A RC H I V I O
DI FILOSOFIA
A RC H I V E S O F P H I L O S O P H Y
FILOSOFIA E RELIGIONE CIVILE:
UN PROBLEMA STORICO
Editor
Stefano Bancalari, Sapienza Università di Roma, Italia
Associate Editors
Enrico Castelli Gattinara, già ehess di Parigi, France
Francesco Paolo Ciglia, Università di Chieti, Italia
Pierluigi Valenza, Sapienza Università di Roma, Italia
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Italia; Federica Pazzelli, Sapienza Università di Roma, Italia;
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A RC H I V I O
D I F I LO S O F I A
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a j o u r na l f o u n d e d i n 1 9 3 1 b y e n r i c o c a s t e l l i
f o r m e r ly e d i t e d b y m a r c o m . o l i v et t i
x c i · 2 0 2 3 · n. 1
FILOSOFIA E RELIGIONE CIVILE:
UN PROBLEMA STORICO
a cur a di
anna lisa schino e fr ancesco verde
pisa · roma
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SOMMARIO
Anna Lisa Schino, Francesco Verde, Premessa
Bruno Centrone, Non cambiare nulla perché tutto cambi. Il ruolo della religione
civica nelle Leggi di Platone
Stefano Mecci, I cinici e la ridefinizione dei valori. Il sapiente come modello ‘politico’
e ‘religioso’
Flavia Palmieri, Tra religione e politica nell’Accademia antica. Il possibile ruolo
dell’anima
Selene I. S. Brumana, Aspetti della religione civile stoica
Stefano Maso, Religio e officium : il cuore dell’etica civile secondo Cicerone
Chiara Rover, Sfuggire agli dei, sfuggire agli uomini. Religio e giustizia in Lucrezio
Mariapaola Bergomi, Qualiter fulmen aetheris. Tre voci critiche su profezia politica, apoteosi e divinizzazione del princeps
Francesco Verde, La polemica contro il cristianesimo come religione incivile in Minucio Felice e Celso
Marco Zambon, Culto cittadino e filosofia negli scritti di Porfirio di Tiro
Angela Ulacco, Sacrifici non cruenti, giustizia inter-specie e comunità. Osservazioni su alcuni passaggi della Vita Pitagorica di Giamblico
Maria Carmen De Vita, Per la rifondazione di una religione civile : Giuliano, ovvero
il nuovo Quirino
Giovanni Catapano, Agostino e la religione nelle crisi di civiltà
Paola Müller, Autonomia e armonia nella trattazione politica di Dante
Massimiliano Lenzi, Dominio, santificazione della politica e glorificazione del mondo in John Wyclif
Emanuele Cutinelli-Rendina, Religione civile e cristianesimo in Machiavelli
Pietro Secchi, La religione civile nel pensiero di Giordano Bruno
Riccarda Suitner, Tolleranza, antitrinitarismo e religione civile nella prima età moderna
Anna Lisa Schino, Unità politica e libertà individuale nella religione civile di Hobbes
Benedetta Catoni, Il problema della religione civile nel Trattato teologico-politico
di Spinoza
Giovanni Licata, Racconti storici o favole ? Sul valore dell’historia sacra nel Trattato teologico-politico di Spinoza
Fiormichele Benigni, Con o contro Hobbes ? Religione, natura e società in alcuni
dibattiti sullo spinozismo fra Sei e Settecento
Filippo Marchetti, Il rapporto tra religione naturale e religione civile nel pensiero
di John Toland
Marco Menin, Come in cielo così in terra. Religione civile e fondamento della morale
nel pensiero di Jean-Jacques Rousseau
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8
sommario
Pierluigi Valenza, Il problema di una religione civile nella modernità in Hegel
Federico Lijoi, Nietzsche e Freud sulla religione civile
Edoardo Massimilla, Il rifiuto del mondo dell’ascesi e della mistica e la loro differente tensione con gli ordinamenti politici nella Zwischenbetrachtung di Max Weber
Rosella Faraone, Le religioni dello spirito. Libertà, etica e politica in Benedetto Croce e Giovanni Gentile
Marcello Mustè, « Un’eresia della religione della libertà ». Gramsci e la religione moderna dell’immanenza
277
295
307
327
341
RACCONTI STORICI O FAVOLE ?
SUL VALORE DELL’HISTORIA SACRA
NEL TRATTATO TEOLOGICO-POLITICO DI SPINOZA
Giovanni Licata
Abstract · Histories or Fables ? On the Meaning of Historia Sacra in Spinoza’s Theological-Political
Treatise · In this essay, I analyze the various meanings of historia in the Theological-Political Treatise, and I argue that, according to Spinoza, (1) sacred, i.e. biblical, history cannot escape rational
criticism, in the same way as profane history ; and that (2) since many biblical historiae deal with
improbable and unnatural events, such as miracles, they cannot be considered histories in a
proper sense, but edifying fables for the common people or, even worse, mere fantastic stories.
