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BOLLET TINO STORICO-BIBLIOGRAFICO SUBALPINO Anno CXIV - 2016 Fascicolo II - Luglio - Dicembre ESTRATTO Estratto dal Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino CXIV 2016 - Fascicolo II - Luglio - Dicembre - CUNEO BOLLETTINO STORICO-BIBLIOGRAFICO SUBALPINO Fondato nel 1896 Pubblicazione semestrale Consiglio di Presidenza della Deputazione RENATA ALLIO, GIAN SAVINO PENE VIDARI, GIUSEPPE RICUPERATI, GIUSEPPE SERGI, ISIDORO SOFFIETTI Comitato di Redazione LUCIANO ALLEGRA, RENATA ALLIO, PATRIZIA CANCIAN (segretaria di redazione), RINALDO COMBA, GIAN GIACOMO FISSORE, GUIDO GENTILE, MARIA CARLA LAMBERTI, UMBERTO LEVRA, SERGIO RODA, GIUSEPPE SERGI (direttore), ALDO A. SETTIA, ISIDORO SOFFIETTI ELENA CORNIOLO, Istituzioni, famiglie e territorio. I canonici di Sant’Orso nel borgo di Aosta (secoli XII e XIII) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 437 PAOLO BUFFO, Carlo Cipolla e il metodo per l’edizione delle fonti medievali: le note di lettura per la Deputazione subalpina di storia patria . . . . . . . . . » 467 LUCIANO FRASSON, L’elezione di sepoltura nella diocesi torinese tra diritto canonico e una sentenza del senato di Piemonte (1723) . . . . . . . . . . . . . . . » 523 FEDERICA ALBANO, « Tu lo dici!! ». Il caso Grignaschi 1848-1850 . . . . . . . . . » 559 NOTE E DOCUMENTI GIANCARLO CHIARLE, La rifondazione di Ciriè nel medioevo nell’area d’influenza dei marchesi di Monferrato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CATERINA BONZO, Un esempio di statutum rationabile. Primi spunti di ricerca sugli statuti di Vinovo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DIEGO D’ELIA, Un insolito compiacimento: la nota del Comandante Generale per i suoi Carabinieri in occasione dell’estensione del Giubileo del 1825 . . . . . » 597 » 655 » 687 » 691 » » 693 698 » » 701 704 NECROLOGI ISIDORO SOFFIETTI, Theo Kiefner (1923-2015) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 707 NOTIZIE DI STORIA SUBALPINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 709 SOCI DELLA DEPUTAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 753 RECENSIONI GIANCARLO CHIARLE, L’alba del popolo. Baratonia e le Valli di Lanzo nella crisi del Trecento (Luigi Provero) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Facino Cane. Predone, condottiero e politico, a cura di BEATRICE DEL BO e ALDO A. SETTIA (Antonino Angelino) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ALDO A. SETTIA, Collina Magra: una patria (Dario Rei) . . . . . . . . . . . . . . FRANCO RAMELLA, La valigia americana. Breve storia di Emma detta La Bresci (Maria Carla Lamberti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PAOLO BRICCO, L’Olivetti dell’Ingegnere (1978-1996) (Claudio Bermond) . . . Abbonamento annuo (2 fascicoli) € 70,00 (estero € 90,00); il singolo fascicolo € 40,00 (estero € 50,00). Conto corrente bancario IBAN IT06G0200801046000000515160 intestato alla Deputazione Subalpina di storia patria, Palazzo Carignano, 10123 Torino D E P U TA Z I O N E SUBALPINA DI STORIA PAT R I A BOL L E T T I NO STORICO-BIBLIOGRAFICO SUBALPINO Anno CXIV 2016 Secondo semestre TORINO - PALAZZO CARIGNANO CARLO CIPOLLA E IL METODO PER L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI: LE NOTE DI LETTURA PER LA DEPUTAZIONE SUBALPINA DI STORIA PATRIA 1. Fonti e problemi. - 2. Ricerca professionale e storiografia erudita: letture per i Monumenta. - 3. Un metodo per la pubblicazione di regesti ed estratti: Cipolla e la Miscellanea di storia italiana. - 4. Conclusioni. 1. Fonti e problemi È noto che Carlo Cipolla, nel periodo in cui insegnò storia moderna a Torino (1882-1906), contribuì in maniera decisiva all’affermazione dell’università quale punto di riferimento per gli studi storici in area piemontese 1. Uno studio esauriente dell’esperienza scientifica di Cipolla negli anni torinesi deve peraltro tener conto anche delle sue attività e dei suoi legami fuori dell’ateneo, in particolare della sua partecipazione alle iniziative editoriali della Deputazione di storia patria. Lo studio qui presentato è stato condotto nel quadro di un assegno di ricerca dal titolo « Iniziative e metodi per la pubblicazione delle fonti negli studi medievali in Piemonte e Liguria tra Otto e Novecento », presso il Dipartimento di Studi storici dell’Università di Torino. Ringrazio la Deputazione subalpina di storia patria (nella persona di Gabriella Morabito) per avermi consentito l’accesso al suo archivio. 1 E. ARTIFONI, Carlo Cipolla storico del medioevo: gli anni torinesi, in Carlo Cipolla e la storiografia italiana fra Otto e Novecento (Atti del Congresso di studio, Verona, 23-24 novembre 1991), a cura di G. M. VARANINI, Verona 1994, pp. 3-31; cfr. anche P. CANCIAN, La medievistica, in La città, la storia, il secolo. Cento anni di storiografia a Torino, a cura di A. D’ORSI, Bologna 2001, pp. 135-214; C. DIONISOTTI, Letteratura e storia a Torino, in ID., Ricordi della scuola italiana, Roma 1998 (Raccolta di studi e testi, 200), pp. 389-400; G. SERGI, La storia medievale, in Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, a cura di I. LANA, Firenze 2000, pp. 359-378; ID., Antidoti all’abuso della storia. Medioevo, medievisti, smentite, Napoli 2010, pp. 238-243; M. MORETTI, Storici accademici e insegnamento superiore della storia nell’Italia unita. Dati e questioni preliminari, in Storie di storia. Erudizione e specialismi in Italia, a cura di E. ARTIFONI, A. TORRE, Bologna 1993 (= « Quaderni storici », 82), pp. 61-98. 468 PAOLO BUFFO La cooptazione di Cipolla tra le fila della Deputazione (14 aprile 1885) 2 avvenne nel quadro di una fase di ridefinizione delle funzioni e degli interessi di quell’istituzione di ricerca. Negli anni Settanta dell’Ottocento si era pienamente formalizzata la dimensione regionale del suo ambito di studio, limitato alle « antiche provincie » e alla Lombardia; anche le ricerche pubblicate nella Miscellanea di storia italiana – che nel decennio precedente avevano ambito a coprire l’intero territorio nazionale – erano ormai quasi tutte incentrate sull’Italia nord-occidentale 3. Nella prima metà degli anni Ottanta, tuttavia, il timore di una subordinazione al neonato Istituto storico italiano spinse la Deputazione a rivendicare la vocazione alla « italianità » espressa in alcune delle sue pubblicazioni; a insistere sulla sua natura di « sorella maggiore » tra i sodalizi storici italiani; a promuovere una visione dei rapporti fra istituzioni storiche improntata all’autonomia reciproca e alla cooperazione su un piano paritario. Questi temi fu- 2 Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 191, n. 2684. Cfr. anche la lettera di ringraziamento di Cipolla, fald. 205, 18 maggio 1885. 3 Le vicende della Deputazione di storia patria torinese fino all’inizio del secolo XX sono descritte in G. P. ROMAGNANI, Storiografia e politica culturale nel Piemonte di Carlo Alberto, Torino 1985 (Biblioteca di storia italiana recente, nuova serie, XX), pp. 81-298; M. FUBINI LEUZZI, Gli studi storici in Piemonte dal 1766 al 1846: politica culturale e coscienza nazionale, in « Bollettino storico-bibliografico subalpino », LXXXI/1 (1983), p. 179 .; SERGI, Antidoti cit., pp. 259-277; ID., Dimensione nazionale e compiti locali della Deputazione subalpina di storia patria e della storiografia piemontese, in Storia locale e storia nazionale, a cura di A. CLEMENTI, L’Aquila 1992, pp. 97-115; G. S. PENE VIDARI, La Deputazione subalpina di storia patria. Cenni storici, estratto da « Accademie e biblioteche d’Italia », 54 (1986), pp. 2-11; ID., La Deputazione di storia patria, in Accademie, salotti, circoli nell’arco alpino occidentale (Atti del XVIII Colloque franco-italien, Torre Pellice, 6-8 ottobre 1994), Torino 1995, pp. 103-116; ID., La Deputazione di storia patria di Torino, in La storia della storia patria. Società, deputazioni e istituti storici nazionali nella costruzione dell’Italia, a cura di A. BISTARELLI, Roma 2012, pp. 117-143; L’opera cinquantenaria della R. Deputazione di storia patria di Torino. Notizie di fatto storiche, biografiche e bibliografiche sulla R. Deputazione e sui deputati, a cura di A. MANNO, Torino 1884, e di E. DERVIEUX, Torino 1935; P. BUFFO, Edizioni di fonti storiche nella Torino postunitaria: la Miscellanea di storia italiana, in corso di stampa negli atti del convegno Codici, strutture e pratiche della ricerca medievistica dall’Unità alla Grande Guerra. Fonti e ricerche in corso, Firenze, 23-24 gennaio 2015. Cfr. anche, per un inquadramento generale, E. SESTAN, Origini delle Società di storia patria e loro posizione nel campo della cultura e degli studi storici, in « Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento », VII (1981), pp. 21-50; E. ARTIFONI, La storiografia della nuova Italia, le Deputazioni regionali, le società storiche locali, in Una regione e la sua storia (Atti del Convegno celebrativo del Centenario della Deputazione, 1896-1996, Perugia, 19-20 ottobre 1996), a cura di P. PIMPINELLI, M. RONCETTI, Perugia 1998, pp. 41-59. CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 469 rono al centro delle relazioni presentate dai deputati subalpini al III Congresso storico italiano, tenutosi a Torino nel 1885 e dedicato per il resto all’esposizione di progetti di « bibliografie locali e speciali, indici sistematici delle pubblicazioni documentate e regesti delle collezioni archivistiche » 4. Appunto con l’intento di dimostrare il suo protagonismo come promotrice di indici e bibliografie, la Deputazione sfruttò in quell’occasione per la prima volta la collaborazione scientifica di Cipolla, che curò insieme con Antonio Manno un indice cronologico di alcune cronache muratoriane, pubblicato nella Miscellanea di storia italiana e offerto ai congressisti; all’opera concorsero alcuni allievi di Cipolla nella scuola di Magistero 5. L’immediato coinvolgimento di Cipolla nelle attività di punta della Deputazione è prova dell’auctoritas scientifica che da subito la cerchia della storiografia erudita torinese gli riconobbe 6. Tale riconoscimento – senza dubbio facilitato dalla professione di cattolicesimo e dall’appartenenza alla nobiltà – permise a Cipolla di approfittare della copertura istituzionale, del programma editoriale e delle risorse finanziarie della Deputazione per mettere a punto approcci metodologici originali; per fissare nuove priorità e collaudare nuovi strumenti dell’indagine storica e diplomatica; per sperimentare forme inedite di organizzazione del lavoro di ricerca. Il protagonismo di Cipolla negli anni torinesi non mancò di condizionare gli indirizzi di altri sodalizi scientifici: dall’antico e paludato ambiente dell’Accademia delle scienze alle giovani redazioni del « Giornale storico della letteratura italiana » e della « Rivista storica italiana ». In nessuno di quegli ambienti, peraltro, lo studioso godette della libertà di movimento che caratterizzò la sua esperienza in seno alla Deputazione 7. 4 Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 623, verbale del 26 gennaio 1884. Sui rapporti tra Istituto storico italiano e deputazioni regionali negli ultimi anni dell’Ottocento cfr. G. M. VARANINI, L’Istituto storico italiano tra Ottocento e Novecento. Cronache 1885-1913, in La storia della storia patria cit., pp. 59-102. Sui congressi storici italiani cfr. nello stesso volume E. TORTAROLO, I convegni degli storici italiani 1879-1895. Qualche nota documentaria, pp. 103-114. Per gli atti del congresso cfr. Atti del terzo Congresso storico italiano, in « Miscellanea di storia italiana », s. II, X (1887), pp. 1-107. 5 C. CIPOLLA, A. MANNO, Indici sistematici di due cronache muratoriane, estratto della « Miscellanea di storia italiana », s. II, VIII (1884). 6 ARTIFONI, Carlo Cipolla cit., pp. 16-20. 7 Sul contributo di Cipolla ai due periodici cfr. op. cit., pp. 7-10; A. BRAMBILLA, Cipolla, Renier e Novati, in Carlo Cipolla e la storiografia cit., pp. 111-139; M. BERENGO, Le 470 PAOLO BUFFO Cipolla redasse per la Deputazione importanti saggi di diplomatica: si pensi alle ricerche sulla documentazione vescovile astigiana, edite nella Miscellanea di storia italiana tra il 1887 e il 1890 8. Sempre nell’ambito delle attività editoriali della Deputazione, Cipolla promosse la pubblicazione di facsimili di documenti: uno strumento che riteneva fondamentale per l’illustrazione dello sviluppo delle grafie antiche 9. L’esito di tale impegno fu la stampa dei Monumenta palaeographica sacra, una raccolta di riproduzioni delle scritture esposte, nel 1898, nella mostra torinese di « arte sacra » 10. Strettamente legato alla sua attività come membro della Deputazione fu un altro aspetto importante del percorso scientifico di Cipolla: l’individuazione di criteri da impiegare sistematicamente nell’edizione e nella regestazione delle fonti storiche medievali, documentarie e narrative 11. Il punto d’arrivo della riflessione cipolliana sulle tecniche di edizione fu il prontuario di norme commissionato dalla Deputazione a Cipolla stesso, Francesco Novati e Carlo Merkel, pubblicato nella Miscellanea di storia italiana nel 1902 12. Su queste norme e sui loro rapporti con il di- origini del « Giornale storico della letteratura italiana », in Critica e storia letteraria. Studi offerti a Mario Fubini, Padova 1970, pp. 3-26; sui rapporti con l’Accademia delle Scienze cfr. la scheda di G. SERGI all’URL http://www.accademiadellescienze.it/accademia/soci/carlo-cipolla (consultato il 27 agosto 2015). 8 C. CIPOLLA, Quattro documenti astesi conservati nella biblioteca di Sua Maestà in Torino (955-1078), editi, in « Miscellanea di storia italiana », s. II, X (1887), pp. 265-287; ID., Di Audace vescovo d’Asti e di due documenti inediti che lo riguardano, in « Miscellanea di storia italiana », s. II, XII (1889), pp. 133-334; ID., Di Brunengo vescovo d’Asti e di tre documenti inediti che lo riguardano, in « Miscellanea di storia italiana », s. II, XIII (1890), pp. 297-510. 9 Cipolla animò, nel 1904, un dibattito presso l’Accademia delle scienze di Torino circa « i procedimenti e le modalità della riproduzione fotografica dei manoscritti » (per la relativa bibliografia cfr. G. BIADEGO, Bibliografia di Carlo Cipolla, Venezia 1917, p. 37 sgg.). Cfr. anche D. FRIOLI, G. M. VARANINI, Insegnare paleografia alla fine dell’Ottocento. Alcune lezioni di Carlo Cipolla (1883 e 1892), in « Scrittura e civiltà », XX (1996), pp. 367-398. 10 Monumenta palaeographica sacra. Atlante paleografico-artistico compilato sui manoscritti esposti in Torino alla mostra d’arte sacra nel 1898, a cura di F. CARTA, C. CIPOLLA, C. FRATI, Torino 1899. 11 Su Cipolla editore di fonti storiche cfr. (oltre ad ARTIFONI, Carlo cipolla cit.) S. P. P. SCALFATI, Carlo Cipolla, Luigi Schiaparelli e la scienza del documento, in Carlo Cipolla e la storiografia cit., pp. 145-169; A. OLIVIERI, Il metodo per l’edizione delle fonti documentarie tra Otto e Novecento in Italia. Appunti su proposte e dibattiti, in « Bollettino storico-bibliografico subalpino », CVI/2 (2008), pp. 563-615. 12 Norme generali per la pubblicazione dei testi storici per servire alle edizioni della Re- CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 471 battito scientifico coevo si è concentrato, alcuni anni fa, un saggio di Antonio Olivieri 13. Il presente studio verterà su un importante pendant pratico dell’elaborazione teorica sfociata nella compilazione del prontuario cipolliano: l’attività di revisore delle bozze delle edizioni critiche e dei repertori di documenti proposti alla Deputazione per la pubblicazione nelle sue collane; attività svolta da Cipolla per circa un ventennio. L’archivio della Deputazione subalpina di storia patria conserva, in originale o in copia, poco meno di trenta relazioni cipolliane – talvolta sottoscritte anche da altri deputati – contenenti giudizi, più o meno approfonditi, su proposte di pubblicazioni di fonti indirizzate alla Deputazione torinese tra il 1885 e il 1904. Le scritture possono essere divise in due gruppi, a seconda della collana in cui i testi in bozza avrebbero dovuto essere inseriti. Le relazioni riguardanti proposte per la Miscellanea di storia italiana sono state sin dall’inizio oggetto di conservazione sistematica, come allegati dei verbali della commissione preposta alla composizione dei fascicoli di quella collana. Meno ordinatamente – e forse con un più elevato tasso di dispersione – sono stati conservati i giudizi sulle bozze degli Historiae patriae monumenta. L’analisi di questo gruppo di testi non permette soltanto di portare alla luce « briciole » – per usare un termine caro allo stusioso – di un metodo cipolliano in via di formalizzazione, quali emergono dal confronto impari tra uno storico professionista e gli eruditi autori delle edizioni. Essa informa anche del maturare delle concezioni di Cipolla in merito a vari aspetti del lavoro dell’editore: le funzioni da ascrivere all’edizione critica nel quadro più generale degli indirizzi e degli strumenti della ricerca storica; le responsabilità dell’editore rispetto ai fruitori, delle quali tenere conto nella selezione delle informazioni di corredo al testo; il rapporto tra la componente critica e quella erudita in apparati e prefazioni; la funzione che le imprese editoriali delle deputazioni regionali avrebbero dovuto assumere in un contesto di centralizzazione e professionalizzazione degli studi storici. gia Deputazione di storia patria per le antiche provincie e la Lombardia, in « Miscellanea di storia italiana », s. III, VII (1902), pp. XXXVII-LVI. 13 OLIVIERI, Il metodo cit. 472 PAOLO BUFFO 2. Ricerca professionale e storiografia erudita: letture per i Monumenta Gli anni Ottanta del secolo XIX furono per l’opera degli Historiae patriae monumenta un periodo di crisi. Da un lato erano venuti meno i moventi politici che avevano in un primo tempo stimolato le campagne di edizioni di fonti condotte dalla Deputazione torinese. Si pensi all’esuberante programma di pubblicazioni di documenti piemontesi e liguri messo in opera fra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta; e all’atteggiamento ‘espansionistico’ del decennio postunitario, caratterizzato dall’estensione alla Lombardia delle competenze della Deputazione e dai lavori preliminari all’edizione del Codex diplomaticus Langobardiae (1873) 14. Dall’altro lato era ormai forte il dislivello tra le tecniche ‘moderne’ di edizione delle fonti storiche e le prassi impiegate nella composizione dei singoli volumi dei Monumenta, caratterizzati da una sostanziale anarchia nelle scelte riguardanti la resa tipografica e la composizione degli apparati 15; anarchia che appariva invece già superata nelle pubblicazioni di altre società storiche, come quella ligure 16. Nel 1879 il deputato Emanuele Bollati di SaintPierre aveva proposto – con riferimento soprattutto alle pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana – l’adozione di criteri editoriali standardizzati, di tipo interpretativo, intesi ad « agevolare la lettura mediante l’in14 Sulle pubblicazioni inserite negli Historiae patriae monumenta nell’età preunitaria cfr. ROMAGNANI, Storiografia cit., pp. 272-300. Di espansionismo si parla, a proposito degli orientamenti della Deputazione negli anni Sessanta dell’Ottocento, in SESTAN, Origini cit., p. 34 sg.; cfr. anche N. RAPONI, Il risveglio degli studi storici in Lombardia negli ultimi decenni dell’Ottocento. Cesare Cantù e la Società storica lombarda, in Cesare Cantù e « l’età che fu sua », a cura di M. BOLOGNA, S. MORGANA, Milano 2006, pp. 369-386. Sul Codex diplomaticus Langobardiae cfr. G. DE ANGELIS, Le edizioni delle fonti documentarie in Lombardia tra Otto e Novecento, in corso di stampa negli atti del convegno Codici, strutture e pratiche della ricerca medievistica dall’Unità alla Grande Guerra. Fonti e ricerche in corso, Firenze, 23-24 gennaio 2015. 