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Scienze lettararie, filologiche e linguistiche Istituto Lombardo (Rend. Lettere) 146, 3-11 (2012) GADDA E LA «TENSIONE CONTINUA» VERSO IL ROMANZO CLELIA MARTIGNONI (*) Nota presentata dal m.e. Angelo Stella (Adunanza del 2 febbraio 2012) SUNTO. – Il saggio analizza la tensione continua verso il romanzo di Carlo Emilio Gadda ingegnere elettronico ma letterato per vocazione, diviso tra il mestiere tecnico e la passione letteraria. Gli studi filologici di Dante Isella hanno ricostruito nel suo lavoro di scrittore questa spinta continua verso il romanzo, dalla giovinezza in avanti. *** ABSTRACT. – The essay analyzes the “continuous propulsion” towards the novel of Carlo Emilio Gadda, electotechnical engineer but by vocation man of letters, devided between professional job and literary passion. The philological studies of Dante Isella reconstructed in the work of Gadda this continuous research towards the novel, from youth forwards. Vorrei in primo luogo ringraziare l’amico prof. Angelo Stella per il lusinghiero invito a parlare in questa illustre sede intorno al grande Gadda, autore milanese e lombardo come pochi, quindi qui pienamente a suo agio. Devo ad Angelo Stella non solo l’invito, ma anche il suggerimen- (*) Università degli Studi di Pavia, Italy. E-mail: clelia.martignoni@unipv.it 4 CLELIA MARTIGNONI to del titolo “bifronte”, Gadda e la tensione continua verso il romanzo, del tutto in linea con la raffinata perizia della lingua che distingue Angelo, con le sue sottigliezze linguistiche, e con i suoi arguti e pungenti calembours. Attraverso l’ambiguità verbale dei due termini tensione continua, che giocano sul doppio livello, ingegneristico e metaforico, il titolo allude a diversi elementi cruciali dell’esperienza biografica, professionale, e del lavoro narrativo gaddiano. Il primo dato è, in una sorta di sintetico corto circuito (per tornare a usare un’altra metafora elettrica), la convivenza nella vicenda di Gadda di due aree di lavoro quasi permanenti, costrette a incontrarsi/ scontrarsi/intralciarsi tra loro quasi tutta la vita: da un lato l’esorbitante passione-vocazione letteraria nonché quella filosofica, e dall’altro la severa professione di ingegnere elettrico, quasi coatta per imposizione familiare, e infatti l’ingrato mestiere fu sempre dolorosamente rimproverato dallo scrittore alla famiglia. Gadda lasciò di fatto l’attività di ingegnere solo nel ’40, a ben 47 anni: eppure si può osservare ora che questi anni, duramente strappati alle incombenze dell’ingegnere, sono tra i più intensi del suo impegno di scrittore. Ma non è tutto qui. La «tensione continua» verso il romanzo evoca anche ben altro, e passiamo ora alle strutture e ai molti segreti, alcuni insondabili, del romanzo in Gadda. Infatti, oltre alla compresenza in Gadda di ingegneria e letteratura, merita di essere messo in rilievo un altro aspetto non abbastanza noto che trapela nel mio titolo e che nella comunicazione cercherò di illustrare per sommi capi: la «tensione continua» non indirizza Gadda semplicemente alla scrittura letteraria, bensì, con molta determinazione e con altrettanti inciampi e difficoltà, al genere tra i più affascinanti, mobili, duttili della modernità, il romanzo (Bachtin docet, ma già lo pensava il giovane Lukács, e già lo intuì Hegel). E sia pure nel caso di Gadda una specie di romanzo stravagante, tutto divagazioni, digressioni, impacci, garbugli. Del resto non è questo in prevalenza il volto cangiante, plurimo, difforme, del romanzo novecentesco e modernista? Si aggiunga che il dato della ricerca ostinata del romanzo, acclarata dalle indagini filologiche di Dante Isella, collide con un altro indubbio e sistematico fattore che connota le narrazioni di Gadda, l’incompiutezza dei romanzi. La quale incompiutezza, altra costante gaddiana, è in ogni caso, comunque la si interpreti, di estremo interesse critico su tutti i livelli: formale, strutturale, semantico. Gadda stesso ci GADDA E LA «TENSIONE CONTINUA» VERSO IL ROMANZO 5 rifletté in una famosa intervista ad Alberto Moravia del 1967, distinguendo