Keywords · Spinoza, Bible, Sacred History, Historia, Art of Writing.
on ben 147 occorrenze il lemma historia è tra i sostantivi più frequenti del Tractatus theologico-politicus. 1 Se, com’è noto, il traduttore di un’opera coincide spesso
con il suo più attento lettore, l’imbarazzo nella resa del termine historia (e historiae) in
molte traduzioni del Tractatus è sintomo di un nodo problematico che merita di essere
dipanato. L’imbarazzo, il più delle volte implicito e, si badi, del tutto giustificato, traspare dal fatto che historia è spesso reso nei modi più diversi, in particolare se riferito
alle historiae narrate nella Scrittura : ‘historical narratives’, ‘histories’ o ‘stories’ in inglese ; ‘récits historiques’ o ‘histoires’ in francese ; ‘racconti storici’, ‘storie’, ‘narrazioni’ in
italiano. 2
Come vedremo, si possono individuare in realtà almeno quattro significati di historia
nel Trattato spinoziano, a volte concentrati a distanza di poche pagine, come accade
nel cap. vii. Eccoli qui di seguito distinti : 1. indagine empirica, classificazione o descrizione sincronica ; 2. narrazione di fatti storici realmente avvenuti ; 3. favola, racconto
fantastico di fatti immaginari o inverosimili, a volte con valore pedagogico-morale per
gli incolti ; 4. fandonia o sciocchezza. Si tratta di significati molto distanti tra loro, ma
tutti saldamente attestati all’interno della complessa semantica di historia nel latino in
uso nel xvii secolo, ma anche nel latino classico, post-classico e nelle filiazioni di questa
C
giovanni.licata@uniroma1.it, Sapienza Università di Roma, Italia.
1
Cfr. Gabriella Lamonica, Il lemmario del Tractatus theologico-politicus. Scelte lessicali ed evoluzione
teorica, Roma, iliesi-cnr, 2019, pp. 177 e 361.
2
Ho ricavato questi esempi dalle traduzioni di M. Silverthorne e J. Israel per Cambridge University
Press (Cambridge, 2007) ; J. Lagrée e P.-F. Moreau per le puf (Paris, 1999) ; O. Proietti per Mondadori (in Spinoza, Opere, a cura di F. Mignini, Milano, 20152). L’ambiguità nella resa delle historiae bibliche è esplicitata
en passant in nota : « il s’agit là de récits dont le statut semble hésiter entre histoire et fiction » (p. 735 n. 8).
Tuttavia, la pur vasta letteratura secondaria sul Tractatus, a mia conoscenza, non ha dato sufficiente risalto
al tema oggetto di questo articolo. Da ora in poi tutte le citazioni latine del Tractatus theologico-politicus (sigla : TTP), seguito dal numero di capitolo e di paragrafo derivano da Spinoza, Œuvres, vol. iii, texte établi
par F. Akkerman, Paris, puf, 1999 (rinvio alle pp. 837-857 di questa edizione per l’indicazione degli studi più
significativi). Per la traduzione italiana ho utilizzato la versione di O. Proietti, citata sopra, sporadicamente
modificata.
https://doi.org/10.19272/202308501021 · «archivio di filosofia», xci 1, 2023
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giovanni licata
parola nelle principali lingue romanze (tra cui il portoghese e lo spagnolo – le lingue
meglio note a Spinoza – oltre al francese e all’italiano). 1
Il primo significato di historia compare soventemente nel cap. vii, De interpretatione Scripturae, dedicato alla fondazione di una nuova scienza – oggi meglio nota come
‘metodo storico-critico’ – che Spinoza battezza ambiguamente con il nome di historia
Scripturae. In analogia all’historia naturae, tale historia è da intendersi nel senso greco del
termine ἱστορία, ovvero come ricerca, descrizione o indagine empirica priva di dimensione storica, come l’Historia animalium di Aristotele e l’Historia naturalis di Plinio. E
forse più precisamente, come è stato rilevato più volte dalla critica spinoziana, va intesa
nel senso baconiano di metodo induttivo :
Il metodo di interpretazione della natura consiste soprattutto nell’approntare una historia della
natura, da cui concludere, come da dati certi, le definizioni delle cose naturali. Analogamente,
per interpretare la Scrittura è necessario approntare la sua historia disinteressata, e ricavare da
essa, per mezzo di deduzioni legittime tratte da principi e dati certi, il pensiero dei suoi autori. 2
Ma a destare problema non è tanto questo primo significato di historia, facilmente individuabile, e concentrato sostanzialmente nel cap. vii del Trattato, quanto piuttosto
quando Spinoza si riferisce alle historiae narrate nella Bibbia. I primi dubbi emergono
nella seconda parte del cap. v (§§14-19), in cui Spinoza si chiede, a partire dal titolo, se
la fides nelle historiae sacre 3 sia necessaria, per chi e per quale ragione lo sia. La risposta
sembra chiara : la fides historiarum è necessaria unicamente per la massa ignorante – non
per i filosofi – perché ha la funzione etico-politica di educare il volgo ad accettare alcuni
insegnamenti speculativi, come l’esistenza di Dio, la sua provvidenza, la ricompensa
dei buoni e la punizione dei malvagi, imprimendo un abito di devozione e obbedienza.
