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APPUNTI SULLA NOTAZIONEDEI FASTICAPITOLINI
INI'ERREGNI CAUS(SA.) PER LA (PRO-)DITIATURA DI Q. FABIO
MASSIMO NEL217 AC.
I.
Nel 217 a. C., dopo poco più di un anno dall'inizi.odella seconda guerra
punica,1 la situazione militare per i romani si era fatta molto difficile; sul piano
politico poi, i contrasti all'interno del senato e tra questo ed il partito democratico-popolare sembravano non favorire affatto l'unità di intenti (e di direzione
strategica)necessaria per tentare di arginare efficacementela spedizione annibalic:a.
Della drammatica situazione, come notava De Sanctis,2 «il popolo ascriveva naturalmente la colpa alrindirizzo che il senato aveva seguito nel fare la
guerra,3 alla insufficiente energia e alla inettitudine dei duci»; una soluzione
avrebbe potuto ~ere trovata forse soltanto nel temporaneo compromesso tra
le parti.4
I comizi consolari, che si tennero probabilmente sotto l'impressione
dell'ennesima sconfitta alla Trebbia,' videro però prevalere i «progressisti»,
con reiezione di un «radicale>>,C. Flaminio Nepote, al posto riservato ai
plebei,6 mentre «members the Aemilian-Scipionicgroup gainedthe patrici-
or
l Troppo noti sono argomento e periodo. Ho ritenuto assolutamente pleonastico proporre
una Bibliografiainiziale: mi limito perciò a rinviare alle opere specifiche utilizzate e citate via
via nel presente lavoro,omettendo indicazioni di carattere generale.
2 G. De Sanctis,Storia dei Romani, F'll'en7.e 1968',III. 2 p. 32.
J V. la medesimaoaervazione in H. H. Scullard, Roman Politics220-ISOB.C., Oxford 19732,
p.44.
4 In realtàsolo dopo la battaglia di Canne ((tutta la conduzione dello stato venne lasciata per
tacitoaccordo
nellemanidel Senatc»>,
crr.M.Cary-H.H.Scullard,A HistoryorRome(1973),
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-l
trad. it.: Storia di Roma. Bologna1981,J pp. 300 s.s.(anche De Sancds, III, 2 pp. 208 ss.).
5 De Sanais, Ili, 2 p. 33, nota 50 (sulla battaglia della Trebbia ibid., pp. 90-96). Si vedano
inoltre i documentatissimi «Contributi per la storia della guerra annibalica (218-217av. Cr.)» di
L Pareti,RF, XL (1912),pp. 37-63; 246-271; 385-410 e S63-571(pan. pp. 50-63).
6 Sulla figura di Flaminio cfr. F. Miinzer. a. v. C Flaminiau (.Flamlnim 2). RE VI, 2 (1909),
cc. 2496ss.; Pareti, art. cit., pp. 257 ss. e 385 ss.: J. Vogt, Die romische Republik (1932),trad. it.:
La repubblica romana, Roma-Bari 1975,pp. 157ss.; T. R. S. Broughton, The Magistrates of the
Roman Republicl., New York 1951~pp.225, nota 1;229;232;234;235, nota 3;242;0., New
York 19S2,p. 56S;J.Bleicken, DasVolkstribunat der klassischen Republi.k:Untersuchungen zu
einer Entwicklung zwischen 287 und 133v. Chr., Mùnchen 1955,spec. pp. 28 ss. e 33 ss.;Z. Yave~ «The Policy of Gaius Flaminius and tbe plebiscitum Claodianum», Ath., 40 (1962),
pp. 325 ss.;A. J. Toyn~ Hannibal's Legacy I. (1965),trad. it.: VEredità di Annibale I., Torino
1981, pp. 385 ss. e 421ss.; De SanctisiStoria dei Roman~ F"lrenze 1970 (rist. ed. 19671),
m,I p. 303 e pp. 323 ss.; P. A. Dru01,Socia.IConflicts in the Roman Republic (1971),tmd. it.:
Clusi e confl.iui sociali nella Roma repubblicana, Bari 1972, pp. 97 ss.; Cary,,Scullard,
I, pp. 283ss.; Scullard, op. cit., pp. 44 ss.; 53 ss.
Hiatoria.BandXXXIX/3(1990)
e Franz SteinerVerlq Stuu.pn
292
MASSIMO
Gusso
an consulship for Cn. Servilius Geminus and three praetorships». 7
Mentre in senato si tentava allora, scopertamente e cinicamente, da parte di
determinati gruppi (il fabiano in particolare), di scaricare sui propri avversari
politici il grave costo dell'anno di guerra, che si preannunziava pieno di
incognite, da parte «popolare» si contava, con altrettanta avventatezza, in
qualche rapido successo bellico, da cavalcare politicamente, sottovalutando in
pieno, quindi, la realtà dell'impreparazione militare romana di fronte all'inedita strategia cartaginese. 8 Mentre a Roma infuriava una accanita lotta politica
e ciascuna fazione rincorreva così l'altra nel pericoloso gioco del trarre vantaggio politico dalle reciproche azioni ed omissioni,9 nel giugno Annibale scon7 Su Servilio cfr. Miìnzer, s. v. Servilius Geminus (Servi/ius 61), RE II Reihe, 4. Halbbnd.
(1923), cc. 1794-1795; Broughton, MRR I, 242; 245, nota l; 250; B. L. Hallward, «Annibale
invade l'Italia», CAH (1965), trad. it.: Univ. di Cambridge, Storia Antica, VIII, 1, Milano 1971,
pp. 72 ss.; ScuUard, op. cit., pp. 44 ss.
8 Jn questo senso può inquadrarsi il ritorno al consolato di un personaggio così «discusso»
come Flaminio, sintomo di un generoso prevalere di logiche estreme. Purtroppo l'immagine
liviana di Aaminio contribuisce ampiamente ad appannare i giudizi su di lui (si veda l'interessante disamina di Pareti, art. cit., p. 257, nota I, con ampi rinvii, e pp. 385 ss.): l'idea che fosse
«un uomo dissennato non d'altro bramoso che di combattere senza badare né a luogo né a
numero» è senza dubbio da ridimensionare, se non addirittura da scartare. D'altro canto - come
notava De Sanctìs, III, 2 p. 106 Livio, dei propositi che avevano animato Flaminio nel 217,
«non sapeva nulla direttamente; perché nulla ne sapevano gli stessi contemporanei, Flaminio
essendo morto nella battaglia e con lui la più parte del suo stato maggiore . . . Poteva bensì
indurli per via di congettura; ma le sue congetture non hanno, per essere più antiche, valore
maggiore delle nostre, che sono almeno immuni dalle passioni politiche di allora» (v. sulla
antica storiografia, che fortemente penalizzò Aaminio, S. Mazzarino, Il Pensiero Storico Classico, Roma-Bari 1983, 2., pp. 135 ss. (Polibio); p. 529, nota 464 (Celio); e 3., pp. 51-52; cfr. anche
ultim. M. Jaczynowska, «La genesi repubblicana del culto imperiale da Scipione l'Africano a
Giulio Cesare», Ath., 63 (1985), p. 285). Il tentativo dei consoli democratici (affannoso e
scoordinato che fosse, ovvero solo maldestinato) di costringere Annibale ad uno scontro «decisivo~~va interpretato anche con l'intento di non far pagare agli alleati italici (e in genere alla base
contadina, fulcro del partito popolare) prezzi troppo alti nella campagna. Per inquadrare meglio
gli interessi in gioco non si deve dimenticare infatti che il partito democratico coltivava con
impegno una base elettorale effettiva e potenziale, sparsa in una moltitudine di località periferiche, la cui difesa dalle scorrerie cartaginesi era risultata spesso problematica, quando non era
stata anche trascurata. Cfr. De Sanctis, lll, 2 p. 37 e P. Pinna Parpaglia, «SuUa \rogatio Metilia de
aequando magistri equitum et dictatoris iure'», SDHI, 35 (1969), part. pp. 227-233 (v. poi
Hallward, art. dt., pp. 72 ss.).
9 Sull'infondatezza di buona parte della narrazione liviana relativa all'ingresso in carica ed
alle prime azioni dei nuovi consoli cfr. Pareti, art. cit., p. 257, nota I, il quale - citando Seeckritiene, tra l'altro, di poter datare determinate falsificazioni ad un'epoca «molto tarda, dei tempi
di Cesare»; De Sanctis, III, 2 pp. 1~105 (spec. p. 105: «ad un racconto viziato di tante contraddizioni ed oscurità è senza dubbio da preferire quello di Polibio breve e chiaro ({3,]77, I)»;
Hallward, art. cit., p. 73. Non c'è dubbio che alcuni spunti «negativi» su Aaminio servano a
Livio come avis au lecteur,come preparazione alla constatazione della di lui «empietà» (su cui
cfr. G. Dumézii La Religion romaine arcaique (1974), trad. it.: La Religione romana arcaica,
Milano 1977, pp. 397 ss., part. pp. 401-402;407 ss.; v. Scullard, op. cit., p. 44: «Livy ... followed a
tradition hostìle to the People and their leaders, describes how Aaminius, neglecting to perform
the proper religious ceremonies before he left Rame, slunk off to Ariminium to enter his
consulship there, far fear he should be stopped by the Senate», v. ancora ibid, pp. 44-45, nota 3
e, in generale, L Labruna, Tito Livio e le istituzioni giuridiche e politiche dei Romani, Napoli
1984.
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Fasti Capitolini: interregni caus(sa)
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293
figgeva Aaminio al Trasimeno: lo stesso console perdeva la vita in combattimento.10
Pochi giorni più tardi i rinforzi inviati da Servilio in soccorso al collega
venivano intercettati e distrutti da Maarbale nei pressi di Foligno.11La strada
per Roma poteva dirsi aperta all'invasore, con tutte le conseguenze politiche
(più che militari immediate) correlate. Urgeva perciò che la capitale «si
mettesse in assetto di difesa e si armassero nuove legioni; e di questi e d'altri
provvedimenti non meno indispensabili era necessario assumesse il carico con
pienezza di poteri un uomo di cui fossero sperimentati del pari la prudenza e il
valore. In distrette simili la tradizione costituzionale ... suggeriva il rimedio
efficace della dittatura».12
Livio mostra di considerare con prudenza (evidentemente combattuto tra le
fonti non univoche ed i propri scrupoli giuridici 13 la formula di forzosa (e, in
fondo, effimera) unità politica che pareva si fosse andata profilando, avvertendo la difficoltà di conciliare le regole costituzionali con gli obblighi imposti
dall'emergenza militare: ad remedium iam diu neque desideratum nec adhibitum, dictatorem dicendum, civitas confugit (22, 8, 5).
E' probabile che, in quel frangente, all'interno del senato e tra questo ed il
partito democratico si concordasse sulla necessità di arrivare alla creazione di
un comando unificato (di tipo straordinario): numerosi erano tuttavia gli
ostacoli che vi si frapponevano, anche di natura per cosi dire «tecnica». Livio
ricorda infatti che esistevano difficoltà di comunicazione con Servilio, isolato
con le sue truppe dai Cartaginesi (22, 8, 5: nec per occupatam armis punicis
lta/iamfacile aut nuntium aut litteras mitti; cfr. anche 22, 31, 9).
C'è da dire poi che se da parte «democratica» si poteva convenire, in linea
di principio, con la scelta straordinaria del ricorso ad un comando «eccezionale» e, nel contempo, non si contestava forse -l'esistenza di difficoltà nelle
10 Cfr. Ovid, Fast~ VI, 765-768 (21 giugno). V. De Sanctis, III, 2 p. 115.
11 Ibid, pp. 117-119; v. anche Pareti, art. cit., pp. 402-410 e Hallward, art. cit., p. 76.
12 De Sanctis, III, 2 p. 44; Scullard, op. cit., p. 45: «Tue disaster at Trasimene, which
exposed
the road to Rame, caused such a crisis that alter prolonged senatorial debates the traditional
remedy of nominating a dictator was applied, altough there had been no dictator with full
military imperium for aver thirty years». V. anche H. Ben~ton, GrundriB der ri:imischen
Geschichte I., Mi.inchen 1967, pp. 99 ss. e G. Giannelli, Trattato di Storia Romana, Bologna
1976, p. 265.
13 Sulle fonti del XXII libro di Livio cfr. De Sanctis, III, 2 pp. 180 ss.; oltre alla dipendenza da
Polìbio, o, meglio, dal c. d. «annalista polibiano», si riscontrano precise ascendenze ascrivibili a
Celio Antipatro (sul quale Gensel, s. v. L Coelius Antipater ( Coelius 7), RE, IV, 1 (1900),
cc. 185-194, part. 192-193 sui riferimenti ai libri XXI e XXII di Livio): sembrano spettare «a
Celio le varie aggiunte al racconto polibiano della battaglia del Trasimeno e dei primordi almeno
della dittatura di Fabio Massimu» (De Sanctis, op. ult cit., p. 181, corsivo mio), in particolare
Liv. 22, 8, 6 (e 31, 8). Cfr. anche R. Jumeau, «Un aspect significati! de l'exposé livien dans Jes
livres XXI et XXII», in Hommages à Jean Bayet, Bruxelles-Berchem 1964, pp. 309-333. Sullo
((scrupolo» liviano fatto discendere «auf rechtlichen Bedenken spiiterer Zeit gegen die Wahl
eines Diktators, zumai ohne Mitwirkung der Konsuln» v. J. Jahn, lnterregnum und Wahldiktatur, Kallmiìnz 1970, p. 116 (cfr. anche Hallward, art. cit., p. 507, nota 44). V. infra nota 57.
294
MASSIMO
Gusso
comunicazioni col console, d'altro canto si era ben lontani dal consentire che
una qualche fazione del partito aristocratico 14 si impadronisse del potere senza
fornire adeguate guarentige. 15 Il compromesso (perché compromesso - comunque si legga questa vicenda - ci fu) fu forse trovato nell'elezione comiziale
di un «dittatore» (quod nunquam ante eam diemfactum esset, Liv. 22, 8,6 16) e
nella sottrazione alla di lui nomina diretta del magister equitum. eletto
anch'egli perciò contestualmente.17 Si è autorevolmente sostenuto che sarebbe
toccata ad un pretore 18 la guida dei comizi che elessero «dittatore» (fine
giugno 217 a. C. 19) Q. Fabio Massimo e magister equitum M. Minucio Rufo:
mi pare, invece, di poter scorgere, da alcuni indizi, un iter diverso ed alternativo che potrebbe aver portato a quell'elezione attraverso le specifiche procedure dell' interregnum.
14 Sulla romposizione del Senato nel 217 a C. si rinvia alle ronsiderazioni di Pinna Parpaglia,
art. cit., p. 236. V. Scullard, op. cit., pp. 8-55.
15 Cfr. Hallward, art. cit., p. 77; Pinna Parpaglia, art. cit., pp. 221-223.
16 V. anche 22, 31, 8: Fabium ... primum a _papula creatum dictatarem, e PoL 3, 87, 6 (cfr.
Cary-Scullard I, p. 295). Vedi anche A Klotz, «Uber die Quelle Plutarchs in der Lebensbeschrei,
bung des Q. Fabius Maximus», Rh. Mus. 84 (1935), pp. 134 ss. e id, «Q. Fabius Maximus
Cunctator», Neue Jahrb. fiir ant und deutsche Bildung 1940, p. 294: «Nach dem Tode des einen
Konsuls schritt man in Rom zur Wahl eines Diktators. Da man damit nicht warten konnte, bis
es die militlirische Lage dem anderen Konsul ermoglichte, nach Rom zu kommen, war man zu
emem neuen Verfahren genèiùgt>>.Per alcune ronsiderazioni sull'approccio alle magistrature
nell'opera di Livio cfr. N. Zorzetti, «Struttura annalistica e dialettica delle magistrature in
Livio», Studi di Storiografia antica in memoria di Leonardo Ferrero, Torino 1971,pp. 115ss.,
spec. pp. 121ss. (a proposito del «caso di necessità»).
17
V., estesamente, Pinna Parpaglia, art. cit, pp. 216 ss.; cfr. Miinzer, s. v. Q.Fabius Maximus
(Fabius 116), RE VI, 2 (1909), c. 1819; id., s. v. M. Minucius Rufus(Minudus 5Z,, RE XV (1932),
cc. 1957-1962; Hallward, art. cit, p. 77; De Sanctis, III, 2 pp. 46-48; Toynbee, op. cit, p. 422;
Scullard, op. cit., pp. 46 ss. V. anche S. I. Kovaliov, Istoria Rima (1948), trad. it.: Storia di Roma,
Roma 19716, I. p. 234 («questo inaudito precedente, che metteva in giuoco la base stessa dell'isùtuto delia dittatura, unicamente si può spiegare con la sfiducia dei democratici verso l'uomo del
senato, Fabio, e rol desiderio di avere nel romando supremo un proprio rappresentante indipen·
dente dal dittatore»). E' importante poi considerare T. A Dorey, «The Dictatorship of Minucius», JRS 1955,pp. 92 ss.; Westermayer, s. v. Magister Equitum, RE Supplb. V (1931), 631-o48,
part. cc. 642-o43 e Broughton, MRR I, 242; 246 nota 3.
18 E. Herzog, Geschichte und System der rèimischen Staatsverfassung, Leipzig 1884, I p. 726;
Th. Mommsen, Le Droit Public Romain, Paris 1893, III p. 168, W. Liebenam, s. v. Dictator, RE
V, l (1903), cc. 375 ss (part c. 377: «auch bei der Wahl des Fabius Maximus zum D.(ictator)
537 - 217 v. Chr. muJ3 der Praetor, der den Vorsitz in den Comitien gehabt haben wird, mit
thiitig gewesen sein» ); Miinzer, Fabius, cc. 1814ss. (part. cc. 1818ss.); B. Bruno, s. v. Dictatar,
Diz. Ep. II, 2 (1910), pp. 1765-1766;Pinna Parpaglia, art. cit, p. 240, note 53 e 55 con riferimenti
e rinvii; Jahn, Interregnum, p. 116 («diese Wahl durfte vom Praetor urbanus vorgenommen
worden sein» ); F. De Martino, Storia delia Costituzione Romana, Napoli 1972,I p. 439, nota 420
e II p. 230.
19 Sulla data dell'elezione di Fabio e, conseguentemente, sulla durata della sua dittatura cfr. De
Sanctis, III, 2 p. 117 e p. 664 (v. anche Unger, «Interregnum und Amtsjahn>, Phil., Suppi. N
(1884),Heft 2., p. 326) e Scullard, op. cit., pp. 274---275(cfr. l'osservazione diJanssens, sui limiti di
tempo che sarebbero stati imposti alla dittatura proprio nel 217, riportata in De Martmo,
Costituzione I, p. 445, nota 143). Per le fonti su Fabio dittatore nel 217 v. Broughton, MRR I,
pp. 243 e 245-246, nota 2; e Klotz, «Fabius», pp. 292 ss..
=
Fasti Capitolini: interregnicaus(sa)
295
Il.
Il «vuoto di potere»
Il «vuoto di potere» derivante dalla morte di uno dei consoli e dall'essere
l'altro hors de combat, tagliato fuori persino dai collegamenti più fortunosi
con la capitale, non può essere stato colmato tout-court dall'invenzione nuova
ed inedita di un dittatore ed un magister equitum eletti dal comizio, presieduto
da un pretore. 20
In età fabiana, sotto il profilo politico-religioso, tante dovevano essere
ancora le implicazioni di una designazione dittatoriale pur quando si fosse
potuta svolgere nella norma 21 -, specie per quel che concerneva l'impatto con
l'immaginario collettivo popolare, che risulta difficile accettare questo stravolgimento sostanziale della figura dittatoria, sia pure in una situazione di impellente necessità, senza almeno considerare contestualmente la possibilità di .
una «camera di compensazione», di un passaggio intermedio, cioè, che prevedesse, magari attraverso richiami costituzionali, soprattutto un recupero di
ragioni di diritto sacro. Ed era sempre stata l'occasione sacrale la leva con la
quale il senato 22 aveva potuto chiamare a sé il gioco quando si esaurivano gli
elementi costituzionali primari, rivendicando il suo essere «governo latente»,
che acquistava voce (e ruolo) tramite il ritorno ai patres degli auspicia, alla
vacanza dei supremi magistrati.
