiàFati idiàd Egittoàpe à ip e de eàilà o t olloàdell isola e della sua animosa
capitale, sede di numerose rivolte dovute al passaggio dalla dinastia Aghlabide a quella
Fatimide44, nonchè ai contrasti etnici e allo scarso controllo del potere centrale sul potente
clan persiano dei Ba ū l-Ta ā ī. Giunto a Palermo, il nuovo governatore ( ālī) non tarda a
rendersi conto che il palazzo usato dai suoi predecessori come residenza emirale e centro
delàpote eà o àe aà elàsoggio oàagliàe i ià egliàspessiàtu ultiàpale
ita i
45.
Sceglie così
un sito nei pressi del vecchio porto, la Cala appunto,àeàdell a se ale,à dife de ole,àape toà
agliàaiutiàdiàfuo i,àedàa o ioàaà ieta eàaiàPale
ita i
46.
Con una tale azione KhalīlàI
à
Ishā àpo eàleàfo da e taàdellaàKhālisa.
Così la descrive Ibn Hawqal:
di fronte al capoluogo vi si t o a u alt a ittà hia ata al-Ḫālisa
a h essa possiede u
u o di piet a he o
l Eletta :
pa ago a ile pe ò a uello di
A. DUCELLIER, F. MICHEAU, L Isla
el Medioe o, Bologna 2009, (ed. orig. Paris 2000), pp. 107-108.
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 125.
46
Ibidem.
44
45
16
Palermo (il Cassaro). Vi risiedono il sovrano e il suo seguito: conta due bagni pubblici,
ma non vi si trovano mercati, né fondachi. Vi è una piccola moschea cattedrale, una
guarnigione militare del sovrano, un arsenale e gli uffici amministrativi. La città ha
uatt o po te a o d, a sud e ad o est; a ad est è il mare e un muro senza porta47.
La descrizione della Kalsa avviene du
ueà all i te o di un quadro di
presentazione/opposizione rispetto al Qasr al-qadim, tanto che anche A. Bagnera nel suo
saggioà o àesitaàaàpa la eàdiàu aà itt à o àdueà itt
48: una è Balarm,àlaà
itt à e hia,àl alt aà
è la Kalsa, la città nuova49.à E à Ibn Hawqal stesso a suggerire in modo esplicito tale
definizione; parla infatti della Kalsa o eà dià u alt aà itt ,à e à defi itaà elà suoà spazioà
fisico, ma anche altrettanto definita dal punto di vista istituzionale e per il ruolo ricoperto.
Circondata da un proprio muro fortificato e molto ben difesa, al proprio interno essa ospita
il quartier generale del governatore con tutti i suoi funzionari (dī ā ), gli uffici pubblici,
l a se aleàdellaà itt àeàu aàgua igio eà ilita eàallaàdi ettaàdipe de zaàdelà ālī. La città
nuova si presenta dunque come un palazzo-caserma, sede della macchina governativa e
ilita eà dell isola,à aà s apitoà dià Balarm che perde in parte questo ruolo o che semmai lo
mantiene soltanto più att a e soàloàst ettoàlega eàdiàsi
iosià heàs i staura con la Kalsa.
La perdita di centralità del Cassaro - che sarà riacquistata solo sotto il dominio normanno è testimoniata anche dalla parziale distruzione delle sue mura. Tale demolizione si
proponeva di rendere innocue eventuali rivolte del popolo palermitano e al contempo
recuperare materiale edile destinato proprio alle moenia della Kalsa50, quasi a testimoniare
come il processo di passaggio di ruolo egemone daàu à e t oàall alt oàfosseàa e utoàa heà
sul piano più prettamente materiale.
Tuttavia la costruzione della al-Ḫālịa non è solo dovuta alle intemperanze degli
abitanti di Palermo e alla grave crisi suscitata in terra siciliana dai sempre più duri scontri
tra fazioni difficilmente pacificabili51; essa rientra piuttosto nel più generale processo di
affermazione di un modello urbano e di potere promosso dalla dinastia Fatimide, da poco
47
IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., pp. 117-118.
BAGNERA, The urban evolution of islamic Palermo cit., p. 70.
49
AL NUWAYRĪ, Niha at ʻal ʻa i , in BAS, II, p. 101.
50
IBNàʻáLàáTI‘,àCronaca Compiuta, in BAS, I, p. 416.
51
Vedi AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, cap. VII e cap. IX.
48
17
salitaàalàpote e.àássistia oài fattiàall e e ge eàdià uestaà uo aàtipologiaàu a aài àtuttiàià
domini dei Fatimidi e nelle loro città più importanti: il Cairo in Egitto, Ṣabra al-Maṇū
aàeà
la capitale Mahdiyya in Tunisia. E proprio Mahdiyya, quartier generale dei Fatimidi, è il
modello di riferimento per la ricollocazione del centro amministrativo e militare in una
ittadellaàdià uo aà ost uzio eà aàgua dia àdella città principale, volta a separare le nuove
élites shi ite dalle popolazioni urbane prevalentemente sunnite52.à Co eà u aàMehdiaà i à
pi olo
53
la Khālịa presenta pressappoco le stesse caratteristiche fisiche, topografiche e
funzionali della capitale tunisina, da Ibn Hawqal prontamente segnalate e contrassegnate
dalla presenza dei due ḥa
o
ā
e del dī ā . Scrive De Simone, sottolineandone la forte
otazio eàpoliti a,à heà ilà o eàstessoàdiàal-Ḫālịa datole da Ḫalīlài
ruolo della ittadellaà […];à ilà te
àIṣā ,à hia i aàilà
i eà i di a aà i à alt eà zo eà delà o doà a a o-islamico,
soprattutto iranico, i beni appartenenti alla corona, sia pure a titolo non privato. Come
ise ataàalàpote e àdo e
fortezza
eàesse eà eglioài tesaàdu
ueàlaàde o i azio eàdià uestaà
54.
La Khalisa possiede inoltre una propria moschea ǧā iʻ che, nonostante sia
p o a il e teà desti ataà all usoà delà soloà ālī e del suo seguito - dal momento che Ibn
Hawqal ne segnala le piccole dimensioni - finisce per contrapporla a Balarm anche in
ua toàpoloà eligioso.àT attoàfo da e taleàdell Elettaà ài àog ià asoà uelloàdiàso ge eài àu à
punto ideale in vista del controllo e della difesa della Cala, importante porto che permette
a Palermo, nel corso dei secoli, di i se i sià all i te oà del ricco e fiorente sistema
o
e ialeà
edite a eo.à I so
a,à att a e soà uestoà i
o a e toà u a isti oà ià
musulmani dimostravano di aver capito che Palermo, equidistante da Napoli e da Tunisi,
doveva svilupparsi verso il mare e verso il mare pianificare laàsuaà es ita
55;
prospettiva
resa peraltro necessaria in relazione alla forte crisi che aveva portato la città di Messina a
pe de eài àpo oàte poàilàp i atoàdià e t oàpo tualeàdell isolaàdiàSiqillyyia.
I
à Ha
alà seg alaà i fi eà l esiste zaà dià uatt oà porte nella cinta muraria della
cittadella, evidenziando come l u i aà sezio eà delà u oà dife si oà aà o à possede eà sia
52
BAGNERA, The urban evolution of islamic Palermo cit., p. 70.
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 125.
54
A. DE SIMONE, Palermo Araba, in Storia di Palermo cit., II, p. 97.
55
TRAMONTANA, L isola di Allah cit., p. 244.
53
18
quella che si affac iaàsulà a e.à“e
e eàl auto eà- a differenza di quanto fa per il Qạr - non
fornisca i nomi dei quattro ingressi alla cittadella, essi sono da tempo noti grazie al
resoconto compilato da al-Mu addasī56, viaggiatore arabo giunto a Palermo qualche anno
più tardi rispetto ad Ibn Hawqal, nel 985, che menziona la Bā
ạ-Ṣi āʻa (Porta
dell á se ale ,àlaàBā Kutā a (Porta dei Berberi), Bā al-futūḥ (Porta delle Vittorie) e infine
la Bā al- u ūd (Porta delle Bandiere)57.
Alla descrizione della Kalsa Ibn Hawqal fa seguire quella dei quartieri (hā a) extra
muros, vere e proprie contrade che circondano la città di Palermo, intesa come il q̣sr, e
che ad essa sono collegate tramite le numerose porte.
Il Quartiere degli Schiavoni (̣ā at ạ-Ṣa āli a
più popoloso e più i po ta te delle
due città che ho citato. Vi si trova il porto e vi scorrono dei ruscelli tra il Quartiere
degli Schiavoni e Balarm, in modo da separare i due posti. Un altro quartiere ha il
o e della
os hea d ʻI
“a lā :
a h esso
olto g a de, o
i so o so ge ti
e gli a ita ti e o o l a ua dei pozzi. Alla sua est e ità s o e il Wādī A
ās, la go
e rapido, sul quale si trovano numerosi mulini; le rive sono costeggiate da giardini e
vigneti che non traggono profitto dalle sue acque. Il Quartiere Nuovo (̣ā āt alǧadīda
esteso e aggiu ge uello della
os hea da ui o
sepa ato da u a
precisa linea di demarcazione. Nessuno dei due quartieri è circondato da mura, e
nemmeno il quartiere degli Schiavoni.
Quasi tutti i
e ati si t o a o t a la
os hea d ʻI
“a lā e il Qua tie e Nuo o 58.
Dunque, oltre al Cassaro e alla Khalisa, Ibn Hawqal segnala innanzitutto la presenza
del ̣ā at ạ-Ṣa āli a, il Quartiere degli Schiavoni che sotto i Normanni diventerà
Seralcadi59. Contrada di grandi dimensioni, addirittura più popolosa del Cassaro e separata
da questo dalle acque del fiume ‘ụ̄a - forse dal latino rota per la presenza di numerosi
mulini o fra toi
60 -, il Quartiere degli Schiavoni si estende a nord della città vecchia. Proprio
AL MUQADDASI, Kitâ ʻat ta âsī , in BAS, II, p. 671.
DE SIMONE, Palermo Araba cit., p. 98.
58
IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 118.
59
Dall a a oàŠā iʻ al- ạ̄ ī, ovvero la via del giudice .
60
DE SIMONE, Palermo Araba cit., p. 91.
56
57
19
pe à uestaà suaà posizio eà st ategi aà l ḥā at nasce e si sviluppa grazie alla sempre più
massiccia presenza di marinai, mercanti, operatori marittimi che giungono a Palermo, e
soprattutto dei pirati slavi, feroci truppe mercenarie dalmate sotto il comando del temibile
“ā i à al-Ṣā la ī61, che in questo luogo trovano la loro sede privilegiata. Gli Slavi da cui
prende il nome il quartiere62 - ottimi guerrieri, schiavi ed eunuchi di primissimo ordine erano stati acquistati negli empori delle coste adriatiche e fatti arrivare in gran numero a
Palermo dai precedenti emiri che li usavano come truppe scelte al loro servizio. Contrade
dette degli Schiavoni sono del resto presenti in tutte le città mercantili più rilevanti della
costa italica, dalle Repubbliche marinare a Napoli e Roma: la caratteristica prima di questi
quartieri così denominati è quella di sorgere nei pressi del porto, o comunque del mare63.
A Palermo, questa stessa zona vedrà concentrarsi poco più avanti le ricche e potenti
comunità di mercanti genovesi, amalfitani64 e veneziani65.
A sud-est rispetto a Balarm, sorgono il Quartiere della Moschea d ʻI
“a lā e il
Quartiere Nuovo. Le notizie fornite da Ibn Hawqal su questi due rabạ (suburbia) sono più
scarne rispetto alle precedenti. Ibn Hawqal scrive che entrambi sono molto estesi e che,
come il quartiere degli Schiavoni, non sono circondati da mura; uno a fia oàdell alt o,àta toà
da non essere presente una qualche netta e visibile divisione fisica, essi occupano la zona
a sud del Cassaro e sono la sede della maggior parte dei mercati e dei venditori di
Palermo66, di cui Ibn Hawqal fornisce un elenco preciso67. In ultimo viene segnalato il
Quartiere della Moschea d ʻI
nord, e a sud dal ādī al-ʻA
Ilà o eàdiàI
“a lā che è delimitato dal Cassaro con il quale confina a
ās l O eto àsulleà uiàspo deàso go oà igogliosiào tiàeàf utteti.à
à“a lā ,àasseg atoàallaà oschea, sembra essere una variazione del singolare
TRAMONTANA, L isola di Allah cit., p. 184.
Saqaliba è infatti il plurale di siqlabi, arabizzazione del termine latino sclavus.
63
V. DI GIOVANNI, La topografia antica di Palermo dal secolo X al XV. Memorie di Vincenzo di Giovanni, I,
Palermo 1889 p. 346.
64
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, nota 24, p. 197.
65
M. SCARLATA, Caratterizzazione dei quartieri e rapporti di vicinato a Palermo fra XIII e XV secolo, in D'une
ville à l'autre. Structures matérielles et organisation de l'espace dans les villes européennes (XIIIe-XVIe siècle).
Actes du colloque de Rome, (1er-4 décembre 1986), Roma 1989, p. 692.
66
NEF, Isla i Pale o a d the Dā al-Islā cit., p. 52.
67
IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 118.
61
62
20
del termine Ṣa āli a68 eàfo seàdu
ueàa h essoàpa eà i o du eàalleàt uppeà e e a ieà
slave di stanza a Palermo69.
A partire di qui la cronaca di Ibn Hawqal procede con la descrizione di Balarm e del
Q̣asr:
Ho esposto la situazione di al-Ḫālịa e delle sue porte, indicato ciò che essa contiene,
ma non ho descritto Palermo che è la città antica. La porta più nota è la Porta del
Mare, chiamata così per la sua prossimità al mare. Vi è poi una porta eretta da A ūʻḷusayn Aḥmad ibn ̣asa i
A īʻl-̣usayn, perché gli abitanti, in questa parte della
città, si erano lamentati della distanza del posto da cui uscirne. La costruì al di sopra
di u a esta he do i a a u
o so d a ua e u a so ge te hia ata ʻA
šifā, ed
da uesta he la po ta ha i e uto l attuale de o i azio e. Colo o he a ita o
vicino alla fonte possono approvvigionarsene.
Vi è poi la Porta di Sant Agata, che è una porta antica. Accanto ad essa la porta di
‘ụ̄a, dal nome di un grande corso d acqua al quale si accede da questa porta, sotto
cui prende origine: l acqua è salubre, e sulla riva c è una fila numerosa di mulini. Poi
la po ta dei Gia di i Bā a - i ạ̄), anch essa di ost uzio e e e te, ope a di A ūʻḷusayn Aḥmad ibn ̣asan. Vicino ad essa, c era una porta detta d Ibn Qurhub,
situata in un luogo poco fortificato: in passato la città era stata spesso attaccata da
questo lato e gli assalitori erano passati attraverso questo varco. Gli abitanti erano
esposti ad enormi pericoli: osì A ūʻl-̣usayn la fece chiudere e proibì il passaggio.
Lì i i o si t o a la Po ta degli Edifi i Bā al-a
ā , la più antica della città. Poi vi è
la Po ta dei Neg i Bā as-sudā , di f o te al e ato dei fa
i: poi la Po ta di Fe o
Bā al-ḥadīd , dalla uale si es e i di ezio e del Qua tie e dei Giudei. “i a i a
infine ad una porta costruita anch essa da A ūʻl-̣usayn e che non ha nome: è da
essa he si a al ua tie e di A ī Ǧa ī [A ī ̣amir]. In tutto sono nove porte70.
68
Vedi nota 62 in questa tesi, p. 19.
DE SIMONE, Palermo araba cit., nota 43, p. 90.
70
Ibidem, pp. 119-120.
69
21
‘ispettoà allaà po e t à d i fo
azio ià circa le porte della Khalisa elencate in
precedenza e delle quali non è riportato nemmeno il nome, Ibn Hawqal compila questa
volta un lungo, minuzioso elenco dei varchi che aprono le mura urbiche del Cassaro.
Procedendo in senso antiorario, dalla più importante Porta del Mare fino alla Porta senza
nome, il resoconto contiene informazioni e ragguagli circa il loro fondatore, la loro
localizzazione e le ragioni per le quali esse sono state erette71. Lo stesso passo fornisce
inoltre preziose informazioni sui quartieri extra muros che componevano la Palermo
dell epo a.à Olt eà aiàt eà ḥā a di cui si è parlato in precedenza, ve ne sono altri tre che si
addensano intorno alle moenia delàCassa oàeà heàl auto eàsiàli itaàaà ita e,àprobabilmente
o à ite e doliàalt etta toài po ta ti:àilà luogoàdettoàal-Muʻaska
heà suo aà “ta zaà dià soldati
73,
72
a ovest del Cassaro,
un vero e proprio accampamento militare che
probabilmente accoglie un esercito stanziale, forse cinto da mura74; un ̣ā at A ī Ǧa ī o
A ī ̣i āz75 a est, collegato al Cassaro da una porta che al tempo di Ibn Hawqal non
possiede nome, in direzione della Kalsa; un ̣ā at al-Yahūd, il Quartiere degli Ebrei, la
giudecca della Palermo araba, che dalle notizie del geografo persiano sembra trovarsi
all i te o,àoàaddirittura coincidere, con il Quartiere della Moschea. A tale proposito è utile
ip e de eà u osse azio eà dellaàDeà “i o eà se o doà uià laà polise iaàdelà te
i eà ḥā a
ua tie e ,à aàa heà ia ,àoà g uppoàdià ieà o àu àa essoàu i o àge e aài àp opositoà
ual heà a
iguit
76.
Se dunque facciamo riferimento alla prima delle interpretazioni
po a zià itate, il quartiere ebraico corrisponderebbe al quartiere delle moschea, cosa non
impossibile in quanto il termine
asǧid nel Medioevo era utilizzato per indicare anche il
tempio ebraico, ossia la sinagoga; in questa maniera Ibn Hawqal porrebbe in evidenza,
seppure in maniera indiretta, la considerevole ampiezza raggiunta dalla comunità ebraica
dellaàPale
oàdelàXàse olo.àD alt o canto invece, se si intende ḥā a come via ào gruppo di
ie ,àallo aàilà ua tie eàe ai oàsiàdo e
e t oà l estesoà ̣ā at
71
asǧid ʻI
eàlegge eàsoloà o eàu aàsezio eà e àdete
i ataà
“a lā . Ancora in relazione ai quartieri che circondano
DE SIMONE, Palermo Araba cit., pp. 91-92.
IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 118.
73
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., I, p. 197.
74
Ibidem, II, nota 25, p. 197. Amari spiega che di sicuro lo fu nel XII secolo, in quanto era chiamato halka.
75
DE SIMONE, Palermo Araba cit., p. 94.
76
Ibidem.
72
22
Balarm, è poi doveroso segnalare che la versione della Geografia di Ibn Hawqal analizzato
da Johns di cui si è detto in precedenza, cita un ulteriore quartiere piuttosto esteso, detto
di al-Ǧaʻfa i a,à edifi atoà i aà i
ua t a
ià piùà ta dià ispettoà allaà isitaà delà nostro
viaggiatore e non menzionato in alcuna altra fonte. Ragion per cui Johns ritiene probabile
heàilàsuoà o eàde i iàdaàu aàpe so aàdià o eàǦaʻfa ,àp esu i il e teà oluiàsottoàilà uià
go e oàfuà ost uito
77.
Balarm è tagliata in tutta la sua lunghezza, da est a ovest, da una strada lastricata in
pietra definita si ạ̄, la Grande Strada, lungo la quale si estende un ampio e bello emporio
di varie specie di mercanzie
78.
La presenza di un asse viario centrale che probabilmente
costeggia il lato occidentale della grande moschea79,à lu goà ilà ualeà so go oà glià edifi ià
pu
li i,àdallaà e osi ileàst uttu aàaà o te
80,
e da cui si dipanano le strade secondarie che
si addentrano fra le case (zu ā , strade secondarie di quartiere, e darb, piccole strade di
vicinato), risponde ad una struttura urbana tipica del mondo islamico e non a caso presente
nella apitaleà ághla idaà dià If ī i a.à Laà G a deà “t adaà
d a uaà heàs o o oàdaàestàaào est
81
à i o dataà daà u e osià o sià
da cui si ricava acqua potabile e lungo i quali Ibn
Hawqal registra la presenza di numerosi mulini azionati dalle loro correnti, di rigogliosi
gia di iàeàf utteti.àMaàseàl a uaàpota ileàp o e ie teàdaà uestià us elliàdissetaàlaà aggio à
parte degli abitanti della città di Balarm, coloro che vivono nei quartieri al di fuori delle
mura e nella Kalsa sono esclusi dalla possibilità di accedervi: questi ultimi - secondo quanto
sostiene Ibn Hawqal -,à e h àl a uaà o e teàsiaàa
o da te
82,
si dissetano da pozzi di
acqua stagnante:
L a ua della ittà e dei ua tie i, he p o ie e dai pozzi, pesa te e
la p efe e za degli a ita ti pe
dol e, de i a dalla
gusto, pe h le
uest a ua piuttosto he pe
a
uella o e te e
a a za di affi atezza e dall a uso di ipolle he dete io a il
a gia o
ude. No
essu t a di lo o, di og i lasse so iale,
JOHNS, La uo a a ta della “i ilia e la topog afia di Pale o cit., p. 16.
IBN HAWQAL, Kitâ ʻal asâlik cit., p. 21.
79
BAGNERA, The urban evolution of islamic Palermo cit., p. 64.
80
DE SIMONE, Palermo araba cit., p. 101.
81
IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 120.
82
Ibidem.
77
78
alsa a,
23
he o
e
a gi tutto il gio o, o
asa i
se a. Questa p ati a ha guastato lo o l i
infiacchito i se si e t asfo
o os e ze,
ui o se e o su i
atti a e
agi azio e, alte ato il
e ello,
ato l i tellige za, ist etto la o p e sio e, s i uito le
odifi ato il olo e del iso e s o olto l e uili io della ostituzio e,
tanto che hanno su ogni cosa o almeno sulla maggior parte delle cose un opi io e
contraria alla realtà83.
I à ealt à l auto eà o à se
aà esse eà aà o os e zaà dellaà fittaà eteà sotte a eaà dià
pozzi, canali e gallerie filtranti ( a āt à heà ali e ta oà d a uaà l i te aà Pale
o84 e che
costituiscono il f uttoà dià u à sapie teà sf utta e toà i iguoà delleà a ueà sorgive e
sotte a eeàdelàsuoàte ito io
85.
Di fatto l esa eàdellaàsituazio eàidrica della città sembra
piuttosto offrire a Ibn Hawqal lo spunto per esprimere giudizi severi, addirittura sprezzanti,
sugli abitanti che ne popolano strade e quartieri. Ibn Hawqal reputa infatti che i Palermitani
manchino di raffinatezza, che usino per dissetarsi acqua non pura, proveniente dai pozzi, e
che addirittura lo facciano di proposito. Tale abitudine, giudicata dal mercante iracheno
rozza e volgare, è attribuibile a suo dire a un consumo esagerato di cipolle. Abituato alla
ricercatezza della capitale, Ibn Hawqal è disgustato dal largo uso di questo ortaggio, non
solo considerato un alimento dal sapore pesante che corrompe e svilisce ogni altro gusto,
ma giudicato anche un potente afrodisiaco, il cui consumo procura alterazione dei sensi e
pe ditaà d i tellige za.à áà ausaà dell azio eà p esso h à e efi aà dellaà ipolla,à Pale
it o aà osìàpopolataàdiàsoleà pe so eà iliàeàse zaà alo e,àp i eàdiàgiudizioàeàdià e aàpiet
poi h à essu àg uppoàso ialeà à ispa
oà sià
86,
iatoàdall effettoà o utto eàdià uesta pianta nefasta
e maleodorante.
Dunque Ibn Hawqal non ha ricavato una buona impressione dei Siciliani, e dei
Palermitani in particolare, e manifesta questa sua opinione in modo piuttosto esplicito. Nei
passi della sua Geografia a e teàdell esiste zaàdiàu ope aàda lui stesso compilata e divisa
in dieci capitoli, dal titolo Kitā Ṣiqilliyya Libro della Sicilia ;àl autore dichiara di non avervi
83
Ibidem.
Per una dettagliata analisi della situazione idrica palermitana medievale vedi P. TODARO, Palermo
sotterranea, in Storia di Palermo cit., II, pp. 238- 256.
85
Ibidem, p. 239.
86
IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 122.
84
24
omesso alcuna virtù o difetto degli isolani87, e ciò per correttezza nei confronti del lettore.
Quest ope aà o à ià àpe e uta,à aàleà alutazio iàtaglie tià eià o f o tiàdeiàPale
ita iàsià
sono conservate nelle pagine della stessa Geografia, che ne traccia un profilo
assolutamente impietoso. Nella narrazione di Ibn Hawqal la Sicilia e la città di Palermo
di e ta oàloàspe hioà elà ualeàsià ifletto oàl i
agi eàeàl i doleàdeiàlo oàstessiàa ita ti.àà
Laàp e essaà àl osse azio eà heàsegue:
E p op io sulla ase delle i hezze, delle e t ate e della p ospe ità he i si può fa e
u idea della o dizio e degli a ita ti delle ittà, delle p o i e e delle egio i, olt e
che dei loro meriti e delle altre qualità88.
Il fatto è che quando Ibn Hawqal scrive, la Sicilia e anche Palermo hanno oramai
pe dutoàl a ti aà o dizio eàdiàp ospe it àeàagliào hiàdelà ost oà iaggiato eàpa eà heà e si oà
i àu à o e toài à uiàlaàsituazio eàe aàpassataàdalà e esse eàallaà ise ia
89.
Di tutto ciò
del resto Ibn Hawqal non si stupisce, poiché a questoàpu toàdellaàsto iaàdell isola i costumi
incorrotti dei primi conquistatori arabi sono andati sciupati, persi per sempre, imbarbariti
dallaàg a deà ua tit à deiàBe e iàBa aǧa aàeàdegliàaff a ati
90.
I primi sono considerati
rozzi, non avvezzi al controllo del potere centrale, da poco islamizzati, ma soprattutto sono
ritenuti pericolosi perché in numero soverchiante rispetto agli arabi, con i quali fin dal
tempo della conquista sono in conflitto, tanto che laà i ist àlo o,àseà o àlaàape taàgue a
i ile
91
piùà olteàhaàs ossoàlaà olo iaàdià“i ilia.àIàse o diàso oà iàp otetti à ahl aḏ-ḏimma),
la parte della popolazione non islamica che dietro il pagamento di una tassa testatica, la
ǧizya,à o ti ua aà aà i e e se o doà leà p op ieà leggià eà ostu a ze
consegue è netto e chiaro: i “i ilia ià so oà deià asta di
93,
92.
Il giudizio che ne
in cui alla corruzione
dell i tellettoà eà delà sa gueà sià a o pag aà i e ita il e teà laà o pletaà asse zaà dià
sentimenti religiosi. Al punto che la presenza di numerose moschee nella città vecchia e nei
87
Ibidem, p. 125.
Ibidem, p. 126.
89
Ibidem, p. 127.
90
Ibidem, p. 122.
91
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 29.
92
Ibidem, I, p. 352.
93
IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 126.
88
25
suburbia, che forse altrove sarebbe stata salutata come segno tangibile della religiosità
degli abitanti del luogo, viene considerata qui in modo assai critico.
Nell i sie e delle due ittà, in quella di Palermo e in quella chiamata Ḫālịa, così
come nei sobborghi fuori dalle mura, ci sono più di trecento moschee, quasi tutte in
buono stato e solide sotto i tetti, con le pareti e le porte intatte. I Siciliani ben
informati ne convengono e sono d a o do sull ide tifi azio e e il o teggio delle
os hee […].
Ve e so o a o a al di fuo i dell agglo e ato […]. Tutti ha
di ueste
os hee e so o d a o do sul lo o u e o: più di due e to. […]94.
Un numero tanto grande di mos heeàI
i à essu alt aà itt ,à e
e oài àu aà heàa
di eà dià Co do a,à i à “pag a,à ià uià a ita tià
os hee
96.
o u a ozio e esatta
àHa
alà o àl a e a mai visto di persona
iaàu aàsupe fi ieàdoppia
95,
ma solo sentito
i e di a oà pe à laà lo oà itt à i
ue e toà
E probabilmente, comeà s i eà Deà “i o e,à sià t atta aà dià os heeà e eà eà
p op ie,à ost uiteà o àtuttiàià is iàa hitetto i iàeà o àdiàse pli iào ato iàall ape to,àdià ueià
mụallā cioè molto diffusi nel mondo musulmano
97.
Il sorgere di così tanti luoghi di culto
non è tuttavia per il nostro viaggiatore il frutto della pietas religiosa che dovrebbe animare
il buon musulmano, quanto piuttosto il segno della superbia che ormai si è impadronita
degli animi dei Palermitani: una tale quantità di edifici è infatti il risultato della meschina
volontà delle famiglie di primeggiare le une sulle altre, del desiderio di guadagnare prestigio
att a e soà ilà possessoà eà l ostentazione di uno o più templi. Scrive Ibn Hawqal che og ià
abitante, per eccesso di orgoglio, desiderava possedere una propria moschea riservata, alla
ualeà essu oàa e
eàa utoàa essoàt a
Maàl e piet àdeiàPale
eàlaàsuaàfa igliaàeàlaàsuaà lie tela
98.
ita iàlaàsiàto aà o à a oàa heàpe àalt ià e si.
94
Ibidem, p. 118.
Ibidem.
96
Ibidem.
97
A. DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo,ài à “tudià ag e i i ,àIIà
98
IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 118.
95
,àp.à
26
Nell isola, i
i a al
a e, si t o a o
olti i ạ̄: vi si pratica la falsità e l ipocrisia, e
sono pieni di buoni a nulla e di cattivi soggetti, vecchi e giovani, tutti canaglie
impudenti. Questi individui si sono tatuati sulla fronte i segni della prosternazione,
o l u i o s opo di i assa e le ele osi e e di attentare alle virtù delle donne
o este […].
Ciò non appare a prima vista, tanto è estremo il loro zelo nel farsi ammirare ed
apprezzare, ma la maggior parte di loro professa la religione con una volontà
cosciente di ingannare, e ignora perfino ciò che nelle abluzioni è un obbligo e ciò che
è una consuetudine99.
I i ạ̄ erano in origine avamposti fortificati presenti nelle città e nelle aree di
confine, volti a ospitare i volontari giunti da terre lontane per combattere il jihād contro gli
infedeli, i missionari e i pelleg i ià usul a i.à Questià
Pale
o aste i-fo tezze à eià p essià dià
oà do e a oà esse eà o eà tuttià glià alt i,à disse i atià lu goà laà ostaà dell áf i aà
“ette t io ale
100. E infatti Tramontana concorda nel collocarli a nord del muro della
Kalsa,
in riva al mare sulla bocca del porto101,àpe à oti iàdife si i.àTutta iaài àseguitoàall a e utaà
o
uistaà dell isola,à essià a e a oà p og essi a e teà pe soà laà lo oà ale zaà eligiosaà eà
militare e così, distrutti e diroccati almeno in parte in seguito ai tumulti che avevano
portato alla costruzione della Kalsa,àsiàt a uta oài à spazioàdiàespulsio eàso iale
102,
ossia
i à e t oàdiàatt azio eàpe à e di a tiàeàse zatetto,à a atte izzatoà dallaàp ese zaàdià uelà
che era percepito e vissuto come diversità, estraneit ,àpe i olo
103
dal resto dei cittadini.
Questo naturalmente non sfugge a Ibn Hawqal, il quale condanna tutti coloro che in questi
luoghi vivono: da un lato quegli individui che si sono ritirati dal mondo ad una vita ascetica,
tutta volta alla preghiera e alla rinuncia e che tanto si sono prosternati da essersi fatti
es e eà u à alloà sullaà f o teà heà o aà oste ta oà o à supe ia;à dall alt oà olo oà heà sià
professano votati al trionfo della fede, ma che in realtà si rivelano oziosi, ipocriti e falsi, dal
99
Ibidem, p. 119.
DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 157.
101
TRAMONTANA, L isola di Allah cit., p. 182.
102
Ibidem, p. 183.
103
Ibidem.
100
27
momento che attraverso il voto al jihād o t oàgliài fedeli,à i a oàadàesse eà spesatiàsuàleà
li osi eàlegaliàoàsuàlas itiàpii
Laà
a
104.
iti aà i oltaà daà I
à Ha
alà aià
i aldi à dei i ạ̄ viene infine ampliata,
o e a doà u 'alt aà atego iaà dià i di iduià heà p edo i aà i à itt
105
eà heà l auto eà
mostra di non apprezzare in generale, e ancor meno qui a Palermo: i maestri delle scuole
coraniche.
Costoro sono divisibili in varie categorie e gradi di stoltezza e pazzia, superiori alla
pazzia dei maestri di scuola di ogni altro paese, e agli stolti di ogni altra contrada
[…].
Nella città, ci sono circa trecento maestri o quasi. Un tale numero non ricorre in
nessun altro paese della terra. La ragione di questa abbondanza, malgrado la loro
s a sa utilità,
l a e sione che nutrono per le spedizioni militari e il desiderio di
sottrarsi alla guerra santa. La loro città, in effetti, è una marca contro gli Europei,
u a o t ada he fa f o te al e i o: la gue a sa ta i p osegue e l appello alla
lotta vi risuona costante e te, da ua do la “i ilia stata o
uistata […].
Dai tempi più antichi, la consuetudine ha voluto che i maestri fossero dispensati da
questi servizi gravosi, pagando delle tasse. Così gli uomini più sciocchi si sono
ifugiati ell i seg a e to he la loro stupidità faceva considerare come una bella
a ie a,
Og i
alg ado lo s a so p ofitto e i po hi a taggi he se e t aggo o […].
aest o u o s io o i ete ato […].
La disgrazia più grave, la prova più pesante, la calamità definitiva è che tutti gli
abitanti della Sicilia, nella loro mancanza di buon senso, nella mediocre perspicacia,
nella lentezza di comprensione, credono che questa corporazione rappresenti i loro
nota ili, le pe so e
iglio i […]106.
Le valutazioni di Ibn Hawqal su Palermo e sui Palermitani, per come emergono dalle
pagine del Libro delle vie e dei reami, appaiono a prima vista piuttosto superficiali, se non
104
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 202.
IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 123.
106
Ibidem.
105
28
frutto di pregiudizi; in realtà esse si fondano su motivazioni ben più complesse e profonde,
ta toà heà sià à a a zataà l ipotesi,à pe à giustifi a eà laà
a a zaà dià se e it à delà ost oà
geografo nei suoi giudizi sui Palermitani, che egli facesse gli interessi dei Fatimidi e ne fosse
i àu à e toàse soàu aàspia
107
e che, una volta giunto nella Sicilia Kalbita del X secolo, vi
registrasse con disappunto una situazione di frattura istituzionale e culturale sempre più
accentuate rispetto al potere centrale. Ma tra le righe della Geografia, più che le
considerazioni di un agente al servizio dei Fatimidi, sembra leggersi un senso di
a isto ati oà dista o
108.
Ibn Hawqal è figlio di un sistema ideologico che poggia su
fondamenta profondamente diverse da quelle su cui si regge il mondo siciliano kalbita.
Amari, a tale proposito, scrive nelle pagine della sua Storia heàI
àHa
al,à p ati a doà oià
mercatanti del paese, ritrasse la nobiltà, i dottori e la plebe con tutte le sembianza che quei
lo à da a oà pe à i idiaà dià lasse
109.
Il nostro viaggiatore è infatti, come già si è detto,
originario della Mesopota ia:àlaàsuaà e talit àde eàpe ta toàesse siàfo
ataàall i te oàdià
una società molto sofisticata dal punto di vista intellettuale e di tradizioni ben più raffinate,
quali dovevano essere quelle di Baghdad e più in generale dei territori orientali del dār alīsla
110.
Sicché la Sicilia, e in particolar modo Palermo, appaiono a Ibn Hawqal come un
mondo quasi alieno: una provincia periferica, che pur essendo riconosciuta come uno dei
alua diàdell Isla ,à e aàeàp op iaà a aàdià o fi eà o t oàgliài fedeliàd Occidente, tuttavia
mostra aià suoià o hià lega ià o à di etta e teà o du i ilià allaà e t alit à delà
usul a o
111.
o doà
Palermo, terra di frontiera, deve apparirgli lontana non solo fisicamente,
ma anche e soprattutto culturalmente.
In conclusione, se da un lato nella descrizione della città, delle sue strutture
urbanistiche e delle sue architetture, Ibn Hawqal si preoccupa di far emergere il carattere
più propriamente islamico di Balarm e dei suoi suburbia 112,àdall alt oài e ita il e te e con
107
DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 157.
TRAMONTANA, L isola di Allah cit., p. 179.
109
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 205.
110
TRAMONTANA, L isola di Allah cit., p. 180.
111
GALLINA, Dominazioni costruite, dominazioni percepite cit., p. 262.
112
Fo seàp op ioài à uestoàse soà aàlettoàilàfattoà heàI àHa alà o àdiaàu u i azio eàp e isaàdelàp e ede teà
Palazzo degli emiri che sorgeva sulla Galka: il palazzo ormai aveva perduto il suo carattere istituzionale
all i te oà dellaà topog afiaà dià Pale oà - acquisito invece dalla Kalsa -,à eà du ueà a heà l i te esseà delà
narratore.
108
29
a a ezzaà o àpuòà heà egist a eàu ete oge eit àt oppoà a ataà i à ueiàMusul a ià istià
di sangue greco e latino; mezzo stranieri ai lineamenti del volto, alla carnagione, alla
p o u zia,àagliàusi,à
à e àdo atiàaàtutteàleàp ati heàdell isla is o
113.
In ragione di tale
eterogeneità i caratteri più marcati e preziosi dell Isla ,à aà detta del mercante iracheno
vanno pericolosamente e definitivamente smarrendosi tra le vie dei rioni e i mercati di
questa Palermo così etnicamente variegata ed eccessivamente tollerante
113
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 205.
30
Capitolo II.
Dalla Pale
o isla i a a uella o
a
a: l e ol e si dell i pia to u a isti o.
II.1. La conquista normanna di Palermo e i riflessi sulla topografia della città.
L i izioàdellaàfi eàdelàdo i ioà usul a oài à“i iliaà oi ideà o àilà o e toài à uià
I
àatàTi
ah,àe i oàdiàCata ia,à hia aàiàpote tiàgue ie iàNo
a
iàsull isolaàdiàSiqillyyia
per sedare i rivolgimenti che minano il suo potere. Ibn at Timnah stringe così u allea zaà
con Roberto il Guiscardo e con il fratello minore, Ruggero, e spi toà daà ti o e,à seteà dià
e dettaà edà i esti gui ileà a
izio e
114,à spe
aà dià pote se eà se i eà o t oà l odiatoà I
à
Hawwas, signore di Castrogiovanni e suo rivale, nel tentativo di ampliare i propri domini e
il proprio potere.
I due capi normanni hanno daàpo oà o lusoàl assedioàeàlaà o
heàgua da oàall isolaàdià“i iliaà o àe o
uistaàdià‘eggio,à osìà
eài te esse;àsop attuttoàilàpiùàgio a e,à‘ugge o.
Elegantissimus igitur juvenis comes Calabriae, Rogerius, cum apud Regium cum
fratre duce, tota Calabria debellata, moraretur, Siciliam incredulam audiens, et
brevissimo mari interposito ex proximo intuens, ut sempre dominationis avidus erat,
ambitione adipiscendi eam captus est, duo sibi proficua reputans, animae scilicet et
corporis, si terram, idolis deditam, ad cultum divinum revocaret, et fructus vel
redditus terrae, quos gens Deo ingrata sibi usurpaverat, ipse, in Dei servitio
dispensaturus, temporaliter possideret115.
La ricca Sicilia si trova infatti lì, a pochi chilometri di distanza dalla costa calabrese,
di isaà solta toà daà u à
e eà t attoà dià
a e.à Leà o dizio ià i à uià l isolaà e saà so oà
contrassegnate da profonde divisioni politiche ed etniche - di cui lo stesso agire di Ibn at
114
115
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 46.
GOFFREDO MALATERRA, Ruggero I e Roberto il Guiscardo, a cura di V. LO CURTO, Cassino 2002, p. 91.
31
Timnah è testimonianza - che la rendono preda potenzialmente facile. Del resto la continua
ricerca di terre, di fama e di ricchezze - tratto tipico dei Normanni e in particolar modo dei
due fratelli - in questo caso è pienamente legittimata sul piano religioso dalla guerra
santa116,àdaà o du eà o t oàl i fedelt àeàl e piet àdeià“a a e ià heà iàa ita o.àNelà
,à
dopo un primo tentativo fallimentare, i Normanni riescono a conquistare il centro portuale
di Messina, luogo strategico e decisivo ai fini del consolidamento dei domini in Sicilia e dei
collegamenti con il continente che già essi controllano. Le truppe normanne guidate da
Ruggero e Roberto procedono così a una conquista decennale che si allarga a macchia
d olioàeà heàlià o du eàalleàpo teàdellaà apitaleàdellaà“i iliaà usul a a,àPale
Le fonti che racconta oàdell assedioàdellaà itt àdiàPale
o,à elà
.
oà o àso oà olte,àeà uelleà
esistenti sono in ogni caso assai scarne, talora del tutto silenti riguardo alle particolari
caratteristiche della città e alla sua struttura urbanistica. Le cronache di Goffredo
Malaterra, di Guglielmo Pugliese e di Amato di Montecassino sembrano concentrate
piuttosto nella registrazione e nella celebrazione delle gesta norrene in terra nemica e
infedele.
Et quant lo Duc sapientissime vit la disposition et lo siege de Palerme, et que des
terres voisines estoit aportée à la marchandise ; et, se alcuns negassent la grace par
terre, lui seroit portée par mer, appareilla soi à prendre altre cité, à ce que
assemblast autre multitude de navie pour reistreindre Palerme, que né par terre né
par mer puisse avoir ajutoire. Et ensi fist117.
Palermo si presenta ai Normanni come una città di non facile conquista. I capi della
spedizione sono consapevoli del fatto che la posizione della capitale musulmana è
strategicamente ideale e che gioca tutta a vantaggio dei difensori, in quanto è di facile
rifornimento sia per mare sia per terra. Roberto e Ruggero si persuadono così che il
o t olloàdelàpo toà àassoluta e teà e essa ioài à ua toà pu toàst ategi oàfo da e taleà
per organizzare una efficiente protezione dellaà itt
118.
Dunque il primo passo compiuto
C. ERDMANN, Alle o igi i dell idea di o iata, Spoleto 1996 (ed. or. Stuttgart 1935), pp. 133-136.
AMATO DI MONTECASSINO, Storia dei Normanni, a cura di A. TAMBURRINI, Cassino 1999, p. 248.
118
S. TRAMONTANA, Palermo dai normanni al Vespro in Storia di Palermo, cit., III, p. 22.
116
117
32
daà ‘o e to,à
ede doà o à pote à espug a eà Pale
oà se zaà fo zeà a ali
119,
è quello di
isolare la città e di procurarsi una flotta potente grazie alla quale procedere alla
sottomissione o al blocco di tutti i centri cittadini e portuali che avrebbero potuto
foraggiare e offrire supporto militare alla capitale.
Hoc sibi dux socio confisus et agmine multo secum deducto non obsidione
Panormum vincere desperat, Siculis quam nobiliorem urbibus audierat. Roberti
milite multo urbs vallata pavet; muros turresque reformant, arma virosque parant,
detecta foramina claudunt120.
Dopoàa e àpo tatoàaàte
i eà uestaàp i aàfase,àiàNo
danno il via al vero e proprio assedio opiis
121
a
i,àp epa atoàl ese ito,à
ag oà e uitato,à u à a ali us peditumque
- di quella che nel suo Chronicon ‘o ualdoà “ale ita oà defi is eà ditissi a à
“i iliaeà i itate
122
e Guglielmo di Puglia “i ulisà o ilio e à u i us
123.
Lo stesso
Guglielmo riporta le parole con le quali il Guiscardo arringa i propri uomini e, riposta la fede
i àDio,àliài itaàalà o
atti e toà o t oàPale
o,à u sài i i aàDeo,àdi i ià es iaà ultus,à
su ditaàdae o i us,à ete iàspoliataà igo e,àia à uasiàf a taàt e it
124.
Inde Panormenses Affros accire laborant auxilio, quorum sibi viribus associatis, quod
non sunt ausi terra committere bellum, commisere mari. Bellantibus hoc elementum
o
odius edu t […].
Principio naves Affrae Siculaeque resistunt; nutu divino tandem cessere coactae,
cumque fugam peterent, aliquot capiuntur earum, quaedam submersae pereunt,
pleraeque frequenti remorum ductu vix evasere fugaces. Dum portum subeunt, mox
opposuere cathenas, cum quibus aequoreos aditus prohibere solebant. His etiam
fractis, quasdam de navibus horum Christicolae capiunt, flammis plerasque
119
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 76.
GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 154.
121
GOFFREDO MALATERRA cit., p. 176.
122
ROMUALDO SALERNITANO cit., pp. 187-188.
123
GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 154.
124
Ibidem, p. 158.
120
33
perurunt. Dat validas animo ducis haec victoria vires. Hinc pervadendam solers
intentus ad urbem, molitur variis conatibus ut capiatur125.
Ià No
a
ià i izia oà osìà l assaltoà allaà itt à a à o ea o
usul a aàdiàPale
126.
Annientata la flotta
o,àallaà ualeàsiàe a oàu iteà a iàp o e ie tiàdall áf i a,àl atte zio eà
degli assalitori Normanni può ora concentrarsi interamente sulla Kalsa e sul Cassaro, i due
centri vitali della città; gli unici ad essere protetti da mura.
Machinamentis itaque et scalis ad muros transcendendos artificiosissime
compaginatis, dux hortos cum trecentis militibus latenter ingressus, ex altera parte,
qua videlicet navalis exercitus adjacebat, urbem infestare, fratremque a parte, qua
erat, haud secus agere perdocuerat. Illi, signo dato, quo edocti erant, haud perficere
segnes, magno sonitu irruunt. Urbs tota, in arma ruens, quae strepitu
tumultuantium deterrebatur, defensioni accelerando grassatur. A parte, qua minus
cavebant, incaute vacuatur; a Guiscardensibus, scalis appositis, murus trascenditur.
Urbs exterior capitur; portae ferro sociis ad ingrediendum aperiuntur. Dux et comes
cum omni exercitu infra muros hospitantur.
Panormitani delusi, hostes a tergo infra muros esse cognoscentes, in interiori urbe
refugium petendo, sese recipiunt127.
Dopo lunghi giorni di sortite e di ritirate con gravi perdite da parte di entrambi gli
schieramenti, quando ormai i Palermitani sono ridotti allo stremo delle forze, Roberto il
Guiscardo e il conte Ruggero, suo fratello, decidono di tentare un nuovo e risolutivo colpo
di mano: preparano macchine e scale per far arrampicare le proprie truppe sulle mura della
al-Halisa, la cittadella fortificata. Tali mura non possono essere altro che quelle della Kalsa,
i à ua toà ilà i uitoàeste oàdelleà u aà o àpuòà heàessere stato realizzato nei primissimi
a
iàdiàgo e oàdià‘ugge oàII,à o àa o aài o o ato
128.
125
Ibidem, pp. 156-158.
GOFFREDO MALATERRA cit., p. 176.
127
Ibidem, p. 178.
128
BRUNAZZI, L epo a della ost uzio e delle
126
u a u i he di Pale
o cit., p. 67.
34
Racconta Malaterra nel suo De Rebus Gestis che i due fratelli arrivano a conquistare
la Kalsa g azieàaàu àdi e si o:à e t eàilàg ossoàdell ese itoà o
a
oàguidato da Ruggero
attacca nuovamente e con grande clamore le alte mura del Qasr al-qadim, Roberto fa
passare di nascosto parte delle proprie truppe - circa trecento soldati scelti - attraverso gli
alberi dei giardini che si trovavano sul lato della Kalsa, opposto a quello dove era
o
eggiataàlaàflottaà o
a
a,àg osso odoà eiàp essiàdell harat al-gadīda e del Castello di
San Giovanni. I Palermitani rispondono concentrandosi sulla difesa delle mura nel tentativo
di respingere nuovamente gli assalitori e, ignari delà di e si oà
Khalesaàdo eà uelàdìà o àa e aà u o eggiatoà attaglia
129.
o à po ea oà e teà allaà
Velocemente i trecento militi
scelti da Roberto scalano le mura della Kalsa, molto più basse di quelle del Cassaro, e in
poco tempo prendono il controllo della lo oàso
ittadella,àap o oàleàpesa tiàpo teài àfe oàeàfa
it ;àdis esiàdaà uestaàall i te oàdellaà
oàe t a eàilàg ossoàdell ese itoà o
a
oà
dentro le mura.
Incomincia così il sacco della Kalsa: i soldati normanni assaltano le case e gli edifici
in cerca di bottino, si appropriano di cose e di persone che poi provvedono a dividersi tra
lo o.à Ta taà à laà fe o iaà heà laà oltitudeà deà lià o tà o oità laà te e
apta
131,
130.à à
U eà o aà
scrive Guglielmo. I pochi musulmani superstiti fuggono nel Cassaro, il Qasr, che
- annota Amato - è la parte della Palermo medievale più possente e meglio fortificata.
M s, pou e
ue Pale
e estoit faite plus g a t
u elle
o
fu o
e i
premerement, dont de celle part estoit plus forte dont premerement avoit esté
commencié. La it se la oit la a ti ue Pale
a ti ue Pale
e o t este
e . Il o e e e t e t e elle
il de la it . Et puiz, ua t la ataille, pe se e t u il
devoient faire. Et, en celle nuit, se esmurent o tout li ostage, et manderent certains
messages liquel doient dire co e t la te e s est e due132.
129
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 88.
AMATO DI MONTECCASINO cit., p. 278.
131
GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 160.
132
AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 278.
130
35
Nonostante siano molti gli atti di coraggiosa resistenza compiuti dai musulmani di
Pale
oà elà o soàdell assedioàeà a o tatiàdaià ost ià o isti,àgliàa ita tià- insieme alla loro
città - sono costretti a capitola eàdiàf o teàall effi ie zaà ilita eàeàall astuziaàdeiàNo
e soprattutto di fronte alla loro strenuitas
133 e
a
i,à
al favore che la actio fortunae 134 accorda
sempre loro. Accanto al ruolo svolto dalla sorte e alla capacità guerriere che i Normanni
most a oà elà o soàdell assedioàeài àge e aleà ellaàlo oàpode osaàazio eàdià o
aggiu geà o ia e teà l aiutoà dellaà P o ide za,à laà g a eà deà dieu
135,
uista,àsià
che non può non
accordare la vittoria finale ai liberatori di una terra fino ad allora posta sotto il controllo
dell idolat ia136. Età i à se ue tià p aedi tusà Du à oepità i itate à Pa o
Ja ua ii
137.
u ài à
e seà
Il 10 gennaio del 1072 la città è dunque definitivamente in mano ai Normanni.
I fratelli vittoriosi entrano dentro le mura di Palermo la mattina del giorno stesso e ne
prendono il controllo.
Se si pone mente alla struttura urbanistica di Palermo - pur nella scarsità delle
informazioni - è possibile osservare che la città narrata dai cronisti della conquista
normanna non appare molto dissimile da quella descritta da Hawqal; sicché non a torto
Amari osserva come, all a i oàdeiàNo
a
i, Palermo non sembri aver subito mutamenti
significativi rispetto al secolo precedente, se non per il decadimento cui segue il totale
a
a do o,àdeglià spaziosià o ghiàdiàli e io,à ezzodìàeàs i o o
138.
In particolare, appare
sempre marcata la separazione tra la Kalsa e il Cassaro, tanto che gli stessi assedianti
normanni le identificano come due città separate, due entità fisiche ben distinte, dotate di
proprie mura, proprie porte e propri difensori.
Importante novità è per contro laàp ese zaàdiàu à astello,à heàá a ià ollo aà i aà
u à iglioàaàle a te,àalàpostoàdo eàgiu geaài à uelàte poàlaàspo daàdest aàdell O etoàe la
133
Vedi O. CAPITANI, Motivazioni peculiari e linee costanti della cronachistica normanna dell'Italia
meridionale: secc. XI-XII, in Atti dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. ‘e di o ti , LXXV
(1976-77), p. 67.
134
GOFFREDO MALATERRA cit., p. 160.
135
AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 278.
136
S. TRAMONTANA, Popoli, etnie e mentalità alla vigilia della conquista di Sicilia, in I caratteri originari della
conquista normanna. Diversità e identità nel Mezzogiorno (1030-1130). Atti delle sedicesime giornate
normanno-sveve. Bari, 5-8 ottobre 2004, a cura di R. LICINIO e F. VIOLANTE, Bari 2006, p. 102.
137
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 188.
138
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 82.
36
spiaggiaàdelàMa e
Joha
140,
139,à
le quelle - secondo Amato di Montecassino - seà la oitàChastelà
conquistato da Ruggero nel 1071 e ribattezzato dai Normanni Castello di San
Giovanni. Costruito probabilmente nel corso della guerra contro i Normanni, l edificio
a e aàp o a il e teàlaàfu zio eàdiàesse eàp epostoàallaàdifesaàdell i g essoào ie tale della
città e dunque dei preziosi palazzi della nobiltà palermitana che sorgevano sulle sponde del
fiume Oreto; passato sotto il controllo dei Normanni il castello verrà in seguito adibito ad
ospedale. Ancora Amato di Montecassino racconta nella sua Storia che Ruggero, dopo aver
conquistato Castello Giovanni, occupa con i suoi uomini anche un magnifico palazzo e le
ricche ville lì intorno, circondati da rigogliosi giardini che lo stesso autore descrive come
dele toz,àplei sàdeàf utteàetàdeàeaue
u à pa adiseà te est e
142.
141, tanto da non esitare a definire questo luogo come
A detta di Amari si tratta del sito di Maredolce e del palazzo
designato il Qas Gia fa , descritto più tardi da Ibn Gubayr e che i cronachisti cristiani
chiameranno Favara: eside zaà dell e i oà pale
e te
o
a
ioàdelàXIàse oloà t aàleàa
i
ita o,à edifi ataà p essappo oà elà p i oà
o da tiàa ueàeàiàlietiàgia di ià heàfu o àpoiàdeliziaàdeià eà
143.
Una volta presa Palermo, i Normanni apportano immediatamente le prime
importanti modifiche alla struttura cittadina, affinché il proprio dominio risulti saldo ed
evidente anche sul piano urbanistico. Diversi sono i cronachisti che ne danno conto.
Adepti, prius illius Scripturae fideles imitatores dicentis: Primum quaerite regnum
Dei, et omnia adjicientur vobis, ecclesiam sanctissimae Dei Genitricis Mariae, quae
antiquitus archiepiscopatus fuerat144.
Et ensi, come home cristiennissime, avec la moillier et ses frere, et avec lo frere de la
oillie , et a e ses p i es, s e ala, o g a t e e a e, plo a t, à l eglize de “ai t
Marie, laquel eclize avoit esté temple de li Sarrazin145.
139
Ibidem.
AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 276.
141
Ibidem.
142
Ibidem.
143
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 232.
144
GOFFREDO MALATERRA cit., p. 178.
145
AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 280.
140
37
Glorificansque Deum templi destruxit iniqui omnes structuras, et qua muscheta
solebat esse prius, matris fabricavit Virginis aulam; et quae Machamati fuerat cum
daemone sedes, sedes facta Dei, fit dignis ianua coeli146.
L ele e toà o u eàsuà uià uesteàfo tiài sisto oà à he,àpe à e ita eàlaà eatitudi eà
oltremondana, i cristianissimi Roberto e Conte Ruggero, una volta preso possesso della
itt ,à sià p eo upa oà dià i o e ti eà alà ultoà dià C istoà laà os heaà
Pale
o,à heà e aà gi à stataà te pioà
istia oà p i aà dell a i oà deià
o g egazio ale à dià
usul a i.à “i h à
distrutta la moschea, Roberto il Guiscardo erige sulle sue fondamenta una nuova
atted ale,à i hia aàl á i es o o,à uiàa ài piisàdeje tus
147 e vi ripristina il culto cristiano.
Ma la costruzione della cattedrale e la sua riconsacrazione alla Vergine Maria non sono una
semplice questione di ordine religioso. Con questo atto i Normanni, come del resto già
avevano fatto i musulmani prima di loro148, non si limitano a fornire nuovamente un luogo
dià ultoàdià ilie oàall u i e soà istia oàdiàPale
con forza laà supe io it à delà
o.àCe ta e teàià o
istia esi oà sull isla is o,à
uistato iàaffe
a oà
aà i sie eà espli ita oà eà
impongono pubblicamente e politicamente la propria posizione di vincitori ai vinti. Dunque
attraverso la cancellazione fisica e la riconversione del luogo di culto della religione degli
avversari, i Normanni compiono sui musulmani di Palermo - come del resto avviene in tutta
la Sicilia conquistata - un vero e proprio atto di potere.
Ancora a questo proposito Amato racconta un breve aneddoto: il Guiscardo,
durante un sopralluogo nel territorio della Galca, vede a fianco di un sontuoso palazzo
appartenuto ai Saraceni una piccola chiesa abbandonata ed usata come forno. Adirato,
ua àliàpalaizàdeàlià“a azi àestoie tàhaut,àetàlaà o tàdeàlaà ie geàMa ieàoàlaidesà olo sàappe eà
appa oit
149,
il duca ordina di abbattere la chiesa e di riedificarla con materiali preziosi,
quali marmi e grosse pietre squadrate.
146
GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 162.
GOFFREDO MALATERRA cit., p. 178.
148
Vedi la descrizione della asǧid ǧā iʻ fatta da Ibn Hawqal e riportata in questa tesi, p. 14.
149
AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 282.
147
38
Imposto il proprio dominio sotto il profilo ideologico, i Normanni si impegnano, più
concretamente, a fortificare e rinforzare i punti strategici di Palermo con tutta una serie di
interventi, il cui scopo è acquisire un più efficace controllo sulla città e sui suoi abitanti.
Ancora una volta le cronache ne riportano le tracce.
Et pensa lo Duc les liez especials des cités. Il eslut un lieu molt haut là où il fist une
forte roche, et la fist molt bien garder, et la forni de choses de vivre, pour lonc temps
et à grant abondance150.
Dunque il duca Roberto comincia a studiare i luoghi più adatti in cui poter edificare
la cittadella fortificata. La scelta cade sulla parte più alta della città, che Amato chiama
o a
151,àdo
eàso ge a oàu àte poàl a ti aàPaleapolis greca, poi nel IX secolo il palazzo
emirale - abbandonato in seguito pe h àsoggettoàaià o ti uiàtu ultiàdell a i osoàpopoloà
Panormi -, eài fi eà elàXàse oloàl harat al-Mu aska , ossia il quartiere militare sede delle
truppe stanziali palermitane. Il Guiscardo la preferisce alla Kalsa, cittadella musulmana e
gi àsedeàdell e i oàdiàPale
o,àpe h àsop aele ataàeàdu
ueài àu aàposizio eàdo inante
ispettoàalà estoàdellaà itt .àE àp o a ileài olt eà heàalà o e toàdellaà o
uistaà o
a
aà
essa fosse già cinta da un muro152, che al Guiscardo non rimane che fortificare.
Munia castrorum fecit robusta parari, tuta quibus contra Siculos sua turba maneret,
addidit et puteos alimentaque commoda castris153.
Ad ogni modo è agli inizi del dominio normanno che viene innalzato un grosso muro;
il medesimo che in seguito darà il nome alla nuova cittadella stessa: El-Halka, il cui
sig ifi atoà àappu toà laà e hia .àDià uiàpoiàilà o eàGalka o Galca. La nuova cittadella è
150
Ibidem.
Amato e il volgarizzatore usano il termine roche per tradurre Qạr (castello), mentre Guglielmo Appulo e
Malaterra si servono rispettivamente dei termini castrum e castellum per indicare la città vecchia,
propriamente detta Palermo. Non è presente la traslitterazione di Qạr in Cassarum dal momento che la
latinizzazione del termine arabo non è ancora avvenuta.
152
Vedi questa tesi, pp. 13-14.
153
GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 337.
151
39
chiamata anche castrum superius o castrum novum, in contrasto alla Kalsa154. I Normanni
dotano inoltre il nuovo sistema difensivo di pozzi e magazzini per il grano, in modo tale da
renderlo in grado di sostenere attacchi e assedi da parte dei nemici e eventuali rivolte da
parte della popolazione palermitana, particolarmente animosa.
U ulti aà uestio eàsuià uta e tiàu a isti iàappo tatiàaàPale
oàdaiàNo
a
ià
riguarda la presenza di un altro castrum, ovvero il Castello a Mare. Amari nella sua Storia
scrive che il castello edificato dirimpetto alla Kalsa, alle bocche della Cala, è costruito o
ia o iato àdalàGuis a doà o testual e teàallaàfo tifi azio eàdellaàGalca, con il fine di
esercitare sul Cassaro un ferreo controllo da sud-ovest e da nord-est, così da stringere ben
e eàilà o soàaiàMusul a iàdiàPale
o
155.
Le fonti da cui Amari attinge sono innanzitutto
Guglielmo di Puglia, che usa il termine castra, dunque al plurale, e in secondo luogo
l á o i oàVati a oàpu
li atoà elà De Rerum Italicarum Scriptores dal Muratori, il quale
ricorda la costruzione da parte dei Normanni di duo fortissima castra, alterum juxta mare,
alte u ài àlo o,à uiàdi itu àGaleaà Gal a
usoàp ude teàdià uest ulti aài fo
alt eàfo tià heàl a
156.
Salvatore Tramontana invita tuttavia ad un
azio e,àpe àdueàdi e seà agio i:à o àso oàdispo i ilià
editi oàeàlaàHistoria Sicula Anonymi Vaticani da cui essa è tratta non è
coeva agli avvenimenti, ma anzi piuttosto tarda157, e dunque il rischio è che non sia sempre
sufficientemente precisa.
II.2. La Palermo normanna nelle testimonianze di Edrisi e di Ibn Giubayr.
È necessario, a questo punto della dissertazione, prendere in esame á ūà á dàállāhà
Muha
adà i
à Muha
adà i
à Id īsà al- álià i-a
à állāhà al-Id īsi,à pe so aggioà dià illust ià
natali, conosciuto alla corte palermitana di Ruggero II con il nome di Idrisi o El Edrisi. Idrisi
nasce intorno alla fine del XII secolo da una casata isla i aàdiàaltissi oà a go.àE ài fattiàu oà
dei rampolli degli Ḥa
udidià dià Malaga,à a oà i e i oà dell a o à piùà a ti a,à o ileà eà
E. PEZZINI, Pale o s fo a urbis in the 12th century, in A Companion to Medieval Palermo cit., p. 201.
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 95.
156
ANONIMO VATICANO, Historia Sicula ab ingressu Normannorum in Apuliam usque ad annum MCCLXXVI,
a cura di L. MURATORI, in Rerum italicarum Scriptores, VIII, Milano 1726, p. 764.
157
TRAMONTANA, Palermo dai Normanni al Vespro, in Storia di Palermo cit., III, p. 25.
154
155
40
potente dinastia degli Idrisidi, che detenne il potere in Marocco sino alla fine del X secolo
e che indicava come proprio capostipite niente meno che il profeta stesso. Il luogo e la data
di nascita di Al-Id īsī sono tuttora oggetto di discussione, come anche la data di redazione
della sua opera158,ài à ua toà
o o àdell Ed isi u aà iog afia
àilà o ilàsa gueà
159. Il legame
àlaàdott i aà asta o oàadàotte e eài à
tra Id īsī e il mondo siciliano è tuttavia così forte
e inscindibile, che Leone Africano nel suo Libellus - per quanto opera tarda rispetto agli
avvenimenti e dunque, come annota Nef, non troppo attendibile -, non esita ad affermare
che fosse addirittura nato nella città siciliana di Mazara160.
Nonostante la biografia presenti notevoli lacune, è comunque accertato che il
nobile Al-Id īsi sia un viaggiatore instancabile e un grande erudito. Profondo conoscitore
della medicina, scrive infatti un trattato di botanica e farmacologia dal titolo di Kitāb aljā iʻli-ashtāt al-nabāt, che costituisce un vero e proprio compendio delle piante e delle
loro proprietà curative; possiede inoltre una buona conoscenza del greco e in parte del
latino, lingue che gli consentono di entrare in contatto con la cultura, o meglio le culture,
dell u i e so cristiano; infine è un poeta, cultore dell adab161.
Dopo aver studiato a lungo e molto viaggiato al seguito di carovane e pellegrini dall al-Andalus fino all á atolia, attraversando i territori del Nord Africa -, intorno al 1139
l Ed isi prole di principi
162 è chiamato alla corte normanna di Sicilia, voluto personalmente
da Ruggero II in virtù delle sue grandi conoscenze, soprattutto in campo geografico.
Il contesto storico con cui Id īsī entra in contatto è tuttavia radicalmente mutato
rispetto a quello descritto nelle precedenti cronache islamiche. Sotto il dominio di Ruggero
II la Madī at Bala
araba si è infatti definitivamente trasformata nella felix urbs regia,
capitale della nuova monarchia normanna e centro nevralgico di un nuovo regno che sotto
la suaàegidaàsiàeste deào
aiàsuàtuttaàlaà“i iliaàeàg a àpa teàdell Italiaà e idio ale.à
Di questo mutamento conviene dunque dar conto. Parallelamente alla sistemazione
generale dei propri domini, il re normanno procede a una capillare opera di strutturazione
A. NEF, Al-Id isi: u o pl e t d e u te iog aphi ue, in Géographes et voyageurs au Moyen Age, a
cura di H. BRESC, E. TIXIER du MESNIL, Paris 2010, pp. 53-66.
159
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 436.
160
NEF, Al-Id isi: u o pl e t d e u te iog aphi ue cit., p. 54.
161
CASSARINO, Islamic Palerm experienced and imagined cit., pp. 104-105.
162
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, p. 286.
158
41
della curia palermitana. Iniziato già dal Gran Conte, questo processo diretto ad accentrare
il potere nelle mani del sovrano e dei suoi familiares subisce, proprio sotto Ruggero II, una
fo teàspi ta.àIlàg a deài te esseà h eglià ost aàpe àleàa tià ie t aàaà pieno titolo in questa
logi aà dià ifo
a à delà pote e:à ilà so a oà o
affi h à o e ga oàaàPale
a
oà sià faà io à e e ateà eà sià adope aà
oà s ie ziatiàd og ià a ie aàeà iaggiato iàdià a ieà azio i
163.
Il tentativo è quello di creare una sorta di intellighenzia in sintonia con il potere regio e
insieme di affermare una certa concezione della regalità, anticipando in tal senso quella
che sarà la politica culturale della Magna Curia federiciana164.
Pa ti ola
e teàg a deà àl i te esseàdià‘ugge oàIIà ei confronti della geografia, per
laà ualeà ut eà u à gustoà spi toà fi oà allaà passio e
165
e di cui il re comprende non solo
l i po ta zaàsulàpia oàst etta e teà ultu ale,à aàa heàl utilit àaiàfi ià elli iàeàst ategi i.àE à
lo stesso Idrisi ad annotare che al sovrano della casata degli Altavilla, dopo aver assicurato
ilàp op ioàpote eàsuiàte ito ià heào aàgliàappa te e a o,à pia ueàdiàappu a eàleà o dizio ià
de àsuoià“tatiàeà it a leà o àlaà e tezzaàdellaà ip o a àe - continua - dià o os e eàtuttiàglià
altri paesià eà egio ià deià setteà li i
“ a i seà ‘uggie oà i à uesto,à aà o pila eà laà
166.
geog afiaàu i e sale,àusa doài sie eàleà og izio iàdell O ie teàeàdell O ide te
167:
nasce
così un monumentale progetto di ricerca geografica sul campo, la cui direzione è affidata
alloàstessoàId isi,à o i atoà seg eta ioàdià‘ugge o,ài à uestoàlu goàeàfati osoàla o o
168.
Tra i due - il re normanno e il geografo arabo - si crea un legame stretto che non si limita
all a
itoà pu a e teà p ofessio ale;à ‘ugge oà fi is eà pe à app ezza eà tanto il suo
collaboratore, che - riporta Amari - soleaà le a sià ua d eglià e i aà aà o teà eà a da glià
i o t oàeà ette seloàaàsede eàalàlato
169.
In ogni caso, dopo quindici anni di misurazioni e
di analisi di cui lo stesso Ruggero - scrive sempre Idrisi - si preoccupa di verificare in prima
pe so aàl esattezza,à elà
àilàso a oà o
issio aàalàgeog afoàa a oàlaà edazio eàdiàu à
M. AMARI, S. SCHIAPPARELLI, L Italia des itta el «Li o del ‘e ‘ugge o» o pilato da Ed isi,ài à áttiàdellaà
‘ealeàá ade iaàdeiàLi ei ,àCCLXXIVà
-1877), VIII, Roma 1883, p. 3.
164
Vedi C. VILLA, La cultura della Magna Curia e la sua diffusione nel Mediterraneo, in L Italia edite a ea e
gli incontri di civiltà cit., pp. 169-220.
165
AMARI, SCHIAPPARELLI, L Italia des itta el «Li o del ‘e ‘ugge o» o pilato da Ed isi cit., p. 3.
166
EDRISI, Nuzhat ʻal uśtâ , in BAS, I, p. 36.
167
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 439.
168
AMARI, SCHIAPPARELLI, L Italia des itta el «Li o del ‘e ‘ugge o» o pilato da Ed isi cit., p. 5.
169
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 306.
163
42
li oà daà o eda eà o à leà figu eà desu teà daià ilie ià geog afi ià eà aà uià aggiu ge eà u à
ragguaglio delle condizioni di ciascun paese eà o tado
170,
dalla situazione commerciale a
uelleà eligiosa.àPe à olo t àdelà eàlaà o u e taleàope aà i e eàilàtitoloàdià Kitā Nuzhat
al- ushtā fi ikhti ā al-afā
(Sollazzo per chi si diletta di girare il mondo), noto anche
semplicemente come Kitā ‘ujās, o libro di Ruggero171.
E ài te essa teàaà uestoàpu toàe t a eà elà e ito,à ipo ta doà iòà heàál-Idrisi scrive
nel Kitā ‘ujās riguardo a Palermo, capitale del regno nonché città principale di Sicilia, terra
heà luià stessoà defi is eà pe laà delà se oloà pe a
o da zaà eà ellezze
u osse azio eà p eli i a e:à o osta teà ilà la o oà siaà statoà o
172.
Intanto
issio atoà daà u à eà
istia oàdià uiàId isiàstessoàtesseàlodiàappassio ate,àdefi e doloàaddi ittu aà esaltatoàdaà
Dio,à eà pote teà pe à di i aà g azia
173,
la descrizione di Palermo si snoda secondo una
prospettiva piuttosto contraddittoria. Essa si struttura infatti attraverso i topoi, i caratteri,
i moduli narrativi tipici della produzione geografica e letteraria del mondo arabo 174; gli
stessi già utilizzati nella cronaca di Ibn Hawqal e tesi di fatto a presentare il volto più
spiccatamente islamico della città. Da questo si può dedurre - scrivono Bresc e Nef - come,
al e oà daà uestoà pu toà dià ista,à Id isià o side ià Pale
largement partieàduà o deàdeàl Isla
o,à eà o à essaà laà “i ilia,à e o eà
175.
Co eàpe àtuttiàgliàauto ià istiài àp e ede zaàa heàpe àId isiàlaà itt ,à h egliàa o aà
chiama Balarm, è scissa in due unità ben definite; la grande novità rispetto al passato è
l asse zaà dell Halisa quale polo fondamentale di questa dicotomia urbana, in quanto scrive Idrisi - di idesiàlaà itt ài àdueàpa ti:àQas à « astello,à assa o» àeà o go
176.
Il o go [a di p op ia e te] u alt a ittà, he d og i pa te i o da l a ti a. Qui i
la [se o da] ittà e hia he s addi a da ʻAl Ḫâlịah («l eletta» in oggi la Kalsa),
170
EDRISI cit., p. 41.
Pe àulte io iài fo azio iàsullaà o posizio eàeàsulleà i e deàdell ope aài àseguitoàallaà o teàdià‘ugge oàIIà
vedi AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, pp. 439-448.
172
EDRISI cit., p. 55.
173
Ibidem, p. 33.
174
PEZZINI, Paler o s fo a u is i the th e tu cit., p. 211.
175
IDRÎSÎ, La p e i e g og aphie de l O ide t. Présentation, notes, index, chronologie et bibliographie par
H. BRESC et A. NEF, traduction du chevalier Jaubert, revue par A. NEF, Paris 1999, p. 43.
176
EDRISI cit, p. 59.
171
43
ella uale al te po [ he do i a o o] i Musul a i soggio a a il sulta o o suoi
ottimati e v e a la Bâ
ʻal-baḥr («porta del mare») e l arsenale addetto alla
costruzione [del naviglio]177.
Il Rabạ (borgo) è descritto da Idrisi come un estesa zona urbana che circonda
i te a e teà ilà Cassa o,à eà heà o upaà g a deà a eaà dià te e o
178.
Idrisi dunque non
distingue più le divisioni tra gli antichi ḥara al di fuori delle due città, che invece erano state
delineate da Ibn Hawqal nel X secolo in maniera piuttosto netta, né vi è alcuna indicazione
circa le diverse parti da cui è formato il Rabạ. In effetti sotto il dominio normanno le
differenze tra i quartieri extra moenia si vanno stemperando progressivamente fino a
pervenire, al tempo di Ruggero II, a un completo riaccorpamento che dà vita a un nuovo
assetto urbanistico caratterizzato dallaàp ese zaà o ti uaàdià u àa itatoàspa so
179.
Inoltre
la dimensione urbana del Rabạ si definisce e si completa grazie alla presenza di un fasil,
una doppia cinta murariaà heà i o daàl i te oàa itato e di cui Idrisi non può non registrare
la presenza.
Per quanto riguarda invece la Kalsa, occorre segnalare che in seguito alla conquista
normanna essa ha perduto il proprio ruolo di centro politico e amministrativo della città di
Palermo. I Normanni infatti stabiliscono la propria sede privilegiata nella Galka; questo
trasferimento per la Kalsa si traduce in un rapido declino. Ormai completamente inglobata
all i te oàdelàRabạ, la Kalsa subisce dunque un forte degrado sia urbanistico sia sociale.
MaàseàId isià ipo taàl a ti oàp i atoàdell Elettaàsedeàdiàgo ernatori e nobiltà, non è tanto
per la volontà di attenersi ad un dato di realtà, quanto piuttosto per sottolineare il
defi iti oàt a o toàdiàu à o e toàsto i oài à uiàilà o doà usul a oàe aài à“i iliaàall api eà
delà p op ioà pote e.à E à i à uestaà p ospetti aà di irreversibile cambiamento che Idrisi usa
l appellati oàdià itt à e hia à- per la prima volta attribuito alla Kalsa - come chiaro segnale
dellaàpe ditaàdell a ti oàp estigio,ài àopposizio eàalàfattoà heàe aàstataàide tifi ataà o eàlaà
itt à uo a àfi o al secolo precedente.
177
Ibidem, p. 60.
Ibidem, p. 62.
179
M. SCARLATA, Configurazione urbana e habitat a Palermo tra XII e XIII secolo, in Storia di Palermo cit., III,
p. 155.
178
44
Idrisi continua poi a scrivere del Rabạ, di cui redige la seguente descrizione:
E pie o di fo da hi, ase, ag i, otteghe, e ati, e difeso da u o, fosso e ipa o.
Dentro cotesto borgo son molti giardini; bellissimi villini e a ali d a ua dol e e
corrente, condotta alla città dai monti che cingono la sua pianura180.
Li
agi eà dellaà Pale
oà dià ‘ugge oà IIà heà e e geà dalle parole del geografo
hammudide è dunque quella di una città vivace, soprattutto dal punto di vista commerciale.
Nonostante la conquista normanna e i precedenti, durissimi anni di guerra civile e di
decadenza, Palermo sembra non aver perso la propria caratteristica - la stessa segnalata da
Ibn Hawqal nei suoi resoconti - di centro emporiale di primissimo rilievo, meta di importanti
commerci e popolato da numerosi mercanti e bottegai. La ricchezza, e in generale il
benessere, di cui gode il Rabạ è ulteriormente sottolineata da Idrisi per la presenza di
magnifici edifici, ta toà ellià heà o fo do à hià sià etteà aà des i e leà edà a
i telletti
aglia oà glià
181.
Un altro aspettoàdellaà itt ,à heàId isià ipetuta e teàpo taàall atte zio eàdelàletto eà
e che testimonia l o
aiàsosta zialeà o ti uit àt aàlaàBala
àp op ia e teàa a aàdescritta
da Ibn Hawqal e la Palermo cristiana di Ruggero II, è la pregevole presenza di un grande
i pia toàid i oài àg adoàdiàse i eàl i te oàte ito ioà ittadi o,à heà eà isultaà osìà sol atoà
d a ue
182.àG
azieàall a
o da zaàdiàa uaà o e teàe alle fonti perenni, notevoli sono le
possibilità dei Palermitani di praticare coltivazioni e infatti - continua Idrisi - Pale
a
o daà dià f utte
183,à
ostellataà o
oà
à dià o tià eà dià g a dià gia di i.à Questaà g a deà
dispo i ilit à dià a uaà all i te oà delà tessutoà ittadino è poi coronata dalla presenza del
fiume ʻA
ās l O eto ,à heàs o eàappe aàfuo iàdalàlatoà e idio aleàdellaà i taà u a iaàdel
Rabạ sul quale sono piantati tanti molini da bastare appieno al bisogno [della città]
184.
Dunque la crescita esponenziale del Rabạ in termini di edificazioni, non mette fine
all i
180
agi eàdià itt -gia di oà heàPale
EDRISI cit., p. 62.
Ibidem, pp. 60-61.
182
Ibidem.
183
Ibidem, p. 60.
184
Ibidem, p. 62.
181
oàhaàe editatoàdall epo aàa a a,ài à ua toà a pieà
45
zo eà i a go oà e dià alà suoà i te o,à o upateà daà o tià eà f uttetià pe à l auto o su o,à ià
mercati urbani, il piacereàdeiàfio i,àdeiàf uttiàeàdell o
a
185.
Al-Idrisi non fornisce altre informazioni sul Rabạ, né si preoccupa di caratterizzare
ulteriormente i rioni del borgo, per come si presentavano alla metà del XII secolo. Molte
più notizie compaiono invece riguardo a quello che è identificato come il nuovo, principale
polo urbano i à ua toàsedeàdeià eà o
a
i,àeà heà“ a lataàdefi is eà o eàlaà e aà itt :à
il Cassaro.
Il Cassa o
uell a ti a fo tezza sì i o ata i og i paese e i og i egio e.
Abbraccia tre contrade; delle quali quella di mezzo è frequentatissima di torreggianti
palazzi ed e elsi o ili ostelli, di
e ata ti. N
os hee, fo da hi, ag i e otteghe de g a di
a a o alle i a e ti due o t ade degli alti palagi, de so tuosi
edifizii, de fonda hi, de ag i i g a
opia186.
Il Cassaro è il quartiere più antico e nobile e si trova nella parte più elevata della
itt àdiàPale
o.àPote te e teàfo tifi ataàeà i taàdaàu oàla goàeàaltoà u o,àta toà daà o à
potersi espugnare per battaglia, né occupare pe à olpoàdià a o
187,
è la pars urbis che fin
dagli albori della conquista è stata scelta dai Normanni come luogo privilegiato del loro
insediamento. Al proprio interno - racconta Idrisi - il Cassaro è suddiviso in tre zone, entro
le quali i punti nevralgici sono identificati nei tre simat che tagliano il Cassaro in tutta la sua
este sio e,ào e oàleàst adeàeàleàdi ett i iàp i ipaliàsuà uiàsiàa ti olaàl i te oàa itato.ààálIdrisi riporta inoltre che su questi tre assi viari, bazar e tabernae tenuti dai più ricchi
mercanti della città si alternano ad altissimi palazzi e ricchi Q̣asr Qusur (edifici), di una
ellezzaà taleà heà
o à [t o a sià alà o do]à edifiziià piùà i a ilià heà ue à dià Pale
o
188
giacchè - o ti uaàl ha
udideà- iàsuoiàpalagiàso oàiàpiùà o ili,àleàsueà aseàleàpiùàpia e tià
[ heà uo à possaà ede e]
189.
Anche in questo caso la descrizione di Al-Idrisi, oltre che
registrare il lusso e la vivacità economica della città - indici del suo benessere - pone
185
G. BARBERA, Utilità e Bellezza nel paesaggio normanno, in Storia di Palermo cit., III, p. 102.
EDRISI cit., p. 60.
187
Ibidem, p. 61.
188
Ibidem, p. 62.
189
Ibidem.
186
46
attenzione a un tratto tipico della struttura urbana della metropoli araba: ovvero il
appo toà t aà l a itatoà p op ia e teà dettoà eà ià u e osià ese izià o
testi o ia oà laà stessaà si
iosià a itati aà f aà eside zialit à eà atti it à o
e iali,à heà
e iale
190
presente nelle più importanti città del Nord Africa e del Medio Oriente.
La stessa prospettiva vale del resto per la descrizione della cattedrale di Palermo,
nella quale permane chiaramente la tendenza a presentare la città di Palermo secondo
paradigmi urbanistici appartenenti propriamente al mondo islamico.
Nel edesi o [Cassa o] so ge la os hea ģâ iʻ atted ale he fu u te po hiesa
cristiana e in oggi è ritornata [al culto] al quale dedicaronla gli antichi. Mal potrebbe
immaginarsi qua to
ello i oggi uesto [ o u e to], pei ap i i dell a te, i
peregrini lavori, le rarità e le nuovissime specie di figure (dipinti e statue), dorature,
colori ed [ornati] calligrafici191.
La descrizione che Al-Idrisi dà della cattedrale, seppure non dettagliata, è quella di
un luogo splendido, prezioso e riccamente adorno. Ma ciò che soprattutto è interessante è
che Al-Idrisi si riferisce a essa usando la definizione di
os hea ģâ iʻ. Pur segnalandone il
ritorno al culto cristiano, avvenuto in seguito all i g essoài à itt àdelàGuis a doàeàdelà o teà
Ruggero nel 1072, Idrisi, con un probabile sentimento di nostalgia, torna a mettere in luce
l a ti oà a atte eàisla i o.
Parole di lode infine sono spese da Idrisi per descrivere la Galka.
Nella parte più elevata di questo Cassaro, il ridottato re Ruggiero ha una cittadella
nuova (ḥịn), fabbricata di pietruzze dure da mosaico e di grandi pietre da taglio,
deli eata o le egole dell a te,
u ita d alte to i, e affo zata di edette e di
propugnacoli, [comoda] per palazzine e sale ben costruite; notevole per decorazioni
architettoniche, pei mirabili e peregrini ornati di calligrafia e per le immagini
elega ti d ogni maniera che vi sono raccolte192.
190
SCARLATA, Configurazione urbana e habitat a Palermo tra XII e XIII secolo cit., p. 155.
EDRISI cit., p. 60.
192
Ibidem, p. 61.
191
47
Come già registrato dai cronisti latini, non appena i Normanni conquistano la città,
o i ia oàu ope aàdià i ost uzio eàeà affo za e toàdelleàmunitiones preesistenti sulla
Galka, appartenute a strutture edilizie antiche e realizzate in epoche diverse dai vari popoli
che si sono contesi il controllo di Palermo.
Con il termine ḥịn, Idrisi si riferisce viceversa alla cittadella fatta costruire di recente
da Ruggero II, intorno al 1130 anno della sua incoronazione. In effetti Ruggero II inaugura
il suo regno dando avvio a una serie di importanti lavori di ricostruzione del fortilizio
o
a
o;à att a e soà l i o po azio eà eà ilà supe a e toà delleà fo tifi azio ià e etteà daià
o
a
iàsessa t a
castrum superius
193,
iàp i a,àilàso a oà ealizzaà u aàp i aàfo
aà o piutaàdelàpalatium-
conosciuto in seguito come Palazzo dei Normanni. La costruzione del
Palazzoà s i se is eà du
ueà appie oà i à uelà p og a
aà dià promotio regia entro il quale
rientra lo stesso impiego di Idrisi, e che Ruggero II predispone al fine di incrementare il
proprio prestigio, la propria immagine e soprattutto il proprio potere. Purtroppo il lavoro
di Idrisi non contiene ulteriori notizie riguardo al Palatium, di cui si limita a declamare
appassionatamente la mirabile bellezza, lo sfarzo delle forme e dei decori, la possenza delle
fortificazioni.
U aàt e ti aàd a
iàpiùàta dià ispettoàallaàstesu aàdelàKitā ‘ujās di Idrisi, un altro
iaggiato eà a a oà isitaà laà itt àdià Pale
o.à E à I
à Giu a , i cui scritti costituiscono una
testimonianza della città di grandissima rilevanza. Nato a Valencia nel 1145, serve per
alcuni anni come kāti (funzionario) della dinastia berbera degli Almohadi presso la corte
diàG a ada.àNelà
ài t ap e deàl Hajj, il pellegrinaggio verso la Mecca, nonché uno dei
cinque pilast iàdellaàfedeàisla i a.àDià ito oàdall á a iaàlaà a eàsuà uiàI
auf agaà elà a eàdiàf o teàaàMessi a,à itt às hi aàeài ospitale
o
a
dell a
193
Vuole il caso che il re
oà Gugliel oà IIà sià t o ià p essoà l a se aleà dellaà itt à dià Messi aà per cagione
ataà
h eglià allesti aà i à
dell affo da e to,à ilà eà o
a
uellaà
itt
195.
Avendo
assistito
alla
scena
oà pagaà dià p op iaà tas aà ilà sal ataggioà deià supe stitià
F. MAURICI, I castelli normanni, in Storia di Palermo cit., III, p. 71.
IBNàǴUBáY‘,à‘ahlat ʻal Ki â ī, in BAS, I, p. 144.
195
Ibidem.
194
194.
àGiu a à iaggia,à
48
musulmani e ne garantisce la libertà, così che essi non possano essere fatti schiavi - come
di consueto - daglià ado ato ià delleà o i
196.
Tratto così in salvo e libero di partire, Ibn
Giubayr intraprende nuovamente il viaggio verso la Spagna moresca, le cui prime tappe lo
conducono da Messina fino a Trapani, passando per Palermo. E di Palermo il pellegrino
spag oloàs i eà heà à laàpiùà ellaà itt àdià“i ilia
[leà itt à dellaà “i ilia]
198
197
eà laà aggio eàeàpiùàpopolosaàdiàtutteà
in quanto sede della corte reale normanna di Guglielmo II.
ággiu geà heà sià p ese taà o eà u aà itt à a ti aà edà elega te,à sple didaà eà g aziosa
199.
Dimora piacevole e magnifica, Palermo lascia dunque negli occhi e nella mente del
forestiero una forte impressione dià opule zaà eà e esse e,à heà a
e ust àdell aspetto
200.
agliaà laà istaà o à laà
Tuttavia di questa città, avverte Ibn Giubayr, bisogna diffidare e
non lasciarsi cullare dalla presenza ingannevole dei tanti piaceri e delle delizie che è in
g adoàdiàoff i e,àpoi h àPale
oà tiàso geài
a tià o àse
ia zeàte tat i i
201.
Ugualmente
- continua Giubayr - è necessario guarda siàdaiàsuoià ittadi iàeàsop attuttoàdalàsuoà‘e,à heà
asso igliaàaià eà usul a i
202,
in ragione della sua benevolenza e tolleranza nei confronti
dell Isla is o,àtalià daàgitta eàlaàte tazio eà egliàa i iàdegliàs io hi
Dunque nell i e oà delà
àI
203.
Giubayr percorre tutta la costa settentrionale
dell isola,à elà te tati oà dià aggiu ge eà T apa ià eà dià i
a a sià allaà oltaà dellaà “pag a.à
Durante il viaggio non può non osservare la somiglianza della Sicilia con le terre andaluse:
astiàsape e - scrive - che la [si può dir] figliuola della Spagna, per estensione del terreno
coltivato, per feracità e per abbondanza
204.
Questa synkrisis - come la definisce Mandalà -
tra la Sicilia e al-Andalus è un tratto fondante del resoconto di Ibn Giubayr e raggiunge il
proprio apice nella messa a confronto dal punto di vista architettonico e urbanistico delle
due capitali: quella siciliana e quella spagnola, rispettivamente Palermo e Cordova205.
196
Ibidem, p. 145.
Ibidem, p. 146.
198
Ibidem.
199
Ibidem, p. 159.
200
Ibidem.
201
Ibidem.
202
Ibidem, p. 147.
203
Ibidem, p. 154.
204
Ibidem, p. 145.
205
Vedi G. MANDALÀ, Figlia d al-A dalus! Due ģazī a a o f o to, “i ilia e al-Andalus, nelle fonti araboislamiche del Medioevo,ài à Leàfo eàeàlaà“to ia ,à .às.,àVà
,àp.à .
197
49
Uno degli aspetti pei quali questa città rassembra a Cordova, chè cosa [sempre]
rassomiglia a cosa [almen] da qualche lato, è che [Palermo] ha nel bel mezzo della
città nuova, una città antica detta il qạr (Cassaro) vecchio: e tale è per l appunto la
topografia di Cordova, che Iddio la protegga206.