A tal fine la Scrittura fa ricorso ad argomenti retorici e si serve di esempi concreti, sensibili, non di dimostrazioni scientifiche, astratte e universali, che risulterebbero incomprensibili ai più. Si tratta, come ho già dimostrato in un’altra sede, di uno dei luoghi in
cui il debito di Spinoza con la tradizione averroistica è più marcato. 4
1
Cfr. Karl Keuck, Historia. Geschichte des Wortes und seiner Bedeutungen in der Antike u. in den romanischen
Sprachen, Emsdetten, Lechte, 1934 ; Joachim Knape, Historie in Mittelalter und früher Neuzeit, Baden-Baden,
Koerner, 1984. Per l’uso del portoghese historia, oltre che nel senso di ‘storia vera’, nel senso di ‘favola’, con
particolare riferimento ad alcune storie bibliche, è fondamentale la testimonianza dell’Exame das tradiçoẽs
phariseas di Uriel da Costa (cfr. l’ed. critica a cura di O. Proietti, Macerata, eum, 2014, pp. 152, 164, 173, 227,
307, 329, 334, 338, 340). La stessa ambiguità è attestata nell’olandese geschiedenis, sia nel carteggio tra Spinoza
e Boxel (dove le geschiedenissen/historiae di spiriti o fantasmi non sono altro, per Spinoza, che beuzelingen/
nugae e inbeeldingen/imaginationes) sia in Adriaan Koerbagh, A Light Shining in Dark Places, ed. by M. Wielema, Leiden, Brill, 2001, ad es. pp. 286, 416, 436 nota e.
2
TTP vii, §2. Anche per « historia linguae Hebraicae », in TTP vii, §5, Spinoza intende una conoscenza sincronica e non diacronica dell’antica lingua ebraica. Per quest’uso di historia in età rinascimentale
e moderna cfr. Historia. Empiricism and Erudition in Early Modern Europe, ed. by G. Pomata and N. Siraisi,
Cambridge (Mass.), The mit Press, 2005. L’importanza delle opere di Bacone per l’evoluzione intellettuale
di Spinoza è ormai un dato acquisito da più di un secolo di storiografia. Per un recente status quaestionis,
rinvio a Jo Van Cauter, Daniel Schneider, Spinoza : A Baconian in the TTP, but Not in the Ethics ?, « Philosophies », vi, 2021, pp. 1-20.
3
L’uso del sintagma historia sacra è attestato in TTP iii, §8 : « Quod revera etiam tam profanae quam
sacrae historiae testantur ».
4
Cfr. Giovanni Licata, La via della ragione. Elia del Medigo e l’averroismo di Spinoza, Macerata, eum, 2013,
in part. pp. 262-265. Inoltre, sebbene non sia riferito al metodo proprio della Scrittura, ma più in generale al
metodo poetico e retorico, questo passo dal manuale dell’aristotelico Franco Burgersdijk, certamente noto
a Spinoza, è una fonte primaria, fin dal lessico, di questi paragrafi del Tractatus. Si confronti in particolare
TTP v, §14 con l’intero capitoletto intitolato : Methodus arbitraria est, quae, relicto ordine naturae, accomodata
l ’ historia sacra nel trattato teologico-politico di spinoza
235
Ma quali sono le historiae a cui il volgo deve prestare fede ? Le traduzioni ‘histories’,
‘récits historiques’ o ‘racconti storici’, che sembrano intendere historia nel senso di un
racconto di fatti realmente avvenuti (significato 2), possono indurre in errore il lettore
odierno. Tanto più che historiae non si riferisce in alcun modo ai libri ‘storici’ della Bibbia, secondo la divisione quadripartita cristiana dell’Antico Testamento (a differenza
della tripartizione ebraica in Torah, Nevi’im e Ketuvim, che ignora il genere dei libri ‘storici’). Dal canto suo Spinoza non fornisce nel cap. v alcun esempio biblico, in positivo,
di quale sia un’historia capace di produrre un insegnamento utile e salutare. Afferma
invece di sfuggita che alcune historiae – come i litigi di Isacco con i filistei per i pozzi
d’acqua (Gen 26,12-25) e i consigli che Achitofel diede ad Assalonne contro il re Davide
(2Sam 16,20-17,3) – non sono di alcuna utilità per il volgo, perché non impartiscono alcun insegnamento (doctrina). Lo stesso vale per la storia della guerra civile tra Giudei e
