Academia.edu no longer supports Internet Explorer.
To browse Academia.edu and the wider internet faster and more securely, please take a few seconds to upgrade your browser.
Writings exhibited in the public space of medieval Rome This contribution has the form of roving catalog inside and outside the city of Rome, listing some of the most important epigraphic testimonies in direct relation with the public spaces of transit and of stopping. Here it is interesting to understand what was the degree of visibility and legibility of the epigraphic memories on the monuments that lined the streets, and in what relation they found themselves with those who walked or stopped along the streets of the city. The streets, the squares, the public areas, the arcades of the churches, become the privileged places for communicating to many but not to all; there will always be those who cannot fully understand what is celebrated, remembered, announced on the walls of cities, on the facades of monuments, on public buildings, on the front of churches.
Il francese parlato nelle banlieues – e non soltanto nella periferia parigina – ha conosciuto negli ultimi due decenni una notevole evoluzione e una crescente diffusione nelle fasce più giovani della popolazione francese. Considerato dagli specialisti una sorta di variante della lingua standard, il cosiddetto linguaggio «wesh-wesh» – denominazione derivata dall’espressione dialettale algerina «Wesh rak» (equivalente a «Come va/come stai?») e che viene utilizzata come forma colloquiale di saluto o per rimarcare, anche in senso peggiorativo, un’esclamazione – è infatti un caratteristico gergo giovanile che nasce dalla contaminazione quotidiana tra il francese e le lingue dell’immigrazione, fenomeno che ha portato alla massiccia creazione di prestiti, calchi, costruzioni sintattiche ed espressioni idiomatiche originali e nuovi pattern intonativi – questi ultimi derivanti in particolare dall’utilizzo di tale gergo nei brani rap della scena musicale francofona – soprattutto di derivazione araba e zigana. Un linguaggio giovanile, dunque, legato a peculiari realtà socio-culturali ed economiche di periferia, espressione di un bisogno identitario e di un malessere legati a fenomeni di ghettizzazione ed esclusione sociale, ma al contempo anche uno slang di tendenza – tanto da entrare a far parte, per quanto riguarda alcuni vocaboli di largo uso, delle ultime edizioni dei dizionari Robert e Larousse – che oltrepassa il confine geografico delle banlieue e prende sempre più piede tra gli adolescenti francesi di varia estrazione sociale e non provenienti necessariamente da famiglie di immigrati. Un fenomeno linguistico, di natura anche ludica, che risponde alla necessità di “linguaggio in codice” delle nuove generazioni e che presenta, non a caso, un cospicuo numero di neologismi, sigle, abbreviazioni, apocopi, variazioni sillabiche (derivanti dal verlan parigino), anglicismi della comunicazione online – al centro di un interessante dibattito tra studiosi aperti alle innovazioni terminologiche e puristi della lingua – che trovano oggi un mezzo privilegiato di crescente diffusione nelle diversificate declinazioni dei social media. Sulla base di un consistente corpus terminologico e delle più significative attestazioni (iper)testuali presenti in Rete, il presente studio si propone di analizzare tale codice linguistico dei giovani francesi/francofoni, con particolare attenzione alle odierne modalità di diffusione virale attraverso i nuovi media della comunicazione digitale.