Se Palermo possiede la città vecchia del Cassaro, entro il quale svetta la cittadella
fortificata della Galka, edificata recentemente dai Normanni, la città di Cordova - annota
Ibn Giubayr - possiede costruzioni speculari. La struttura urbanistica cordovese presenta
in effetti una porzio eàdell a itatoàdifesaàdaàalteàdià u aàaddi ittu aàdiào igi iàp e o a e,à
alle quali si accede da numerose porte. Si tratta della Qurtuba-Madinat,àlaà itt à e hia.àE à
nella seconda metà del VIII secolo, o à l a i oàdell e i oà da as e oà á dà al-Rahman il
quale restaura il potere omayyade, che la città di Cordova subisce un importante sviluppo
u a o:àsià estau a oàeà i ost uis o oàleà u aà ittadi e,à aàsop attuttoàsiàedifi aàl Alcàzar,
un castellum fo tifi atoà elàsetto eàsudo ide taleàdellaàMadi a.ààL Alcàzar (termine che
p o ie eàdall a a oà ̣ asr, da cui trae origine anche il Cassaro), che ingloba l antico castellum
visigoto, diventa lo spazio privilegiato del potere, centro della vita politica e amministrativa
della capitale; questo qạr - che a Ibn Giubayr ricorda la Galka - sotto il potere musulmano
cresce progressivamente ed è oggetto di ulteriori fortificazioni sino al tempo degli
Almohadi207. Indicativo è invece che Ibn Giubayr, a differenza di al-Idrisi, non fornisca più
alcuna notizia riguardo alla Kalsa di Palermo, la al-Halisa di cui ha probabilmente perso il
ricordo: al te poàdiàGugliel oàIIàl a ti aà Eletta à isultaài fattià o àsoloàs uotataàdelàsuoà
primitivo ruolo, ma neanche ormai riconoscibile fisicamente, completamente inglobata
o
à all interno del tessuto urbano del Rabạ, al punto da aver perso qualsiasi tipo di
specificità degna di nota.
In ogni caso quando Ibn Giubayr, giunto a Palermo insieme ai suoi compagni, sta per
entrare nel Cassaro attraverso presumibilmente la Bā Ša tagāt, viene fermato dalle
gua dieàdellaàdoga a.àIlàpelleg i oà ie eàdu
ueàpo tatoà adàu a porta contigua al castello
IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à
.à
Vedi J. F. MURILLO REDONDO, Qurtuba Califal. Origen y desarrollo de la capital omeya de al-Andalus, in
áW‘áQ.àEstudiosàso eàelà u doà a eàeàisl i oà o te po eo ,à à
,àpp.à -103.
206
207
50
delà eàf a o
208,
la Bā al-a
a o Porta degli Edifici, dove deve chiarire le motivazioni del
suo viaggio e fornire le adeguate dichiarazioni al mustahlaf
o
issa io ,à
heà i iaà
sicuramente al Vicecomes Galke, noto ai documenti posteriori come il responsabile di
uellaà pa teà dellaà itt
209.
Condotto così per le vie di Palermo, Ibn Giubayr rimane
stupefatto di ciò che vede,à pu à a ituatoà alleà ellezze dià Co do aà eà G a ada,à o à l a iaà
s a itaàdiàu àp o i iale
210.
Si passava per piazze, porte e atrii regii: dove noi scorgevamo tali nobili palagi,
a fiteat i e disposti e gia di i e g adi ate, addette a fa iglia i della o te, he
ne rimanemmo abbagliati ed attoniti211.
Da questi pochi tratti emerge come il Cassaro manifesti ancora quella disposizione
u a isti aà pa ti ola
e teà a iosaà eà e deggia te
212,
già nota grazie alla descrizione
contenuta nel Kitā ‘ujās di Idrisi. E ancora come Idrisi, Ibn Giubayr registra con meraviglia
il fascino esotico e profondo che in lui destano i diversi elementi architettonici allineati
lungo le vie della città.
I palagi del re accerchiano la gola della città come i monili il collo di donzelle dal
petto ricolmo; sì che il principe [senza uscir mai] da siti ameni e luoghi di diletto,
passa dall u o all alt o de gia di i e degli a fiteat i di Pale
o. Qua te [delizie] egli
ha, he [Dio] gli tolga di gode e! Qua te palazzi e e [ ap i iose] ost uzioni, e
logge, e vedette! E quanti monisteri de di to i appa te go o a lui213.
Palermo si presenta al viandante valenciano come una bella donna, elegante e
i a e teàado a,àdaà uiàsiàpuòàt a eà og iàpia e eàdelà o do
dichiara dià e à o p e de eàpe h àilàso a oà o
a
214;à
osìà ag ifi aà h eglià
oà laàfe eà apitaleàdelàsuoà ea eà
IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à
.
SCARLATA, Configurazione urbana e habitat a Palermo tra XII e XIII secolo cit., p. 175.
210
DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 149.
211
EDRISI cit., p. 156.
212
DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 150.
213
IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à
.
214
Ibidem.
208
209
51
fa o
215.
Oltre ai giardini e agli anfiteatri, vi sono infatti splendidi palazzi in pietra kiddā
- heàá a iàide tifi aà o eàilà elàtufoà al a eàusatoà elleà ost uzio iàdiàPale
o
216
-, così
belli che sembrano ben murati castelli, da à quali s innalzano in aria delle maṇarah
loggette àeàa
aglia oàgliào hià o àlaàlo oà ellezza
217. Du
ueàl i
agi eà heàI
àGiu a à
restituisce di Palermo è quella di una città fiorente, definita daà u à setto eà eside zialeà
ampio e articolato, la cui concezione spaziale evoca la qualità e il lusso di alcune corti della
città tardo-a ti heàeàisla i he
218.
Il percorso successivo di Ibn Giubayr, scortato dalle
guardie della dogana, procede attraverso il Cassero, a fronte di quella che Scarlata chiama
u aàp og essio eàdià app ese tati it
219
che raggiunge il proprio apice nella vista della
magnifica sala da ricevimento ( aģlis) del sovrano normanno presso il palazzo reale.
T a le alt e ose [ ota ili] i o o se u aula [ ost uita] i
ui i o da u gia di o. L at io
ezzo di u at io spazioso,
fia heggiato di po ti i e l aula p e de tutta la
lu ghezza di uello. Ci e ò olta a a iglia, sì la di e sio e dell aula e sì l altezza
delle sue loggette220.
Questoà e eà st al ioà ostituis eà l u i aà des izio eà heà I
palazzoàdeià eà o
a
à Giu a à fo is eà del
i.àL Aula, descritta da Abd ar Rahman o eà teat oà heà ifulgeàsop aà
tutteà leà ope eà d a hitettu a
221,
si trova nel mezzo di una corte spaziosa circondata da
gia di ià e à ualiàa olgo siàtutteàleàu a eàdelizie
222,à
fo seàu àryad
223:
si tratta di una
costruzione piuttosto elevata -come testimonia la presenza di un loggiato superiorefiancheggiata da un lato da portici sui quali probabilmente si affacciano gli edifici nei quali
sià t o a oà glià uffi ià dell a
Gugliel oà II,à ta toà heà I
215
i ist azio e224. Il luogo è frequentato con assiduità da
à Giu a à s i eà heà
ell alt ioà suolà desi a eà ilà eà o à suoià
Ibidem.
Ibidem, nota 3, p. 159.
217
Ibidem, p. 161.
218
SCARLATA, Configurazione urbana e habitat a Palermo tra XII e XIII secolo cit., p. 175.
219
Ibidem.
220
IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à
.
221
áBDàá‘à‘áHMáN,àʻI ādàʻadàdīn, Ḫarîdat ´al qạr, in BAS, II, p. 497.
222
Ibidem.
223
G. BELLAFIORE, Monumenti di Palermo capitale del Regno Normanno, in Storia di Palermo cit., III, p. 118.
224
SCARLATA, Configurazione urbana e habitat a Palermo tra XII e XIII secolo cit., p. 176.
216
52
g a di
225.
N à glià sfuggeà heà l Aula regia costituisce una vera e propria curia, dove il
so a o,à ià agist ati,à eà ià fa iglia ià seggo oà e à po ti ià eà elleà g adi ate,à gliàuffizialià delà
go e oà ʻa ālah àdiàfa iaàalà e
226,
per deliberare in assemblea e così decidere le sorti del
regno.
All us i dal palagio [del e] i e a a o
essi pe u po ti o ope to, el uale si
camminò lungo tratto senza interruzione, finché giugnemmo ad una chiesa
di
e sa
ole227.
Dunque il palazzo, scrive ancora Ibn Giubayr, è collegato alla cattedrale da un lungo
porticato a volta, la cosiddetta Via Coperta. Se non si è in grado di stabilire con sicurezza se
essa sia stata edificata nel corso della dominazione musulmana, è invece comunque certo
che la presenza di questo porticato utilizzato dai sovrani normanni è una caratteristica
comune a molte metropoli del mondo islamico. De Simone, come già Amari, sottolinea
i fattià laàst ao dinaria analogia di essa con la Via Coperta che serviva ai califfi di Cordova
per recarsi il venerdì dal loro palazzo alla Moschea-Catted ale
228.
Ciò che non è da
escludere è il fatto che Ibn Giubayr, pur essendo spesso piuttosto generico nel suo
resoconto, abbia scelto di registrare la presenza della Via Coperta di Palermo proprio
pe h à si ileà aà uellaà p ese teà aà Co do a,à fattaà ost ui eà dall e i oà ʻá dà állāh.à à I
à
Giubayr insiste - come si è detto - ell i di idua eàa alogieàeà o ispo de zeàt aàlaà apitale
almohade e quella normanna. Anche Giuseppe Bellafiore registra la stretta conformità
della Via Coperta palermitana alle strutture tipiche delle metropoli musulmane che
collegano il palazzo con il sacrario. Questo elemento architettonico del paesaggio urbano
musulmano riveste un ruolo di una certa importanza, poiché in grado di unire i due centri
del potere cittadino, quello politico e quello religioso, secondo una scala precisa dal
o e toà heà ell a hitettu aà usul a aàiàpalazziàdelàpote eàfu o oàalàp i oàpostoà ellaà
gerarchia delle categorie edilizie
229.à E
à du
ueà possi ileà heà a heà aà Pale
oà uestoà
IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à
.
Ibidem, p. 157.
227
Ibidem, p. 159.
228
Vedi nota 128 in DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 160.
229
BELLAFIORE, Monumenti di Palermo capitale del Regno Normanno cit., p. 118.
225
226
53
collegamento diretto tra il palazzo reale e la cattedrale sia volto a sancire il primato del
potere del sovrano su quello della Chiesa.
Ibn Giubayr non fornisce alcuna notizia sulla Cattedrale palermitana, ma dopo aver
raggiunto con i suoi compag iàlaàChiesaàdell á
i aglio nel giorno di Natale del 1185, alla
vista di questo magnifico luogo di culto cristiano, si concede una descrizione piuttosto
lunga, colma di enfasi e di lodi.
U o de [ o u e ti] più stupe di de C istia i i
dell A tio he o. La ede
uesta ittà
la hiesa detta
o il dì di Natale, h di lo feste p i ipali: o de i si e a
a olta g a t atta d uo i i e di do
e. Quest edifizio i off ì u a ista he a a
le parole a descriverla ed è forza tacerne, perché quello è il più bel monumento del
o do. Le pa eti i te e so do ate o [piuttosto] so tutte u pezzo d o o, o
tavole di marmo a colori, che uguali non ne furon mai viste: tutte intarsiate con pezzi
da usai o d o o; i ghi la date di foglia e o
osai i e di: i alto [poi s ap e] u
o di e di fi est e di et o olo d o o he a e a a o la ista ol aglio de aggi
loro e destavano negli animi una tentazione [così fatta] che noi ne domandammo
aiuto a Dio230.
L edifi io che lascia così profondamente ammirato Ibn Giubayr venne costruito nel
,à eà p e deà ilà o eà dalà suoà auto e oleà o
dell a oloà dià uestoà eà politeista
231,
itte te,à Gio gioà dià á tio hia,à
izi à
admiratus admirati di origine greca del regno di
Ruggero II. Entrato nella chiesa Ibn Giubayr rimane stupefatto, addirittura estasiato dalla
ellezzaàdelà o plessoà usi oàdià at i eà iza ti aà heàado aàpa etiàeàsoffitti.à Colà espi oà
elegante della sua architettura slanciata, ricca di volte a botte, coronata dalla cupola e
i estitaàdallaàsuaàpelleà usi a
232,à
o àlaà ellezzaàdelleàsueàfo
eàeàl opule zaàdelleàsueà
decorazioni, per le quali - annota lo stesso Ibn Giubayr - fu o oàspesià
ui taliàd o o
233,
questo edificio esercita una tale fascinazione che, per sottrarvisi, non resta altra scelta se
IBNàǴUBáY‘à it.,àp. 162.
Ibidem.
232
M. ANDALORO, I mosaici e altra pittura, in Storia di Palermo cit., III, p. 192.
233
IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à
.
230
231
54
non chiedere aiuto a Dio. La stessa torre campanaria che svetta sulla chiesa, detta
“a
aʻat ʻas sa ā ī, ovvero - secondo a quanto annota Amari - il campanile delle colonne,
con la sua cupola e con le sue colonne di marmi dai vari colori, è definita da Ibn Giubayr
o eà u aàdelleàpiùà i a ilià ost uzio ià[ heà ai]àsiàsia à iste
Nelà o soà dellaà suaà isitaà aà Pale
234.
oà l a isto ati oà ale ia oà ipo taà i fi eà laà
presenza di due castelli, il Qas “aʻad e il Qas Ǧaʻfa .
Il Qasr “aʻad so geà i i oàalà a e,à g a diosoàeàa ti oàdià ost uzio e
seià hilo et ià daà Pale
o,à sullaà st adaà e soà Te
do i azio eà usul a aà ell isolaà o eà i āt
236
lungo il litorale, presenta infatti tutte le
uša ad al- i ā ,à hiusoà o àu aàsaldaàpo taàdiàfe o
238.
o
à da possenti mura
237 eàdotatoàdià
u aà os heaàdelleà
A questo proposito De Simone sottolinea come Ibn Giubayr
presenti con compiacimento il Qas “aʻad o eà luogoàdiàg azieàeàdià e edizio e
spe ieà dià isolottoà o ie tale
a circa a
i i.à “o toà eià p i ià te pià dellaà
caratteristiche di un castello-fortezza islamico, circondato
piùàsple dideàdelà o do
235,
240
239,à
u aà
che è riuscito, probabilmente grazie al suo parziale
isolamento, a mantenere laàp op iaàsosta zaàisla i aàdià soggio oàdiàse iàdiàDio
241
nel
corso del tempo, resistendo apparentemente ai cambiamenti imposti dalla dominazione
o
a
aàa heài à a poà eligioso.àPe à ua toà igua daàl o o asti a,àp op ioàpe h à à
un i āt, e dunque luogoà o àfu zio iàd i te esseàpu
li o,à il qạ “a d potrebbe essere
statoà ui dià o àp op iet àdiàu à alài di idua ileà“a d,à aài titolatoàaà uelà“a dài
Wa
àá ī l-
ạ̄ (morto tra il 670 ed il 678), uno dei dieci compagni di Mụammad, cui il Profeta
aveva p o essoàl i g essoài àPa adisoàpe àesse eàstatoàt aàiàp i iàaà o e ti si
242.
Il Qas Ǧaʻfa , invece, viene edificato come residenza di pia e eàdall e i oàkal itaà
Ǧaʻfa da cui prende il nome, nel corso del proprio dominio sulla città tra il 997-1019.
234
Ibidem, p. 163.
Ibidem, p. 154.
236
DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 162.
237
IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à
.
238
Ibidem.
239
Ibidem.
240
DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 163.
241
IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à
.
242
A. DE SIMONE, L e ig a del sola iu della Fa a a e del Qạ Ğa fa , in Bausteine zur deutschen und
italienischen Geschichte Festschrift zum 70. Geburtstag von Horst Enzensberger, a cura di M. STUIBER, M.
SPACCINI, Bamberg 2014, p. 79.
235
55
Successivamente ereditato dai sovrani normanni al momento della conquista, è
trasformato in un parco di proprietà reale e usato come riserva di caccia243. Secondo Amari,
il Qas Ǧaʻfa è da identificare con il magnifico Castello di Maredolce244, edificato ed
ampliatoàdaà ‘ugge oà IIàall i te oà delàpa oà dellaà Fa a a245. Nel costruire questi parchi i
Normanni riprendono il modello degli àgdal musulmani, meravigliosi giardini presenti in
tutte le più importanti capitali islamiche, e lo rielaborano in forme ancora più lussuose e
magnifiche246: si tratta dei ben noti solatia dei sovrani siciliani. Belfiore pone in evidenza
o eà essià e editi oà aà pie oà titoloà dalà
o doà a a oà l ele e toà dell àgdal, facendo
sosta zial e teàp op iaà laà o sape olezzaàpoliti aàdell i
agi eàdiàfo za e di dominio che
de i aà dallaà atu aà ua doà à piegataà alà soddisfa i e toà delà pia e eà eà delà lusso
247.
Le
notizie che Ibn Giubayr fornisce sul Qas Ǧaʻfa sono tuttavia molto esigue, limitandosi a
seg ala eàalàsuoài te oàlaàp ese zaàdià u à i aioà[ ut itoàda]àu aàpollaàd a uaàdol e
248,
ollegataàallaàso ge teàdiàMa eàDol e.ààE àp o a ileà - data la povertà di parole spese dal
viaggiatore almohade - h eglià o àl a
iaà isitatoàeàdu
ue o àl a
ia visto con i propri
occhi. Sarebbe altrimenti inspiegabile il suo silenzio di fronte a un monumento che doveva
essere di rara bellezza249.
Dunque quali conclusioni è possibile trarre comparando le pagine di Ibn Giubayr con
quelle redatte da Al-Id isi?àE t a
eàleàfo tià ipo ta oàu i
agi eàdiàPale
oà o eàdià
una città ricca e vivace sotto ogni punto di vista, economico, amministrativo, artistico,
paesaggistico: un vero e proprio gioiello, una lussureggiante città-giardino dove al verde si
alte a oà palazzià edà edifi ià dià i a ileà g a dezzaà eà foggia.à Ciòà heà d alt aà pa te emerge
nella narrazione di entrambi i viaggiatori arabi è la tendenza a interpretare la città, e
dunque a fornire una lettura della sua struttura e dei suoi abitanti, secondo categorie
mentali che, con motivazioni diverse, sono riferibili al mondo musulmano. Per Idrisi, tutto
243
Vedi questa tesi, p. 36.
Sul dibattito sorto intorno a questa identificazione vedi DE SIMONE, L e ig a del sola iu
del Qạ Ğa fa cit., pp. 73-94.
245
Dall a a oàFawwāra (sorgente).
246
Vedi BARBERA, Utilità e bellezza nel paesaggio normanno cit., p. 100.
247
Ibidem.
248
IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à
.
249
DE SIMONE, Palermo nei geografi e viaggiatori arabi del Medioevo cit., p. 161.
244
della Favara e
56
teso a magnificare la capitale ove risiede il suo potente mecenate, si tratta di una
prospettiva per così dire culturale, in relazione al fatto che egli conserva - nella Sicilia
normanna e nel rapporto fiduciario con il suo re - categorie interpretative e canoni narrativi
che gli vengono dalle sue origini e dalle sue esperienze pregresse. Negli scritti di Ibn
Giubayr, nella sua insistenza nel ricercare elementi di raffronto con le grandi e splendide
metropoli musulmane, sembra invece prevalere un sentimento di nostalgia e di sconforto
per una condizione di superiorità ormai perduta. Nonostante ciò i due autori non possono
tacere le impressioni e le emozioni forti provate di fronte a due luoghi che invece sono il
si
oloà dell u i e soà cristiano, e da cui entrambe rimangono profondamente colpiti: la
Catted aleàdiàPale
oàeàlaàChiesaàdell á
i aglio.
Si può dunque dire che la capitale siciliana diventa, nelle pagine dei due intellettuali
arabi, il centro di una sintesi di valori tra le differenti culture mediterranee che non è
is o t a ileà alt o e.à Taleà si tesià sià a ifestaà sop attuttoà ell osse azio eà dell assettoà
u a isti oà eà a hitetto i o,à all i te oà delà ualeà usul a i,à g e ià eà lati ià o i o oà eà
olla o a oà pe à laà es itaà eà ilà e esse eà dellaà itt à eà dellaà o a hia,à sottoà l atte toà
controllo dei sovrani normanni e dei loro familiares. Agli occhi dei due visitatori Palermo si
mostra dunque come una metropoli in bilico tra due mondi, nella quale i caratteri orientali
e arabo-islamici ancora preponderanti si mescolano ai tratti p op iàdell o ide teà istia o,à
o à ilà isultatoà dià las ia eà ell animo dià uestià iaggiato ià a a ià u immagine di grande
splendore, ma anche sensazioni contrastanti e ambigue, frammiste come sono di familiarità
e insieme di estraneità, in una miscela che induce effetti di meraviglia e disorientamento.
Insomma per conclude eàsiàpot e
eà ita eàloàstessoàId isi:à aàdi laài àu aàpa ola,à uestaà
itt àfaàgi a eàilà e elloàaà hiàlaàgua da
250
EDRISI cit., p. 61.
250.
57
II.3. La forma urbis di Palermo nelle testimonianze di Ugo Falcando e di Pietro da Eboli: tra
ideologia e ricostruzione urbanistico-topografica.
Ugo Falcando, autore della Historia o Liber de regno Siciliae eà dell Epistola ad
Petrum Panormitanae Ecclesiae thesaurarium,à o side atià o eà u oàde
dellaàsto iog afiaà edie ale
251,
iglio iàp odottià
è una delle figure più enigmatiche del mondo letterario
medievale, costituendo di fatto ancora un rompicapo per gli studiosi che nel corso del
tempo hanno cercato di stabili eà l ide tit .àNo osta teà ià oltià studià eàià fiu iàdià pa oleà
spesi nel tentativo di capire chi fosse realmente questo evanescente quanto raffinato
lette ato,àaàtutt oggià o àsià àa o aàgiu tiàaàu ide tifi azio eà e taàeàdefi iti a,àta toà heà
le due opere citate sono ancora adespote. Pur non essendo questa la sede deputata a
uestoà tipoà dià i dagi e,à
à esse do ià daà pa teà
iaà l i tenzione di dilungarmi su una
questione intorno alla quale storici e studiosi di letteratura si stanno ancora interrogando,
ite goà e essa ioàfo i eàleài fo
azio iàesse zialiàsuà uest auto eàa o aàa o i oàeàsulleà
sue opere, dal momento che esse rappresentano una fonte importante per la mia ricerca.
Dunque il Liber de Regno Sicilia eàl Epistola vengono rinvenuti dal canonico Gervasio
de Tournay intorno alla metà del XVI secolo presso la biblioteca di Mathieu Longuejoue,
vescovo di Soisson. Dalla data di pu
li azio eà dell editio princeps nel 1550, l Epistola
venne considerata una prefazione della Historia. Tuttavia ormai da tempo gli studiosi - a
partire dallo stesso Amari252 - tendono a considerare l Epistola ad Pet u
come un lavoro
autonomo rispetto alla Historia che, se davvero appartiene allo stesso autore - e stile e
argomenti sembrano confermare questa ipotesi - è comunque stata redatta decisamente
piùàta di.ààHa t igàs i eà heà e t a
eàgliàs ittià o àso oà e utiàfuo ià ellaàstessaàte a,à
e sono nellaàlo oà edazio eàsepa atiàdaàu ài te alloàdiàte po,àdià i aà e tiàa
i
253.
L Epistola non può dunque essere la prefazione della Historia, così come sosteneva
Gervasio de Tournay: essa si occupa di eventi che seguono la morte di Guglielmo II,
avvenuta il
à o e
eà
,àeà o àp i aàdellaàp i a e aàdelà
à áp ile,àMaggio àpuòà
esse eàstataàs itta,àe,àpoi h à ue à heàlaà a daà o àhaàa o aàa utoà otiziaàdellaàelezio eà
251
O. HARTWIG, Re Guglielmo I e il suo grande ammiraglio Maione di Bari. Contribuzione alla critica della
Historia del creduto Hugo Falcandus, in Archivio storico per le province Napoleta e , VIII (1883), p. 427.
252
Vedi nota 1 in AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 360.
253
HARTWIG, Re Guglielmo I e il suo grande ammiraglio Maione di Bari cit., p. 415.
58
di Tancredi, il luogo della redazione di essa ha dovuto essere abbastanza lontano dalla
“i ilia
254. Il Liber invece si sofferma sul quindicennio che va dal 1154-1169 che coincide con
ilàgo e oàdiàGugliel oàI,àeàdall a piezzaàdelleà otizieàeàdallaàdovizia di particolari riportati
si evince che il cosiddetto Falcandus al momento della redazione della Historia risiede
ancora in Sicilia255.
Moltoà sià à di attutoà a heà sullaàfigu aà delàdesti ata ioà dell Epistola. Dallo stesso
titolo sappiamo che è indirizzata a un tale Pietro, tesoriere della Chiesa di Palermo. Hartwig
ha verosimilmente identificato uestaà figu a,à a h essaà e ig ati a,à o à ilà testi o eà eà
firmatario di un diploma del 1167, che è sottoscritto appunto da un Petrus Indulsus
Thesaurarius256. Lo stesso personaggio compare successivamente in un documento del
1182, in cui si attesta una donazio eàfattaàdalàso a oàGugliel oàIIàall a
aziaàdiàMo eale,à
e dove Petrus è citato come il fondatore della chiesa di San Martino257.
Ciòà heà à hia oà à heà
uestaà lette aà alà teso ie eà Piet oà o à à u aà dedi aà dellaà
Storia, ma fu destinata per sé stessa alla pu
li it
258.àL
pa phletà politi oà i à uià l auto eà daà u à latoà o da
Epistola è infatti un vero e proprio
aà ape ta e teà laà lasseà di ige teà
siciliana destinata a essere vittima di sé stessa, della propria animosità, delle proprie
ambizioni e della propria i
adotta e
o ilit ,àdall alt oà leàsugge is eàleàs elteàdaàfa eàeàià ezziàdaà
259, nel tentativo di risvegliare le genti di Sicilia e di farle uscire dal proprio torpore
fataleàdiàf o teàall a i oàdelleà turbulentas barbarorum acies
260
al seguito di Enrico VI di
Svevia.
In ultimo sappiamo che il nome di Hugo Falcandus non è sicuramente quello
dell auto eà i à uestio e.à “eà pe à a
ià sià à di attutoà i aà l o igi eà dià taleà o eà - se
pseudo i oà o àilà ualeàl auto eàfi
a aàleàp op ieàope eàpe à a te e eà elataàlaàpropria
ide tit à elà XIIà se oloà oà i e oà u i e zio eà dià Ge asioà deà Tou a ,à p i oà u ato eà
254
Ibidem, p. 416.
Ibidem.
256
Ibidem, p. 424; G. GAROFALO, Tabularium regiae ac imperialis capellae collegiatae divi Petri in regio
Panormitano Palacio, Palermo 1835, p. 25.
257
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 12; M. DEL GIUDICE, Descrizione del Regio Tempio e Monastero di Santa
Maria Nuova di Monreale, Palermo 1702, p. 25.
258
A. SALINAS, Rassegna Bibliografica i à á hi ioàsto i oàsi ilia o ,àVIà
,àp.à
.
259
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 18.
260
Ibidem, p. 123.
255
59
dell editio princeps dell ope aà elà
à-,àse o doào
aiàl u a i it àdegliàstudiosià heàdià
questo si sono occupati, Hugo Falcandus è molto probabilmente e più semplicemente il
nome di un precedente proprietario del manoscritto, siglato sul frontespizio del testo e così
trascritto e tramandato da Gervasio261.
Chia itoàl e ui o oà heàhaàsus itatoài fi iteàspe ulazio iàsuiàpossi ilià ollega e tià
tra il nome Falcandus e tutteàleàfo
eàdaà uestoàde i ateà su hàasàFal o,àFal us,àFul o,à
Fol aldus,à a dàe e à Fol audusà o à Ful auldus,àa dàtheà F e hà fo
,à Fou aut
262),
resta il
fatto che la sua identità risulta ancora più oscura e misteriosa.
Amari ritiene che Falcando sia sì vissuto in Sicilia, dal momento che ne redige
dettagliate descrizioni sop attuttoà dedi ateà allaà apitaleà Pale
o,à
h eglià a a aà uasià
ittadi oàeàp e eagliàdiàsal a à ui ià ellezzeàdellaà atu aàeàl ope aàdellaà i ilt
non sia siciliano, quanto piuttostoà u à No
a
263,
ma che
oà dià F a ia,à ta t à heà ua doà edigeà
l Epistola,à l auto eà i eaàfuo àdià“i iliaàeàfo seàolt e o ti
264,
in un qualche monastero in
Francia o addirittura in Inghilterra265. Dello stesso parere è Otto Hartwig che ritiene poco
probabile che i taglienti giudizi morali nei confronti dei Siciliani contenuti nella Historia
siano stati generati dalla penna di un autore siciliano di nascita266. Di opposta opinione è
invece la Jamison che ha identificato lo pseudo-Fal a doà o à l admiratus admirati267
(ammiraglio o emiro) Eugenio: un siciliano, membro di una potente famiglia di origine greca
che, sebbene poco conosciuta, doveva possedere oltreché la nobilitas,àu ele ataàposizio eà
funzionariale, dal momento che alcuni suoi membri - compreso Eugenio - posseggono il
E.àD áNGELO,àIntellettuali tra Normandia e Sicilia (per un identikit letterario del cosiddetto Ugo Falcando),
in Cultura cittadina e documentazione. Formazione e circolazione di modelli, Bologna, 12-13 ottobre 2006, a
cura di A. L. TROMBETTI BUDRIESI Bologna 2009, p. 325.
262
E. JAMISON, Admiral Eugenius of Sicily. His life and work and the authorship of the Epistola ad Petrum and
the Historia Hugonis Falcandi Siculi, London 1957, p. 197.
263
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 360.
264
Ibidem.
265
Vedi SALINAS, Rassegna Bibliografica cit., pp. 137-146.
266
HARTWIG, Re Guglielmo I e il suo grande ammiraglio Maione di Bari cit., pp. 417-418.
267
Theàad i alàofà“i il àde i edàf o àtheàá a àe i ,ào àgo e o àofàPale oà i àG eekàἀ ή or ἀ η ᾶς, in
Latin amiratus, admiratus, admiralius), and the office was taken over by Robert Guiscard and conferred on
one of hi knights after the capture of the city in 1071. As late as 1086 there was admiratus Palermi. Under
the Great Count Roger and still more under his widow, the regent of the young son Roger II, the emir of
Palermo enlarged his sphere and became ἀ ή ofà allà theà ou t sà do i io sà i à “i il à a dà Cala ia :à i à
JAMISON, Admiral Eugenius of Sicily cit., p. 33.
261
60
titolo di ύ ιος268 e di admiratus; Eugenio in particolare è figura di assoluto rilievo della
corte palermitana, dal momento che prima di diventare regius amiratus nel 1190 - la carica
piùà altaà adi itaà alà o t olloà dell a
i ist azio eà fis ale269 -, è già magister duane o
magister regie dohane baronum270 sotto il regno di Guglielmo II. Si tratta dunque di un
uo oàdiàaltaà a atu aà ultu ale,à heàlaàstessaàJa iso àdefi is eà o eàofàtheà ightestàsta sà
in the constellation of scholars, translators, and men ofàlette s
271
del Mezzogiorno; ed è
inoltre un profondo conoscitore delle dinamiche entro le quali si muove la stessa corte
normanna, essendone membro attivo. Infine, per avallare la propria tesi, Jamison
sottoli eaà o eàEuge io,à ell Epistola - sotto lo pseudonimo di Hugo Falcandus -, si faccia
po ta o eà dellaà e essit à dell u it à t aà ià “i ilia i,à p op ioà i à ua toà suoià o egio ali,à dià
fronte alla brutalità e le barbarie degli invasori teutonici.
Negli ultimi quindici anni il dibattito sulla figura di Hugo Falcandus ha, comunque
sia, continuato a generare dibattiti e studi tra coloro che di questo si sono occupati. A fronte
delàfattoà heààl ipotesiàdellaàJa iso à àstataà o side ataàfi àdalàp i ipioàa tifi iosaàeàast usaà
dalla quasi unanimità della critica, gli studiosi sono giunti a identificare la figura
dell a o i oà s itto eà o àt eà possi ilià pe so aggi,à tuttià o igi a ià delàNo dàdellaà F a ia:à
Hugo Foucaut, abate di Saint-Denis; Pietro di Blois, monaco benedettino giunto in Sicilia al
seguito di Stefano di Perche heà e aà statoà hia atoà ell isolaà dallaà ugi a,à laà egi areggente Margherita di Navarra; e in ultima istanza Guglielmo di Blois, fratello del suddetto
Piet o,àa h eglià e edetti oàeà o eàilàf atelloàgiu toài àItaliaà e idio aleàatti atoàdallaà
possibilità di far carriera e fortuna, grazie al favore che Stefano del Perche accorda ai
Francesi, suoi connazionali.
áà soste e eà uest ulti aà ipotesià à Edoa doà D á geloà he,à att a e soà u atte taà
analisi letteraria delle opere di Falcando, registra la gra deà i i a zaàt aàl a o i oàauto eà
e la figura di Guglielmo di Blois272. Non dunque Pietro di Blois, sia per motivi stilistici sia
perché è poco probabile che Pietro - di cui tutto si sa - non rechi notizie nei suoi scritti di
Il titolo di ύ ιος nella Palermo Normanna è il corrispettivo di â id (latinizzato in gaytus) riservato agli alti
funzionari di stirpe greca: vedi ibidem, p. 35.
269
Ibidem, p. 95.
270
Ibidem, pp. 59-61; Ibidem, p. 83
271
Ibidem, Introductory chapter XVI.
272
D áNGELO,àIntellettuali tra Normandia e Sicilia (per un identikit letterario del cosiddetto Ugo Falcando) cit.,
pp. 344-349.
268
61
un testo della caratura del Liber273, ma appunto Guglielmo di Blois nel cui personaggio
oesisto oà pe fetta e teà tuttià glià ele e tià iog afi ià a oltià i to oà all a o i o
274.
Guglielmo è infatti un uomo di lettere di ottimo di livello, autore di opere teologiche e
religiose, ma anche tragediografo e commediografo275. D alt oà a toàl humus e gran parte
della memoria culturale ricorrenti nella Historia eà ell Epistola dello pseudo-Falcando
p ese ta oàa ezio iàtipi heàdiàs itto iàappa te e tiàall a eaàf a aàeàa glo- o
pa ti ola eàGio a
iàdià“alis u ,àPiet oàdiàBlois,àBe a doàdiàChia a alle
276).
a
aà i à
Dunque per
questi motivi è ragionevole propendere alla sua identificazione con un transalpino277, qual
è Guglielmo. Si deve inoltre rilevare che Hugo Falcandus si presenta ai propri lettori come
uo oà o à soloà ultu al e te,à aà a heà politi a e teà i i oà alà pa tito à dià “tefa oà dià
Perche, al cui seguito Guglielmo giungeàappu toài à“i ilia.àI fi eàl atte zio eàallaàgeog afia,à
alla toponomastica e alla topografia del Mezzogiorno e soprattutto della città Palermo
registrabile nel Liber eà ell Epistola, palesa ilàfattoà heàl a o i oà- come del resto Guglielmo
- in queste terre deve aver vissuto278.
In ultimo a rimescolare nuovamente le carte e a sostenere che lo pseudo-Falcando
sia invece da riconoscere in un nativo del regno di Sicilia piuttosto che in personaggio di
di e seào igi i,à àG aha àLoud,àp ofesso eàdell U i e sit di Leeds. Loud manifesta infatti
du
iàsiaàsull ide tifi azio eàdiàFal a doà o àGugliel oàdiàBloisàp opostaàdaàD á geloàsiaà
più in generale con un autore di origini francesi. Ta disà ueà e tai sàpa all lesàlitt ai esà
et influences pourraient suggérer queàl auteu à taitào igi ai eàdeàlaàF a eàduàNo dà o
o à l aà all gu ,à e tai sà p oposà duà te teà se
la tà t ahi à u eà o igi eà diff e te
279.
eà
Un
i dizioàaàtaleàp opositoà ,àse o doàLoud,à ua toàl á o i oà ipo taàsuià usul a iàdià“i ilia.à
Se da un lato è chiaro che Falcando critica apertamente, in quanto cripto-islamici, molti dei
funzionari di origine musulmana presenti a o te,àdall alt oàlaàsuaà o da
allaà popolazio eà
usul a aà i à
aà o à à i oltaà
ua toà tale.à á zi,à spessoà l auteu à seà
o t eà
273
Ibidem.
Ibidem, p. 344.
275
Ibidem, p. 346.
276
Ibidem, p. 337.
277
Ibidem, p. 346.
278
Ibidem, p. 334.
279
G. LOUD, Le problème du Pseudo-Hugo: ui a
p. 48.
274
it l Histoi e de Hugues Fal a d?,ài à Ta ula ia àIVà
,à
62
considérablementà plusà hostileà à l ga dà deà e tai sà i ist esà h tie es"280, che invece
accusa di aver compiuto persecuzioni indiscriminate nei confronti degli agareni di Sicilia e
di aver così destabilizzato definitivamente il già fragile equilibrio del regno normanno.
Se o doàLoudà ua toàfi o aàdettoà alàsiàsposaà o àl ideaàdiàappa te e zaàalàg uppoàdeià
familiares francesi che giungono al seguito di Stefano di Perche e che si contraddistinguono
per il loro spiccato antagonismo nei confronti dei cittadini musulmani. Per co t oà u eàtelleà
attitude,à elati e e tà tol e tà età i pa iel
281,à
o eà uellaà ost ataà dall á o i oà elà
o soà delleà pagi eà dell Historia eà sop attuttoà dell Epistola, è piuttosto attribuibile ad un
pe so aggioà o igi a ioà dell isola,à a ituatoà aià o plessià
fu zio a e toà delloà statoà o
a
o,à
usul a esàsousàlaàdo i atio à h tie
e canismi che regolano il
aà sop attuttoà ha itu à à laà p se eà desà
eàetà
fi ia tàdeàlaàp ote tio à o ale
282.
E se
l á o i oà ost aàa e eàu opi io eàpositi aàdelàPe he,à heà elleàsue pagine è descritto
come un uomo indulgente e poco avvezzo alla crudeltà, opposto è invece il suo giudizio sul
resto dei Francesi accusati di essere eccessivamente orgogliosi e sprezzanti nei confronti
dei costumi e delle usanze del regno normanno (gentis Transalpini superbia). Infine Loud
sottolinea come le descrizioni di due momenti chiave della storia del regno narrati nel Liber
- eà e à p e ede tià all a i oà delà Pe heà -,à eà io à l assassi ioà dià Maio eà eà laà i oltaà deià
feudatari contro Guglielmo I del 1161, siano dettagliate in modo minuzioso. Questo dato
secondo lo studioso porterebbe ad escludere una narrazione par oüi-dire e dunque
l a osta e toàdellaà figu aàdell á o i oà o à uellaàdiàu à t a salpi oà giu toà i à “i iliaà alà
seguito del Perche solamente nel 1166.
Nonostante il quadro degli studi sia ancora aperto eàpo oà hia oà ispettoàall ide tit à
eàallaà iog afiaàdell auto e,à iòà heà uià àoggettoàdiàt attazio eàso oàleàpagi eàche Falcando
dedica a Palermo. Se la Historia è praticamente muta di informazioni relative
all u a isti a,àall a hitettu aàeàallaàtopog afiaàdellaà itt ,àpe à o t oà ell Epistola Falcando
si abbandona a una descrizione appassionata e piuttosto particolareggiata della capitale
del Regno normanno. I contenuti del suo resoconto trovano peraltro rimando e supporto
nel Liber ad honorem Augusti di Pietro da Eboli. Anche di questa figura di poeta poco si
280
Ibidem, p. 49.
Ibidem.
282
Ibidem.
281
63
conosce, se non che dalle sue pagine risulta essere un convinto sostenitore della discesa di
Enrico VI in Sicilia.à Etto eà ‘otaà eà p opo eà l ide tifi azio eà o à un magister Petrus
Ansolinus [o Ansolini] de Ebulo,à itatoà ellaà o essio eà dià u à p i ilegioà all a
aziaà dià
Montevergine nei pressi di Avellino, da parte di Federico II di Svevia; una notazione che
poco aggiunge alla conoscenza del personaggio. Ciò che in ogni caso qui interessa è che, se
Pietro nelle righe del Liber tace intorno all u a isti aàeàall a hitettu a di Palermo, molto
eloquenti sono invece le figure che compaiono nelle tavole miniate che accompagnano lo
scritto e che, nel corso di questa analisi utilizzeremo insieme ai resoconti di Falcando.
Nell Epistola dunque, dopo aver chiamato in causa le più importanti città di Sicilia,
da Catania a Siracusa e Agrigento, di fronte al pericolo imminente rappresentato da Enrico
VI e dalleà sueà s hie e,à l á o i oà sià i olgeà appu toà aà Pale
opinatissi a,à totiusà eg ià “i ilieà aputà età glo ia
283.à
o,à p ese tataà o eà u sà
Dopoà u a o ataà excusatio nei
confronti del lettore e soprattutto della città, troppo magnifica perché se ne possano
de a ta eà leà ellezzeà eà ilà p estigioà se zaà i o e eà elà is hioà i ge tisà ausi
284,à l
auto e
dichiara apertamente di non poter tenere per sé soltanto i pensieri di elogio nei confronti
dià Pale
o,à ta à a eptià
p o o atus
e oà
e efi iià
ua à si gula isà glo ieà tueà
i a uloà
285.
Hac ergo civitas in plano sita, maris ex uno latere crebris insultibus fatigatur, cuius
tamen fluctibus retudendis Vetus palatium, quod dicitur Maris Castellum, murosque
multa turrium densitate munitos opponit. Alterius vero lateris partem oppositam
palatium Novum insedit286.
Come gli autori precedenti, anche Ugo Falcando comincia la sua descrizione con il
deli ea eàlaàp ese zaà a atte isti aàdiàdueàpoliàall i te oàdellaà itt :àilà palatium Vetus, o
Castella a e,àeàilàpalazzoà ealeàall i te oàdellaàGalka, il palatium Novum. Falcando rimarca
dunque il peculiare dualismo urbanistico della città di Palermo, ma ne legge la fisionomia
283
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 132.
Ibidem, p. 134.
285
Ibidem, p. 132.
286
Ibidem, p. 134.
284
64
e t oàu aà isio eàtopog afi aàdell i pia toà ittadi oào
aiàde isa e teàeàdefi iti a e teà
normanna. Kalsa e Rabạ sono dimenticati e definitivamente messi in secondo piano dal
punto di vista urbanistico. Il maris Castellum, segnalato dall ánonimo come uno dei cardini
cittadini, si contrappone al Palazzo dei Normanni non solo sul piano urbanistico ma anche
cronologico, in quanto Vetus.
Come segnalato in precedenza, il Castellamare sorge sul lato nord-orientale della
Cala e probabilmente, dopo essere stato fatto edificare dagli Arabi, è recuperato e
rafforzato dai Normanni al loro ingresso in città nel 1072287. Le sue funzioni sotto la dinastia
degli Hauteville sono molteplici. Innanzitutto di difesa al porto: già sotto gli emiri aghlabiti
il sito dove sorge il Castellamare era forse stato occupato e fortificato, in quanto costituiva
evidentemente la più immediata difesa di cui godeva il porto di Palermo, dal momento che
un fortilizio eretto dirimpetto alla Kalsa sarebbe in grado di mantenere uno stretto
controllo sulla Cala. Del periodo arabo - come del resto anche di quello normanno pu t oppoà o à i a go oàp ati a e teàt a e,àseà o àlaà to eà ast a
288,
e dunque non
si possono formulare che delle semplici congetture. Una delle ipotesi possibili, sostenuta
da De Simone, è che in questo luogo potesse sorgere un tempo uno dei i ạ̄289, ovvero uno
di quei monasteri-fortezza sorti sulle coste della Sicilia, di cui Ibn Hawqal segnala il gran
numero290. Ancora De Simone sottolinea come questa supposizione possa trovare un
ual heà is o t oà ellaà p ese zaà dià u a ti aà os hea,à dià uià ià à u aà testi o ia zaà seppure incerta - nelle accuse di apostasia mosse da Stefano di Perche nel 1167 a Roberto
dià Calata ia o,à p otettoà dell o
aià defu toà Gugliel oà I;à a useà ipo tateà dalloà stessoà
Falcando nella sua Historia, sulla base delle quali si condanna il Calataboianese per aver
ristrutturato e riportato al culto originario i àCastelloà a isàa ti uissi u à“a a e o u à
te plu
291.
Dunque - come testimoniato da Guglielmo di Puglia - fin dai primi momenti della
conquista normanna,àilàCastelloàaàMa eà es eàedà à affo zatoài àu espli itaàp ospetti aàdià
287
Vedi questa tesi, p. 39.