Israeliti, narrata nei due libri dei Re (cfr. ad es. 2Re 16,5), che più propriamente appartiene al genere dei chronica. 1 Spinoza precisa soltanto che le historiae sono sparse per tutto
l’Antico Testamento, perché la stessa doctrina si può ricavare sia dalle historiae presenti
nel Pentateuco che nei libri più tardi scritti al tempo di Ezra. 2
La ragione di questa ambiguità nell’uso del termine historia in relazione alle historiae
bibliche – storie vere o favole ? – risiede, a mio parere, in una delle varie forme di art of
writing, di cui il Trattato teologico-politico è uno dei capolavori indiscussi, come ha dimostrato Leo Strauss in Persecution and the Art of Writing. 3 Spinoza vuole infatti alludere
tra le righe a due tesi considerate nefande nel xvii secolo (e oltre) : (1) l’historia sacra,
est ad cognitionem confusam, sive ad captum vulgi, vel ad persuadendum, aut delectandum. 1. Si nobis docendi sint
homines […] qui mentem habent bene dispositam, utendum est haud dubie methodo naturali. Sed si nobis
res est cum vulgo, et cum hominibus, qui sensum habent exercitatiorem, quam intellectum, consulendum
est illorum captui : et priori loco tradenda sunt, non quae natura priora sunt, et simpliciter, sive quoad
cognitionem distinctam, notiora ; sed quae illis notiora sunt. 2. Ea methodo utuntur Oratores et Poetae,
quibus, praeter docendi institutum, propositum est, ut auditorem lectoremve moveant, atque oblectent,
eique persuadeant, quod a sua opinione saepe alienum est. Hos fines non facile assequuntur, nisi quadam
crypsi auditorem lectoremve decipiant. Haec crypsis consistit in omissione, additione, et inversione. Omittunt enim Oratores, quaecumque sibi nocitura sunt, aut taedium paritura auditoribus, etiamsi maxime
ad causam videantur pertinere : qualia sunt inter caetera, partes argumentationum infirmae, accuratae
definitiones, partitiones, transitiones etc. Adhibent etiam digressiones, quae etsi ad causae contentionem
non adeo pertineant, faciunt tamen ad auditorem reficiendum et detinendum. Denique probationes miro
artificio invertunt, ne ars ab auditore animadversa, suspecta sit, ejusque assensum impediat (F. Burgersdicii Institutionum logicarum libri duo, Lugduni Batavorum, Ex officina A. Commelini, 1645, pp. 381-382).
1
Spinoza dice qui chronica perché l’autore del libro dei Re afferma a più riprese che le gesta (devarim) dei
re di Israele e di Giuda sono descritte più approfonditamente nel libro delle cronache dei re di Israele e di
Giuda. Cfr. TTP viii, §10. Chronica traduce tradizionalmente l’ebraico divre ha-yamim (lett. ‘le cose dei giorni’), che è il modo più comune in ebraico antico e medievale per intendere il resoconto di fatti realmente
avvenuti. Soltanto in ebraico moderno si usa il prestito historia per intendere, come in diverse lingue europee, i fatti del passato (gesta) e il loro racconto storiografico (historia rerum gestarum). In ebraico post-biblico
è comune l’uso del termine sippur nel senso generico di ‘racconto’ di fatti reali o immaginari (ad esempio,
nella versione ebraica del Commento medio di Averroè alla Poetica, sippur traduce in ultima istanza μῦθος).
2
TTP v, §17.
3
Rinvio al celebre saggio How to Study Spinoza’s ‘Theological-Political Treatise’ per approfondire la questione dell’esoterismo del Trattato. In particolare, presuppongo qui quattro principi ermeneutici già evidenziati da Strauss : 1. il TTP non può essere letto come un ‘trattato’, nel senso di opera coerente e sistematica ;
2. Spinoza si contraddice consapevolmente in diversi luoghi cruciali, alludendo tuttavia a dottrine al suo
tempo indicibili ; 3. la principale dottrina esoterica del TTP è la negazione assoluta del soprannaturale e di
ogni forma di rivelazione divina ; 4. le affermazioni apparentemente ortodosse e a volte lusinghiere sulla
natura di Cristo, che hanno fatto spendere fiumi di inchiostro su un avvicinamento di Spinoza al cristianesimo, sono dottrina puramente essoterica.