La stessa figura di Fabio ed il suo porsi; prima di ogni altro atto, a vindice
della religiosità violata, una volta creato dittatore; la scelta elettorale e la
..
20 Non è neppure opportuno parlare di queste elezioni come di «occasionì di democratizzazione» delle cariche di magister equitum e di dittatore (cfr. ad. es. V. Arangio-Ruiz, Storia del
Diritto Romano, Napoli 19727, pp. 105 ss.; Pinna Parpaglia, art. cit., pp. 240 ss.; De Martino,
Costituzione I, p. 440; Toynbee, op. cit., p. 422). Certe soluzioni costituzionali come la sottrazione al console della prerogativa della creazione del dittatore e allo stesso dittatore della nomina
del magister equitum sono piuttosto il sintomo di una involuzione (magari occasionale), tanto è
vero che la classe dirigente senatoria, che, pur tra gravi contrasti interni, gestiva ancora oculatamente il suo patrimonio di potere, finì con l'abolire di fatto la dittatura rei gerundae e, pooo
dopo, persino quella (apparentemente meno pericolosa) cornitiorum habendorum, specie dopo
che i «Servilii Geminì se ne valsero come uno strumento di potere personale» (G. I. Luzzatto,
«Appunti sulle dittature 'imminuto iure'», Studi in onore di P. De Francisci, Milano 1956 III,
p. 420, nota 2: sulla dittatura di Servilio del 202 a. C. v. Scullard, op. cit., pp. 278-279 e
Broughton, MRR I, p. 316). La valutazione degli eventi storico-politici della seconda guerra
punica soffre di una altalenanza di riconoscimenti di avanzamento in senso «democratico»
della società romana e di contestuali «regressi» (v. Toynbee, op. cit., p. 395, casi del
215-214 a. C.): cfr. anche E. S. Staveley, «The Conduct of Elections during an Interregnum»,
Historia 1954, pp. 193 ss. e Dorey, «The Elections or 216 b. C.», Rh. Mus. 101 (1958),
pp. 249-252.
21 Cfr. F. Sini, «A proposito del carattere religioso del 'dictator' (note metodologiche sui
documenti sacerdotali)» SDHI 42 (1976), pp. 401 ss. ora in G. Meloni (a cura di), Dittatura degli
antichi e dittatura dei moderni, Roma 1983, pp. 116 ss.; v. anche A Magdelain, «Auspicia ad
Patres redeunt», Hommages à Jean Bayet, cit., pp. 445 ss.
22 «Tutta la storia del senato repubblicano è contrassegnata dal fatto che esso ha effettivamente detenuto i poteri direttivi del governo della res publica» (A. Ormanni, s. v. «Necessità (stato
di)- Diritto Romano», Enc. Dir. XXVII, p. 844).
296
MASSIMO
Gusso
simultanea elezione del magister equitum dànno lo spessore della difficile, ma
ingegnosa, soluzione predisposta (de iure condendo) sulla base del temporaneo accordo tra le parti, ovvero per ovviare alla momentanea prevalenza di
una di esse.
Tre erano gli obiettivi convergenti (o che tali comunque divennero per forza
di cose): 1) dare al popolo nuova fiducia in Roma con robuste «iniezioni» di
religiosità nazionale; 2) consentire al senato di esprimere scelte piene di
effettiva direzione politica e militare e, nello stesso tempo, 3) non penalizzare
il partito popolare (la cui gestione militare, condivisa tuttavia anche da un'ala
del partito aristocratico, era risultata battuta) conferendo a suoi fiduciari posti
di rilievo solo vagamente subordinati, 23 come l'inusitato magisterio equestre
elettivo, in uno spirito di unità nazionale.
Il repéchagedella dittatura nel 217 a. C. 24 sembra perciò connesso precipuamente a motivi propagandistici e di coesione interna, più che ad effettive
necessità militari: l'istituto viene così ad essere «caricato» di valenze portentose e di significati religiosi straordinari. 25
Non si può tuttavia escludere a priori che dietro al disegno di un comando
straordinario si nascondessero, originariamente, dei tentativi «autoritari» portati avanti dalla fazione aristocratica più intransigente con i popolari, con
l'intento di superare il comizio, coinvolgendo direttamente quella parte del
popolo ancora suggestionabile con richiami religiosi e superstiziosi. Le manovre reazionarie
se vi furono
sarebbero state comunque rintuzzate (e
riassorbite) dalla maggiora.ma del senato, anche per tema dell'inevitabile,
23 Cfr. Hallward, art. cit., p. 77 (v. supra nota 17).
24 La dittatura, nel 217 a. C., anche sotto l'incalzare di gravi eventi bellici, poteva apparire pur
sempre come un relitto storico. Non vi si ricorreva da oltre un trentennio, salvo che per incarichi
formali od espletamenti di carattere elettorale (o cerimoniale). In particolare nessun dittatore
optima lege v'era più stato dal 249 a. C. (sulla «decadenza» della dittatura cfr. De Francisci,
Storia del Diritto Romano, Milano 1943, I, p. 196, nota 9). Per le dittature «elettorali», dopo
quella data, v. Jahn, lnterregnum, pp. 103 ss. Per quel che concerne le c. d. dittature imminuto
iure cfr. A Momigliano, «Ricerche sulle magistrature romane I. Il Dictator clavi figendi causa»,
BCAC, 58 (1931), pp. 29-42, ora in Quarto Contributo alla Storia degli Studi Classici e del
Mondo Antico, Roma 1969, pp. 273 ss. e Luz.zatto, art. cit., pp. 407 ss. In generale sulle figure
dittatorie del periodo di cui mi occupo cfr. U. Scamuzzi, «La dittatura in Roma nel periodo delle
guerre puniche», Riv. St. Cless., VI, I (1958), pp. 16 ss e Pinna Parpaglia, art. cit., passim. A suo
modo sorprendente la valutazione secondo cui «l'ultima volta in cui la dittatura è ancora piena e
integra [sic] è con Fabio Massimo», G. ScherillerA. Dell'Oro, Manuale di Storia del Diritto
Romano, Milano 1949 (risi. anast. 1982), p. 147.
25 Cfr. Dumézil, op. cii., pp. 397 ss. (part. pp. 407 ss.). Vedi anche De Sanc:tis, Storia dei
Romani, Firenze 1953 (rist. 1973), N, 2, tomo I, pp. 316 ss. (sulle cerimonie religiose celebrate
dopo il Trasimeno v. C. Bailey, «La Religione romana e l'avvento della filosofia», CAH (1965),
trad. it. 1971voi. VIII, 2, pp. 945-947;sulla religione a Roma nel periodo cfr. anche R. Bloch, Les
prodìges dans l'antiquité classique, Paris 1963, trad. it.: Prodigi e divinazione nel mondo antico,
Roma 1977, pan. pp. 98 ss.) e I. Milller-Seidel, «Q. Fabius Ma.ximus Cunctator und die Konsulwahlen der Jahre 215 und 214 v. Chr.», Rh. Mus. 96 (1953), pp. 268 セ@
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Fasti Capitolini: interregni caus(sa)
297
conseguente, scontro civile che ne sarebbe seguito: in ogni caso fu senz'altro
dal senato che, ad un certo punto, si propizò l'intervento dell'assemblea
centuriata, che a sua volta - elesse la singolare coppia dittatoria. Ed è su
questa scelta, di così difficile inquadra.mento di per sé, che si ottiene il
consenso unanime degli studiosi, anche se essa non sembra potersi connettere
con un incontrovertibile (anche se assai trascurato) riscontro epigrafico.26
lii.
Fasti Cap. ad a. 537 = 217 a. C.
Nei Fasti Capitolini, infatti, ad a. 537 a. U. c. ( = 217 a. C.), si legge la
singolare notizia secondo cui Q. Fabius Q.f Q. n. Maxim(us) Verrucoss(us)
avrebbe rivestito in quell'anno la dittatura inte"egni caus(sa).17
Theodor Mommsen, nel commento all' Elogium dello stesso Fabio, 28 aveva
respinto risolutamente la notazione dei Fasti, sostenendone addirittura l'assurdità («quod si quid video absurdum est et piane perversum» ),29 e asserendo
in buona sostanza (sulla scorta, probabilmente, di Liv. 22, 8, 7)30 che l'esatta
attribuzione di quella dittatura fabiana avrebbe dovuto essere («tamen ut
debuit») quella dei pieni poteri: rei gerundae causa.
L'indubbia autorevolezza del Mommsen è generalmente bastata a liquidare
il problema ed il curioso motto (unico accenno all'istituto dell'interregnum
lungo tutta la laboriosa stesura dei Fasti 31) è stato attribuito alla «bizzarria»
.J!J
26 Non si può non ricordare a queslo punto quanto sosteneva A. Toynbee (op. cit,
pp. 399-400), secondo il quale «gli storici romani si identificarono con la classe di governo e
stesero un velo sui mezzi di cui essa si era servita ... Nel racconto pervenutoci, che è l'ultima
versione di una serie, la verità è stata coperta e cancellata da successive rielaborazioni tendenziose, ad essa sovrapposte da storici di ispirazione tradizionalmente conservatrice allo scopo di
preservare e di accrescere l'onore e la gloria della clas&edi governo ... La sconcertante distribuzione delle testimonianze dirette ha indotto gli studiosi di storia romana del XX secolo a
ripiegare sulle testimonianze indirette, costituite da semplici elenchi di nomi di magistrati e da
casuali informazioni . . . E' indubbio che questi elenchi e queste informazioni non possono
mentire, perché i loro compilatori non si resero conto che essi avrebbero potuto dimostrarsi
indiscreti se studiati al microscopio da un occhio acuto e non si curarono quindi di 'manipolarle'
come avevano 'manipolato' la loro narrazione>1 (con.ivi miei).
27 CIL I, p. 288 = P, p. 23 (cfr. Pareti, art cit., p. 559, nota 1 e Bruno, Dictator, pp. 1772-1773;
v. Broughton, MRR I, pp. 245-246 nota 2). V. anche infra nota 32.
28 Pubbl. in CIL 11,p. 193: Elog. XIII = XXIX Cfr. Mommsen. Le Droit III, p. 179, nota 5 e
p. 184, nota J e Scamuzzi, art. ciL, pp. 24--25.
29 CIL P, p. 194, ad Elog. XIII; v. anche Miinzer, Fabilil, cc. 1818-1819; Bruno, Dictator,
pp. 1772-1773 ( «è un assurdo parlare di un interregno del dittatore, perchè, rome dice il
Mommsen (... ),il ronsole era vivo e non ci fu interregno e, se ci fosse stalo, non per questo si
sarebbe nominato un dittatore. Del resto i Fasti sono i soli a dare queslo titolo a Fabio
Massimo»); Jahn, Interregnum, pp. 116 ss.; De Martino, Costituzione I, pp. 446-447.
30 Su cui si sofferma anche Jahn, Interregnum, p. 116 (cfr. romunque anche Mqmmsen.
Romische Geschichte, trad iL: Storia di Roma antica, Firenze 1972, III p. 738).
31 Cfr. Kuhlmann, s. v. Inte"egnum, Th. L L~ VII, 1 c. 2264, 53-54 (anche la voce Dictator,
Tu L. L, Ili, l c. 1001, 28-58, part. 51-52) e Bruno, Dictator, p. 1772 (v. però Giannelli, s. v.
298
MASSIMO
Gusso
del lapicida o a qualche zelante forzatura erudita. 32
Ritengo invece, per parte mia, che il cenno dei Fasti non sarebbe stato
storicamente (statisticamente?) neppure probabile senza una specifica tradizione alle spalle.
Non vedo alcuna ragione, infatti, perché dovesse sorgere una notazione così
sintomatica, come interregni causa, se non sulla base di riscontri (evidentemente di fonti diverse da quelle superstiti) relativi ad un qualche ricorso al
governo interinale dei patres.33
Il motivo della nomina del dittatore ed il relativo epiteto distintivo sono
pressoché sempre espressi con un gerundio al genitivo + causa: in tutti i casi
si tratta di un'attribuzione «finale». 34
Anche la notazione epigrafica interregni causa sembra essere stata letta con
un simile riscontro «finale», quasi avesse potuto indicare in Fabio un dittatore
per dar luogo all'interregno.35 Mi sembra invece di potervi leggere, con qualche
fondamento, qualcosa come: dittatore nominato grazie all'interregno,o in virtù
dell'interregno.36
Interrex,Diz. Ep. IV, I (1926), p. 77). Per un riferimento all' / nterregnumnei Fasti Ostiensi cfr. G.
Calza, «Epigrafi Ostiensi», Notizie d. Scavi, 1921,pp. 243 ss.
32 «Ganz irrationell steht in den capitolinischen Fasten beim Jahr 537 ... interregni caus(sa)»,
come scrive Herzog, «Das Institut des Interregnums im System der romischen Staatsverfassung», Phil, 34 (1876), p. 500; cfr. poi Liebenam, Diclator,RE V, I (1903), c. 384: ,,irrtiimlich ist
der dict. interregni caus(sa) Fasti cap. 537 = 217 v. Chr.»; Miinzer, Fabius, c. 1818 e Pareti,
art. cit., p. 559, nota I («nei fasti capitolini Fabio è detto invece di dietator reigerundae:dietator
interregnicausa. .. così si discuteva nei tempi augustei sulla validità della sua nomina da parte
del popolo ... tutta la tradizione parla di Fabio come dittatore»). V. anche A Degrassi,
Inscriptìones Italiae, Roma 1947, voi. XIII, p. 118 (ad a. 217 a. C.); Luzzatto, art. ciL, pp. 422-423
(«da escludere è, quasi certamente, la dittatura interregnicausadi Q. Fabio Massimo nel 217 ...
L'attributo in questione è stato eliminato dal Mommsen») e pp. 427-428; Scam.uzzi, art. cit.,
p. 24 («si ritiene comunemente che ... sia ... errore di chi scolpì i Fasti»); Jahn, Interregnum,
pp. 117; 164e passim;De Martino, Costituzione I, p. 447, nota 147;Scullard, op. cit., p. 274 («Tue
Fasti Cap. curiously, and erroneously, state that he was appointed interregni causa»; Mazzarino,
PSC 2., p. 324. Si veda poi, in gen., Tu. L L, V, I, c. 1001,51-52 (s. v. Dietatory.Sono comunque da
tener presentì le osservazioni del Toynbee, citate supra nota 26, a proposito dei documenti del
tipo «elenchi di magistrati» che dovrebbero, in linea di principio, contenere notizie «non
deliberatamente alterate».
33 Quasi inesistente (salvo errore) una qualche letteratura favorevole ad un'ipotesi del genere,
o che soltanto la prenda in considerazione. V., ad es., il brevissimo appunto di C. Castello,
«Intorno alla legittimità della lex Valeria de Sulla dictatore», in Studi in onore di P. De
Francisci, III cit., p. 43, nota I e l'accenno di De Sanctis, III, 2 p. 45, nota 67.
34 Cfr. Bruno, Dictator,pp. 1772-1773.
35 Cfr., ad es., Mommsen, ad Elog. XIII cit., «neque enim tum interregnum fuit consule vivo,
et si fuisset, sane non propter id locus fuit dictatori»; di un assurdo «interregno del dittatore»
parla il Bruno, Dictator,p. 1772 (v. supranota 29), fraintendendo, mi sembra, la stessa ipercritica
opinione di.Mommsen. E' stato sostenuto altresì (Jahn, Interregnum., p.117) che avendo, in un
momento successivo, provveduto lo stesso Fabio alla creatiodi un console suffectus,ne sia potuta
derivare la specifica (ma errata) denominazione: «vielleicht hangt aber mit der Wahlfunktion
des Diktators der Eintrag interregnicausain den Fasten zusammen». V. comunque Broughton,
MRR I, pp. 245-246 nota 2
36 Cfr. infra pag. 318 s. e nota 136.
..
I
Fasti Capitolini:
interregni caus(sa)
299
Sintomatico il fatto che, invece di quella che sarebbe stata eventualmente la
31
più corretta forma: dìctator «ex interregno»,
si sia preferito: dictator «interregni causa», quasi con titolatura specifica dittatoria. Potrebbe essere stato
sentito cioè, dagli estensori dei Fasti, più rilevante dell'intervento dei patres,
l'esito dello stesso intervento, e cioè la creazione del dittatore, «contaminando» la terminologia propria dell'interregno con quella propria della dittatura.
La figura di Fabio Massimo e la sua leggenda han qui avuto un ruolo
detemùnante pur non riuscendo, evidentemente, a cancellare del tutto la
traccia di eventi forse più pedestri. 37 bis
In letteratura però sembra emergere - nonostante la leggenda - una sorta di
necessità di difendere la pienezza dei poteri della dittatura fabiana, apparentemente «minacciata» dalla equivoca notazione interregni causa. Cosi viene
respinta in blocco la notazione stessa, tanto nel suo (evidentemente assurdo)
significato «finale», quanto anche nel suo più promettente risvolto «causale».3s
Così cominciamo a leggere, in Mommsen, 39 come «neque enim tum interregnum fuit consule vivo», e ancora, da ultimo, sulla stessa scia, che «in
Wrrklichkeit bestand kein Interregnum, da einerder Konsuln noch lebte».40
Ciò deriva, a mio parere, da una valutazione eccessivamente «razionalistica» (se non «ragionieristica») dell'istituto dell' inten-egnum,la cui casistica
storica, pur così limitata, è sussunta «a regola» dalla frammentazione delle
testimonianze, divenendo una sorta di apparato costante nel tempo, rigido e
immodificato. 41•
37 Sull'espressione ex interregno, che risulta uno specifico tecnicismo, cfr. Liv., 6, I, 9; 6, 5, 7;
7, 18, I; 7, 28, IO.V. anche Kuhlmann, Interregnum, c. 2264, 3~8.
37 bisTestimoniati forse dall'accenno ai romorescontro Fabio nei celebri versi di Ennio (v. R
Rebuffat, «Unus homo nobis cunctando restituit rem», REL 1982, pp.158 ss. e nota seguente).
38 In realtà la riscossa religiosa e moralizzatrice di Fabio ebbe probabilmente maggiori risultati che non la dispersiva (e forse discutibile) tattica temporeggiatrice (cfr. De Sanctis, III, 2
pp. 50 ss., part. nota 81). Il termine Cunctator, come il verbo da cui deriva, hanno una storia di
sperticati elogi e si sono praticamente consacrati a Fabio (v. Ennio, Ann. 12, fr. 2 v. 370 Vahlen;
Cic., ad Alt, 2, 19, 2; de Off.. I, 24, 84; Calo maior, 4, IO; Verg., Aen. 6. 846; Liv. 30, 26, 9; Ovid.,
Fast, 2, 240;Suet., Tib, 21 ;Sen., De Ben, 4, 27, 2; Quint., Inst. Or, 8, 2, 11; Seren. Samm., 21, 63;
Macrob., Sat, 6, 1, 23; Serv., ad Aen, 6,845; v. K.Jotz, «Fabius», pp. 294 ss. e spec. Rebuffat,
«Unus homo», pp. 153-165): ciò ha contribuito indubbiamente a far assumere le tinte del mito
alla dittatura fabiana, a prescindere da qualsiasi riscontro reale. Nonostante tutto è rimasta una
traccia che ci rivela in realtà - l'originario significato «ingiurioso» del termine «Cunctator»
(cfr. Liber de Vìris l11~14: Q. Fabium Maximum, qui Hannibalem moro fregit, cunctator ab
obtrectatoribus dictus; cfr. Rebuffat, cit., p. 165, nota 32 e anche Hallward, art. cit., p. 78). Sulla
leggenda fabiana, alimentata anche da Cicerone (v. es. E. Narducci, «li Cato Maior e la
vecchiezza dell'aristocrazia romana», Quad. d. St. 16 (1982), spec. pp. 140 ss.) cfr. Miinzer,
Fabius, cc. 1829-1830 con rinvii alle fonti e Mazzarino, PSC 3., p. 52.