15 ROMAGNANI, Storiografia cit., pp. 272-300. Per un approccio alla storia delle tecniche di edizione delle fonti documentarie cfr. A. PETRUCCI, L’edizione delle fonti documentarie: un problema sempre aperto, in « Rivista storica italiana », LXXV (1963), pp. 69-80. Per un confronto con le prassi editoriali adottate in altre deputazioni storiche cfr. M. A. PANZANELLI FRATONI, Tra storiografia e diplomatica: le edizioni di fonti nelle pubblicazioni periodiche locali in Umbria, in Una regione cit., pp. 177-201; S. MACCHIAVELLO, A. ROVERE, Le edizioni di fonti documentarie e gli studi di diplomatica (1857-2007), in La Società ligure di storia patria nella storiografia italiana. 1857-2007, a cura di D. PUNCUH, Genova 2010 (Atti della Società ligure di storia patria, n. s., L), pp. 16-42. 16 Op. cit., pp. 35-37. CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 473 troduzione della punteggiatura e accezioni speciali nella grafia » 17. La proposta non aveva avuto seguito, ma già a metà degli anni Ottanta nuove esigenze di legittimazione scientifica, scaturite dal confronto con l’Istituto storico italiano, avrebbero reso ineludibile un ripensamento delle modalità redazionali dei Monumenta. Una funzione centrale nell’ambito di tale ripensamento fu assunta da Cipolla, a cui la Deputazione affidò, tra il 1885 e il 1887, la supervisione scientifica delle edizioni destinate alla pubblicazione nei Monumenta. Le ragioni della scelta di Cipolla sono evidenti: il suo intervento specialistico sarebbe stato garanzia della qualità uniforme del materiale pubblicato; la sua auctoritas scientifica avrebbe ridotto i margini di negoziazione, da parte degli editori, intorno alle modifiche suggerite. L’incarico era delicato perché Cipolla avrebbe dovuto fornire giudizi su edizioni di fonti conservate lontano da Torino, prescindendo da un confronto diretto con i documenti d’archivio. Alle complessità sul piano scientifico si aggiungevano difficoltà di natura politica. La pubblicazione di un volume dei Monumenta coinvolgeva un numero elevato di soggetti: la Deputazione doveva intrattenere rapporti con i curatori; con eventuali prestatori d’opera incaricati di una prima trascrizione dei documenti da editare; con l’istituzione promotrice e finanziatrice della pubblicazione. Cipolla, teoricamente chiamato in causa come semplice tecnico, non mancò di sfruttare il suo prestigio per facilitare la gestione di questo intreccio di relazioni: per esempio, intercedendo presso il ministero dell’Istruzione perché Lorenzo Astegiano, curatore del Codex diplomaticus Cremonae, ottenesse l’assegnazione di una cattedra scolastica nella città oggetto dei suoi studi 18. Appunto al Codex diplomaticus Cremonae appartenevano le prime bozze esaminate da Cipolla nell’ambito della sua attività di revisore critico per i Monumenta. Lo studioso ne lesse un manoscritto preparatorio nel giugno 1885. Questa bozza, perduta, aveva di certo un aspetto molto diverso dal testo ultimato da Astegiano tra il 1891 e il 1892 19 e pubblicato dalla Deputazione, in due volumi, tra il 1895 e il 1898 20. L’opera è ancora 17 ArchiviodellaDeputazionesubalpinadistoriapatria,fasc.623,verbaledell’11luglio1879. Cfr. oltre, doc. 1. 19 Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 192, nn. 3375, 3436, lettere del 27 agosto 1891 e del 30 aprile 1892. 20 Codex diplomaticus Cremonae, a cura di L. ASTEGIANO, Augustae Taurinorum 189518 474 PAOLO BUFFO presentata come una raccolta di edizioni e regesti a integrazione del Repertorio cremonese di Francesco Robolotti (1878) 21 piuttosto che come un lavoro autonomo 22. Più ricco è il dossier riguardante le due revisioni delle bozze del Liber Potheris di Brescia 23, eseguite da Cipolla tra la fine del 1886 e l’inizio del 1887. La pubblicazione di questo imponente liber iurium duecentesco – i cui esemplari più antichi erano stati resi accessibili dalla curia diocesana nel 1862 24 – fu complicata dalla partecipazione ai lavori di più studiosi, nessuno dei quali era un professionista della ricerca storica. Come spesso accadeva nel secolo XIX, i due curatori dell’opera (Francesco Bettoni Cazzago e Luigi Francesco Fé D’Ostiani) si limitarono alla revisione finale del testo edito e all’apposizione di un’introduzione e forse di alcune note erudite. Il lavoro di trascrizione fu eseguito dietro compenso da Andrea Valentini, libraio e bibliofilo bresciano, che associava una estrema operosità nella pubblicazione di fonti locali a un uso non sempre soddisfacente – a detta dei suoi recensori – degli strumenti della critica testuale e dell’analisi storica 25. L’idea di un’edizione integrale del Liber Potheris era stata formulata nel 1879, sulla scorta di un primo studio codicologico pubblicato appunto da Valentini l’anno precedente 26; nel 1885 il Liber risultava già 1898 (Historiae patriae monumenta, s. II, XXI sg.), 2 voll. Sul lavoro di Astegiano cfr. Inventario dell’Archivio storico del Comune di Cremona, Sezione di Antico Regime (secc. XVXVIII), a cura di V. LEONI, pp. XVI-XVIII; EAD., Il patrimonio documentario cremonese anteriore alla fine del secolo XII, distribuito in rete all’URL http://cdlm.unipv.it/edizioni/ cr/leoni; U. P. CENSI, Il libero comune medievale di Cremona nella storiografia dell’Ottocento tra romanticismo, positivismo e determinismo: Lorenzo Astegiano, in « Bollettino storico cremonese », n. s., XII (2005), pp. 13-100. 21 Su quell’opera cfr. E. MORENI, Il I centenario del Repertorio diplomatico cremonese, Cremona 1978. 22 Come prosecuzione del lavoro di Robolotti l’opera era stata presentata anche nella proposta di pubblicazione inoltrata dal municipio di Cremona alla Deputazione torinese (Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 191, n. 2647, lettera del 19 dicembre 1884). 23 Liber Potheris communis civitatis Brixie, a cura di F. BETTONI CAZZAGO, L. F. FÉ D’OSTIANI, Augustae Taurinorum 1900 (Historiae patriae monumenta, Comitiorum, II). 24 Liber Potheris cit., p. VII. 25 Cfr. per esempio la recensione di A. ZANELLI a Codice necrologico-liturgico del monastero di S. Salvatore o S. Giulia in Brescia, a cura di A. VALENTINI, Brescia 1887, in « Archivio storico italiano », s. V, IV (1889), pp. 96-105. 26 Il Liber Poteris della città e del comune di Brescia e la serie de’ suoi consoli e pode- CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 475 tra le pubblicazioni accettate dalla Deputazione per l’inserimento nei Monumenta 27. A partire dalla fine del 1886 Cazzago e Fé inoltrarono, a più riprese, bozze di stampa delle prime 32 colonne dell’opera alla presidenza della Deputazione. Il consiglio di presidenza era incerto soprattutto sull’atteggiamento da adottare rispetto alle note, « le quali, frequenti e prolisse come sono, mutano radicalmente ... il sistema ... adottato nelle precedenti pubblicazioni contenute negli Historiae patriae monumenta »; e deputò all’esame delle bozze, in funzione di revisori scientifici, Cipolla e il già menzionato Bollati 28. Tra i membri residenti della Deputazione quest’ultimo esprimeva forse, per acume metodologico e apertura internazionale, la personalità più affine a quella di Cipolla; i due condividevano, oltre all’interesse per la definizione di criteri editoriali unitari, una conoscenza approfondita di temi e dibattiti della storiografia tedesca recente 29. Dagli anni Settanta Bollati curava per la Deputazione la pubblicazione dei volumi Comitiorum dei Monumenta 30. Le relazioni sulle bozze del Liber Potheris, peraltro, furono stese personalmente da Cipolla; l’autografia – insieme con la piena concordanza rispetto ai punti di interesse sottolineati nella revisione del Codex diplomaticus Cremonae – è indizio di un maggiore protagonismo di Cipolla, rispetto al collega, nella formulazione di un giudizio scientifico sul lavoro di Valentini 31. Le relazioni 32, data l’impossibilità di confrontare le bozze delle due opere con la documentazione d’archivio, si concentrano più sui caratteri stà dall’anno 969 al 1438, a cura di A. VALENTINI, Brescia 1878; ID., Prefazione al Liber Poteris comunis civitatis Brixie, Brescia 1879. 27 Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 191, n. 2685, lettera del 15 aprile 1885. 28 Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 20, verbale dell’assemblea di presidenza del 4 novembre 1886. 29 Su Bollati cfr. C. CIPOLLA, Emanuele Bollati barone di Saint-Pierre: commemorazione, in « Atti della R. Accademia delle scienze di Torino », XXXIX (1903-1904), pp. 359363; MANNO, L’opera cinquantenaria cit., pp. 183-185; DERVIEUX, L’opera cinquantenaria cit., p. 123 sg.; L. MOSCATI, Da Savigny al Piemonte. Cultura storico-giuridica subalpina tra la Restaurazione e l’Unità, Roma 1984, pp. 180-200. 30 Historiae patriae monumenta edita jussu regis Caroli Alberti, XIV: Comitiorum pars prior, Augustae Taurinorum 1879; XV: Comitiorum pars altera, Augustae Taurinorum 1884. 31 Sull’autografia cfr. anche oltre, nota 48. 32 Cfr. oltre, docc. 1-3. 476 PAOLO BUFFO generali del metodo adottato dagli editori che sulla resa di singoli passi editi. Si insiste, in particolare, su tre aspetti problematici, ricorrenti nella produzione scientifica erudita di quel periodo e incompatibili con le tecniche editoriali che andavano affermandosi tra gli studiosi di professione. Anzitutto, sia nel lavoro di Astegiano sia in quello di Valentini erano carenti le informazioni circa la forma diplomatica, i caratteri estrinseci e le modalità di tradizione degli atti. Se nel caso del Codex cremonese tale carenza poteva dipendere da un interesse prevalente per il contenuto politico dei testi 33, gli editori del Liber Potheris apparivano a Cipolla e Bollati del tutto privi delle competenze necessarie alla descrizione e alla resa editoriale di documenti in copia. In particolare, le loro bozze non informavano su quale dei due esemplari antichi del liber iurium fosse stato usato come testo di base per l’edizione; Cipolla e Bollati proposero una « riproduzione diplomatica » del testo, esito della collazione dei due esemplari e di eventuali originali superstiti 34. Nelle relazioni su entrambe le opere si esprime il dubbio che i curatori non abbiano proceduto a uno spoglio accurato della documentazione utile: negligenza che non soltanto inficiava la completezza dei due repertori di fonti, ma comprometteva anche l’esattezza delle edizioni, non basate su una corretta recensio degli esemplari conservati. All’insicurezza del metodo filologico e alla debolezza degli apparati critici si accompagnava una scarsa sistematicità nelle scelte tipografiche e nella presentazione dei documenti. Difetti, questi, a cui Cipolla era particolarmente sensibile e che negli stessi anni, in qualità di recensore, rimproverò anche a lavori editoriali più ambiziosi 35. Nell’esame delle bozze 33 Un comportamento editoriale analogo, con gli stessi moventi, è stato messo in luce per Cornelio Desimoni (M. CALLERI, Le edizioni documentarie di Cornelio Desimoni, in Cornelio Desimoni (1813-1899). « Un ingegno vasto e sintetico », a cura di S. GARDINI, Genova 2014 (Atti della Società ligure di storia patria, n.s., LIV), pp. 164-167. 34 Cfr. oltre, doc. 2. 35 C. CIPOLLA, recensione a Diplomatarium Veneto-Levantinum sive acta et diplomata res Venetas Graecas atque Levantis illustrantia, a. 1300-1350, a cura di G. M. THOMAS, Venetiis 1880 (Monumenti storici pubblicati dalla R. Deputazione veneta di storia patria, s. I, Documenti, V), in « Archivio storico italiano », s. IV, VIII (1881), pp. 270-277. Dell’opera si contestano « il criterio ... non del tutto chiaro ... seguito dall’A. nel compilare il testo di un documento dato da più fonti », il fatto che i documenti siano « spesso pubblicati senza note, né storiche, né filologiche » e il metodo di compilazione dei regesti, che « avrebbero potuto essere meno succinti, senza che ne avesse nocumento l’economia del lavoro. Avreb- CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 477 del Codex cremonese, lo studioso – che già negli anni della formazione aveva manifestato il suo disagio verso la « formula mista della trascrizione e del regesto » 36 – criticò l’aspetto eterogeneo dei regesti, che erano « alle volte troppo concisi ed alle volte troppo diffusi » e adottavano ora l’italiano, ora il latino. Quanto poi al Liber Potheris, Valentini si sarebbe limitato a usare come regesti, quando presenti, le rubriche dei codici, lasciando alcuni documenti privi di qualsiasi presentazione. Delle bozze del Liber Potheris i revisori osservavano anche che, mentre i documenti più tardi « sono pressoché od anche affatto sprovvisti di note, i primi ... ne sono esuberantemente ricchi »; alcune di queste note contenevano riproduzioni integrali di altri esemplari dell’atto a cui si riferivano, senza peraltro segnalare le ragioni che avevano reso necessaria la pubblicazione di un testo alternativo. Cipolla e Bollati proposero di snellire le note di questo tipo riportando solo eventuali varianti significative e, nel caso di testi conservati in esemplari molto numerosi (come quello della pace di Costanza), di editare il testo copiato nel liber iurium senza segnalare varianti 37. Un ultimo punto critico, spesso menzionato nelle relazioni conservate, era la debolezza dell’apparato di rimandi bibliografici. Da un lato scarseggiavano le informazioni su eventuali edizioni precedenti degli atti pubblicati, manoscritte o a stampa: situazione grave soprattutto nel caso del Codex cremonese, in cui molti atti erano soltanto regestati. Dall’altro lato si constatava una forte carenza di aggiornamento storiografico. In particolare i curatori delle due raccolte non sembravano avere alcuna dimestichezza con le più recenti opere, italiane e tedesche, di edizione e repertoriazione di fonti medievali: opere che avrebbero potuto fornire loro non soltanto un termine di paragone nella scelta delle tecniche editoriali e di regestazione (Cipolla propose in più casi il confronto con il Regesto di Farfa, « stupenda ... opera » di Balzani e Giorgi) 38, ma anche uno strumento besi potuto seguire il sistema adottato pei tre primi volumi. Utile sarebbe riuscito a indicare, oltre che l’anno ed il giorno, anche il luogo (e questo possibilmente nella forma moderna) in cui il documento fu scritto ». 36 M. BERENGO, Carlo Cipolla e Rinaldo Fulin tra « Archivio veneto » e Deputazione, in Carlo Cipolla e la storiografia cit., p. 90. 37 Cfr. oltre, doc. 2. 38 Il regesto di Farfa compilato da Gregorio di Catino, a cura di U. BALZANI, I. GIORGI, Roma 1879-1914, 5 voll. Per la citazione cfr. oltre, doc. 3. 478 PAOLO BUFFO utile alla ricerca di altri esemplari dei documenti editi (per esempio i Regesta imperii e i Regesta pontificum Romanorum) 39. L’insofferenza di Cipolla verso la povertà dei riferimenti bibliografici nelle edizioni documentarie era emersa già nel 1882, quando lo studioso aveva indirizzato ad Andrea Gloria un pacato richiamo per aver « studiosamente omessa ... la parte bibliografica » nelle edizioni del suo Codice diplomatico padovano, privo anche di rimandi ai più importanti repertori di fonti transalpini (Böhmer, Stumpf, Jaffé) 40. Gli apparati critici e bibliografici – che la tradizione erudita riteneva secondari rispetto all’esposizione del significato politico e istituzionale degli atti pubblicati – sono presentati da Cipolla e Bollati come elementi centrali in un moderno lavoro di edizione. Queste parti, un tempo intese soltanto alla presentazione sommaria dell’aspetto e della tradizione dei manoscritti, dovevano ora essere compilate in maniera esauriente e uniforme, al fine di collocare con precisione i testi editi nel quadro delle prassi documentarie coeve e delle vicende archivistiche medievali e moderne. Non sempre le critiche alle proposte di edizione per i Monumenta ottennero l’effetto sperato. L’aspetto finale del Codex di Astegiano è, tutto sommato, concorde con quanto raccomandato nella relazione cipolliana del 1885; gli editori del Liber Potheris furono invece poco sensibili ai giudizi formulati da Cipolla e Bollati. Il consiglio di presidenza della Deputazione diede piena approvazione al primo elenco di aspetti problematici comunicatogli dai due studiosi e, nel trasmetterlo a Cazzago e Fé, sottolineò come le modifiche proposte fossero in linea con « il metodo osservato nelle collezioni della stessa natura in Italia e fuori », dal quale non vi era « motivo di dipartirsi nella stampa del Liber Poteris o in altra » 41. Tuttavia le bozze corrette, sottoscritte dal solo Valentini e spedite a Cipolla e Bollati all’inizio del 1887, presentavano gli stessi errori delle prime: gli apparati critici e i regesti restavano eterogenei e carenti, le note erudite erano 39 Cfr. oltre, doc. 1 sg. C. CIPOLLA, recensione a Codice diplomatico padovano dall’anno 1101 alla pace di Costanza (25 giugno 1183), a cura di A. GLORIA, I, Venezia 1881, in « Archivio storico italiano », s. IV, IX (1882), pp. 358-365 (la citazione è da p. 359). 