236
giovanni licata
per come è narrata nei libri biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento, può e deve
essere sottoposta al vaglio della critica razionale, allo stesso modo dell’historia profana ; 1
(2) molte historiae bibliche, poiché narrano di fatti inverosimili, irrazionali o contro le
leggi di natura, come i miracoli, non possono essere considerate ‘racconti storici’, ma
favole edificanti per il volgo o, ancora peggio, meri racconti fantastici. Ma andiamo con
ordine. Verso la fine del cap. v, Spinoza inizia a spiegarsi meglio :
la fede nelle historiae, quali che siano, non pertiene alla legge divina, 2 né di per sé rende gli uomini beati, e non possiede alcuna utilità [utilitas] se non in relazione al suo insegnamento [nisi
ratione doctrinae], cioè per l’unica ragione per cui alcune historiae eccellono sulle altre. I racconti
[narrationes] contenuti nel Vecchio e nel Nuovo Testamento sono dunque superiori a quelli profani, e tra questi racconti alcuni eccellono sugli altri, in ragione delle opinioni salutari che da essi
conseguono. Pertanto, chi, avendo letto le historiae della S. Scrittura, avrà fede in esse, ma non
considererà l’insegnamento [doctrina] che la Scrittura vuole impartire, né correggerà la sua vita,
sarà simile a chi avrà letto, con l’attenzione propria del volgo, il Corano o le favole teatrali dei
poeti o almeno le comuni cronache [Alcoranum aut poetarum fabulas scenicas aut saltem communia
chronica]. E a sua volta, come dicemmo, chi ignora del tutto tali historiae e nondimeno possiede
opinioni salutari e una vera regola di vita, costui è senz’altro beato e ha in sé lo spirito di Cristo. 3
Si noti innanzitutto che qui, come in altri luoghi del Trattato, Spinoza considera sinonimici i termini historiae e narrationes. In secondo luogo, è significativo il climax tra Corano, opere teatrali – rientranti nel campo delle fabulae, sebbene nel primo caso, della
fabula perniciosa e non soltanto inutile 4 – e cronache storiche, che, seppur narrando
fatti realmente accaduti, non sono strumenti pedagogici efficaci, per la loro intrinseca
prolissità e noiosità. Inoltre, l’utilitas 5 delle historiae bibliche, per Spinoza, non è legata
al fatto di riferirsi a eventi realmente accaduti, ma è relativa unicamente al fatto che,
in chi ci crede, produca un reale cambiamento morale. Nel paragrafo precedente, Spinoza aveva precisato che tali historiae, per potere « movere animos ad obedientiam et
devotionem », dovevano essere costituite dal racconto di eventi singolari e inattesi, i
quali, molto più dell’insegnamento morale, riescono a catturare l’attenzione del volgo
(magis narrationibus, et rerum singulari et inexpectato eventu, quam ipsa historiarum
doctrina [vulgus] delectatur »). 6 Soltanto a partire dal cap. vi si inizierà a comprendere
che gli eventi singolari e inattesi, a cui fa un po’ oscuramente riferimento Spinoza, non
sono altro che gli eventi miracolosi. 7
1
Un punto già acutamente notato da Arnaldo Momigliano in The Classical Foundations of Modern
Historiography, Berkeley, University of California Press, pp. 27-28.
2
Per ‘legge divina’ Spinoza si riferisce alla legge morale o religione naturale e razionale che è inscritta
nella mente dell’uomo, di cui Spinoza ha parlato nel cap. iv del Trattato. Cfr. Giovanni Licata, Lex naturalis e religio naturalis nel Trattato teologico-politico di Spinoza, in Letture di Spinoza per il nuovo millennio, a
3
cura di P. Totaro e G. Licata, Roma, sue, 2023, pp. 226-243.
TTP v, §19.
4
Si tratta dell’unica citazione del Corano nel Trattato. Il giudizio sprezzante sul testo sacro dell’islam è
puramente retorico, in linea con il pensiero dell’epoca. Per un giudizio più irenistico, cfr. Epistola xliii-G
(in Spinoza, Opere, cit., p. 1441).
5
Come era già stato osservato da Manuel Joël (Spinoza’s Theologisch-politischer Traktat auf seine Quellen
geprüft, Breslau, Schletter, 1870, pp. 54-55) i §§17 e 19 del cap. v nascondono un debito cospicuo, solo in parte
polemico, con la Guida dei perplessi di Maimonide, iii, 50, sulla questione dell’utilità (to‘elet) dei racconti
biblici (sippurim).
6
TTP v, §18. Non è casuale, in TTP v, §§16-18, l’uso dei verbi – docere, delectare, movere – con cui, da
Cicerone in poi, si indicavano le qualità richieste al perfetto oratore nella costruzione di discorsi retoricopersuasivi.