Prefazione a: Vito Antonio Leuzzi, "Informazione, censura e opinione pubblica. La Gazzetta del Mezzogiorno nella Liberazione italiana 1943-1945" (Bari, Edizioni dal Sud), pp. 9-14
Comunicazione, Storia e Mezzogiorno2015 •
Il saggio introduce un programma di ricerca fondato sulla necessità, da parte di chi studia scienze della comunicazione, di non trascurare il punto di vista storiografico, e da parte di chi si occupa di storia, qualunque sia il periodo o il tema trattato, di prendere sempre in considerazione il problema della comunicazione. Immettere la storia dentro la comunicazione, un campo solitamente considerato di pura attualità, serve a capirne i meccanismi reali: in particolare, aiuta a comprendere la comunicazione come sistema plurale, costituito da attori sociali, strumenti e fonti informative molto differenti. Allo stesso modo, inserire l’analisi degli aspetti comunicativi e informativi in ogni questione storiografica apre a nuove possibilità di comprensione degli eventi storici, dimostra quanto di costitutivo degli avvenimenti stessi ci sia nella comunicazione e quanta produzione di eventi sia costantemente in corso nella società dell’informazione. ---------- The essay introduces a research program based on the need, by those who study communication science, not to neglect the historiographical point of view, and on the part of those who deal with history, whatever the period or subject matter, to always consider the problem of communication. Linking history and communication, a field usually considered of pure actuality, helps to understand its real mechanisms: in particular, it shows communication as a plural system, made up of different social actors, tools and information sources. In the same way, inserting the analysis of the communicative and informative aspects in every historiographic question opens up new possibilities to understand historical events, demonstrating how communication is constitutive of the same events and how much production of events is constantly ongoing in the society of information.
2019 •
La disciplina storica, proprio come ogni altro aspetto della vita che sia influenzato dall’agire umano, è soggetta alle mode e ai cambiamenti, anche repentini. Risulta innegabile - ad esempio - guardando alla produzione scientifica in materia di storiografia, che alcuni dei temi trainanti degli ultimi decenni siano state le suggestioni provenienti dai filoni di ricerca anglosassoni della Connected History, Global History o Entangled History. L’idea di fondo che sottende a queste linee guida altro non è che la convinzione, legittima, che la Prima Modernità abbia rappresentato un turning point di notevole importanza, riprendendo e ingigantendo dinamiche di connessione e contatto - dentro e fuori dall’Europa - fino ad allora rimaste sommerse o appena accennate. In questo contesto l’Italia della Prima Età Moderna ha rappresentato un crogiuolo non indifferente: culla della cultura Rinascimentale, sede del Papato e infine integrata nelle dinamiche mondiali sottoposte all’egida della corona spagnola, la Penisola ha saputo configurarsi - più o meno consapevolmente - come centro motore di una nuova forma di diplomazia (intesa nella sua più ampia accezione) attenta e interessata, per finalità politiche, religiose, culturali o economiche, alla mediazione con nuove e vecchie realtà: dalle più vicine e conosciute alle più distanti e ignote. L’idea che sta alla base di questo panel diventa così quella di affrontare l’analisi di un tema, come quello della diplomazia, con tutte le sue numerose declinazioni, proprio inserendosi in questa “nuova” temperie: non più limitando ai soli soggetti Sovrani lo studio di pratiche diplomatiche e di mediazione, ma integrando anche quegli individui o gruppi di individui la cui dimensione primaria non era - o non avrebbe dovuto essere - di stampo politico. Cardinali, Ordini religiosi, ma anche eruditi, letterati ed élite nobiliari: tutti soggetti diversi che rappresentarono, tra l’ultimo decennio del XV secolo e la seconda metà del XVI, ognuno con i propri obiettivi e modelli, gli strumenti di un mondo in movimento, mutato e in continuo cambiamento: un mondo connesso.