39 Ad E/og. XIII cit. (CILP, p.194).
40 Jahn, lnterregnum, p. 117.
41 Interessanti e pienamente condividibili le valutazioni sulla «meravigliosa prigione che è lo
Staatsrecht di Toeodor Mommsen», in A Guarino, Le Origini Quiritarìe. Raccolta di scritti
romanistici, Napoli 1973, pp. 128 ss. (cfr. anche Ormanni, «Necessità», pp. 837 ss.). Per quel che
300
MASSIMO
Gusso
IV.
Il Console «superstite»
Affrontiamo l'argomento principe, secondo il quale uno dei consoli «noch
lebte», era ancora in vita.
Questo fatto è noto a no~ ora, né più né meno di quanto fosse noto, ad
esempio, a Celio, a Polibio o a Livio, con le medesime limitazioni.
Quale doveva essere, tuttavia. lo stato delle notizie, a Roma. in quel frangente così mouvementédella fine di giugno del 217 a. C.?
Partendo dal presupposto secondo cui il dittatore non poteva essere creato
nisi ab consult 2 non si può spiegare come «costituzionale» l'esito della elezione di Fabio attraverso un interregno (di cui sembra esservi peraltro traccia
esplicita solo nei Fasti), ma neppure escogitando una sorta di pretorerampante al quale far assumere in via surrogatoria. straordinaria ed eccezionale,
determinate funzioni consolari, 43 se non si cerca prima di delineare lo scenario
entro cui quell'elezione si tenne. 44
Potrebbe formularsi un'ipotesi principale:
SCENARIO A: «Il senato, assunta ormai la direzione dello stato, aveva la
certezza che il console Servilio era in vita ma non poteva comunicare con lui in
tempi rapidi».
Ma dovrebbe anche essere tenuta presente, contestualmente, una ulteriore
ipotesi subordinata:
SCENARIO B: «Il senato, assunta ormai la direzione dello stato, sapeva
che ancheServilio era morto, ovvero fondatamente lo.temeva. pur non essendo in grado di acclararlo con sicurezza e sufficiente rapidità». 45
concerne l'istituto dell'Inte"egnum è importante far riferimento a quelle che il Guarino (cit.,
p. 146) definisce <<lesole caratteristiche immutate, e in certo senso immutabili» che lo rendono
cosi peculiare, caratteristiche la cui sparizione ne avrebbe davvero implicato la scomparsa, senza
scendere sul terreno minato del formalismo giuridico.
42 Sull'espressione cfr. Liv. 4, 31, 4. V. Sini, «A proposito», p. 125; Scullard, op. cit., p. 45 che
notava in merito ai fatti del 217: «a dictator could be constitutionally appointed only by the
consuls, of whom one was dead and the other cut off from Rome by Hannibal».
43 Salvo poi fargli eleggere un dittatore dimezzato, quale è il prodictatordi Livio (v. infra nota
55). Sul concetto (peraltro diverso e più esteso) di praetor proconsule cfr.Mommsen, Le Droit
Public Romain, Paris 1887, I p. 12, nota 2 e id, AbriB des romischen Staatsrechts, trad. it.:
Disegno del Diritto Pubblico Romano (1943, rist. Milano 1973), p. 230, e, genericamente,
1589-1590. Sulla figura pretorile durante la
Wesenberg, s. v. Praetor, RE XXII, 2 (1954),
seconda guerra punica v. le osservazioni di Jahn, lnterregnum, pp. 184-185 e Scullard, op. cit,
pp. 11-12.
44 Forse, anzi, bisognerà scoprire, in seguito, l'intima incostituzionalità di quella elezione, ma
non tanto, paradossalmente, nella presumibile o presunta «incompetenza» dell'organo o del
magistrato che la patrocinò, ma perché quella elezione ebbe modo di maturare in circostanze
stravolgenti l'equilibrio dei poteri costituzionali della respub/ica e non ebbe esiti nefasti solo per
il singolare concorrere del fattore umano (la figura dì Fabio) e dell'acuta vigilanza dei diversi
pi e delle diverse fazioni in lotta (v. specificamente infra pp. 322 ss.).
4 D'altronde proprio della disfatta di un reparto di Servilio parla Livio (22, 8, 1), poco dopo la
•
=
gruf
"
Fasti Capitolini: interregni caus(sa)
301
La concisa narrazione liviana, inquadrando lo Scenario-A non negherebbe
affatto B perché, in realtà, da essa apprendiamo solo che il console non
comunicava più con la capitale, e che la capitale non era in condizioni né di
inviare messaggi al console, né forse - di conoscere esattamente la sua
posizione:46 del console non si avevano notizie, non si sapeva neppure, quindi,
se fosse ancora in vita.
Stante la confusione che dovette regnare in quei momenti non è certo
avventato ritenere che anche l'ipotesi della morte di Servilio potesse essere
circolata ed avere trovato credito, assieme ad altre ancora. 47
In entrambi gli scenari esemplificati una sola cosa è certa: il console non
avrebbe potuto dicere dictatorem perché irraggiungibile (comunque impossibilitato48)o addirittura morto.
Con un pizzico di cinismo (ammesso lo Scenario-A) si potrebbe postulare
anche una specifica volontà di alcuni gruppi in senato di non fare proprio
tutto il possibile per coinvolgere il console superstite nella «dictiu» del dittatore. Vi era, infatti, in senato chi (specie il gruppo fabiano) poteva ragionevolmente temere che il console Servilio, sollecitato all'uopo, nominasse all'estrema magistratura una personalità di suo esclusivo gradimento, 49 o, addirittura,
rifiutasse la dictio,50 ovvero accettasse di nominare un dictator comitiornm
habendornm causa di propria fiducia, 51 al solo fine di procedere sollecitamente all'elezione di un collega, presumibilmente della sua parte politica. 52
Svolte peraltro queste considerazioni preliminari e valutati gli scenari prospettati ho stimato eccessivo caricare questi appunti di un ulteriore laborioso
fardello di ipotesi: mi sembra perciò opportuno considerare lo Scenario-B
solo come ipotesi «di scuola», come un elemento di contraddizione (che fa
pensare!), non suffragato però, né suffragabile, e quindi da abbandonarsi.
Sarebbe evidentemente vano cercare le prove della supposta circolazione
sconfitta del Trasimeno (v. supra nota 11),e la notizia sicuramente aveva aggravato la già forte
tensione a Roma (cfr. De Sanctis, Ili, 2 p. 42).
46 Cfr. Paret~ art. cit., p. 545 (sui movimenti di Servilio ibid., p. 547).
47 Come, ad esempio, quella della prigionia del console, che potrebbe -da sola- costituire uno
scenario inedito non esaminabile però nell'ambito di questi appunti. V., comunque, per qualche
accenno, infra nota 61.
48Per la eventuale dictio dictatoris fuori dell' ager Romanus (su cu~ es., Vano, De L 1.,5, 33)
era necessario un particolare rituale: v. Livio 7,21,9; 8,23, 13; 9,38, 13 ove sono illustrate
nomine «sul campo» di dittatori Cfr. anche Fest. 189 Obscum e v. P. Catalano, Contributi allo
studio del Diritto Augurale I., Torino 1960,pp. 269 ss. e Sini, «A proposito», pp. 124-127.
49 Per casi di nomine di dittatori da parte dei consoli contro gli indirizzi e la volontà del senato
cfr. Bruno, Dictator, p. 1764e De Martino, Costituzione I, p. 440.
sov.Bruno, Dictator, p.1766.
51 Sull'uso «politico» della dittatura elettorale cfr. Luzz.atto, art. cit., p. 420 ss.; Jahn, Interregnum, pp. 39 ss..
52 Cfr. De Sanctis, lii, 2 p. 45; Miinzer, Servilius, cit.; Pinna Parpaglia, art. cit., pp. 230 ss.
302
MAssLMoGusso
della notizia della morte anche del secondo console. 53 Con lo Scenario-B il
ricorso all'interregno prospettato dai Fasti sarebbe stato inevitabile mentre in
queste note se ne sta cercando la volontarietà, non l'inevitabilità.
D'altro canto lo stesso Scenario-A, così come descritto, non può che rappresentare un ideale punto di partenza (confortato dalle fonti) sul quale fondare
altri subscenari, altri «sviluppi di ipotesi», in particolare:
Scenario-A
«Il senato, assunta ormai la direzione dello stato, aveva la certezza che il
console Servilio era in vita ma non poteva comunicare con lui in tempi rapidi»
Subscenario-A 1
«II senato allora, constatata la mancanza di notizie sul console Servilio,
dichiara comunque la vacanza della suprema magistratura ed apre cosi la
strada alla proclamazione dell' interregnum ed all'intervento dei patres, con il
conseguente affidamento ad uno degli interreges della direzione del comizio
elettorale»
Subscenario-A 2
«Il senato allora, constatata la mancanza di notizie sul console Servilio,
provvede, per il tramite di un magistrato, a far riunire il comizio per la nomina
del dittatore»
In entrami i casi si sarebbe, però, fuori della tradizione e della prassi
costituzionali. 54
Lo stesso personaggio eletto in queste circostanze ben difficilmente avrebbe
potuto non essere considerato un magistrato straordinario ed eccezionale,
53 Il dato della «morte dei consoli», perché ne potesse conseguire - eventualmente - l'interregno, doveva evidentemente essere soggetto a specifiche verifiche. Appiano ci ha tramandato, ad
esempio, il paradossale e macabro mezzo con il quale Silla fece conoscere a Roma, nel 82 a. C., la
vacanza del consolato: le teste cli entrambi i consoli furono allora esposte pubblicamente ad ogni
buon conto (App., b. c. I, 94 e 96; cfr. Castello «Intorno alla legittimità», pp. 40-41). Sempre a
proposito della morte della coppia consolare non si può qui non rilevare come un testo
interessante, prezioso e meritatamente diffuso, come la Guida alla Storia Romana cli G. Clemente (Milano 1977), rechi a p. 155 una spiacevole inesattezza, laddove dice: «Quinto Fabio
Massimo, già ultrasettantenne, prestigioso ex console, fu eletto dittatore, come prevedeva la
prassi costituzionale alla morte dei consolb>(sic; corsivo mio); a meno che non si sia invece in
presenza di un curioso lapsus e che l'autore avesse, in realtà, voluto sostenere che di fronte alla
notizia della morte dei conso/~ fosse seguito, come prevedeva la prassi costituzionale, un interregnum che avrebbe poi aperto la strada alla successiva - cliscussa - clittatura.
54 V. però, per la valutazione dell' «assenza» della coppia consolare, come causa cli interregnum, infra nota 119.
'
Fa.sti Capitolini:
interregni caus(sa)
303
qualunque fosse stata la titolatura prescelta: di questo scrupolo esiste un
confuso ricordo in Livio.55
Essendo quindi, comunque, sia la premessa che l'esito, eccezionali, non si
può pretendere di tradurli tout-court in tessere del normale mosaico costituzionale.
V.
Il Subscenario-A 1
..
In realtà non conoscendone la ragione Livio motiva l'esito delle scelte della
civita.f6 in modo da soddisfare la sua costruzione narrativa, che è logica e
deve, quindi, essere anche «plausibile» (22, 31, 10): la civitas, appunto, non
avrebbe potuto permettersi di attendere ulteriormente; c'erano già state tre
gravi sconfitte e lo stato di necessità imponeva scelte anche non pienamente
conformi alle regole.
Al centro di questa procedura eccezionale, comunque si sia svolta,57 si
trovava il senato (anche con scelte successive contraddittorie a causa delle
varie diverse - maggioranze formantivisi), caratterizzato dalla sua specifica
potenzialità nomopoietica.
,;
55 Liv. 22, 31, 8-11 (cfr. Io. Lyd.,
de mag, I, 38, p. 40, 15 ss.). V. Wesenberg, s. v. Pro-dictatore,
specialmente
Pinna Parpaglia, art.cit, pp. 221 e 240-241 (nota 55 con
rinvii). E' assurdo cercare di spiegare il termine prodittatore come se si trattasse di un, sia pure
anomalo; promagistrato (come il proconsole, il propretore etc.): Jahn, Interregnum, p. 117,
sostiene, ad esempio, non essere esatta la definizione di Fabio come prodittatore dato che eglL
avendo provveduto all'elezione dì un console suffectus, avrebbe mostrato la sua piena qualità di
magistrato (essendo infatti inibita ai promagistrati la funzione elettorale). Il problema è un altro:
pro dictatore nel pa.sso liviano significa qualche cosa come «quasi dittatore», siaa descrivere un
magistrato «con competenze dittatorie». Si potrebbe richiamare la questione dei tribuni militum
pro consulibus (v. De Martino, «Intorno all'origine della repubblica romana e delle magistrature», Aufgang und Niedergang der ròmischen Welt, I, l Berlin-New York 1972, pp. 217-249, ora
in id., Diritto e Società nell'antica Roma, Roma 1979, p. 128 e nota 116con rinvii alle fonti ed alla
letteratura). V. anche in proposito De FranciscL Arcana ImperiL III, I Roma 1970 (rist. an.),
p. 83, nota 5. La questione del richiamo liviano su Celio e la c. d. prodittatura fabiana potrebbe
risolveiliL in realtà, in un avis au Iecteur, con agganci a problematiche <attuali> che in buona
parte ci sfuggono; ovvero in una esibizione di fonti e pareri diversificati che consenti a Livio di
dar credito alla propria versione, pur non escludendone altre in modo troppo esplicito (non è
certo un caso che contestualmente alla «discussione» liviana sulla natura della dittatura fabiana
gli elaboratori dei Fa.sti avessero deciso di inserire al 217 la notazione interregni caus (sa) proprio
accanto alla stessa dittatura: v. infra note 157 e 158). Cfr. infine Brougbton, MRR I, pp. 245-246,
nota 2: «the title pro dictatore suggested in Liv. 22 31. 8- l) is . . . inacceptable agiÌ.inst the
testimony of Polybius, the inscriptions, and Livy 22 8. 5~».
56 Livio usail termine dvi tassia in 22, 8, 5 ( ad remedium . .. neque desideratum nec adhihitum,
dictatorem dicendum dvitas confugit), sia in 22, 31, IO (quam moram quia expectare territa ...
clade civitas non potesi) con una allusione alla «collettività>> di certe scelte ed al generale
coinvolgimento sulle stesse (sul termine civitas cfr. De Martino, «Intorno», pp. 88-91 e De
FranciscL Arcana III, I pp. 99 ss.).
57 Sulla costruzione del racconto liviano e sulla sua credibilità cfr. De Sanctis, III, 2
pp. 180-186. Sul concetto di <<statodi necessità» in Livio v. anche ZorzettL art cit., pp. 121-122.
RE XXIII, I c.1279 e
...
304
MAss1MoGusso
L'ordinamento romano repubblicano - com'è noto - contiene in sé «fatti
normativi e fatti di produzione normativa, che in nient'altro trovano ragion
d'essere della propria legittimità ed efficacia, che in loro stessi e nel loro
prodursi» ;58 si è parlato di questa caratteristica della costituzione romana
definendola, opportunamente, come «fattualità». 59
La mancanza di notizie da parte di Servilio potrebbe essere stata quindi
tradotta (così svilupperebbe il Subscenario-A 1) in una sorta di sua «sospensione» da diritti e funzioni (in particolare della specifica potestas di dicere
dictatorem),60 forse in attesa di una «reintegrazione» al suo ritomo. 61 A mio
58 Ormanni, «Necessità», p.
59 Cfr. R Orestano, I fatti
838.
di normazione nell'esperienza romana arcaica, Torino 1967,
pp. 70 ss.; v. De Francisci, Arcana III, 1 p. 124.
60
Sul dicere dictatorem come potestas esclusiva del console cfr. spec. Liv. 27, 5, 17. In relazione
a Servilio, v. Liv. 22, 31, 9.
61 Non è neppure impossibile che, morto un console in battaglia, possa esser stato dichiarato
«sospeso» (e temporaneamente sollevato) dalle sue funzioni il console «superstite», magari in
attesa di precisazioni sulla sua sorte effettiva, procedendo quindi alla renovatio auspiciorum con
l'interregno. [Esempi di renovatio auspiciorum ex interregno sono in Liv. 5, 17, 3; 5, 31, 7; 6, 5, 6;
8, 3, 4; 8, 17, 4; 41, 18, 16, e, forse, anche in Iul Obs., 18 (su cui però i fondati dubbi di De Sanctis,
IV, 2 t. I, p. 364, nota 1068); esempi di «sospensioni dalle funzioni» di magistrati in Liv. 8, 36, I
(su cui De Martino, Costituzione I, p. 453, nota 173); cfr. De Francisci, Storia Dir. Rom. I, p. 197
e nota 4)] La coppia consolare può essere stata considerata, nella sua collegialità, responsabile
delle violazioni religiose cui si attribuì il disastro bellico. Esplicita è la condanna di Flaminio
nelle parole che Livio mette in bocca a Fabio (22, 9, 7: cfr. Dumézil, op. cit., pp. 401 ss.); più
velata la critica a Servilio, in qualche modo assorbita all'interno delle disposizioni del dittatore
(spec. Liv. 22, li, 5) che però sembrano determinare la pratica, anche se temporanea, sua
rimozione dai comando.V. anche Miinzer, Servilius, c. 1794, ove si dice di Servilio che «er wurde
von dem Diktator in scharfer Form aufmerksam gemacht, daB seine Amtsgewalt durch dessen
Emennung aufgehoben sei». Ciò che può aver «salvato» Servilio agli occhi di Livio, oltre alla
sua appartenenza ad una nobile famiglia patrizia, è il suo «riscatto», la sua morte a Canne
assieme ad Emilio Paolo (Liv. 22, 49, 26; Broughton, MRR I, p. 250), forse più che non alcune
fortunate imprese militari da lui condotte durante la dittatura fabiana (cfr. ancora Miinzer,
Servi/ius, c. 1795 e De Sanctis, lii, 2 p. 54). Ma come poteva essere giustificata la decisione di
«sospendere» Servilio? E', ad esempio, immaginabile un uso giuspubblicistico del postliminium
al livello degli organi costituzionali? Si può, cioè, ipotizzare un'estensione del ius postliminii
dalJa sfera «privatistica» delle garanzie personali a quella «pubblicistica» delle garanzie politiche (o funzionali), con effetti anche sulla titolarità degli stessi poteri magistratuali? Si pensi alle
definizioni di postliminium, es. Cic., Top, 37 e, soprattutto, Dig. 49, 15, 5 (Pomponio): si eodem
bello is reversus postliminium habet, id est perinde omnia restituuntur ei iura, ac si captus ab
hostibus non esse~ in particolare quest'ultima parte della frase. Sembra infatti di capire che la
situazione postliminale toccasse anche a chi, ad esempio perchè «disperso», non fosse stato
neppure catturato dal nemico ma fosse stato - evidentemente - supposto tale. li postlimìnìum è
un complesso di fictiones che costituisce un insieme di garanzie e sembra quindi prestarsi alla
«tutela dei diritti» (cfr. es. P. Voci, Diritto Ereditario Romano, Milano 1967, I, p. 388 e
pp. 557 ss.). Si veda, storicamente, l'arcinoto «caso» di Atilius Regulus, trasmessoci tuttavia in
toni leggendari (cfr. H. Kornhardt, «Postlimin.ium in republikanischer Zeit», SDHI, 19 (1953),
pp. 1-37, spec. pp. 29-30 e passim; eadem, «Regulus und die Cannaegefangenen», Hermes 82
(1954), pp. 186 ss.), con il suo emblematico esito funesto proprio in relazione al non riscontrato
animus remanendi di Regulus prigioniero rientrato in missione a Roma (su di lui cfr. v.
M. Atilius Regulus (Ati/ius 5!), RE II (1896), cc. 2086-2092 e Broughton, MRR I, p. 209).V. po~
in generale, sul postliminio: L. Amirante, s. v. «Postliminio (Diritto Romano)», Nss.D. it. XIII,
pp. 429 ss. con amplia bibliografia, ed inoltre: De Visscher, «Droit de capture et postliminium in
Fasti Capitolini:
interregnicaus(sa)
305
avviso, tuttavia, il primo, eccellente, indizio - del tutto trascurato 62 - che fa
pensare ad un, sia pure straordinario, interregnumprima dell'elezione di
Fabio e Minucio, ci è fornito indirettamente (in un momento successivo: che
si tratti di una reduplicazione?) dai consoli del 217 a. C., il superstite Servilio
ed il suffectusAtilio Regolo. 63
Prima della scadenza del loro mandato, richiesti dal Senato: ut, si iis
videretur,alter eorum ad consules creandos Romam veniret,risposero, dal
fronte: sine detrimento rei puhlicae abscedi non posse ab hoste; itaque per
64
interregemcomitia habenda essepotius quam consulalter a belloavocaretur.