7
Il nesso tra inexpectatum e miraculum era già stato posto in TTP iii, §5, in fine. In TTP vi, §5 il miracolo
l ’ historia sacra nel trattato teologico-politico di spinoza
237
Nel celebre cap. vi del Tractatus, dedicato alla negazione della possibilità ontologica
dei miracoli, Spinoza vuole mostrare, attraverso l’analisi di alcune historiae bibliche,
« quae casu, prolixius et pluribus circumstantiis, narrantur » (§12), che molti miracoli sembrano essersi verificati soltanto perché raccontati poeticamente. Infatti, per un
verso, in tali racconti si utilizza l’espressione ‘decreto’ o ‘parola di Dio’ in senso figurato, cioè come lo stesso agire o ordine della natura ; per l’altro, si omettono le cause
naturali dal racconto in modo da rendere l’evento descritto straordinario e degno di
meraviglia (admiratio) agli occhi del volgo. 1 Tra i vari esempi presenti in TTP vi, §§13-14,
in cui Spinoza adotta un’interpretazione naturalistica dei miracoli – una prassi esegetica già ampiamente utilizzata dai filosofi ebrei medievali di tendenza razionalistica e
averroistica 2 –, viene citato il miracolo forse più spettacolare dell’Antico Testamento :
l’apertura del Mar Rosso, narrato in Esodo 13,17-14,31, grazie a cui gli israeliti, guidati da
Mosè, riuscirono a fuggire dagli egiziani che li inseguivano. In realtà, secondo Spinoza,
il comando di Dio (jussum Dei) non era altro, in questo caso, che la trascrizione poeticoletteraria di un fenomeno naturale : il vento Euro, che soffiò violentemente tutta la
notte. Non può essere insignificante l’intromissione della figura mitologica di Euro, la
personificazione del violento vento orientale che, secondo Ovidio, dopo la creazione
del mondo, « si ritirò dalla parte dell’aurora, nel regno dei Nabatèi [cioè nella regione
dell’Antico Egitto] e nella Persia » (Metamorfosi i, v. 61). Con questa commistione di
miti, ripresa, come vedremo sotto, in TTP vii, §15, Spinoza voleva alludere al fatto che
buona parte delle historiae bibliche aveva lo stesso valore, dal punto di vista della verità
storica, della mitologia greco-latina. 3 Si noti inoltre che ponendo, sempre in TTP vi,
§14, un’analogia formale tra il racconto del ‘miracolo’ del profeta Eliseo, in 2Re 4,34-35,
che risuscitò il bambino creduto morto, e il ‘miracolo’ di Gesù nel Vangelo di Giovanni
9,1-11, che fece riacquisire la vista al cieco, Spinoza anticipa (prudentemente) di alcuni
decenni la critica ai miracoli del Nuovo Testamento, proseguita dai deisti inglesi e gli
illuministi francesi nel xviii secolo. 4
Fino al §14 del cap. vi Spinoza ha riportato alcune historiae di miracoli che, seppur
narrate poeticamente, si riferiscono a eventi la cui realtà storica Spinoza non sembra
voler negare, come la fuga degli antichi Ebrei dalla schiavitù egiziana (così come le
è definito come « opus, cujus causam naturalem exemplo alterius rei solitae explicare non possumus ». In
TTP vii, §3, Spinoza dirà esplicitamente che le historiae bibliche consistono in grandissima parte di miracoli,
ovvero di narrationes rerum insolitarum naturae. Inoltre, si ricordi che l’admiratio, ovvero la passione provocata dal miracolo (cfr. TTP vi, §7 e 13), è definita nell’Ethica in relazione a una res singularis che ammalia la
mente (pars iii, aff. def. iv).
1
Cfr. TTP vi, §§12-14. Si noti in TTP vi, §13 lo stretto nesso tra imaginatio, admiratio e devotio che connette
questo passo sulla funzione dei miracoli al passo sulla fides historiarum in TTP v, §§16-18 (con ripresa variata
di alcuni sintagmi, tra cui « ad obedientiam et devotionem eorum animis imprimendum »).
2
Cfr. Isaac Barzilay, Yoseph Shlomo Delmedigo (Yashar of Candia), Leiden, Brill, 1974, pp. 302-303 ; O. Proietti, Saggio introduttivo, in Da Costa, Exame das tradiçoẽs phariseas, cit., pp. 45-46, 63.
3
Il ventus fortissimus che scaccia le cavallette e provoca l’apertura del mar Rosso (cfr. TTP vi, §14) è lo
stesso ventus fortissimus con cui, secondo Spinoza, deve essere inteso ruach Elohim in Genesi 1,2 (cfr. TTP i,
§25), ossia il vento primordiale della creazione biblica. La naturalizzazione di questo ‘miracolo’ era già stata
resa possibile dall’interpretazione che Maimonide dà degli stessi versetti nella Guida dei perplessi i, 40. Sebbene non sia esplicitato, con la citazione di Euro, è certo che Spinoza abbia pensato al racconto di creazione
parallelo in Metamorfosi i, vv. 5-68.
4
Cfr. per un breve excursus Peter Bietenholz, Historia and Fabula. Myths and Legends in Historical
Thought from Antiquity to the Modern Age, Leiden, Brill, 1994, pp. 311-335, che si può consultare con profitto
per una più ampia prospettiva sul problema del rapporto tra verità storica e finzione.