MAURICI, I castelli normanni cit., p. 78.
289
DE SIMONE, Palermo Araba cit., p. 88.
290
Vedi la descrizione fatta da Ibn Hawqal e riportata in questa tesi, p. 26.
291
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie e la Epistola ad Petrum Panormitane Ecclesie
thesaurarium, a cura di G. B. SIRAGUSA, in Fonti per la storia d'Italia, XXII, Roma 1897, p. 115.
288
65
dominio da Roberto il Guiscardo e Ruggero I, tanto daàassu e eàl aspettoàeàleàfu zio iàdià
u aà e aàeàp op iaàfo tezza.àE àp o a ileài olt eà heàal e oài izial e teàilàCastelloàaàMa eà
potesseàesse eàu aà ost uzio eàaàp e ale teàfu zio eà eside ziale
292,
avente il ruolo di
ospitare il Gran Conte Ruggero e la sua curia du a teàlaà ost uzio eàeàl e oluzio eàaàpalazzoà
reale del palatium Novum p essoàl Halca. In seguito alla violenta rivolta dei baroni del 1161
nei confronti di Guglielmo I, si osserva infine un ulteriore cambio di destinazione
dell edifi io:àleà a e ià e go oàt asfe iteàdalàPalazzoà‘ealeàalàCastelloàaàMa e.àCo àlaàp esaà
di coscienza da parte dei sovrani normanni del pericolo rappresentato dalla presenza dei
prigionieri nel palatium Novum, do eà i aàCa pa a iu ,àea
G ae aà o a atu ,à a e esàe a tàdispositi
293,
ueàpa te ,à uaeàTu isà
la fortezza del Castello a Mare è destinata al
compito di accogliere tra le proprie mura294 le prigioni, affidate alle cure di un Gavarretum
palatii, una sorta di vice del magister castelli,à adàhujusà uo ueàspe ta atàoffi iu àeos,à uià
per diversos carceres tenebantur inclusi, frequenter inspicere, eorumque statum mitius,
asperiusve, prout ei visum fuerat, commutare, et prout vellet custodes singulis designare
carce i us
295.
La presenza minacciosa e imponente del Castellamare è riprodotta nella miniatura
della Tavola VI296 del Liber del già citato Pietro da Eboli. Nella parte inferiore della Tavola è
raffigurata centralmente la Cala, segnalata dalla dicitura Portus Panormi e chiusa in basso
daàu aà ate aàpo tualeà app ese tataài à a ie aàstilizzata,àsi ileàaà u aàg ossaàt e ia,àaà
u à si
oloà dià osta olo
297.
Sul lato nord-orientale invece è chiaramente riconoscibile il
CastelloàaàMa e,àa h essoài di atoàdaàu aàdidascalia che riporta la dicitura Castrum maris.
L edifi ioà app ese tatoàdalà i iatu istaà ellaàsuaài po e teàfisi it ,àsiàp ese taàdu
come uno dei punti di riferimento dell u s Pa o
i. Nell i
aspettià o e zio alià aà otazio ià est e a e teà ealisti he
292
ueà
agi e,à i à uià so oà u itià
298,
il Palatium Vetus è
MAURICI, I castelli normanni cit., p. 79.
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 53.
294
MAURICI, I castelli normanni cit., p. 79.
295
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 53.
296
PIET‘OàDáàEBOLIà it.,àTáVàIV,àp.à ;àl i
agi eà à ipo tataài à uestaàtesi,àp.à 7.
297
V. ZORIC, La ate a po tuale. “ulle difese passi e dei po ti p i a e dopo l adozio e ge e alizzata delle
bocche da fuoco. Il caso di Palermo, con alcune noterelle di sua topografica storica, in Palermo Medievale cit.,
p. 79.
298
F. MAURICI, I castelli normanni cit., p. 77.
293
66
raffigurato dal miniaturista di Pietro da Eboli secondo gli stessi elementi architettonici
des ittià daà Fal a do:à laà ge e aleà i po e zaà dell edifi io,à leà alteà to ià eseà a o aà piùà
temibili dalla presenza di un grosso trabucco sopra ciascuna di esse, i muniti muri che ne
p oteggo oàilàpe i et oàeàl a esso.à
67
299
299
PIETRO DA EBOLI cit., Tav. IV, p. 14.
68
Come già segnalato, Falcando individua anche il Palatium Novus, ovvero il Palazzo
dei Normanni che nella miniatura del Carmen di Pietro da Eboli svetta proprio sopra il
Castrum maris300,à o eà l alt oà ful oà ittadi oà dell i pianto urbanistico palermitano.
L altu aà suà uià so geà ilà Palazzoà sià t o aà ellaà pa teà e idio aleà delà Cassa o,à o e oà ellaà
Galka, che già dal Guiscardo, e prima ancora dai Cartaginesi, dai Greci e dagli Arabi, era
stata individuata quale luogo privilegiato per la sua posizione, e dunque atto a essere
fortificato con la costruzione di una prima struttura difensiva301. Ma è solo in seguito, sotto
il dominio del Gran Conte, che le difese erette dal Guiscardo crescono e progressivamente
assumono le sembianze di un palatium. Tale evoluzione architettonica subisce una
notevole accelerazione quando il Gran Conte, sopprimendo le ultime sacche di resistenza
musulmana e ultimata di fatto la conquista dell isola,àp o edeàaàu àdefi iti oà affo za e toà
delàp op ioà o t olloàsuàdiàessa.àCosìà elà
G a àCo teà‘ugge oà †à
àádelasiaàdelàVasto,à oglieàdell o
aiàdefu toà
àeà ad eàdià‘ugge oàII,àfutu oàso a oàdià“i ilia,àp op ioài à
ragione della raggiuntaàsi u ezzaàsull isola,àde ideàdiàsposta eàlaà apitaleà o italeàdaàMiletoà
(Troina-Messina) a Palermo, attratta dalla sua lunga storia di capitale emirale sotto il
do i ioà usul a oàeàdalàsuoà es e teàpesoàe o o i oàeà ultu ale.àE ài à uestoàpe iodoà
che la struttura urbana di Palermo, e con essa il palazzo, comincia a subire interventi
sempre più incisivi, volti a rendere la città più conforme allo stile di vita dei conquistatori
normanni e soprattutto al rango di capitale comitale appena acquisito.
Il momento decisivo, da cui prende avvio la definitiva trasformazione di Palermo, è
tutta iaà ostituitoàdall as esaàallaàdig it à egiaàdià‘ugge oàIIà elà
.àáà uestoàp opositoà
Alessandro, abate del monastero di Telese e autore del De Rebus Gestis Rogerii Siciliae
Regis, s i eà i aesti a ilite à uide à totaà o o a atu à i itas
302.
Nella sua cronaca
l a ateà egist aà o à soloà laà promotio regia di Ruggero II, ma specularmente anche il
definitivo trapasso della residenza comitale a domus regis, descrivendone il sontuoso
palatii apparatus allestitoàpe àl o asio e,à u di ueài te iusà i aàpa iete àglo ifi eàtotu à
rutilabat. Solarium vero ejus multicoloriis stratum tapetis terentium pedibus largifluam
300
Vedi ibidem.
Vedi questa tesi, p. 38.
302
ALESSANDRO DI TELESE, De rebus gestis Rogerii Sicilia e regis libri quatuor, in G. DEL RE, Cronisti e scrittori
sincroni napoletani editi e inediti, II, Napoli 1845, p. 103.
301
69
p aesta atàsua itate
303,
al punto che tutti i commensali rimangono estasiati, in preda a
uno stupor vehementissimus per lo spettacolo che si presenta dinnanzi ai loro occhi.
Ma è la descrizione dell Epistola redatta dallo pseudo Falcando a fornire del palazzo
una vera e propria panoramica, ricca di dettagli architettonici; descrizione che risulta essere
u aà delleà testi o ia zeà piùà i po ta tià sull edifi ioà osìà o eà do e aàp ese ta sià elà XIIà
secolo, dal momento che poco o nulla i cronisti e i viaggiatori a lui precedenti e coevi ne
avevano scritto304. Non solo fortilizio, scrive Falcando, la cui rilevanza militare è ovvio
desu e e,à aàope aàdiàg a àp egioàeà e ust ,àta toàall este oàpe à iaàdeiàgrossi blocchi di
calcare dorato
i a il e teà s uad atià eàposizio atià se o doà laà te i aàediliziaà dell opus
quadratum,à ua toà pe à l opulenza degli ambienti interni, impreziositi da ori e pietre
preziose.
Mira ex quadris lapidibus diligentia, miro labore constructum, exterius quidem
spatiosis murorum anfractibus circonclusum, interius vero multo gemmarum
aurique splendore conspicuum; hinc habens turrim Pisanam thesaurorum custodie
deputatam, illinc turrim Grecam ei civitatis parti que Kemonia dicitur imminentem.
medium vero locum pars illa palatii que Ioharia nuncupatur, plurimum habens
decoris, illustrat, quam multiformis ornatus gloria prefulgentem, rex ubi otio
quietique indulgere voluerit, familiarius frequentare consuevit305.
Situato nella nella pars opposita dell urbs Panormi rispetto al Palatium Vetus, il
Palatium Novum do i aàlaà itt àdall altoàdellaàGalka, la parte più elevata e più nobile di
Palermo. Il Palazzo è naturalmente molto ben difeso. Oltre ad essere circondato da un
g a deà
u oà este oà heà loà p oteggeà lu goà tuttoà l ambitus castelli e che risulta
particolarmente diffusus306, Guglielmo I predispone alla custodia del palazzo t e e tosà
fe eàju e esàse u àha e etàassidueà[…]à uiàsi àe a tàpe àpo ta u àa gustiasàdist i uti,àutà
303
Ibidem, p. 103.
Vedi la descrizione piuttosto scarna redatta da Ibn Giubayr e riportata in questa tesi, pp. 51-52.
305
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 134.
306
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 59.
304
70
quantumvis numerum militum ab ingressu facile submoverent, et, si furtim aliquos ingredi
contigisset, certum erat ibidem eos sine spe salutis intercipi, redituris exitu non patente
307.
A ulteriore protezione del Palazzo, già di per sé così imponente, svettano poi le torri,
i donjon
etta gola ià tipi ià dell a hitettu aà feudaleà
o
a
a,à
heà Fal a doà
dilige te e teàe u e a.àLaàto eàdettaà Pisa a ,àdià at i e islamico-maghrebina, sorge a
nord del palatium e domina il perimetro settentrionale delle mura con i suoi tre piani di
altezza e la sua rigorosa figura di parallelepipedo a base quadrata, abbellita da fregi e dalla
modanatura delle finestre. Il piano terra della Torre Pisana è preposto alla custodia degli
i ge tesàetia àthesau osàadà‘eg iàtuitio e
308
uatt oàg a diào iàa
Al primo piano invece si trovano gli alloggi
egatià elàpa i e to
309.
a oltiàdagliàálta illa,àeà o se atià i à
residenziali, connotati da forti tratti simbolici310.àáll a goloàsud-orientale sorge invece la
To eà G e a,à laà uià dataà dià ost uzio eà à a o aà a oltaà ell i e tezza.à R. La Duca311
osserva che se si tiene conto di quanto scritto dal Fazello, la Torre Greca risalirebbe
inequivocabilmente a Ruggero II, forse prendendo questa denominazione perché posta in
direzione del grecale (un vento mediterraneo che soffia da nord-est). La tradizione invece
riporta che la torre fu edificata per volontà di Guglielmo I grazie al lavoro di una grande
quantità di prigionieri greci
u à du i usà suisà Pa o
u à t a s e ti
312
in seguito alla
vittoria normanna nella battaglia di Brindisi del 1156, dai quali potrebbe aver preso il nome.
La Turris Graeca do i aàl a eaàdelàPalazzoàdesti ataà- almeno fino alla rivolta dei baroni - a
contenere le carceri in cui erano rinchiusi i condannati di più alto livello sociale 313.
áll este oà delleà u aà essaà so astaà laà po zio eà sud-orientale della città, al di fuori del
Cassaro, dove passa il fiume Kemonia.
Ultima costruzione è infine la Joharia,à u a eaà eside zialeà situataà ellaà pa teà
centrale del Palazzo. La Joharia ie eà des ittaà daà Fal a doà o eà u à e oà paesi oà
307
Ibidem, p. 52.
Ibidem, p. 6.
309
R. CALANDRA, Il complesso monumentale, in Palazzo dei Normanni, Palermo 2002, p. 23.
310
R. DI LIBERTO, Architecture between the 11th and 12th century, in A Companion to Medieval Palermo cit, p.
166.
311
R. LA DUCA, Il Palazzo dei Normanni, Palermo 1997, pp. 116-117.
312
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 21.
313
Vedi questa tesi, p. 65.
308
71
o u e tale
314
che il sovrano, i suoi familiares e più in generale la sua corte sono soliti
frequentare per occupare il proprio otium. Dal punto di vista architettonico il complesso
della Joharia non doveva essere troppo alto. La sua conformazione corrisponde molto
p o a il e teàaà uellaàdellaà t adizio eàa itati aàdeiàpaesià ell a eaà edite a ea
315, che
prevede la presenza di strutture abitative dai volumi bassi, coperti da terrazze calpestabili.
A conferma di questa ipotesi ancora Falcando narra che in seguito al fallimento della
cospirazione nei confronti di Guglielmo I, per calmare le ire del popolo tumultuante, i
o giu atià adàJoha iaeàfi est asàeu àpe du u t
316;
in effetti perché Guglielmo potesse
esse eà istoàeàage ol e teà i o os iuto,àta toà heà totiusà ultitudi isà la o àetàtu ultusà
i ge sàe o itu
dià pale
317,
e per poter in seguito arringare
a uàsile tiu ài di e s
318
la turba
ita ià iu itasià p essoà ilà palazzo,à l edifi ioà o à do e aà esse eà t oppoà alto.à Neià
palatia che occupano la Joharia so oà i olt eà u i ateà eà dispositeà a sio esà at o isà
puellisque et eunuchis, qui regi regineque serviunt deputate
319,
e anche i palatiola,
sfarzosamente addobbati e aàse izioàdellaà o teà u ià e àautàdeàstatuà eg iàfa ilia i usàsuisà
secretius disserit, aut de publicis et maioribus regni negotiis locuturus proceres
i t odu it
320.
Dunque la Joharia siàp ese ta,àall i terno del Palatium Novus, o eàl a eaà
residenziale in cui sorgono le abitazioni private dei membri della corte e della servitù; ma
alà o te poàsià o figu aàa heà o eàu aàsezio eàdelàpalazzoàadi itaàall usoàdelà o a aà
normanno, dato che - scrive Falcando - il sovrano vi è solito desinare e sostare, tanto per
passare il proprio tempo libero, quanto per discutere con i suoi familiares più stretti di affari
personali e pubblici e per ricevere i maggiorenti del regno.
Nei pressi di questi palatiola sorgono anche le officinae per la manifattura della seta
- in arabo Ti āz -, laboratori in cui si produce il tessuto più prezioso del tempo. Sotto
Ruggero II la produzione di seta del Ti āz palermitano raggiunge il suo apice. A tal proposito
Ottone di Frisinga racconta che nel corso della seconda crociata del 1147, a cui partecipano
314
V. ZORIC, Arx Praeclara quam Palatium Regale appellant. Le sue origini e la prima Cappella della corte
normanna, in La città di Palermo nel Medioevo,àaà u aàdiàF.àD áNGELO,àPale oà
,àp.à .
315
Ibidem.
316
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 60.
317
Ibidem, p. 60.
318
Ibidem.
319
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 134.
320
Ibidem.
72
anche i contingenti siciliani, la flotta normanna saccheggia diverse città greche e fa molti
prigionieri. Tra questi, coloro che se i osà pa
Ruggero II nel Ti āz diàPale
osà te e eà sole t
321
sono condotti da
oà o àilà o pitoàdià a te àilla àte e diàsuosàedo e e
322,
in
a ie aàtaleà heà p edi taàa sàilla,àp iusàaàG e isàta tu ài te àCh istia osàha ita,à‘o a isà
pate eà opeitài ge iis
323.
Multa quidem et alias videas ibi varii coloris ac diversi generis ornamenta in quibus
et sericis aurum intexitur, et multiformis picture varietas gemmis interlucentibus
illustratur. margarite quoque, aut integre cistulis aureis includuntur, aut perforate
filo tenui connectuntur et eleganti quadam dispositionis industria picturati, iubentur
formamoperis exhibere324.
Dunque nelle cosiddette Nobiles Officinae, la seta non è semplicemente filata ma
la o ataàeào ataà o àl appo toàdell a teào afa,à osìàdaàda eà itaàaà ag ifi heàope e,à o eà
gli amita, dimita, trimita ed examita, sfolgoranti di ori, perle e gemme, e per questo
rinomati in tutto il Mediterraneo per il loro valore e preziosità.
Nel suo resoconto circa il Palazzo e le sue diverse componenti architettoniche,
Falcando giunge infine a scrivere della Cappella Palatina. La Cappella Palatina viene
inaugurata e dotata ufficialmente di un diploma - fatto redigere da Ruggero II per manus
del Cancelliere Roberto - dieà dedi atio isà E lesiae,à Qua tosà Kale dasà Maji,à I di tio isà
Tertiae, Incarnationis Dominicae ann. MCLX. Regni vero Excellentissimi Regi Rogerii Anno
De i o
325.
Essa si trova - precisa lo stesso diploma - i t aà ost u à egaleàpalatiu ,à uodà
estài àU eàPa o
i
326,à
eiàp essiàdell e t ataà heàd à e soàlaà itt .
Porro ex ea parte que urbem respicit palatium ingressuris, capella regia primum
occurrit sumptuosi operis pavimento constrata, parietes habens inferius quidem
321
OTTONIS ET RAHEWINI Gesta Friderici I. Imperatoris, a cura di G. WAITZ, in Scriptores Rerum
Germanicarum in usum scholarum, Hannover-Leipzig 1912, pp. 53-54.
322
Ibidem, p. 54.
323
Ibidem.
324
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 180.
325
G. GAROFALO, Tabularium regiae ac imperialis capellae collegiatae cit., p. 12.
326
Ibidem, p. 11
73
pretiosi marmoris tabulis decoratos, superius autem de lapillulis quadris, partim
auratis, partim diversi coloris, veteris ac novi Testamenti depictam ystoriam
continentes. supremi vero fastigii tabultatum insignis elegantia celature et miranda
picture varietas passimque radiantis auri splendor exornat327.
La grande meraviglia che la bellezza della Cappella Palatina è in grado di suscitare
ell osse ato e,à àta gi ileà elleàpa oleà heàFal a doàleàdedi a.àLaàdes izio eàsiàs a is eà
ell i a toà reato dalla ricchezza dei marmi e degli stucchi dorati, dai colori rifulgenti delle
pitture e dei mirabili mosaici che ne rivestono le pareti, in una progressione di attributi che
giungono al supremus. Ma a stupirsi di fronte alla bellezza del luogo, l ánonimo non è il
solo:à pa oleà heà i a da oà allaà p eziosit à deglià i te ià dellaà Cappella,à
ta ulata
328,
i oà la o eà
sono presenti nel Chronicon di Romualdo Salernitano, e soprattutto
ell ἔ ϕ ασις compiuta dal monaco calabrese Filagato da Cerami nella XXVII Omelia h eglià
pronuncia proprio nella Cappella Palatina al cospetto di Ruggero II, suo munifico protettore.
Defi itoàdaàFilagatoà o eàilà di i oàte pioàdellaà eggia
so a oà o
a
329,
il luogo di culto personale del
oà à a tatoà dalà o a oà asilia oà o eà g a dissimo e bellissimo, e
ag ifi oà pe à l i solitaà ellezzaà eà sple didissi oà dià lu eà eà fulgidissi oà d o oà eà
s i tilla tissi oà dià tesse eà
Filagato -
usi eà eà fio e tissi oà dià pittu e
330
tanto che - continua
hià loà haà spessoà edutoà eà to aà a o aà u aà oltaà aà ederlo lo ammira con
stupore, come se gli apparisse per la prima volta, e resta attonito volgendo errante
dappe tuttoàloàsgua do
331.
La descrizione di Filagato, redatta il 29 di giugno di un anno incerto (comunque
compreso tra il 1140 e il 1154) è, oltre che u àelogioàspassio atoàdià‘ugge oàII,à so a oà
pio,à sal ato e,à e ig o
332,
anche una diapositiva realistica e piuttosto precisa di un
monumento unico nel mondo mediterraneo, dove correnti artistiche bizantine si
327
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 136.
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 232.
329
FILAGATO DA CERAMI, O elie pe i Va geli do e i ali e le feste di tutto l a
e altra pittura cit., p. 184.
330
Ibidem.
331
Ibidem, p. 185.
332
Ibidem, p. 184.
328
o, in ANDALORO, I mosaici
74
mescolano a quella fatimide e musulmana, in una rutilante e straordinaria miscela di
materiali e di colori.
Il tetto […] ado o di e ti fi issi i i tagli a ia e te la o ati a fo
a est i, e ifulge do d o o da tutte le pa ti i ita il ielo […]. Le olo
perfetto sostengo o gli a hi, solle a o il tetto a u altezza i
a di pi oli
e he i
odo
edi ile. Il sa tissi o
pavimento del tempio, adornato di variopinte pietruzze di marmo come fossero fiori
[…]. Tutte le pa eti so
i ope te di u a g a
a ietà di
a
i, e tesse e d o o
coprono la parte più alta di esse, fin dove non le occupi la schiera delle venerande
i
agi i. […] u
e sa,
e i to
isple de te pe
a
o eo hiude lo spazio ise ato ai sa e doti […]. La
gli s i tillii dell o o e dell a ge to,
e de atto ito
l osse ato e […]. È stata appesa anche una gran quantità di drappi, per i quali
forniron materia fili di seta intessuti d o o e di di e si olo i […]333.
U alt aà i idaài
agi eàdelàPalazzoà- e insieme della variegata popolazione che lo
abita - è riportata dal miniaturista del Carmen di Pietro da Eboli nella Tavola III334. Nella
tavola sono riprodotte le mura difensive esterne, protette da una serie di potenti macchine
da guerra posizionate in cima a quattro delle nove torri murarie. Dentro le mura si
osservano gli ambienti interni del Palazzo divisi in sezioni, rappresentati entro otto volte
arcate e disposti su due piani. Nel registro superiore è ritratta la corte normanna che, nel
novembre del 1189, sta vivendo con sgomento gli ultimi momenti di vita di Guglielmo II.
Accanto ai membri della famiglia reale raccolti intorno al capezzale del re morente, sono
it attià dueà usul a ià dià a go,à i o os i ilià dalà op i apoà aà tu a te:à l ast ologoà eà ilà
medico di corte Achim. Nelle tre arcate del registro inferiore il miniaturista colloca i
pe so aggiàpiùàdi e siàaà app ese ta eàl i te oà e taglioàdellaàpopolazione palermitana: dai
comites ai barones, dai domini curiae al populus declinato nelle sue varie etnie. Né può
a a eà ellaà Ta olaà laà Cappellaà Palati a,à heà o à l alta eà eà glià a edià sa ià o upaà
la
333
334
ie teài te oàall ulti oàa oàdellaàsezio eàsupe io eàeà heà ài di ataà o eà Cappellaà
Ibidem, pp. 184-185.
Vedi questa tesi, p. 76.
75
egia ,àalàlatoàdellaà ualeàs ettaàilàcampanarium, la cui esistenza segnala anche Falcando
nella sua Historia335.
335
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 53.
76
336
336
PIETRO DA EBOLI cit., Tav. III, p. 10.
77
In conclusione i due palatia presenti nella città non sono semplici residenze atte ad
ospitare il sovrano e la sua curia, o viceversa semplici fortilizi di natura militare. Allo sguardo
delà pale
ita oà dell epo aà eà delà isitato eà essià isulta oà hia a e teà esse e,à ellaà lo oà
straordinaria imponenza, i due vertici cittadini - u oà oltoàalà a eàeàu oàall e t ote aà- ai
quali i regnanti normanni legano indissolubilmente il loro potere. Ben oltre il ruolo di
rappresentanza simbolica di questo potere, i due edifici ne diventano la diretta
manifestazione fisica nello spazio pubblico e contemporaneamente il concreto dispositivo
dià o t olloàsull a eaà ittadi a.
Falcando ne fornisce una chiara dimostrazione. Il Palazzo Reale, proprio in quanto
dimora del sovrano, non può che rivestire un ruolo di assoluta preminenza architettonica e
urbanistica. E così come il monarca siede sulla vetta della piramide sociale, il Palazzo dei
No
a
ià si àe goàdispositu ,àsi ào atu ,àsi ào
i odeà oluptatisàg atiaàdeli utu
siàt o aàall api eàdellaàs alaàge a hi aàdegliàele e tiàu a isti iàdellaà itt ,à ta
eli uoà o po i,à si à totià supe e i età i itati
dissezio a eà ilà
a
aà he,à t i aà pa titio eà disti ta
proprio interno tres particulares civitates
341,
340.
ua à aputà
Individuata la testa, egli procede a
o poà ittadi o à o eà u à espe toà hi u go,à pe à
l a ato iaà dell u eà o
ollo atu
338.
337
339,
ost a eà alà letto eà
risulta contenere al
Laà pa teà e t ale,à i te à e t e asà ediaà
è chiaramente il Cassaro con la sua caratteristica forma allungata,
latitudi isàpa u àha e s,ài àlo gu à e oàspatioà aio eàpo e ta
342,
e chiusa da mura di
smisurata altezza. Alla maniera di un organo vitale il Cassaro è, nella descrizione di Ugo
Falcando, attraversato da tres vie principales - le stesse già segnalate da Al-Idrisi343 - che,
co eàa te ie,à tota àeiusàlo gitudi e à etiu tu
344.
Harum media, que vicus Marmoreus nuncupatur et rebus deputatur venalibus, a
parte superiori vie Cooperte ad palatium Arabum indeque ad Inferiorem portam
337
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 136.
Ibidem.
339
Ibidem.
340
Ibidem.
341
Ibidem.
342
Ibidem.
343
Vedi questa tesi, pp. 45-46.
344
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 136.
338
78
iuxta forum Saracenorum directe propenditur; alia quoque a turre Pisana per viam
Coopertam ad domum archiepiscopi, iuxta maiorem ecclesiam, mox ad portam
Sancte Agathes deincepsque per domos Maionis admirati ad predictum forum
Saracenorum pertransit, ibidem vie Marmoree coniungenda. Tertia sane ab aula
regia que palatio subest, per domum Sedicti sarraceni, ad edes Silvestri comitis et
capellam Georgii admirati porrigitur, et inde ad propinquam urbis portam obligat
deflectitur345.
La strada principale del sistema viario del Cassaro è la Via Marmorea, descritta
a heàdaàI
àHa
alà o eàlaà G a deà“t ada à si ạ̄) lastricata346, lungo la quale già nel X
secolo sorgevano i più importanti empori della città. Il rettilineo lungo il quale corre la Via
Marmorea tagliaàdià etto,àeà elà ezzo,àl i tero Cassaro e si dipana dalla Via Coperta - e
dunque dal Palazzo dei Normanni - si oàallaàPo taàI fe io eà eiàp essiàdell e po ioà fo o à
deià “a a e i,à o e oà l a ti aà Bā
Patitellorum,à dalà
zo oli
347.
al-baḥr, indicata già nel XII secolo come Porta
o e toà heà sottoà ià suoià a hià i stettero i lavoranti di patiti, o
Aperta nelle mura del lato nord-est del Cassaro, la Bā
al-baḥr vede
gradualmente esaurire il proprio ruolo difensivo di porta urbica per assumere la funzione
di semplice collegamento e passaggio tra il Cassaro e il resto della città, in relazione al
processo di espansione e mutamento della città in corso.
A ridosso della Via Marmorea eà all i te oà dià tuttoà ilà Cassa oà sià s iluppaà u à
complesso sistema abitativo altamente gerarchizzato dal punto di vista spaziale. Nella
Galka,à ossiaà eià p essià delà Palazzoà ‘eale,à sià ele a oà lu goà uestaà st adaà ià
edifi ia
i a daà
348 e le opulente dimore delle famiglie aristocratiche, degli alti dignitari ecclesiastici
e dei funzionari più importanti del Regno, che rendono Palermo
st u tu aà p epolle s
349.
o ilio ià hedifi io u à
Scendendo poi dalla Galka nel Cassaro propriamente detto,
Falcando osserva ai lati del vicus Marmoreus lo sviluppo di un fitto sistema di strade aà
petti e à heà o o oàpe pe di ola
345
e teàeà heài à a ie aàdirettamente proporzionale al
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138.
Vedi questa tesi, p. 22.
347
V. DI GIOVANNI, La topografia antica di Palermo dal secolo X al XV cit., p. 21.
348
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138.
349
Ibidem, p. 136.
346
79
loro allontanarsi dal Palazzo Reale - fulcro del potere cittadino -, dalla Cattedrale e dalla
centralità della via principale, perdono progressivamente di rilievo sociale, fino a giungere
alleàdi o eà i à uiàha
oàa itatoàeàa ita oàa o aàsiaà app ese ta tiàdell auto it à ittadi aà
p o u ato e,à giudi e,à a ellie e à heà se pli ià aest ià a tigia ià p otesià e soà u as esaà
so ialeài ealizza ile
350.
Le altre due vie individuate quali principali arterie del Cassaro, il cuore cittadino,
sono due strade parallele al vicus Marmoreus. La prima è il famoso camminamento
attraverso la Via Coperta che si snoda a ridosso delle mura settentrionali del Cassaro, su un
lato delle quali probabilmente si sostengono le volte e la sovrastante copertura da cui la
strada prende il nome. Essa percorre le mura lungo tutta la loro lunghezza, dalla Torre
Pisana del palazzo reale fino al palazzo arcivescovile presso la Cattedrale, che rispetto alla
di o aàdell a i es o oàdiàPale
u itio e àseà e epit
351.à“upe
oà e atà o tigua,ài Campanarium fortissima, ut in plano,
atoàilàpalazzoàa i es o ileàsu itoàdopoàPo taà“a t ágata,à
la Via Coperta osteggiaàlaàdi o aàdell admiratus Maione, che Di Giovanni sostiene essere
stataà edifi ataàsullaàa ti hissi aà u aglia
352,
fino a giungere al Forum Sarracenorum, nei
pressi della porta Inferiore, dove si congiunge direttamente alla Via Marmorea.
La Via Coperta - già indicata in questa sua funzione da Ibn Giubayr353 - collega
dunque il Palazzo Reale alla Cattedrale palermitana assolvendo in tal modo al decisivo
compito di giuntura tra i due principali poteri del regno, quello politico del sovrano e quello
eligiosoà dell a i es o o;à fattoà i dis uti il e teà i po ta te,à ui Falcando aggiunge un
ulteriore e non secondario attributo: collegare al Palazzo Reale, e quindi al sovrano, un altro
elemento centrale della vita cittadina palermitana vale a dire il Forum Sarracenorum che,
con il collegato Vicus Amalfitanorum, costituisce il centro del commercio urbano. La Via
Coperta è in ultimo il luogo prescelto da Matteo Bonello per compiere il 10 novembre del
àl assassi ioàdiàMaio eàdiàBa i,àmagnus ammiratus ammiratorum e manus dextera del
so a oà o
a
o;àe e toàdaà uiàp e deàa ioàlaà i oltaàdeià a o ià o t oàGugliel oàI.àE à
ancora Falcando nella sua Historia, a fornire notizie ulteriori su questo camminamento, nel
F.àD áNGELO,àPalermo alla fine del Duecento e inizi del Trecento. Contrade e chiese dei quartieri della città
desunte dai documenti d a hi io, in La città di Palermo nel Medioevo cit., p. 37.
351
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 158
352
DI GIOVANNI, La topografia antica di Palermo dal secolo X al XV cit., I, p. 51.
353
Vedi questa tesi, p. 52.
350
80
corso della narrazione di questo episodio: per poter uccidere Maione a colpo sicuro,
MatteoàBo elloà o àiàsuoiàpa tigia iàsiàappostaà adàpo ta à“a taeàágathes
dove la Via Coperta risulta essere plu i u à oha tata
355
354, in un punto
al fine di controllarne più
fa il e teà ilà passaggio,à poi h à dei epsà seseà dispe ge atà i à t i iu à età p ae ede tisà
ulpa àa gustiaeàdilatatio eàp odigaà edi e at
356.
Scrive Falcando che Bonello ordina ai
suoi uomini di presidiare tutto il percorso della Via Coperta dalàPalazzoàdell a i es o oàaà
uelloà‘eale,àdo eà pe à e ulas,àutà ulgoàdi itu ,ài à iasàaliasàlate alite àefflue at
357,
così
heàall admiratus non sia concessa alcuna via di fuga.
L alt aà ia,àpa allelaàalàvicus Marmoreus eàpe o e teàilàCassa o,àhaài izioàdall Aula
Regia, dunque sempre dal Palazzo dei Normanni e, fiancheggiando la residenza del Sedictus
sarracenus, giunge fi oàallaà hiesaàdell á
i aglio; fatta edificare dal già ricordato Giorgio
d á tio hia,àa h essaà pa zial e teà ost uitaàsulleà u aàdellaà itt à e hia,à heàs e do oà
da Porta as sudā , proprio nel luogo dove flettono a gomito verso nord, ovvero è a queste
addossata
358.
Dell Aula Regia, theàfo alàpoi tàofàtheà it àstage
o à d à alt eà otizieà ell Epistola,à seà o à heà su est
i fo
360
359,
Falcando stranamente
al Palazzo reale. Qualche
azio eà aggiu ti aà à o te utaà ell Historia,à do eà l Aula Regia,à
o ju taàe at
361,
è descritta co eàu à a plio e àlo u
362
i suoi familiares, o àià ualià àsolitoà deàstatuà‘eg iàdisse e e
eoà uodà a plitudoà lo ià apie daeà
uaeà palatioà
dove il sovrano si riunisce con
363,
e con il populus panormi,
ultitudi ià ulgià suffi e et
364.
Essa dunque può
o te e eà all i i aà die i ilaà pe so e365. Il miniaturista del Carmen riproduce
p o a il e teàl Aula Regia nella Tavola III366 già presa in esame. L Aula è simbolicamente
354
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 42.
Ibidem.
356
Ibidem.
357
Ibidem.
358
SCARLATA, Configurazione urbana e habitat a Palermo tra XII e XIII secolo cit., p. 162.
359
L. SCIASCIA, Palermo as a stage for political developments, in A Companion to Medieval Palermo cit., p.
301.
360
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138.
361
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 62.
362
Ibidem, p. 55.
363
Ibidem.
364
Ibidem, p. 62.
365
Vedi G. B. SIRAGUSA, Di una probabile rappresentazione dell aula egia del Palazzo ‘eale di Pale o i u a
miniatura del sec. XII,ài à ‘e di o tiàdellaà‘ealeàá ade iaàdeiàLi ei,àClasseàdià“ ie zeàMo ali,à“to i heàeà
Filologi he ,àXVà
,àpp.à
-234.
366
Vedi questa tesi, p. 76.
355
81
app ese tataà dallaà se ieà dià a ateà heà diseg a oà l i po e teà at ioà i à cui è riunito il
populus Panormi, insieme ai maggiorenti del Regno. Questa rappresentazione non fa che
o fe
a eàlaàp ese tazio eàdell Aula lasciataci da Ibn Giubayr nel suo ‘ahlat ʻal Ki ā ī,
heàe o aàl i
agi eàdiàu àg a deà o tileà ope toài se itoàt a gliàuffi iàdell a
i ist azio eà
eà u à gia di oà osìà lussu eggia teà daà fa glià e ita e,à i à su essi ià do u e tià edie ali,à
l appellati oàdiàSala Verde
367.
Falcando annota infine la parziale costruzione di edifici sulle mura del Cassaro, come
la domus di Maio eà eà laà Chiesaà dellaà Ma to a a.à Questaà i o e sio eàd uso,à e toà o à
ge e alizzata,à à sig ifi ati aà delà fattoà heà leà posse tià u aà heà hiudo oà ilà Cassa oà a à
ut a ueàde te aàle a ue
368 separandolo dal
resto della città, hanno ormai perso la grande
importanza difensiva avuta fino a pochi decenni prima, e che è in atto una graduale
agg essio e àdell a itatoài à o ti uaàespa sio e.àI àeffettiàleà u aàdelàCassa o,àaà ausaàdià
un degrado funzionale sempre più marcato, diventano presto oggetto di interventi edilizi e
di attività edificatorie, soprattutto private, che ne vedono un progressivo inglobamento nel
tessutoàa itati o.àEdà àp esu i ileà heàl i izioàdiàtaleàp o essoàsiaàst etta e teà o elatoà
alla crescita della città ed in particolar modo alla realizzazione, tra la seconda metà del X e
laàse o daà et àdelàXIIàse olo,àdellaàse o daà e hiaàdià u a
L alt aàPale
369.
o,à aleàaàdi eà uellaàalàdiàfuo iàdellaà itt à e hia,à ài fattiàdes ittaàdaà
Falcando come potentemente fortificata e circondata da mura che la racchiudono
completamente. átà e oà de te aà pa sà i itatis,à aà
o aste ioà “a tià Ioha
isà p opeà
palatium in Kemonia constructi habens initium, muris usque ad mare circumductis
includitur
370.
Durante il periodo di dominazione normanna la contrada in Kemonia, da cui
le mura hanno inizio, doveva essere stata oggetto di interventi edilizi progressivamente
sempre più pesanti proprio in relazione alla sua vicinanza alla Galka e al Palazzo regio.
Falcando scrive che il Gaito Pietro, comandante degli eunuchi di palazzo e figura di
p i issi oàpia oàdellaà o teàdiàGugliel o,à o u àpalatiu à uodài àeaàpa teà i itatis,à uaeà
367
LA DUCA, Il Palazzo dei Normanni cit., p. 122.
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 136.
369
M. VESCO, Fenomeni insediativi sulle mura del Cassaro: un caso di studio, in Le ittà edie ali dell Italia
Me idio ale e I sula e, “to ia dell u a isti a/“i ilia IV. Atti del o eg o di Pale o, a cura di A.
CASAMENTO, E. GUIDONI, Roma 2002, p. 231.
370
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138.
368
82
o atu à Ke o ia,à upe à o st u e at
371.à
Pa sà aute à si ist aà a à ipsiusà ite à palatiià
confinio ad castellum se Maris extendens, ibidem finem sortitur, ingenti nichilominus
u o u à allataà i uitu
372.à
Vià à du
ueà u aà pa teà delà o goà ittadi oà
uodà i te à
edia à i itate àetàpo tu àe te ditu ,àu iàdueà eli ueàpa tesàu isà o e iu t
373,
dove
sorge il vicus Amalfitanorum, luogo in cui da lungo tempo si è ormai insediata la ricca e
prosperosa comunità dei mercanti provenienti dalla città di Amalfi, e per questo
pe eg i a u à uide à e iu à opiaà lo uplete
374.
Centro nevralgico del commercio
palermitano, il vicus Amalfitanorum è il segmento cittadino che collega la Cala al Cassaro e
dunque il palazzo dei re al mare.
Ulteriori notizie sulla suddivisione quartierale della Palermo di fine XII secolo, sono
fornite ancora dalla Tavola IV del Liber ad honorem Augusti di Pietro da Eboli, già proposta
in precedenza375. Il quartiere segnalato dal miniaturista come Scerarchadium - dicitura che
p o ie eàdall a a oà Shari´al-qadila, strada del qadì), noto nei diplomi latini anche come
Seralcadi o Serarcadi oppure anche Transpapyretum - corrisponde alla zona descritta da
Falcando in cui sorge il vicus Amalfitanorum. Dall i
agi eà delà Carmen è inoltre
hia a e teàe ide zia ileà o eàl et iaàp e ale teàall i te oàdelàScerarchadium sia quella
musulmana, in relazione al fatto che tutti gli individui riprodotti presentano i tipici caratteri
iconografici del gruppo islamico, come il turbante e la folta barba. Del resto è lo stesso
Falcando a dirci che, in seguito alla perturbatio civitatis
376
esplosa nel 1161 durante la
congiura contro Guglielmo I, i sarraceni, minacciati dai cristiani e provvisoriamente senza
laà p otezio eàdelà so a o,à eli tisàdo i us,à uasà i à i itateà ediaà posside a t,à i à ea à
partem, quae trans Papyretum est, secesse u t
ia u à ost isàtutiusà esiste a t
377,à do
eà illià adà i t oitusà età a gustiasà
378.
Altro quartiere è il Cassarum, già ampliamente descritto in precedenza, in cui risiede
o
371
aiàu aàpopolazio eà uasiàes lusi a e teà istia a,àp op ioàaà ausaàdell esodoàdiàquella
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 99.
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138.
373
Ibidem.
374
Ibidem.
375
Vedi questa tesi, p. 67.
376
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 57.
377
Ibidem.
378
Ibidem.
372
83
musulmana verso il Scerarchadium.à Laà lege daà Alza à i fi eà à se pli e e teà u aà
corruzione della parola Kalsa da parte del miniaturista. Con essa è indicata la corrispettiva
contrada, che nel corso del XII secolo si è progressivamente trasformata in un semplice
ua tie eà do
ito io,à eside zaà dià u aà o u it à dià g e ià ollegataà alà po toà heà
possiede nemmeno il titolo di civis, ma solamente quello di habitator Chalcie
o à
379. Da ultimo
compare il quartiere che presenta la dicitura Deisin. Esso prende il nome dalla sorgente di
Denisinni - dall a a oàʻA
A ī “aʻīd (la fonte di A ū “aʻīd)380 - e si colloca a sud-ovest del
Cassa oàeàdellaàse o daà i taà u a iaàdiàPale
o,à o àlo ta oàdalàGe oa do.àQuest ulti oà
è indicato a sua volta nella Tavola del mi iatu istaà o à laà o e latu aà Viridarium
Genoard :à àilàg a deàāgdal,àpa oàe t au a oà e i tatoàeàdotatoàdià as heàpe àl a u uloà
dell a ua,àutilizzatoà o eà ise aàdià a iaàeàsedeàdeiàfa osiàsolatia da parte dei sovrani
normanni. Il parco sorge a sud-està delà Palazzoà ‘ealeà ellaà
p edi a da àpla itie
381,
eata à u tis ueà se ulisà
territorio di delizie e incanti, dominato da un paesaggio florido
ueài te àu isà e iaà o tes ueà uatuo àfe eà ili usàpatet
382
e in cui cresce ogni tipo
di albero e diàf utto.àPe à uestaà agio eàsa à eiàse oliàsu essi ià i o datoà o àl appellati oà
dià Co aà d O o383. Dall a a oà Ǧennat-al-ard,à o e oà pa adisoà te est e ,à ilà Viridarium
Genoard,à gi à ell o o asti a,à ost aà dià a e eà u altaà ale zaà sa ale,à poi h à i hiama
li
agi eàede i aàdelàpa adisoàp o essoàalà uo àfedeleàdalàp ofetaàMao ettoà elleà“u eà
Co a i he,à o eà dià u oà spazioà
e a igliosoà all o
aà dià igogliosià al e ià daà f uttoà eà
circondato da fresche acque scroscianti384. E, in effetti, la terra in cui il Genoard si trova e
ueà ui uidà us ua à està deli ia u à solaà p ete dit
385,
doveva sembrare davvero un
pa adiso,à p ese ta dosià aglià o hià dell osse ato eà o eà u aà g a deà distesaà dià e deà
lussu eggia teà se pe à i e tiu àa o u
386,
bagnata da canali e specchi d a uaàsuà uià
si ergevano i ricchi solatia reali, e le cui distese erano dimora di animali preziosi come daini
379
SCARLATA, Caratterizzazione dei quartieri e rapporti di vicinato a Palermo fra XIII e XV secolo cit., p.692.
Vedi IBN HAWQAL, Descrizione di Palermo e della Sicilia cit., p. 120.
381
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138.
382
Ibidem.
383
Pe àu atte taàa alisià ediàG.àBá‘BE‘á,àCo a d O o, Palermo 2012.
384
A tal proposito una selezione di passi del Corano è presentata in Maredolce. Studiare il territorio di
Maredolce/Brancaccio e valorizzarlo come Distretto culturale e turistico, Palermo 2014, pp. 42-46.
385
UGO FALCANDO, Epistola cit., p. 138.
386
Ibidem.
380
84
e cervi destinati alla caccia del signore, e di fiere esotiche come il caracal (ben visibile nella
miniatura), un felino o igi a ioàdell áf i a, già ampiamente usato presso le corti orientali
nella cacciagione dei volatili387.