Sembra, dal racconto liviano, che i consoli sottolineassero, concord~che le
cose della guerra avevano la precedenza assoluta su atti che - evidentemente
sine detrimentoreipublicae- potevano essere comunque espletati dal senato.
Era quindi preferibile un interrex a guidare i comizi elettorali potius quam
richiamare anche uno solo dei consoli dal teatro delle operazioni!
Come è stato opportunamente rilevato però, questa proposta dei consoli in
realtà «presumably carne from Fabius' supporter Atilius Regulus, rather than
from Servilius» :65 è chiaro che il gruppo fabiano sperava di riprendere in
qualche modo il controllo del meccanismo elettorale attraverso l'interregno.
Può essere perciò interessante leggere le parole di Livio a proposito della
reazione del senato: patribus rectiusvisum est dictatorema consuledù:icomitiorum causa.66 Semplicemente rectius visum est: parve più opportuno, più
corretto. Se ne ricava (Livio infatti non chiosa affatto questa procedura né fa
cenno alle diverse posizioni in seno al senato) che in altre circostanze poteva
essere stato ritenuto più opportuno (o più corretto) un comportamento diverso
e quindi conseguente al suggerimento di Atilio.67
pace», Rev. intern. Droits de l'anliquité, 1956, pp. 197ss.; Bona, «Sull'animus remanendi nel
postliminio», SDHI, 27 (1961),pp. 186ss.; E. Sander, «Das Recht der romischen Soldaten», Rh.
Mus. 101 (19S8), pp. 152-191 e 193-234, spec. pp. 174ss.; oltre, naturalmente, a Kreller, s. v.
Postliminium, RE XLIII (1953),cc. 863 ss.
62 Salvo per le osservazioni eventualmente collegabili, ma in realtà specificamente relative
a11'interregnumde1216a. C., di Willems, Le Sénat de la République Romaine, II (Louvain 1883)
p. 21, nota I (su cui v. D. Pantaleoni, «Dell'Auctoritas Patrum nell'antica Roma sotto le sue
diverse forme», Riv. Fil. 12 (1884), pp. 338-340) e p. 23. Cfr. anche Scamuzz~ art. ciL, p. 32 e
Scullard, op. cit., pp. 49 ss.
6.JSu quest'ultimo, figlio del più celebre omonimo, cfr. s. v. M Atilius Regulus (Atilius 51), RE
II (1896),cc. 2092-2093; Broughton, MRR I, p. 242 e Jahn,Interregnum, pp. 117-118.Sull'amicizia tra i Fabii e gli Atilii cfr. Scullard, op. ciL, p. 32.
64 Liv. 22, 33, 9-10. Cfr. Anche Staveley, art. cit., part. pp. 200-201 e 205-207; Scullard, op. ciL,
pp. 49 ss. (v. anche Scam~
art. ciL, p. 32, nota IOSper altri riferimenti liviani ad analoghe
segnalazioni al senato da parte dei consoli).
65 Scullard, op. CÌL,p. 50.
66 Liv. 22, 33, li. Cfr. Jahn, Interregnum, .pp. ll9-120: «die Konsuln hielten sich jedoch im
Feld fiir unabkOmmlich und sprachen sich fiir die W ahlleitung durch einen Interrex aus. Der
Senat entschied sich dagegen fiir eine Wahldiktatur». Quest'autore non commenta qui in alcun
modo la proposta dei consoli. V. anche Scullard, op. cit., p. 49.
67 v. infra nota ll9.
306
MA5.5IMO
Gusso
In realtà «the Senate, under the leadership of the Aemilian group, rejected
the idea and through Servilius appointed their man Veturius dictator». 68 Ma
questo dittatore «per tenere i comizi», nominato prontamente, incontrò ostacoli (anzi, ostruzionismi) procedurali e fu costretto, da un pronunciamento
augurale, 69 a dimettersi dopo pochi giorni ( die quarto dedmo se magistratu
abdicare), assieme al suo magister equitum ( vitio creati),10 con un avvio - non
del tutto chiaro - delle procedure dell'interregnum. 11
Le vicende che portarono alla elezione dei consoli del 216 a. C.72 sono
contraddistinte dai tentativi procrastinatori del gruppo fabiano che, pur essendo in minoranza, riuscì a costringere il Senato alla scelta interregnale: «si
tennero quell'anno i çomizi in ritardo - scrive sintetizzando la situazione De
Sanctis - perché il senato, temendo la vittoria del partito popolare, si studiava
di mandarli in lungo». 73
«Tue key to the situation - scrive Scullard 74 - is probably the annulment of
68 Scullard,
op. cit., p. 50.
Mommsen, Storia Romana, 3, pp. 744-745, minimizza l'episodio suggerendo addirittura
come non fosse stato possibile nominare il dittatore. V. però Scullard, op. cit., pp. 49 ss. (in part.
pp. 49-50, nota 6, sulla composizione del collegio augurale nell'ambito del quale Fabio disponeva, per così dire, del controllo della maggioranza; v. Broughton, MRR I, p. 283). Cfr. il contesto,
in qualche modo affine, del 202 a C.: interessanti e puntuali le considerazioni di Guarino,
Origini Quiritarie, pp. 130-131.
70 Si tratta del dittatore L. Veturius Philo e del magister equitum M Pomponius Matho (Liv.
22, 33, li): su di essi Bruno, Dictator,pp. 1772 e 1778;Staveley, art. cit., p. 205;Scamuzzi, art. cit.,
pp. 18 e 20; Broughton, MRR I, p. 244 (su Pomponiusin part. p. 246, nota 4);Jahn, lnterregnum,
pp. 49 ss. (sui Veturii,come parte della fazioni capeggiata dagli Aemilii,spec. pp. 35 ss.).
71 La nomina del dictatorcomitiorum habendorum causadovette avvenire, con ogni probabilità, al campo, se si considera attendibile lo scenario liviano (comunque, nel suo complesso, resta
assai confusa la situazione delle dittature nel corso della seconda guerra punica: v. Scamuzzi,
art. cit., pp. 16--21).La nomina sul campo di battaglia (esempi in Bruno, Dictator,pp. 1764 ss.)
correva, in realtà, minori rischi di risultare annullabile (cfr. De Martino, Costituzione I, p. 440,
nota 126): gli auguri riuscirono però in questo caso a provocare l'interregnum che finì col
sembrar imposto dagli eventi. In ogni caso fu conservato nella memoria storica il ricordo
dell'interregnumdel 216 (giocò a favore anche il ricordo delle persone degli interreges- su cui
Broughton, MRR I, p. 250 - : v. comunque, per i problemi di lotta tra gruppi nel 216, infra note
da 75 a 78), mentre si sarebbe preferito far cadere nell'oblio quello del 217. Nel 216 infatti la
storiografia aristocratica, riflessa in Livio, fa intravvedere una complessa manovra per impedire
l'elezione del demagogo Varrone (soprassedendo alla contraddizione che Varrone stesso fu
creato console proprio da un interrè di una delle fazioni senatorie e patrizie e che, appena eletto,
fu proprio lui- l'esecrato!- a procedere alla elezione del collega Aemi/ius Paul/us,mentre per il
217 la stessa storiografia vuole esplicitamente magnificare (senza tuttavia riuscirci) la «riscossa
fabiana», evitando accuratamente di scendere in dettagli che avrebbero potuto risultare penosi,
se non forse politicamente scabrosi. Ecco perciò le incongruenze, le giustificazioni non petitae
reperibili in Livio. Polibio, più concretamente, non entra mai nel dettaglio giuridico (pur
attingendo a fonti autorevoli anche sul piano giuridico-costituzionale), limitandosi a cogliere il
«senso politico» della vicenda
72 Sui complessi problemi della tornata comiziale del 216 a. C. cfr. Dorey, art. spec. cit.,
pp. 249-252 e Broughton, MRR I, pp. 247 ss.
73 V. De Sanctis, III, 2 p. 55; Hallward, art. cit., pp. 83-84.
74 Op. cit., p. 50.
69
{Il>
Fasti Capitolini: interregni caus(sa)
307
the dictatorship by the augurs under the influence of Fabius, which shows that
it was he who wanted the interregnum»: con il dittatore Veturio infatti i
candidati fabiani non avrebbero avuto alcuna possibilità di accesso al consolato. E nel 216 a. C. l'inte"egnum diviene palesemente un espediente volto ad
impedire l'elezione del democratico(presentato come demagogo)Varrone: 75
cosi ce lo presenta Livio che evidentemente segue una fonte che risale alle
intenzioni di Fabio. 76
La protesta «popolare» avrebbe mostrato come non potesse non apparire
chiaro id actum et quaesitumesse,ut inte"egnum iniretur,ut in patrum potestate comitiaessent.Soprattutto quest'ultima affermazione ( ut in patrum po testate
comitia esseni),nel relative contesto,77 da forse meglio di ogni altra la chiave
della vicenda (solo di nove/ dieci mesi prededente) oggetto di questi appunti.'B
75 In realtà era in gioco il complesso delle scelte strategiche romane. Con il 216 prevale ancora
una volta la politica aggressiva propugnata dal partito popolare e dall'ala Emiliano-Scipionica
dell'aristocrazia. «The Senale decided lo abandon Fabius' cautious policy and to risk aU in a
pitched battle» scrive in proposito Scullard (op. cit., p. 51) e infatti «Fabius' position during the
elections was precarious. His strategy had involved him in greal unpopolarity which bis success
al Gerunium had but partially counteracted. Il is probable, then, that on the strength of this he
was enabled lo assert his influence in politics up to a point, lhat the balance hung evenly far a
moment and that then the Senale, under the influence of the spirited Aemilian group and
popular demands, determined lo abandon Fabius' strategy>>(ibid.). V. perouna diversa ricostruzione in Dorey, «The Electionsll, p. 252 («the election of Aemilius Paulus will represent a
compromise between the Scipionic group and the Fabiill ). Comunque la lotta tra le fazioni ebbe
un momentaneo arresto poco dopo: infatti «the politica] result of Cannae was the victory of
Fabius the CUnctator and the termination of contro! by the Aemilian-Scipionic group and of
interference by the People» (Scullard, op. ciL, p. 53). Sui contrasti tra Fabio e gli Aemilii cfr.
anche Mazzarino, PSC 2., p. 529, nota 464.
76 «Fabius therefore set in motion the religious machinery of the augurai college to annui
Veturius' appointment in arder lo help bis own party candidates; a further motive may bave
been to prevent Varro's election, if it may be assumed that he had more chance of success under
the presidency of Veturius than under a pro-Fabian interrexll, Scullard, op. cit.. pp. 50-51 (v.
Staveley, art cit., pp. 206 ss.). Sul ruolo reale di Varrone, al di là delle fole e falsificazioni liviane
v. Scullard, op. cit., pp. 52 ss. (cfr. anche G. Vallet, «Caius Terentius Varron ou l'expression
d'une antipathie chez Tite-Live», Hommages à Jean Bayet, ciL, pp. 707-717 e De Sanctis, III, 2
pp. 55 ss.).
1 7 Per un'interpretazione che vede nel racconto di Livio più che altro degli anacronismi, in
particolare «the introduction of a reference to the class struggle between patricians and plebeians» v. Staveley, art. cit., p. 200. Lo stesso autore non può negare (p. 201) come «the interrex was
in a stronger position than the Consul or Dictator to work in the patrician interest».
78 Jn realtà l'interregno del 216 a. C. «is puzzling» come ha scritto Scullard (op. cit., p. 50): pare
infatti che l'anno consolare di Servilio e di Atilio Regolo non fosse proprio alla fine ed è
possibile che Livio abbia «misunderstood the situation», magari sbagliando i tempi e «montando» la storia in maniera distorta. Infatti, se davvero l'anno consolare fosse stato al termine, «the
appointment of an interrex would have been automatic because the <auspices would bave
retumed to the patres, and no dictatorship would bave been considered». Potremmo quindi
essere così di fronte al tentativo di dar vita all'interregno «with both consuls alive»; questo non
ci può non riportare al momento della nomina di Fabio. Come allora anche ora lo stesso Fabio,
viventi o meno i consoli, raggiungibili o meno, muove la carta dell'interregno, anzi la fa
muovere al suo uomo nel consolato, ad Atilio Regolo. «Tue reason why Fabius wanted an
308
MAssIMo Gusso
Il disegno messo in atto dal partito fabiano per influenzare tempi e modi
delle sc.eltecomizi.ali,ed i conseguenti contrasti in senato e con i «popolari», si
pongono in netta antitesi con il preteso «automatismo costituzionale» di un
ricorso ai comizi, immediato, diretto (e soprattutto indolore), quando si trattò
di portare Fabio Massimo alla dittatura, dopo il Trasimeno.
Anzi, considerando lo sviluppo «religioso» della vicenda legata a Fabio,
non sarebbe e.erto fuori luogo pensare piuttosto al tradizionale e sacrale (e
.magari, per questo, opportunistico) ricorso all' interregnum,che avrebbe potu- ·.
to essere usato, allora, anche come mezzo superstizioso ed emozionale di
controllo politico, senza portare alcun nocumento alla rapidità richiesta dal
tragico frangente. Un interrex, infatti, avrebbe potuto convocare il comizio
c.enturiato79 con la stessa, se non maggiore rapidità di qualunque altro magistrato,80 e proporgli quindi l'elezione dei due comandanti straordinari con
potestà dittatoria e magistrale.
Che sia stato necessario, per salvare le forme, ricorrere ad una leggespeciale
è un'ulteriore interessante congettura, specie in relazione alla più tarda casistica.81 Che, infine, alle spalle di tutto ciò ci fosse un abortito tentativo aristocratico - come si è già detto - per arrivare ad un colpo di mano, non lo posso
dimostrare, ma non posso non concordare sul fatto che gli avvenimenti del 217
a. C. costituiscono «un precedente della trasformazione della dittatura da
mezzo di difesa della civitasdi fronte ai pericoli interni ed esterni in strumento
politico di aèquisizione dei pieni poteri, mascherato dalla approvazione popolare che farà la sua prova con Cesare e, soprattutto, con Silla».82
<interrex> appointed was not because, under an <interrex>, the <comitia> would bave a more
restricted choice; rather, his reason was that in the appointment of an <interrex> the Scipionic
group would be at a disadvantage, as a large proportion of their supporters were plebeian
Senators, who would be excluded from taking part in the nomination», Dorey ( «Tue Elections»,
p. 250). Il fatto poi che «unfortunately for Fa.bius» l'interrè nominato per primo セ@
la sua
influenza «in favor of the Scipionic group and nominated Cornelius Asina as his successor»
(ibid.), non significa che il tentaùvo non fosse stato portato avanti con accortezza (ancora
Scullard, op. cit., pp. 51 ss.; perplessità in Stavt;ley, art. cit, pp. 205 ss.).
79 Se sia toccato al «comizio centuriato» eleggere Fabio ( e Minucio) sembra assai probabile: v.
comunque la disamina delle fonù e della letteratura in Pinna. Parpaglia, art. cit, p. 238, nota 49
(ove sono citate anche opinioni diverse).
80
Che I' inten-exfosse un magistrato lo ha sostenuto Mommsen, Le Droit Romain Public,
Pa.ris 1892, II, p. 325 ss. e la sua opinione sembra avere ancora gran peso (v. Sini, «A proposito»,
p. 133, nota 52). Contrari, tra gli altri, U. Coli, «Regnum», SDHI 17 (1951), p. 98, nota 85; id,
s. v. «Interregnum», in Nrs. D. IL, voi. VIII (1962), pp. 911-12; Staveley, art cit., pp. 193 ss.;
catalano, Diritto Augurale, p. 476; Magdela.in, «Auspicia», p. 438, nota I. Perplessità in De
Francisci, Arcana, III, I, pp. 37-38 e p. 116, nota 2.
81 Cfr. la dittatura di Silla del 82 a C. (promossa con la /ex Valeria)e quella cesariana del 49
a. C. ( lex Aemi/ia, da Emilio Lepido, pretore). Ma. si tenga conto anche della procedura seguita
per la aequatio iuriscli Minucio, ben più vicina e probante (Pinna Parpaglia, art. ciL, pp. 224 ss.; ·
v. però Dorey, «Tue Dictatorship», pp. 92 ss. su cui infra nota 153).
82 Pinna Parpaglia, art. cit, p. 215. Per Ja dittatura sillana del 82 a C.: Fritzsche, Die Sullanische Gesetzgebung, Essen 1882; M. A Levi, Silla. Saggio sulla storia politica cli Roma dall'88
all'80 11.C., Milano 1924; Castello, «Interno alla legitùmità», pp. 39 ss.; Broughton, MRR Il,
i
~-
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Fasti Capitolini: inte"egni caus(sa)
309
VI
Il Subscenario-A2
..
Cercherò intanto di dimostrare - per quanto possibile - la inconsistenza
dello «sviluppo di ipotesi», sopra denominato Subscenario-A2, secondo il
quale il senato avrebbe affidato ad un magistrato l'incombenza di riunire il
comizio centuriato per procedere alla nomina del dittatore.
Non si possono - a questo proposito - nascondere alcune gravi perplessità.
Si consideri, ad esempio, che il senato avrebbe affidato l'incombenza elettorale ad un magistrato (un pretore, secondo Mommsen e i più), senza avere
stricto iure neppure la possibilità di scegliere autonomamente tempi e modi
dell'operazione.
In una cotale circostanza, infatti, il senato romano non avrebbe avuto
nemmeno la facoltà di autoconvocarsi, dovendo attendere che un magistrato
(avente lo ius agendi cum patribus)provvedesse a riunirlo.83.
Si può, certo, convenire che ritardi, nel caso de quo, non avrebbero dovuto
esservene (date le circostanze!),84 ma resta la perplessità di fronte ad una
procedura così artificiosa (pur nel turbinìo di lotte politiche, senza esclusione
di colpi), che peraltro ha pochi - e dubbi - riscontri.
Livio (principale fonte a quo) non cita affatto il pretore come parte attiva
nell'elezione di Fabio e Minucio (e non si vede perché avrebbe dovuto celare il
fatto), pur non essendo certo avaro - contestualmente - di notizie sull'attività
pretorile 85 ma anzi, in un passo (22, 8, 5 in fine), affermerebbe addirittura,
secondo una congettura, nec dictatorempraetor crearepoterat.86
L'emergere della figura del pretore (anzi la sua indotta «necessarietà»)
sembrerebbe derivare da una sorta di sillogismo costituzionaleper il quale,
data la riunione comiziale (sulla quale tutti concordano), non potendo essere
p. 66 e 73; J. Carcopino, Sylla, ou la Monarchie manquée, trad. it.: Silla o la monarchia mancata,
Milano 1979, pp. 48 ss.; B. Santalucia, s. v. «Silla», Nss.D. lt., voi. XVII (1970), pp. 341 ss.;
G. Mancuso, «Alcune considerazioni sulla dittatura sillana lmperium, dittatura, principato ed
esperienze costituzionali contemporanee», in Dittatura degli antichi, cit., pp. 137 ss. Per le
dittature di Cesare cfr. P. Willems, Le Droit Public Romain, Paris - Louvain 19107, pp. 269 ss.;
De Francisci, Storia del Diritto Romano, II, 1, Milano 1944,pp. 171ss.
83 Tra i casi tipici dell'autoconvocazione dei patres c'è invece proprio la proditio dell'inte"ex:
cfr. Ormanni, Saggi sul regolamento interno del senato romano, Milano 1959,pp. 44-49; id., Il
regolamento interno del senato romano, I, Milano 1970,pp. 110-111(anche con riferimenti alla
letteratura); pp. 176-178; id~ «Necessità», p. 844, nota 152(con osservazioni sulle contraddizioni
della dottrina mommseniana intorno alla legittimità delle riunioni del senato). V. anche, in
merito, De Martino, Costituzione I, p. 484. Sulla convocazione ordinaria del senato e sui
magistrati a ciò preposti cfr. ancora Ormanni, Saggi, pp. 41-44; 57-61; 69 ss. e Appendice I,
pp. 87 ss.; id., Il regolamento, spec. pp. 141ss.