ABSTRACT PANEL: "Un'impresa rischiosa e redditizia: scambi, scontri e incontri lungo la frontiera nordafricana (secc. XVII-XVIII)" In età moderna, capitani, mercanti e patroni di barca si muovevano abitualmente nello spazio mediterraneo seguendo le vie dei propri lucrosi traffici, e ben conoscevano i rischi e le insidie connessi alla navigazione in uno scenario costantemente militarizzato. Le rotte del profitto, che conducevano sulla sponda nordafricana e verso il Levante, attraversavano una frontiera marittima presidiata dai corsari barbareschi da un lato e dai loro antagonisti cristiani dall’altro. Tale frontiera, se per un verso rappresentava un ostacolo per gli scambi commerciali, per l’altro serviva a definire (o talvolta a creare) uno spazio economico elitario destinato esclusivamente a particolari attori. Vi erano insomma due tipologie di interazione, tra loro complementari: una era basata sullo scontro o sulla difesa del territorio; l’altra, importantissima, era centrata sullo scambio, sulle franchigie e i privilegi. La seconda beneficiava degli effetti della prima poiché più emergevano i conflitti più la forza dei privilegi si rivelava determinante nel garantire il successo di alcuni operatori commerciali. Si può leggere in questa chiave, ad esempio, la prosperità delle bandiere inglese e francese nel Mediterraneo: in virtù dei trattati siglati con le reggenze barbaresche, esse erano predilette dai negozianti di ogni nazione quando si trattava di noleggiare bastimenti per il trasporto di mercanzie a lunga distanza. Navigare con bandiera privilegiata, infatti, riduceva i rischi del viaggio e di conseguenza diminuiva i costi assicurativi. Ovviamente né la conflittualità né il privilegio erano dati in maniera definitiva: i rapporti tra gli stati che si trovavano sulle opposte sponde della frontiera erano infatti sottoposti ad una continua negoziazione. La conquista del privilegio era spesso frutto di una politica di potenza in grado di imporsi con le armi, occupando particolari aree strategiche o utilizzando le forze navali come elemento intimidatorio. A coloro che non potevano vedere la propria iniziativa privata supportata da adeguati strumenti coercitivi non restavano che due soluzioni: ricorrere a bandiere “sicure” o percorrere la via della cauta diplomazia. Tenendo conto di tre differenti prospettive – quella diplomatica, quella economica e quella militare – gli interventi qui proposti sono mirati a evidenziare alcune delle modalità attraverso le quali diversi attori mediterranei hanno avvicinato e, talvolta, affrontato il Maghreb tra il XVII e il XVIII secolo. ABSTRACT INTERVENTO: "Tangeri tra guerra e commercio: una porta inglese al Nord Africa" Quando, nel 1684, gli inglesi lasciarono Tangeri dopo un solo ventennio di occupazione, furono molte le voci che si levarono contro la decisione di abbandonare un avamposto così rilevante sotto molteplici punti di vista. Le divisioni politiche e gli aspri contrasti religiosi all’interno del parlamento avevano però costretto Carlo II, seppur a malincuore, all’infelice risoluzione. Tangeri aveva rappresentato, dal 1662, una testa di ponte importante per la penetrazione inglese nel Mediterraneo, fornendo una base d’appoggio per le operazioni della Royal Navy sulle coste nordafricane. Secondo il pensiero di alcuni dei suoi principali sostenitori, la colonia non era però destinata ad una funzione esclusivamente militare: essa sarebbe dovuta divenire un rilevante scalo commerciale, punto cruciale del sistema convogliare verso gli stretti e, infine, luogo d’incontro aperto a tutti gli attori che, in un modo o nell’altro, dal Mediterraneo traevano profitto. Questa era l’idea espressa, ad esempio, da Henry Sheeres, l’ingegnere impegnato nella costruzione del poderoso molo, nel suo A discourse touching Tanger: in a letter to a person of quality (stampato nel 1680) dove egli suggeriva che il nuovo porto avrebbe dovuto accogliere non solo vascelli europei, ma anche moreschi, turchi e persino corsari barbareschi desiderosi di vendere le loro ricche prede al miglior offerente. Lo studio – basato principalmente su documenti prodotti e raccolti dal Board of Trade , oltre che su diverse pubblicazioni d’epoca – della breve ma incisiva parentesi coloniale britannica sulle coste marocchine offre la possibilità di gettare uno sguardo non solo alla politica di potenza esercitata dagli inglesi nei confronti delle reggenze barbaresche nella seconda metà del XVII secolo, ma anche agli aspetti economici più pragmatici della gestione di Tangeri, potenziale città-frontiera nordafricana.