Entro il grande Viridarium Genoard dai confini non definiti, sorgono i solatia della
Favara, della Zisa e della Cuba, tra i monumenti più belli eretti in Sicilia durante la
dominazione normanna nella seconda metà del XII secolo. Le più importanti notizie
sull edifi azio eà dellaà Fa a aà - primo dei loca solaciorum normanni - sono fornite da
Romualdo Guarna, arcivescovo di Salerno, che nel suo Chronicon ne descrive attentamente
i passaggi. La costruzione del solarium del Castello di Maredolce avviene su commissione
dià ‘ugge oà IIà i à lo oà uià Fa a aà di itu
388
dall a a oà fa
ā a,à o e oà so ge teà heà
sgo gaàgo goglia do ,àaffi h à o àglià a asse oà a ua u àetàte aeàdeli iaeàtempore
ullo
389:à
àl i te e toàdellaàCo o aàsull a
ie teàpiùàg a diosoàdell epo a 390. Attraverso
i po ta tià la o ià dià s a oà g azieà aià ualià te aà ultaà fossaà pa ite à età effossa
391,
e la
sapie teà odifi azio eàdelàpaesaggioàid i oàatt a e soàl usoàdeià a āt e degli invasi, viene
eatoà daglià i geg e ià delà ‘eg oà u à a pioà a i oà d a uaà eià p essià delà palatium.
Alimentato da due sorgenti in prossimità del Monte Grifone, il bacino funziona come un
grande vivarium,à i à uià e go oà fattià p olife a eà pis esà di e sorum generum de variis
egio i usàa du tos
392.àáàtesti
o ia eàl este sio eàdelàlagoàa tifi ialeà olutoàdaà‘ugge oà
II, è Beniamino di Tudela, pellegrino e geografo ebreo proveniente dalla Navarra iberica.
Dopo aver visitato Palermo nel 1170, sotto il regno di un giovanissimo Guglielmo II,
Beniamino riferisce nel suo Massā‛ōt (Viaggi) di aver visto navigare sulle sue acque
ricoperte d o o e d a ge to
393.
Ilàpalazzoà pul h u àsatisàetàspe iosu
394
a he
che si affaccia
sulle acque del lago e che Romualdo descriveà à ilà isultatoà dià u i po e teà ope aà dià
387
Sulla fauna, esotica e non, che popola i parchi e le riserve dei Sovrani normanni vedi G. BARBERA,
Maredolce-La Favara: il luogo, la i iltà a a a e o a a. L e oluzio e del paesaggio ella Co a d O o, in
Maredolce-La Favara. Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, XXVI edizione, a cura di G. BARBERA,
P. BOSCHIERO, L. LATINI, Treviso 2015, pp. 67-85.
388
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 232.
389
Ibidem.
390
BARBERA, Maredolce-La Favara: il luogo, la civiltà araba e normanna cit., p. 69.
391
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 232.
392
Ibidem.
393
BENIAMINO DA TUDELA, Libro di viaggi, a cura di L. MINERVINI, Palermo 1989, p. 95.
394
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 232.
85
ricostruzione di un edificio arabo preesistente, ampliato e riadattato in modo tale da poter
fu ge eàdaàapp op iataàdi o aà eale.àI to oàalàpalazzoàeàalloàspe hioàd a uaàso geàpoià
u à pa u àdeli iosu àsatisàetàamenum diversis arboribus insitum et plantatum
395,
dove
uotaàilàg ossoàpes eà ell o daà hia aàeàgliàu elliàt aà ue àgia di ià odula oàilà a to
396.
Il parco, assai esteso, è delimitato e chiuso da una cinta muraria, e quindi popolato da daini,
cervi e cinghiali, così da poter essere usato come riserva di caccia privata dai reali normanni.
Per tutte queste sue caratteristiche il solacium della Favara diventa una delle dimore
favorite dal sovrano che infatti lo visita con assiduità non solo per la bellezza del luogo, ma
anche in ragione della sua vicinanza alla curia,àta toà i àh e eàetà uad agesi aliàte po eà
p oà opiaà pis iu
397,à
ua toà i à estateà e o apud parcum estivi caloris temperabat
incendium, et animum diversis curis et sollicitudinibus fatigatum, venationis usu mediocri
ua
odoà ele a at
398.
La bellezza del palazzo arabo-normanno, immerso nel verde
lussu eggia teà eà affa iatoà all a ua,à o à ià suoi affreschi e i suoi pavimenti di marmo
decorati con ori e argenti, già cantata da Abd ar Rahman399, doveva essere tale che lo stesso
i pe ato eàE i oàVI,àgiu toà eiàp essiàdellaà apitale,à eà i a eà osìà olpitoà heà
laudatàopus
o ileà
400.
Il palazzo - o castello - diàMa edol eà o à àse pli e e teàu aà di o a àdelàso a o.à
In primo luogo, come tutti i solatia del resto, Maredolce riveste un compito fondamentale
dalàpu toàdià istaàsi
oli o,à heà o sisteà ell esaltazio eàdell i
agi eà egiaàdiàf o teàaglià
a ita tiàdelà eg oàeài àpa ti ola à odoàdellaà apitale.à La monarchie sicilienne a trouvé en
effet dans l'aménagement du sol de la Conque d'Or les éléments d'un ordre symbolique et
id ologi ue
401;àilà
heà ie t aàaàpie oàtitoloà ell i sie eàdià ueiàdispositi i che Ruggero II e
i suoi successori mettono in campo per affermare la regalità acquisita dalla casata degli
Altavilla. In secondo luogo il sito del Palazzo di Maredolce assume un ruolo di controllo
395
Ibidem.
ABD AR RAHMAN, ʻI ād ʻad dī , Ḫarîdat ´al qạr cit., p. 497.
397
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 233.
398
Ibidem.
399
Abd Ar Rahman al Itrabahnishi è un poeta e dotto arabo-siciliano nato a Trapani nel XII. Giunto alla corte
dià ‘ugge oà II,à á dà á à ‘ah a à i esteà a i heà a heà i po ta tià all i te oà delà diwan normanno, tanto da
esse eàsop a o i atoà ilà“eg eta io .
400
PIETRO DA EBOLI cit., p. 161.
401
H. BRESC, Les jardins royaux de Palerme, in Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps
modernes, 106/1, Roma 1994, p. 248.
396
86
strategico assolutamente fondamentale in relazione alla sua ubicazione entro la piana
pale
ita a,àpostoà o
àalà e t oàdiàu à italeà odoà ia ioàeà o
o tiàallaàpia u a,àlaà apitaleàalleà a pag eàeàdu
e iale,à heà ollegaàià
ueàl e t ote aàalà a e.à
L alt etta toà i o atoàsolacium della Zisa - dall a a oàAl-azīz-dar loàsple dido,àilà
glo ioso à - è invece edificato qualche anno più tardi per volere di Guglielmo I, figlio di
‘ugge oà II.à E ,à se o doà Falcando, un arrogante tentativo di superare in bellezza e
magnificenza la Favara e le altre opere paterne. Cominciato intorno al 1164, il cantiere della
Zisa procede molto velocemente. La maxima pars dell edifi ioà à o piutaài àpo hiàa
i,à
grazie anche a un notevole sforzo economico da parte della casa reale, che Falcando - molto
critico nei confronti del successore di Ruggero II - o àpe deàl o asio eàdiàsottoli ea eà o à
non poca malizia. Nella descrizione di Romualdo Salernitano, il Palatium della Zisa (che
‘o ualdoà t as i eà e o ea e teà o eà Lisam à ie eà p ese tatoà o eà u à edifi ioà
altu àsatisàetà i oàa tifi ioàla o atu
402,
collocato entro i confini del Genoard, nei pressi
di Palermo. Il modello di riferimento architettonico della Zisa è quello del palazzo di
Ma edol e,àdu
ueàse p eà ell osse a zaàdell ese pioàstilisti oàeàst uttu aleàfati ide.àIlà
volume compatto e squadrato che ne forma il corpo centrale alto tre piani, di chiara
ascendenza islamica, contrasta con la varietà con cui gli ambienti interni sono organizzati,
con lo sfarzo delle decorazioni e infine con la raffinata ricchezza naturale che caratterizza
glià spazià este i,à do eà à i hia ataà uo a e teà l i
pa adiso à isla i o.à Ilà i ạ̄, percorso infatti da
pis a iis
403,à
agi eà si
oli aà delà gia di oà
diversis aquarum conductibus et
à i o datoàdaà pul h isà po ife isà età a oe isà i ida iis
404,
vero e proprio
pa adisoà te est eà heà sià ap eà aglià sgua di se o doà l is izio eà i à a a oà naskhi che
a peggiaà sullaà pa ete,à all i g essoà dellaà salaà e t ale.à E à uestaà u aà sala imponente,
rivolta ad oriente, che funziona da vestibolo del palazzo e che si affaccia su uno specchio
d a ua,à el centro del quale si staglia un padiglione di delizie, utilizzato dal sovrano e dai
suoi cortigiani per rinfrescarsi e ripararsi dalla calura estiva. Dal padiglione, formato da due
piccoli ambienti e collegato al palazzo tramite un ponte di pietra, si può accedere
di etta e teàall a uaàdellaàpes hie a.àQuasiàulti ataàlaà ost uzio eàdellaà)isa,à a te ua à
402
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 252.
Ibidem.
404
Ibidem.
403
87
supremam operi manum imponeret
405,
Guglielmo I muore improvvisamente nel 1166,
lasciando al figlio il completamento del palazzo con le sue delizie.
Intorno al 1180 infine, Guglielmo II promuove la costruzione della Cuba, il proprio
personale solacium e ultimo dei grandi loca delectabilia normanni. Il palazzo della Cuba è
adibito a luogo per feste e banchetti, o anche - grazie alla grande vicinanza alla Galka e al
Palazzo Reale - a temporaneo soggiorno di riposo per il sovrano in fuga dal torrido caldo
esti oà pale
ita o.à L i te toà delà
eà
à
heà l edifi ioà
i hia ià ideal e teà eà
architettonicamente i modelli precedenti. La Cuba di Guglielmo II si rifà dunque alle
dimensioni colossali della Favara di Ruggero II e, come il Castello di Maredolce e la Zisa,
riprende gli schemi costruttivi e di organizzazione degli spazi tipici del mondo islamico: un
padiglione di delizie circondato da ampie acque destinate alla navigazione e alla pesca, che
siàe geàsuàdiàu isolaàdià i aàotta taà et i,àall i te oàdelà igogliosoàpa oàGe oa d.à
In conclusione si può affermare che le pagine dello pseudo-Falcando, soprattutto
nell Epistola,à estituis a oàu i
agi eàdiàPale
oà o eàdiàu aà itt à ag ifi a,à i a te;à
o e iaà dià ultu e,à do eà l O ie teà a a oà eà iza ti oà sià es olaà all O ide teà lati o.à E à
questo intreccio che dà vita allo straordinario esperimento architettonico ed urbanistico unico nel suo genere – rappresentato da Palermo con i suoi monumenti. Non si può dire
i e eà heàl auto eàspe daàloàstessoàe tusias oà ua doàdeli eaàilàp ofiloàdellaàpopolazio eà
pale
ita aà eà piùà i à ge e aleà si ilia a.à L i
agi eàdellaà u i e saà i itas
406,
così come
emerge dai suoi scritti - i àpa ti ola eà ell Historia - è infatti impietosa: i Palermitani sono
a i osi,à
al agià eà fa ilià aià a
p o a ue
fidei
408,
ia e tià d a i oà eà d u o e,à ge sà i fida,à
407. I Palermitani, come del resto i “i
ilia iàtutti,à
o ilis,à
ale u tàte po iàse i e,à ua à
pronti a cambiare schieramento nel caso la fortuna muti il suo percorso e volti
o e ta ea e teàlo oàleàspalle;à aest ià ellaà o uzio eàeà elàt adi e to,à dissi ula doà
celant propositum, et quos oderunt blandis adulationibus demulcent, ut improvisi laedant
at o ius
405
409,
al chiaro fine di trarre il massimo profitto per se stessi. Il giudizio, severissimo,
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 87.
Ibidem, p. 158.
407
Ibidem, p. 30.
408
Ibidem, p. 72.
409
Ibidem, p. 30.
406
88
non risparmia alcuno: dai nobiles - normanni e transalpini -, agli alti funzionari e ai
potentissimi eunuchi impegnati senza sosta ad annientarsi a vicenda tra attentati e
delazioni dietro le quinte della curia, dal popolo della capitale - massa informe e capricciosa
- fino a re Guglielmo, rex inutilis
e iste et
410.
u àpat iaeàsolu àpotestatis,à o àetia à i tutisàhaeres
Falcando sembra ritenere che tutti i gruppi della società palermitana si
muovano entro queste dinamiche e che siano radicalmente dominati da questo carattere,
uasià heàfosseàu àt attoàge eti o.àL auto eàloà i a aàpiùà olteà o àu à e to disprezzo,
sottolineando come esso finisca per scandire e regolare la vita politica della città.
Nell incipit dell ope aàa e teà heàlaà lo iàipsiusài hu a itas
411
àta toàg a de,à uaeàsuià
ipsius atrocitate satis abundeque sufficeret vel omnimo fidem excludere, vel suspectam
reddere veritatem: nisi certe in Sicilia mihil miraculi esset, ea monstra scelerum perpetrari,
quae potius Tragoedorum sint deflenda boatibus, quam historicae veritate ordine
o te e da
410
Ibidem, p. 7.
Ibidem, p. 3.
412
Ibidem.
411
412.
89
Capitolo III.
Pale
o u s feli , populo dotata trilingui .
III.1. La felicissima città trinlingue.
U sà feli ,à populoà dotata t ili gui
413.
Sono questi i tratti essenziali con i quali
Pietro da Eboli presenta nel suo Carmen la capitale del regno normanno di Sicilia
all i pe ato eàE i oàVI,à uiàl ope aàstessaà àdedi ata, sicché è lecito pensare che per Ibn
Giubayr o per lo pseudo-Falcando non dovesse essere per niente bizzarro, percorrendone
le strade lastricate tra i rumori provenienti dalle abitazioni e la questua dei mendicanti,
as olta eàilàlati o,àilàg e oàoàl a a o.
Come più volte sottolineato nelle pagine precedenti, la città di Palermo sotto il
dominio normanno si presenta infatti come un centro di primo piano, dinamico,
multietnico e multiculturale. Grazie alla propria posizione privilegiata di porta di passaggio
tra i due Mediterranei, quello occidentale e quello orientale, la Sicilia e soprattutto Palermo
i esto oàl i po ta teà uoloàdiàli eaàdià o fi eàt aàLe a teàe Ponente, ma anche di crocevia
e t ait d u io tra le tre principali civiltà che sul Mediterraneo si affacciano, si mescolano,
si danno battaglia e si sovrappongono. Palermo, sede della Curia regis, diventa così, almeno
i izial e te,àl habitat idealeài à uiàleàt eàg a dià ultu eà edite a eeàt o a oà fa o e olià
o dizio iàalàlo oàs iluppo
414.
Nella capitale si crea un complesso quanto vivace mélange
et i oàeà ultu ale,àdo eàall ide tit àg e a,àaà uellaàdellaàfio e teà o u it àgiudai aàsi ilia aà
e soprattutto a quella preponderante di religione islamica, si aggiunge la cultura latina, a
sua volta poliedrica e altrettanto ricca di sfumature in relazione alle differenti provenienze
di coloro che giungono da tutta Europa al seguito dei conquistatori normanni. Tale
esperimento politico, sociale e culturale, che trova nella Sicilia normanna il suo banco di
prova principale e che tuttavia sarà destinato a fallire proprio a causa delle insanabili
413
PIETRO DA EBOLI cit., p. 15.
A. DE STEFANO, La cultura in Sicilia nel periodo normanno, in VIII Centenario della morte di Ruggero II, Atti
del Convegno Internazionale di studi ruggeriani, Palermo 1955, p. 128.
414
90
diversità, riesce, comunque sia, a dare origine a una civiltà straordinaria, considerata da
oltià laàpiùà affi ataàeàlaàpiùà ultaàdiàtuttaàl Eu opaà istia a
415.
Questa realtà del tutto particolare è il risultato di un complicato processo politico,
pe seguitoà dallaà o a hiaà o
a
aà o à l o ietti oà dià a e t a eà la propria autorità,
assestando e consolidando il proprio controllo nei confronti dei poteri e della società
si ilia aà p eesiste ti.à “ià t attaà dellaà osiddettaà reductio ad unum à dià sta poà o ie tale.à
Traumatico per certi versi e non privo di episodi di efferata violenza, questo processo non
riesce tuttavia a realizzarsi pienamente416 per due ragioni sostanziali: in primo luogo gli
Altavilla, pur vincitori e veri padroni della scena del Mezzogiorno, contano un numero
ridotto di effettivi propriamente normanni al loro seguito, insufficienti a garantire il
controllo diretto del territorio conquistato; in secondo luogo, e soprattutto, non è stata
ancora affermata in maniera definitiva la loro autorità sugli altri clan di origine norrena
collocati sul continente.
Dunque gli Altavilla sono costretti per necessità a legarsi a città, famiglie e membri
importanti appartenenti soprattutto alla comunità etno-religiosa islamica, assolutamente
p edo i a teàsull isolaàalàlo oàa i o.ààIàdueàf atelli,à‘o e toàeà‘ugge o,àu aàvolta entrati in
suolo siciliano, si trovano infatti a dover fare i conti con una società già fortemente
strutturata. E se questa condizione da un lato si presenta - almeno in termini potenziali o eàu aàsolidaà aseàdiàpote e,àdall alt oà isultaàp ofo damente diversa rispetto a quanto
essi hanno sperimentato in Francia e in Italia meridionale, al servizio dei Longobardi.
Circostanze così particolari suggeriscono dunque agli Altavilla di evitare forzature pesanti la conversione coatta o la totale estromissione dei ceti islamici dalla direzione del nuovo
regno -,à i ola doliàpiuttostoàadàattua eàu a o taàpoliti aàdiàe uili ioàt aàlaàtolle a zaà
dià uesteà sig ifi ati eà diffe e zeà ultu alià eà eligioseà eà l i posizio eà i t a sige teà dellaà
sottomissione a tutta la popolazione musulmana. I dominatori normanni, nella fase di
assestamento della conquista, si rendono infatti conto di non poter fare a meno
dell appoggioà delleà élites islamiche, le sole dotate - insieme a parte di quella greca - di
415
Ibidem.
“ulà p o essoà itatoà dellaà edu tio à adà u u à eà laà diffi ileà sop a i e zaà delleà i o a zeà et i heà eà
religiose vedi C. DALLI, Contriving Coexistence: Muslims and Christians in the Unmaking of Norman Sicily, in
Routines of Existence: Time, Life and After Life in Society and Religion, a cura di E. BRAMBILLA, Pisa 2009, pp.
30-43.
416
91
adeguate competenze tecniche, burocratiche ed amministrative, necessarie alla direzione
del neonato regnum. Tale connubio può tuttavia avvenire solo sub condicione dell esiste zaà
eà ui diàdell osse a zaàdiàu à i olo, che prevede la fedeltà assoluta della popolazione
musulmana ai sovrani normanni417 e la cui contropartita consiste nel fatto che la sicurezza
e la stessa sopravvivenza di questa comunità risultano indissolubilmente legate al potere
regio degli Altavilla e da esso garantite.
Dunque il processo di creazione della monarchia siciliana non può prescindere dalla
problematicità che le circostanze gli impongono: da un lato è necessariamente teso a
omologare e aàappia a eàleàdiffe e zeài te eài àu otti aàdiàagg egazio eàdiàtutteàleàpa tià
intorno al potere e t ale,à dall alt oà - p op ioà pe à laà pa ti ola eà o dizio eà dell isolaà richiede tempi di realizzazione non brevi e di fatto costringe la corona a mantenere e, più
a o a,àaàp otegge eàleàta teàdiffe e zeà ultu aliàeà eligioseàp ese tiàsull isola,àalloàscopo di
fa eàlaàp op iaà aseàd appoggio.à
III.2. La Gens Agarena, da dominatori a vinti.
Dataàl esiguit àdelleàfo ti,àgliàsto i iàsiàt o a oà ell i possi ilit àdiài di a eàu àdatoà
quantitativo preciso circa la densità demografica di Palermo al momento della conquista.
Essa doveva comunque essere piuttosto alta e - salvo minoranze di identità greca ed
ebraica - quasi esclusivamente musulmana. Se poi si presta fede alla descrizione di
opule zaàeàp ospe it àdellaà itt à edattaàdaàI
àHa
al,àeàalàfattoà h egliàa i iàaà egist a eà
li
edi ileà u e oà dià sette ilaà pe so eà iu iteà ellaà moschea ǧā iʻ418, allora si può
i
agi a eà heà laà o e t azio eà dià popolazio eà ell a eaà u a aà dià Pale
oà do esseà
apparire veramente elevata.
Il momento di massimo incremento demografico coincide in realtà con il controllo
Fatimide, a partire dal 937. Nelle ulti eà fasià dellaà o
uistaà dell isola,à ilà go e oà
musulmano procede infatti in maniera sistematica alla deportazione di notevoli quantitativi
417
H. ENZENSBERGER, Tecniche di governo di un paese multietnico, in Byzantino-Sicula V: Giorgio di Antiochia.
L a te della politi a i “i ilia el XII se olo t a Bisa zio e l Isla . Atti del Co eg o I te azio ale Pale o 20 Aprile 2007), a cura di M. RE, C. ROGNONI, Palermo 2009, p. 6.
418
Vedi questa tesi, p. 14.
92
di popolazione dalle città espugnate verso la capitale, aumentandone considerevolmente
la densità demografica419. A testimonianza di ciò il cronista Al Nuwayrīà a o taà he,à elà
o soàdell assedioàdià‘a ettaàdelà
fame; e al-Hasa ài
àá
, piùàdià illeàpe so eàus i o oàdallaà itt àspi teàdallaà
a- àliài iòàallaà apitale
420.
Tuttavia gi à ell XIàse oloàsià egist aà
una tendenza opposta, caratterizzata da un sensibile calo di popolazione. A questo
proposito Amato di Montecassino riporta nella sua Storia heà laà it àestàassoutilli ,àetà eu à
deà laà it à so tà o
eà leà o sà sa sà l a
e
421.
Parte della popolazione, con molta
probabilità, si è dunque unita ai circa cinquantamila Sicilienses422 heà all a i oà deià
No
a
iàs elgo oàdiàa
a do a eàl isolaàpe à ipa a eà elleàte eàappa te e tiàalàdar al-
islām di al-Andalus e del Maghreb. Del resto, quando i Normanni mettono piede in terra
si ilia a,àl isolaàeàiàsuoiàa ita tiàgi à e sa oài àu oàstatoàdià isiàp ofo da.à“ o oltaàdaàu à
clima di pesante discordia, la Sicilia è preda di una guerra civile generalizzata che vede
confliggere dinastie, signori, entità cittadine e tribù. Lo scontro interno è reso ancora più
a utoàdalleà i alit àet i heàt aàá a i,àBe e iàeà alt iàa ti hiàa itato i
423.
Si tratta insomma
di una vera e propria cancrena che porta la gens Agarena a essere sempre più debole.
L a i oàdeiàNo
a
ià o à app ese taàdu que altro, se non il colpo di grazia sferrato a un
organismo moribondo. Gli effetti sotto il profilo demografico sono importanti. Conseguenti
agli sconvolgimenti di quegli anni424,àleà ig azio iàdallaà“i iliaà e soàl áf i aàsiàsusseguo oà
numerose e vedono spessoàpa ti eàl intellighènzia del paese. Da ultimo, a peggiorare una
situazione già estremamente critica, è il pesante e lungo assedio che Palermo subisce ad
opera delle milizie di Roberto e Ruggero: cinque lunghi mesi di accerchiamento finiscono
per assottigliare ulteriormente il numero degli abitanti e aumentarne la debolezza, fiaccati
come sono dalla guerra, dalla fame e dalle pestilenze. A darcene notizia è ancora Amato di
Montecassino nella sua Storia.
F. CRESTI, Città, Territorio, Popolazione nella Sicilia Musulmana. Un te tati o di lettu a di u e edità
controversa,ài à Medite a ea.à‘i e heàsto i he ,àIVà
,àp.à .
420
AL NUWAYRĪ, Niha at al a i cit., p. 546.
421
AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 247.
422
Termine utilizzato da Goffredo Malaterra per indicare i musulmani di Sicilia.
423
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 58.
424
Ibidem, p. 83.
419
93
Et cellui temps meismes estoit une grant famine entre cil de la cité; quar dedens lor
failloient les coses de vivre, et ne les trovoient à achater. Et autresi, pour li mort non
souterrez, estoit grant pestilence et mortalité ; dont molt en estoient ferut, et molt
enfermé, et molt afloboïez pour fain425.
Al momento della presa di Palermo da parte degli Altavilla, la città è retta da un
si ed ioàdià aggio e ti,à heà á atoà a o taà esse eà o postoàdaà ge tilho
Ca te
426.
e eà duià
Poco ci è dato sapere della condizione dei burgenses palermitani del periodo
musulmano, dal momento che le fonti di tale epoca tacciono. Chi siano dunque questi
notabili che, dopo una decisione presa in assemblea, decidono di consegnare Palermo
all i aso e,à o à à fa ileà daà sta ili e.à Ilà g uppoà deià primores427 da cui questi cittadini
autorevoli provengono, è composto probabilmente da membri dello jund428,à l o di eà
militare ereditario di pertinenza delle famiglie di più antica origine, direttamente
discendenti dalla nobiltà di stirpe araba; da individui appartenenti al clero di fede islamica;
e infine dai più ricchi mercanti musulmani di Palermo, una vera e propria aristocrazia
e a tile,àlaà uiàp ese zaà à oti ataàdalàfattoà heà theàá a i à i ilizatio à asàesse tiall à
u a ,àa dàit sà ate ialà asisà asàtheà igo ousà o
sottoà ilà do i ioà usul a oà Pale
oà à ilà e t oà a
e ialàa ti it
429.
Ma se è vero che
i ist ati oà p i ilegiatoà dell isolaà eà
contemporaneamente è luogo di primaria importanza economica, sociale e religiosa, non
è tuttavia da confondere in alcun modo con una città stato. No àdid the cities of Islam ever
develop self-governing institutions or combine in defence of their interests like the
Lo
a dàLeagueào àtheàHa sa
430.
E à e oàpiuttostoà heàià aggio ià e t iàu a iàsi ilia i,àeà
dunque anche Palermo, godono di consuetudines e privilegi concessi dal potere centrale,
rispetto al quale il ceto dirigente cittadino è uno degli interlocutori privilegiati sul territorio.
Questo trattamento privilegiato nei confronti delle città è ancora presente al tempo dei
sovrani normanni, grazie al fatto che la resa patteggiata da quasi tutti i centri urbani
425
AMATO DI MONTECASSINO cit., p. 276.
Ibidem, p. 280.
427
Te i eà o à uiàGoff edoàMalate aàdefi is eàià aggio e tiàdellaà itt àdiàPale oàall a i oàdeiàNo
428
TRAMONTANA, L isola di Allah cit., p. 47; AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., II, pp. 18-19.
429
J. J. SAUNDERS, A History of Medieval Islam, Oxford 2002, p. 195.
430
Ibidem, p. 196.
426
a
i.
94
comporta il mantenimento della maggior parte delle libertates e delle consuetudines431.
Tale circostanza è in effetti riscontrabile in diversi passi del Liber del Falcando, il quale - per
limitarci a un esempio - registra a un certo punto il seguente fatto: in seguito alla congiura
o ditaà eiàsuoià o f o ti,àGugliel oàI,àpe ài g azia siàilàpie oàfa o eàdelàpopolo,à po ta u à
eis immunitatem concessit, ut omnes cives Panormitani victualia sua, vel empta, vel ex agris
età i eisàsuisà olle ta,àli e eàposse tài fe e,à ihil ueàa àipsisà uisàe ige et
fa
432.
Le gabelle
oàpa teàdià uelleà o suetudi esàetia àsuisài t odu tasàte po i us,à uaeà elàjusta à
li e tate àpopulià i ue e,à elàeosài i uisàp aeg a a e
sovrano -
uodàple iàg atissi u àfuit
434
433.
L ese zio eàfis aleà o essa dal
- non è dunque altro che la riaffermazione dei
tradizionali privilegi degli abitanti della città. E che Palermo continui a godere di statuti
particolari è probabilmente ancora vero durante il regno di Guglielmo II, al tempo della
congiura contro il Perche. Se si presta attenzione a quanto scrive lo pseudo-Falcando, il
Cancellarius viene accusato pubblicamente di voler attentare alla tradizionale libertatem
civium et oppidanorum Siciliae
435
aàfa o eàdell affe
azio eàdelàsiste aàfeudaleàdiffusoà
ell Eu opaào ide tale.àCosìàiàcives Panormi, aizzati dai nemici del Perche, si rivoltano con
l o ietti oàdià i o da eàalàso a oàilà ispettoàdelleàa ti heàconsuetudines.
Nullo se editus aje a t, ullas e a tio es de e e, sed ali uoties do i is suis,
urgente qualibet necessitate, quantum vellent sponte et libera voluntate servire.
Sarracenos autem Grecos eos solum, qui Villani dicantur, solvendis reditibus,
annuisque pensio i us o
o ios .436
Ma per intanto si torni indietro, al momento della conquista. La città è dunque
o seg ataà aà ‘o e toà eà ‘ugge oà dall élite musulmana, che presta giuramento di
sottomissione lege à sua
437;à
ilà heà o sisteà ell u isà deditio e à fa e e,à se in
fa ula doàfidelesàpe siste e,àt i utaàsol e e
438.àI
àa
ioà i hiedeàlaàga a ziaàdellaà g atiaà
F. GABRIELI, Normanni e Arabi,ài à á hi ioà“to i oàPugliese , XI (1958), p. 57.
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 63.
433
Ibidem.
434
Ibidem.
435
Ibidem, p. 144.
436
Ibidem, pp. 144-145.
437
GOFFREDO MALATERRA cit., p. 178.
438
Ibidem.
431
432
95
u à ita
439.à Ilà Du
aà eà ilà Co teà itto iosià a etta oà du
li e te à sus ipiu t
440;à
o eà
ueà laà esaà eà
o t opa titaà l álta illaà
uodà offe e atu à
ullu à p os i ere curat,
observansque fidem promissi, laedere nullum, quamvis gentiles essent, molitur eorum
441.
Tuttavia la condizione degli abitanti musulmani442 di Palermo, sotto il nuovo dominio
normanno, cambia in maniera sostanziale rispetto al passato. La comunità islamica è infatti
i se itaà all i te oà dià u à uad oà giu idi oà si ileà allaà dī
a imposta dai musulmani agli
abitanti di fede non islamica residenti entro il dar al-islām: solo grazie alla protezione
garantita da Roberto prima e da Ruggero dopo, i cives musulmani di Palermo mantengono
la propria condizione di libertà, la propria personalità giuridica, e soprattutto la propria
libertà di culto.
A testimoniare come, nonostante la crisi demografica e le restrizioni imposte dai
vincitori, la comunità islamica sia comunque ancora fortemente attiva e piuttosto prospera
è Ibn Giubayr, che nel suo Rahlat s i eà heàPale
oà àilàsoggio oà[p i ipale]àde à ittadi ià
musulmani, che vi tengono delle moschee, dei mercati loro proprii e molti sobborghi
Aggiunge cheàessiàsià o e t a oài à ua tie iàspe ifi i,à
o à C istia i
444.à L
auto eà o à s i eà ualià sia oà uestià
443.
e à ualiàa ita oà o à[ es olati]à
o ghià lo à p op i à alà te poà dià
Guglielmo II. Ma è noto che in seguito alla rivolta esplosa in città ai danni di Guglielmo I,
nel corso della quale si assiste alla persecuzione della minoranza musulmana per opera
degli abitanti cristiani, i Palermitani di fede islamica, per porsi in salvo, si asserragliano tra
le strette strade del quartiere dei Seralcadi (al-Saqaliba). E àdu
ueàp o a il e teà uestoà
il punto della città in cui la comunità musulmana si concentra maggiormente ancora al
tempo di Guglielmo II, suo immediato successore. In ogni caso Ibn Giubayr, oltre ad
annotare sia pure in modo generico il dato quantitativo - ossia la presenza importante dei
suoi correligionari -, ne descrive insieme il ruolo economico assai vivace, in ordine al fatto
heà i à uestià ua tie ià ià
439
e atià so à te utià daà lo oà edà essià [soli]à ià ese ita oà ilà
GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 162.
Ibidem.
441
Ibidem.
442
D o aài àpoiàutilizze òàse p eàl appa te e zaà eligiosaàpe àide tifi a eà uestaài po ta teà i o a zaàdelà
regnum, dal momento che risulta impossibile definirla in termini etnici, poiché molte sono le gentes che la
compongono: arabi, andalusi, berberi, greci islamizzati.
443
IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à
.
444
Ibidem, p. 161.
440
96
o
e io
445.
Che il dinamismo imprenditoriale ne sia un tratto caratterizzante è già
testimoniato dallo pseudo-Falcando in relazione ai tumulti del 1161, quando molti cittadini
usul a ià so oà
assa atià dallaà
e de disàp aee a t
446,
assaà i à i oltaà
e t eà i à apothe isà suià
e i usà
verosimilmente entro il Forum Sarracenorum447.
Ma il ventaglio delle attività economiche ad essi riferibile non si limita alla
mercatura. A maggioranza musulmana devono infatti essere anche le maestranze dei
costruttori, eredi di una tradizione edile secolare e ben strutturata, alla quale Palermo deve
molto sotto il profilo urbanistico, e il cui fascino - come si è visto - viaggiatori e forestieri
non mancano di annotare fin dal loro primo ingresso in città. Non a caso dunque, ancora
nel 1132, Ruggero II si serve di cost utto iàspe ifi ata e teàsa a e iàdià“i iliaà adàaedifi u à
u itio isàsuae
448.àEài
fi eàso oà fo seà usul a iàa tigia iàdelàgiu o
449
gli abitanti del
quartiere palermitano di Deisin, la cui illustrazione compare nella tavola del Carmen di
Pietro da Eboli450.
Altra traccia importante della presenza e del radicamento della comunità
usul a aà dià Pale
oà igua daà l a
itoà eligioso.à E à a o aà I
i a go oà estigiaàdiàfedeàappoàiàMusul a iàdià uestaà itt
à Giu a à aà s i e eà heà
451,
in relazione al fatto che
vi sono moschee non trasformate in chiese cristiane, tenute in buono stato e funzionanti;
diàesseà laàpiùàpa teàse o oàaàs uolaàa à aest iàdelàCo a o
452
e dai loro minareti ancora
risuona la chiamata alla preghiera del muezzin. Dunque ai musulmani di Palermo è
effettivamente riconosciuta la libertà di culto, in cambio della quale - come già detto - è
previsto il pagamento di una tassa simile alla jizya isla i a,à o h àl o iaàosse a zaàdelà
vincolo di fedeltà nei confronti della famiglia Altavilla, stipulato al momento della resa.
Dall i t e ioà o pli atoà dià oltià fatto ià sià ealizzaà du
ueà uelà o
u ioà t aà ilà
potere centrale e la gens Agarena, che costituisce uno dei tratti principali e più caratteristici
445
Ibidem.
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 56.
447
Vedi questa tesi, p. 76.
448
ALESSANDRO DI TELESE cit., p. 114.
449
R. LICINIO, L a tigia o, in Condizione umana e ruoli sociali nel Mezzogiorno normanno-svevo, Atti delle
none giornate normanno-sveve, Bari, 17-20 ottobre 1989, Bari 1991, p. 174.
450
Vedi questa tesi, p. 67.
451
IBNàǴUBáY‘à it.,àp.à
.
452
Ibidem, p. 161.
446
97
del regno normanno di Sicilia. Per capire la natura di questo legame in maniera più precisa,
è forse utile affiancare alla nostra trattazione la descrizione di un particolare oggetto,
appa te utoàaà‘ugge oàII:àilà a telloà dell i o o azio e
453.
Il mantello è confezionato su
commissione dello stesso Ruggero nel Ti āz454,àl opifi ioà egioà heàsiàt o aàe t oàilàPalazzoà
‘eale,à ellaà apitaleàdellaà“i ilia,àl a
oà
455,
secondo quanto recitano i caratteri cufici
che corrono lungo il lembo del drappo. Il mantello è adornato da straordinarie figure
ricamate in oro, con lo scopo - come spiega magistralmente Cantarella456 - di trasmettere
aà hià l osse aà u à
essaggioà i e ui o a ileà dià do i io.à “ullaà po po aà delà tessutoà à
rappresentata a specchio - du
ueà siaà daà u à latoà delà a telloà heà dall alt oà i à odoà
perfettamente simmetrico - l i
agi eàdiàu àleo eà a pa te,à heà àsulàpu toàdiàsfe a eà
un colpo alla sua preda, un cammello steso a terra. Se a un primo superficiale sguardo può
se
a eàu o di a iaàs e aàdià a iaà heàhaàpe àp otago istiàa i aliàesoti i,ài à ealt il
magnifico ricamo intessuto di perle e oro tratteggia una chiara allegoria del potere che la
corona normanna esercita sulla popolazione musulmana di Sicilia. Il leone infatti, dopo aver
atterrato il cammello, gli si para sopra come per sbranarlo. Ma il felino non uccide il
cammello, lo risparmia. Anzi, pur restando pronto a sferrare il colpo di grazia con gli artigli
sfilati sul capo della preda e lasciandola quindi indifesa e alla propria mercé, il leone tiene
alta la testa e volge avanti il proprio sguardo feroce e minaccioso verso altre eventuali sfide.
No à
àdu
ioà heàilàleo eà a pa teà app ese tiàlaàfa igliaà eale,àeà o àsolta toà o eà
ge e i oà i hia oàall ideaàdiàfo za,àdalà o e toà heàessoà a peggiaà elàsi
oloàa aldi oà
della casata degli Altavilla; né vi è dubbio che la porpora del mantello rimandi per lunga
tradizione al colore che prefigura il potere. Il cammello invece rappresenta
tradizionalmente il mondo musulmano. I musulmani di Sicilia si ritrovano infatti in una
posizione di inerme sottomissione al potere degli Altavilla, e destinati - al pari dei cammelli
del mantello - a rimanere in quella condizione in perpetuum. Infine questo stato di
completa vulnerabilità del mondo islamico in terra siciliana è ribadito in maniera definitiva
da una legge emanata nel 1160, che obbliga i Musulmani di Palermo al completo disarmo
453
Vedi questa tesi, p. 100.
Centro della produzione serica di Palermo, per ulteriori informazioni vedi questa tesi, pp. 71-72.
455
Laàdataà ipo tataàsulà a telloàsegueàlaà u e azio eàa a a,à heàpa teàdall egi aàdelàP ofetaà elà
àd.àC.,àeà
o ispo deàall a oà
àd.àC.àdellaà o ologiaà istia a.
456
G. M. CANTARELLA, La Sicilia e i Normanni. Le fonti del mito, Bologna 1989, pp. 126-154.
454
98
eàaà o
iaàa
aàsuaàCu iaeà edde e
457.
E àdu
ueà uestaàlaà o dizio eà e essa iaàalàfi eà
di ottenere un doppio risultato: innanzitutto ottenere la grazia, sopravvivendo alle fauci del
felino, ossia alla stretta della monarchia normanna; in secondo luogo vedersi garantita una
sorta di protezione, la stessa che una fiera pericolosa come il leone è in grado di elargire
sua sponte a una preda inerme come il cammello.
Come testimonia la simbologia del mantello regale, il mondo musulmano si trova
così legato attraverso un patto di tipo signorile458 alla persona del sovrano, che prevede la
garanzia ai vinti della tuitio, in cambio della totale sottomissione alla dinastia regnante
normanna. Pe à pa teà suaà ilà leo eà d álta illaà ottie eà u aà solidaà aseà dià o se soà suà uià
poggiarsi, costruire il proprio dominio e vigilare, pronto a reagire a fronte di nuove possibili
minacce alla propria autorità regia.
Ma gli Altavilla non si limitano a curare uest aspetto,àesse zial e teà i atoàallaà
salvaguardia della casata; vanno oltre, dando vita piuttosto velocemente al processo di
appropriazione della cultura dei vinti che si realizza a piene mani e a tappe forzate. La
cultura musulmana infatti è funzionaleàall affe
azio eàdellaàdi astia,àpoi h àpo tat i eàdià
strutture mentali e modelli istituzionali provenienti dal Levante e dunque plasmati su un
concetto di autorità regia e autocratica del tutto differente, se non opposto, rispetto a
quello che è andato definendosi in Occidente del primus inter pares. Sono ancora le
decorazioni del mantello a chiarirlo, con la presenza assolutamente centrale della palma459:
arbor vitae e simbolo della prosperità del Regno che gli Altavilla costruiscono proprio sulle
fondamenta della cultura arabo-musulmana di Sicilia. Assorbita e, diremmo, quasi
metabolizzata dai sovrani norreni, essa viene rimodellata sulle inedite e pressanti necessità
della neonata monarchia in bilico tra Ponente e Levante, e fin dai suoi albori tendente a
u auto aziaàdiàsta poào ie tale.à
Sono le vicende di quegli anni a darcene conferma. Se infatti, sotto il Comes
Ruggero, i musulmani sono ancora esclusi dalle cariche centrali di governo essendo loro
preferiti i funzionari di estrazione greca, in seguito allo spostamento della capitale a
Palermo e alla salita al trono di Ruggero II, la situazione cambia significativamente e i
457
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit, p. 57.
Vedi CANTARELLA, La Sicilia e i Normanni cit., p. 138.
459
Ibidem, p. 135.
458
99
musulmani acquistano un rilievo sempre maggiore460. Nella nuova capitale infatti viene a
crearsi un rapporto di vera e propria simbiosi tra gli abitanti di fede islamica e la Curia regis
heài àessaàhaàsede.àCo fida doà ell effi a iaàdelà i oloàdiàfedelt ài postoàaià i ti,àiàso a ià
o
a
iàaffida oàse p eàpiùàspessoàall élite islamica ruoli istituzionali di primissimo piano
in qua toà i dispe sa iliàalleatiàeà elloàstessoàte poàostaggiàdellaà o a hiaà o
i ghiaàdiàt as issio eào
ligataàpe àlaàfis alit àdelà eg o
461.
a
a,àeà
La creazione della Duana de
secretis462 e della Duana Baronum463 heà ostituis o oàiàpilast iàdell a
i ist azio eàfis aleà
del regno normanno di Sicilia, ne è esempio acclarato: costruite sul modello dei dī ā
arabi, esse operano attraverso un apparato di funzionari, un gran numero dei quali
appartiene alla civitas musulmana palermitana.
460
H. TAKAYAMA, The Administration of Roger I, in Bausteine zur deutschen und italienischen Geschichte
Festschrift zum 70 cit., p. 408.
461
L. SCIASCIA, Palermo e il mare, in Itinerari e centri urbani nel Mezzogiorno normanno-svevo. Atti delle
decime giornate normanno-sveve. Bari, 21-14 ottobre 1991, Bari 1993, p. 61.
462
J. JOHNS, Arabic Administration in Norman “i il : The o al dī ā , Oxford 2007, pp. 193-206.
463
Ibidem, pp. 206-207.
100
464
Ilà a telloàdià eà‘ugge oàIIàd álta illa,à eàdià“i ilia,à hia atoàa heà a telloàdell i o o azio e ,àsiàt o aà
esposto presso il Weltliche Schatzkammer del Palazzo di Hofburg, a Vienna.
464
101
Un altro interessante spaccato della Curia regis normanna e dello strettissimo
rapporto che lega il monarca alla minoranza musulmana nella sfera pubblica, come anche
in quella privata, riguarda il regno di Guglielmo II. Siamo nella seconda metà del XII secolo.
Ibn Giubayr riporta nel suo Rahlat - con non poca stupefazione e anche con una punta di
compiacimento - heà ilà so a oà adope aà
oltoà ià Musul a i
465
eà sià fidaà
Musul a iàeà iposaàsuàdiàessià elleàsueàfa e deàeà[pe fi o]à elleà oseàpiùàg a i
oltoà e à
466:
il capo-
cuoco della regia cucina è musulmano, così come musulmane sono le sue concubine. Molta
deve essere dunque la fiducia che il sovrano ripone in questi personaggi, se a loro affida la
cura del cibo e del sesso; momenti in cui, naturalmente abbassata la guardia, il monarca
rischia di trovarsi pericolosamente indifeso. Ancora lo stesso Guglielmo II ricorre agli
eunuchi di origine musulmana, usati in gran numero come paggi (fatāh di palazzo.
Teo i a e teàsiàt attaàdià o e titi,ài à ua toàloà “tatoàliào
ilàG a àCo te,àaà i e e eàilà attesi o
467
liga a,àsi àdaiàte piàdià‘ugge oà
in ragione della loro vicinanza alla corte, ma Ibn
Giubayr confessa che molti di essi praticano ancora la religione islamica, dal momento che
laà piùà pa teà elasià laà fede,à aà sta à fe
ià ellaà leggeà dell Isla
o t a iatoà Fal a doà di hia aà heà l eu u oà
a i oà“a a e us
469.