84 Pareti, art. cit., p. 545: «in realtà la nomina [di Fabio] deve essere accaduta immediatamente
dopo la notizia della sconfitta».
85 Ad es. 22, 7, 7; 7,)4 (dove i pretori appaiono quasi la massima autorità dello stato e siedono
in permanenza col senato); 9, 11; 10, 1; 10, 10.
86 Weissenborn (in Jahn, Interregnum, p. 116,nota 3).
310
MAss1MoGusso
stato il magistrato rogante che il più alto «in grado» presente a Roma, questi
non avrebbo potuto essere che il praetor urbanus.87•
Ma per trovare l'unico caso accertatd 8 di un pretore, soggetto primario nella
nomina di un dittatore, dobbiamo spingerci fino alla tardissima repubblica,
quando Cesare (49 a. C.!) venne eletto dittatore dai comizi sulla base di una
legge proposta e fatta votare dal pretore Lepido (Caes., b. civ.,2, 21, 5: ... legem de dictatore latam seseque dictatorem dictum a M. Lepido praetore).89
Syme ricorda, in proposito, come «più volte nel passato Cesare e i suoi
associati al potere avevano contravvenuto alle norme. costituzionali o le avevano temporaneamente sospese per loro scopi personali» :90 in questo caso poi la
scelta di una legge speciale derivava dal fallimento della via (apparentemente
più ortodossa) intrapresa inizialmente. Adcock scrive91 che «per prima cosa
Cesare» aveva cercato, infatti, «di imporre che il pretore Lepido potesse
convocare i comitia consolari». La reazione di Cicerone contro qui consularia
comitia a praetore ait haberi posse (Att. 9, 9, 3) è durissima 92 e poggia sulle
87 Il pretore urbano era M Aemi/ius (Regillus ?)sul quale Broughton, MRR I, 244 e 246, nota 5.
Cfr. ancora Mommsen, Le Droit III, p. 168 (e nota 2). E' tutto da dimostrare, tuttavia, che un
comizio elettorale a quel livello potesse esser diretto da un pretore nel 217 a. C. (troppo
generiche e non conclusive appaiono le indicazioni, peraltro generali, di Wesenberg, Praetor, cc.
1589-1590),quando ancora nel 175 a C. si contestava tale diritto persino ad un consu/ suffectus
(Liv. 41, 18, 16: periti religionum iurisque publici, quando duo orrlinarii consules eius anni ...
perisset, suffectum consulem negabant recte comitia habere posse; cfr. Priscian. 17, 29 e 150),
preferendosi ricorrere all'inte"egnum (v. Jahn, Interregnum, pp. 150-153; osservazioni in Guarino, Origini Quiritarie, pp. 146-149).
88 Infatti il caso citato da Livio 27, 5, 6 (si consul noluisset praetor populum rogaret:v. Labruna,
op. cit., pp. 281-283), peraltro spesso indicato come prova evidente, non è neppure relativo
all'elezione comiziale di un dittatore attraverso il pretore, ma rappresenta un'anomala proposta
di ricorso ad un voto popolare per la designazione di un candidato alla dittatura. La questione
nasceva da un braccio di ferro tra senato, tribuni e consoli su cui anche Bruno, Dictator,
pp. 1765-1766.Plutarco, Marce/I., 24, poi, non è completamente attendibile in quanto il fatto che
affermi che il dittatore, oltre che dagli u1ta-roi, potesse essere nominato anche dagli cr-rpa't'l]yot
(che può anche star ad indicare i «pretori»), non dimostra nulla. «Dal momento che il diritto di
nomina apparteneva soltanto ai consoli e ai tribuni consolari, è lecito supporre che Plutarco o le
sue fonti avessero male inteso o male tradotto il titolo dei <tribuni militum consulari potestate»>
(Bruno, Dictator, p. 1765).Sul potere di questi ultimi in merito alla nomina del dittatore v. Liv.
4, 31, 4.
89 Cfr. Adcock, «La guerra civile», in CAH, IX (1966), trad. it.: Univ. di Cambridge, Storia
Antica IX, 2 (Milano 1973), pp. 844-845 ed anche A Burdese, Manuale di Diritto Pubblico
Romano, Torino 1966, p. 145; Giannelli, Trattato, p. 435 (e Broughton, MRR Il, pp. 256-257).
90
R. Syme, Tue Roman Revolution (1939), trad. it.: La Rivoluzione Romana, Torino 1974,
p. 50.
91 Adcock, La guerra, p. 844; Cary-Scullard, Il, pp. 196-197.
92
Ad Att, 9, 9, 3: non modo consules a praetore, sed ne praetores quidem creari ius esse, idque
factum esse nunquam; consu/es eo non esse ius quod maius imperium a minori rogari non ius sit,
praetores autem cum ita rogetur ut conlegae consu/ibus sint, quo,um est maius imperium; cfr.
discussione del passo in E. De Ruggiero, s. v. «Consul», Diz. Ep., Il, 1 (1900), pp. 806-807;
Catalano, Diritto Augurale, p. 443 ss.; Magdelain, «Auspicia», pp. 431 ss.; 439 ss.; Jahn, Interregnum, p. 183.
t...
~
Fasti Capitolini:
,,,.
•
interregni caus(sa)
311
stesse basi storiche del diritto augurale di cui abbiamo preciso riscontro in
altra fonte - diversa - a noi nota. 93
Ma a quel punto si può già parlare di «fine della respublica». Cesare aveva
dichiarato ai patres di aver «nutrito il desiderio di mettere ordine, nelle vie
legali e con l'aiuto della suprema autorità [scii.:il senato], alle cose pubbliche;
ma che, siccome essa vi si rifiutava, così egli lo avrebbe fatto senza il suo
concorso». 94
Servirsi del precedente del 217 a. C., che nessuna fonte certifica, per asseverare l'indiscussa (quella sì!) dittatura cesariana a mezzo pretore,è quanto meno
curioso. Si constata infatti che Cesare ebbe la dittatura attraverso una legge
promossa dal pretore Lepido, e se ne conclude che anche nel 217 a. C.
ora per
«wurde ... ebenso verfahren». 95 Ciò significa non solo «indurre»
allora - le modalità (incerte, se non sconosciute) della nomina di Fabio
Massimo nel 217 attraverso quelle note - della-nomina di Cesare centosessantotto anni dopo, ma «indurre» altresì una sorta di regola che fa del pretore,
«in unione dei comizi», l'organo capace, in assenza dei consoli, di provvedere
a suscitare la magistratura dittatoria. 96 Non vale nemmeno sostenere - come è
poi verosimile che i poteri dei pretori del 217 a. C. sarebbero stati sostanzialmente diversi da quelli dei pretori del 49 a. C.,97 dato che, allora, non si
comprende perché considerare affini (e servirsene per reciproci asseveramenti) attività promosse da magistrati con funzioni (e attribuzioni) riconosciute
come diverse.
C'è - è vero - la questione del precedente.
E'tuttavia improbabile che Cesare si riferisse proprio a Fabio Massimo:
avrà forse, più facilmente (e più proficuamente), pensato a Silla.98 Silla però,
93 M. Valerio Messala augure, in Gell., 13, 15, 4; praelor, etsi conlega consulis est, neque
praetorem neque consulem iure rogare potesi . .. quia imperium minus praetor, maius habet
consul et a minore imperio maius aut maior con lega rogari iure non polest (cfr. Catalano, Diritto
Augurale, pp. 443 ss.;Jahn, Interregnum, pp. 182-183).
94 Mommsen, Storia di Roma, V, 2 p. 1013; sulla valutazione momlil.5eniana di questa e delle
successive dittature cesariane cfr. ibid, pp. 1114ss. (v. anche Adcock, «La dittatura di Cesare»,
Univ. di Cambridge, cit., voi. IX, 2 pp. 887 ss.).
95 Jahn, Interregnum, p. 184.
96 Cfr. Liebenam, Dictator, c. 377; Bruno, Diclator, p. 1765; De Martino, Costituzione I,
p. 439; Jahn, Interregnum, p. 116 nota 2: «dem Praetor urbanus stand in Abwesenheit der
Konsuln die Leitung von Senat und Volksversammlung zu».
97 Jahn, Interregnum, p. 184: «die Stellung des Praetors im Jahre 217 war eine andere als die
Stellung der Praetoren in der ausgehenden Republik».
9
s Tra le dittature di Cesare (49 a C.) e di Silla (82 a. C.) sono possibili soltanto similitudini
relative ai loro esiti rispettivi, alla «tendenza» di cui sono efficaci «indici» (cfr. Pinna Parpaglia,
art. cit., p. 215). Com'è noto, sul piano giuridico-costituzionale Silla e Cesare imposero scelte
diverse e meccanismi istituzionali specifici, «non v'ha dubbio, però, che la posizione di Cesare
quale dittatore dopo la /ex Aemilia del 49 a C. a anche più dopo la legge proposta da P. Servilio
Isaurico nel 48 a C., ricordava molto da vicino quella di Silla» (De Francisci, Arcana III, I,
p. 189). Jahn, Interregnum, p. 185 sottolinea tuttavia come Cesare ci tenesse ad evidenziare «daB
seine Diktatur mit der sullanischen nichts zu tun habe» ed avanza l'ipotesi che egli, in realtà, si
312
~IMOGU~
per farsi nominare dittatore, scelse uno scenario il più venerando possibile e
ricorse all' inte"egnum, inconsapevole che avrebbe gettato nel panico generazioni di studiosi. 99 Anche Cesare aveva avuto modo di favorire l'istituto
dell'interregno, come parentesi cui ricorrere in caso di bisogno: 100 ma nel 49
101
non poteva più fidarsi dell'opera degli interreges,
che si sarebbero succeduti
probabilmente in gran numero, scatenendo le più varie manovre ed aspettative.
Non voleva assolutamente correre rischi anche se probabilmente gli sarebbe bastato aspettare «nur auf die Bestellung eines ihm genehmen interrex», 102
ma, soprattutto, non aveva tempo e non voleva pregiudicare la propria posizione costituzionale per l'anno successivo.103
In realtà, come si sarà compreso, il caso di Cesare del 49 a. C. è assolutamente non probante per l'oggetto di questi appunti semplicemente perché ad
esso estraneo.
ispirasse al dittatore del 216 a. C., M Fabius Buteo (ibid.: «Caesar kniipfte vennutlich an dieses
altehrwiirdige Beispiel bewuBt an»), sul quale cfr. s. v. M Fabius Buteo (Buteo 53), RE VI, 2
(1909), c. 1760;Bruno, Dictator,p. 1768; 1773e 1775;Sc.amuzzì, art. cit., pp. 19ss. (spec. osservazioni p. 27); Luzzatto, art. cit, pp. 423 ss.; De Martino, Costituzione I, p. 444, nota 137 e p. 455,
nota 186. Cfr. anche Mazzarino, PSC 2., pp. 323-324, con riferimento alla dittatura del 231 a. C.
di Duilio in qualche modo avvicinabile a quella di Buteo del 216 (Broughton, MRR I, p. 248). Se
mi sembra giusto rimarcare la diversità tra le dittature sillana e cesariana non mi pare aiuti la
comprensione degli eventi prendere un dato formale, quale l'essere stato Cesare nel 49 a C.
dictator sine magistro,e, senza alcun riscontro specifico, determinare, così, il diretto precedente
nella dittatura di M Fabius Buteo, anch'egli sine magistro(cfr. anche Westermayer, Magister
Equitum, c. 643). Se Cesare dovette ispirarsi a qualcuno questi non potè che essere Silla ch'aveva
operato non più di un trentennio prima e che, soprattutto, gravava ancora nella memoria e nella
<<cronaca»politica romana Bene infatti Cicerone compendia il modo di agire di Silla e Cesare,
senza tema d'accostarli; ad Atl 9, 15,2: volet [scii.:Cesare} autem, credo S. C. facere, volet
augurom decretum, ropiemuret absentes vexabimur, ve/ ut consulesrogetpraetor ve/ dictatorem
dicat, quorom neutrom ius est. Etsi, si Sulla potuit efficereab interregeut dictatordicereretur,cur
hic nonpossit?(sul passo v. anche Castello, «Intorno alla legittimità», pp. 42-43, n. I; L Canfora, Storici della rivoluzione romana, Bari 1974, p. 9, nota 7). Riferirsi a Buteone sarebbe stato
troppo anche per uno meno cinico di Cesare. Si trattava infatti di un luminoso esempio di
integrità e di dedizione alla cosa pubblica ( «altehrwiirdige Beispiel» Io definisce Jahn,cit.), con
protagonista un uomo che, nonostante l'impegnatività del compito affidatogli (quasi con pienezza di diritto e con nomina semestrale!), sbriga in pochi giorni la propria incombenza di legere
senatus (Liv. 23, 22, 23) e, prontamente, abdica con grande senso dello stato. Non era quello
l'esempio che Cesare cercava, lui che il potere lo voleva raggiungere in modo stabile senza troppi
problemi di coscienza. D'altra parte Buteone non poteva certo avere nel 49 a. C. un richiamo
propagandisticodì qualche livello: comunque per forza inferiore a quello sillano. V., anche, per
alcune interpretazioni della dittatura cesarianadel 49 a. C., Luzzatto, art. cit., pp. 417- 418 (spec.
p. 417, nota 5 con rinvii).
99 V infra nota 151.
IOOJahn, Interregnum, pp. 182-183: «das Interregnum ... das er zwar in zwei Fàllen seinen
Zwecken dienstbar gemacht habe».
101 Cfr. Cic., ad Att, 9, 9, 3 pennagni eius interest rem ad interregnumnon venire.
102 Jahn, Interregnum, p. 183.
103 Ibid., pp. 183-184. Cfr. anche M. Rambaud, César, Paris 1963,trad. it (parz.) in L. Canali (a
cura di), Potere e Consenso nella Roma di Augusto, Roma - Bari I 975, pp. 90 ss.
Fasti Capitolini: interregni caus(sa)
313
Più interessante sarà rinvenire qualche connessione tra la dittatura sillana
del 82 a. C. e le vicende del 217 a C.
VII.
Pretori e interreges
•
Continuando ancora nella disamina del presunto intervento pretorile nel
217 non si può tralasciare la circostanza della impellente necessità della difesa
di Roma, 104 che fu alla base della nomina di Fabio Massimo e di Minucio
Rufo (Liv., 22, 8, 7: ut muros turresque urbisjìrmareni), né, quindi, permettersi
di scordare come spettassero eventualmente all' interrex, e non mai al praetor,
ove del caso, le specifiche responsabilità, le decisioni e le altre attribuzioni in
merito.
Varrone, ad esempio, dice espressamente 105 che mentre il pretore non potest
exercitum urbanum convocare (sia in senso militare che in senso «comiziale»),
l'interrex potest 106 Sa1lustio107 rammenta la responsabilità dell'interrex del 77
a. C. nella difesa della città di Roma (urbi praesidio) e, in generale, ne quid res
publica detrimenti capiat;108 Asconio narra 109 di un senatoconsulto che, esplicitamente, affidava all' interrex pro tempore la difesa dello stato.
Sia nel caso citato da Sallustio che in quello rammentato da Asconio (del 52
a. C.) altre figure (promagistrati, tribuni della plebe etc.), egualmente coinvolte
nell'affidamento delle sorti della res publica, stavano accanto all' inte"ex, ma
sempre - almeno formalmente
in posizione a lui subordinata; l'interrex si
trovava, sia pur per il breve tempo della sua carica, a rivestire r imperium più
alto ed ad essere l'affidatario delle sorti della repubblica, 110 il «sommo magistrato o comunque il sommo titolare dei pubblici poteri in Roma». 111
104 Cfr. supra note 12 e 30.
105 De L Lat. 6, 93; ancora
Varrone sui poteri dell'inteinxin Geli. 14, 7, I ss. su cui, estesamente, Ormanni, Saggi,pp. 68 ss. e id, Il regolamento, pp. 128 ss.
106 Cfr. Herzog, Geschichte I, p. 732 nota I e Magdelain. «Auspicia)), p. 434.
107 Hi.st. l, 22 = Or. Phil. 22 (sul passo Catalano, Diritto Augurale, p. 489 nota 148); v.
Broughton, MRR II, p. 89 e Ormanni, «Necessità», p. 841 nota 130.
!08 Sul contesto politico nel quale maturò l'interregno del 77 a C. cfr. Mommsen, Storia
Romana V, I pp. 587 ss.; Vogt, La repubblica, pp. 321 ss.; H. Last R Gardner, «II crollo del
sistema sillano e l'ascesa di Pompeo», CAH, Univ. di Cambridge, IX, l, pp. 372-376; Syme, La
rivoluzione, pp. l9ss.; Cary-Scullard Il, pp. lll ss.; Brunt, Classi e conflitti, pp.167 ss.; Jahn,
Interregnum, pp. 166-167; Guarino, Origini Quiritarie, pp. 150-151.
109 Mii, KS 29, p. 34 (Clark); cfr. anche Mii, KS 46, p. 51 (Clark). V. Guarino, Origini
Quiritarie, pp. 143-145 e cfr. Broughton, MRR Il, pp. 236-237;Adcock, «Dal convegno di Lucca
al Rubicone», CAH, Univ. di Cambridge IX, 2, p. 809; Cary-Scullard IL pp.183 ss.; Jahn,
Interregnurn, pp. 176-181.
110 V. Catalano, Diritto Augurale, pp. 459 ss. (spec. nota 76) e pp. 488 ss. (spec. nota 148 con
ampi rinvii); Magdelain, «Auspicia», p. 433; De Martino, Costituzione I, p. 268, nota li e id.,
«Intorno all'origine)), pp. 114ss.
111 Guarino, Origini Quiritarie, p. 146.
314
MAs.s!MoGusso
Non si scordi poi che l'inte"exera sempre un consularis,112,
cioè uno «des
113
anciens titulaires de l' imperiumle plus élevé» cui potevano essere devolute
particolari funzioni, specie in tema di ordine interno, di emergenza etc.
Il pretore invece stava sempre su di un gradino più basso ( imperiumminus)
come ci dimostra anche un'altra significativa circostanza, assai vicina ero nolo-·
gicamente ai fatti oggetto di questi appunti, ed in qualche modo ad essi
ac.costabile.
Si tratta della situazione di emergenza internache minacciò Roma nel 211
a. C., mentre la pressione annibalica era ancora pericolosa.
Nel 211, infatti, quia multis locis comprimenditumultus erant qui temere
oriebantur(Liv. 26, 10,9), il senato emise un provvedimento attraverso il quale
..
e
placuit omnes qui dictatores,consules censoresvefaissent cum imperio esse,
donec recessisseta muris hostes(Liv. ibid.).
«Cette mesure scrive Magdelain - ne tend pas à multiplier les cornmandements militaires, mais à remettre de l'ordre dans la ville... Le Sénat ressuscite
l'imperiumdes anciens dictateurs, consuls, censeurs. L'expression cum imperio
esse a ici sa pleine valeur technique de pouvoir extraordinaire. Les préteurs
4
sont exclusde la mesure».11
L'analogia con il procedimento interregnale è sottolineata accortamente dal
medesimo studioso.115
Il fatto - eccezionale - del 211 è un ulteriore esempio della varietà dei modi
attraverso cui la classe dirigente romana ha fatto fronte ai drammatici eventi
della seconda guerra punica.