238
giovanni licata
historiae che si riferiscono all’ordinamento politico degli antichi Ebrei, analizzate nei
capp. xvii-xix del Trattato). Invece nel §15 del cap. vi Spinoza prende in considerazione
le historiae bibliche che non possono essersi verificate, perché « non si possono affatto spiegare attraverso le loro cause naturali : ad esempio, che i peccati e le preghiere
dell’uomo possono causare la pioggia e l’infertilità della terra o che la fede poté sanare
i ciechi, e altre cose di questo tipo, che sono narrate nella Bibbia ». 1 E continua con una
riflessione che vale qui la pena riportare per intero :
La Scrittura non spiega [docere] le cose attraverso le loro cause prossime, ma si limita a raccontarle [narrare] con quell’ordine e quelle frasi, che possono spingere maggiormente gli uomini,
in particolare il volgo, alla devozione [ad devotionem movere] ; per questa ragione parla molto impropriamente di Dio e delle cose, perché non cerca di convincere con la ragione, ma di colpire e
riempire la fantasia 2 e l’immaginazione [phantasiam et imaginationem] degli uomini. Se la Scrittura narrasse la distruzione di qualche impero come fanno gli storici politici [historici politici], non
commuoverebbe [commoveret] affatto la plebe ; otterrebbe invece la massima commozione se
dipingesse ogni cosa poeticamente [poetice depingat] e la riferisse a Dio, come appunto suol fare.
Quando dunque la Scrittura narra che la terra è sterile per i peccati degli uomini o che i ciechi
erano sanati per la fede, non ci deve procurare maggior turbamento di quando narra che Dio si
adira per i peccati umani, si contrista, si pente del bene promesso o compiuto, o che vedendo un
segno si ricorda della promessa fatta : tutte espressioni, come numerose altre, formulate poeticamente o riferite secondo le opinioni e i pregiudizi dello scrittore [vel poetice dicta sunt vel secundum
scriptoris opiniones et praejudicia relata]. 3
Se si hanno presenti le principali opere di teoria della storia del xvii secolo, note o facilmente accessibili a Spinoza, è evidente che i vari passi del TTP citati sono da leggere
tenendo presente la distinzione tradizionale tra historia e poesis o tra ufficio dell’historicus e ufficio del poeta. Basta citare, in questa sede, due autori ben noti all’autore del
Tractatus, non fosse che per la loro presenza nel catalogo della sua biblioteca. Gerhard
Johann Voss(ius) nella sua Ars historica (1623) – uno dei più fortunati manuali di metodo
storico del xvii secolo 4 – affermava, ripetendo un’idea rinvenibile in molte artes historicae che proliferarono a partire dal Rinascimento :
Sane historicus omnia vero metitur, nec aliter res narrat, quam gestae sunt ; poeta vero imitatur,
resque narrat, quomodo fieri potuerunt, aut debuerunt. Adhaec historia actiones plurimas comprehendit, ac pro ordine, quo quaeque gesta est, aliam alii accudit. Poeta vero unam sibi actionem imprimis proponit ; caeterae ei sunt episodia ; nec eas refert, nisi quatenus actioni principi
inserviunt. Cumque historicus ordinem temporis fere sectetur ; poeta ordinem eum negligit,
saepeque a mediis incipit. Poeta decoro in personis studet ; historicus nihil pensi habet, num
decorum servetur, an violetur, dummodo ne a vero aberret. 5
In quegli stessi anni Francis Bacon distingueva l’intero sapere umano sulla base della
tripartizione delle facoltà cognitive dell’anima, riconducendo la storia alla memoria, la
1
TTP vi, §15. Accetto l’evidente emendazione proposta da Proietti : « infertilitatis causa » (in Spinoza,
Opere, cit., p. 1603 n. 11).
2
Phantasia è hapax nel TTP. Dato il contesto potrebbe essere una reminiscenza del legame che Bacone
3
pone tra poesis e phantasia ?
TTP vi, §15.
4
Cfr. Nicholas Wickenden, G. J. Vossius and the Humanist Concept of History, Assen, Van Gorcum, 1993.
5
G. J. Vossius, Ars historica, Lugduni Batavorum, Ex officina Joannis Maire, 1653, cap. iii, pp. 12-13. Cfr.
anche Luciano, Quomodo historia conscribenda sit, cap. 8 (trad. it. in L. Canfora, Teorie e tecnica della storiografia classica, Roma-Bari, Laterza, 1974, pp. 46-47). Per l’importanza di questo testo e in generale degli
scritti di Luciano di Samosata per Spinoza, cfr. O. Proietti, La città divisa. Flavio Giuseppe, Spinoza e i farisei,
Roma, Il Calamo, 2003, pp. 229-245.