468;
per parte sua, un
o i eà ta tu à ha itu ueà Ch istia usà e at,à
Per nulla turbato, anzi del tutto consapevole del fatto470 secondo il
Rahlat dell a daluso,à eà i e e saà aà dispettoà dellaà eu u ho u à upiditasà i e pleta
471
denunciata e condannata a più riprese dallo pseudo-Falcando, Guglielmo II affida loro ruoli
tra i più eminenti, tanto cheà iàsuoià isi àeàiàsuoiàḥāĝi (ciambellani) son sempre scelti tra i
dettiàpaggi;à h eglià haàg a à u e o,àeàso àessiàgliài piegatià egliàufiziàpu
li iàeà eiàse igià
IBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à
.
Ibidem, pp. 146-147.
467
P. CORSI, L eu u o, in Condizione umana e ruoli sociali nel Mezzogiorno normanno-svevo cit., Bari 1989, p.
263.
468
IBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à
.
469
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 25.
470
Ci narrò il medesimo Yạ āà heàu aà olta,à e t era scossa la Sicilia da forti tremuoti, questo politeista,
andando attorno tutto spaventato per la sua reggia, non sentiva altro per ogni luogo se non che le voci delle
do eàeàde àpaggià heàpo gea àp e i a Dio e al suo profeta. Al vedere il re, sbigottiron tutti; ma ei li confortò,
di e do:à«Cheàog u àdià oiài o hiàl [Esse e]à h egliàado a,àeài à uià ede» .àI àIBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à
.
471
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 86.
465
466
102
dellaà o te
472.à
Iàg a diàdelloàstatoàeàgliàufizialiàdiàgo e oàso à usul a i
473
conclude il
cronista. Prova ne siano, per esempio, i tre magistri camerarii palatii del Palazzo Reale,
Iohar474, Pietro475 e Riccardo476 che sono appunto eunuchi di origine musulmana. La ragione
è che essi garantiscono fedeltà assoluta alla casata reale e insieme il funzionamento
effi ie teàdellaà
a hi aàdelloà“tato .à
D alt aà pa teà laà p ese zaà
usul a a,à heà ostituis eà u à t attoà disti ti oà dellaà
monarchia normanna e che concerne posizioni vicinissime al monarca financo entro la sfera
della familiaritas regis, è ampiamente testimoniata anche nei governi degli Altavilla che
precedono Guglielmo II. Eunuchi musulmani come il Gaito Martino o il Gaito Pietro477
i esto oài fatti,àgi àsottoàGugliel oàI,àposizio iàdiàaltissi oàp ofiloàpoliti o.àE àloàpseudoFalcando a narrare che, mentre Guglielmo I è impegnato a sedare sul continente la rivolta
dei baroni conseguente alla congiura del 1169, al Gaytus Martinus eunuchus è affidato il
o pitoàdiàsuppli eàte po a ea e teàallaàfu zio eà egiaà adà ustodia à i itatisàa àpalatiià
Pa o
i
478.
Per parte sua il Gaytus Petrus, già potentissimo durante il regno dello stesso
Guglielmo I, alla morte del sovrano è inserito direttamente nella familiaritas curiae della
Madre-‘egge te,à heà su
aà e u à o
e i e tio ià lo oà o stitue s
479.
iu à potestateà o essa,à sup aà o
esà eu à
E prima ancora, sotto il regno di Ruggero II, un altro
eunuco ottiene incarichi straordinari. Si tratta di Filippo di al-Mahdī a480. A darne conto è
Romualdo Salernitano nel suo Chronicon:à ‘e à ‘oge iusà ue da à eu u hu à ha uità
Philippu à o i e,à uiàsuiàp o itateàse i iiàeiàg atusàe atàad odu àetàa eptus
481. Grazie
all affida ilit à ellaà o duzio eà deglià affa ià eà all effi ie zaà elloà s olgi e toà deià o pitià
assegnati, Ruggero il Gran Re lo eleva al rango di stolii sui admiratus, ossia comandante
dell i te aàsuaàflotta,à aàsop attuttoà u i e soàhu àp efe itàpalatio,àetàtotiusàdo usàsueà
IBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à
.
Ibidem, p. 149.
474
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 77.
475
Ibidem, p. 83.
476
Ibidem, p. 109.
477
Pe à u atte taà a alisià dià e t a eà ià pe so aggià i a doà alà gi à itatoà olu eà dià JOHN“,à Arabic
Administration cit., pp. 219-228.
478
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 79.
479
Ibidem, p. 90.
480
Vale il discorso fatto per i due personaggi precedenti, vedi JOHNS, Arabic Administration cit., pp. 215-218.
481
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 234.
472
473
103
statuitàesseà agist u
482.
Né la pratica di integrare i musulmani in posizioni chiave sotto
il profilo amministrativo e burocratico riguarda solo il gruppo degli eunuchi, essendo di
fatto estesa anche a membri del ceto nobiliare: così Abu al-Kasim che il Falcando chiama
Bulcassem,à i te à “a a e osà “i iliaeà o ilissi usà a à p aepote s
483.
Appartenente alla
potente famiglia di origine berbera dei Beni-Ha ūd,àá uàal-Qāsi à à u oàdià ue à o iliàdià
uestaàisolaà heàha
oàe editataàlaàsig o iaàdiàp i oge itoài àp i oge ito
484. Molto vicino
al sovrano, munifico mecenate di sapienti e di poeti quale Ibn Qalaqis, Abu al-Qāsi à à
significativamente indicato come uno dei musulmani più in vista della Curia regis485.
ált oà apitoloà elati oà all i lusio eà deià
usul a ià eglià appa atià delà regnum
igua daà l esercito. Si può ben dire che gli Altavilla facciano largo impiego di effettivi
musulmani, per ragioni assai concrete. I vassalli normanni infatti, pur essendo obbligati dal
vincolo del foedus aà o
atte eàpe àilàso a o,àspessoà pe à agio iàdiài te esse,àstanchezza,
oà diffi olt à fi a zia ie,à sià dilegua a o
486
nel momento del bisogno. I musulmani al
contrario risultano essere, oltreché ottimi combattenti, soldati fedeli alla corona in
relazione al già più volte citato rapporto di sudditanza, al quale si aggiunge il fatto che
spessoàall o
ligoàdelàse izioà ilita eà àlegataàlaà o essio eàdiàte eàde a iali.487 Così se
gi à‘ugge oàilàG a àCo teào ga izzaàilàsuoàese itoà o àu aà
o à i i aà ultitudi e
488,
ilitu àpeditu à“a a e o u à
sotto Ruggero II i mercenari musulmani diventano lo zoccolo
duro delle forze armate regie e tali rimangono ancora durante il regno di Federico II,
ua doà o à o aggioà eàspi itoàdià sa ifi ioà spa gea oà ilà sa gueàpe à assoda eà u à t o o,à
fondato in parte con gli elementi stessi di lor ci ilt
489.
A Palermo in particolare, soldati
saraceni sono addirittura arruolati come milizia personale del sovrano e guardia del Palazzo
‘eale.à“ i eàaà uestoàp opositoàI
482
àGiu a à heàsottoàGugliel oàIIà u oàstuoloàdiàs hia ià
Ibidem, p. 235.
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 119.
484
IBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à
.
485
SCIASCIA, Palermo e il mare cit., p. 61.
486
V. VON FALKENHAUSEN, I gruppi etnici nel regno di Ruggero II e la loro partecipazione al potere, in Società,
pote e e popolo ell età di ‘ugge o II. Atti delle terze giornate normanno-sveve, Bari 1977, p. 153.
487
Ibidem, pp. 153-154.
488
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 215.
489
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 267.
483
104
negri musulmani con un capita oàdiàlo àge teàstessa
490,
erano stati scelti e preposti alla
protezione e alla difesa della persona stessa del monarca.
Dunque il numero dei musulmani che con ampi poteri militano nelle fila dei
cortigiani occupando posizioni di rilievo, se non si può dire altissimo in senso assoluto, è
certo di grande importanza, tanto che entro le mura del palatium essiàda
oà itaàaà uelloà
che noi diremmo «un partito» o una fazione di non indifferente peso nelle interne
o tese
491.
La coesione comunitaria è infatti - anche per i maomettani più in vista di
Palermo - una necessità imprescindibile rispetto alle difficoltà cui i cittadini musulmani
debbono far fronte periodicamente e che in larga misura riguardano la loro differente fede
religiosa. Il fatto è che la posizione dei musulmani in terra cristiana è perennemente in
bilico. Non si può infatti dimenticare o sottovalutare il contesto storico, ossia che questi
sono i secoli delle Crociate, quando cristiani e musulmani sono impegnati a combattersi
sottoàl egidaàdelàdioàpiù vero. I musulmani di Palermo - o eà elà estoàdell isolaà- vivono
dunque una condizione di forte precarietà lungo tutto il ciclo di vita della monarchia
o
a
a,à eà so oà pu à se p eà o side atià o eà ittadi ià dià se o doà a do
492,
la cui
sicurezza e il cui benessere sono unicamente garantiti dal filo sottile che li lega ai sovrani.
A testimoniare quanto tale legame sia essenziale - e come viceversa la sua rottura risulti
fatale - è il caso del già citato Abu al-Qāsi .àNo ileàdiàa ti oàlig aggio,àá uàal-Qāsim tenta
a un certo punto di svincolarsi dal patto di sudditanza sottoscritto con gli Altavilla,
p e de doà o tattiàseg etià o àl e i atoàál ohade.à“ ope taàlaàt a a,àlaàpu izio eà heàglià
ie eà o
i ataà o sisteà ell esp op iazio eàdiàtuttiàiàsuoià e iàe nella privazione del titolo
aristocratico. Abu al-Qāsi àsa àpoiàpe do atoàeà ia
essoà elleàg azieàdelà e, ma - e il
fatto è emblematico - nel diverso statuto di ostaggio, la cui stessa sopravvivenza dipende
interamente ed esclusivamente dal beneplacito del suo signore.
In definitiva si può considerare che la condizione di sicurezza della comunità
musulmana è direttamente proporzionale alla forza che la monarchia normanna è in grado
dià ese ita e.à Ciòà sig ifi aà heà elleà i osta zeà i à uià l auto e olezzaà dellaà figu aà delà
IBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à
.
GABRIELI, Normanni e Arabi cit., p. 58.
492
Ibidem, p. 62.
490
491
105
sovrano si appanna - a causa per esempio della malattia o peggio della morte del re, oppure
in seguito a conflitti interni - laà ittadi a zaàsa a e aàsiàt o aàsgua itaàdell u i aàdifesaà
disponibile, e dunque in forte pericolo. La fulminea caduta e la fine cui va incontro Filippo
di al-Mahdī aà eà fo is eà u à hia oà ese pio.à Ge e aleà dià g a deà alore, Filippo ha
condotto vittoriosamente le operazioni belliche affidategli da Ruggero II contro la città
africana di Bôna. Nonostante ciò, al suo ritorno a Palermo è imprigionato e, accusato di
apostasia, condannato a morte493. La parabola politica di Filippo può essere letta come
paradigma della condizione di congenita instabilità propria al mondo musulmano sotto la
monarchia normanna. Romualdo racconta nella sua Chronica che il sovrano nega la grazia
all eu u oà fideiàfla
aàsu e sus
494,
ma in realtà è molto più probabile che Ruggero II,
indebolito dalla vecchiaia, abbia perso parte della propria presa sulla pars latina della Curia
regis; fazione che risulta via via sempre più egemonizzante e capace di esercitare il proprio
peso nelle decisioni prese della monarchia. Filippo è dunque accusato e condotto al
pati oloà i à ua toà p i ipaleà espo e teà dellaà fazio e à
usul a a.à Leà ipe ussio ià
sull i te aà o u it à sa a e aà o à ta da oà adà a i a e,à eà aliià aute à suaeà i i uitatisà
complices et consortes capitalem subie eàse te tia
495.
Tuttavia il momento più critico per i musulmani di Palermo è il 1161 e coincide con
la congiura dei baroni contro Guglielmo I, allorché, estromesso momentaneamente il
sovrano, viene meno il patto garante della salvezza dei credenti islamici.
Senza la
protezione dei beni e delle persone assicurata dal re, la comunità musulmana si trova in
aliaàdeià istia i.ààL esitoàdià uestoàseppu àte po a eoà uoto àdelàpote eà egioà à heàaà
Palermo si registra un vero e proprio eccidio della minoranza islamica, che rischia di essere
annientata e si salva solo grazie al rifugio offerto dagli stretti e intricati vicoli del
Seralcadio496. Una volta ripreso il potere, Guglielmo I si adopera nel soffocare con mano
decisa la rivolta dei baroni, ristabilendo nel contempo la pax regis e la protezione sulla
o u it àisla i a.àMaàl esileàe uili ioàsuà uiàsià eggeàilàdesti oàdeià usul a iàdiàPale
oà
si sta irrimediabilmente logorando e allentando. Il colpo di grazia è sferrato al momento
493
Vedi ROMUALDO SALERNITANO cit., pp. 234-236.
Ibidem, p. 235.
495
Ibidem, p. 236.
496
Vedi questa tesi, p. 82.
494
106
dell elezio eàalàt o oàsi iliano di Tancredi, conte di Lecce e ultimo discendente - il solo in
vita - della casata degli Altavilla, il quale si era peraltro distinto per aver partecipato al
assa oàdegliàeu u hiàeàdeià usul a iàdu a teàlaà o giu aàdelà
.àE à elà o soàdelàsuoà
breve e travagliatissimo regno, tra il 1189 e il 1194, che si osserva il definitivo sradicamento
dell ele e toà usul a oàdallaà o teàpale
“ottoàTa
ita aàeàpiùài àge e aleàdallaà apitaleàsi ilia a.à
edi,à o eàse p eà àa adutoà ua doàl auto it à egiaàsiàfaàdebole, nuovi tumulti
scoppiano a Palermo e con essi i pogrom antimusulmani, in seguito ai quali - scrive Amari laà itt àfuàallagataàdiàsa gue
497.à
Multaàsuo u àst ageàfa ta
498,
i musulmani di Palermo
decidono di lasciare la città e riparano nelle zone montuose circostanti. Dunque con la
s o pa saàdell ulti oàg a deàdegliàálta illa,àGugliel oàIIàdettoàilà uo o,àelogiatoàdaàI
Giu a à pe à laà suaà uo aà o dotta
499
à
e per la stabilità che è in grado imprimere alla
monarchia - ciò che costituisce il vero nodo della questione - vengono drammaticamente
meno le condizioni necessarie alla sopravvivenza della cultura araba e della fede islamica.
Nonostante un debole accenno di ripresa, pochi e fiaccati saraceni superstiti rientrano
infatti in Palermo quando Tancredi sembra sul punto di riuscire ad affermare la propria
autorità e a ripristinare quindi il patto di convivenza che tradizionalmente aveva legato gli
Altavilla alla comunità islamica500. Dunque nel biennio compreso tra il 1189 e il 1190 si
compie il tramonto definitivo di quel progetto politico di inclusione che tanto aveva
contribuito al successo della monarchia normanna di Sicilia.
III.3. La comunità greca.
Un altro importante gruppo etno-culturale che nella storia del regno normanno di
Sicilia occupa un ruolo di primo piano, è naturalmente quello greco, il cui tratto identitario
è rappresentato dalla lingua e dalla particolare professione liturgica in seno al mondo
cristiano. Si tratta di una minoranza assai più ridotta sotto il profilo quantitativo, le cui
497
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 361.
ANONIMO CASSINESE, Annales Cassinensis, a cura di G. H. PERTZ, in MGH, Scriptores, XIX, Hannover 1866,
p. 314.
499
IBNàǴIUBáY‘à it.,àp.à
.
500
I. PERI, Uo i i, ittà e a pag e i “i ilia dall XI al XIII se olo cit., p. 121.
498
107
vicende seguono una parabola completamente differente rispetto a quella della comunità
musulmana tratteggiata nelle pagine precedenti.
Ciò che innanzituttoà e itaàdiàesse eà ile atoà à heàalà o e toàdell o upazio eà
dell isolaà- dunque fin da subito - il comportamento tenuto dai Normanni nei confronti dei
G e ià àtutt alt oà heàsfa o e ole.à“eàl i lusio eàdeià usulmani avviene in mezzo a non
poche resistenze, ed essi, comunque sia, restano sempre cittadini di seconda classe, ai
Greci è attribuita una ben diversa considerazione fin dagli esordi del dominio normanno in
Sicilia. I Normanni sono infatti già entrati in contatto con la cultura greca in precedenza i to oà aglià a
ià
à dell XIà se oloà - in seguito alla conquista della Calabria, regione
fortemente ellenizzata. Inesperto e digiuno di pubblica gestione, il Gran Conte
i
ediata e teàa uolaàe t oàlaàs hie aàdeiàfu zio a iàp epostiàall a
i ist azio eà dei
suoi domini i ο ά ιοι di lingua greca presenti sul territorio. Quando successivamente i
No
a
iàp o edo oàall a uisizio eàdelleàte eàsi ilia e,àgliàálta illaàadotta oàu ide ti aà
politica di integrazione nei confronti della comunità greca di Sicilia, in virtù delle sue
specializzate ed evolute capacità amministrative e di governo. Finanche sotto il regno di
Ruggero II infatti, il mondo latino e normanno non è preparato ad assolvere tali compiti, se
- come scrive la Jamison -
oà e à ofà Lati à ultu e seem up to this time to have been
e plo edài àpositio sàhighào àlo à à e t alàoffi esàofàfi a e
501.àD
alt aàpa teàiàte pià o à
sono ancora maturi a che i signori normanni possano contare - come invece accadrà in
seguito - sul contributo dei Saraceni, poiché la sottomissione della Sicilia musulmana è
tutt alt oà heà i
ediataà eà ilà o t olloà heà laà o o aà à i à g adoà dià ese ita eà suà dià essaà
ancora non si è consolidato. Così membri della comunità greco-sicula si trovano, come già
sul continente, immediatamente insigniti di poteri e cariche di rilievo entro gli uffici della
pubblica amministrazione. Gli incarichi cui possono aspirare costituiscono un lungo e
501
E. JAMISON, Admiral Eugenius of Sicily cit., p. 40.
108
significativo elenco: admiratus (α ή ας)502, protonotarius (
( α
ω ο ο ά ιος)503, camerarius
ι ίγγας)504, logotheta ( ογοθέ ης)505, strategus (σ α ηγός), iudices, vicecomes506,
protonobilissimus507. Se il numero di Greci in Sicilia è inizialmente piuttosto scarso e
assolutamente minoritario rispetto alla compagine musulmana, durante i primi mesi del
p op ioàdo i ioàgliàálta illaàp o uo o oàu aàfo teài
ig azio eà e soàl isolaàdiàfu zio a ià
greci prove ie tiàdallaàCala ia,à o àl o ietti oàdiài g ossa eàleàfila.àIlà odoàdellaà uestio eà
riguarda evidentemente le competenze che questi uomini sono in grado di mettere in
campo.
Maà
à u à alt oà aspettoà heà i à ual heà odoà lià fa o is e:à ià G e ià dià “i iliaà sono
cristiani e pertanto percepiti come i naturali interlocutori dei conquistatori normanni. Non
sià de eà i fattià di e ti a eà heà l XIà se oloà à uelloà i à uià papaà U a oà IIà i di eà laà p i aà
Crociata, intesa a liberare la Terra Santa dagli infedeli e che la stessa conquista di Sicilia non
è estranea al generale clima di fervore religioso. Quando Malaterra scrive della conquista
dell isola,àdaàu àlatoàlaà i o du eàall a
izio eàdiàdo i ioàdelàgio a eàeài e uietoà‘ugge o,à
dall alt oàallaà issio eà e edettaàdal papaài àpe so a,ài t ap esaàalàfi eàdià i o du eàl isolaà
sotto il vessillo della cristianità508. Si tratta di una presa di posizione forte, che matura in un
contesto nel quale i rapporti con la comunità musulmana sono ancora in costruzione.
á
i aglioà à o uzio eàdellaà o eàa a i aàemîr, che i Bizantini trascrissero fedelmente al nominativo,
ma ne fecero al genitivo ἀμήραδος;ào deàpassòà o àtaleàdesi e zaàa àC istia iào ide tali ài àáMá‘I,àStoria
dei Musulmani di Sicilia cit., III, p.à
.àL istituzio eàdell admiratus proviene dunque dal mondo arabo, ed è la
a i aà piùà ele ataà heà sià possaà i e e eà du a teà ilà eg oà deglià álta illa.à áll admiratus viene assegnato il
o t olloàdell a
i ist azio eàfis aleàdelà eg oàeàdelleàfo zeàa ate,àe risponde del suo operato direttamente
allaàfigu aàdelàso a o.àLaàp ese zaàdià uestoàuffi ioàaàPale oà àattestataàgi àall i do a iàdell e t ataài à itt à
deià o a i,à se o doà ua toà s i eà Gugliel oà dià Puglia:à ‘egi a à e eatà ‘o e tusà i to à adà u e ,à
no i isàeiusde à uoda à e a e teàPa o ià ilite,à uià“i ulisàdatu àa i atusàha e i ,ài àGUGLIELMOàDIà
PUGLIA cit., p. 162.
503
La carica di protonotarius à dià o igi eà iza ti a.à Nelleà p o i eà iza ti eà dell Italiaà e idio aleà alà
protonotarius spettavano compitià dià di ezio eà ell a
i ist azio eà fis aleà delà θέ α. Sotto il governo
normanno a questa istituzione spetta il censimento di terre e uomini.
504
Il camerarius è invece di origine normana, e la sua presenza è già attestata nei domini continentali
normanni. Nasce come tesoriere ducale, sotto il regno di Ruggero II diventerà il camerarius palatii, al quale
ie eàaffidataàlaà is ossio eàdelleàtasseàeàl a
i ist azio eàdeià e iàdellaàCasaà eale.
505
á h essoàdiào igi eà iza ti a,àalàtitoloàdiàlogotheta spettano compiti di tipo amministrativo e finanziario.
506
“iaàall istituzio eàdelloàst atega,àdiào igi eà iza ti a,à heàalàvicecomes, di chiara origine latina, sono affidati
compiti di amministrazione della giustizia e di riscossione delle tasse entro determinati distretti.
507
Non è sempre evidente a quali precise funzioni sia preposta ciascuna di queste cariche. Più in generale ai
titoli qui elencati non sembra corrispondere un chiaro campo di responsabilità, che invece potevano
aumentare o diminuire a seconda delle necessità del Regnum. Vedi JOHNS, Arabic Administration cit., p. 68.
508
Vedi GOFFREDO MALATERRA in questa tesi, p. 23.
502
109
Nonostante la co
uistaàdell isolaà o à o du aàalloàste
i ioàoàall es lusio eàdegliàága e ià
di Sicilia, ma piuttosto proceda nella direzione opposta, il fattore religioso continua a
permanere come discriminante fondamentale. Non è irrilevante inoltre che la consistenza
u e i aà dell et iaà do i a teà lati o-normanna sia piuttosto debole e che questo dato
i du aàià uo iàsig o iàadàaffida eàall élite cristiana greco-bizantina un ruolo fondamentale politico e insieme religioso - e t oàlaà io ga izzazio eàdell isola.àCosìàil Gran Conte, ricevuta
laà legatio e à eatiàPet i…àpe àtota à“i ilia
509,
ripristina, accoglie e favorisce il mondo
o asti oà eà leà ge a hieà e lesiasti heà g e he,à poi h à fu zio alià aà u azio eà dià
i istia izzazio e ,à oltaàaàst appa eàlaà“i iliaà a ài sole tiàsa a e aà a u
510.
Nel 1072
quando i due Altavilla sono ormai entrati vittoriosi nella città di Palermo, tra i primi
provvedimenti presi dai due fratelli vi è quello di richiamare immediatamente Nicodemo,
l Archiepiscopus pale
ita o,à ti idusàetà atio eàg ae us
e lesiaà sa tià C ia i
512
511,àfi
o aà elegatoà i àpaupe eà
e di reintegrarlo nel suo ruolo originario. La ragione è che i
Palermitani di origine greca mantengono - e manterranno anche in seguito - la liturgia in
lingua greca e continuano a essere guidati spiritualmente dal clero bizantino. La sola
i
o azio eà à heà uest ulti oà o àdipe deàpiùàdalàpat ia aà aàdi etta e teàdalàso a oà
normanno513.
Cosìà Pale
o,à pu à situataà ellaà pa teà o ide taleà dell isola, più pesantemente
islamizzata rispetto a quella orientale, a partire dal momento in cui essa diventa sede della
Curia regis con Adelasia, registra la presenza di una significativa serie di personaggi di
origine greca che presentano un altissimo profilo politico e decisionale. In generale del
resto tutta la corte è immersa in un contesto fortemente grecizzato, nel quale la lingua e la
s ittu aà g e aà so oà o a aià d usoà uffi ialeà eà do eà loà stessoà ‘ugge oà IIà ie eà edu ato.à
Significativo è il fatto che Ruggero II si circondi a corte di tutta una serie di letterati e
509
Ibidem, p. 344.
C. GARUFI, I do u e ti i editi dell epo a o a a i “i ilia,àPale oà
,àp.à ;à a ài piisà“a a e is ài à
GOFFREDO MALATERRA cit., p. 45.
511
GOFFREDO MALATERRA cit., p. 178.
512
Ibidem.
513
S. FODALE, La politique des Normands face à la pluralité des religions, in De la Normandie à la Sicile:
Réalités, Représentations, Mythes, a cura di M. COLIN, M. A. LUCAS-AVENEL, Saint-Lô 2004, p. 113.
510
110
intellettuali greci, come il noto teologo Neilos Doxopatres514. Intorno a questo ambiente si
compattano un grande numero di antiche e nobili famiglie di stirpe greca, da cui i sovrani
normanni attingono una parte considerevole della nuova élite di governo.
Molti sono dunque i nobili greci che nel regnum hanno un ruolo di rilievo515. Tra i
più significativi e potenti è opportuno ricordare Cristodulo. Probabilmente nativo della
Calabria, forse originario della zona di Rossano - come testimoniano i diplomi sulle
importanti donazioni che lui stesso fa alla chiesa rossanense516 -, Cristodulo si trasferisce in
“i iliaà i sie eà aà oltià suoià alt ià o te a eià sottoà l i pulsoà dellaà o
uistaà o
a
a.à
Cristodulo è sicuramente di nobili origini, dal momento che in diversi diplomi il suo nome
appare accompagnato dal titolo di dominus517, o di
ός518 oppure ύ ις519, o infine
addirittura di splendidissimus ( εγα ε ιφα έσα ος)520. Se poco si sa della sua storia
famigliare, è invece noto che sotto la reggenza di Adelasia prima, e sotto Ruggero II più
tardi, Cristodulo percorre una carriera davvero notevole. Già nel 1104, prima ancora
dunque che Palermo venga designata come capitale comitale da Adelasia del Vasto,
Cristodulo (alle volte chiamato anche Christophorus) viene insignito del titolo di
admiratus521, tra gli incarichi di più alta responsabilità in materia di amministrazione fiscale;
incarico che conserva ininterrottamente ancora per tutto il regno di Ruggero II. Il suo nome,
accompagnato da diverse forme del titolo, compare infatti in vari documenti datati in
successione: ad esempio admirabilius combinato a quello di bonum notarium522 nel 1110,
amiras e a
514
ι ᾶς523, o ἀ
η ᾶς insieme a quello di ᾶ ο α ιος e protonotarius524 nel 1130.
V. VON FALKENHAUSEN, Doxopatres, Nilo, in Dizionario biografico degli Italiani, 41, Roma 1992, pp. 610613; H. TAKAYAMA, Confrontation of Powers in the Norman Kingdom of Sicily, in Città e vita cittadina nei
paesi dell a ea edite a ea. Secoli XI-XV cit., p. 550.
515
Come testimoniano i molti documenti redatti nel regno normanno in cui figurano nomi e personalità di
origine greca. Vedi C. GARUFI, I do u e ti i editi dell epo a o a a i “i ilia cit.; S. CUSA, I diplomi greci
ed arabi di Sicilia, Palermo 1868.
516
F. UGHELLI, Italia Sacra sive De Episcopis Italiae et insularum adjacentium, IX, a cura di N. COLETI, Venezia
1721, p. 292.
517
Ibidem.
518
S. CUSA, I diplomi greci ed arabi di Sicilia cit., p. 418.
519
Ibidem, p. 471; B. DE MONTFAUCON, Paleographia Graeca, sive De ortu et progressu literarum graecarum,
Paris 1708, p. 396.
520
Ibidem.
521
UGHELLI, Italia Sacra cit., p. 292.
522
Ibidem, p. 429.
523
F. TRINCHERA, Syllabus Graecarum membranarum, Napoli 1865, p. 139.
524
B. DE MONTFAUCON, Paleographia Graeca cit., p. 399.
111
Nell estateà delà
à glià ie eà affidatoà il comando supremo della spedizione marittima
contro la città di Mahdyia e la dinastia degli )i iti,à sulleà osteà dell Ifriqyyia. A partire da
uestoà
o e toà all aspettoà fu zio a ialeà dellaà a i aà dià admiratus si affianca anche
l i a i oà ilita e.à No osta teà laà spedizio eà isultià tutt alt oà heà feli eà eà C istoduloà siaà
costretto a ritirarsi onde evitare una totale disfatta, la sua stella continua a brillare per
molto tempo alla corte degli Altavilla. Il suo nome compare infatti ancora in un documento
del 1139,ài à uià dig itasà … àP oto o ilissi atusàaàCh istiàa a teàDo i oà ost oà ollataà
Chistoduloàá i ae
525,
attraverso la concessione di un privilegio firmato da re Ruggero II in
persona a coronamento del suo straordinario cursus honorum.
áà a oglie eàl e edità di Cristodulo è un altro greco di origine bizantina, il cui nome
àGio gioàdiàá tio hia.àGio gioà as eàp o a il e teài àá
e iaà e soàlaàfi eàdell XIàse oloà
da una famiglia di buona condizione, dal momento che segue studi di lingua araba e
ragioneria. Dopoàa e àdatoà
uo aàp o aài àá tio hiaàeài àalt eà itt àdellaà“i ia
p op ieà apa it àeà o pete zeà ell àa
526
delle
i ist azio eàdelàfis o,àsiàt asfe is eàadàal-Mahdyia
presso la corte zirita di Tamîm ibn al-Mu'izz, che gli attribuisce uffici e cariche di grande
importanza
Tamîm gli diè potere sopra le sue entrate e le sue spese; lo fece soprintendere ai
paga e ti dell e a io, di
odo he il da a o dei Musul a i i ase tutto elle sue
mani e dei suoi congiunti: pure le entrate pubbliche crebbero per opera sua527.
Qua do,à o toàTa î ,àgliàsu edeàilàfiglioàYah ā,àGio gioàcade in disgrazia e quindi
t a òà dià ipa a à p essoà ‘uggie o
528.
I à g a à seg etoà l á tio he oà faà allo aà elaà e soà
Palermo insieme ai suoi congiunti e, raggiunta la corte del re normanno, ne ottiene la
protezione.
525
Ibidem, pp. 408-409; S. MORSO, Descrizione di Palermo antico ricavata sugli autori sincroni e i monumenti
de te pi, Palermo 1827, p. 301.
526
IBNàHáLDUN,àKit à alà I ,àBAS, II, p. 206.
527
AT TIGĀNĪ, Rahlat, in BAS, II, p. 65.
528
IBN HALDUN cit., p. 206.
112
Arrivati in Sicilia, Abd Allâh an Naṣânî (il cristiano), preposto alla pubblica
a
i ist azio e di
uell isola, li i piegò ella is ossio e e osì a uista o o
riputazione529.
A Palermo, Giorgio e i suoi famigliariàso oàa oltiàdall admiratus Cristodulo, noto
p essoà ilà
o doà a a oà a heà o à l appellati oà dià an Naṣânî, ovvero il Nazareno, il
istia o.à“ i eàilà o istaà átàTigā īà heàsottoàl egidaàdiàC istodulo,àGio gioàa uista una
buona posizione a corte e soprattutto agli occhi del sovrano. In seguito, proprio grazie alla
o os e zaà dell a a o,à Gio gioà à i iatoà o eà apoà dià u aà legazio eà p essoà laà o teà
egizia aàfati ide,àdallaà ualeà ito aà o à teso iàdaà e
530.
Fittissima è infatti la trama di
relazioni che l á tio he oà ài àg adoàdiàsta ili eà o àleàélites delle più importanti capitali
del Levante - appunto il Cairo, ma anche Costantinopoli, Antiochia, Gerusalemme - grazie
ai profondi legami con la potente comunità della diaspora armena dalla quale proviene. In
seguito ai grandi successi riportati, Giorgio entra definitivamente nel favore di Ruggero II e,
in occasione della spedizio eà o t oà laà apitaleà d Ifriqyyia, viene posto al comando
dell a
ataàsi ilia aàaàfia oàdiàC istodulo.àNo osta teà- come si è detto - la spedizioni si
i elià u à o pletoà falli e to,à ilà pote eà eà l i flue zaà pe so aleà dià Gio gioà o ti ua oà aà
crescere, tanto che a partire dagli anni trenta del XII secolo subentra definitivamente a
Cristodulo nella carica massima di admiratus. La novità istituzionale che accompagna
questo suo incarico è che il titolo di admiratus adesso prevede la convergenza nelle mani
dell á tio he oà o à soloà delà t adizio ale ruolo amministrativo e funzionariale, ma - in
ordine alle grandi capacità che Giorgio ha negli anni dimostrato di possedere sui campi di
battaglia - anche e definitivamente quello militare, quando le circostanze lo richiedano.
529
530
AT TIGĀNĪ cit., p. 66.
Ibidem.
113
Nam Georgium virum utique maturum, sapientem, providum, et discretum, ab
Antiochia abductum, magnum constituit Ammiratum, cujus consilio et prudentia in
mari et terra victorias multas obtinuit531.
Dunque, nella persona di Giorgio di Antiochia, il titolo di ammiraglio evolve
progressi a e te,à a u ula doà u à pote eà se p eà aggio e,à dià doppioà isi atoà dellaà
spadaà eà dellaà pe
a
532,
diventando magnum, e poi maximus533. Intorno al 1126 viene
insignito della carica di admiratus admiratorum534 e di ἄ χω
ῶ ἀ χό ω
535;
carica che
Giorgio occupa ininterrottamente grazie a una serie di straordinari successi militari e di
alt etta toàst ao di a ieà o pete zeàa
i ist ati e,àfi oàallaà o te,às i eà I
à alà áti ,à
sop aggiu taà pe à ilà o pli a sià dià pa e hieà alattie,à t aà leà alt eà e o oidià eà ilà al di
piet a
536
tra il 7 e il 20 aprile del 1151. Con questo enorme potere, Giorgio diventa uno
dei principali fautori della riforma amministrativa, il cui risultato è lo sviluppo della
cancelleria trilingue e multiculturale del Regno normanno.
Altre ancora sono le nobili famiglie greche che riescono a ritagliarsi ampie fette di
pote eàallaà o teàdià‘ugge oàII,àpe àese pioàlaà asataàdell admiratus Eugenio e quella dei
G affeus.ààI peg ateà i à o t olàofàtheà holeàfis alào ga izatio
537, esse
creano delle vere
e proprie dinastie, al cui interno titoli e onorificenze si tramandano di padre in figlio. Così a
Eugenio segue nella carica di admiratus ilàfiglioàGio a
ià heàilàTelesi oàdefi is eà i u à
scilicet in rebus bellicis prudentissimum atque strenuissimu
i peg atoà ellaà o
538
e che troviamo nel 1131
uistaàdiàá alfiàalàfia oàdell admiratus admiratorum e poi in molte
altre vicende belliche sul continente. E non da meno è Nicola, che dello stesso Eugenio è
531
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 233.
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 234.
533
ALESSANDRO DI TELESE cit., p. 104.
534
Vedi R. PIRRI, Sicilia sacra, disquisitionibus et notitiis illustrata, ubi libris quatuor, postquam de illius
patriarcha et metropolita disquisitum est: a christiane religionis exordio ad nostra usque tempora, cujusque
praesulatus, majorumque beneficiorum institutio, archiepiscopi, episcopi, abbates, priores, singulorum jura,
privilegia, praeclara monumenta, civitates dioeceseon, cum praecipuis earum templis religiosisque familiis,
atque viri siculi, vel sanctitate, vel doctrina illustres, concinentur, explicantur, auctore... Don Roccho Pirro, a
cura di S. MONGITORE, II, Palermo 1733, p. 774.
535
G. SCHLUMBERGER, Sigillographie de l'Empire Byzantin, Paris 1884, p. 343.
536
IBNà áLà áTI‘à it.,àp.à
.
537
E. JAMISON, Admiral Eugenius of Sicily cit., p. 39.
538
ALESSANDRO TELESE cit., p. 104.
532
114
figlio cadetto, e che riveste ruoli importanti in seno alla curia539. Anche i Graffeus ricoprono
incarichi di rilievo, tra cui quello di admiratus540, e pare che addirittura Ruggero II nel 1139
conferisca loro il feudo di Partanna e, con esso l oppo tu it à dià da à itaà aà u aà sti peà
baronale di rilievo non secondario. In ogni caso gli uomini che ricoprono la carica di
ammiratus, Teodoro, Basilio e Michele, figlio di Giorgio, sono tutti di origine greca541.
Un ultimo importante personaggio di estrazione greca entro la curia normanna, che
Giu taàa
o e aàt aàià Bizantini «novi»
542,
è Maione di Bari. Nato nei primi decenni del XII
se oloàdaàu aàfa igliaàdell élite cittadina barese, Maione cresce sotto il dominio dei principi
o
a
i.àDià hia aào igi eàg e a,à o eàtesti o iaàa heàsoloàl o o asti aàfa iglia e543,
la famiglia de Reyza svolge nella città di Bari la professione notarile. Non vere probabilmente dettate da un profondo odio di parte - sono le testimonianze dello pseudoFal a do,à heà o àdisp ezzoàdes i eàMaio eà o eàu àu ileà oleià e dito e
pate à oleu à Ba ià e de eà o sue e at
ge e is
546,
545,à sottoli
544,à
uiusà
ea do eà laà ig o i iosaà o s u itasà
giacché proprio il padre Leone svolge il ruolo di regalis judex Barensium già dal
1119 e in seguito quello di protojudex. Ed è proprio sulle orme paterne che Maione
intraprende la carriera di notarius fin dalla giovane età, per poi perseguire una carriera ben
piùàa
iziosaàeàfo tu ata.àE t atoài à o tattoà o àilà e,àp o a il e teài àseguitoàall assedioà
e la presa di Bari del 1139, Ruggero II lo vuole infatti con sé a corte nella funzione di
scrinarius nel 1140, poiché - come segnala Romualdo Guarna nella sua Chronica uti ueàfa u du ,àsatisàp o idu ,àetàdis etu
547.
iu à
A partire da questo momento, grazie
alle sue straordinarie capacità amministrative e decisionali,à l as esaà dià Maio eà isultaà
inarrestabile548. Fatto vice-ca ellie eà aglià o di ià dell i gleseà ‘o e toà dià “el
539
549,
ricopre
E. JAMISON, Admiral Eugenius of Sicily cit., p. 38.
Ibidem, p. 34.
541
TAKAYAMA, Confrontation of Powers in the Norman Kingdom of Sicily cit., p. 548.
542
F. GIUNTA, Bizantini e Bizantinismo, Palermo 1950, pp. 87-95.
543
Il padre porta il nome di Leone, la madre di Kuraza, la sorella maggiore Eustachia e il fratello minore
Stefano.
544
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 33.
545
Ibidem, p. 17.
546
Ibidem, p. 32.
547
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 235.
548
Vedi A. GABRIELI, Un grande statista barese del secolo XII vittima dell'odio feudale, Trani 1899, p. 12.
549
Dottoàeào estoài gleseà hia atoàdalà eà‘uggie oàdià“i ilia:àsoste eàuffi ià ilita iàeà i iliàdiàg a à o e toà
edàe eàilàgo e oàdiàPugliaàeàCala ia .àIbidem, in nota; vedi anche nota 46 in TAKAYAMA, Confrontation of
Powers in the Norman Kingdom of Sicily cit., p. 548.
540
115
questa carica per circa sette anni, per poi subentrare a quella di Cancellarius nel 1153.
La
oàsu essi oàilà àap ileàdelà
,àgio o di Pasqua, contemporaneamente alla salita al
trono di Guglielmo I, viene infine investito dal sovrano della carica più esimia, di magnus
admiratus admiratorum. Si concentrano così nelle mani di Maione i maggiori poteri in
te
i iàdià o t olloàdell a
i ist azio eàdelà eg oàeàdià o duzio eàdell ese ito.àDisti tosià
pe àl effi a iaà ellaà o duzio eàdià uestoàuffi io,àMaio eàdi e taàlaàp i ipaleàa
aà o à uià
la monarchia siciliana tiene a bada, colpisce e castiga la sempre più inquieta nobiltà
normanna del o ti e te.àCosìàfi oàall a
oàdellaàsuaà o teà elà
,àpe àope aàdiàMatteoà
Bo elloàeàdeià o giu ati,àsiàpuòàdefi i eàMaio eàl uo oàpiùàpote teàdelà eg o,àsecondo solo
allo stesso sovrano in quanto alle sue sole e dirette dipendenze; tanto potente che un non
poco preoccupato pseudo-Fal a doàs i eàdiàluià heà ia àadàidàpe e e atàpotestatis,àutà
o àta àád i ati,à ua à‘egisà ide etu àp aeditusàdig itate
dià ilie oà fi o aà des itti,à Maio eà p opi
dig itates
551,
550.
Come altri tra i personaggi
uisà età affi i usà suisà a i asà Regni conferat
riuscendo a creare una vera e propria rete di potere famigliare entro la
struttura funzionariale del Regnum. Il cognato Simone, marito di una delle sorelle minori di
Maione, è da lui insignito prima del titolo di Senescalcus a o te,àeài àseguitoàdià totiàápulieà
a à Te eà La o isà agist u à apita eu
“tepha usà Maio isà filius,à eiusde
552.
Assurgono inoltre alla carica di Ammiraglio
ueà f ate à “tepha us
553;
al fratello in particolare,
Stefano de Reyza, sono affidati importanti ruoli militari, prima in Puglia e in seguito come
comandante della flotta nelle vittoriose campagne contro Bisanzio, che spianano la strada
alla pace trentennale tra i due regni nel Mediterraneo orientale. Ai parenti più prossimi si
deve poi aggiungere uno stuolo di collaboratori stretti - cuore della familiaritas di Maione
- cui vengono assegnati funzioni di grande rilevanza, e tra i quali spicca Matteo Notarius, il
piùàfidatoàt aàiàsuoià oadiuto i,à uiàplu i u àilliàfa ilia isàe tite at
554.
In conclusione si può ben dire che la comunità greca di origine bizantina ricopra una
posizio eà dià fo da e taleà i po ta zaà all i te oà delà eg oà o
a
all i flue zaà ultu aleà heài àge e aleà ài àg adoàdiàese ita eàeàallaà o
550
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., pp. 24-25.
Ibidem.
552
Ibidem.
553
Ibidem, p. 45.
554
Ibidem.
551
oà dià “i ilia.à G azieà
etaàp ese zaàdià
116
figure di grande caratura, essa diventa - insieme al mondo arabo e ovviamente a quello
latino - una delle colonne su cui poggiano le fondamenta del regnum, nonché la sua
eccezionale quanto breve fortuna. Nonostante la grande importanza istituzionale e
soprattutto culturale, accade tuttavia che l ele e toà g e oà eà sop attuttoà
uelloà
musulmano vadano inevitabilmente incontro a un lento e progressivo declino che nel giro
di un secolo conduce alla loro quasi completa sparizio eàdall isola.àPe à ua toà igua daàià
“a a e iàdià“i ilia,àsià àdettoà elà o soàdià uesteàpagi eà o eàessiàsia oài se itiàall i te oà
della nuova società normanna in una posizione di assoluta subordinazione nei confronti dei
conquistatori. Sebbene la conquistaàdell isolaà o àseguaàleàdi ett i iàp op ieàdelleàgue eàdià
religione - come testimonia la protezione e la libertà di culto garantita dal sovrano nel
secolo e mezzo circa di dominazione normanna - la comunità musulmana subisce un
pesante processo di cristianizzazione e latinizzazione. Nei suoi confronti sono attuate
i
u e e olià p essio i,à u iteà aà uelloà heà á a ià defi is eà
olestoà p oselitis o
555,
in
o eàdelà ualeà iàC istia iài pu e e teàst appa a oàiàfigliuoliàalleàfa iglieà usul a e,à
sotto specie dià o e ti li
le oà eà daà ual heà
556.à Moltià Musul
i ist oà delà e
557,
a ià du
ue,à
olestatià o
essià e a oà dalà
si convertono al cristianesimo nel tentativo di
mettere fine a questa condizione di estrema precarietà, oppure emigrano verso il Nord
Africa o al-Andalus. Per parte sua il mondo greco-bizantino siciliano, che pure segue un
o soà o pleta e teàdisti toàdià i e de,à o à i a eàese teàdall esse eàp ofo da e teà
latinizzato. Le stesse gerarchie religiose greche, cooptate entro la nuova struttura
ecclesiastica messa in piedi dai signori normanni al loro arrivo, sono progressivamente
inquadrate entro la politica di fidelitas Romanae Ecclesiae imposta dai sovrani normanni558,
fu zio aleàall affe
l i izialeà
i
555
azio eàdellaàp op iaàso a it àsulàte ito io.à“i h ,àu aà oltaàsuperata
e essit à dià sosteg o,à ià
o a hià
o
a
ià p o edo oà alà defi iti oà
uad a e toà delà le oà g e oà all i te oà dià u aà Chiesaà dià si u aà fedelt ,à u aà Chiesaà
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 353.