tra Pasticciaccio, un «giallo», chiuso volontariamente «in apocope drammatica», parole di fulminea intelligenza, e Cognizione, per la quale invece insisteva sui «moventi lirici, affettivi», intendiamo personali e autobiografici (il drammatico rapporto con la madre, dopo la cui morte la Cognizione fu non a caso intrapresa), che ne avrebbero impedito la chiusura, enucleando in brevi parole le grandi ossessioni inibitrici del racconto. Per concludere drasticamente, lui per solito reticente ed evasivo, con un’affermazione-chiave di poetica, secondo cui la conclusione dei romanzi appartiene al «canone estetico e strutturale della narrativa pura, la quale, secondo me, non esiste». Che di questi aspetti Gadda stia parlando proprio con il narratore ad altissima tenuta che era Moravia non è affatto ininfluente. Ma torniamo al nostro ingegnere divorato dalla vocazione per le lettere, e ai suoi primi avviluppati tentativi nel romanzo. Giovanissimo, si laurea ingegnere industriale elettrotecnico nel 1920 al Politecnico di Milano, dopo una carriera universitaria violentemente lacerata dalla guerra, dove perde con immedicabile lutto per lui e per la famiglia il più giovane fratello Enrico, brillante tenente di aviazione. Impiegatosi poi transitoriamente in Sardegna e a Milano, anche con l’onere di sostenere madre e sorella, Gadda parte per l’Argentina – assunto alla Compañía General de Fósforos di Buenos Aires – imbarcandosi il 30 novembre 1922. Arriva a Buenos Aires il 18 dicembre. Lavora intensamente e a quanto pare con ottimi risultati tecnici facendosi apprezzare, pur roso dalla nostalgia di casa. Dall’Argentina scrive regolarmente e accoratamente alla sorella Clara (il carteggio è edito parzialmente nell’87, da Rosellina Archinto) e alla madre. Sbarca a Genova il 27 febbraio 1924 e arriva a Milano il 28 febbraio: dunque poco più di un anno di soggiorno effettivo, che gli frutta un ottimo guadagno (era questa la molla che ne aveva sollecitato la partenza) ma un perenne rimpianto dei suoi luoghi odiosamati e della negletta ma indomita passione letteraria. Al primo complesso cantiere narrativo, incompiuto, il Racconto italiano di ignoto del novecento (steso su due quaderni del Fondo Roscioni, nominati dall’autore nell’insieme Cahier d’études), Gadda lavora a capofitto tra 24 marzo 1924 e luglio 1925. Ma il punto criticamente decisivo che vogliamo mettere in luce è che dall’83, grazie al recupero testuale di Dante Isella per Einaudi del suddetto Racconto italiano, entra nel circuito delle conoscenze gaddiane questo notevolissimo e giovanile tentativo di romanzo. Il confuso 6 CLELIA MARTIGNONI cantiere del Racconto italiano alterna spezzoni narrativi (che Gadda chiama Studî) ad acute serie di riflessioni metaletterarie: «note critiche e compositive» le chiama Gadda, che le numera in due serie separate (Co, e Cr), e che inoltre costella fortunatamente i quaderni con ossessiva precisione di date, mesi, ore, luoghi. Le «note» riguardano aspetti tecnici della narrazione su cui il giovane apprendista romanziere si arrovella (come condurre la narrazione, che stile scegliere; come articolare il punto di vista, come combinare l’intreccio e relazionare i personaggi, come gestire il ruolo del narratore, e il rapporto narratore/personaggi, eccetera) esprimendo nel contempo predilezioni e terreni di lavoro: da Manzoni, a Dostoewkji, a Stendhal, a Shakespeare, al molto ricorrente umorismo. Ma emergono non meno aspetti contenutistici (l’Italia del fosco dopoguerra, le tensioni sociali in atto tra fascisti e social-comunisti, e scene e parti del racconto sono previste nella familiare Argentina). Isella ha procurato un’edizione ingegnosa ed efficace, cioè nella fattispecie molto fedele alla fluidità testuale e alla natura intricata e composita del materiale. Quanto ai contenuti, il romanzo, pur decisamente incompiuto, anzi appena abbozzato e con discussione di progetti alternativi, comunque facinoroso e delittuoso (la fantasia assassina come è noto non abbandonò mai il Gadda romanziere), è di grande rilievo, e qui ci appoggiamo alla diagnosi che ne fece subito Cesare