Se - come dice DuméziP 16 - «sono davvero ammirabili la costanza e
l'ingegnosità di questi amministratori del sacro», è anche vero come ogni
scelta «religiosa» compiuta dalla classe dirigente romana è, prima di ogni
altra cosa, una scelta politica.Tutto il sistema degli auspiciache contraddistingue l'essenza del potere ed i suoi detentori è intimamente connesso con
l'ordinamento giuridico della res publica e ne possiede gli stessi caratteri di
112V. Willems, Le Sénat, II, pp. IOss.; per le eccezioni durante i più tardi interregni ibid.,
pp. 16 ss.; Magdelain, «Auspicia», pp. 428 ss. A proposito di «consolaritàn, per amore di esattezza (ed in relazione ai protagonisti di questi appunti) è il caso di ricordare come sia il Bruno
· (Dictator, p. 1766) che il De Martino (Costituzione I, p. 439, nota 117) sostengano che nel 217
a. C. uno dei dittatori (M. Minucio Rufo dopo l'aequatio iuriJ) non sarebbe stato «consolare»,
anzi sottolineano l'eccezione. F invece necessario rammentare come M. Minucio rivestisse il
consolato nel 221 a. C. ( = Broughton, MRR I, pp. 234-235) e non solo: potrebbe infatti aver
rivestito, attorno al 220, anche una dittatura comiliorum habendorum causa; v. infra nota 153.
113 Magdelain, «Auspicia», p. 434.
114 Ibid. (ultimo corsivo mio).
115 lbid., p. 435: «en somme, en 211, le Sénat ressuscite l'imperium d'une série d'anciens
magistrats supérieurs, de la mème manière que les sénateurs patriciens seuls, les patres, au sens
restreint du mot, raniment les auspices chez le consulaire qu'ils désignent comme premier
interroi».
116 La Religione romana, p. 407.
' '·
Fasti Capitolini: inte"egnì caus(sa)
315
«fattualità». I romani «tendevano a vedere il potere magistratuale dal punto
di vista religioso, auspicale» anche se «va tenuto presente che il prius erano
praticamente i poteri umani, conformemente ai quali si concepivano i poteri
auspicali». 117 Non è certo un caso quindi che, in materia religiosa, Cicerone
scegliesse proprio il nostro Fabio Massimo per fargli affermare: 118 dicere ...
optimis auspiciis ea geri quae pro reipublicae salute gerentur: quae contra rem
publicamferrentur, contra auspiciaferri; frase che non sembra aver bisogno di
commenti.
Ma è in virtù di queste valutazioni eminentemente pratiche che penso che la
cinica (e conservatrice) mentalità della classe senatoria abbia preferito dar
corpo ad un interregno di fronte alla notizia della morte di un console e
dell'irraggiungibilità dell'altro, 119 specie se «autorevolmente» indirizzata da
qualche personalità carismatica.
L'interregnum emerge sempre «sous !'empire de la nécessité»: 120 costruire
ipotesi diverse per il 217 significa lavorare più per la propria «ingegneria
costituzionale» (e per far tornare ad ogni costo i relativi conti) che per il
rispetto della realtà delle cose.
Che significa, infatti, come fa Magdelain, giustificare - opportunamente addirittura il risorgere dell'imperium nel 211 in tutta una serie di ex-magistrati,
indicarne il giusto elemento di atrmità con l'interregno, 121 per poi sostenere
però, subito dopo, che «en cas de vacance du consulat, la situation est
117 Catalano,
Diritto Augurale, p. 449.
ma/or, 4, 11(v. Narducci, art. cit., passim).
119Sarebbe stata riconosciuta la «Vakanz des Oberamts» anche «wegen stiindiger Abwesenheit
der Konsuln von Rom wiihrend des Teils ihrer Amtszeit, in dem Wahlen stattfinden konnten»
(Jahn, Interregnum, p. 12), con conseguente proclamazione dell'inte"egnum. Questa circostanza, cui Jahn sembra inizialmente riconoscere una validità generale (cfr. !oc. ult cit.), viene poi
però ad essere circoscritta al solo caso del 106 a. C. («wenn auch die Quellen davon nichts
wissen», p. 159), con tiepida adesione ad un'ipotesi di H. Chantraine, Untersuchungen zur
romìschen Geschichte des 2 Jh. vor Chr., Kallmiinz 1959, p. 32 ( contra: Guarino, Origini
Quiritarie, p. 148). A me sembra invece assai significativo ammettere anche la «Abwesenheit
der Konsuln» nella complessiva eziologia dell'inte"egnum, proprio per non fare violenza al
buon senso dei Romani ed al loro invidiabile pragmatismo giuridico e politico. E non solo
l'assenza dei consoli in periodo elettorale (ravvisabile anche nel già citato carteggio senato/consoli di Liv. 22, 33, 9---11,relativo alla fine dell'anno consolare 217/16 a. C.; v. Scullard, op. cit,
pp. 49 ss.; Jahn, Interregnum, pp. 155-158 - interr. del 152 a. C. - e Chantraine, op. cit., ivi
riferito) ma anche l'assenza tout-court, che è sempre ostacolo invalicabile per determinate
funzioni costituzionali non delegabili (es.: la dictio del dittatore). Ma Jah.n esclude esplicitamente questa estensione quando sostiene che <<einInterregnum nur dann eintrat, wenn beide
Konsuln ausfielen, nicht, wenn sie nur abwesend waren» (p. 164). In realtà operare una dìstinzione in questo caso appare capzioso: o si nega, infatt~ comunque l'assenza dei consoli come
causa potenziale di interregnum, ovvero la si considera come tale, in qualunque circostanza si
verifichi nel corso dell'anno di carica, non ravvisandosi nel periodo «in dem Wahlen stattfinden
konnten» una particolare «mutazione» degli auspici consolari, od un loro «affievolimento» che
consentisse quasi di prescinderne - ove del ca.so- rinviandoli ad patres..
120 Magdelain, «Auspicia», p. 434.
121 lbid~ pp. 436-437.
118 Cato
316
MAssIMO Gus.so
différente» 122 e che addirittura «la presence d'un seul titulaire d'une magistrature dite <patricienne> fait obstacle au retour des auspices au profit de l'inter123
Questo significherebbe che, morti o comunque
roi désigné par les patr(!S)>.
«impossibilitati» i consoli, di fronte a pericoli imminenti, le mane.ate dimissioni di un solo pretore (o di un edile curule!), magari lontano o soltanto ignaro,
avrebbero bloccato uno stato così concreto ed ingegnosamente governato,
quale quello romano, lasciandolo indifeso e senza capi.
«Non seulement les magistrats qui survivent à la vacance du consulat scrive infatti Magdelain 124- sont incapables de tirer la République de l'impasse, puisqu' aucun, pas meme le préteur. .. n'est compétent pour présider les
élections consulaires»: in questi termini lo studioso francese esclude anche
eventuali «sperimentalismi costituzionali» da altri ipotizzati (e ricordati più
volte supra),imperniati sulla figura del pretore ( «pas meme le préteur» Q. In
realtà proprio il fatto che si ebbe come esito «storico» della vicenda la nomina
di Fabio Massimo e di Minucio smentisce questa pretesa immobilità. Qualcosa si mosse e produsse risultati, magari di compromesso.
Si potrebbe ulteriormente sostenere però che quel qualcosa non avrebbe
potuto essere l' inte"egnum, dato che allora avrebbero dovuto dimettersi tutti i
titolari di magistrature curuli, e questo non risulta, anzi Livio continua a
prospettare, senza soluzione di continuità, il lavoro dei pretori. Ma è altrettanto vero che non risulta nemmeno che il praetor urbanus abbia presieduto
(come vorrebbero quasi tutti) alla nomina del dittatore, mentre, d'altro canto,
non appare mai, nelle fonti, che dopo un interregno si siano effettuate nuove
elezioni delle magistrature minori, per i titolari delle quali si pretenderebbe il
dimissionamento «necessario». 125
I pareri di Cicerone 126 e di Cassio Dione 127 sono riferibili alle più rafftnate
(ma ben più recenti) elaborazioni teoriche di diritto augurale, tipiche della
tarda repubblica, e non possono quindi riportarsi all'epoca della seconda
guerra punica, se non arbitrariamente.
Stando a quelle valutazioni improntate a motivi sacrali («c'est un motif
théologique et nullement politique qui rend l'interroyauté incompatible avec
122 Jbid., p. 437.
123 lbid, p. 439.
124 Jbid, corsivo mio.
125 Nuove elezioni avrebbero
dovuto tenersi eventualmente in dipendenza dei nuovi titolari
del consolato, non per il fatto della vacanza del consolato uscente. Cfr. ad es. le puntuali
osservazioni di De Sanctis, N, 2, tomo I, p. 364, nota 1068, a proposito di IuL Obs., 18, rei. al 152
a. C, quando risulterebbe che omnes magistratus se protinus abdicavenmt a causa di infausti
presagi (v. anche Jahn, Interregnum, pp. 155ss.; Guarino, Origini Quiritarie, p.148). V. infra
nota 129.
126 Cic., /eg. 3, 3, 9; ad BroL 1, 5, 4; de dom.14, 38. V. infra nota 143.
127 Dio Cass.46, 45, 3 (su cui Momrnsen, Le Droit Il, p. 329, nota 2; Willems, Le Sénat Il, pp. 9
e 773-774; Jahn, Interregnum, p. 189) a proposito del 43 a. C
!
..
Fasti Capitolini: interregnicaus(sa)
317
les magistratures du peuple romain») 128, lo stato romano repubblicano, nel 217
a. C., avrebbe dovuto estinguersi, come infatti accadde nel 43 a. C. in morte
dei consoli Hirtiuse Pansa,perché non tutti i magistrati curuli si di.misero o
furono rintracciati. 129
VIII.
«Interregni causa»
Ma la classe dirigente senatoria del 217 a. C. aveva ben altra tempra, ben
altri disegni e ben altre prospettive. La débacle della coppia consolare democratica le aveva offerto il destro della preziosa camera di compensazione
interregnale: in fondo era «le paradoxe de la République» ritrovare 'vita
attraverso un periodico - e rituale - bagno monarchico.13°
E poi perché non pensare, con qualche audacia, che la notazione inte"egni
causa(di cui in fondo si vuol evitare di discutere in tutti i luoghi esaminati,
l28 Magdelain, «Auspicia», p. 439. Cfr. ancora ibid., pp. 439-440: «pendant la vacance du
consulat !es auspices ne peuvent renaitre chez un ancien titulaire, promu premier interro~ que
s'ils n'ont plus aucun titulaire présent, à quelque degré que ce soit de la hiérarchie constitutionnelle. Pour faire <retour> à un interro~ ils doivent etre entièrement disponibles».
129 Sugli avvenimenti Syme, La rivoluzione, pp. 177-187; Cary-Scullard Il, pp. 229--242;
A H. M. Jones, Augustus (1970), trad. it.: Augusto, Roma Bari 1974, pp. 28 ss. (valutazioni sul
mancato interregnumdel 43 a. C in Willems, Le Sénat Il, pp. 8-9 e pp. 773-774;Jahn, Interregnum, p. 188,che tutta.via giudica un interregno «m6glich» e Guarino, Origini Quiritarie, p. 151).
Il problema generale delle dimissioni dei magistrati minori curuli perché fosse possibile il
verificarsi dell'intel?'egnum(v. supra nota 125) è~
complesso. Si deve tutta.via partire da un
presupposto essenziale, e cioè dal fatto che il senato poteva ordinare, con senatocoruulto, il
dimissionamento dei magistrati, in particolare per la c. d. renovatio auspìcioromche, appunto, si
otteneva con il ricorso all'interregno. Per taluni studiosi a detto dimissionamento, ordinato dal
senato, non sarebbe stato possibile sottrarsi (v. Mommsen, Le Droit Il, p. 329, nota 2: «évidemment cette démission ne pouvait ètre refusée»; cfr. Liebenam, s. v. lnten-egnum,RE IX (1916),
c. 1717); alt~ invece, han sostenuto che il sìmgolo magistrato avrebbe avuto la possibilità di
rifiutarsi di deporre la carica (cfr. ad es. Willems, Le Sénat Il, p. 9; Gianne~ Interrex, p. 74;
Col~ lnterregnum, p. 912 e altri), impedendo così di fatto l'uscita dalla situazione di crisi
istituzionale, almeno per tutto il resto del suo periodo di nomina. Io credo, invece, che il
senatoconsulto di cui si tratta non potesse che sospendere dalle funzioni i magistrati minori
curuli, salvo eventualmente disporre nuove elezioni per gli stess~ una volta insediata la nuova
coppia consolare (o il dittatore), affidando loro la direzione dei relativi comizi D'altro canto
esiste, forse, a questo proposito, una testimonianza di Dionigi di Alicarnasso (8, 90, 3), ove si
accetti (cosi come ad es. nella traduzione a cura di F. Canta.re~ Milano 1984,p. 762): al !ì'IDJ..a.L
KU't&À.ò31']crav
àpx.al nel senso di «mentre tutte le altre magistrature furono sospese»,invece di
un più immediato: «mentre tutte le altre magistrature furono deposte». In ogni caso è da
accetta.re la valutazione mommseniana (op. ult cit., p. 329). secondo la quale «la retraite des
magistrats inférieurs patriciens peut, selon l'ancien système, avoir été seulement une conséquence et non pas une condition préable et nécessaire de l'interrègne» (cosi, tra l'altro, appare nel
passo citato di Dionigi). E' comunque evidente che siamo di fronte a un compi=
di testimonianze incomplete che non consentono d'entrare nella realtà dell'istituto interregnale, ma che,
anzi, come nota.va ancora Mommsen (op. ult cit, p. 330, nota 5), rappresentano «corruptions
récentes de la théorie primitive qui se présentent fréquemment à l'époque de la décadencede la
R~ublique».
1 Cfr. Magdelain, «Auspicia>>,p. 433. V. infra nota 151.
318
MASSIMO
Gusso
anche quando si finge di farlo) non possa rappresentare il ricordo di una
originaria (magari diversa) indicazioneeponima31, da leggersi nel senso che
Fabio Massimo altro non sarebbe stato se non l' interrexrogante se stesso al
comizio?
In fondo - ed è una interessante coincidenza - gli interregna«rivestiti» dal
nostro Fabius Cunctatornon sono mai stati «fissati» cronologicamente con
certezza, visti vani anche i tentativi mommseniani di collocarne uno nel 208
a. C.,132e d'altro canto esistono specifici precedenti molto meno noti o gloriosi133ed altri casi analoghi.134
Interregni causa, tenendo conto della figura di Fabio, potrebbe essere
131Sull'eponimia dell'interrex v. Mommsen, Le Droit II, p. 339; Llebenam, Interregnum, c.
1718; Giannelli, lnterrex, p. 78; Calza, art. cit, p. 244; Guarino, Origini Quiritarie, pp. 96 e 146.
Cfr. anche Liv. 3, 8, 2; 4, 51, I; 7, 17, 12; 7, 21, 2; 8, 17, 5; 8, 23, 17; 22, 34, I; Cic., ad Brot, 14, 55 e
CIL P, 2663 (su cui Milnz.er, «Aus dem Verwandtenkreise Caesars und Octavians», Hermes, 71
{1936) pp. 222 ss., part. pp. 222-224; Broughton, MRR II, p. 229; Jahn, Interregnum, p. 14,
nota 21; pp. 18 e 20; Guarino, Origini Quiritarie, pp. 144-145; sul personaggio ivi citato di Q.
Cecilio Metello Pio Scipione Nasica, v. anche Mazzarino, PSC 2., pp. 446-447). Sull'eponimia,
ancora in epoca storica (273 a. C.?), dello stesso rex sacro,um (o sacrificulus) cfr. Maz.zarino, PSC
2., p. 256.
132Cfr. Mommsen, adCIL P, p. 194: «Interregnorum Q. Fabii auctores quos habemus nullum
memorarunt; neque omnino per totam Fabianam aetatem constat nisi de interregno uno ... a
537/8 [scil: 216 a. C.l cuius duos interreges neque in his Q. Fabium recenset Livius (22, 33, 34).
Praeterea vero a. 546/47 [sci/.; 208 a. C.J consule utroque in magistratu defuncto, licet superesset
ab altero eorum dictus dictator, tamen putaverim interregem creandum fuisse tamque inter
alios interregem proditum esse Q. Fabium nihil vetat». V. anche Liebenam, Interregnum, c.
1717; Giannelli, Interrex, pp. 74-75; Broughton, MRR I, p. 291.Jahn, Interregnum, p. 1ll colloca
uno degli interregna fabiani nel 222 a C., pur ammettendo che in quell'anno «die 2.ahl der
Interreges ist nicht bekannt», sulla base di una ipotesi di Broughton (MRR I, p. 233), ed un
secondo nel 220 a C. (op. cit., p. 115: «einer der lnterreges war wahrscheinlich Q. Fabius
Maximus»; v. anche p. 122, nota 41), confutando altrove (pp. 135-136) l'ipotesi mommseniana
del 208 a. C. (peraltro contrastata ancora da Guarino, Origini Quiritarie, p. 147 e accettata
invece da Scullard, op. cit., p. 50, nota 3). Non mi sembra che, tuttavia, nessuna delle ipotesi
formulate si possa considerare esaustiva, lasciando il problema della collocazione degli interregna fabiani ancora aperto (Willems, Le Sénat II, p. 11, nell'elenco degli interré conosciuti pone
Fabio senza indicazione di data).
133A parte il caso di Sp. Lucretius di cui D. Hai. 4, 76, I (su cui anche Magdelain, «Auspicia»,
p. 438 e Guarino, Origini Quiritarie, pp. 91 e 140-141) e quello di C. Sulpidus Peticus, qui prior
interregno abiit(Liv. 7, 22, 3) eletto console dal successore (nel 351 a. C. = Broughton, MRR I,
pp. 126-127), segnalo il più noto L. Postumius Megellus, qui interrex iis comitiis, quae ipse
habuisset, consul ... creatus esset (Liv. 27, 6, 8) nel 291 a. C. (cfr. Herzog, «Das lnterregnum»,
p. 499; Miinzer, s. v. L Postumius Megellus (Postumiw 55), RE XXII (1953), c. 938; Broughton,
MRR I, pp. 182-183; Jahn. Interregnum, pp. 100 ss. e 131; Guarino, Origini Quiritarie, pp. 91 e
145 ss.).
134 Ad esempio quello di Q. Fulvio, dictator comitio,um habendo,um causa nel 210 a. C., il
quale, resistendo alla pressione dei tribuni che neque magistratum continuari satis civile esse
aiebant et multofoedioris exemp/i, eum ipmm creari,qui comitia haberet(Liv. 27, 6, 4), ottenne
di essere eletto console nel 209 dal comizio che presiedeva Cfr. Jahn, Interregnum, pp. 128 ss.,
part. p. 131: «Flaccus zum Konsul gewiihlt wurde, obgleich er Wahlleiter war». Si veda anche il
caso del 214 a. C. (sul quale Toynbee, op. ciL, p. 395) di cui infra nota seguente e Jahn,
Interregnum, pp. 185--186.In generale, poL sul più tardo affermarsi del principio secondo cui ne
quis semet ipsum creare possi~ cfr. De Francisci, Arcana III, lp. 176 con rinvii (età graccana).
•
Fasti Capitolini:
f
...
interregnicaus(sa)
319
interpretato come ad indicare: in occasione del suo inte"egno, ovvero: essendo
egli stesso in carica come intellex rogante.m
Sul fatto specifico, poi, se l'interrè potesse nominare il dictator(ed, eventualmente - se si-, che interrè fosse e di che tipo di dictatorsi trattasse), ovvero,
ancora, se il senato potesse operare direttamente sulla nomina del dittatore,
con o senza un intervento interregnale, il discorso da fare è necessariamente
ampio ed articolato. 136
Le fonti, com'è noto, sono desolatamente poco esplicite. Se si esclude un
l3S D'altro canto Fabio Massimo, con la sua personalità carismatica, è il vero e proprio dominus
delle elezioni degli anni drammatici della seconda guerra punica (prodromi di questo suo ruolo
si rinvengono anche in anni più risalenti), venendo ad influenzare in modo decisivo le scelte
comiziali (cfr. I. Miiller-Seidei «Q. Fabius Maximus Cunctator und die Konsulwahlen der
Jahre 215 und 214 v. Chr.», Rh. Mus., 96 (1953), pp. 241 ss.) come ad esempio «quando si trovò a
presiedere alle elezioni consolari per il 214 a. C.» e «annullò recisamente la scelta operata tra i
candidati della centuria praerogativa (... ) e impose alla centuria di riflettere ancora; al che
questa, intimorita, designò docilmente lo stesso Fabio, che ottenne così il suo quarto consolato»
(Toynbee, op. cit., p. 395; cfr. pp. 400-401; p. 439, nota 12 a proposito del ruolo non sempre però
decisivo del «presidente del comizio»; v. anche F. Cassola, I gruppi politici romani nel III secolo
a C., Trieste 1963, pp. 14-19 e R Rilinger, Der EinfluO des Wahlleiters bei den romischen
Konsulwahlen von 366 bis 50 v. Chr., Miinchen 1976), renunziando se stesso; cfr. Liv. 24, 7, 12,
poi 24, 8-9 (vedi Miiller-Seidel, ciL, pp. 249 ss.; Mazzarino, PSC 2., p. 282, oltre a Broughton,
MRR I, pp. 258-259; cfr. De Sanctis,III, I p. 353 e Ili, 2 p. 246, nota 111,ove è citato anche Liv.