41 Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 555, lettera dell’8 dicembre 1886. 40 CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 479 ancora « o affatto inutili o inutilmente prolisse », le collazioni ignoravano ogni criterio filologico. I due revisori concordarono sul punto « che il lavoro così come sta non possa essere stampato e ... che non sia soltanto da correggersi qui o colà, ma da rifarsi » 42. Il consiglio di presidenza accolse le loro riserve, che furono trasmesse ai curatori del Liber insieme con una lettera (firmata da Domenico Carutti) in cui si ribadiva la subordinazione delle scelte editoriali della Deputazione all’auctoritas scientifica degli esperti consultati e al rispetto delle « rigorose norme, che la scienza ha prescritto » 43. Il dossier della corrispondenza relativa al Liber Potheris si interrompe con la fine degli anni Ottanta e non informa su come l’impasse sia stata superata. Nella versione definitiva dell’edizione, stampata nel 1900 44, furono sacrificate molte delle note erudite, ma non furono recepite le osservazioni di Cipolla e Bollati circa le necessità di potenziare gli apparati critici e di adottare un metodo uniforme nella presentazione dei vari atti; per esempio, non fu inserito alcun regesto a integrazione delle rubriche che accompagnavano, nei manoscritti, le copie di certi documenti. 3. Un metodo per la pubblicazione di regesti ed estratti: Cipolla e la Miscellanea di storia italiana L’altra iniziativa editoriale, per la quale la Deputazione chiese a Cipolla frequenti giudizi tecnici su proposte di pubblicazione, fu la Miscellanea di storia italiana. I volumi della Miscellanea, stampati con cadenza irregolare dal 1860, contenevano raccolte di saggi storici incentrati sulla presentazione e sull’edizione di documenti inediti. Dagli anni Settanta le pubblicazioni della Miscellanea avevano perso il respiro nazionale del decennio postunitario e riguardavano in grande maggioranza testi ed eventi di storia subalpina. Sempre negli anni Settanta si erano precisati i funzionamenti redazionali della collana: l’ammissione alla stampa di ciascun saggio era stata subordinata alla delibera di un’apposita commissione in merito a una relazione presentata da due deputati e all’applicazione delle correzio- 42 Cfr. oltre, doc. 3. Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 555, lettera del 25 febbraio 1887. 44 Cfr. sopra, nota 23. 43 480 PAOLO BUFFO ni da costoro suggerite 45. Le relazioni sulle proposte di pubblicazione comunicate alla commissione piemontese per la Miscellanea – altre due commissioni furono saltuariamente attive a Milano e a Genova – sono conservate a partire dalla metà del decennio successivo 46. È quasi superfluo avvertire che questi testi non danno conto dell’insieme delle correzioni dettate dalle coppie di revisori – che erano annotate direttamente sui manoscritti rispediti agli autori – ma soltanto dei principali aspetti positivi e negativi riscontrati nel corso della revisione. Le relazioni scritte per la Miscellanea, al pari dei giudizi sulle bozze dei Monumenta, danno prova della centralità di Cipolla nella definizione dei criteri metodologici e degli standard editoriali a cui i testi pubblicati dalla Deputazione avrebbero dovuto adeguarsi. Cipolla fu di gran lunga il deputato più attivo nella loro compilazione: redasse un terzo circa dei giudizi conservati 47. Il protagonismo di Cipolla nell’esame delle proposte di pubblicazione è dimostrato anche dall’autografia delle relazioni – dato interessante qualora abbiano più firmatari 48 – e dalla loro ampiezza. Mentre i giudizi formulati da altri deputati sono generalmente piuttosto sintetici, quelli cipolliani hanno dimensioni variabili. Quando riguardano temi attinenti all’ambito degli studi di Cipolla – come la storia medievale e la diplomatica – si diffondono spesso in un esame approfondito del contenuto delle bozze, che è illustrato al comitato di redazione sunteggiandolo in un elenco di punti. Si pensi, per esempio, alla relazione sullo studio dedicato da Giovanni Collino ai cartulari di S. Lorenzo di Oulx, a cui Cipolla antepone un breve cenno relativo alle vicende degli studi italiani e tedeschi sul tema 49. 45 Sulle vicende editoriali della Miscellanea cfr. ancora BUFFO, Edizioni cit. Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fascc. 622-625. 47 Cfr. BUFFO, Edizioni cit. 48 Era normale che le relazioni fossero stese da uno dei due incaricati, che le recapitava al collega con la richiesta di apportarvi eventuali correzioni o integrazioni. Di solito il secondo deputato non interveniva e si limitava a sottoscrivere il testo. È quindi possibile istituire una sorta di equazione tra autografia e paternità intellettuale delle relazioni qui presentate. Sul funzionamento appena descritto cfr. la corrispondenza tra due deputati incaricati di esaminare un manoscritto proposto per la pubblicazione della Miscellanea (Emanuele Bollati di Saint-Pierre e Alessandro Baudi di Vesme) in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 625, lettere del 28 e del 29 gennaio 1897. 49 Cfr. oltre, doc. 22. 46 CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 481 Nella supervisione redazionale della Miscellanea, Cipolla adottò in genere un atteggiamento meno severo di quello riscontrabile nelle relazioni sulle bozze dei Monumenta. Cambiavano, del resto, i punti critici suscettibili di un intervento correttivo da parte dello studioso. Negli articoli della Miscellanea l’edizione e la presentazione di testi inediti – ancora requisito essenziale per l’accoglimento nella collana – occuparono in quegli anni uno spazio sempre più marginale e talvolta furono usati come un mero pretesto per la pubblicazione di studi. Inoltre il carattere tardo e l’estensione ridotta della maggior parte delle fonti pubblicate mettevano gli autori al riparo dai principali errori – sviste nella lettura e nella datazione, incoerenza nell’uso dei criteri editoriali – riscontrati nelle bozze dei Monumenta. Non a caso, il testo che ricevette da Cipolla le critiche più puntuali di natura paleografica e diplomatica fu quello proposto nel 1895 da Rodolfo Maiocchi, contenente l’edizione di un diploma del secolo X 50. Come già era accaduto per il Liber Potheris, le correzioni di Cipolla non furono immediatamente accolte dall’autore; fu necessaria la mediazione di Carlo Merkel perché Maiocchi accettasse di modificare il testo secondo quanto richiestogli 51. In piena continuità rispetto ai giudizi sui Monumenta si collocano invece i richiami di Cipolla all’importanza di un ricorso sistematico e uniforme ai regesti; di un apparato bibliografico solido e aggiornato; di uno spoglio integrale degli esemplari dei documenti oggetto delle edizioni. La pubblicazione in ordine cronologico e la regestazione degli atti editi furono per esempio imposte a Carlo Vassallo, che aveva proposto l’inserimento nella Miscellanea di un suo saggio sulla storia moderna di Asti 52. A Lorenzo Bertano, autore di uno studio sulle cronache astigiane di Ogerio Alfieri e Guglielmo Ventura, Cipolla rimproverò di non aver fatto « ricorso 50 R. MAIOCCHI, Un diploma inedito di re Lotario riguardante la città di Como (20 agosto 949), in « Miscellanea di storia italiana », s. III, III (1896), pp. 79-98. 51 Cfr. oltre, doc. 15 bis. 52 Cfr. oltre, doc. 9. Nella sua lettera di ringraziamento a Cipolla, del 13 gennaio 1889, Vassallo assicurava: « cancellando parti dei documenti, disporrò gli altri in ordine cronologico con un’intestazione, la quale, potrà, se a Lei pare, essere riprodotta nell’indice » (D. CARAMELLINO, Prime ricerche sull’attività torinese di Carlo Cipolla, storico del medioevo (1882-1906), Torino 1991, tesi di laurea presso il Dipartimento di Studi storici dell’Università di Torino, p. 292, doc. 16). 482 PAOLO BUFFO alle edizioni migliori » e di « non avere famigliarità coi Monumenta Germaniae » 53. A Giuseppe Ferraro, editore di alcuni dispacci diplomatici veneziani di età moderna, impose di perfezionare la recensio degli esemplari dei documenti da lui pubblicati 54. In vari casi Cipolla sollevò il dubbio che i fondi documentari sui quali gli autori avevano condotto le proprie indagini non fossero stati « intieramente usufruiti » 55. La necessità di una schedatura integrale e di un’indicizzazione sistematica, secondo criteri coerenti, delle fonti disponibili fu il problema maggiormente segnalato da Cipolla nei suoi giudizi sulle pubblicazioni proposte per la Miscellanea. Cipolla, del resto, aveva dato avvio alla sua collaborazione con la Deputazione appunto pubblicando, in quella stessa collana, gli indici cronologici di un testo narrativo, la cronaca di Ferreto Ferreti 56. Nella concezione cipolliana, le più ambiziose campagne di edizioni di fonti medievali dovevano ormai essere prese in carico dall’Istituto storico italiano – e Cipolla sfruttò in più occasioni la sua autorevolezza per procurare il sostegno dei deputati a iniziative editoriali dell’Istituto 57 – ma la 53 Cfr. oltre, doc. 19. Cfr. oltre, doc. 11. 55 Cfr. per esempio oltre, docc. 15 bis, 19. Si pensi anche alla necessità, segnalata da Cipolla, di corredare di « uno studio di collazione con altre cronache o storie contemporanee conosciute » l’edizione della cronaca di Migliore Cresci proposta alla Deputazione da Giuseppe Ugo Oxilia nel 1903 (Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 192, n. 4328, lettera del 29 novembre 1903). 56 Cfr. sopra, nota 5. 57 Cipolla non intervenne direttamente nella gestione dei rapporti, inizialmente piuttosto delicati, tra la Deputazione torinese e l’Istituto storico italiano. La sua auctoritas fu peraltro decisiva nella selezione dei progetti di edizione a cui la Deputazione avrebbe dovuto attendere di concerto con l’Istituto. A lui e a Pietro Vayra la Deputazione assegnò nel 1885 l’incarico di suggerire una fonte piemontese da proporre per la pubblicazione nell’ambito delle « Fonti per la storia d’Italia »; la scelta cadde sulla cronaca di Novalesa (Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 192, n. 2784, lettera del 24 novembre 1885). Nel 1893 fu richiesto a Cipolla un parere sulla proposta formulata da Federico Patetta, secondo cui la Deputazione avrebbe dovuto farsi promotrice della pubblicazione, da parte dell’Istituto storico, di una nuova edizione del corpus delle leggi longobarde, migliorato rispetto a quelli di Bluhme e Baudi di Vesme grazie all’esame di nuovi esemplari (Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 20, lettera del 4 gennaio 1893 allegata al verbale dell’assemblea di presidenza del 12 aprile 1893). La risposta di Cipolla fu positiva: « mi pare, ed ho piacere grande di dichiararlo, che l’edizione delle Leges Langobardorum, di cui si parla nella lettera del prof. Patetta, possa riuscire molto importante. È un fatto che l’edizione del Vesme segna un vero progresso in questi studi. Ma ora si può fare di più, anche a ca54 CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 483 Deputazione avrebbe potuto conservare una funzione importante nell’allestimento di repertori, basati sull’inventariazione e sulla regestazione di gruppi di documenti di interesse locale, troppo numerosi o ripetitivi per essere editati integralmente. « Pubblicazioni sistematiche e complete », scriveva nel 1896 a un altro deputato, « piuttosto che ... saggi diplomatici » 58. Malgrado i presupposti e gli intenti iniziali, Cipolla stesso contribuì, di fatto, a impedire che la Miscellanea si affermasse come sede per la pubblicazione frequente di regesti e indici di fonti storiche, bocciando o imponendo laboriose modifiche a varie proposte di indicizzazione da lui ritenute insoddisfacenti sul piano metodologico. Chiamato dalla commissione per la Miscellanea nel 1892 a valutare l’ammissibilità di un Indice di 242 pergamene sull’abbazia di S. Solutore dal secolo XII al XVII, compilato da Giuseppe Ottino, Cipolla espresse un parere negativo a motivo del « sistema tenuto dall’autore nell’indice compilatone, in cui precede al cenno del documento il solo anno, rimandando il mese e il giorno alla carta, né dichiarò la natura dell’atto al principio; e talvolta al nome dell’atto non fece precedere un anno del contenuto » 59. Nel 1896, poi, Cipolla prese visione di un manoscritto trasmesso al comitato per la Miscellanea da Ferdinando Gabotto 60, contenente una raccolta di estratti di conti delle castellanie sabaude. Ritenne inopportuna una bocciatura della proposta dell’allievo, ma non rinunciò a esporre alla Deputazione tutte le sue perplessità circa il carattere non sistematico della schedatura da lui eseguita. Era probabile, in particolare, « che Gabotto non abbia integralmente spogliato le varie pecie, ... che neppur egli sia in grado di dichiarare di aver qui trascelto il fiore dei documenti esistenti, ... che egli possa dire soltanto che scelse il fiore di quelli che aveva sotto mano ». Egli si augurava che la Deputazione stessa gione del detto facile est inventis addere. Nuovi ms. poterono trovarsi, e sopra tutto è necessaria una nuova e più accurata revisione del materiale già cognito. Credo che il prof. Patetta, per i suoi antecedenti lavori su questo argomento e sopra argomenti consimili, sia persona perfettamente preparata a tale studio » (Ibidem, biglietto s. d.). 58 Cfr. oltre, doc. 15 bis. 59 Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 623, verbale del 29 marzo 1892. 60 Sul personaggio cfr. E. ARTIFONI, Scienza del sabaudismo. Prime ricerche su Ferdinando Gabotto storico del medioevo (1866-1918) e la Società storica subalpina, in « Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medio evo e Archivio muratoriano », 100 (1995-1996), pp. 167-191. 484 PAOLO BUFFO si prendesse carico di uno « spoglio pieno, ordinato, dei rotoli dell’Archivio camerale, e di altri documenti o simili o contemporanei. Ciò non potendosi ora fare », proseguiva con maggior pragmatismo, si sarebbe dovuto nel frattempo pubblicare il rozzo sondaggio proposto da Gabotto, senza peraltro esimersi dal « guardare il meglio, pur accettando il bene relativo » 61. L’iniziativa gabottiana fu, per il momento, lasciata cadere. All’accettazione del « bene relativo » fu intesa la generosa opera di revisione a cui Cipolla sottopose, negli anni successivi, un altro lavoro di Gabotto destinato alla Miscellanea, in un clima segnato dalla crescente ostilità fra quello studioso e la presidenza della Deputazione 62. Quando, nel 1897, la commissione per le pubblicazioni della Miscellanea accettò il progetto gabottiano di un regesto dei documenti dell’archivio comunale di Moncalieri sino al 1500 63, Cipolla fu incaricato di « fissare il sistema, ... determinare la scelta e ... sovrintendere alla pubblicazione » dei testi 64. Il carteggio relativo a tali aggiustamenti non è reperibile né tra le carte di Cipolla né tra quelle di Gabotto. Si sa che quest’ultimo propose a Cipolla di impiegare il medesimo stile da lui usato nella regestazione delle pergamene dell’archivio comunale di Caramagna Piemonte, oggetto di un articolo pubblicato poco prima nel « Bollettino storico-bibliografico subalpino » 65. Gli effetti dell’intervento cipolliano possono essere valutati osservando le differenze tra il saggio su Caramagna e quello su Moncalieri, edito nel 1900 66: nel secondo la numerazione seriale romana fu sostituita da cifre arabe; i singoli regesti furono corredati di informazioni bibliografiche che rimandano a edizioni o citazioni dei documenti in questione; per risparmiare spazio, le date furono riportate in forma abbreviata e il testo fu organiz- 61 Cfr. oltre, doc. 15 bis. Cfr. oltre, nota 73, e più in generale OLIVIERI, Il metodo cit., pp. 585-615. 63 Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 625, lettera s. d. allegata al verbale del 6 aprile 1897. 64 Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 192, n. 3810, lettera del 7 aprile 1897. 65 F. GABOTTO, Le pergamene dell’archivio comunale di Caramagna-Piemonte, in « Bollettino storico-bibliografico subalpino », II/1 (1897), pp. 14-39. La proposta di attenersi allo stile impiegato nel regesto di Caramagna è in una lettera scritta da Gabotto a Cipolla il 29 maggio 1897, edita in CARAMELLINO, Prime ricerche cit., p. 290, doc. 15. 66 F. GABOTTO, Inventario e regesto dell’archivio comunale di Moncalieri fino all’anno 1418, in « Miscellanea di storia italiana », s. III, V (1900), pp. 319-549. 