2018 •
The jargon spoken in the French banlieues, the so-called «wesh-wesh» language, has known, in the last two decades, a remarkable evolution and an increasing spread among the youngest age groups of the population. Frontier language that arises from the contact between French, Arabic dialects and other immigration languages in the context of suburban realities, the use of this particular linguistic code is nowadays easily and mostly traceable in the francophone (black) rap/hip hop music scene, which often are an expression of a malaise linked to the particular living conditions in the banlieues. Today considered by specialists as a sort of variety of the standard language, the «wesh-wesh» is also a slang now increasingly prevalent in a cross-(socio)cultural perspective among the French younger generations, mainly thanks to the various and diverse communicative possibilities of social media. Based on the presence of a consistent terminological corpus of the most significant (hyper)textual attestations on the Net, this study aims to analyze such a jargon variety of French/francophone youth, with a particular attention to today's viral spread modalities through the new media of digital communication. Il gergo parlato nelle banlieues francesi, il cosiddetto linguaggio «wesh-wesh», ha conosciuto, negli ultimi due decenni, una notevole evoluzione e una crescente diffusione nelle fasce più giovani della popolazione. Lingua di confine che nasce dal contatto tra il francese, l’arabo dialettale e gli altri idiomi dell’immigrazione nel contesto delle realtà di periferia, l’utilizzo di questo peculiare e molto spesso criptico codice linguistico è oggi facilmente e prevalentemente rintracciabile nei brani rap/hip-hop della scena musicale francofona, che sono spesso espressione di un malessere legato alle particolari condizioni di vita nelle banlieues. Considerato ormai dagli specialisti una sorta di variante della lingua standard, il linguaggio «wesh-wesh» risulta essere al contempo uno slang oggi sempre più diffuso in maniera socio-culturalmente trasversale tra le nuove generazioni di francesi, soprattutto grazie alle molteplici e diversificate possibilità comunicative dei social media. Sulla base di un consistente corpus terminologico e delle più significative attestazioni (iper)testuali presenti in Rete, il presente studio si propone di analizzare tale varietà gergale dei giovani francesi/francofoni, con particolare attenzione alle odierne modalità di diffusione virale attraverso i nuovi media della comunicazione digitale.
Academia Letters
Pediatric Neurosurgery during COVID-19 pandemic: where we are now and future perspectives.2021 •
European Scientific Journal, ESJ
Equity Crowdfunding: An Alternative Source of Financing Entrepreneurship in the Greater Accra Region of Ghanain «Studia Borromaica», numero monografico «L’Inquisizione in età moderna e il caso milanese», a cura di Claudia di Filippo e Gianvittorio Signorotto, XXIII, 2009, pp. 227-240.
La censura dei libri tra Indice e Inquisizione,Catálogo de los manuscritos romanos sobre la disputa De auxiliis. Biblioteca Salmanticensis, Serie Teología 1. Salamanca: Universidad Pontificia de Salamanca, 2023
Catálogo de los manuscritos romanos sobre la disputa De auxiliis - Catalogue of the Roman manuscripts on the De auxiliis ControversyGruppe. Interaktion. Organisation. Zeitschrift für Angewandte Organisationspsychologie (GIO)
Psychologische Verträge und Arbeitsbeziehungen im Downsizing2006 •
Philosophical transactions of the Royal Society of London
A discussion on the structure and evolution of the Red Sea and the nature of the Red Sea, Gulf of Aden and Ethiopia rift junction - The shear along the Dead Sea rift1970 •
Physical Review Letters
Identified Particle Distributions inppandAu+AuCollisions atsNN=200 GeV2004 •
Advances in Space Research
Assessment of global environment using microwave radiometry1994 •
UÁQUIRI - Revista do Programa de Pós Graduação em Geografia da Universidade Federal do Acre
Expedição Geografia Em Meio a Pandemia De COVID-192020 •
Social Science & Medicine
Spatial epidemiology: An empirical framework for syndemics research2020 •