Segre, che sottolineò l’importanza delle note teoriche, tanto intelligenti e precoci da evocare da un lato la polifonia bachtiniana e dall’altro le analisi sul punto di vista della scuola anglosassone (James, poi Chatmam poi Wayne Booth), con un tratto davvero sorprendente nell’ingegnere dilettante di talento, allora del tutto estraneo a ogni consorteria letteraria. Segre parla inoltre di generoso tentativo, pur incompiuto, di «romanzo sociale contemporaneo», citando come modelli possibili Balzac e Zola («Zoluzzo di Lombardia», si autodefinì da giovane l’autore). E certamente gioca un ruolo importante la tenace, mai discussa, fedeltà verso il concittadino e amatissimo Manzoni, narratore superbamente all’incrocio tra storia/invenzione/analisi morale lucida e sobria di caratteri, psicologie, costumi. Non a caso la prima bozza della finissima Apologia manzoniana, che uscì su «Solaria» nel 1927, è stesa proprio tra le pagine del Cahier d’études, e si sa che Gadda si appassionava in particolare alle fosche luci (caravaggesche, a detta di Gadda medesimo) con cui Manzoni seppe ricostruire il corrotto quadro storico sociale secentesco. GADDA E LA «TENSIONE CONTINUA» VERSO IL ROMANZO 7 Mi si permetta qualche osservazione filologica qui necessaria. Dante Isella nell’edizione del Racconto italiano ha creato un modello testuale eccellente, trascrivendo l’insieme dei due quaderni (frammisto di tranches di narrazioni e di riflessioni) con totale fedeltà al testo in fieri. Le varianti genetiche sono accolte in un apparato finale, le numerose varianti alternative sono collocate in una fascia a piè di pagina, e le postille d’autore (commenti puntuali e illuminanti, anche se talora devianti) sono messe pure in appendice, con un sistema di rinvii doppi. L’edizione come si diceva è superbamente innovativa, per il rispetto della dinamicità del testo e del suo statuto ibrido, e costituisce un modello esemplare di filologia d’autore del Novecento per un testo incompiuto e del tutto precario. L’edizione del Racconto italiano, seguìta da altre di cui dirò, introduce anche prospettive critiche nuove, modificando di molto la lettura d’insieme di Gadda. Ne deriva una prima insospettata centralizzazione della nostra «tensione continua al romanzo», che, molto più di quanto prima non fosse noto, guida perpetuamente il lavoro gaddiano, un lavoro eccentrico, sostanzialmente per happy few? (possiamo dolorosamente domandarci), spesso astruso, sempre complesso, a tratti lirico-drammatico ma anche abbondantemente satirico, e felicemente esilarante. Le linee di lettura complessive di Gadda e del suo percorso cambiano grazie anche a un altro straordinario ritrovamento che dobbiamo sempre a Isella: il fondamentale inedito degli anni 19311936, Un fulmine sul 220, stampato per Garzanti nel 2000. Qui Isella trascrive dagli autografi, complicatissimi!, il testo incompiuto (che Gadda recupererà largamente nei futuri racconti, o «disegni», «milanesi» dell’Adalgisa, in volume per Le Monnier nel 1944). L’abbozzo di romanzo, lungamente elaborato e tutto milanese, violentemente satirico conto i costumi, i vezzi, l’ignoranza e l’ipocrisia dell’alta borghesia milanese, conosce tre redazioni progressive date da Isella in sequenza, rispettandone lo statuto insoluto, ma molto più articolato e serrato del magmatico Racconto italiano. Isella qui rinuncia all’apparato genetico e affida a un ricco Dossier finale (etichetta di sapore da critique génetique) e a una serie di Documenti alcuni lacerti e rifacimenti sparsi, nonché appunti e note varie. Anche qui dunque è realizzata la resa delle instabilità testuali, senza tentare costruzioni gerarchiche infide, arbitrarie, e anche troppo difficoltose e poco leggibili. 