62 CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 485 zato su due colonne; il lavoro fu chiuso da un indice di toponimi, antroponimi e cose notevoli; l’arco cronologico fu ristretto al periodo sino al 1418 (scelta che peraltro non valse a garantire agli spogli eseguiti una piena sistematicità) 67. Il testo dato alle stampe conteneva insomma molte informazioni in più di quelle riguardanti « il tempo, il contenuto, le persone o gli enti che ... prendono parte » alla stipula degli atti regestati, promesse da Gabotto nel progetto iniziale 68. La revisione del lavoro di Gabotto per la Miscellanea fu determinante nella messa a punto della tecnica di composizione dei regesti a cui Cipolla attendeva su mandato della Deputazione, a partire dal 1895 69, insieme con Novati e Merkel; tecnica che occupa l’ultima parte del già citato prontuario di norme per l’edizione delle fonti storiche, pubblicato dai tre appunto fra le pagine della Miscellanea, nel 1902 70. In quelle norme si ritrova, per esempio, la centralità attribuita nel lavoro su Moncalieri alla « indicazione delle fonti, la loro descrizione, le edizioni o i regesti anteriori »; la consapevolezza, insomma, che « se un documento ... non è pubblicato nella sua integrità, questa circostanza non dispensa l’editore dall’esaminarlo con cura; anzi essa rende più che mai necessaria una informazione diligente, perché da questa sola verranno a dipendere tutte le cognizioni che il lettore riceverà sul testo, che gli sta dinnanzi brevemente riassunto » 71. Sul finire del 1901 Gabotto propose la pubblicazione nella Miscellanea – o in alternativa nella Biblioteca di storia italiana, anch’essa stampata dalla Deputazione – di un ambizioso Spoglio sistematico dei conti dei teso67 Per esempio, Gabotto regestò le lettere principesche copiate nei registri degli ordinati e non quelle copiate nei Libri cridarum et litterarum (P. BUFFO, Scritture di governo nel Piemonte bassomedievale: note sulla tradizione delle lettere dei Savoia-Acaia, 1295-1360, in Regolare la politica. Forme e pratiche di regolazione della politica dal tardoantico all’età contemporanea, a cura di P. COZZO, F. MOTTA, Roma 2016, pp. 41-55). 68 Cfr. sopra, nota 63. 69 Cfr. la lettera dell’11 febbraio 1895 (Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 192, n. 3719), con cui la Deputazione, « preoccupata della opportunità e convenienza, per non dire necessità, di introdurre criteri di massima per la pubblicazione, nei nostri volumi, di cronache e di documenti anteriori al secolo XVI », incaricava Cipolla, Novati e Merkel di « proporci le massime e norme che crederanno opportune per ottenere in tal genere di edizioni una ragionevole uniformità ed un sistema autorevole di presentazione ed illustrazione dei testi, della loro riproduzione e della compilazione dei regesti, note ed indici ». 70 Norme generali cit., pp. LIV-LVI. 71 Op. cit., p. LVI. 486 PAOLO BUFFO rieri, chiavari castellani ecc. del Piemonte 72. Il progetto fu esaminato nel corso di un’agitata assemblea di presidenza, dominata da un’ormai totale ostilità nei confronti « del prof. Gabotto e di alcuni suoi amici, costituitisi in società privata, che ... lasciano travedere propositi che la R. Deputazione non potrebbe più far sembiante di ignorare » 73. La mancata attuazione 72 Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 20, lettera del 26 dicembre 1901 allegata al verbale dell’assemblea di presidenza del 9 gennaio 1902. 73 Ibidem, verbale dell’assemblea di presidenza del 9 gennaio 1902. L’atteggiamento della Deputazione nei confronti di Gabotto – improntato alla diffidenza sin dalla nascita della Società storica subalpina – peggiorò, fino al totale deterioramento, tra il 1901 e il 1902. Suscitò vive discussioni una lettera alla presidenza della Deputazione, del 22 febbraio 1901, in cui Gabotto presentava la Società storica subalpina come « sorella minore » della Deputazione e – timoroso che quest’ultima « potesse un giorno rimproverarle di pubblicar lavori ch’essa avesse già iniziati » – comunicava « ufficialmente » un ambizioso programma di opere di edizione avviate dalla Società, la cui pubblicazione sarebbe stata ultimata nel corso dell’anno. La garanzia, data da Gabotto, che la Società « si farà sempre scrupoloso dovere di non intraprendere alcun lavoro che la R. Deputazione abbia già regolarmente deliberato, ... paga di esercitare la propria attività là dove la R. Deputazione non abbia ancora provveduto prima essa stessa » (ibidem, lettera allegata al verbale dell’assemblea di presidenza del 1° marzo 1901), non impedì al consiglio di presidenza, riunito il 1° marzo, di paventare « i pericoli gravi che sorgerebbero dal sistema di apparente concerto che tenta di introdurre la società del prof. Gabotto », in contrasto con « gli antecedenti della piena e completa reciproca libertà scientifica di azione che sempre la R. Deputazione e le varie società private storiche sorte nel suo territorio hanno gelosamente conservato ». A quella stessa assemblea fu eccezionalmente invitato Cipolla – che non apparteneva al consiglio di presidenza – il quale fu invitato a « informare, particolareggiando, sui precedenti di talune pubblicazioni » della Società gabottiana (ibidem, verbale dell’assemblea di presidenza del 1° marzo 1901). Alla lettera di Gabotto la presidenza inviò il giorno stesso una risposta dai toni vaghi e pacati, in cui ci si limitava a ringraziare per la « squisita cortesia » usata alla Deputazione « facendola partecipe delle intenzioni » del suo sodalizio (ibidem). Nella seduta del consiglio di presidenza del 9 gennaio 1902 – quella in cui si esaminò la proposta di edizione dello Spoglio sistematico formulata da Gabotto – la diffidenza riscontrabile un anno prima si era trasformata in ostilità aperta. Il vicepresidente Boselli, in particolare, osservò « dopo animata discussione ... non essere opportuno, e conveniente che la R. Deputazione lasci credere più a lungo di assentire ai propositi della società del prof. Gabotto »; la Deputazione stabilì « di far giungere la sua voce al ministro della Pubblica istruzione perché non siano lesi i suoi diritti », delegando a tale proposito Boselli stesso e Antonio Manno (ibidem, verbale dell’assemblea di presidenza del 9 gennaio 1902). Sugli sviluppi della vicenda non siamo informati. Quanto alla proposta di pubblicazione dello Spoglio sistematico, la Deputazione scrisse a Gabotto di non poterla accordare senza aver prima esaminato un manoscritto contenente il testo nella sua versione definitiva (Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 192, n. 4130, lettera del 9 gennaio 1902); risposta che presumibilmente indusse Gabotto a desistere dal progetto di edizione dell’opera nella Miscellanea o nella Biblioteca di storia italiana, in mancanza di qualsiasi garanzia di accettazione del lavoro una volta ultimato. CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 487 della proposta gabottiana ebbe conseguenze gravi. Da un lato la Miscellanea perse, con Gabotto, uno dei più vitali promotori di repertori sistematici di fonti; repertori che non trovarono più spazio nei volumi successivi della raccolta. Dall’altro lato Gabotto – svincolato ormai dagli standard editoriali della Miscellanea e dalle revisioni critiche di Cipolla – pubblicò i propri spogli in più soluzioni, nelle varie raccolte di fonti e studi di storia municipale edite dalla Società storica subalpina 74, con risultati dallo spessore scientifico nettamente inferiore a quanto prefigurato nel progetto del 1901. Non vide mai la luce, per esempio, la « introduzione diplomatica e dispositiva del materiale » schedato, la cui ampiezza era stata prevista fra le 70 e le 100 pagine. Gli spogli furono pubblicati da Gabotto senza alcuna descrizione preliminare delle scritture esaminate e servirono piuttosto come estese appendici alle ricerche storiche condotte da quello stesso autore, persuaso – in contrasto con Cipolla e la sua scuola – che i documenti altro non fossero che « uno strumento di studî storici, ... storia giammai » 75. Gran parte degli accorgimenti imposti da Cipolla nelle pubblicazioni gabottiane sulla Miscellanea, intesi a facilitare la fruizione dei repertori e il loro raffronto con la documentazione già edita, non furono adottati negli estratti stampati per la Società storica subalpina. Uno studio diplomatico sulle scritture contabili sabaude avrebbe visto la luce soltanto un trentennio più tardi, grazie a Mario Chiaudano 76. 4. Conclusioni Cipolla fu certo tra quegli « individui che valsero da soli una Società », alle cui esperienze Croce collegava il coinvolgimento di alcune istituzioni storiche regionali nella costruzione di una « nuova filologia » nell’Italia del- 74 Cfr. per esempio F. GABOTTO, Estratti dai « conti » dell’Archivio camerale di Torino relativi ad Ivrea, in Eporediensia, Pinerolo 1900 (Biblioteca della Società storica subalpina, IV), pp. 263-423; ID., Estratti dai « conti » dell’Archivio camerale di Torino relativi alla valle d’Aosta (1267-1350), in Miscellanea valdostana, Pinerolo 1903 (Biblioteca della Società storica subalpina, XVII), pp. 313-408. 75 ID., Relazione intorno all’opera della Società storica subalpina nel suo primo sessennio, in « Bollettino storico-bibliografico subalpino », VII (1902), p. 14. 76 Cfr. soprattutto M. CHIAUDANO, La finanza sabauda nel sec. XIII, Voghera 19331937 (Biblioteca della Società storica subalpina, CXXXI-CXXXIII), 3 voll. 488 PAOLO BUFFO le università: storici di professione, che « ebbero gran peso ... nelle Società che erano in sedi universitarie, ... portandovi una disciplina che altrimenti sarebbe mancata » 77. Eppure la decisiva incidenza della « disciplina » cipolliana sull’intera gamma delle iniziative editoriali della Deputazione non sarebbe spiegabile senza tenere conto dell’insorgere – anche tra le pastoie del regionalismo e del sabaudismo propri di molti aderenti a quel sodalizio – di un’esigenza di apertura alle « rigorose norme che la scienza ha prescritto » 78. Un’apertura stimolata, se non dalla ricezione degli esiti del dibattito scientifico di alto livello, almeno dal timore di un’emarginazione rispetto, per esempio, all’Istituto storico italiano. Grazie alla collaborazione con Cipolla – ma anche con altri esponenti della ricerca universitaria, come Cesare Nani 79 – la Deputazione torinese non restò insomma totalmente nell’ombra al sopraggiungere della stagione definita da Petrucci come l’« età d’oro » della critica delle fonti. Un’età in cui « l’opera dell’editore di documenti non poteva più limitarsi a fornire, con grossolane e approssimative trascrizioni, una messe più o meno vasta di notizie: ben di più gli si chiedeva, e ben di più ... gli studiosi ... si abituavano via via a cercare nelle carte » 80. Non mutavano soltanto gli attori e gli strumenti delle imprese di edizione critica, ma anche le aspettative dei loro fruitori. Le note di lettura di Cipolla per i Monumenta e per la Miscellanea recepiscono con nitidezza tale cambiamento e il corrispondente emergere di nuove responsabilità da parte degli editori. Cipolla segnalò, anzitutto, la necessità di impiegare atteggiamenti uniformi nella resa dei testi e nella compilazione degli apparati, che dovevano fornire un efficace supporto critico alla lettura dei testi editi e sostituirsi alla « suppellettile erudita » delle note e degli excursus storico-politici 81. Occorreva, in secondo luogo, approntare bibliografie solide e aggiornate. Appunto sul terreno dell’aggiornamento bibliografico si misurava con maggiore evidenza il divario tra Cipolla, i suoi allievi e pochi interlocutori non professionali – come Bollati – da un lato e, dall’altro, 77 B. CROCE, Storia della storiografia italiana nel secolo decimonono, Bari 1947 (Benedetto Croce, scritti di storia letteraria e politica, XVI), p. 39 sg. 78 Cfr. sopra, nota 43. 79 Cfr. BUFFO, Edizioni cit. 80 PETRUCCI, L’edizione cit., p. 69. 81 Cfr. oltre, doc. 2. CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 489 il mondo dell’erudizione, insensibile ai progressi della ricerca storica fuori dei confini nazionali o addirittura regionali. Lo scopo ultimo del potenziamento dei rimandi bibliografici era portare alla luce i legami fra la scrittura edita e l’insieme dei testi che, nei modi più vari, fossero in relazione con essa; che si trattasse di altri esemplari manoscritti o a stampa, di studi sulla documentazione coeva o di scritture simili a quelle in esame, occorreva « rinviare il lettore all’opera che a lui può interessare » 82. La responsabilità dell’editore di fonti su cui più spesso Cipolla insisté riguardava non l’aspetto finale del lavoro pubblicato, bensì le operazioni preliminari alla stesura dell’edizione critica: lo spoglio dei fondi archivistici e bibliotecari e la recensio dei vari esemplari del testo edito. Operazioni che dovevano essere eseguite secondo criteri di sistematicità e completezza. La frequenza dei richiami di Cipolla a tale aspetto dipendeva dalla sua particolare sensibilità per il problema della frammentarietà e della provvisorietà degli esiti della ricerca storica. All’horror vacui della storiografia erudita egli contrapponeva una serena accettazione delle dispersioni e delle mutilazioni subite dalle fonti storiche nei secoli passati; il lavoro dello storico e dell’editore aveva come esito la ricostruzione e la contestualizzazione delle « briciole » sopravvissute a quelle perdite 83. La necessità di adattarsi a lavorare su frammenti più o meno esigui, anziché su serie continue di testimonianze, rendeva inaccettabile qualsiasi omissione – per fretta, ignoranza o sproporzione tra ambizioni e forze in campo – nella ricostruzione del quadro delle scritture sopravvissute. Una volta fissati i limiti cronologici, geografici e tematici della ricerca da compiere, lo storico e il diplomatista dovevano prendere in considerazione tutte le fonti disponibili: eventuali dimenticanze avrebbero non solo reso meno valida la pubblicazione scaturita dalla ricerca, ma anche rischiato di trarre in errore gli autori di studi futuri. Per tali motivi Cipolla – convinto sostenitore della necessità che le istituzioni di ricerca locali promuovessero schedature e regesti di fondi archivistici – riservò un’accoglienza tiepida o impose forti modifiche alle proposte di repertoriazione da lui esaminate per conto della Deputazione, lamentandone l’incompletezza o la carenza di sistematicità. 82 83 L. cit. ARTIFONI, Carlo Cipolla cit., p. 11 sg. 490 PAOLO BUFFO A PPENDICE DOCUMENTARIA Si pubblicano di seguito i testi di ventiquattro relazioni di Carlo Cipolla su proposte di pubblicazione pervenute alla Deputazione torinese, indirizzate in forma ufficiale al consiglio di presidenza o alla commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana; il doc. 15 bis, redatto in forma di lettera privata, è stato inserito nella raccolta per affinità con l’argomento delle relazioni. I documenti qui presentati sono tutti conservati a Torino, presso l’archivio della Deputazione subalpina di storia patria. Non tutte le scritture di quell’archivio, redatte o sottoscritte da Cipolla, sono state prese in considerazione: sono state escluse varie lettere indirizzate a singoli membri della Deputazione 84 e due relazioni sottoscritte da Cipolla insieme con altri, ma non redatte personalmente da quello studioso 85; scelta, quest’ultima, motivata dal forte legame tra autografia e paternità intellettuale delle relazioni in esame 86. Fa eccezione al criterio dell’autografia il testo in copia edito al doc. 1. Nell’edizione sono state mantenute la divisione in capoversi e le abbreviazioni presenti nei manoscritti; per rendere più immediata la comprensione del testo, le parole abbreviate sono state chiuse con punti – non sempre impiegati da Cipolla – e l’alternanza tra maiuscole e minuscole è stata adattata agli usi attuali. Le parti sottolineate nei documenti sono state rese in corsivo. Nelle note d’apparato sono state segnalate soltanto le eliminazioni e le aggiunte di parti che cambino in maniera sostanziale il significato del testo. PAOLO BUFFO 84 In particolare le lettere citate sopra, alle note 2 e 57 e oltre, nella presentazione del doc. 20. 85 Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 625, relazioni allegate al verbale della commissione per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana del 28 novembre 1903. 86 Cfr. sopra, nota 48. CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 491 1. 1885 giugno 30 Lettera di Carlo Cipolla al sindaco di Cremona, con relazione sul manoscritto di un repertorio diplomatico cremonese presentato alla Deputazione da Lorenzo Astegiano. Copia in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 192 (Copialettere), n. 2712, introdotta dall’intestazione « Sindaco di Cremona ». Lo scrivente ha preso assai volentieri in esame il ms. del II tomo del Repertorio cremonese che la S.V. Ill.ma ha ad esso inviato. Il ms., curato dal ch. prof. Astegiano, contiene documenti preziosi, e che assai illustreranno la storia locale, anzi in generale la storia lombarda. La Deputazione quindi non può a meno di caldeggiare la pubblicazione degli indicati documenti. Tuttavia lo scrivente non deve nascondersi che il ms. merita ancora alcune cure, ed ecco quali esse sarebbero. I regesti sembrano alle volte troppo concisi ed alle volte troppo diffusi. Per certe indicazioni si potrebbero con vantaggio addottare delle formule brevi, a risparmio di spazi. Così p. e. nel primo documento, a. 1038, leggiamo « anno D. Conradi imperatoris decimo ». Questa formola, mentre non risponde certo, con perfetta precisione, alla dizione dell’originale, ha il discapito della lunghezza. Ancora con maggior motivo potrebbe ripetersi questo a proposito della lunga testa premessa al doc. 2. Altre volte invece mancano dei dati che si desidererebbero. Il doc. 1 è un diploma vescovile; ora può chiedersi: la fonte adoperata è originale o copia? Il sigillo c’è, ovvero andò perduto? In via generale può anzi notarsi una sentita mancanza di indicazioni di tal genere, mentre invece queste sono davvero indispensabili. Un documento trascritto per intero (p. 780) ha la nota « documento in carta bombacina », senza che si dica di quale età sia l’esemplare adoperato. Quanto alle altre date, si è fatto benissimo a tener d’occhio non all’anno cremonese ma all’anno comune. Tuttavia era conveniente forse non tralasciare neppure quello, e registrarlo p. e. in secondo posto, restando l’anno comune in primo posto e fra parentesi. A proposito degli anni non si è ben sicuri, da qualche frase che occorre nel libro, se siansi distinti sempre gli anni segnati distintamente nel documento, da quelli che l’editore desume basati su dati cronologici, di altra natura, come a dire sull’anno dell’imperatore, sopra la indizione, ecc. La lingua dei regesti non è sempre la stessa. Talvolta è usato l’italiano, ed è per quei documenti che furono trasmessi dall’Arch. di Stato in Milano, del che è parola nella prefazione. Pare che una uniformità su tal riguardo sia molto utile. 