26, 22, 9 che sembra, tuttavia, una reduplicazione, attribuita a Manlio Torquato, dell'iniziativa
di Fabio Massimo). Per il ruolo di eminenza grigia svolto da Fabio nel collegio degli auguri v.
Scullard, op. cit., pp. 49 ss. e Dorey, «The Dìctatorship», p. 93 (cfr. poi Miinzer, Fabius, cc.
1822-1825 e 1828; Miiller-Seidei cit~ pp. 268 ss.; Broughton, MRR I, p. 283 e Bengtson, Grundrill, p. 106).
136 La possibilità della nomina del dittatore anche da parte dell' interrex è ammessa esplicitamente da Lu.zzatto, art. cit., p. 428 (e proprio con riferimento ai confusi fatti del 217 a. C.). De
Martino, «Intorno», p. 122, afferma, a proposito dell'originario dittatore, «che la sua nomina
non poteva avvenire che in forme diverse dalla dictiodei consoli e nulla vieta di supporre che
essa appartenesse ad un interrexper disposizione del senato», salvo poi precisare (ibid, nota 101)
che «è da escludere per l'età storica la nomina (del dittatore] da parte dell'interrè», il che non
escluderebbe comunque il già supposto, remoto, ruolo di quest'ultimo <<almeno nella prima
costituzione della magistratura». (Per l'intervento del senato nella nomina del dittatore v.
ancora De Martino, Costituzione I, pp. 440; 482 s.s.).Piero De Francisc~ in un articolo su SDHI
(1944, «Dal regnum alla respublica», pp. 150-166) aveva cercato di spiegare (p. 155, nota 9) il
perché dell'impossibilità di una nomina del dittatore da parte dell'interr&; in seguito però (id,
Arcana, Ili, I p. 37, nota 8) ha affermato di non esserne più convinto. Castello, art. cit.,
pp. 42--44, nota I, esprimeva una posizione - salvo errori
del tutto isolata, a favore della
possibilità per l'interrè di diceredìctatorem(v. accenno, supra,nota 33), anche se non sembrava
essere sempre convincente. V. le osservazioni su questo testo in Magdelain, «Auspicia»,
pp. 437-438, nota I ed in Jahn, Interregnum, pp. 164 ss., orientate verso un ipercriticismo che
rasenta la stroncatura. Ciò non di meno ritengo che le opinioni di Castello avrebbero dovuto
essere prese in più seria considerazione, magari con riferimento alla più generale problematica
sullo stato di emergenza visto che «d'altra parte in caso di necessità si poteva derogare alle
norme di diritto divino» (Catalano, Diritto Augurale, p. 422). Quanto ai drammatici eventi del
52 a C. anche Guarino, Origini Quiritarie, pp. 144-145), ammette che «il precedente di Silla, che
ne11'82 a. C. era stato fatto dittatore dall'interrex, implicava la possibilità che l'interrex fosse
appunto autorizzato in via eccezionale alla nomina di un dittatore».
320
MAs.sIMoGusso
riferimento di Dionigi d'Alicamasso 137 ed ammesso che non si voglia dar
8
credito a casi c. d. «leggendari», come quelli dei dittatori sine consule,'3
di
139
140
Camillo, e alla notizia dei Fasti di cui qui si discute, non resterebbe che la
nomina di Silla a dictator legibus scribundis et reipublicaeconstituendae, da
137 li, 20, 5: tva 6t Kat Ka'tà v6µouç 1'two 6iK'IUTOpoçavapPTJcnç YÉVrJ'Im,TIÌV µecrofmcri4:iov nPXi'lvtì.tcr&11-Mommsen, Le Droit III, pp. 167-168, nota 3, liquida la frase definendola
t<une simple faute»: può trattarsi tuttavia della rielaborazione in termini confusi di una notizia
genuina, peraltro rilevabile dalla ricchezza dell'esposizione del contesto. Dionigi è generalmente
attendibile anche quando tratta notizie di carattere costituzionale pur con le note limitazioni
degli storici greci i quali spesso non comprendono a pieno la mentalità giuridica romana (cfr.,
supra,lo stesso Dionigi. 5, 72, 3, sempre in merito, al procedimento di nomina del dittatore da
parte dell'interre).
.
138 333, 324, 309 e 301 a. C.: v. Giannelli, Trattato, p. 32 e Guarino, Origini Quiritarie, p. 82.
Cfr. De Martino, Costituzione I, p. 445, nota 142 e E. J. Bickerman, La cronologia nel mondo
antico (trad. iL di «Chronologie», in A Gerke E. Norden, Einleitung in die Altertumswis.senschaft III, 5 Leìpzig 19333), Firenze 1975 (rist. ed. 1963),p. 68.
139 Plutarco, Cam, 5, suggerisce, diversamente da Livio, che, alla designazione di Camilla alla
dittatura ( che sembrerebbe essere comunque stata una magistratura sui generis, v. Liv. 5, 49, 9 e
6, I, 4: commento in Bruno, Dictator, p. 1771, cfr. De Martino, Costituzione I, p. 446, nota 145),
6t croyiù..11wç... 6iKTU'tCOpa
Kaµi.llov a1tf:6si.çsv).Nel 322
avrebbe provveduto il senato (1'!
a C. Castello ( «Intorno alla legittimità», p. 43, nota I) ha ritenuto di poter rinvenire un analogo
caso di intervento del senato o di un interrè nella nomina del dittatore, leggendo Liv. 8, 40, 1-3
Interregnum, p. 164. C'è anche
(ove i consoli sono al fronte ed il pretore ammalato): contra]~
da rammentare Liv. 9, 21, I ove si dice che nel 316 a C) i consoli, exiru ann~ consegnarono gli
eserciti non consulibus ab se creatis ma dictatori L. Aemilìo, evidentemente non da uno di loro
stessi nominato, né da uno dei loro suoces.sori (altrimenti non si comprenderebbe la necessità
sentita da Livio della specificazione: ab se crearir): anche in questo caso non si può dare una
risposta definitiva e sicura. Si può soltanto pensare che in caso di guerra, con i consoli lontan~ il
senato potesse autonomamente (o tramite un interre?) provvedere alla nomina di un dittatore.
Rammenterò ancora, per completezza, Liv. 2, 21, 3 (pur se probabilmente leggendario: v. Labruna, op. cit., p. 107), ove Aula Postumio, quia collega dubiae fuiei fuerit, se consulem abdicasse;
dictatorem inde factum: «ma da chi poteva esserlo se il collega era stato la causa delle dimessioni ?» (De Martino, «Intorno», p. 121).Siamo nel 499 a C (v. De Sanctis, Il, p. 88, nota 12) e,
chiaramente, il <beneficio d'inventario> è d'obbligo. Tuttavia è significativo che Livio, spesso così
<turbata>da scrupoli giuridi~ lasci prive di spiegazioni certe situazio~ quasi che di spiegazioni
esse non avessero alcun bisogno. Una dittatura di non semplice definizione è ancora ad es.
quella del 231 a. C. affidata a C Duilius, secondo l'interpretazione di Mazz.arino, PSC 2.,
pp. 323-324 (contra: M. Martina, «I censori del 258 a C.», Quad. di Storia, 12 (1980), p. 143
e p. 159, nota 3).
140 Peraltro anche la nomina di M. lunius Pera (ultimo attestato
216 a C - dictator rei
gerundae causa), dopo la battaglia di Canne, si presta ad essere discussa Mentra infatti risulta
esplicitamente da Livio (23, 22, 11) che il console superstite Terenzio Varrone fu attivato per la
nomina del dittatore senatus legendi causa M. Fabio Buteone (sul quale supra nota 98), «che egli
nominasse effettivamente Pera non è detto dalle fonti» (De Sanctis, III, 2 p. 221, nota 36); cfr.
anche Jahn, Interregnum, p. 125, nota 58. Anche nel 216 il senato diresse autorevolmente le
scelte della cìvitascon predilezione verso il «comando straordinario»: «es flillt auf - nota Jahn,
p. 125 -, daB kein Suffektkonsul gewiihlt wurde, wohl weil man wie auch im Jahre 208 mit der
Ernennung eines Diktators, der sofort sein Amt antreten konnte, die Zwischenzeit bis zu den
Neuwahlen zu iiberbriicken hoffte, zumai die Schlacht bei Cannae am 2. August stattfand, so
daB ein Suffektkonsul kaum ein halbes Jahr amtiert batte». Vale la pena quindi di citare ancora
uria volta De Sanctis (loc. ult. tjt.) il quale nota acutamente come, in quelle drammatiche
circostanze, non si possa escludere «che Pera, vista l'urgenza del caso, fosse· nominato con la
stessa procedura straordinaria seguita nel 217» (v. anche Scamuzz~ art cit., pp. 'Z7s.s.e Labruna,
Fasti Capitolini: inte"egni caus(sa)
't
321
parte dell'interrex Valerio Racco nel 82 a. C., ampiamente ed aspramente
commentata da Cicerone come esplicita violazione del diritto e della prassi
costituzionale. 141
La lacunosità delle fonti può lasciare certamente legittimi dubbi sulla reale
possibilità di una nomina del dittatore da parte dell'interrè (o da parte del
senato): ciò non toglie che, essendo senz'altro quelle dell'interregnum «règles
d'aspect mystérieux», 142 effettivamente non si può affermare di conoscerne
più che alcuni dettagli (trasmessici poi dalla polemica politica piuttosto che
dal desiderio di descrivere un istituto costituzionale), mentre le caratteristiche
salienti, che in larga parte ci sfuggono, possono solo essere dedotte, con le
immaginabili limitazioni. 143
Ad esempio non siamo assolutamente in grado di comprendere a pieno il
ruolo del c. d. primus interrex.J44 il fatto che nelle fonti l'interregnum si concluop. cit., pp. 275-276). Su Pera cfr. Miinzer, s. v. M. Iunius Pera (Iunius 126),RE IO (1919), oc.
1076-1077 (che reca anche un giudizio sostanzialmente lusinghiero su questo che fu l'ultimo
dittatore optimo iure; v. comunque anche De Sanctis, III, 2 p. 221, nota 36 cit.); Broughton,
MRR I, p. 248 e Scullard, op. cit., pp. 56 ss. Non si può non condividere comunque l'osservazione di De Sanctis ()oc. ult. cit.) secondo cui Pera セ@ sostanzialmente passato <inosservato»>nella
vicenda storica che lo ha visto tra i protagonisti Un attento studioso come l'Ormanni nel suo già
citalo: Saggi sul regolamento interno del senato romano (1959) poneva, ad es., al posto di Pera,
M. Fabio Buteone (pp. 95-96), cui attribuiva anche il magisterequitum Tib. Sempronio Gracro.
Pera così non solo scompariva ma Buteone, notoriamente sine magistro,ne acquisiva uno. La
«svista» si ripeteva nella rielaborazione dello stesso testo: Il regolamento interno del senato
romano (1970),pp. 149--152,praticamente con immutate parole.
141 Cic., ad. Att. 9, 15, 2 e leg. agr. 3, 2, 5 (cfr. Castello, «Intorno alla legittimità», cit; Jahn,
Interregnum, pp. 161-165).
142 Magdelain, «Auspicia», p. 429. Inoltre, «essendo la dittatura e l'interregnumdue magistrature che trovavano applicazione in Roma solo in casi eccezionali» è probabile «che meno delle
altre fossero regolate da precise norme ... dal punto di vista sostanziale la valutazione delle
circostanze aveva una importanza notevolissima» (Castello, «Intorno alla legittimità», p. 43,
nota 1).
143 In realtà noi conosciamo con qualche buona approssimazione soltanto gli ultim~ tardi (e, in
buona sostanza, particolari), casi di interregnum( = 82, 77, 55, 53 e 52 a. C., cfr. Jahn, Interregnum, pp. 161-181). Le testimonianze di Cicerone («testimone oculare» e cronista di tutti e
cinque) sono accurate e puntigliose ma producono un'idea eccessivamente rigorosa di uno
strumento costituzionale che trovava in se stesso la propria giustificazione e la cui legittimazione
subiva, quind4 l'altalenanza della tensione nel rapporto tra classi e cet~ nel rapporto di forze tra
il senato e gli altri centri di potere della res publica (e tra componenti del senato). Cicerone poi
nelle sue opere si occupò direttamente e specificamente degli ultimi tre interregni (Asconio
dell'ultimo, sulla sua scia), violentemente impegnato nella polemica dì parte. I suoi argomenti
sono perciò comunque «viziati» dall'opportunità del dire certe cose e dal tacerne certe altre,
propria della dialettica politica (cfr. Guarino, Origini Quiritarie, pp. 143ss.). Si pensi ad es.
soltanto alla rigida difesa ( de domo, 14,38) della «regola» dell'esclusione dei plebei dall'interregno fatta da Cicerone (sul passo v. Catalano, Diritto Augurale, p. 451 e pp. 506 ss.), mentre
davanti ai suoi occh~ nel 53 a. C., un plebeo (un <<transitus
ad plebem»), Q. Cecilio Metello Pio
Scipione Nasica, era intenv: (come risulta anche epigraficamente: CIL Jl, 2663c su cui supra
nota 131)con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano della costruzione teorica dell'istituto interregnale (v. Jahn, Interregnum, pp. 175ss. e Guarino, Origini Quiritarie, p. 144).
144 Per un esame accurato di una delle possibili chiavi di lettura del primus interro: cfr. ad es.
Magdelain, «Auspicia», pp. 437-438, nota I (v. Guarino, Origini Quìritarie, p. 97).
322
MASSIMO
Gusso
da con un solo interrex(appunto il primus) almeno per il regnum e la esordiente respublica,145non è stato sufficientemente correlato con il carattere <<monarchico» che può essere riscontrato in talune nomine di dittatori dell'epoca
storica da parte di un (primus)interrex.La scelta così accuratamente à rebours
di Silla non poteva non riallacciarsi. in effetti, che a precedenti remoti (ma non
dimenticati ai suoi tempi) anche se ora per noi. forse, poco chiari. Si potrebbe
infatti ipotizzare l'esistenza de facto di due (distinte) figure di interrex: una
prima, fisiologica, del senatore patrizio che cerca di provvedere alla riunione
comiziale onde ripristinare l'ordinaria magistratura(consolare); ed una seconda (inconfessata) che potenzialmente porta seco tendenze patologiche, che
sembra invece aver avuto il compito di evocare una magistraturastraordinaria
(ma sentita in qualche modo come latente), in casi di particolare emergenza.
La prima figura si sarebbe avvalsa di richiami rituali «monarchici», pur
essendo comunque istituzionalmente calata nella res pub/ica; la seconda sarebbe stata collocata su di una zona d'ombra costituzionale,provvedendo ad
evocare una figura magistratuale caratterizzata da un carisma personale e non
d'ufficio.
Quest'ultimo magistrato avrebbe avuto caratteristiche esteriori «ordinarie»
ma caratteristiche sostanziali diverse e anomale, quasi monarchiche.146
L'apparizione di questa figura, dalle caratteristiche magico-carismatiche,
sarebbe coincisa di regola con i più gravi eventi (il disatro gallico, il Trasimeno, Canne) recando con sé il probabile sollievo degli strati più suggestionabili
della popolazione e la paura delle classi dirigenti di non poter riprendere, poi,
il controllo dello stato, trascorso il periodo di crisi. I casi citati di Camilla, Q.
Fabio Massimo (e, forse, di M. Iunio Pera) devono aver avuto questo risvolto
inquietante: rappresentavano forse un' «altra faccia» della dittatura, anche se
magari, nei fatti, sono stati più «simboli» che realtà sovversive dell'odine
oligarchico, più un sacrificio rituale sull'altare della «necessità» che un principio rivoluzionario.
145 Cfr. Liv. I, 32, I (desìgnazione di Anoo Marzio; v. Guarino, Origini Quiritarie, p. 132, nota
16 e p. 134); D. Hai. 4, 76, I (successione a Tarquinio Superbo; v. Guarino, cit., p. 134). V. poi Liv.
3, 55, I; 4, 51, I; 6, 36, 3; 7, 21, 4; 7, 28, 9 (suggeriti da Castello, «Intorno alla legittimità», p. 57,
nota I) èhe, tuttavia, non sono richiami completamente sicuri a dìmostrazione dell' «unicità»
dell'interrè. Per gli interregni del periodo monarchico cfr. Meloni, «Tre note nella storia del
senato regio», Ann. Fac. Lett. Unìv. Cagliari, 15 (1948), I, pp. 133-142; Catalano, Diritto Augurale, pp. 412 ss.; Guarino, Origini Quiritarie, pp. 95 ss.; contraFriezer, «lnterregnum and Patrum
Auctoritas», Mnemosyne, 12 (1959), p. 308.
146 Magdelain («Au.spicia», p. 447) distingue giustamente l'interregno dalla dittatura (a proposito di certe loro caratteristiche) nel senso che questa manterrebbe un rapporto funzionale con lo
stato, inserendovisi perfettamente, persino con il riscontro della /ex curiata,mentre, di fronte
all'interregno, «la république est sans magistrats, sans Sénat, sans assemblée populaire». Ora,
appunto, una dittatura che si fo&e ottenuta per il tramite dell'interregno avrebbe dovuto avere,
necessariamente, altre caratteristiche ed avrebbe potuto essere o portare anche fuori dall'alveo
costituzionale.
Fasti Capitolini: interregnicaus(sa)
Il'
~··
323
Si sarebbe sempre trattato di dittature «elettive», promosse da un interrex
con procedura affme alla nomina del monarca, e non mai di dittature di
emanazione consolare.
Paradossalmente dittature come quelle di Q. Fabio Massimo del 217 a. C.
sono state lette anche come momenti di democratizzazione dell'istituto (già vi
si è fatto cenno): si tratta invece di evocazioni di un' instanza ordinaria cui si
conferiscono valenze «speciali».
Solo il carisma di Fabio ed il ruolo ancora pienamente (e consapevolmente)
«di classe» dell'oligarchia senatoria ed il vitale contrasto dialettico tra i suoi
gruppi, 147 non trasformò allora la sua dittatura in qualcos'altro,come accadrà
nel corso del I secolo per i vari Silla, Cinna, Pompeo 148 e Cesare, pur nei
rispettivi e diversi esiti e ruoli.
Ma tutta la serie di compromessi che ne derivarono (e che ho descritto nei
limiti del possibile) dimostra come allora la d)'itas fosse in grado, ancora,di
servirsi dei richiami ancestrali per la propria sicurezza (interna ed esterna) ma
di controllarne anche gli effetti, distribuendo ai diversi livelli (con diverse
gradazioni e valenze) gli esiti istituzionali elaborati.
Se accadde questo anche per M. Ionio Pera non lo sappiamo ma è stato come si è visto - autorevolmente ipotizzato: la stessa compresenza di più di un
dittatore nel 216 dimostra che forse proprio Pera proveniva da un tipo di
investitura diversa e specifica.
La consapevolezza del rischio imponderabile insito in queste nomine fece
allontanare da sé, da parte dell'oculata oligarchia senatoria, la carica e lo
stesso nomen dittatorio subito dopo aver posto fme alla grande paura della
guerra annibalica.
Ma la rimozione non poté essere totale e la repubblica non ebbe mai gli
147 L'oligarchia senatoria era sempre sensibile ed acuta osservatrice dei sintomi dell'affermarsi
del potere personale dei propri singoli membri e non esitò a ridimensionarne alcuni anche in
modo brutale. Il caso di Duilio, il vincitore di Milazzo, è famoso (cfr. Martina, art. cit.,
JJE·
143 ss.).