8 CLELIA MARTIGNONI Aprendo la Nota al testo dell’inedito Fulmine, nel 2000 Isella poteva scriveva questa orgogliosa frase: Negli ultimi vent’anni la cartografia del continente Gadda è stata più volte costretta, da […] acquisizioni di […] materiali inediti, a ridisegnare larghe zone di territori. Il riferimento va naturalmente alle sue determinanti scoperte testuali, o restauri: il già citato Racconto italiano che ci apre il denso laboratorio del tormentato ingegnere appena reduce dall’Argentina, e deciso a tentare le incerte vie di un complicato romanzo storico-sociale, calato nella difficile contemporaneità, gremito di inquietudini e corrusche ombre, e dunque, come lui stesso lo definisce, «psicopatico-caravaggesco». Nel cimento del romanzo seguono inoltre le prove sempre incompiute (molto variamente) della Meccanica (essa pure milanesissima) e di Dejanira-Novella seconda, del ’28-’29, di cui Isella procura un testo finalmente affidabile dopo le precarie edizioni garzantiane, ancora vivente Gadda, del 1970 e 1971. Gadda tenta poi come s’è anticipato il Fulmine, umoristico e satirico, abbandonato, anche in concomitanza con la perdita traumatica della madre (aprile 1936) e con la cupa depressione che ne deriva. Al Fulmine subentra, e qui è storia già da tempo fissata (pure tuttavia gioverà ogni nuovo tassello), ma che va letta ora in chiave diversa alla luce degli antefatti che stiamo citando, l’immersione nella drammatica e arrovellata Cognizione del dolore, piena comunque di feroce satira, stampata in rivista, «Letteratura», tra 1937 e 1941. Segue il lavoro dell’Adalgisa, portato a termine negli anni di guerra (l’edizione è del ’44 per Le Monnier, Firenze, nella collana dell’amico Giuseppe De Robertis), traendo con rielaborazione la gran parte dei racconti dai cartoni del “romanzo esploso” degli anni trenta, Un fulmine sul 220. E dal 1946 entra in campo, uscendo sempre a puntate su «Letteratura», il grandioso e livido quadro romanesco del Pasticciaccio. Dalla risistemazione filologica operata da Dante Isella – e questo si vuole sottolineare con forza al di fuori di ogni stretto specialismo disciplinare – nell’insieme si è acquisita una ben diversa configurazione dell’accidentato sistema-Gadda e ne è emerso in particolare un assetto molto più coerente del suo lavoro narrativo. Enuncerò in sintesi le tappe essenziali dell’impresa di Isella, non sempre recepita nella sua grandezza, perché ritenuta con sgradevoli e GADDA E LA «TENSIONE CONTINUA» VERSO IL ROMANZO 9 ingenerosi pregiudizi troppo dipendente dal cantiere filologico. Ma per Gadda si imponeva come primaria la definizione filologica, e ciò che si è fin qui detto ci sembra attestarlo: Isella è il primo a vederne tutta la necessità, e a caricarsene l’onere cospicuo con un lavoro serrato, anche collettivo, ma solidamente guidato. Ecco dunque le tappe di tanto lavoro, ricapitolando dati già in parte enunciati sopra. 1983, edizione del Racconto italiano, di cui s’è detto. Segue l’edificio poderoso delle Opere per Garzanti dirette da Isella in 5 volumi e 6 tomi tra 1988 e 1993 (il VI tomo è rigorosamente riservato alla bibliografia degli scritti di Gadda, a cura di Isella, e agli indici dei nomi, a cura di Guido Lucchini e Liliana Orlando). Accuratissime le note al testo e imponenti gli apparati di servizio, con la partecipazione come curatori dei vari testi allievi e colleghi della scuola pavese (eccone i nomi: Gianmarco Gaspari, Franco Gavazzeni, Paola Italia, Guido Lucchini, Emilio Manzotti, Clelia Martignoni, Liliana Orlando, Raffaella Rodondi, Andrea Silvestri, Maria Antonietta Terzoli, Claudio Vela, poco variati nel Comitato scientifico della rivista «I Quaderni dell’Ingegnere», che ne discese qualche anno dopo). Sempre guardando al versante del romanzo, tra le Opere entrano i due romanzi variamente incompiuti e circa coevi, La meccanica e Dejanira Classis, ripristinati secondo gli autografi da Dante Isella stesso. Infine (nel 2000) appare l’edizione preziosa del Fulmine. Non meno imponente e utile agli studi è il lavoro attestato dai «Quaderni dell’Ingegnere», la rivista solo gaddiana cui si faceva cenno sopra, ideata da Isella dal 2001 all’incirca con la stessa équipe e diretta sino alla morte (2007), ripresa ora (dal 2010) presso la Fondazione Pietro Bembo/Guanda Editore. E si ricorderà anche per il primario rilievo assegnato alla presenza delle carte e alla salvaguardia degli Archivi degli scrittore, fonte permanente di studio, l’acquisizione a Milano, nella città di Gadda, da parte del Comune, acquisizione voluta e guidata da Isella, dei principali e straordinari Archivi di carte gaddiane (Roscioni, Citati), da alcuni anni disponibili alla consultazione nella Biblioteca Trivulziana (senza dimenticare i cospicui materiali gaddiani custoditi all’Archivio Contemporaneo del Gabinetto Vieusseux, Firenze). Cui s’aggiunga la recente comparsa pubblica del pure molto ricco Fondo Liberati (concentrato particolarmente su documenti familiari), passato nelle mani di un nipote della famosa governante Giuseppina, Arnaldo Liberati. 