492 PAOLO BUFFO Così pure, i dittonghi adoperati nel latino dei regesti, si introdussero anche nei tratti letteralmente trascritti dai documenti? Su tale argomento l’esattezza della trascrizione non è mai abbastanza raccomandata, specialmente nei documenti che si copiano per disteso. Eppure anche nello statuto del 1313 i dittonghi si rinvengono. Né par probabile che essi siano nell’originale. Scarseggiano molto le indicazioni bibliografiche. Le fonti ms. sono indicate forse troppo succintamente, col semplice ricordo dell’archivio in cui esistono. Più grave è un altro fatto. Pei documenti di cui si trovò solo un testo edito, si citò il libro da cui vennero desunti; e sta bene. Ma pei documenti che si rinvennero in testi mss. manca ogni indicazione che istruisca il lettore sul dubbio se il documento sia edito o no. Locché se è sempre importante il notarlo, lo è dippiù nel caso nostro, dove non si danno che regesti, mentre al lettore potrebbe interessare leggere il documento per intero. Se questo sta in pubblico, bisogna rinviare il lettore all’opera che a lui può interessare. Lo scrivente non insiste troppo sopra un altro dubbio che può sorgere, se cioè gli Archivi siano stati consultati in modo completo, così che il materiale qui raccolto sia completo anche prendendo questa voce in senso relativo. Più perfetta apparisce la prefazione che fa molto onore al prof. Astegiano per la disinvolta erudizione in essa adoperata, e per la scelta degli argomenti e il modo di trattarli. Anche qui peraltro può osservarsi qualche scarsezza di notizie bibliografiche. Senza voler notare che tra i libri citati mancano i Regesta imperiali dello Stumpf ecc. vuolsi avvertire che le opere allegate come fonti di regesto sono menzionate senza luogo e data di stampa, ma troppo succintamente col nome dell’autore e col titolo. Venendo al saggio di trascrizione risulta anzi tutto che i documenti presentati sono copiati da più mani, anche di vecchia età. Qualche trascrizione modernissima sembra non sia altro che una copia fatta ora da qualche vecchia trascrizione. Dal che abbiamo dunque una conferma di ciò che forse potea risultare dall’esame stesso del repertorio, vale a dire che l’attuale volume si risente dell’opera di vari autori, e soffre l’influenza di tempi e di metodi tra loro differenti. Tornando alle ricordate trascrizioni, non è dubbio che esse dimostrino una mano esperta; il trascrittore di alcuni, forse Ippolito Cereda, dovea essere senza dubbio un ottimo paleografo. Ma ciò non pertanto quelle trascrizioni non accontentano totalmente. Nel documento attribuito all’anno 855 non si dimostra l’esattezza di questo anno, che ripugna coll’indizione ricordata nel documento. E, lasciando anche ciò, l’ortografia non è mantenuta colla massima esattezza. Il principio è questo: + In xpi nomine hludouicus gratia dei imperator augustus. E nella copia, abbiamo omessa la croce (segno di tabellionato iniziale), supplite le maiuscole, mutata la u in v, e scambiata l’ultima voce e cioè così: In Christi nomine. Hludovicus gratia Dei im- CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 493 perator augustus. Nel corso del documento il trascrittore scrive heredibus per ehredibus. Più grave è la lezione m ca per uisia, poi: ex otensilia per animalia seo tensilia, ecc. Osservazioni simili si potrebbero fare per altri documenti p. e. nel doc. del 974 si lesse sep. viginti dove sta septoaginta, Lutprandum dove sta Liutprandum. Per recare ancora un esempio, nell’atto del 1096, la stessa sigla abbreviata spiegasi quando per suprascripta e va bene, e quando per infrascripta e va male. Tali osservazioni che allo scrivente sembra dover fare, saranno accettate, speriamo, da parte di cod. onor. Municipio come la prova dell’importanza che la Deputazione attribuisce al repertorio cremonese, del quale si affretta coi voti la pubblicazione. Codesto on. Municipio desidera che la Deputazione si rivolga al R. Ministero per ottenere che il sig prof. Astegiano venga trasferito in luogo dove possa riprendere i suoi studi cremonesi, ch’egli coltiva con tanta passione e con tanta lode. Lo scrivente ha l’onore di assicurare il Municipio cremonese che per parte sua di buon grado e con piacere raccomanderà la cosa al Ministero, nel caso in cui il Municipio stesso ovvero il prof. Astegiano abbiano a prenderne l’iniziativa, dandone notizia allo scrivente. Il prof. Astegiano ricondotto al centro dei suoi studi, potrà terminare un lavoro, che promette riuscire di tanta utilità agli studi storici. Per la R. D. C. Cipolla 2. 1886 novembre 28 Relazione presentata da Carlo Cipolla ed Emanuele Bollati di Saint-Pierre alla Deputazione subalpina di storia patria sulle prime bozze della parte iniziale dell’edizione del Liber Potheris del comune di Brescia. Originale, di mano di Cipolla, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 555. Nel margine superiore di p. 1, di mano coeva, a penna rossa: « Mandato a Bettoni-Fè con lettera particolare del presidente in principio di dicembre 1886 ». Alla presidenza della R. D. Oggetto: il Liber Poteris communis Brixiae. 1. I sottoscritti, in esecuzione all’onorevole incarico avuto da codesta presidenza, presero in esame le bozze di stampa e i due fogli tirati, in cui si contiene il principio del Liber Poteris communis Brixie, e dovettero riconoscere trattarsi di un 494 PAOLO BUFFO codice diplomatico molto importante per la storia bresciana e degno senza dubbio di venir sottoposto agli studi degli eruditi. Quanto al metodo con cui la stampa si sta compiendo, sorsero nei sottoscritti parecchi dubbi ed incertezze ch’essi qui esprimono sinceramente. 2. E anzi tutto va considerata la disposizione dei documenti: nel pubblicare i quali non si conservò l’ordine cronologico. Infatti il n. 17 porta l’a. 1219, il n. 18 è del 1198, il n. 22 è del 1156 ecc. Mancando finora la prefazione, ai sottoscritti non fu possibile conoscere la causa di tale disposizione, e solamente per intuizione essi pensano che siasi voluto riprodurre integralmente il codice come sta, salvo poi a ristabilire la serie cronologica a mezzo di un indice alla fine. Peraltro, come si disse, questa è una semplice congettura, giacché i sottoscritti ignorano la condizione critica del testo del ms. del Liber Poteris, mentre le notizie del medesimo furono assai scarse nelle note apposte ai documenti qui impressi. In fine al doc. I || [p. 2] vi è bensì l’indicazione di 3 ms. (uno dei quali del 1604), ai quali pure qui e colà si trova qualche allusione. Ma tutto ciò non era sufficiente ai sottoscritti per farsi un concetto esatto della condizione critica del testo del Lib. Pot. Non è certamente ch’essi vogliano di tale deficienza di indicazioni nelle note far carico agli illustri editori; ché anzi, a loro sommesso avviso, ogni indicazione bibliografica si poteva ommettere senz’altro nelle note, tutto riservando alla prefazione. Ma essi dicono ciò unicamente a scanso di ogni propria responsabilità; non ché per un altro motivo. Se i due codici antichi (giacché pare che quello del 1604 sia la copia di uno di quelli) sono ambedue contemporanei tra loro ed originali, ovvero se uno può riguardarsi come copia dell’altro; in ambedue i detti casi si poteva far ciò risaltare nel modo della pubblicazione. Vale a dire, volendosi riprodurre il testo quale sta nei mss. (anche coll’ordine cronologico turbato), avrebbesi potuto seguire il metodo seguito in altre pubblicazioni consimili (Codex Farfensis ecc.) e dare l’edizione diplomatica del testo, anche coll’aggiunta dell’indicazione del foglio su cui ciascun documento si legge, in ambedue i codici più antichi, o nel solo codice originale, se tra i due codici antichi era dato di stabilire una dipendenza genealogica. Con ciò parrebbe raggiunto più completamente lo scopo, di dare cioè l’edizione del Lib. Pot. a, riprodotto nella sua integrità. || [p. 3] 3. La riproduzione diplomatica del Lib. Pot. avrebbe senza dubbio urtato in uno scoglio, che l’edizione attuale non ha peraltro evitato. Gli egregi editori si sono trovati incerti sul modo di riprodurre i documenti che il Lib. Pot. dava trascritti da originali tuttavia conservati. Doveasi riprodurre a segue e non quella di un codice diplomatico depennato CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 495 il documento quale sta nel Lib. Pot. ovvero sostituirlo col testo originale? Ovvero doveasi riprodurre i due testi? A sommesso parere dei sottoscritti, qui si è un po’ ecceduto, per desiderio di bene. Il caso predetto essendosi ad esempio verificato pel documento VIII, qui fu riprodotto in nota per intero il doc. dell’originale, dopo avere in testo data la lezione del L. P. Non potevasi ricorrere allo spoglio semplice delle varianti? Per dir tutto i sottoscritti hanno ancora il dubbio non forse siasi fatta una diligente ricerca di tutte le carte bresciane per vedere se in maggior numero di casi fosse stato possibile ricorrere ai testi stessi del L. P. 4. Altro dubbio rimane ai sottoscritti sullo spoglio delle varianti date da stampe. Per esempio il n. 1 è detto esser stato pubblicato dal Gradenigo Brixia sacra, e nelle note si chiedono varianti all’edizione del Gradenigo. Pare fosse necessario dire se il Gradenigo abbia avuto a sua disposizione una copia diversa del L. P., giacché nel caso ch’egli siasi servito solamente delle fonti ms. che noi pure possediamo bisognava ricorrere a lui unicamente per vedere com’egli abbia restituito congetturalmente il testo, supposto depravato; e non fare uno spoglio || [p. 4] di varianti che potessero parere men che necessarie. Sopra tutto poi, a opinione dei sottoscritti, sembra fuor di luogo lo spoglio delle varianti del n. XI « Pax Constantia ». Senza dubbio fu ottima cosa riprodurre il testo del famoso atto quale sta nel L. P., ma era men che utile trascegliere le varianti del testo muratoriano o di quello del Cantù. Non inutili certamente parrebbero le varianti dell’apografo di S. Giulia, se queste dipendessero da una nuova visione della pergamena, ma il fare di più è, a parere dei sottoscritti, proprio un superfluo. Possediamo molte e molte altre stampe della pax Const., molte e molte fonti mss. furono compulsate e molte congetture si fecero intorno alla pax Const. in Germania come in Italia, e non si vede il motivo per cui gli editori abbiano condannato all’ostracismo tutti gli altri testi per servirsi unicamente di un sì ristretto fondamento critico. In sostanza bisogna in tali casi riprodurre il testo quale è dato dalla propria fonte; perché uscendo di lì non evvi altra via su cui fermarsi che quella di fare la restituzione critica del testo: locché è cosa affatto differente, affatto lontana dallo scopo immediato dell’editore di un antico codice diplomatico. 5. Queste ultime considerazioni, richiamano ancora l’attenzione sulla lunghezza straordinaria di molte note. Mentre molti documenti (dal 13 in poi) sono pressoché od anche affatto sprovvisti di note, i primi (e specialmente alcuni) ne sono esuberantemente ricchi. Separatamente considerate molte di quelle note sono assai interessanti, e ricche di buona e bella erudizione; ma questo || [p. 5] non impedisce che il lettore si chieda, non forse tanta suppellettile erudita potesse trovar posto altrove. Varie di quelle note contengono persino la pubblicazione di interi documenti, bolle pontificie, diplomi imperiali, ecc. Ora è chiaro che a questi pos- 496 PAOLO BUFFO sono tornar utili documenti, stampati quasi per accidens, e con attinenza non sempre immediata col L. P. Per dare un esempio, il n. XII, ci dà un dipl. 1192 di Enrico VI, che gli editori affermano già stampato dal Muratori, A. It., 4, 465. Ora in nota si riproduce il testo del diploma stesso, quale è dato da una pergamena, che si asserisce autografa, e poi si aggiungono le varianti del testo muratoriano, senza descrivere e dichiarare a sufficienza le ragioni e i fondamenti di quest’ultimo. E poi, per maggiore larghezza, si riproducono diplomi di Enrico VI e Enrico VII che appena hanno a che fare con quando sopra. Gli scriventi non escludono neppure che talvolta nelle note possa essere sfuggita qualche svista. Così per esempio nel commento al doc. 3 (p. 16) si danno come confini della Lomellina il Po, il Ticino e la Dora; ora sembra che il fiume Dora potesse lasciarsi in questo luogo da parte a. 6. Allato a questa larghezza di note, trovansi dei documenti privi di ogni nota, privi perfino di un regesto, fosse pur breve, in testa loro, privi di ogni spiegazione che ne dilucidi la data. Anche per quanto spetta ai regesti in capo ai documenti, parecchi dubbi rimasero ai sottoscritti. Gli egregi editori, si vede, in generale riprodussero i regesti antichi dov’erano, e quindi tacquero dove i regesti antichi mancavano. Non era opportuno forse fare dei regesti nuovi, secondo il formulario moderno, e aggiungere pure in nota i regesti antichi? Non si otteneva così una migliore uniformità nella edizione? Tutto ciò si unisce alla questione delle date da applicarsi in capo ai documenti. Anche qui non pare che gli egregi editori abbiano seguito dovunque lo stesso siste||[p. 6]ma. Poiché talora esse sono in italiano, e fatte coll’uso moderno; e talora sono in latino, e coll’uso classico. Gli editori, in testa di documento, indicarono se esso era edito, e da chi. E questo sta bene. Ma non sarebbesi potuto aggiungere, secondo l’uso più moderno, le fonti a cui l’editore antico ricorse? Ciò avrebbe fornito un criterio sicuro per apprezzare il valore dell’edizione stessa di fronte al testo qui stampato. Vero è che altri, anche autorevolissimi, seguirono sistemi diversi; ma è sempre meglio seguitare il consiglio che si riconobbe migliore, alla prova pratica. 7. Altro dubbio rimase ancora ai sottoscritti, ed è che gli egregi editori, dichiarando le condizioni critiche dei testi di diplomi imperiali e delle bolle papali, non abbiano tenuto conto sufficiente delle recenti indagini fatte dai dotti editori a Gli scriventi ... parte aggiunto nel margine destro CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 497 dei Mon.ta Germaniae historica, dal Potthast ecc. Così sarebbe stato loro più facile apprezzare il valore dei documenti, e la rarità o meno delle edizioni a. 8. b La trascrizione del ms. del L. P. sembra fatta con cura; intorno a ciò tuttavia i sottoscritti, per motivi evidenti, non possono pronunciare giudizi certi. La diligenza apparisce tuttavia dal modo stesso della trascrizione. E ciò è molto; quantunque non in tutti i luoghi ogni incertezza sia levata. Leggendo il doc. I, col. 5, alla linea 4 dell’atto, si ha Manfredo lezione che può sospettarsi errata per Mainfredo alla fine dell’atto stesso la firma Oldericus Dei gratia episcopus a me facta SS., è incompleta. Mancherà forse in hac carta dopo la voce episcopus. || [p. 7] Subito dopo si hanno due firme e nomi di testimoni preceduti da H. Questa H, pare che si trovi qui in luogo di una +. Nella firma del primo teste la parola doctus dovrebbesi forse correggere in rogatus c. Così pure in ciascuna delle firme la sigla SS è mutata con evidente errore in FF d. 9. Prima di finire, i sottoscritti hanno ancora un dubbio da esternare. E questo riflette il n. 2, la cui data è controversa. Leggesi « anno ab incarnatione eius mileximo trigesimo mensis iunii, indictione terciadecima. Die veneris qui est de prefato mense, in civitate Brixia ecc. ». Gli editori fanno una lunga (e nella forma alquanto prolissa) disamina della data, e mettono avanti dei riflessi certamente degni di esame e di considerazione. Essi opinano che l’atto deve essere del 1000, 20 giugno, aggiungendo il vigesimo al iunii e non al mileximo, come aveva fatto l’Odorici. Nel 1020 correva l’indizione 3, e non la 13, che pur leggesi chiara nel L. P. Vero è bensì che nel 1000 il 20 giugno scadeva in giovedì e non in venerdì, ma si può supporre che l’atto sia stato scritto sulla sera, principiante cioè il giorno ecclesiastico successivo. Così scrivono gli editori. Il motivo per cui escludono il 1020 pare veramente encomiabile; ma non so se altrettanto lo sia il motivo per cui si esclude l’a. 1120, in cui cadeva l’indiz. 