Ibidem.
557
Ibidem, p. 357.
558
Vedi C. D. FONSECA, Le istituzio i e lesiasti he dell Italia e idio ale e ‘ugge o il G a Co te, in Ruggero
il G a Co te e l i izio dello “tato o a o, Atti delle se o de gio ate o a o-sveve, Bari 1991, pp. 4366.
556
117
o
a
a
559,àeàpiùài
àge e aleàall asso i e toàdellaà esiduaàpopolazio eàg e o-cristiana
in una società inevitabilmente sempre più latinizzata.
III.4. Gli ebrei di Palermo.
Quando si voglia porre in luce Palermo come centro multietnico e multiculturale,
non si può dimenticare che la città registra contestualmente la presenza non secondaria di
u aà fio e teà o u it à e ai a.à I sedia e tià e ai ià sull isolaà so oà attestatià gi à i à et à
romana, dunque quella della comunità giudaica in Sicilia è una storia di lungo corso. Sotto
ilàdo i ioàaghla itaàd Ifriqyyia dal quale dipende formalmente anche la Sicilia, le comunità
e ai heà godo oà dià u aà e taà p ospe it à eà ià suoià
e
ià fa
oà pa teà dià u élite
i tellettualeà heàsiàdisti gue aàsop attuttoàpe àlaàp ati aàdellaà edi i a
560, in ragione della
quale sono tenuti in gran conto presso emiri e signori. Purtroppo poche sono le fonti
elati eà alà Xà eà all XIà se olo,à aà daà iòà heà sià t o aà s ittoà elleà osiddetteà Lettere della
Gheniza siàe i eàlaàp ese zaàdiàe po iàte utiàdaà e a tiàe eiài àdi e seàzo eàdell isola,à
anche e soprattutto a Palermo.
Certo à heàI XIàse oloà app ese taàpe àleà o u it àe ai heài sediateàsulleàspo deà
e idio aliàdelàMedite a eoàu àpe iodoàtutt alt oà heàse pli e.àI àal-Andalus e in Nord
Africa infatti si afferma la dinastia berbera degli Almoravidi, i cui membri, per nulla propensi
al mantenimento di collettività religiose estranee alla umma islamica entro i propri territori,
danno avvio a una politica di persecuzioni e conversioni forzate nei confronti di ebrei e
cristiani. Molte delle comunità giudaiche che non si piegano, sono così costrette a fuggire
verso i territori più marginali del dar al-islām. Una delle mete privilegiate è proprio la
Sicilia561, la cui capitale diventa ben presto sede di una delle comunità ebraiche più
u e oseà eà fio e tià d Italia.à I à uelà pe iodoà tutta iaà l isolaà à tutt alt oà heà pa ifi aà eà laà
Sicilia musulmana sta vivendo il suo momento di massimo declino, dovuto agli
559
S. FODALE, Il Gran Conte e la Sede apostolica, ibidem, p. 31.
F. CRESTI, Gli e ei ella sto ia dell O ide te isla i o,ài à á hi ioà“to i oàpe àlaà“i iliaàO ie tale ,àXCVIIà
(2001), Catania 2008, p. 15.
561
Vedi ibidem.
560
118
sconvolgimenti provocati dalla guerra civile562.à áll a i osit à i te aà alà
si ilia o,àsiàaggiu geài fi eàl a i oàdeiàNo
a
o doà a a oà
iàlaà uiàpluridecennale guerra di conquista
p o o aà g a dià pati e tià t aà laà popolazio eà i ile,à ta toà heà ell ulti oà s o ioà dià uelà
medesimo secolo si segnala nuovamente un certo flusso migratorio che ha tra i suoi
protagonisti la popolazione ebraica e per destinazione le terre del Nord Africa. Questa
tendenza tuttavia si esaurisce e si registra un andamento opposto non appena il dominio
degli Altavilla si co solidaàeàl isolaàsiàpa ifi a.à
Sotto il dominio musulmano gli Ebrei, così come i cristiani, rientravano nello status
giuridico e sociale della dī
a, che prevedeva una generale condizione di inferiorità e
costringeva al pagamento della jīz a e ad altri obblighi, tra cui il vestire in pubblico un
simbolo che li facesse riconoscere come tali. Quando ai signori musulmani si sostituiscono
ià uo iàdo i ato ià o
a
i,àlaà o dizio eàdell E eoàsi ilia oà i a eàp esso h ài a iata.à
No osta teàl i possi ilit àdiàmettere fine allo status di inferiorità giuridica e sociale se non
attraverso la conversione, alla comunità ebraica è tuttavia concesso dai dominatori - prima
musulmani e in seguito normanni - di esprimere di fatto meccanismi di autogoverno: è
infatti consentito loro di avere propri magistrati cittadini che amministrino la comunità,
proprie regole comunitarie, propri giudici che comminino le pene iuxta suam legem e una
gestio eà delà tuttoà auto o aà dell appli azio eà dellaà fis alit à egiaà all i te oà dellaà
collettività giudaica563.
Dalà o e toà heà all E eoà à fattoà di ietoà dià possede eà te eà eà fa eà oggettoà dià
compravendita sino a un editto di Guglielmo I nel 1161, e se u à h istia u à e à e de eà
nec comperare audeat nec ex aliquo titulo possidere seu pignori deti e eàs hia iàeàse i
564,
lu goà tuttoà l a oà dellaà do i azio eà o
à daà
a
aà i à “i iliaà si oà all espulsio eà delà
parte dei re cattolici di Spagna, le comunità ebraiche si concentrano solitamente
Pe à u atte taà a alisià dellaà p ese zaà e ai aà elà pe iodo delle guerre civili che sconvolgono la Sicilia
islamica entro le Lettere della Gheniza vedi: M. GIL, Sicily 827-1072, in light of the Geniza documents and
parallel sources, in Italia Judaica. Gli ebrei in Sicilia sino all'espulsione del 1492. Atti del V convegno
internazionale Palermo, 15-19 giugno 1992, Roma 1995, pp. 96-130.
563
S. MAZZAMUTO, I. MINEO, Sulla condizione giuridica degli ebrei in Sicilia, ibidem, p. 455.
564
B. LAGUMINA, G. LAGUMINA, Codice diplomatico degli Giudei di Sicilia, documento XIII, I, Palermo 1884,
p. 11.
562
119
ell a
ie teàu a o,ài à ua tie i àde o i atiàgiude he565. Palermo, in quanto capitale,
ospitaàlaàpiùàg a deàeàp ospe aà o u it àgiudai aàdell isola.àáàtalàp opositoàBe ia i oàdaà
Tudela nelle pagine del suo resoconto di viaggio, annota la straordinaria cifra di
millecinquecento famiglie ebraiche residenti nella Palermo del XII secolo566.
Gli Ebrei sotto gli Altavilla, pur se riconosciuti come membri della civitas Panormi a
tutti gli effetti, sono tuttavia considerati cittadini di seconda classe e, come i musulmani,
legati direttamente alla Curia regis e alla figura del sovrano per la sicurtà di beni e persone.
Nei loro confronti sono inoltre attuate tutta una serie di restrizioni giuridiche e sociali, tra
cui il divieto di poter ricoprire alcuna carica pubblica o amministrativa al di fuori della stessa
comunità giudaica. A dispetto di queste limitazioni tuttavia viene riconosciuta agli Ebrei
l assolutaàli e t àdiàs olge eà ualsiasiàatti it àeàp ofessio e.àPe à uestaà agio eàsiàt o a oà
membri della comunità ebraica siciliana in situazioni sociali assai differenziate: dalla
condizione di servi concessi dalla corona a titolo di feudo, a quella di poveri salariati, a
quella infine di rispettati artigiani e ricchi mercanti. Gli Ebrei siciliani, e in particolar modo
quelli della comunità di Palermo, ricoprono in effetti da sempre un ruolo di grande rilievo
o
e ialeàall i te oàdellaà o pagi eà ittadi a.àG azieàallaàfittaà eteàdià elazio ià heàsià
fo daàsullaà oesio eàdellaàsti pe àeàsuà uiàgliàEbrei sono in grado di contare a prescindere
dallo stato in cui si essi si trovano, storicamente queste comunità occupano un canale
p i ilegiatoàe t oàilàsiste aà o
delleà epu
e ialeà edite a eo.àE àsoloà o àl i a esta ileàas esaà
li heà a i a eàaàpa ti eàdall XIàse oloàeàl e o
eà es itaàe o o i aàdeiàpaesià
musulmani sulle coste del Mediterraneo meridionale, che il peso del commercio praticato
dai Radhaniti diminuisce ed entra progressivamente in declino567. Il mercato ebraico è così
costretto a ristrutturarsi completamente: esclusi da molti dei più fruttuosi rami del
commercio marittimo ormai in mano esclusivamente alle repubbliche marinare e ai
565
La giudecca di Palermo non nasce perché voluta e ordinata dalle autorità cittadine, ma piuttosto dalla
atu aleàte de zaàall agg egazio eài àdete i ateàpa tiàdellaà itt à heàsià egist aàp essoàleà o u it àe ai heà
delàte po.à Essa non è mai struttura urbana di fondazione, progettata, ma aggregato funzionale organico,
nel quale si distinguono nodi riconoscibili e funzionalmente identificabili: la sinagoga o meschita, gli
allineamenti commerciali e artigianali, i bagni, mentre il cimite oà i a eàfuo iàdiàessa ,ài :à‘.àLáàF‘áNCá,à
Caratteri insediativi e memoria dei luoghi ebraici di Sicilia, in Italia Judaica cit., p. 256.
566
BENIAMINO DA TUDELA, Libro di viaggi cit., p. 95.
567
Vedi E. ASHTOR, Gli ebrei nel commercio mediterraneo nell'alto medioevo (secc. X-XI), in Gli orizzonti aperti.
Profili del mercante medievale, a cura di G. AIRALDI, Torino 1997, pp. 60-78.
120
potentati musulmani, i mercanti ebrei - e non solo in Sicilia - puntano al mercato di lusso.
Come molti altri correligionari sparsi per il Mediterraneo, i mercanti ebrei di Palermo
mirano dunque al commercio di poche, preziosissime e poco voluminose merci. I Radhaniti
palermitani si impegnano nella compravendita e nello smercio di oggetti preziosi quali
perle, corallo e soprattutto seta e tessuti di pregio - di cui gli Ebrei sono abili lavoranti desti atià aà po hià eà i hià o p ato i:à apià dell a
o teàeàdell altaàa isto aziaàpale
i ist azio eà pu
li a,à e
ià dellaà
ita aàeàdiàtuttoàilà a i oà edite a eo568.
La condizione di relativa tranquillità e prosperità che gli Ebrei vivono sotto il
dominio normanno è interrotta solamente da sporadici tentativi di conversione forzata
attuati dalla corona e dovuti al crescente peso della Chiesa latina entro la Curia regis, come
alà te poà ‘ugge oà II,à ilà ualeà
i aà fi e à aute à itaeà suae secularibus negotiis
aliquantulum postpositis et omissis, Iudaeos et Sarracenos ad fidem Christi convertere
odisào
i usàla o a at
569.
Tale congiuntura, nonostante tutto piuttosto favorevole alla
comunità giudaica siciliana e soprattutto a quella palermitana, conoscerà invece un netto
peggioramento nel momento in cui il giovane imperatore svevo Federico II sale al trono. Le
ragioni consistono nell a
es iutoàpote eàdellaàChiesaàsull isolaàeànelle forti pressioni che
essa è in grado di esercitare in questo senso, nell i posizio eàdià uo eà est izio i,àdià uo eà
prestazioni nei confronti della casa reale e di tasse sempre più elevate da pagare allo stato.
III.5. L ele e to lati o.
Come si è più volte scritto, al momento della conquista la popolazione latina è in
“i iliaà etta e teà i o ita ia,àseà o à o pleta e teàasse te.àPale
ui,àp i aàdell a i oàdeiàNo
a
oà àl u i aà itt ài à
i,àsià egist aàlaàp ese zaàdiàu aà o u it àlati aàdiàu aà
certa consistenza, composta con buona probabilità da mercanti pisani570. Dal momento che
glià a ita tià dellaà epu
li aà
a i a aà saepiusà a alià o
e ioà Pa o
u à lu atu à
568
Ibidem, pp. 91-98.
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 235.
570
I. PERI, “ull ele e to lati o ella “i ilia No
Siciliani, II, Palermo 1954, p. 4.
569
a
a, in Bollettino del Centro di Studi Filologici e Linguistici
121
e i eàsolitiàe a t
o ittadi i,à
571,
si può ipotizzare che in città fosse presente un certo numero di loro
o pag ià oà al e oà uo i ià dellaà stessaà fede
572.
Sono, con ogni
verosimiglianza, gli stessi uomini che vivono nei pressi della Cala e che nel 1063 cercano
l allea zaà o à ià No
usul a ià dià Pale
upie tes
a
o,à
i,à i ita doà ilà gio a eà o teà ‘ugge oà aà i te e i eà o t oà ià
uasda à i ju iasà a à ipsisà Pa o
ita isà passi vindicari
573.
I àog ià asoàl appo toàdei Latini i àte
i ià u e i i,à o àl a i oàdeiàp i iàNo
a
ià
sull isola, resta poco incisivo; è infatti significativo che la compagnia stessa dei milites
guidata da Ruggero sia inizialmente così ridotta da obbligare il Gran Conte a richiedere
effettivi al fratello Guiscardo, in cambio di munera eàp o esse.àá o aàt e t a
iàpiùàta di,à
quando nel 1091 i Normanni di Ruggero portano a termine la presa di Noto, ultima
o afo teà usul a aàdell isola,àlaàp ese zaàdiàLati iàsull isolaà o ti uaàaàesse eàs a sa.àáà
testi o ia loà àl i iziati aàdell álta illa,àilà uiào ietti oà o sisteài
a zituttoà ell i teg a eà
le élites arabe e greche preesistenti all'interno dell'apparato amministrativo e burocratico
del neonato possedimento, e in secondo luogo nel sostenere e incoraggiare flussi migratori,
di ettià e soàl isola,àdiài di iduiàeàfa iglieàp o e ie tiàdallaà o ilt àdell Eu opaào ide tale.àà
I à “i ilia,à o eà i à p e ede zaà elà estoà delà Mezzogio o,à ià No
a
ià i fattià non erano
ge teà e utaà i à f otteà aà sta zia eà elà paeseà o upatoà … ,à o à ese itoà o di atoà heà
si
et i a e teà s adagiasseà i à asaà de à i ti
574.
Giunti in territorio italico agli inizi del
secolo undicesimo come bande di pellegrini e mercenari, alla ricerca di redenzione e
soprattutto di fortuna, i Normanni sono i protagonisti della convulsa conquista del Sud Italia
ai danni di Bisanzio, ma anche dei Longobardi, del papato e del mondo islamico.
Procedendo in maniera disordinata e secondo direttrici pressoché casuali, questi guerrieri
- cavalieri e membri della piccola nobiltà in cerca di status - non sono una compagine
militare organizzata e unitaria, animata da una qualche coesione di stirpe, né tantomeno
dall i te toà dià aggiu ge eà u à p e isoà eà o u eà o iettivo strategico. Si presentano
piuttosto come una nuova e pericolosa realtà, variegata e poliedrica al proprio interno, che,
571
GOFFREDO MALATERRA cit., p. 150.
PERI, “ull ele e to lati o ella “i ilia No a
573
GOFFREDO MALATERRA cit., p. 150.
574
AMARI, Storia dei Musulmani cit., III, p. 146.
572
a cit., p. 4.
122
in virtù della propria dirompenza, tende non solo allo stanziamento su nuove terre ma,
mossa da una progressiva quanto irrefrenabile spinta, ad allargare questi nuovi domini e
ad acquisirne di nuovi.
Sin dagli albori della conquista le bande di Normanni che discendono dalla Francia,
sono dunque formate da milites provenienti non solo dalle terre propriamente normanne,
ma anche da altre regioni d'oltralpe come Fiandre e Bretagna. A tale proposito Hubert
Hou e àsostie eà heà u à ua to,àoàfo seàpe si oàu àte zo,àdeiàNo
il Sud non proveniva dallaàNo
a dia
575. Certo
della Normandia - p otago isteàdellaà o
a
ià heà o
uista o oà
l ele oàdelleàfa iglieà eal e teào igi a ieà
uistaàdell isolaàoà heàsiàagg ega oà eià omenti
immediatamente successivi legandosi agli Altavilla attraverso rapporti vassallatici e una
fitta rete di politiche matrimoniali - è significativo. Tra quelle più in vista e potenti basti
citare le casate dei d É eu , dei Culchebret, dei Say (o de Sées), dei Malcovenant, dei
Grandsmesnil, dei de Lucy, degli Avenel, dei Berlais, dei Bonnel, dei Mortain, dei
Mallabret576. Ma altrettanto significativa è la presenza di cavalieri e di casate che, pur
avendo altra provenienza regionale, le affiancano ponendosi alàseguitoàdegliàálta illa.àE à
questo il caso di Roberto d E
u , membro della casa comitale di Provenza, o dei Borello,
dis e de tiàdiàu aàdi astiaàf a aàoàlo go a da,àsta ziatasiàfi àdall epo aàdiàCa loàMag oà
in Abruzzo577. Il più attento dei cronisti normanni per quanto attiene a notizie di questo
genere è Goffredo Malaterra, che nel suo De Rebus Gestis riferisce diversi nomi di cavalieri
o di ecclesiastici non normanni, ma comunque francesi, presenti fin dagli esordi al seguito
di Ruggero, dei quali spesso si preoccupa di indicare anche la terra di provenienza. Ad
esempio scrive il cronista di un tale E is a do,à o aggiosoà gue ie o,à
o toà elà o soà dell assedioà dià Tao
atio eà B ito
578,
i aà elà te tati oà dià sal a eà ‘ugge oà eà pe à uestaà
ragione onorato per volontà del Conte stesso con magnifici onori funerari. Altra
informazione riguarda la creazione, tra il 1087 e il 1088, delle diocesi di Mazara, Agrigento,
Cata iaàeà“i a usa.àL auto eà itaà o eàeàp o e ie zaàdeià es o ià he,àpe à ole eàdià‘ugge o,à
575
Vedi H. HOUBEN, I Normanni nel Sud, in Studi in onore di Salvatore Tramontana, Avellino 2004, pp. 269280.
576
Vedi L. R. MÉNAGER, Inventaire des familles normandes et franques émigrées en Italie méridionale et en
Sicilie (XIe-XIIe siècles), in Roberto il Guiscardo e il suo tempo, Atti delle prime giornate normanno-sveve, Roma
1975, p. 320.
577
Ibidem.
578
GOFFREDO MALATERRA cit., p. 213.
123
so oà aà esseà p eposti:à laà sedeà epis opaleà dià ág ige toà à affidataà aà Ge la do,à
állo ogu
579,
la diocesi di Siracusa viene attribuita a Ruggero, chierico provenzale, e
i fi eà uellaàdiàCata iaà àasseg ataàadàá ge io,à atio eàB ito e
“e o doàG aha àLoudà
toàge ui eàNo
o
a
atio eà
a s
581, ma
580.
eà ustà o ti ueàtoàassig àaàp i a l à oleài àtheà o
uestà
questo non contraddice il fatto che fin dagli albori del dominio
oài à“i iliaàl ele e toàlati oà app ese tià o àsoloàu aà i o a za,à aàa heàu à
gruppo piuttosto multiforme e variegato al proprio interno. A ben vedere, anzi, questa
poliedricità cresce, man mano che si stabilizza il controllo degli Altavilla. Essi infatti, fin dai
tempi del Gran Conte Ruggero, danno avvio a un progressivo, seppur lento e per niente
uniforme p o essoàdiàlati izzazio eàdelà o doàsi ilia oàa heàatt a e soàl i po tazione di
elementi provenienti da diverse province francesi e da zone del Piemonte e della
Lo
a dia.àIlàfattoà à he,àpiùài àge e ale,à iàNo
a
iàe ig atiàalà“udàe a oàsolta toàal u eà
migliaia, e rimasero quindi un minoranza in un paese popolato da gente di lingue e religioni
di e se
582.à L
e ig azio eà o
a
aà erso il Sud Italia e in particolare verso la Sicilia
continua così i à a ie aàp esso h ài i te ottaàpe àtuttoàilà o soàdell XIàse oloàeàdu a teàià
primi anni del XII. Una famiglia normanna di rilievo - oltre a quelle già segnalate nelle pagine
precedenti - giunta alla corte palermitana dove acquisisce un peso non indifferente dal
punto di vista politico, è quella dei Guarna, potenti nelle Puglie e nel Salernitano. Ramo
cadetto della famiglia degli Altavilla, i Guarna discendono da Goffredo, quarto figlio
as hioàdiàTa
edi,à apostipiteàdellaàsti peàdegliàálta illa,à ge tiluo oàdià o ilt à ezza a,à
dià s a soà a e e,à dià g a à fo zaà eà o aggio
583.
Il nome Guarna pare derivi da una diffusa
consuetudine, per cui avendo Goffredo ucciso nella battaglia di Civitate del 1053
combattuta contro le forze congiunte di Impero e Papato, un condottiero imperiale di
nome Werner, ne acquisisce poiàl o o asti a584. Personaggi di altissimo rilievo alla corte
degli Altavilla, appartenenti a questa illustre gens, sono Silvestro di Marsico, cugino di
579
Ibidem, p. 282.
Ibidem.
581
G. LOUD, Ho No a
as the No a Co uest of “outhe Ital , in Conquerors and Churchmen
Norman Italy, a cura di G. LOUD, Farnham 1999, pp. 19-20.
582
HOUBEN, I Normanni del Sud cit., p. 274.
583
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 30.
584
LOUD, Ho No a
as the No a Co uest of “outhe Ital cit., p. 22.
580
124
Ruggero II, capace soldato e uomo politico, e Romualdo Guarna, arcivescovo di Salerno,
cronista e membro della familiaritas regis.
E à el corso del secolo XII heà leàdi ett i ià eà l ampiezza dei flussi migratori vanno
modificandosi585. Si assiste infatti al progressivo esaurirsi dell e ig azione dalle zone della
Normandia e si registra per contro un forte aumento di immigrati che provengono da altre
p o i eàdellaàF a iaàeàdell Europa, come gli inglesi Roberto di Selby586, Thomas Brown587,
Florius de Camerota588, o come Riccardo Palmer, ordinato arcivescovo di Siracusa da
Guglielmo I e tra i grandi protagonisti della Curia regis normanna per circa un trentennio
sotto il regno dei due Guglielmi. A tal proposito lo stesso Falcando nel suo Liber avverte che
‘ugge oà IIà T a salpi osà
a i e,à u à a à No th a
isà o igi e à du e et,à s i et ueà
Francorum gentem belli gloria caeteris omnibus anteferri, plurimum diligendos elegerat, et
p ope siusàho o a do
589.
Una tale tendenza del resto si era già affermata sotto il regno
del Gran Conte nel tentativo di bilanciare la grande discrepanza di numero tra i
conquistatori franco- o
a
iàeàl ele e toài dige oàa a o-greco.
Questi flussi migratori heà a atte izza oàilàdo i ioà o
a
oàsull isola,àte do oàaà
proseguire sotto la reggenza delle rispettive regine-madri, Adelasia del Vasto e Margherita
di Navarra. Entrambe infatti, al fine di rafforzare il proprio potere, continuano ad affiancare
alla corona cavalieri, funzionari e chierici provenienti dai rispettivi ambiti famigliari o terra
di origine, in modo da rimpolpare le fila del Regno con elementi provenienti dal più affine
ambiente italico-germanico e franco-ispa i o.àNell ulti oàde e
osìàa ioàl i
ig azio eài à“i iliaàdeià osiddettiàLo
ioàdell XI secolo prende
a di.àNelà‘eg oàgiu go oài di iduiàeà
intere comunità da diverse zone del Piemonte e della Lombardia, in cerca di terra e fortuna.
Quella dei Lombardi risulta essere, per intensità e durata, una vera e propria migrazione,
che coinvolge gruppi anche molto numerosi, caratterizzati al loro interno da forti differenze
e o o i heàeàso iali.àLaà agio eàdell a i oà assi ioàdià olo iàdall Italiaàsette t io aleà à
da ricercare in cause diverse, ma strettamente concatenate le une alle altre: la pesante
585
Ibidem, p. 21.
Vedi nota 549 in questa tesi, p. 114.
587
Potente magister cappellanus sotto il regno di Ruggero II. Vedi nota 46 in TAKAYAMA, Confrontation of
Powers in the Norman Kingdom of Sicily cit., p. 548.
588
Ricopre la carica di Justiciarius ininterrotamente sotto il regno normanno. Vedi ibidem.
589
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 287.
586
125
dep essio eà e o o i aà heà staà olpe doà uestià te ito ià aà pa ti eà dall a
oà
ille;à laà
conseguente forte pressione demografica; soprattutto il progressivo formarsi dei comuni,
che porta alla crisi dei poteri tradizionali590. La stessa importante famiglia marchionale degli
Aleramici, alla quale appartiene la regina Adelasia, è direttamente coinvolta in questi
movimenti: in questo periodo giunge infatti a Palermo Enrico del Vasto, figlio del marchese
Bonifacio e fratello minore di Adelasia, a cui vengono affidati titoli, terre e incarichi. Ed è
oltoàp o a ileà heà otestoà a oàdellaàCasaàale a i aàa
suoiàpa tigia i
Pale
o
o,à dalà
591,àsop
iaà o dottiài à“i iliaà oltiàdeià
attuttoà e soàlaàpa teào ie taleàdell isola,à aàsicuramente anche a
o e toà heà alt ià a pollià dellaà Casaà ale a i aà e a à e utià ui ià aà
atte eàsottoàleài seg eàde àNo
a
i
592.
Tale andamento, se subisce una parziale battuta di arresto con Guglielmo I, il quale
preferisce appoggiarsi all élite funzionariale locale composta in grande parte da Greci e
Arabi, riprende nuovamente sotto la reggenza della moglie di questo, Margherita di
Navarra - figlia del Re di Navarra, Garcia Ramirez, detto el Restaurador - che ascende alla
reggenza alla morteàdelà a itoà elà
,àaà ausaàdellaà i o eàet àdelàfiglio.àI à uell a
oà
infatti vediamo approdare nella città di Palermo Rodrigo Gracés, fratello della regina
edo a.à I sig itoà dellaà Co teaàdiàMo tes aglioso,à oppida ueà “i iliae,à uaeà u à eode à
Comitatu Gauf idusàCo esàoli àte ue at
593, Rodrigo non è ricordato dal Falcando con toni
lusinghieri. Innanzitutto il cronista mette in dubbio la sua ascendenza reale, dal momento
che secondo voci riportate nel Liber,à ‘e à Na a o u à u
credidit
o fe
594.àL
i deg it àdià uestoàpe so aggioà àdelà estoà - sempre a detta di Falcando -
ataà dall aspettoà fisi o,à poi h à pa usà statu a,à a a à ha e sà a issi a ,à su à
pallidaà ig etudi eà foedatus
u aà i
590
ua à filiu à suu à elà esseà
595;à dall
ataeàstoliditatisàse pli itate
a i oà i dis etus,à eli guis
597;
contraddistinto da
e ancora dalle abitudini immorali di cui è servo,
R. BORDONE, G. SERGI, Dieci secoli di medioevo, Torino 2009, pp. 152-161.
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 154.
592
Ibidem, p. 136.
593
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 107.
594
Ibidem.
595
Ibidem.
596
Ibidem.
597
Ibidem, p. 126.
591
596,
126
o eàl esse àdeditoàalà alea u àetàtesse aeàludu
aà‘egi aàsi iàt adita àfa ileà o su psisset
599.
598,à
o àleà ualià i
e sa àpe u ia à
Infine è dipinto come uno straniero, che
poco a che fare con la Sicilia e con le sue genti, tra cui sono annoverati ovviamente, ormai,
a heà ià F a hià eà ià Lo
a di.à Laà stessaà egi aà Ma ghe ita,à all a i oà delà f atello,à itie eà
opportuno mutarne il nome da Rodericus a Henricus, poiché il primo risulta essere troppo
st a aga teàp essoàlaà o teà o
a a u ài ide e t
600. A
a
aà id ueà“i ulià o e àa ho e tesà elutàig otu àetà
completare il quadro di estraneità al mondo siciliano, lo pseudo-
Falcando segnala che Rodrigo, ormai Enrico di Mo tes aglioso,à F a o u à seà li gua à
ig o a e,à uaeà a i eà e essa iaàessetài àCu ia
601.
I multi milites Hispani602 che Enrico si
era portato appresso in Sicilia spe lucri, non sono gli unici iberici a installarsi presso la corte
normanna. Il Conte di Montescaglioso è stato infatti preceduto da un altro parente della
Regina-madre di origine spagnola, accompagnato presumibilmente da un certo seguito. Il
pe so aggioài à uestio e,àa h essoà itatoàdalàFal a do,à àGil e to,à ugi oàdiàMa ghe ita.à
Poco si sa di Gilberto, se non che è o sa gui eoàdellaà egi a,à uià‘e ,à upe àe àHispa iaà
o ato,à G a i aeà dede atà o itatu
603.à Pu
à o à a e doà otizieà p e iseà i aà l a
a i oà i à Italia,àpoi h à Gil e toà à itatoà dalàFal a doà ell ele oàdià e
oà dià
ià dellaà o ilt à
pugliese che prende parte alla congiura contro Maione604,àsiàpuòàp esu e eà h egliàsiaàgi à
presente sul suolo peninsulare intorno al 1160. Nel 1166 il Conte Gilberto torna
uo a e teà allaà Cu iaà dià Pale
consolatu à e e it
605.
oà
uodà auditaà ‘egisà
o teà si eà dilatio eà ‘egi a à
Qui diventa in poco tempo uno dei principali fautori della fazione
di corte avversa al potente gaito Pietro606 - membro di spicco della familiaritas regis e
favorito della regina607 - e alfiere delle esigenze della nobiltà di fronte alla cugina, fino al
suo definitivo allontanamento dalla capitale in seguito alla nomina a Apuliae Terraeque
598
Ibidem, p. 107.
Ibidem.
600
Ibidem.
601
Ibidem, p. 127.
602
Ibidem, p. 107.
603
Ibidem, p. 29.
604
Ibidem.
605
Ibidem, p. 96.
606
Ibidem, pp. 96-97.
607
Co posta,àolt e h àdall eu u oàPiet o,àdaà‘i a doàdiàPal e ,àa i es o oàdià“i a usa,àeàMatteoàd áiello,à
notaio del Regno.
599
127
Laboris Capitaneus,à o àl o di eàdià adu a eàu àese itoàsulà o ti e teà o t oàilàp ofila sià
del Barbarossa.
I fi eàalt oài po ta teàpe so aggioà st a ie o à he giunge nella urbs felix sotto la
egge za,ài g ossa doà osìàleàfilaàdellaàpopolazio eàlati a,à à“tefa oàdiàPe he,à le i us,àetà
o sa gui eusà‘egi ae
608.
Figlio illegittimo del normanno Rotrou, signore della Contea di
Perche, Stefano giunge a Palermo nel 1166, invitato dalla cugina reggente che aveva voluto
illiusà ad e tu à su
oà deside io
609.
Margherita poi, nonostante la giovane età di
“tefa o,à p o e i usà o o atisà adà Cu ia ,à Ca ella iu à eu à i stituit,à iussit ueà utà
universa Curia negotia deinceps ad eu àp i ipalite
asseg aàaà“tefa oàa heàl a
610. In un secondo momento, la regina
itoàa i es o atoàdiàPale
o.àDu
ueàilàpote eà heàilàgio a eà
nobile normanno riesce in così poco tempo ad accentrare nelle proprie mani grazie
all appoggioà p esso h à totaleà della regina Margherita, è tanto grande - commenta
Romualdo Salernitano -
uodàtotu à‘eg u àp oàsuoàa it ioàdispo e at
611. Come
anche
nei casi citati in precedenza, il Cancelliere a Palermo si circonda inoltre di uomini
e
appartenenti al proprio milieu famigliare e territoriale. E infatti il Perche
o pag iaàdiàuo i iàdotti,àdiàsatellitià alo osiàedàa oàfa e die iàaffa ati
eài à“i iliaài à
612
dalla Normandia e dalla Francia, aià ualià solta toà ise a aà e ià eà o o i
provenienti
613.
Poi, per
accrescere ulteriormente le fila del proprio entourage alla corte di Palermo, il Cancellarius
oltoàsiàadope aàpe àt atte e eài à“i iliaàilàpiùàg a deà u e oàpossi ileàdià o iati,à
Trasmontanos, qui de Francia nuper venerant Ierosolimam t a situ i
614,
ilitesà
e che nel loro
pellegrinaggio verso la Terra Santa fanno tappa in Sicilia.
Nel quantificare la crescente quantità di latini nella capitale, oltre al gran numero di
eu opeià o ti e talià heàgiu go oàsull isolaàalàseguitoàdeiàp i ipià o
608
a
iàt aàl XIàeàilàXIIà
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 255.
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 109.
610
Ibidem.
611
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 255.
612
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 331.
613
S. TRAMONTANA, Gestione del potere, rivolte e ceti al tempo di Stefano di Perche, in Potere, società e
popolo ell età dei due Gugliel i. Atti delle quarte giornate normanno-sveve, Bari – Gioia del Colle, 8-10
ottobre 1979, Bari 1981, p. 88.
614
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 129.
609
128
secolo, bisogna tenere conto della presenza assolutamente non secondaria delle
epu
li heà a i a eàeàdeiàlo oàuo i i.àNelà o soàdell XIàse oloàPale
oàdi e taàu oàdeglià
s alià a itti iàp i ipaliàdell i te oàMedite a eo615, in quanto porta di confine privilegiata
tra Occidente e Oriente per il transito di merci e uomini. Si è già segnalato come i Pisani
fosse oà adi atià elà tessutoà ittadi oà e à p i aà dell a i oà deià No
a
i,à aà o à so oà
uestiàgliàu i ià e a tià lati i àadàapp oda eàe a installarsi a Palermo. Prima ancora dei
Pisani era sicuramente presente una forte comunità di mercanti Amalfitani, da cui la Ruga
Amalfitana prende appunto la denominazione616. Amalfi infatti, fin dal IX secolo instaura
un rapporto mercantile privilegiato con il Mediterraneo musulmano: il principale bacino
commerciale della città campana è il Maghreb,àl Ifriqyyia eài àu àse o doà o e toàl Egittoà
fatimida. Ibn Hawqal nel suo Kitā a
otaà heàá alfiàe aàalàte poà laàpiùàp ospe aà itt à
della Longobardia, la più nobile, la più illustre per le sue condizioni, la più agiata ed
opule ta
617.à“ottoàiàFati
idiài àpa ti ola e,à
aiàt oppoàse si iliàall ideologiaàdiàjihadàa ti-
istia a,àesse doàpiùàp eo upatiàdallaàlottoà o t oàiàlo oà e i iàsu
iti
618,
i commerci
delle navi amalfitane prosperano nel Mediterraneo619. Per questa ragione la Sicilia
musulmana e Palermo, la sua capitale, risultano essere tappa fondamentale di questo
circuito capillare di scambi commerciali che porta i mercanti della repubblica campana sulle
coste del Nord Africa620.Amalfi continua a rivestire questo significativo ruolo economico
anche nel momento in cui la Sicilia passa di mano, dal mondo musulmano ai conquistatori
normanni.
615
D. ABULAFIA, The Two Italies: Economic Relations Between the Norman Kingdom of Sicily and the Northern
Communes, Cambridge 2005, p. 43.
616
Vedi questa tesi, p. 79.
617
IBN HAWQAL, Kitâ ʻal asâlik cit., p. 25.
618
D. VALERIAN, Amalfi e il mondo musulmano: un laboratorio per le città marinare italiane?,ài à ‘asseg aà
del Centro di cultura eàsto iaàa alfita a ,à -40 (2010), p. 210.
619
A tal proposito vedi D. JACOBY, A alfi ell XI se olo: o
e io e a igazio e ei do u e ti della Ghe izà
del Cairo,ài à ‘asseg aàdelàCe t oàdiàCultu aàeà“to iaàá alfita a ,à à
,àpp.à -90.
620
Pale oà learly retained its importance in the Ifriqiyan trade, even though it was, as it were, round the
corner of Sicily. But the speciality of Palermo was long-distance trade with Egypt and the east
Medite a ea :àáBULáFIá,àThe Two Italies cit., p. 44.
129
Urbs haec dives opum, populoque referta videtur, nulla magis locuples argento,
vestibus, auro, partibus innumeris. Hac plurimus urbe moratur nauta, maris coelique
vias aperire peritus621.
á alfià laà
a itti a ,à a o aà alà te poà dià ‘ugge oà II,à à dotataà dià u à otti oà
a o aggioàeàpossiedeà solideà u aàeàpopolazio eà oltaàedàagiata
622.
Tuttavia nel corso
del XII secolo la sua importanza commerciale nel Mediterraneo e presso la corte
Palermitana va progressivamente ridimensionandosi, di gran lunga superata dalle altre
Repubbliche marinare623. Contribuisce a
uestaà pe ditaà d i po ta zaà – oltre che
l espo e zialeà es itaàdiàpesoàe onomico e commerciale delle sopraddette Repubbliche
presso Bisanzio e il dar al-Islām grazie soprattutto alle crociate - il definitivo passaggio di
Amalfi sotto il controllo amministrativo della Corona Siciliana, nel 1139. Il potere normanno
sulla città impedisce di fatto alla forza navale amalfitana di operare nel Mediterraneo in
maniera autonoma e indipendente. A partire dal 1139 la prosperità commerciale di Amalfi
dipende così completamente dai privilegia concessi dalla monarchia normanna, la quale
procede tuttavia in maniera opposta. Infatti il sovrano normanno, Ruggero II, appare ben
più propenso ad appoggiare i mercanti siciliani in Egitto e a stringere vantaggiosi accordi
commerciali con Pisa, Venezia e soprattutto Genova, sempre più potenti, piuttosto che con
Amalfi, ormai sotto il proprio diretto controllo624.
La presenza a Palermo della Serenissima è certamente attestata dalla presenza della
Chiesa di S. Marco nel Seralcadio, non distante dalla Cala. Centro nevralgico della comunità
veneziana nella capitale siciliana, la suddetta chiesa è eretta nel 1144 sulle spoglie di un
antica chiesa greca grazie a un permesso concesso dalla Corona625. Ma il rapporto tra la
Repubblica veneta e i sovrani Normanni è sancito ben prima da tutta una serie di trattati
621
GUGLIELMO DI PUGLIA cit., p. 170.
AMARI, SCHIAPPARELLI, L Italia des itta el «Libro del Re Ruggero» cit., p. 96
623
D. JACOBY, Commercio e navigazione degli amalfitani nel mediterraneo orientale: sviluppo e declino, in
Interscambi socio-culturali ed eco o i i f a le ittà a i a e d Italia e l O ide te dagli osse ato i
mediterranei. Atti del Convegno Internazionale di Studi in memoria di Ezio Falcone (1938-2011). Amalfi, 1416 maggio 2001, Amalfi 2014, pp. 123-124.
624
Ibidem, p. 125.
625
Vedi ABULAFIA, The two Italies cit., p. 79.
622
130
che perdureranno nel corso della monarchia. Esenzioni commerciali a Venezia sono infatti
concesse da re Ruggero II fin dagli anni trenta del XII secolo626. Altri accordi commerciali
con la Serenissima, tesi a confermare o ampliare i privilegia concessi, e connessi dunque
con la presenza di veneziani a Palermo, vengono poi firmati anche dai successori di
Ruggero. Nel 1154 Maione di Bari, appena nominato admiratus admirati da Guglielmo I, si
adope aàaffi h à legatosàVe etia àCu iaà i te dosàesse
627
sotto la direzione di Roberto
di San Giovanni628,à o àl o ietti oàdiàst i ge eà uo iàa o diàpe à affo za eàleài te azio ià
commerciali fra le due potenze629. In seguito simili accordi sono confermati anche da
Guglielmo II nel 1175630 e nel 1177 - con la stipulazione della Pace di Venezia - grazie
all azio eàdiplo ati aàdelloàstessoà‘o ualdoà“ale ita oàp essoàlaà o teàdeiàdogi631.
Infine, di gran lunga maggiore rispetto a Pisani e Veneziani, è la presenza in Sicilia di
mercanti genovesi. Come per Venezia, anche la storia della cooperazione commerciale tra
gli Altavilla e la Superba risulta essere, seppur non priva di difficoltà, molto lunga e
pressoché senza interruzioni dal momento del suo inizio nel 1116 sotto il dominio del Gran
Conte sin oltre la caduta della monarchia normanna. Sempre per opera di Maione, che mira
a staccare - soprattutto militarmente - l i pe oà iza ti oàdalleàpote zeà a i a e,à elà
à
è stipulato un vero e proprio trattato di amicizia con chiare implicazioni politiche e non solo
commerciali. A seguito di questo trattato, se da un lato i genovesi ottengono il rinnovo e
l a plia e toà dià ese zio ià gi à o esseà eià po tià dià Pale
l espulsio eà dià
oà eà Messi a,à o h à
e a tià p o e zalià eà francesi loro concorrenti, per contro la Corona
normanna si assicura un patto di non belligeranza con la Superba, così che Genova non si
schieri contro il Regno di Sicilia632. Il forte legame che si instaura così tra Genova e la Sicilia
porta non solo un grande numero di galere, marinai e mercanti genovesi nella capitale
sicula, ma anche uomini e capitali appartenenti ai comuni e alle città che a Genova sono
626
Ibidem, p. 88.
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 67.
628
ált oà uo oà fedelissi oà delà ‘eà eà dell admiratus, canonico della cattedrale di Palermo, eletto da poco
cancellarius in luogo dello stesso Maione.
629
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 89.
630
ABULAFIA, The two Italies cit, p. 88.
631
Ibidem, p. 24.
632
Ibidem, pp. 96-97.
627
131
federate: dimorano infatti a Palermo anche un discreto numero di Lucchesi e soprattutto
Savonesi633.
Dunque nella Palermo normanna i Latini appaiono in decisa crescita, tanto da
passare da elemento secondario a principale. Il processo di latinizzazione della popolazione
palermitana è peraltro graduale e piuttosto lento, p o edeàse o doàl a da e toàdeiàflussià
ig ato ià istià po a zi,à edà à desti atoà aà o lude sià solta toà sulà fi i e della dinastia
o
a
aà g azieà allaà defi iti aà assi ilazio eà dell et iaà g e aà eà allaà a iata,à alla
persecuzione e infine all a
ie ta e toàdià uellaà usul a a.àDe isi oà ài olt eàilàfattoà heà
uestoàp o essoà o àsià o figu aàsoloà o eàu à i a
ioàdià sa gue ,à e sìàpiuttostoà o eà
u à piùà o plessoà p o essoà dià lati izzazio eà dell i te aà so iet
634.
I Latini in larghissima
maggioranza appartengono alle classi più elevate della città palermitana: sono componenti
dell a isto aziaàfeudaleàeàg a diàe lesiasti i che dimorano a corte; sono i ricchi e potenti
e a tiàdelleà‘epu
li heàMa i a e.àFi àdalàsuoàa i oàdu
ueàl ele e toàlati oàsiàpo eà
allaà di ezio eà dellaà itaà dell isolaà eà dellaà suaà apitale.à á heà seà ilà o doà fu zio a iale,à
rimane ancora per un certo tempo saldamente nelle mani di Greci e soprattutto Arabi in
virtù della loro ben più radicata tradizione amministrativa, il mondo latino funziona, proprio
in relazione al proprio maggiore peso sociale, quale modello a cui tendere, grazie anche
all azio eà apillare di conversione e proselitismo perseguita dalla Chiesa di Roma, di cui i
sovrani normanni sono legati apostolici. In seguito a tale azione molti membri appartenenti
alle aristocrazie greche e arabe si convertono progressivamente al credo latino nel
tentativo di mantenere inalterato il proprio status sociale635.àL ele e toàlati oàsiàaffe
o àse p eà aggio àfo zaàa heàp essoàlaà o ghesia àe o o i aàpale
aà
ita aà- costituita
ancora in prevalenza da musulmani almeno fino al regno di Guglielmo I636 - soprattutto
grazie al ruolo sempre più importante svolto dai ricchi mercanti provenienti dalle
Repubbliche marinare del nord Italia. A Palermo, sotto la monarchia degli Altavilla, nel
633
Seppur città sottoposta al dominio genovese, la connessione tra questa città e la Sicilia fu sempre molto
forte, dal momento che Adelasia del Vasto, Regina e moglie di Ruggero II, proviene proprio dalle fila
dell a isto aziaàsa o ese.àáàtalàp opositoà edi ABULAFIA, The Two Italies cit., p. 63.