10 CLELIA MARTIGNONI Per tornare al nostro discorso, grazie alla progressiva individuazione e stampa degli inediti, e al restauro di altri testi, Gadda si è rivelato dunque orientato da subito verso l’ambiziosa, complicata, ininterrotta, ricerca nei territori del romanzo. Ricerca avviata appunto dal ’24 nel Racconto italiano, con l’accompagnamento delle originali riflessioni strutturali e tecniche di cui si è detto, e mai deposta, almeno sino agli anni della maggiore fertilità creativa. Infine qualche tassello non del tutto ininfluente, senza volermi addentrare negli ispidi territori dello specialismo. Anche prima del fatidico 1924 del Racconto italiano, Gadda guardava al romanzo, e già aveva in mente una tipologia impegnativa e implicata con la storia e con la società (avendo forse nel cuore la lezione di Manzoni). È del 1918 l’abbozzo di Retica, steso durante la prigionia di Rastatt (Fondo Garzanti), di cui si è occupata Paola Italia sui «Quaderni dell’Ingegnere», 2, 2003. La vicenda, solo ideata, riguarda fatti di politica contemporanea, con ambientazione in Rezia, al confine italo-tedesco, e prevede la costruzione di una ferrovia e in parallelo di una società italiana elettrica-mineraria: spicca quindi la convergenza di elementi tecnici con fatti storici e con conflitti etnici, politici, economici. Inoltre, nei «Quaderni dell’Ingegnere» dell’ottobre 2011 è uscita l’edizione di un importante quaderno-zibaldone giovanile, il composito Quaderno di Buenos Aires, a cura di Dante Isella – che ne aveva eseguito una prima trascrizione – e di chi scrive, che ha completato il lavoro. In Argentina Gadda soggiornò dal 18 dicembre ’22, essendosi imbarcato a Genova il 30 novembre sul piroscafo Principessa Mafalda, sino al 27 febbraio 1924. Cito l’edizione del quaderno argentino solo per rilevare che esso include anche materiali afferenti al Racconto italiano. Disordinato per la presenza di molteplici appunti e nuclei di lavoro, il Quaderno di Buenos Aires contiene in sostanza, in sequenze sparse e non lineari, lacerti e testi relativi a due zone tematiche: 1. l’analisi economico-politica dell’Argentina e del correlato fascismo italiano (per cui rinvio al saggio di Guido Lucchini, edito sullo stesso numero e anno dei «Quaderni dell’Ingegnere», 2010, dove ho pubblicato il Quaderno di Buenos Aires), 2. alcuni spezzoni narrativi in gran parte connessi al Racconto italiano di ignoto del novecento. Il Quaderno porta pochissime date, ma ad apertura registra, oltre al nome dell’autore l’indicazione «1923-1924», i luoghi («Buenos Aires-Milano»), e sommariamente i contenuti («Studî di espressione, Studî di prosa», secondo la particolare accezione di “studio” adottata nel Racconto italiano di ignoto del GADDA E LA «TENSIONE CONTINUA» VERSO IL ROMANZO 11 novecento: prova e abbozzo di narrazione). Considerando che in certi appunti autobiografici circa contemporanei (datati gennaio 1925) Gadda scrive che «mulinava da tempo come un bisogno» il progetto di un romanzo, si può ipotizzare che al periodo argentino stesso possa risalire la stesura di qualche labile appunto per il romanzo, o, se non la stesura (i lacerti narrativi attestati dal quaderno potrebbero essere fisicamente depositati lì ma stesi al ritorno a Milano, in pagine lasciate bianche), almeno un’acuta fantasia di scrittura romanzesca. Lo zelante e malinconico ingegnere Gadda della Compañía General de Fósforos, scrivesse o non scrivesse già allora scene poi devolute nel Racconto italiano, certamente era perpetuamente assediato dalla «tensione continua» verso il romanzo.