13. L’anno 1120 si presentò alla mente degli editori, ma essi affermarono che in detto anno il 20 giugno cadeva di domenica, giorno dal venerdì assai più lontano che non sia il giovedì. Questo è ben vero; ma devesi riflettere che attribuendo il vigesimo al mileximo non evvi più motivo a restar fissi al giorno 20 di giu||[p. 8]gno, piuttosto che pensare ad altro giorno del mese istesso. Benissimo invece gli editori non si allarmarono per mancanza del centesimo, giacché tale mancanza poteva benissimo essere intenzionale, ed usavasi. a Così ... edizioni aggiunto nel margine destro; segue e, in qualche caso forse, anche la qualità e il numero delle fonti ms. usufruite depennato b segue Il testo sembra esaminato con cura depennato c segue È ben possibile che il ms. abbia tutte queste inesattezze; ma se ciò fosse, gli editori, in generale così diligenti e sagaci, avrebbero potuto notarlo depennato d Così pure ... in FF aggiunto nel margine destro 498 PAOLO BUFFO Tornando ora alla questione del giorno, nella carta avremo dapprima segnato l’anno, poi il mese. In fine viene il giorno « die veneris qui est de prefato mense », la qual frase già basta a provare che prima non erasi parlato di giorno, ma solo di mese. La frase è rimasta imperfetta, probabilmente per vizio del copista, e ciò è chiaro dal doc. 2, del 1127, 26 luglio. In questo, l’indicazione dell’anno è alla fine, mentre l’atto principia: « die martis qui est de mense iulii idest septimo kal. augusti ». Qui abbiamo la frase completa che ci indica come nel doc. in esame dopo le parole die veneris-mense dovea seguire idest ecc. a. L’anno 1120 poi combina con alcune frasi del documento in esame, nel quale si parla della comune concione di Brescia, e del comune di essa città. Frasi come questa convenienti al sec. XII, ma poco proprie, per quanto sembra, all’anno 1000. Oltracciò con questa data avremmo rimesso un po’ d’ordine cronologico nei primi documenti, i quali si susseguirebbero ora così: I, del 1038; II del 1120 (e non del 1000), III del 1127, IV del 1174. Ecco le perplessità che i sottoscritti si sentirono sorgere nell’animo scorrendo le pagelle loro presentate b. La presidenza, nella sua saggezza, potrà dare il giusto valore a quanto i sottoscritti qui espongono a esaurimento dell’onorevole incarico loro costì dato, e prendere qui quelle disposizioni che ad essa sembreranno opportune. Ore 1 1/2 del 28 nov. 86. 3. 1887 febbraio 2, Torino Relazione presentata da Carlo Cipolla ed Emanuele Bollati di Saint-Pierre alla Deputazione subalpina di storia patria sulle seconde bozze della parte iniziale dell’edizione del Liber Potheris del comune di Brescia. Originale, di mano di Cipolla, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 555. Nel margine destro della prima c., di mano coeva, a matita: « Da copiare in carta sottile dentr’oggi e tralasciando le firme – mettere (seguono firme). 3. II. ’87. M ». a Qui ... ecc. aggiunto nel margine destro segue Essi vorrebbero che questi dubbi non s’intendessero menomamente diretti a diminuire il depennato b CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 499 Torino 2 febbr. 87. I sottoscritti hanno preso in esame i due fogli del Liber Poteris testé trasmessi da Brescia e dati come corretti secondo le norme indicate dalla nostra Deputazione. Essi hanno il dispiacere di dover dichiarare che le correzioni introdotte, se da una parte migliorano il testo in vari luoghi e diminuiscono un po’ il peso delle note, sono dall’altra insufficienti, e ciò per parecchi motivi: a) non risulta che sia stato compiuto il lavoro di preparazione negli archivi bresciani per la ricerca dei documenti inseriti nel Liber: senza che questa ricerca sia stata esaurita, rimane un problema insolubile nella restituzione critica del testo nei singoli documenti; b) non si ebbe cura di rappresentare esattamente il codice, indicando documento per documento la relativa paginatura: siccome per esempio vediamo fatta in questa stupenda e analoga opera che è il Codex Farfensis del Balzani e del Giorgi; c) non si apposero i suggeriti regesti in testa ai documenti; d) per isfuggire alle difficoltà presentate dalle note cronologiche nel doc. 2, si appose ad esso l’anno 1000 senza giustificarlo; giacché venne totalmente soppressa la nota sulla sua data, così che il lettore non è neppure informato delle varianti date dai mss. in riguardo alle suddette note cronologiche; e) le annotazioni sono ancora in parecchi dei luoghi o affatto inutili o inutilmente prolisse, e certe interpretazioni di parole si posero || nelle note, mentre ragion voleva che si riservassero al lessico, promesso dagli editori; f) nello spoglio delle varianti, e nella preferenza data ad alcune tra esse, non si segue il criterio della genealogia dei mss.; o almeno questo non risulta; g) la bibliografia delle edizioni continua a esser quale era, nonostante le osservazioni fatte. Per tali motivi i sottoscritti sono del parere che il lavoro così come sta non possa essere stampato e credono che non sia soltanto da correggersi qui o colà, ma da rifarsi. Bollati di St. Pierre, Carlo Cipolla. 4. 1887 febbraio 12, Torino Relazione di Carlo Cipolla e Leone Fontana sul saggio Il comune di Firenze ed il ritorno della Santa Sede in Roma nel 1367, proposto da Giovanni Filippi per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. 500 PAOLO BUFFO Originale, di mano di Cipolla, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622, allegato al verbale del 2 aprile 1887 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana. Firme autografe di Cipolla e Fontana. Nel margine superiore, di mano coeva, a matita: « B) ». Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. II, XI (1887), pp. 381-434. Torino 12 febb. 87. Alla Presidenza della R. Deputazione di storia patria, Torino. I sottoscritti ad esaurimento dell’onorevole incarico loro affidato, presero in esame il lavoro del sig. dot. prof. Giovanni Filippi, Il comune di Firenze ed il ritorno della Santa Sede in Roma nel 1367. Il lavoro si compone di una serie abbastanza notevole di documenti, di cui la maggior parte finora ignoti, mentre altri sono stati soltanto citati dagli storici. Li precede una prefazione nella quale si coordinano le notizie desunte dai detti documenti, con quanto risulta dalle pubblicazioni di Gius. Canestrini e di altri. I sottoscritti trovarono che questo lavoro aggiunge delle particolarità nuove ad un fatto assai importante per la storia nostra, e riconobbero che l’autore vi adoperò molta diligenza, e cura. I documenti in parte sono tolti dall’Archivio di Stato in Firenze. È parere dei sottoscritti che il lavoro del sig. Filippi si abbia ad accettare per la Miscellanea. Leone Fontana, Carlo Cipolla 5. 1887 marzo 21, Torino Relazione di Carlo Cipolla e Vincenzo Promis sul saggio I primi conti di Savoia, proposto da Fedele Savio per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale, di mano di Cipolla, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622, allegato al verbale del 2 aprile 1887 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana. Firme autografe di Cipolla e Promis. Nel margine superiore, di mano coeva, a matita: « D) ». Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. II, XI, pp. 457-545. Torino 21 marzo 87. I sottoscritti esaminarono il lavoro presentato dall’abate F. Savio. Esso contiene moltissime ricerche e congetture di dettaglio intorno a un gran numero di CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 501 punti difficili e interessanti del predetto argomento. In calce sta unito un documento, dato come inedito, del sec. XIII. Tutto questo dà buona prova di pazienza e di acutezza nelle indagini critiche. E perciò i sottoscritti giudicano che il lavoro sia degno della stampa, quantunque esso mostri di essere stato compilato assai affrettatamente, e senza che sempre sia conservata la dovuta sobrietà nello stile. Promis, C. Cipolla 6. 1887 marzo 29, Torino Relazione di Carlo Cipolla ed Emanuele Bollati di Saint-Pierre sul saggio Una pretesa dominazione angioina in Piemonte, proposto da Carlo Merkel per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale, di mano di Cipolla, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622, allegato al verbale del 2 aprile 1887 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana. Firme autografe di Cipolla e Bollati. Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. II, XI, pp. 301-383. Torino 29 marzo 87. Alla spettabile presidenza della R. Deputazione di S. P., Torino. Oggetto: esame di un lavoro del dott. C. Merkel. I sottoscritti, in obbedienza al ricevuto mandato, hanno preso in esame la memoria del dott. Carlo Merkel « Una pretesa dominazione angioina in Piemonte ». L’Autore di questa memoria, con larga erudizione espone la storia del racconto di una signoria che avrebbe esercitato in Piemonte, tra la fine del sec. XII ed il sec. XIII, Raimondo Berengario IV conte di Provenza. Chi espose più dettagliatamente degli altri questo racconto, fu il Partenio al principio del sec. XVIII, secondo il quale, il predetto Raimondo occupò Cuneo, le valli di Stura ecc. nel 1187. Poscia si esamina come il detto racconto, o in tutto o in parte, sia passato negli storici posteriori fino ai più recenti. Susseguentemente si risale alle fonti del Partenio, le quali sono determinate in due: a) un documento apocrifo del 1210 b) una cronaca di Cuneo della metà incirca del sec. XV. Quel documento è apocrifo, e come tale conosciuto anche da storici, i quali tuttavia accolsero l’errato racconto, che in gran parte si appoggia sopra di esso. L’Aut. a tal proposito, non solo cita nuovi argomenti a provare la falsità del documento stesso, ma cerca di determinare a) data e luogo della falsificazione b) per opera di chi sia stato falsificato, e con quale scopo c) con quali fonti sia stato composto d) quale uso ne abbia fatto Gioffredo 502 PAOLO BUFFO della Chiesa, e perché || questi abbia inserito nella sua cronaca il detto documento. Passando a esaminare la cronaca di Cuneo, l’Aut. trova che in essa il nome di Raimondo Berengario è sostituito a quello di Carlo I d’Angiò, a quello applicando i fatti, che invece spettano a quest’ultimo. Ristabilite così le cose alla loro realtà, l’Aut. ricerca perché i primi autori dell’erronea narrazione, abbiano pensato a Raimondo Berengario, e trova a) convenienza che i Piemontesi avessero notizie sopra il Raimondo Berengario IV effettivamente vissuto in Provenza intorno all’epoca indicata b) ricordo di altro omonimo, nipote di Carlo I d’Angiò, il quale ebbe effettivamente potere in Piemonte. Spiegata così l’origine della falsa tradizione letteraria, l’Aut. raggiunse il suo scopo, di eliminare dalla storia piemontese un fatto non vero. Ma allato a questa parte negativa, l’A. indica anche un corollario positivo, ed è questo: la cronaca di Cuneo, sebbene sotto il nome errato di Raimondo Berengario, pur conserva notizia di fatti non privi d’importanza sull’epoca angioina in Piemonte, e che devono dipendere da fonti buone. Questo risultato positivo viene dall’Autore soltanto indicato, riservandosi egli di svilupparlo altra volta. Nel far la storia delle opinioni || emesse intorno al doc. del 1210, all’Autore fu concesso di dar comunicazione anche di qualche documento inedito. Siccome ai sottoscritti parve che il lavoro esaminato riguardasse questioni storiche di rilievo, e che esso fosse condotto con buona critica, e con felicità di risultati, così essi conchiudono proponendone l’inserzione nella Miscellanea. Carlo Cipolla relatore, Bollati di St.-Pierre 7. 1887 novembre 28, Torino Relazione di Carlo Cipolla e Leone Fontana sul saggio L’Arte di Calimala in Firenze e il suo più antico statuto, proposto da Giovanni Filippi per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale, di mano di Cipolla, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622, allegato al verbale del 14 gennaio 1888 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana. Firme autografe di Cipolla e Fontana. Nel margine superiore della prima pagina, di mano coeva, a matita: « A) ». Il saggio fu pubblicato non nella Miscellanea ma come monografia autonoma a Torino nel 1888. Torino 28 nov. ’87. I sottoscritti esaminarono il ms. del prof. G. Filippi col titolo « L’Arte di Calimala in Firenze e il suo più antico statuto ». CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 503 L’Autore trascrisse dal ms. esistente nell’Arch. di Stato in Firenze il detto statuto. Esso è finora inedito, quantunque non del tutto ignoto. Generalmente lo si attribuisce al 1302; ma l’Aut., con nuove considerazioni, muta leggermente la cronologia. Possediamo a stampa, per cura dell’Emiliani Giudici, un altro statuto di quell’Arte; ma esso è posteriore e in volgare, mentre questo è in latino. Lo statuto stampato tiene bensì alcuna somiglianza con questo, ma tuttavia le differenze sono gravissime e tali da non escludere in niun modo la pubblica||zione del primo, né sarebbe assolutamente possibile limitarsi ad una semplice relazione sulle diversità tra i due testi. Il Filippi accompagna lo statuto con una diligente prefazione, nella quale si studia di mostrare il posto che l’Arte di Calimala tiene nella storia fiorentina; spiega le disposizioni dello statuto stesso, ecc. Nelle note e in appendice trascrive in esteso o per estratto parecchi documenti e disposizioni statutarie fiorentine, che si riferiscono all’Arte di Calimala e gettano luce sul presente statuto. Perciò i sottoscritti opinano che il lavoro del dr. Filippi venga accettato per la Miscellanea. Leone Fontana, Carlo Cipolla 8. 1889 gennaio 5, Torino Relazione di Carlo Cipolla e Cesare Nani sul saggio Lettere inedite di Lodovico Antonio Muratori, proposto da Giuseppe Biadego per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale, di mano di Cipolla, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622, allegato al verbale del 12 febbraio 1889 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana. Firme autografe di Cipolla e Nani. Nel margine superiore della prima pagina, di mano coeva, a matita: « B) ». Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. II, XIII (1890), pp. 69-127. Il sig. dott. Giuseppe Biadego presentò una memoria intitolata Lettere inedite di Lodovico Antonio Muratori. Trattasi di un manipolo di 54 lettere muratoriane, abbraccianti il periodo: 1700 a 1748. Non sono tutte dirette alla medesima persona, sebbene il maggior numero tra esse formi il carteggio del Muratori con Girolamo e Giacomo Tartarotti, celebri letterati roveretani. Ma le altre lettere sono dirette a varie persone. Le lettere del Muratori ai due eruditi trentini sono state desunte da un ms. della Biblioteca comunale di Rovereto, siccome il sig. Biadego di- 504 PAOLO BUFFO ce nella prefazione; le altre lettere provengono da varie fonti, dal Museo britannico, dalla Vaticana, dall’Imperiale di Vienna, dalla raccolta privata del march. Gaetano Ferrajoli di Roma, ecc. Nel metter insieme queste lettere sparse, giovò al Biadego l’amicizia dello Spinelli, il quale, come si sa, si occupa egli pure dell’epistolario muratoriano. Le lettere di cui il Biadego propone la stampa toccano direttamente di molti argomenti letterari e scientifici, e servono ancora ad illustrare le relazioni del Muratori coi letterati, dai quali ebbe aiuti per la sua collezione epigrafica || e per la raccolta degli Scriptores. Talvolta si parla di qualche ms. che il Muratori crede potergli riuscire utile, come nella lettera 9 e 28; altre volte si discute di cronache varie e dell’utilità di averle e consultarle, come nelle lettere 10, 12 e 15. Interessante è anche la lettera 26 che parla di alcune osservazioni da Giordano Tartarotti fatte alla Italia medii aevi del P. Beretti. In altre lettere si parla d’iscrizioni romane e della loro interpretazione (lettere 20, 29, 30, 32, 36), di studi filologici, letterari, filosofici, ecc. Molto di sovente è qui fatta parola del Sarpi, dell’Argelati, e dei loro lavori scientifici. Non manca anche qualche accenno alle difficoltà che il Muratori trovava nelle sue imprese, ai disgusti ai quali andava incontro, ecc. Come avviene di sovente nelle epistole muratoriane, s’incontra anche qui qualche allusione a fatti politici. Il Biadego, oltre alla prefazione, aggiunse alle lettere parecchie note illustrative, di fatti e di persone, || giovandosi anche, e con frequenza, di documenti inediti, che servono a chiarire e completare ciò che il Muratori dice nelle sue lettere. Per questi motivi, e considerando sia l’importanza speciale di alcune lettere, sia in generale l’utilità ch’esse possono somministrare alla conoscenza della vita e dei lavori del Muratori, i sottoscritti danno voto favorevole alla pubblicazione di questo articolo nella Miscellanea. Essi non lasciano ancora di rilevare che alcune tra queste lettere, e in ispecie la 42 3, si riferiscano alle relazioni del Muratori col re di Sardegna e con Torino, quantunque non aggiungano notizie di rilievo, oltre a ciò che già si conosceva su tale argomento. Torino, 5 genn. 1889. C. Nani, C. Cipolla 9. 1889 febbraio 1, Torino Relazione di Carlo Cipolla e Vincenzo Promis sul saggio Francesco Maramaldo e gli Agostiniani in Asti, proposto da Carlo Vassallo per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 505 Originale, di mano di Cipolla, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622, allegato al verbale del 12 febbraio 1889 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana. Firme autografe di Cipolla e Promis. Nel margine superiore della prima pagina, di mano coeva, a matita: « C) ». Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. II, XIII (1890), pp. 129-265. La memoria che sotto il titolo Francesco Maramaldo e gli Agostiniani in Asti viene presentata dal canon. prof. Carlo Vassallo, scioglie una vecchia questione sopra l’assalto dato dal celebre Maramaldo alla ricordata città. Di quel fatto d’armi, in memoria del quale gli Astigiani eressero una chiesetta votiva, si sapeva fino ad ora pochissimo, e pur quel poco che si sapeva, era incerto e confuso. Il Vassallo trovò nuovi documenti i quali chiariscono l’avvenimento in ogni sua particolarità. Siccome il fatto di Maramaldo si collega alla storia degli Agostiniani e dei loro conventi in Asti, così il Vassallo estende pure le sue ricerche anche alla storia di quei conventi. Quantunque quest’ultima parte della sua memoria non si possa riguardare, in tutto e per tutto, come legata intimamente alla prima, tuttavia serve anch’essa ad illustrare dottamente la storia astigiana. I sottoscritti opinarono a che qualche parte fosse per avventura esposta con troppa diffusione, e proposero all’Autore alcuni ta||gli e la ommissione di alcuni documenti del secolo precedente, cioè recentissimi, e che sembravano inutili ad essere riferiti per disteso. Il Vassallo accettò pienamente i suggerimenti fattigli. Conchiudendo, i sottoscritti propongono la stampa della suddetta memoria nei volumi della Miscellanea. Torino, 1 febbraio 1889. Promis, C. Cipolla 10. 