634
PERI, “ull ele e to lati o ella “i ilia No a a cit., p. 19.
635
Vedi questa tesi, p. 116.
636
Colpo decisivo in questo senso si ha con il duro pogrom scoppiato in seguito alla rivolta baronale contro
Maione e il Sovrano nel 1161.
132
corso del XII secolo, i Latini non appaiono soltanto come la compagine qualitativamente
preminente della città, ma costituiscono anche una vera e propria maggioranza
quantitativa637.
III.6. Populus Panormi.
Un ultimo aspetto, quando si consideri la composizione della popolazione
palermitana, riguarda il populus. Dalleàpagi eà heàià o istià o
a
ià edigo oàall epo aà
non è ben chiaro, sia in termini giuridici sia sociali, a cosa essi facciano corrispondere il
termine populus. Nelle opere di questi autori, il termine populus è infatti spesso sostituito
nel corso della narrazione da altri vocaboli, con sostanziale identità di significato: vulgus,
turba o il ben più frequente plebs, sembrano funzionare come sinonimi, atti a indicare in
blocco tutta quella popolazione cittadina che non rientri nel gruppo dei nobili o degli
uomini di Chiesa. Questa intercambiabilità di termini tuttavia confligge con la definizione
giuridica tradizionale riportata nelle Institutiones di Giustiniano secondo cui populus e plebs
rappresentano due soggetti sociali diversi, con caratteristiche giuridiche differenti che li
sepa a oà etta e teàl u oàdall alt o.àCosìàs i o oàleàInstitutiones al riguardo:
plebs autem a populo eo differt quo species a genere: nam appellatione populi
universi cives significantur, connumeratis etiam patriciis et senatoribus: plebis
autem appellatione sine patriciis et senatoribus ceteri cives significantur638.
La precisione con la quale la classificazione giuridica giustinianea descrive il populus
si è dunque completamente offuscata al tempo dei Normanni, rendendone la
atego izzazio eà sto i a e teà a
iguaà eà s ie tifi a e teà i defi i ile
639.
Il quadro è
inoltre ulteriormente complicato dal fatto che tutti i cronisti leggono la società attraverso
il filtro interpretativo proprio delle classi sociali più elevate, alle quali essi fanno riferimento
eàde t oàleà ualiàsià i o os o o.àL adozio eàdià uestaàp ospetti aàso ial e teà s hie ata à
PERI, “ull ele e to lati o ella “i ilia No a a cit., p. 11.
Institutiones, in Corpus iuris civilis a cura di P. KRUEGER, T. MOMMSEN, Berlin 1877-1895, p. 1.
639
TRAMONTANA, Gestione del potere, rivolte e ceti cit., p. 99.
637
638
133
te deà aà i de oli eàl i te esseà aà disti gue eà eà aà oglie eà ilàdi e soà ilievo economico e le
u e oseà sfu atu eà so ialià heà do e a oà e ta e teà p ese ta sià all i te oà dià uelà
variegato e molteplice elemento cittadino che è il populus Panormi. Dunque, tutti quei cives
che non appartengono al ristretto gruppo costituito dalla nobilitas feudale,àdall altoà le oàeà
dall altoà fu zio a iatoà dià o te,à aglià o hià dià uestià auto ià assu o oà ià t attià eà leà
caratterizzazioni politiche, ma anche emotive, della plebe. Così per lo pseudo-Falcando,
come destato da un eterno capriccio, il populus Panormi è volubile e cangiante negli intenti.
Quodà og atusàestà“i ulis
ua àfidei
641,àpassa
640
- aggiu geàl á o i oà- ilàpopoloàp efe is eà te po iàse i e,à
doàp o ta e teàdaàu oàs hie a e toàall alt oà o eàu aà a de uolaà
che si piega al primo, lieve soffio di vento. Secondo il giudizio generico e durissimo di tutti
i cronisti, il popolo si presenta come una creatura informe, schiamazzante e subdola, degna
solo di disprezzo. Ma se agli occhi di questi autori è tanto facile scuotere il populus dalla
sua quieteà o àp o esseàeà o pe si,à ua toàistiga loàeài li a loàall odioà eià o f o tiàdià
ual heàpote te,à uestoà ài àg adoàdià i ela siàall o asio eàa heà estiaàfe o e,àpote teàeà
riottosa da cui guardarsi con attenzione. Il furor, che è in grado di accendersi subitamente
ell a i oàdelàpopoloàpale
ita o,à àfa ileài fattià heàsiàt a utiài ài e dioài do a ileàeà
devastante. Così il popolo furens,àa e atoàdall ira642, diventa impetum travolgente che si
riversa nelle strade della città come un fiume in piena; forza incontrollabile e assetata di
sangue, che non si placa se non una volta raggiunto il proprio obiettivo.
Le fonti non consentono di entrare troppo nel merito e di caratterizzare con
precisione il populus dal punto di vista sociale, politico e giuridico643, dal momento che i
o istiàdell epo aàte do oàaà app ese ta loà o eàu i fo
a à ulie u àtu a
644.àE
eàeàa o i aà
ultaà i o u à
àe ide teàtutta iaà heàessoàdo e aàp ese ta eàalàp op ioài te oà
delle innegabili diversità. Innanzitutto è necessario ricordare che a Palermo - come nel
estoàdelàMe idio e,à aàa heà elleà itt àdell Italiaà e t osette t io aleà- la composizione
della civitas si articola al proprio interno in tre grandi, anche se poco definite, categorie.
640
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 331.
Ibidem.
642
Vedi fu e tisàple isài a à o pes e e : ibidem, p. 132.
643
TRAMONTANA, Gestione del potere, rivolte e ceti cit., pp. 97-98.
644
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 131.
641
134
Nella comunità cittadina si possono infatti distinguere cives maiores, mediocres e minores.
I maiores sono i comites et proceres regni645 che risiedono nella capitale, membri del
funzionariato di corte, i grandi negotiatores, che controllano i mercati, e coloro che
appartengono al mondo aristocratico-feudaleà eà all altoà le o;à sià ipa tis o oà i e eà t aà
mediocres e minores i mercanti di medio o minore rilievo, i grandi o piccoli artigiani, i
proprietari più o meno modesti, i giudici e i notai. Sono proprio questi due ultimi gruppi,
così duttili nei loro confini e difficili daàdisti gue eàl u oàdall alt oà- tuttavia caratterizzati al
proprio interno da sostanziali differenze quanto a peso economico e sociale - a rientrare
all i te oà delà ge e i oàte
i eà populus.à E à a o aà Fal a doà aà seg ala eà uestoàfatto in
diversi passi del Liber in cui vengono narrati i moti popolari che sconvolgono la capitale
ell et àdeiàdueàGugliel i.
sic homines etate, moribus genereque diversi, variis nichilominus dissonisque rerum
studiis agebantur646.
Nonostante egli osservi il panorama sociale siciliano attraverso la prospettiva tipica
del mondo feudale, il populus, che minacciosamente tumultua davanti al palazzo reale nel
corso della congiura ordita dalla nobiltà feudale contro Maione e Guglielmo I, rivela al
proprio interno evidenti differenze di ricchezza, costumi, condizioni sociali e di obiettivi
politici. Questo stesso dato viene riscontrato anche da Romualdo Salernitano, quando nel
Chronicon seg alaà heà
ultià deà populo,à uià i à ho à fa toà so iià Matheià fue a t
organizza oà o t oàilàgo e oàdell odiatoàMaio eàdiàBa i.àChia oà àdu
647
si
ueà heà uestaàpars
del popolo che nel corso della congiura stringe alleanza con il Bonello non è sicuramente
costituita da membri della plebs, ossia dagli indigentes, ma da populares di ben altro rango.
Tuttavia il tentativo di attribuire un più preciso ruolo politico alle diverse
o po e tià st atifi ateà all i te oà delà populus è estremamente problematico, dal
momento che le notazioni presenti nelle varie cronache conservano un margine di
indeterminatezza eccessivamente ampio. A ciò concorre non solo la scarsa pregnanza delle
645
PIETRO DA EBOLI cit., p. 147.
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 56.
647
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 246.
646
135
fonti ma anche il contesto storico al quale esse fanno riferimento, che è quello dei momenti
convulsi e poco chiari di una generalizzata rivolta cittadina. Qualche osservazione è tuttavia
possibile. Per rivestire il peso politico che la narrazione del Chronicon attribuisce loro,
questi
ulti , che nella rivolta affiancano direttamente i barones, dovevano essere i
rappresentanti più influenti del populus, o almeno una buona parte di essi. Ad allearsi con
ià o giu atià o t oàl admiratus ammirati sono dunque probabilmente quelle componenti
del populus il cui presumibile peso economico, conferito da una ricchezza che poteva essere
anche molto vicina a quella propria delle classi dirigenti, non trovava alcun riscontro a
livello politico648. E ancora, al medesimo gruppo - economicamente forte - sembrano
appartenere quei membri del populus che fanno societas fra loro nel corso della rivolta
contro il cancellarius Stefano del Perche.
Qui circa Viam Coopertam et in parte superiore vie Marmoree commanebant,
videntes rixas et seditiones inter curie familiares exortas, societatis inter se fedus
inierant649.
áàtesti o ia eàl ele atoà edditoàdià uestaàpars civium sta almeno un indizio, il fatto
cioè che questi individui abitino - o eàseg alaàl á o i oà- nella parte superiore della Via
Coperta e lungo la Via Marmorea, nei pressi della Cattedrale. Questa è la zona urbanistica
in cui tradizionalmente si concentrano i palazzi della grande nobiltà siciliana e le dimore
delle famiglie più abbienti e più in vista della realtà cittadina palermitana. Non mancano
dunque segnali tali da suggerire la presenza a Palermo, come in altre città, di gruppi sociali
che, pur essendo catalogati come populus, risultano più precisamente delimitabili per
i po ta zaà e o o i a,à o t a ia e teà aà ua toà i e eà se
aà ost a eà l i
o ilità
della situazione del potere politico650. Oltretutto, questa cerchia costituita da ricchi
populares doveva anche essere caratterizzata da una certa coesione interna,
648
TRAMONTANA, Gestione del potere, rivolte e ceti cit., p. 100.
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 156.
650
TRAMONTANA, Gestione del potere, rivolte e ceti cit., p. 100.
649
136
presumibilmente dovuta alla presenza di una fitta trama di reti parentali e matrimoniali,
volte a legare le diverse famiglie, le une alle altre651.
áll i te oàdià uestoà o pli atoàpa o a aàso iale,àpoliti oàedàe o o i o,àsiàpuòà
i di idua eà ellaàPale
oà o
a
aàu aàso taàdià as e teà os ie zaàdià lasse àpopola e,à
quale appare in formazione nei o u iàdell Italiaàsette t io aleàaàpa ti eàdallaàfi eàdelàXIIà
secolo652? La risposta che i più importanti studiosi di questo periodo danno a tale domanda
àdiàfattoàu a i eàeà egati a:àdiàtaleà os ie zaàdià lasse àt aàgliàst atià o à o ilia iàdellaà
popolazione non vi è traccia alcuna, nemmeno a uno stato embrionale. Le ragioni sono da
ricercare sia nella particolare struttura del potere della giovane monarchia normanna di
Sicilia, sia nel rapporto che si instaura fin dal principio tra le realtà cittadine del Regnum
Siciliae eàlaà o o a.àáàdiffe e zaàdià ua toàstaàa ade doà ell Italiaà e t oàsette t io ale,à
nello stato normanno non si assiste a quella dissoluzione del potere centrale, che
ostituis eàl i dispe sa ileàp esuppostoàpe àlaàfo
dall i izioà delà lo oà do i io,à i fatti,à ià so a ià o
azio eàdelleà a ie realtà comunali. Sin
a
ià ost uis o oà ilà p op ioà eg oà sulà
modello autocratico orientale, e a quel modello - in cui nessuno spazio è lasciato a poteri
alternativi che esulino dal loro diretto controllo - restano fedeli.
Rex Roggerius, in regno suo perfecte pacis tranquillitate potitus, pro conservanda
pace camerarios et iustitiarios per totam terram instituit, leges a se noviter conditas
promulgavit, malas consuetudines de medio abstulit653.
Le autonomie cittadine, cui corrisponde la volontà di autogestione e autodecisione,
eà heà pu eà so oà p ese tià elleà ealt à u a eà delà “udà Italiaà p i aà dell a e toà deià
conquistatori normanni, sono così tempestivamente frenate e completamente racchiuse
entro le maglie di un sistema autocratico grazie al quale la corona si arroga il capillare ed
es lusi oà o t olloà dell ese izioà dellaà giustiziaà eà dellaà fis alit ,à oltoà aà a te e eà o à
651
Ibidem.
Vedi G. MILANI, I comuni italiani, Bari 2009, pp. 61-158.
653
ROMUALDO SALERNITANO cit., p. 226.
652
137
risolutezza la pax regis eà u eà ieàso ialeàha
o ieuse
654.
Ciò che, a questo proposito, è
riportato da Romualdo Salernitano nel Chronicon, di fatto è già stato affermato con forza
nella Monitio generalis egist ataà ell ássiseàdiàá ia oàdelà
pe à is ittoà eà o à alo eà dià leggeà heà u i a e teà allaà
aleà fa tu à i à
accentrato nelle
eliusà efo
ae
655.
,ài à uià‘ugge oàIIàaffe
aà
ost a à spe ta ità solli itudi e à
In questo contesto, così rigido e saldamente
a iàdellaà o a hia,à essu àspazioà àlas iatoàall affe
azio eàpoliti aà
della pars popola e.à Ce toà laà atu aà s hie ata à deià o istià dell epo aà o à aiutaà aà fa eà
chiarezza sulla questione, ma un dato è comunque significativo: non esistono documenti
dell epoca che attestino a Palermo, come in altre città della Sicilia, la presenza di foedera
formali di solidarietà reciproca stretti tra i membri del populus, neppure tra i suoi membri
più agiati. Dunque entro il populus, che ribolle e si agita nelle rivolte palermitane del XII
se olo,à o àsiàpuòà egist a eàal u aàp e isaàli eaàpoliti aàdià lasse ,à oltaàalà o sape oleà
te tati oàdiàso e ti eàl esiste teào di eàpoliti o656. Ad animare il populus sembrano essere
interessi di ben altra portata: la pretesa - secondo quanto riporta Ugo Falcando
ell Allocutio regis ad populum657 - di restituzione o di mantenimento di antiche
consuetudines e della iustam populi libertatem, che sono andate via via sfumando nel corso
della progressiva affermazione della monarchia normanna; la richiesta di sgravi da quelli
che sono ritenuti gli iniquis oneribus; oàa o aàl odioà eià o f o tiàdiàu àaltoàfu zio a io,àoà
viceversa la difesa di un personaggio ritenuto onesto e dunque ben voluto658. Inoltre è
evidente che queste ambizioni popolari assumono carattere di aperta sedizione solamente
nel momento in cui si legano a operazioni di ristretti gruppi di potere, i quali
strumentalizzano abilmente queste aspirazioni in funzione dei propri interessi, e cioè
quando alla nobiltà, oppure al mondo dell altoàfu zio a iato,à o ie eà oi olge eà uestoà
soggetto sociale allo scopo di aumentare il proprio peso politico.
654
L. R. MÉNAGER, L'institution monarchique dans les États normands d'Italie. Contribution à l'étude du
pouvoir royal dans les principautés occidentales, aux XIe-XIIe siècles, in Cahiers de Civilisation Médiévale ,
8 (1959), p. 461.
655
F. BRANDILEONE, Il diritto romano nelle leggi normanno-sveve, Torino 1884, p. 97.
656
G. FASOLI, Città e ceti urbani, in Pote e, so ietà e popolo ell età dei due Gugliel i cit., p. 151.
657
UGO FALCANDO, La Historia o Liber de Regno Sicilie cit., p. 63.
658
Vedi questa tesi, pp. 93-94.
138
Capitolo IV.
Il declino della Sedes Regni sotto gli Svevi.
Morto Tancredi nel febbraio del 1194 a causa di una non meglio precisata malattia,
eà e utoà osìàaà a a eàl u i oàlegitti oà i ale,àE i oàVI,ài pe ato eàdelà“a oà‘o a oà
Impero, si trova la strada spianata verso la capitale del Regno di Sicilia.
Pace triumphali mandat in urbe frui.
Protinus edictum sonat imperiale per omnes
Ne quis presumat, unde querela venit,
Et pedes et miles caute pomeria servent,
Cesaris adventus nulla virecta gravet.
Hec postquam preco clamandocircuit agmen,
Urbe pacifico milite Cesari adit659.
Tandem summa industria civium cum maximis sumptibus triumphali pompa
preparata tota coronatur civitas, (...) thure, myrra aliisque speciebus odoriferis intus
et extra civitatem redolentibus plateis; amotoque a civitate procul imperatore cum
exercitu, cives per turmas suas secundum modum dignitatum, condicionum
etatisque differenciam egressi (...) ordine stacionario in obviam procedebant,
singulis quibusque pro suo modo vel arte cum omnibus musice dicipline instrumentis
plausum exhibentibus. Imperator autem non minori industria (...) omni armorum
splendore rutilantem miliciam exhibuit, binis et binis longo tractu civitatem versus
pedetemptim incedentibus. Ipse autem cum principibus imperiali gloria et ornatu
subsecutus civitatem ingreditur660.
659
PIETRO DA EBOLI cit., p. 162.
OTTO DE SANCTO BLASIO, Chronica, a cura di A. HOFMEISTER, in MGH, Scriptores, XLVII, Hannover 1912,
p. 62.
660
139
Accolta la resa eàlaà o seg aàdellaà itt àdaàpa teàdiàu a
as e iaàpale
ita aà eià
p essiàdellaàFa a a,àE i oàVIàp o etteàeà o edeàallaà itt àl i olu it àdià e iàeàpe so e.à
Il 20 novembre dello stesso anno l Augustus t iu pha s, cingendo la palma del trionfo e
o à l esercito al proprio seguito, in pompa magna, fa il proprio ingresso nella città di
Pale
oà heàgliàsià o seg a,àa oglie doàl Hohe staufe ài àfesta,à o à iàpalagiàado iàdià
tappetiàeàghi la de,àleà o t adeàolezza tiàdiàp ofu i
661
e il popolo ossequioso, prostrato
con la fronte al suolo662.
Poche in realtà sono le fonti a nostra disposizione utili a una ricostruzione, anche
solo parziale, degli avvenimenti che investono Palermo. Lo stesso Pietro da Eboli, principale
testi o eàdelleàazio iàdell i pe ato eài à“i ilia, dopo aver narrato la sua entrata trionfale
in Palermo, non fornisce ulteriori informazioni sulla città e i suoi abitanti. Tuttavia i pochi
documenti redatti dalla cancelleria imperiale nel corso del breve soggiorno palermitano di
Enrico VI e sopravvissuti nel tempo fino ai giorni nostri, lasciano trapelare - scrive
Tramontana - u àdiffusoàse soàdià o i aàeàdiàsfa eloài o te i ile
663.
Eodem anno, Die Natalis Domini, Henricus Romanorum imperator fuit in Sicilia apud
Panormum, coronatus corona Regni Sicilia664.
No à appe aà ilà so a oà tedes oà ies eà aà i salda eà ilà p op ioà pote eà sull isola,à
formalizzato dalla sua incoronazione a Re di Sicilia il giorno di Natale del 1194, procede a
u epu azio eà suà astaà s alaà heà olpis eà tuttià ià fu zio a ià piùà i flue ti, legati per
assunzione di cariche o per sentimento di appartenenza alla tradizione normanna.
661
AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia cit., III, p. 366.
Ibidem.
663
TRAMONTANA, Palermo dai normanni al Vespro cit., p. 37.
664
RUGGERO DI HOVEDEN, Chronica Magistri Rogeri de Hoveden, a cura di W. STUBBS, in Rerum
Britannicarum Medi Aevii Scriptores, London-Cambridge 1870, p. 276.
662
140
Imperator potenter regnum intravit et obtinuit et cepit Guillelmum filium dicti
Tancredi, matrem et tres sorores suas et alios XI nobiles regni et eos captivos duxit
in Germaniam. Quos omnes preter mulieres obtenebravit lumine et in carcere
retinuit665.
Enrico VI, al fine di scongiurare rivolte o congiure da parte dei Siciliani, eliminata la
fa igliaà dià Ta
edià d álta illa,à plu esà o itesà eà eg ià ag atesà i à i ulaà o ie it
666,
molti ne deporta in terre tedesche, altri ancora ordina che siano accecati. Terre e cariche,
las iateà
a a tià dall eli i azio eà dià pa teà dell élite siciliana, sono distribuite
dall Hohe staufe àt aàiàp op ià o
eà ilita
azio aliàeàt aà ua tiàloàhanno sostenuto politicamente
e teà elà o soàdellaà a pag aài àItalia.à“e
e eàE i oàVIà ost iàl i te zio eàdià
servirsi delle strutture ereditate dal regno normanno667, la Curia regis, che fino ad allora
e aàstataàilà uo eàpulsa teàdell a
i ist azione del regno, subisce pesanti sconvolgimenti
e, almeno in parte, si trova privata di molti dei suoi più capaci ed efficienti funzionari,
rimpiazzati da individui la cui conoscenza del regno, del suo funzionamento, dei suoi usi e
costumi è, se non nulla, quantomeno poco adeguata. Il carattere marcatamente tedesco di
questa pesante ristrutturazione politica intrapresa e sostenuta da Enrico VI provocherà nel
‘eg oà o à po heà opposizio i,à ua doà o à ape teà i olteà eià o f o tià dell istituzio eà
imperiale e deià suoià app ese ta ti,à ta toà sull isolaà ua toà sulà o ti e te.à Laà isià i à uià
entra la Curia regis ha inevitabilmente conseguenze gravose sulla città di Palermo, che ne
è la sede e che a sua volta va incontro a un forte e rapido degrado.
Compiutasi la unio regni ad imperium668 sotto il dominio svevo, Palermo entra così
a far parte di un vasto impero transregionale che si estende dalla Sicilia, lungo tutta la
penisola, fino alle terre germaniche. Di conseguenza, nonostante essa rimanga
nominalmente la capitale del Regno di Sicilia, si assiste a un progressivo e inevitabile
665
Breve chronicon de rebus siculis a Roberti Guiscardi temporibus inde ad annum 1250, a cura di W. STÜRNER,
in MGH, Scriptores, LXXVII, Hannover 2004, p. 62.
666
ANONIMO CASSINESE cit., p. 318.
667
P. CORRAO, Mezzogiorno e Sicilia (secoli XI-XV), in L Italia edite a ea e gli i o t i di i iltà cit., p. 120.
668
G. TABACCO, Impero e Regno meridionale, in Potere, società e popolo tra età normanna ed età sveva. Atti
delle quinte giornate normanno-sveve, Bari-Conversano 1981, Bari 1983, pp. 28-36.
141
sposta e toà dellaà p ese zaà egiaà e soà alt eà itt à dell isolaà o eà Messi a,à sedeà
dell a se aleàeà e t oàisola oàp i ipaleàaà idossoàdelà o ti e te.àLaàpe ditaàdià e t alit à
della capitale non avviene peraltro solo sotto il profilo istituzionale e politico, ma anche
sotto quello strategico ed economico. Con i dominatori svevi si completa infatti quel
processo di ampliamento degli orizzonti economici del Regno di Sicilia dal Mediterraneo
sud-orientale verso le costeào ide taliàdell Eu opaàgi àpe seguitoàdaiàso a ià o
a
i669.
In questa nuova situazione Palermo continua a fruire di una posizione commerciale
p i ilegiata,àdo u e tataàdalàfattoà heà daiàsuoiàpo tiàl'espo tazio eàdià e ealià o ti ua aà
a svolgersi, se zaà diffi olt à oà seg ià dià e essio e
670,
ma da questo momento la sua
posizione di dominanza va diminuendo esponenzialmente, poiché a entrare
prepotentemente entro la rete commerciale promossa e sostenuta dagli imperatori Svevi
sono le grandi città portuali peninsulari del Regno, come Napoli e Brindisi, piuttosto che
Bari o Salerno.
A testimonianza di questa perdita di rilevanza vi sono diversi documenti redatti dalla
curia,à eià ualiàlaà itt àdiàPale
urbsàPa o
i
671.
oà ài di ataàse pli e e teà o eà i pe ato iaàetà egiaà
Dunque Palermo, capitale del Regnum Siciliae, non si caratterizza più -
come nel passato recente - per essere la felix urbs, ma esclusivamente in quanto sede della
o teà egiaàeàdell i pe ato e,àeàaàluiàdi etta e teàsoggetta.àL i
agi eàdiàPalermo - cuore
culturale, politico ed economico del Regno - heàt aspa i aàdalleàpagi eàdell Epistola e del
Carmen di Pietro da Eboli, sembra appannarsi e perdersi definitivamente nel secco e freddo
linguaggio giuridico della curia sveva.
Con la morte di Enrico VI, la salita al trono di un Federico II ancora infante, la debole
reggenza della regina-madre Costanza e la forte intromissione del Papa nelle questioni del
Regno672, elàte tati oàdià isola eàlaà o teàdiàPale
669
oàdalàpe siste teà o i e toàtedes oà
Vedi K. TOOMASPOEG, Il Regno e il Mediterraneo, in Il Mezzogiorno normanno-svevo fra storia e
storiografia. Atti delle ventesime giornate normanno-sveve. Bari, ottobre 8-10 ottobre 2012, a cura di P.
CORDASCO, M. A. SICILIANI, Bari 2014, pp. 217-236.
670
I. PERI, Uo i i, ittà e a pag e i “i ilia dall XI al XIII se olo cit., p. 138.
671
R. RIES, Regesten der Kaiserin Constanze, Königin von Sizilien Gemahlin Heinrichs VI, in Quellen und
Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 18, 1926, p. 46.
672
M. MACCARONE, Papato e Regno di Sicilia nel primo anno di pontificato di Innocenzo III, in Potere, società
e popolo tra età normanna ed età sveva cit., pp. 75-108.
142
in Italia
673,
la capitale è destinata a perdere ulteriore smalto. La situazione della città
peggio aà i fattià i à seguitoà all a ui sià delleà te sio ià t aà laà egi aà Costa zaà d álta illa,à
appoggiata dal Papato, e Markwald Von Anweiler, luogotenente di Enrico VI, che lo stesso
imperatore ha nominato reggente del Regno. Nello scontro che segue, Markwald si dirige
u à e e ituà suoà us ueà Pa o
u
674
e, assunto il controllo della città, vi stabilisce il
p op ioà ua tie àge e ale.àMaàpo oàdopoà às o fittoà ellaàpia aàdell O eto - antistante le
mura urbiche - dalle forze regie appoggiate militarmente dal Papa. Nel corso della guerra
o àl á
eile ,àlaàpars regia trasferisce la propria corte stabilmente nella città di Messina.
Nelà
àFede i oàII,à uasià ui di e
e,à du itài à uxorem dominam Constantiam
filia à egisà á ago u ,à ueà fue atà u o à uo da à egisà U ga ie
ele a oà ellaà atted aleàdiàPale
675.
Le nozze regali si
oà o àg a àlussoàd appa ato.àNo osta teàlaà ile a zaà
dell a e i e to,àlaà itt à àa o aàdesti ataàaà i a e eàai margini della scena imperiale,
poi h àall attoàdellaàsuaàelezio eàalàsoglioài pe ialeà elà
,àFede i oàIIàsiàallo ta aài fattià
immediatamente da Palermo e dalla Sicilia, per farvi ritorno solamente otto anni più tardi.
Durante la sua protratta assenza la corte, di cui Costanza regge le sorti, sembra non
risiedere più a Palermo, città alla quale la regina continua a preferire di gran lunga la località
di Messina.
Palermo in questi anni turbolenti perde in sostanza il ruolo di centro privilegiato del
regno in cui risiedono corte e sovrano. Se nella storia, e in particolar modo in quella del
Regno di Sicilia - avverte Tramontana -, la presenza della corte regia tanto ha condizionato,
se non oppresso, la vita cittadina in ogni suo aspetto, è anche vero che la città ne ha tratto
vera e propria linfa vitale. Palermo è stata sede della regalità: residenza del sovrano e luogo
i à uià ià so a ià e go oà i o o ati:à loà stessoà Fede i oà ‘ugge oà
Pe te ostesài àe lesiaàPa o
ita aà[…],àu tusàfuitài à ege
t a iaà loà spazioàdellaà itt
grazie alla propria presenza. E non è necessario indagare
677
676.àDu
uià e ie sà i à festoà
ueà ilà eà à oluià heà
oltre le forti connessioni tra gli aspetti sacrali della regalità normanna e lo spazio regio:
basti pensare a quanta parte della città è legata simbioticamente alla presenza della corte
673
TABACCO, Impero e Regno meridionale cit., p. 36.
Breve Chronicon cit., p. 66.
675
Ibidem.
676
Breve Chronicon cit., p. 62.
677
J. LE GOFF, Il e ell O ide te edie ale, Bari 2004 (ed. orig. Paris 2004), p. 32.
674
143
regia. Nella corte si vengono a concentrare gli imponenti apparati burocratici e
funzionariali; intorno alla figura del sovrano si coagulano gli esponenti più in vista
dell a
ie teà o ilia eà eà eligioso, nonché di quello intellettuale. Predisporre e fornire
servizi adeguati a una così grande quantità di magnates e ai numerosi individui a loro
connessi, significa muovere ingenti quantità di capitali finanziari, sicché la presenza di una
corte regia si configura anche come un significativo fattore di promozione di attività
economiche legate alle ingenti spese per il mantenimento della corte stessa, che siano esse
collegate agli scambi commerciali di beni di qualsivoglia genere o alla committenza
artistica, di fondamentale importanza in ogni centro regio.
E àl i sie eàdià uestiàele e tià heài p o isa e teàde ade.àáàPale
oà e go oà
infatti a mancare le funzioni di centro istituzionale, politico e culturale che tradizionalmente
le sono state attribuite. Questo si traduce in un generale e pesante depauperamento della
città dal punto di vista economico, che continua anche negli anni della maturità di Federico
II. A titolo di esempio basti citare la decadenza cui va incontro il rinomato Ti āz di Palermo,
che tanta magnificenza aveva suscitato nelle pagine del Falcando: a causa della scarsità di
o
itte zaà iàla o ato iàdellaàsetaà a
oàt asfe e dosiàalt o e,à o eàpu eàià osai isti,à
tanto è vero che la fabbrica del mosaico, dopo il 1225, lavora quasi soltanto per le
ipa azio i
678.
Il fatto è che Federico II non possiede una capitale stabile dove far risiedere la
p op iaà o te.àIlàsuoà eg oà à a atte izzatoàdaàu aà o dizio eàdià o adis oà osta te
679,
e si muove in direzione opposta rispetto alla tradizione ereditata dai re normanni, che
scelsero la Sicilia e Palermo come residenza privilegiata. Palermo finisce invece per essere
piuttostoà t as u ataà dall i pe ato e,à e upe a doà ilà uoloà dià eside zaà egiaà soloà pe à
periodi di tempo molto limitati. Quando non impegnato in guerre contro i propri nemici, è
noto come Federico II preferisca risiedere nei castelli reali e nei solatia della Capitanata o
in uno dei tanti palazzi disseminati sulla Strada Adriatica, arteria viaria principale del suo
regno680. Così il Palazzo dei Normanni, sede della curia normanna e fino ad allora cuore del
678
A. LA MANNA, Il Palazzo, in Palazzo dei Normanni cit., p. 65.
VILLA, La cultura della Magna Curia e la sua diffusione nel Mediterraneo cit., p. 194.
680
Ibidem, pp. 197-200.
679
144
Regnum,à o osta teàa
iaàa oltoàt aàleàsueà u aàlaàpe so aàdell i pe ato eàfi àdallaàpiùà
te e aàet ,àsià idu eàaà ie t alt oà heà ilàgus ioà uotoàdellaà egalit
681.
La perdita del ruolo di centro politico-istituzionale ed economico della Palermo del
periodo svevo ha chiari effetti anche dal punto di vista demografico. Con la dipartita dei
sovrani normanni si guasta infatti definitivamente la convivenza tra abitanti cristiani e
musulmani. Nonostante gli Svevi ratifichino la formale difesa del tradizionale pactum di
protezione della minoranza musulmana ereditato dalla monarchia normanna, fin
dall a i oàdiàE i oàVIàsiàassisteàaàu ài po ta teàesodoàdiàge tiàisla i heà heàdaàPale
oàsià
dirigo oà e soàià e t ià u aliàdell e t ote aàsi ilia o,àseà o àaddi ittu aà e soàl áf i aàdelà
nord. La situazione peggiora progressivamente anche in seguito alla sconfitta di Markwald
Vo à á
eille ,à esosià pe à l o asio eà alleatoà deià usul a ià si ilia i,à eà pe la presenza
sempre più ingombrante del papato. In questo periodo la popolazione musulmana di Sicilia
viene sottoposta a metodici soprusi, confische, conversioni forzate e pogrom da parte di
quella cristiana, senza ricevere la necessaria protezione da parteàdell auto it à e t ale.àáà
ausaàdell i e e si ilit àdellaàf attu aàdelàfoedus di convivenza con la parte musulmana, lo
stesso Federico II - tornato a Palermo dopoà l i o o azio eà i pe ialeà - si adopera a
ep i e eàilà al o te toà o àpug oàdiàfe o.àNell u ge zaàdià i ostitui eàloà“tatoài to oà
allaà o o a,àl i pe ato eàsiài peg aàaà a ella eàog ià o t astoàet i oài àg adoàdià i a eà
la stabilità del Regnum att a e soàu epu azio eàdiàfattoàdell ele e toà usul a oàdallaà
Sicilia. In questa direzione va anche la legislazione in linea con la politica papale promossa
dalloàstessoàFede i oàIIà o t oà e eti iàeàdi e siàdià ualsiasiàspe ie
682.
I Saraceni perdono
definitivamente quel ruolo di preminenza che avevano ricoperto sotto i sovrani normanni
all i te oàdelleàfilaàfu zio a ialiàdelàdī ā ,à o h àilà ote oleàpesoàe o o i oàall i te oà
delle attività commerciali cittadine. Viene dunque a mancare una componente importante
dià uelà diffusoà eà a ioà etoà o ghese ,à di e sifi atoà elleà o upazio ià eà dalleà di e seà
o dizio iàe o o i he
683,
che aveva costituito parte del successo della città nelle epoche
passate. La sua progressiva quanto rapida e cruenta dipartita crea un danno enorme al
681
SCIASCIA, Palermo e il mare cit., p. 73.
TRAMONTANA, Palermo dai normanni al Vespro cit., p. 41.
683
PERI, Uo i i, ittà e a pag e i “i ilia dall XI al XIII se olo cit., p. 29.
682
145
tessuto socio-economico cittadino, che non si rivela in grado di fornire un adeguato
ricambio a fronte di questa improvvisa mancanza.
Le ripercussioni che questi avvenimenti hanno sulla città di Palermo, producono
effettià t agi ià o à soloà sottoà l aspettoà e o o i oà eà de ografico, ma anche urbanistico.
Molti edifici e molte case vengono abbandonati dai musulmani in fuga e di conseguenza
ado oà i à o i a.à G a dià spazià all i te oà delleà
u aà e go oà las iatià all i u iaà eà alà
degrado, generando vuoti difficilmente colmabili entro la struttura urbana, anche in
quartieri centrali come il Seralcadio, la Galka e il Cassaro. La città si trasforma nel fantasma
dià uellaà heàe aàstataàlaà apitaleà o
a
a,àalàpu toà heàl a i es o oàdiàPale
di Castacca scrive in una delle sue epistole dià o àa a eàpe à ullaàl a
o,àBe a doà
ie teàdellaà itt à
pe àilàsuoà li aàpestife o àeàpe àiàta tià o flittià heà eàtu a oàlaà itaà o u ita ia 684.
Consapevole della situazione di enorme difficoltà in cui versa Palermo, Federico II
tenta infine di porre rimedio allo spopolamento e al degrado cittadino con una serie di
p o edi e ti.àI
a zituttoà ie eà eataàpe àl o asio eàu aà a i aàp epostaàall es lusi oà
controllo, mantenimento e recupero del tessuto urbanistico685. A tale funzionario viene
affidata la responsabilità di operazioni che prevedono la deportazione forzata di
popolazione da altre zone della Sicilia nel tentativo di rinvigorire la città ormai agonizzante.
È questa la sorte a cui vengono sottoposti gli abitanti di Centorbi e Capizzi da parte
dell auto it à egia:à i à seguitoà allaà dist uzio eà dià uestià dueà e t ià dellaà “i iliaà o ie tale,à
colpevoli di essersi schierati contro Federico II nella rivolta 1233, la popolazione è deportata
aàPale
o.àL espli itoào ietti oàdià uestaàope azio eà olutaàdallaàcorona è appunto quello
di coprire il vuoto demografico presente in un quartiere della città, nella zona del fiume
Ke o ia.à Ilà t asfe i e toà alseà aà da eà o eà uo o,à Albergaria Centurbii et Capicii, al
quartiere a levante del Cassaro accosto al torrente Ke o ia
686.
A questi nuovi abitanti
vengono assegnati dei casalina687, case abbandonate e in rovina, con il connesso obbligo di
provvedere alla loro ristrutturazione e ricostruzione. A testimonianza della difficoltà che il
pote eà e t aleà i o t aà
684
ell i e tire questa conclamata crisi demografica e il
TRAMONTANA, Palermo dai normanni al Vespro cit., p. 39.
Ibidem, p. 42.
686
PERI, Uo i i, ittà e a pag e i “i ilia dall XI al XIII se olo cit., p. 137.
687
TRAMONTANA, Palermo dai normanni al Vespro cit., p. 42.
685
146
conseguente degrado urbanistico, gli interventi di questo genere si ripetono numerosi,
nonostante lo scarso successo. E ancora in questa prospettiva rientrano i movimenti di
i te eà o u it à dià E ei,à atte de do e anche apporti in settori particolarmente
qualificati, e attraverso l'alternativa di inviti e di resistenze, di accoglienza e di repulsione,
di favori e di costrizioni, quale era del resto frequente da parte di Federico e del suo
a
ie te
688.
Serva ad esempioà ilà asoà dell a ettazio eà dellaà i hiestaà dià sta ili sià aà
Palermo rivolta a Federico II dagli Ebrei del Garbo. Questa comunità, proveniente da una
non meglio identificata località del Nord Africa - forse Gharb,à paeseà situatoà sull isolaà dià
Gozo, oppure Tripoli, il cui nome in arabo è Tarabulus al-Gharb - giunge in Sicilia nel 1239.
A questi ebrei la corona consegna un dattiletum e terreni in cui sono tenuti a coltivare
al ha à età i di u à età aliaà ueà es u tà i à Ga o
Pano
i,àe ole du àiu taà o eàeo u àdeàGa o
689,à
690.
situatià p opeà fa a ia à ost aà
Non viene invece permesso loro,
come richiesto, di insediarsi entro le mura nei pressi del Cassaro, ma vengono loro
asseg atià asali aàp oàdo i usà o st ue dis
691
ultas te asàadàe ole du ài à o t ataàFa a ie
i à aliisàpa ti usàPa o
693
692,
presso le
loro concesse.
Questaàpoliti aà àpe seguitaàdaàFede i oàlu goàtuttoàilà o soàdegliàa
No osta teà l a i oà dià
i
ià
àdelàdue e to.à
oltoà novi habitatores p o e ie tià daà alt eà zo eà dell isolaà oà
addirittura – come nelà asoàpo a ziàespostoà– dall áf i a,àtutta iaà o àsià ealizze a
oà aià
le condizioni necessarie per sanare le ferite aperte, sia nel tessuto demografico sia in quello
urbanistico, dalla definitiva rottura della convivenza tra cristiani e musulmani694.
Alt iàte tati iàdià e upe oàeàdià alo izzazio eàdell i pia toà ittadi oàdaàpa teàdelà
pote eà e t aleàa e go oàt a iteàl asseg azio eàdiàa eeà uoteàaàistitutiàe lesiasti i,à o eà
uelloàdeià iste e siàeàdell o di eàteuto i o.à“ig ifi ati oà àilà asoàdellaà hiesa della SS.
Trinità, fondata dal cancellarius Matteoàd ájelloà elà
àeà elà
àasseg ataàdaàpa teàdià
E i oà VIà all Ordo hospitalis Sanctae Mariae theutonicorum Jerusalem, arrivati in Sicilia
p op ioà o àleà o
uisteài pe iali.ààLaà hiesaà àsituataà ell est e aàsezio eào ie taleàdellaà
PERI, Uo i i, ittà e a pag e i “i ilia dall XI al XIII se olo cit., p. 137.
B. LAGUMINA, G. LAGUMINA, Codice diplomatico degli Giudei di Sicilia, documento XXII, I, p. 20.
690
Ibidem.
691
Ibidem.
692
Ibidem.
693
Ibidem.
694
PERI, Uo i i, ittà e a pag e i “i ilia dall XI al XIII se olo cit., p. 137.
688
689
147
città, iuxta porta Thermarum.àDi e utaàlaàsedeàp i ipaleàdell o di eàteuto i oài à“i ilia,à
otaà i à seguitoà o eà Laà Magio e ,à laà hiesaà assume sempre maggiore rilievo sotto il
profilo urbanistico: in poco tempo i monaci- a alie ià ies o oàaài a e a eàall i te oàdeià
propri possedimenti ampie aree cittadine abbandonate, che in seguito, per la maggior
parte, sono riconvertite in spazi agrari simili a quelli presenti al di fuori delle mura
urbiche695.
Du
ueàPale
oà o à ie t aàall i te oàdell i po e teàp og a
aàdiàp oduzio eà
ediliziaàfede i ia a,à oltaàaàseg a eàfisi a e teàsulàte ito ioàlaàg a dezzaàeàl o
ip ese zaà
dello Stupor mundi nei suoi domini696. Palermo non si stupisce, e il rango di Prima Sedes,
Corona Regis et Regni Caput - prerogativa dalla città ereditata fin dal 1130 con
l i o o azio eàdià‘ugge oàIIà-, nonostante sia ribadito con costanza da Federico II lungo
tutto il corso del suo regno, diventa un titolo vuoto in riferimento a una continuità con il
passatoà he,àdiàfatto,à o àt o aàal u aà o ispo de zaàpe à ua toà o e eàl i te e toà
sul tessuto cittadino da parte del potere centrale. Durante il periodo svevo non si ha alcun
riscontro sotto il profilo della ricerca archeologica, né di quella documentaria, di importanti
interventi sulla struttura urbanistica e architettonica di Palermo: non si registrano
a
ia e tià dell assettoà ia io;à o à so oà edifi atià uo ià palazzi;à o à a e gono grandi
i liàdià estau o,à e
e oàall i te oàdelàPalazzoà‘eale,à heàpu àe a oàstatiàp og a
atià
e affidati ad un funzionario prepositus edificiorum; non si rilevano neanche interventi sulle
strutture difensive della città, operazione a cui Federico II dedica grandi sforzi in altre zone
dell isolaàeà elà o ti e te;à o osta teàlaàp ese zaài à itt àdiài po ta tiào di ià o asti i,à
a heàl ediliziaàsa aàsu is eàu aà us aà attutaàd a esto,àfo seàseg ataàdalàp og essi oà
inasprirsi delle relazioni tra Federico II e la Chiesa697.
áàPale
oà ie eài àtalà odoàaà a a eàl i po e teàp og a
aàdiàediliziaàpubblica
e privata, tanto civile quanto sacra, che molto aveva cambiato la fisionomia della città nel
corso del XII secolo. Palermo sotto il dominio imperiale non riesce più ad essere la città
Vedi N. BAGNARINI, “tudio p eli i a e sugli i sedia e ti dell O di e Teuto i oi “i ilia: sto ia ed
architettura (1197-1492), in Deus Vult. Miscellanea di studi sugli Ordini Militari, a cura di N. BAGNARINI, C.
GUZZO, II, Tuscania 2012, pp. 19-29.
696
Vedi VILLA, La cultura della Magna Curia e la sua diffusione nel Mediterraneo cit., pp. 194-203.
697
TRAMONTANA, Palermo dai normanni al Vespro cit., p. 43.
695
148
fedelissima e felicissima che gli Svevi avevano ereditato dalla dinastia normanna, ed entra
così in un lungo periodo di forte crisi che si acuisce ulteriormente con la fine di Federico, il
13 dicembre del 1250.
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