48 Si pose espressamente il problema della carica da conferire a Pompeo nel 52 a. C.; il nodo lo
sciolse «Bibulo, il costituzionalista più osservante», il quale iipropose che Pompeo fosse nominato non dittatore ma console senza il collega» (Adcock, «Dal convegno», p. 809; Broughton,
MRRIl, pp. 233-234). Giocò anche in questa circostanza una sorta di pudore misto a scaramanzia: visto che doveva essere un interrexe creare Pompeo nuovo «uomo forte» della repubblica,
era forse migliore soluzione quella che, almeno nella forma, non rinnove~
la scelta sillana
del 82. Ciò non toglie tuttavia che il consolato pompeiano sine collegaaltro non fosse che una
dittatura mascherata (e forse incipriate) ma sempre una dittatura. Che essa nascesse poi dal
grembo di un lungo interregnumcon le forme edulcorate suggerite da Bibulo lascia comunque
intendere che I'interregnumstessone poteva essere naturale patrocinatore. Sul ruolo di Pompeo
nella storie repubblicana v. Syme, la rivoluzione, pp. 30-48 e Giannelli, Trattato, pp. 425 ss.;
rinvii alla più recente produzione su Pompeo in B. Croke, «Mommsen's Pompey>>,Quad. di
Storia, 22 (1985), pp. 137 ss., spec. pp. 146 ss. A proposito di Cinna si vedano: H. Bennet, Cinna
and bis Times, diss., Menasha 1923; H. Last - R Gardner, «Silla», in CAH, Un. di Cambridge,
IX. 1, spec. pp. 318 ss.
324
MAssIMO
Gusso
anticorpi necessari ad evitare un «ritorno del carisma», questa volta non
salvifico-simbolico ma, anzi, fatale per lo stato. 149
Silla, il cal/idus sallustiano, 150 sapeva dove mirare per ottenere lo scardinamento di un equilibrio che pure aveva retto a lungo, toccando corde torbidamente tese nella coscienza politica repubblicana. Di qui la sua dittatura
spettacolare ed il «mezzo» scelto per evocarla: un «mezzo» O'interregnum)
che ne rivela esplicitamente l'ascendenza monarchica (di cui ha in pieno
l'esprit)e la diretta caratterizzazione carismatica. 151
149 Scrive De Francisci (Arcana, III, 1 p. 118) che !'«intima contraddizione fra una concezione
che vede nella magistratura un organo della civitase che quindi le attribuisce carattere istituzionale e l'idea tradizionale dell'imperium quale potere sovrano, originario, illimitato, personale,
non poté mai, da un punto di vista teorico, essere totalmente eliminata e, sul terreno politico,
facilitò, sul finire della repubblica, il sorgere dei comandi straordinari». Forse però l'espressione
famosa «post regesexactos»(Eutr., I, 12, 1) con le varianti connesse non solo non può indicare
correttamente l'antica transizione dello stato romano dalla leggendaria monarchia ad una non
meno leggendaria repubblica (cfr. Guarino, Origini Quiritarie, pp. 80--106)ma non può nemmeno servire ad allontanare lo «spettro» del rex e del regnumdal complesso della storia romana. Vi
è stato esorcizzato infatti sino al grottesco esecrar di re da parte di storici dell'Impero, ma ciò non
toglie che il bisogno del capo, la speranza del capo, ha sempre rappresentato una molla inquietante nell'animo del romano. Lo stato di necessità ha impedito il sorgere di un sistema costituzionale che è vissuto quindi di modelli e di idee, paratatticamente connessi senza che la raffinata
elaborazione giusprivatistica mai si lasciasse «tentare» da qualche scorreria sul terreno costituzionale o pubblicistico. Così dal regnum per tutta la res publica e fino ali' Impero la grande
«finzione» di uno stato «sempre uguale a se stesso» ha represso e celato (e poi ha finto di celare
fino all'impudicizia) la sua «voglia di un re». Voglia che diventava pericoloso gioco morboso nei
momenti di crisi e sconforto, com'emerge da un episodio significativo narrato in Livio 22, 53,
sempre nel gran guazzabuglio annibalico, acutamente già notato dal Marchesi (Storia della
Letteratura Latina, Milano - Messina 19508,Il, pp. 22-23).
150 Sali. B. iug.,95, 3.
151 Infatti - scrive De Francisci, Arcana, III, I p. 50 - «nelle caratteristiche dell'imperium e in
quelle dell'inte1Tegnum»si ritrovano «le tracce di una fase più antica di ordinamento corrispondente allo schema del ductus»(su cui ibid. pp. 30 ss. e passim).E' il casodi rammentare però che
secondo Ogilvie, A Commentary on Livy Books 1-5, Oxford 1970 (rist. ed. 1965), pp. 87 ss.,
persino tutta la costruzione delle successioni dei primi quattro - mitici - re di Roma sarebbe
derivata dalle rivendicazioni dei sostenitori di Silla, a sostegno della reviviscenza dell'istituto
interregnale da lui riproposta forzosamente. Silla restaurò la repubblica «dandole forse egli
stesso, prima ancora di Cesare e di Ottaviano, il colpo che doveva rivelarsi il colpo di grazia
Quelle che erano state le istituzioni di una società politica aristocratica, ma non illiberale, furono
da lui ripristinate a sostegno di una concezione strettamente oligarchica e tendenzialmente
personalistica del potere. In una con l' auctoritas patrum furono quindi richiamati in vita
dittatura ed inte1Tegnum,l'una e l'altro allo scopo di eliminare le grandi disfunzioni di una
democrazia indubbiamente malata attraverso la mortificazione o addirittura l'annullamento
della democrazia stessa» (Guarino, Origini Quiritarie, p. 150).Silla si comportò come colui che
dispone ex sesedel potere, in virtù di sue proprie qualità carismatiche, e che lo può esercitare in
tutti i campi ed in tutte le direzioni. Regnum è la definizione che grava sul potere sillano ma
«regnum è, sostanzialmente, sinonimo di imperium, ossia di un potere assoluto, originario,
indifferenziato, che ricomprende in sé anche la potestà costituente ... quindi, se l'imperium di
cui è rivestito Silla è tale da fare apparire quale regnumla sua esperienza di potere, non sembra
inopportuno pensare che in Silla riviva l'imperium tipico dell'antichissimo rex,ossia l'imperium
nella pienezza dei suoi contenuti, senza i condizionamenti e le limitazioni di cui tenterà di
circondarne la sfera di efficacia l'ordinamento della Repubblica ... la dietaturasillana, lungi dal
configurarsi quale esperienza rivoluzionaria e aberrante sotto il profilo costituzionale, e del tutto
•
-'b
,,-
Fasti Capitolini: inte"egni caus(sa)
325
IX.
Conclusioni
/
In conclusione, tornando all'oggetto primario di questi appunti, non posso
non cercare di proporre - in sintesi - lo scenario definitivo della vicenda che
sono venuto sin qui esponendo.
Fabio Massimo avrebbe messo in moto, dopo il Trasimeno, un meccanismo
di pressione (presumibilmente di natura religiosa)152 volto ad ottenere la proclamazione dell'inte"egnum, sfruttando forse un'occasionale maggioranza
senatoriale formatasi per la momentanea eclisse del gruppo Emiliano-Scipionico.
L'operazione che avrebbe visto Fabio come inte"ex (o forse addirittura
come inte"exrogante) si sarebbe conclusa con la nomina dello stesso Fabio a
dittatore. La manovra riuscì però solo in parte. Fabio stesso dovette sostenere
(e in parte, forse, accettare) le contromisure avversarie che furono volte tutte a
limitare da subito le sue funzioni dittatoriali.
Le confuse vicende relative alla congiunta nomina comiziale di Minucio a
magister equitum, sia alla di lui proclamazione - successiva - a co-dittatore,153
sono la riprova che il tentativo fabiano era stato rintuzzato su tutta la linea con
sufficiente prontezza. La stessa notizia liviana del «richiamo» a Roma di
Fabio Massimo, nel corso delle successive operazioni militari, per consulta.ziolontana dalla magistratura di cui ripeteva il nomen, «offre» un esempio rilevante del modo di
essere della dictatura nel suo asserto genuino e, forse originario» (Mancuso, «Considerazioni»,
p. 139; v. comunque ibid., passim). Sul «regnum» sfilano cfr. Carcopino, Silla, pp. 48 ss. e 199 ss.
In genere sul termine regnum cfr. J. Hellegouarc'h, Le Vocabulaire latin des Relations et des
Partis Politiques sous la République, Paris 1972, pp. 560--561; Jaczynowska, cit., pp. 289 ss.; U.
Schlag, Regnum in senatu. Das Wirken romischer Staatsmanner von 200 bis 191 v. Chr.,
Stuttgart 1968, pp. 162-174. Sul termine tyrannus, Hellegouarc'h, cit, pp. 561-562.
152 «Tue JÌead of the college of augurs was Fabius», Scullard, op. cit, p. 49. Cfr. Milnzer,
Fabius, c. 1828; Broughton, MRR I, p. 283; Milller-Seidel, cit, pp. 268 ss.; Dumézil, op. cit.,
pp. 397 ss.; Bengtson, op. cit, p. 106.
153 V. però Dorey «Tue Dictatorship», pp. 92 ss., ove si sostiene che l'ipotesi che CIL P, 607
( = ILS 11) non si riferisca alla dittatura minuciana del 217 a C., ottenuta per effetto dell' aequatio imperli promossa dalla rogatio Metilia (su cui specificamente Pinna Parpaglia, art cit.;
Milnzer, Minucius, c. 1960 e Mazzarino, PSC 2., p. 529, nota 464) ma ad una di lui dictatura
comitiorum habendorum causa «shortly before the outbreak of the Second Punic War» (p. 93).
Dorey pensa anzi che Minucio nel 217 non divenisse affatto dittatore «but was merely given
imperium aequum» (p. 96); cfr. anche K.lotz, «Fabius», pp. 295 ss. e Rebuffat, cit, p. 165, nota
30. Pareti, d'altro canto, art. cit., p. 559 ss., ipotizzava che Minucio, anziché collega, avrebbe
potuto essere il successore di Fabio nella dittatura (cfr. però le osservazioni di De Sanctis, III, 2,
p. 117); v. anche Scullard, op. cit, pp. 48-49. Su CIL 12, 607 cfr. Milnzer, Fabius, c. 1819; id,
Minucius, cc. 1960--1961; Bruno, Dictator, p.1777; Westermayer, Magister Equitum, c. 643;
Scamuzzi, art. cit., p. 26. Sulla vicenda conflittuale tra Fabio e Minucio nella quale quest'ultimo
appare «sconfitto» pur essendo l'unico vincitore (sul campo di battaglia) è stato notato come
«personne n'a écrit l'épopée des Minucii» mentre «nous avons au contraire conservé de Jarges
fragments de celle des Fabii» (Rebuffat, cit, p. 165). Così «l'inaction totale [se.: la cunctatio di
Fabio] pouvait ainsi devenir méritoire, et la victoire elle-méme déshonorante si elle était acquise
contre Jes vertus cardinales du bon chef» (Rebuffat, cit, p. 163).
326
MAssIMO Gusso
ni e sacrifici rituali,154 sta ad indicare una ripresa del controllo del senato da
parte degli Aemili~ appena contrastato dalla immediata, abile, contromossa
fabiana della nomina del console su.ffectusAtilio Regolo.155
Non sappiamo in quale modo e, soprattutto, per quale motivo siano sopravvissute due «storie», due fonti diverse, l'una finita a sostenere addirittura
un ruolo chiave di Fabio nel 217 anche sul piano militare (ruolo che fu probabilmente -irrilevante), e a difendere sino al grottesco la «costituzionalità» della sua nomina, persino contro l'evidenza (è un falso problema infatti la
discussione sulla c. d. prodittatura di Fabio, forse ordita ad hoc per non
entrare nel merito delle modalità effettive della sua elezione156) e, l'altra,
restata a rammentare, con poche lettere scolpite sui Fasti, una storia alternativa, un vero «intrigo» politico e costituzionale. 157
E non si dica che si sarebbe trattato di un banale errore. Non furono certo i
Fasti la ordinaria incombenza di un lapicida ignorante, bon à tout faire, ma
un'opera con precisi intenti politici, in qualche modo predeterminata a tavolino, e solo in seguito trascritta, con un margine di errore limitato magari
all'ortografia, almeno per quel che concerne i magistrati da una certa data in
avanti.158
Quella notazione all'anno 217 a. C. resta quindi una involontaria ammissio154
Cfr. De Sanctis, lii, 2, pp. 50 ss.; Dorey, «The Dictatorship», p. 94.
155 Scullard, op. cit., p. 48, nota 2.
156 v. supra nota 55.
157 Che si nasconde, oltre che nella
notazione dei Fasti, anche in altre tradizioni «secondarie»,
come in quella che ci ha conservato (in chiave negativa) il termine Cunctator(v. supra nota 38) o
come nei famosi versi di Ennio (Ann, 12 fr. 2, vv. 370 ss. Vahlen):
Unus homo nobis cunctando restituii rem
non enim "'mores ponebat ante salutem
ergo postque magisque viri nunc gloria claret
ove aleggia un ricordo di «opposizioni» ("'mores) e di polemiche politiche (cfr., sempre a
proposito di Fabio, Liv. 22, 39, 17-18, "'moresque hominum). V. Rebuffat, cit., pp. 156 ss.
158 E' stato ipotizzato comunque che la predisposizione epigrafica dei Fasti Capitolini fu
probabilmente accelerata per ragioni di cerimoniale e portata a termine in meno di tre mesi (nel
corso del 30 a C.) sulla base di un testo già pronto che fu modificato «solo in qualche particolare
della forma» (cfr. A Degrassi, «L'edificio dei Fasti Capitolini», Rend. Pont. Ace. Rom. Arch.,
XXI 1945-46, pp. 57-104, ora in id., Scritti vari di Antichità I, Roma 1962, pp. 239-281, spec.
pp. 266 ss.; v. anche Mazzarino, L'impero romano, Roma - Bari 1973,pp. 121-122e Labruna,
cit., pp. 295 ss.). Questo testo epigrafico non avrebbe tuttavia «il carattere di pubblicazione
ufficiale del collegio dei pontefici» (Degrassi, cit., p. 280). Gli errori, i «riempimenti» dei vuoti,
specie per l'età più risalente, non hanno bisogno di essere né rammentati, né spiegati in questa
sede. Resta da dire che se si sostiene che la notazione «interregni caus(sa)», così precisa (nella sua
imprecisione, se mi è consentito dire) e così «sintomatica», è errata si emette un giudizio
semplicistico. Essa è invece il sintomo di una intenzionalità (o di una, per noi forse incomprensibile, preterintenzionalità) che ha però un inconfondibile sapore propagandistico. Sulle «falsificazioni» di fasti ed elogia nell'ottica della propaganda augustea, cfr. es.: L Braccesi, Epigrafia e
storiografia, Napoli 1981,soprattutto pp. 39 ss. V. ancora Degrassi, cit., p. 280 (anche sui Fasti
triumphales); Giannelli, Trattato, pp. 217 ss. e L R Taylor, «The Date of the Fasti Capitolini»,
C. Ph. 41 (1946),pp. 1-11,la quale ultima autrice propende tuttavia per una data di compilazione
verso il 20-17 a. C. (v. Mazzarino, loc. ult. cit.).
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Fasti Capitolini: interregnicaus(sa)
327
ne con intenti poco chiari, non limitati alla celebrazione del personaggio
Fabio Massimo.
Nel 217, come poi nel 216 a. C., ci fu un interregno con protagonista Fabio
(in entrambe le circostanze impegnato in complesse e non sempre limpide
manovre per imporre la propria linea politica): nel primo caso si ebbe anche
una dittatura fabiana; nel secondo, come si è visto ampiamente supra, no. Nel
primo caso, tuttavia la fama prevalse su tutto e Fabio divenne una leggenda.
Nel secondo caso invece si costruì la polemica aristocratica contro Varrone
per «coprire» in qualche modo il disastro di Canne.
Così le responsabilità sia del gruppo aristocratico fabiano, sia di quello
emiliano-scipionico (rispettivamente tesi a «temporeggiare» e a (forse) troppo
osare) furono riversate a.futura memoria sui «popolari».
Il senato fu così dipinto da Livio come un organismo compatto ed un po'
anacronisticamente vestito con i vecchi panni delle trascorse lotte patrizi/ plebei :159 in questo senso poteva forse far gioco anche rammentarsi dell'inte"egnum di quell'oscura vicenda del 217 a. C., ed andarlo a scolpire dove potesse
dar lustro senatorio e «patrizio» a Fabio, cioè sui Fasti.
La notazione è perciò affrontabile su vari piani. Intanto nel senso «eponimo» già suggerito; poi come indice specifico della potenzialità, insita nell'inte"ex, di dar vita alla magistratura dittatoria (potenzialità comunque anche
altrove riscontrata); tertium come un segmento di memoria storica di quello
che fu senz'altro il massimo punto di fusione raggiunto da quel grande crogiuolo costituzionale che fu la seconda guerra punica. Una scheggia contenente un rinvio all'interregno con una sorta di icastica concisione. Il «riassunto»
di un evento che è specchio rivelatore ed anticipatore di molti dei mali della
repubblica che avrebbero avuto modo di esplodere con virulenza nel corso
degli anni successivi ma che si erano già nitidamente contornati durante i
lunghi anni del confronto con Annibale. La costituzione romana non seppe
mai nè collocare in sé, né da sé dislocare, l' imperium, che rimase così sempre
l'incognita principale dell'equazione repubblicana.
Anzi la storia della costituzione romana è forse il racconto dei tentativi di
definire l'imperium, il potere, ed i suoi modi di acquisto e di trasmissione. 1li0
159 V. supra nota 77.
160 Sono gli arcana imperii che
tanto imbarazzeranno Tacito il quale cercherà di addolcirne
l'amaro con il noto discorso di Galba (Hist, I, 15) che però più che la rivendicazione di una
ormai perduta res publica finisce col rappresentare la riaffermazione (l'ennesima) del concetto
del «regime personale» che da più di quindici lustri agitava, nel bene e nel male, l'intellighenzia
romana Ed è il princeps che riempie di sé questo regime, quel princeps che per i romani è
«l'individuo che, in forza di determinate qualità personali e in possesso di un particolare
<carisma>,si pone a capo di una comunità politica e al di sopra del suo ordinamento, dando vita
egli medesimo a un nuovo ordinamento costituzionale che trae, per l'appunto, dalla sua persona
e dal suo potere la propria giustificazione storica e formale. Il princepsnon abbisogna di alcuna
legittimazione, in quanto trova nel proprio <carisma>il fondamento del suo potere» (Mancuso,
<iDittaturasillana», pp. 140-141,cfr. De Francisci, Arcana III, I, pp. ll6 ss.). E il princepsprocede
328
Anche l'episodio del 217 a. C. (con la sua appendice epigraficadei Fasti
Capitolini in epoca augustea) è una tessera del grande mosaico che ho creduto
opportuno «estrarre» dall'oblio, pur con gli errori e le omissioni sicuramente
presenti in questo lavoro, nella speranza di contribuire, anche solo un poco,
alla comune conoscenza, magari a costo di turbare lo charme discret di certi
«luoghi comuni» celebri e indiscussi.
Venezia
'
Massimo Gusso
alla successione del potere more militari, quo vir virum iegeret(fac., Hist., I, 18) cioè nel modo
«nuovo» di Galba, che è però il modo antico di sempre, arcaico, ancestrale, la ratio stessa
dell' interregnum,della dittatura e della creatiodei successori da parte del titolare dell' imperium,
magistrato rogante (cfr. De Francisci, Arcana, III, I pp. 67 ss.) dei Fasti Capitolini in epoca
augustea) è una tessera del grande mosaico che ho creduto opportuno «estrarre» dall'oblio, pur
con gli errori e le omissioni sicuramente presenti in questo lavoro, nella speranza di contribuire,
anche solo un poco, alla comune conoscenza, magari a costo di turbare lo charmediscret di certi
«luoghi comuni» celebri e indiscussi.
. ..
Fasti Capitolini: interregni caus(sa)
329
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