1889 febbraio 11, Torino Relazione di Carlo Cipolla e Domenico Carutti sul saggio Memorie del castello di Matarella, proposto da Vincenzo De Vit per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale, di mano di Cipolla, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622, allegato al verbale del 12 febbraio 1889 della commissione per le pubblicazio- a segue leggendo per la prima volta il lavoro del Vassallo depennato 506 PAOLO BUFFO ni della Miscellanea di storia italiana. Firme autografe di Cipolla e Carutti. Nel margine superiore della prima pagina, di mano coeva, a matita: « E) ». Cfr. la lettera inviata da De Vit ad Antonio Manno (Roma, 10 gennaio 1889) ad accompagnamento delle bozze (Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fasc. 625). Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. II, XIII (1890), pp. 267-295. I sottoscritti avendo letta la memoria sul castello di Mattarella presentata dall’illustre dottor Vincenzo De Vit, la trovarono ricca di erudizione e accurata, degna insomma del suo Autore; e quindi ne propongono la inserzione nella Miscellanea. Torino 11 febbraio 1889. Dom. Carutti, Carlo Cipolla 11. 1891 maggio 25, Torino Relazione di Carlo Cipolla e Leone Fontana sul saggio Relazione dell’ill. sig. Zorzi mandato ambasciatore straordinario di Venezia in Polonia nel 1648, proposto da Giuseppe Ferraro per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale, di mano di Cipolla, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622, allegato al verbale del 25 maggio 1891 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana. Firme autografe di Cipolla e Fontana. Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. II, XVI (1894), pp. 307-339. I sottoscritti, in obbedienza all’incarico avutone dalla on. Presidenza della R. Deputazione, presero in esame il ms. presentato dal sig. prof. Ferraro sopra una inedita relazione del sec. XVII riguardante la Polonia e indirizzata al senato veneziano. Essendo la relazione inedita, essi opinano per la sua inserzione nella Miscellanea. Tuttavia credono necessarie alcune modificazioni al ms., per questo che il sig. Ferraro non conosce l’esemplare che di quella relazione si conserva nella Biblioteca marciana di Venezia a. E trattasi di un esemplare importante, poiché da esso apprendiamo che autore di detta relazio||ne non è il signor Zorzi, come crede il Ferraro, ma Zorzi (Giorgio) Zeno. a Ms. Ital., classe VII, n. 879. CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 507 Esaminato il ms. veneziano ed usufruitone, il Ferraro potrà ripresentare il lavoro, per il quale, a parere dei sottoscritti, si potrà fin d’ora approvare l’inserzione nella Miscellanea. Crediamo tuttavia indispensabile il rimaneggiamento della prefazione, la quale è fatta nella supposizione che della relazione esista solamente il ms. conservato dalla Biblioteca civica di Ferrara. Torino, 25 maggio 1891. Leone Fontana, C. Cipolla 12. 1894 novembre 28, Torino Relazione di Carlo Cipolla sul saggio Due pretese dominazioni straniere in Sardegna nel secolo VIII, proposto da Giuseppe Calligaris per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale autografo in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622. Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. III, III (1896), pp. 1-27. Il dottor prof. G. Calligaris, già noto per varie pubblicazioni erudite di storia piemontese, studia nell’unita memoria la così detta tradizione sulla dominazione longobarda in Sardegna. Questo fatto, che in generale viene ammesso come dimostrato, o almeno come verosimile, da buon numero di storici sardi, viene dal Calligaris dimostrato come insussistente per mezzo di una serie di interessanti considerazioni sulla storiografia isolana. Egli raggruppa i vari storici sardi, che parlano di quella dominazione, intorno a Francesco Fara, che nella seconda metà del XVI scrisse un libro De rebus Sardis. Fa vedere come non sussiste altra fonte di quella tradizione, fuori di questa sola. Le fonti antiche non parlano di alcuna dominazione saracena in Sardegna. Soltanto Paolo diacono narra di una spedizione sarda compiuta da re Liutprando; ma quella era una semplice incursione, non una dominazione stabile. || Il Calligaris si ferma quindi a parlare delle fonti del Fara. A questo argomento egli dedica anche l’appendice, in cui toglie ogni dubbio, per quanto pare, alle sue conclusioni, per via di una serie di minuti raffronti. Il Fara adunque si appoggiò ad alcune frasi del Sigonio. Questo risultato annienta il valore effettivo del libro del Fara nel presente riguardo, sostituendo ad esso l’opera del Sigonio. Non è dunque più il caso di supporre alcuna fonte locale. Il Sigonio poi non aveva a sua disposizione alcuna fonte antica a noi ignota. Queste ricerche sono condotte con buon metodo, e con soda critica, almeno secondo il mio modo di vedere. 508 PAOLO BUFFO Penserei dunque, se così parrà alla R. Deputazione storica, che || la breve memoria del Calligaris possa inserirsi nei volumi della Miscellanea, nei quali purtroppo la storia sarda non comparisce da lungo tempo. Torino, 28 nov. 1894. C. Cipolla 13. 1895 maggio 4, Torino Relazione di Carlo Cipolla sul saggio Un diploma inedito di re Lotario riguardante la città di Como (20 agosto 949), proposto da Rodolfo Maiocchi per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale autografo in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622. Nel margine superiore della prima pagina, di mano coeva, a matita: « Verb. 34 »; « Allegato D ». Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. III, III (1896), pp. 81-89. Torino, 4 maggio 1895. La memoria del prof. R. Majocchi, quantunque dimostri nell’autore una certa immaturità nelle ricerche diplomatiche, tuttavia, essa si presenta come il frutto di indagini diligentissime, e merita veramente non piccola lode. La descrizione paleografica lascia ancora qualche lieve desiderio, e nella carta qui unita mi permisi di indicare qualche punto che vorrei meglio dilucidato. Tuttavia anche questa parte è trattata dall’autore con sommo amore, e con una diligenza ben rara. La parte storica mi sembra completamente soddisfacente. Per mia parte propongo l’inserzione della memoria nei nostri volumi di Miscellanea. Vorrei soltanto pregare l’egregio autore a dare un’occhiata ai dubbi che mi sono permesso di esprimere. C. Cipolla || Edizione del diploma R. 4 prout. Qui si dice che ut è voce aggiunta da « mano diversa ». Ma da qual mano? R. 10 roborantes. Come si può determinare che questa parola sia stata scritta dal « cancelliere », e che anzi il « cancelliere » abbia scritto il diploma, se di un cancelliere non si fa menzione neppure nella formula di ricognizione? CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 509 Rr. 11, 12, 13. Non si dice se la « signatura », la « recognitio » e la « datatio » siano della stessa mano che scrisse il diploma. Eppure è cosa di molta importanza il chiarirlo. Né basta il breve cenno a p. 3, che riguarda solo la data. R. 12. « Mano posteriore » scrive l’autore. Ma di che età? R. 13. Esistono le NN? E nel caso esistano, che cosa vi significano? P. 3, lin. 17. Di nuovo si parla del cancelliere, ma non se ne dimostra mai la presenza, cosa del resto molto ardua nello stato attuale delle nostre cognizioni sulla diplomatica lotariana. P. 12, l. 14. Qui nuovamente si parla del cancelliere, mentre Amizo chiamasi « capellanus ». E si noti che poteva firmare per il « capellanus » anche un notajo di sua dipendenza. 14. 1895 maggio 4, Torino Relazione di Carlo Cipolla sul saggio Il monastero di S. Teofredo di Cervere ed il culto di S. Teofredo in Piemonte, proposto da Fedele Savio per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale autografo in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622. Nel margine superiore della prima pagina, di mano coeva, a matita: « Verb. 34 »; « Allegato G ». Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. III, III (1896), pp. 57-79. Torino, 4 maggio 1895. La breve, ma succosa memoria del prof. p. F. Savio, nostro socio corrispondente, è importante soprattutto per aver chiarito che il culto di Eufredo o Ifredo che si trova in Alba ecc., e che finora era un enigma, non conoscendosi un santo di tal nome, l’identifica con quello di S. Teofredo che incontrasi a Cervere nel Fossanese, e che questo S. Teofredo altro non è che il s. Teofredo martire di Monastier in Francia. Infatti questo culto fu diffuso in Piemonte a mezzo del monastero di Cervere, che fu per lunga età dipendente dal monastero di Monastier. Questo è il nucleo del lavoro del Savio ed è veramente interessante tale risultato. La storia di Cervere, fatta con diligenza ed erudizione, serve di cornice al quadro, e dà alla dimostrazione il suo debito fondamento. Reputo quindi che tale scritto sia da inserirsi nei volumi della Miscellanea. C. Cipolla 510 PAOLO BUFFO 15. 1896 febbraio 5, Torino e Genova Relazione di Carlo Cipolla e Cornelio Desimoni sul saggio Gli obertenghi nel decimo ed undecimo secolo, proposto da Benedetto Baudi di Vesme per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale, di mano di Cipolla, allegato al verbale dell’11 febbraio 1896 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622. Firme autografe di Cipolla e Desimoni. Nel margine superiore della prima pagina, di mano coeva, a matita: « Allegato A ». L’Autore del ms. comunicato ai sottoscritti si propone di portare nuovi contributi alla genealogia, intralciata ed oscura, di alcune illustri famiglie dell’Italia superiore. Nella prima parte egli prende le mosse dalla così detta Pace di Lucca (1124), il cui testo fu pubblicato dal Muratori, e, dopo di aver corretto la data errata di un altro documento muratoriano, modifica la genealogia finora accettata per i marchesi di Massa-Parodi, e sostiene che la regina Berta, moglie di re Arduino, era della famiglia obertenga; sostiene pure la esistenza di un sottoramo dei marchesi di Monferrato, che si sarebbe estinto nel sec. XI, perdendosi negli Obertenghi. Nella seconda parte l’A. modifica la genealogia dei marchesi Malaspina. Propone e difende l’opinione che i marchesi di Genova abbiano ottenuto sul cadere del sec. X i comitati di Vicenza e di Verona, distinguendosi specialmente in questa duplice posizione politica, al tempo di re Arduino. Accostando insieme molti particolari riguardanti perdite o acquisti di comitati, l’A. crede di poter dimostrare che nell’anno 1000 || gli ottimati dell’Italia tentarono una grande sollevazione contro Ottone III, ma la loro congiura fu scoperta, e i congiurati vennero puniti. L’A. di questo scritto possiede larga erudizione, e maneggia assai bene il materiale di cui abbisogna. Egli sa accumulare dati ed indizi alla soluzione delle quistioni che si propone, e lo fa con infinita diligenza, con esemplare tenacia, con accume. Naturalmente in quistioni così ardue, e dove è facile rimanere abbagliati da omonimie, i sottoscritti non si sentono in grado di decidere se l’A. abbia sempre colto nel segno. Essi credono tuttavia di potere con piena certezza asserire che il lavoro da essi preso in esame reca nuova luce sopra un così oscuro periodo storico, quale è il X secolo. Soprattutto importanti sembrano le ricerche sulla parte avuta dai marchesi di Genova nei fatti di re Arduino, e sulla rivolta dell’anno 1000. Per tali motivi i sottoscritti non esitano a proporre che || il lavoro in discorso abbia ad essere inserto nei volumi della nostra Miscellanea. CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 511 Torino, Genova, 5 Febbraio 1896. C. Cipolla, C. Desimoni 15 bis. 1896 marzo 19 Lettera di Carlo Cipolla, probabilmente ad Antonio Manno, riguardante le proposte di pubblicazione presentate alla Deputazione da Rodolfo Maiocchi e Ferdinando Gabotto. Originale autografo in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 625. Ill. Sig. Barone, Presi in esame i due ms., quello del Majocchi e quello del Gabotto. Il Majocchi, credo, non aveva introdotto nel suo lavoro gli emendamenti da me suggeriti, o almeno non tutti. Ci fu quindi la necessità di un carteggio tra lui e me. Sorse una questione paleografica, e il Majocchi ne fece arbitro Merkel. Finalmente pare che le cose siano abbastanza bene aggiustate. E quindi Le ritorno il ms. coll’imprimatur. Rivolsi pure la mia attenzione alla raccolta di documenti || presentata dal Gabotto, e mi parve tutt’altro che priva di valore. Sono per lo più piccoli cenni su argomenti svariatissimi, interessanti l’arte militare, la politica, la vita pubblica. Si capisce, e lo dice anche il G., che egli non fece che una scarsa scelta fra una messe infinita. A me piacciono le pubblicazioni sistematiche e complete assai più che non i saggi diplomatici. Ma si capisce che per le prime sarebbe necessario impiegare non cento, ma mille pagine. Son d’avviso che Gabotto non abbia integralmente spogliato le varie pecie, e credo probabile che || neppur egli sia in grado di dichiarare di aver qui trascelto il fiore dei documenti esistenti. Credo che egli possa dire soltanto che scelse il fiore di quelli che aveva sotto mano. Naturalmente qui non faccio affermazioni categoriche. Bisognerebbe ricorrere ai mss. e vedere. Credo tuttavia che questa raccolta sia meglio fatta che non altre congeneri, non esclusa p. e. quella del conte F. Saraceno. Il desideratum sarebbe che la Deput. potesse dare lo spoglio pieno, ordinato, dei rotoli dell’Archivio camerale, e di altri documenti o simili o contemporanei. 512 PAOLO BUFFO Ciò non potendosi ora fare, ben || vengano adunque i documenti allestiti dal Gabotto. Non dimentichiamo tuttavia di guardare il meglio, pur accettando il bene relativo. Una particolarità. Preferirei apporre a ciascun documento la data (in cifre arabiche), affinché desse subito nell’occhio. Il numero d’ordine dei documenti, a risparmio di spazio, si può scrivere al margine, in luogo che porlo a mezzo della pagina, dove occupa una riga. Crede giunto il momento di tentar qualche cosa per il diploma del 1210 che è a Roma, al patrimonio Reale? Dal g. V. Armando seppi di questi giorni che suo nipote va guarendo. Rinnovo gli auguri. Con alta stima, di Lei, ill. Sig. Barone, dev. C. Cipolla S. Giuseppe del ’96. 16. 1897 marzo 20, Torino Relazione di Carlo Cipolla e Carlo Merkel sul saggio L’alliance lombardoallemande à la fin du XV siècle. L’ambassade d’Hérasme Brasca à la cour de Maximilien (avril-décembre 1498), proposta da Léon Pélissier per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale, di mano di Cipolla, allegato al verbale del 6 aprile 1897 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 625. Firme autografe di Cipolla e Merkel. Nel margine superiore della prima pagina, di mano coeva, a matita: « V ». Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. III, IV (1898), pp. 333-492. In Italia non meno che in Francia è notissimo il nome del prof. Pélissier, della facoltà di Montpellier. Egli dedicò lunghissimi anni alla storia di Luigi XII in relazione all’Italia, e intorno ad essa diede ormai alla luce una lunga serie di monografie. Nella memoria che egli presenta alla nostra Deputazione egli studia l’ambasciatore Erasmo Brasca, che rappresentò Lodovico il Moro nella corte di Vienna. Il Brasca fu per lungo tempo vero e assoluto padrone della politica di Massimiliano I, e impiegò la sua grande influenza a tenere l’imperatore lontano dall’amicizia CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 513 verso la Francia. Ma se in ciò riusciva con facilità, non poteva tuttavia carpire all’imperatore alcune concessioni desiderate dal suo signore. Il Branca riuscì a decidere Massimiliano alla guerra contro la Francia. Vero è che sul più bello l’imperatore, pentito d’essersi posto in grande rischio, si ritirò indietro. Ma il Brasca non si diede per vinto e sospinse di nuovo l’imperatore sulla stessa strada politica. Massimiliano riprese la guerra. Si combatté in Borgogna. Ma poscia l’imperatore si pentì, accostossi alla Francia, e mandò sotto qualche pretesto il Branca a Trie||ste. In quel momento egli si staccò anche da Lodovico Sforza e cercò favore presso i principi dell’impero. Ma questa condizione di cose non poteva durare, senza che il Branca facesse sentire la forza della sua fine diplomazia. A Trieste egli brigò per commuovere Venezia contro l’imperatore. La memoria è illustrata, nelle note, da numerosi documenti. E in numero, senza paragone maggiore, sono i documenti che il Pélissier raccolse in fine al suo lavoro. Anzi può dirsi che la parte appositiva non è che una prefazione intesa al coordinamento e all’ermeneutica dei documenti pubblicati. Persuasi i sottoscritti che la memoria del dotto francese, che ha per base principale il materiale da lui raccolto nell’Archivio di Stato di Milano, possa riuscire alquanto profittevole alla conoscenza della storia italiana, ne propongono l’inserzione nei volumi della Miscellanea. Torino, 20 marzo 1897. Carlo Cipolla, Carlo Merkel 17. 1897 marzo 30, Torino Relazione di Carlo Cipolla e Alessandro Baudi di Vesme sul saggio La venue en France de Valentine de Milan, proposto da Jules Camus per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale, di mano di Cipolla, allegato al verbale del 6 aprile 1897 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 625. Firme autografe di Cipolla e Vesme. Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. III, V (1900), pp. 1-63. Il prof. Giulio Camus, ben conosciuto per parecchie monografie riguardanti le relazioni tra la Francia e l’Italia nel medioevo, studia ora alcune ignote particolarità che riguardano le nozze di Luigi d’Orléans con Valentina figlia di Gian Galeazzo Visconti. A nessuno è ignoto che da quel matrimonio provennero gravi mu- 514 PAOLO BUFFO tamenti nella politica italiana, e che la dipendenza di Asti dalla Francia trova la sua origine in questa alleanza. Il matrimonio si preparava sino dal 1385; ma solo nel gennaio 1387 fu segnato il contratto definitivo, seguito di lì a pochi mesi dalla celebrazione del matrimonio per procura. Ma la sposa non andò tosto in Francia. Anzi rimase in Lombardia ancora due anni. La cagione di sì lungo ritardo fu cercata vanamente dagli storici recenti. Ora il Camus trovò molti fatti e documenti i quali lasciano credere che la causa di quest’indugio si debba attribuire alle condizioni del Piemonte, e alla politica di casa Savoja verso i Visconti, e alle relazioni tra il conte rosso e i principi di Acaja. Questo è il risultato più importante che, sotto l’aspetto politico, ottenne il Camus. Ma sono tutt’altro che inutili i molti e preziosi particolari, che egli raccoglie intorno al passaggio di Valentina attraver||so alle terre piemontesi, e al modo col quale in ciascun borgo fu accolta. In fine alla breve sua dissertazione, il Camus riproduce i documenti da lui trovati qui in Torino, a Moncalieri, a Pinerolo, ecc. aggiungendovi l’inventario delle gioie della sposa, redatto a Parigi appena che essa si trovò colà, 8 sett. 1389. Questo documento, finora ignoto, e di cui si conosceva appena un indiretto riflesso nel t. XVI degli Scriptores del Muratori, è desunto dagli Archives Nationales di Parigi. A parere dei sottoscritti la memoria del prof. Camus è veramente importante, e merita d’essere inserta nei volumi della Deputazione. Forse l’Autore potrebbe aggiungere qualche nota dichiarativa ai nomi dei gioielli e dei vestiti elencati nell’inventario succitato. È peraltro vero che nel maggior numero dei casi, quei vocaboli non presentano alcuna notevole difficoltà d’interpretazione. Torino, 30 marzo 1897. Carlo Cipolla, Al. Vesme 18. S. d. [1897 prima del 6 aprile] Relazione di Carlo Cipolla e Francesco Carta sul saggio La guerra di Castro e la spedizione dei Presidii (1639-1649), proposto da Giacinto Demaria per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale, di mano di Cipolla, allegato al verbale del 6 aprile 1897 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 625. Firme autografe di Cipolla e Carta. Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. III, IV (1898), pp. 191-255. CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 515 Il prof. De Maria illustrò un aneddoto storico, che nel sec. XVII ebbe notevole importanza nella storia italiana, la così detta guerra di Castro combattuta tra i Farnesi ed i Barberini. Cotale guerra scoppiò al tempo di Urbano VIII, quando i Barberini erano potenti; terminò sotto Innocenzo X, quando si destò una generale reazione contro di essi. La grossa questione ebbe termine con danno degli uni e degli altri, e colla distruzione della piccola città che tra loro si contendevano. La guerra di Castro ha un’importanza non lieve, perché ha un addentellato colla storia generale, e colla politica spagnuola rispetto all’Italia. Il prof. De Maria trattò con diligenza il suo argomento, giovandosi delle fonti stampate, e di molti documenti estratti specialmente dall’Archivio di Stato di Venezia. A parere dei sottoscritti la memoria può venire accolta nelle pubblicazioni della nostra Deputazione. C. Cipolla, F. Carta 19. 1900 gennaio 21, Torino Relazione di Carlo Cipolla su un saggio proposto da Lorenzo Bertano per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale autografo in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622. La memoria del cav. L. Bertano consiste nella comparazione delle singole notizie date [da] O. Alfieri e da G. Ventura, nelle loro cronache di Asti, coi documenti e colle altre fonti cronografiche. Il disordine nel quale dette notizie stanno nelle due fonti aveva fatto nascere da lungo tempo il desiderio che quel ricco materiale storico venisse sottoposto a tale disamina. Il cav. Bertano si giova unicamente di fonti edite, intorno alle quali egli possiede una conoscenza assai larga. Che tutte || le fonti disponibili egli abbia usufruito, è difficile l’assicurarlo. Né sempre egli fece ricorso alle edizioni migliori, poiché non solo trascurò l’edizione che Heyle fece della Relatio di Nicolò di Butrinto, ma sembra non avere famigliarità coi Mon. Germaniae. Nonostante queste deficienze, il lavoro del Bertano non può non riuscire utilissimo agli studiosi. Il Bertano, costretto a cercare fuori dei grandi centri di studio, non ebbe accessibili quelle fonti moderne, che altri || trovano a propria disposizione con tutta facilità. Questa circostanza deve essere tenuta presente, e in 516 PAOLO BUFFO grazia di essa i lavoro del Bertano, che d’altra parte è altamente pregevole, può essere ricevuto nelle pubblicazioni della Deputazione. Tor. 21/1 900. C. Cipolla 20. 1900 luglio 21, Torino Relazione di Carlo Cipolla sul saggio Alcuni capitoli inediti degli statuti di Alessandria, proposto da Alessandro Lattes per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale autografo allegato al verbale del 10 gennaio 1901 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622. Nel margine superiore della prima pagina, di mano della seconda metà del secolo XX, a matita: « Relazioni per la Miscellanea (verbale 10 genn. 1901. Lattes ». Cfr. ibidem la lettera di accompagnamento della relazione, indirizzata da Cipolla ad Antonio Manno (Savona, 21 luglio 1900). Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. III, VII (1902), pp. 311-343. Il socio corrispondente prof. Alessandro Lattes presentò una memoria dal titolo Alcuni capitoli inediti degli Statuti di Alessandria. Degli statuti di Alessandria si ha unicamente la edizione, molto difettosa, del 1547; cosa assai deplorevole, data la non comune importanza di quel testo. Pur troppo non pervenne a noi nessuno dei codici ms., dai quali l’edizione fu ricavata. Ma ora il prof. Lattes trovò che un codice del sec. XVI, della Biblioteca nazionale di Torino, sotto il nome di Statuta comunis et terre Castellatii ad instar statutorum Alexandrie, contiene numerosi estratti degli statuti alessandrini. Non si comprende bene per qual motivo questo codice statutario sia stato attribuito a Castellazzo Bormida, l’an||tica Gamondio, mentre in verità solo pochi documenti in esso inseriti si possono riferire a quella terra. E meno ancora si possono intendere i criteri in base ai quali si pose insieme questo codice, che reca capitoli statutari tolti di qua e di là, disordinatamente. Ma ciò poco o nulla, ha a che fare coll’importanza del codice, il quale in realtà serve moltissimo a correggere le cattive dizioni e a compiere le lacune dell’edizione del 1547. Il prof. Lattes stende qui l’elenco preciso dei passi corretti e pubblica i brani inediti. Questi brani sono abbastanza numerosi, e di non piccolo rilievo. Il Lat- CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 517 tes illustra con sicura erudizione questi nuovi documenti, che ora vengono a trovare il loro posto con||veniente nella letteratura statutaria piemontese. La memoria del prof. Lattes è condotta con quel metodo sicuro, e con quella erudizione larga e precisa, che costituiscono i pregi ordinarii dei suoi lavori. Pare adunque convenientissima l’inserzione della memoria del Lattes nei volumi della Miscellanea. Torino, 21 luglio 1900. C. Cipolla 21. 1901 ottobre 28, Torino Relazione di Carlo Cipolla sul saggio Documenti di storia sabauda dal 1510 al 1536 preceduti da una introduzione, proposto da Arturo Segre per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale autografo allegato al verbale del 27 novembre 1901 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622. Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. III, VIII (1903), pp. 1-295. Relazione sulla memoria presentata dal prof. A. Segre. All’On. Presidenza della R. Deput. di storia patria, Torino. Il prof. A. Segre, nostro socio corrispondente, presenta per la inserzione nei volumi della Miscellanea un lavoro di lunga cura, intitolato Documenti di storia sabauda dal 1510 al 1536 preceduti da una introduzione. Numerosi assai, ed altrettanto importanti sono questi documenti, che nella estesa introduzione vengono completati, sia con notizie e raffronti tolti da fonti già edite, sia con estratti di altri atti inediti, che l’Autore non credette necessario riprodurre nella loro integrità. Per il primo periodo studiato in questo lavoro, cioè per gli anni 1510-1525, il S. aggiunge alcune notizie nuove a quelle che egli stesso aveva dapprima dato in monografie speciali, o che altri avevano già prodotto. La vera importanza del presente scritto comincia proprio colla esposizio||ne delle relazioni, di più in più difficili, che il duca Carlo di Savoja ebbe con Ginevra, dove insieme con la diffusione dell’eresia luterana, si allargava il desiderio della indipendenza dalla casa di Savoja. Questa parte di storia sabaudo-ginevrina è studiata dal S. con larghezza e con cura. 518 PAOLO BUFFO Né meno importante è l’ultima parte del lavoro, là dove il S., dallo svolgersi naturale degli avvenimenti è condotto a parlare dell’invasione francese del 1536. L’opera del prof. Segre deve considerarsi siccome il risultato di studi lunghi ed assidui. Le fonti principali arrivano a lui dall’Arch. di Stato di Torino, dall’Archivio di Stato e dalla Biblioteca marciana di Venezia, dall’Archivio Gonzaga di Mantova, dall’Arch. di Modena. I documenti non di rado scritti in pessimi caratteri, non di rado privi di data, presentavano difficoltà gravi di lettura e di inter||pretazione. Gli ostacoli, una volta superati, accrescono il merito di chi li vinse e aumentano il valore del risultato. L’esposizione è in generale nitida. Qualche volta lo stile sembra un po’ trascurato. Concludendo, non pare dubbio che il manoscritto del prof. Segre abbia ad essere accolto per la stampa nei volumi della nostra Miscellanea. Torino, 28 ottobre 1901. Carlo Cipolla 22. 1902 febbraio 12, Torino Relazione di Carlo Cipolla e Leone Fontana sul saggio Sui cartolari della prevostura d’Oulx, proposto da Giovanni Collino per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale di mano di Cipolla, allegato al verbale del 17 febbraio 1902 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622. Firme autografe di Cipolla e Fontana. Cfr. ibidem il biglietto indirizzato ai due da Antonio Manno (Torino, 10 febbraio 1902), con richiesta di stendere la relazione. Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. III, IX (1904), pp. 167-203. Uno dei due sottoscritti alla presente relazione ebbe, anni or sono, occasione di occuparsi dei cartolari dell’abbazia di Oulx, senza riuscire tuttavia a stabilire in modo sicuro la relazione intercedente fra quello pubblicato nel sec. XVIII da Berta e Rivaudella, e quello studiato nel sec. XIX da mons. I. Bernardi. Ai cartolari di Oulx rivolse nuovamente gli studi il prof. Paolo Kehr, dell’Università di Gottinga. Ma quantunque egli allargasse notevolmente il campo esplorato, non epurò l’argomento, che è per verità molto intricato e complesso. CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 519 Il dott. Collino, nel lavoro che viene presentato alla nostra Deputazione, tratta tutto intero il tema, passando in lunga e sottile disamina le varie redazioni e i diversi cartolari ulciensi, che pervennero a noi. Tenta di restituire la genealogia rispettiva dei medesimi, e discute intorno al valore delle copie che essi contengono. || Il dott. Collino studia prima di tutto il cartolario del sec. XIII, esistente nel R. Archivio di Stato di Torino, che egli giudica come il cartolario originario di Oulx. Da questo fa derivare un altro cartulario del sec. XV ora perduto, nel quale alcuni documenti, dati in riassunto nel primo cartolario, erano stati integrati nelle parti manchevoli. Da questo cartulario, ora perduto, proviene quindi il codice Peralda (ora all’Archivio di Torino), quindi un altro codice, che fu trasportato a Grenoble, nel secolo XVI, alla fine. Quest’ultimo ms. andò smarrito, ma ci è rappresentato da una copia del sec. XVII, che il dott. Collino studiò nella Biblioteca di Grenoble. Questi cartulari costituiscono la prima classe. Ad essi forse va unito un altro cartulario, che conosciamo solo per alcune citazioni che ne fa il Terraneo. Nell’Archivio vescovile di Pinerolo si conserva il frammento di un altro cartulario, di composizione affatto diversa dai mss. della prima classe. Si trova poi la citazione di un vecchio cartulario in pergamena, certamente diverso dai mss. a noi no||ti, ma l’identificazione di esso è impossibile, non restandocene definizione alcuna. Il Collino dimostra in questi suoi studi molta diligenza e molto acume. Che la sua genealogia dei mss. sia sicura, non è cosa facile il dirlo. Senza dubbio essa è ingegnosa, e bene fondata. Le notizie di fatto sono poi fuori di ogni contestazione, e segnano un passo innanzi nella conoscenza del patrimonio diplomatico di quell’antica e celebre istituzione. Importanti sono, al fine, le tavole, che rappresentano il contenuto di ciascuno dei cartolari esistenti. Pare adunque che questo lavoro possa venire accolto nei nostri volumi. L. Fontana, C. Cipolla Torino, 12 febbrajo 1902. 23. 1904 maggio 31, Torino Relazione di Carlo Cipolla e Leone Fontana sul saggio Les premiers autographes de la maison de Savoie, proposto da Jules Camus per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. 520 PAOLO BUFFO Originale, di mano di Cipolla, allegato al verbale del 30 giugno 1904 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622. Firme autografe di Cipolla e Fontana. Nel margine superiore della prima pagina, di mano coeva, a matita: « A ». Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. III, XI (1906), pp. 49-62. Il prof. Camus, nelle sue ricerche fatte nell’Archivio camerale di Torino, poté aggiungere molte cose di rilievo a quelle già messe insieme dal compianto Pietro Vayra, rispetto ai più antichi autografi di principi e di principesse di Savoja. Il Vayra per il sec. XIV aveva trovato una lettera di Bona di Berry moglie di Amedeo VII. Ora il Camus trovò autografi di Margherita di Beaujeu, di Amedeo VII, di Luigi di Savoia-Acaja e di Bona di Borbone. Ne pubblica parecchi, in vista del loro interesse storico. Fra essi poi ne sceglie quattro, uno per ciascuno dei menzionati personaggi, e li presenta per la riproduzione eliotipica. Nella memoria, breve, ma succosa del Camus, si mettono innanzi le gravi ragioni, che stanno in favore dell’autografia di questi documenti. Pare quindi ai sottoscritti che || il lavoro del Camus presenti tale interesse per la storia di casa Savoja da potersi accogliere ben volentieri nei volumi della nostra Miscellanea. Torino 31 maggio 1904. L. Fontana, C. Cipolla 24. S. d. [1904 prima del 30 giugno] Relazione di Carlo Cipolla e Giuseppe Roberti sul saggio Per la storia della decadenza della diplomazia italiana nel sec. XVII, proposto da Carlo Contessa per la pubblicazione nella Miscellanea di storia italiana. Originale di mano di Cipolla, allegato al verbale del 30 giugno 1904 della commissione piemontese per le pubblicazioni della Miscellanea di storia italiana, in Archivio della Deputazione subalpina di storia patria, fald. 622. Firme autografe di Cipolla e Roberti. Nel margine superiore della prima pagina, di mano coeva, a matita: « G ». Il saggio fu pubblicato in « Miscellanea di storia italiana », s. III, XI (1906), pp. 63-207. L’Autore studia un gruppo di episodi sulle relazioni tra Venezia e Savoia negli ultimi decenni del sec. XVII. Dapprima vediamo la seconda madama reale che, regnando con indirizzo ormai vecchio nella sua casa, aspira a farsi riconoscere titolo ed onori regi, sia da parte della Spagna, sia da parte della repubblica di S. Mar- CARLO CIPOLLA E L’EDIZIONE DELLE FONTI MEDIEVALI 521 co. Le pratiche furono condotte dal p. Vota, gesuita, che ebbe in vari tempi non piccola fama d’abile negoziatore. La cosa finì male per madama reale, in quanto che Venezia rifiutò di accondiscendere ai suoi desideri. Nella seconda parte del lavoro, troviamo il duca Vittorio Amedeo II attendere a negoziati con la Spagna e coll’Impero, per preparare un’alleanza contro le prepotenze di Luigi XIV. L’abate Grimani, nome anche questo ben conosciuto nella storia diplomatica di questa età, prese parte attiva a quelle trattative, specialmente in quanto si riferisce ai negoziati per riprendere le relazioni diplomati||che con Venezia, cui Vittorio Amedeo contemporaneamente attendeva; infatti la una e le altre pratiche avevano tra loro diretta relazione. Vittorio Amedeo mirava nel tempo stesso ad assicurarsi da Venezia il titolo regio, pronto a corrispondere a questo beneficio coll’inviare ajuti per la guerra di Morea. Ma anche queste trattative finirono in nulla. L’abate Grimani cadde perfino, in qualche momento, in disgrazia del suo governo, mentre continuavano sempre le sue amichevoli relazioni colla corte di Torino. Venezia persistette fino al 1740 nel rifiutare alla casa di Savoja i titoli da questa desiderati. Alla parte espositiva seguono i documenti. Il prof. Contessa, oltre ai numerosi documenti che egli cita nelle note, ne trascelse alcuni, che gli parvero meritare una pubblicazione integrale. Le fonti di questa importante monografia sono state dal Contessa desunte dagli Archivi di Torino e di Venezia, che l’Autore studiò con molta cura e con molto amore. || La memoria del Contessa sembra quindi meritevole di venire accolta fra le nostre pubblicazioni. Giuseppe Roberti, C. Cipolla