l ’ historia sacra nel trattato teologico-politico di spinoza
239
poesia alla fantasia e la filosofia alla ragione. Distanziandosi dall’autorità di Aristotele
(Poetica, 1451a 36 sgg.), oggetto della poesia – per il Verulamio – non sono gli eventi possibili, ma quelli del tutto irreali e impossibili (mentre era del tutto aristotelica l’idea che
alla poesis fosse accidentale il verso o la prosa). Sempre contro Aristotele, la poesia non
si occupa di universali, ma tratta di individui immaginari a imitazione degli individui
reali di cui si occupa la storia. 1 La poesia del genere narrativo (poesis narrativa), inoltre,
è quella che si avvicina di più alla storia, se non per il fatto che esagera l’esposizione
dei fatti oltre il credibile, e perché a differenza della storia vera, che tende per la sua
oggettività e ripetitività ad annoiare il lettore, infarcisce la narrazione di vicende varie e
inaspettate (« inexpectata et varia et vicissitudinum plena canens »). E ancora, a differenza della storia, la poesia narrativa corregge l’andamento naturale delle cose, inserendo
un messaggio morale : ad esempio che alle azioni meritevoli segua una ricompensa. 2
Ugualmente degno di nota il passaggio dedicato all’importanza della poesia ‘parabolica’ e delle parabolae, di cui, secondo Bacone, la religione si serve per comunicare velatamente sublimi verità teologiche e filosofiche. 3 Tutto il Trattato è stato scritto esplicitamente per confutare questa idea, che Spinoza tuttavia attribuisce a Maimonide.
Non può però passare inosservato che, per Spinoza, l’historia sacra abbia gli stessi
tratti della poesis narrativa descritta da Bacone : una posizione considerata a quell’epoca
radicalmente blasfema e che ovviamente né Bacone né Vossius – per i quali l’historia
sacra, in quanto rivelata, era historia vera – potevano minimamente condividere. 4 Bisognerà attendere, com’è noto, il xviii secolo, perché si insinui negli ambienti più disincantati della cultura europea la consapevolezza che la Bibbia appartenga più al dominio
della poesis e della fabula che a quello dell’historia. 5 Da questo punto di vista non si può
non essere d’accordo con chi ha visto nel Tractatus spinoziano una delle pietre miliari
dell’illuminismo radicale.
Nei §§17-19 del cap. vi, Spinoza enuncia una regola ermeneutica, che avrebbe potuto
ricavare dai teorici e precettisti dell’ars historica, 6 secondo cui, per comprendere se gli
1
Francesco Bacone, De dignitate et augmentis scientiarum Libri ix, apud F. Moyardum et A. Wijngaerde,
1645, Lugd. Batav., ii, 1, pp. 121-122 : « Per Poesim, hoc loco intelligimus non aliud, quam historiam confictam,
sive fabulas. Carmen enim styli quidam character est, atque ad artificia orationis pertinet. […] Historia
proprie individuorum est, quae circumscribuntur loco et tempore. […] Poesis, eo sensu quo dictum est,
etiam individuorum est, confictorum ad similitudinem illorum, quae in historia vera memorantur ; ita
tamen ut modum saepius excedat, et, quae in rerum natura nunquam conventura aut eventura fuissent,
ad libitum componat et introducat ; quemadmodum facit et Pictoria. Quod quidem Phantasiae opus est ».
Si veda anche la trad. italiana in Francesco Bacone, Opere filosofiche, a cura di E. De Mas, Bari, Laterza,
1965, vol. ii, p. 87.
2
3
Ivi, ii, 13, pp. 166-169 (trad. it. pp. 121-123).
Ivi, ii, 13, pp. 170-173 (trad. it. pp. 123-125).
4
Cfr. ivi, ii, 1 e 2 ; Vossius, Ars historica, cit., cap. vii ; Wickenden, G. J. Vossius, cit., pp. 110-115.
5
Cfr. Peter Bietenholz, Historia and Fabula, cit. ; Paul Hazard, La crise de la conscience européenne
(1680-1715), Paris, Boivin, 1935 ; Jonathan I. Israel, Radical Enlightenment. Philosophy and the Making of Modernity (1650-1750), Oxford, Oxford University Press, 2001 ; Bertram E. Schwarzbach, Voltaire’s Old Testament
Criticism, Genève, Droz, 1971.
6
Cfr. Nicholas Wickenden, G. J. Vossius, cit., pp. 90-104. Dal catalogo della sua biblioteca risulta che
Spinoza conosceva, oltre alle opere di Vossius, quelle di Bartholomaeus Keckermann. Rimane ancora da indagare l’influenza dei trattati di metodologia e critica storica profana sul metodo di esegesi biblica del TTP.
Pionieristica, ma rimasta quasi lettera morta, la ricerca di Stanislaus von Dunin Borkowski, Spinoza,
Dritter Teil, Münster, Aschendorff, 1936, pp. 161-308 ; vd. anche Anthony Grafton, Baruch Spinoza Reads
the Bible, in Inky Fingers, Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 2020, pp. 232-253. Più in generale,
Girolamo Cotroneo, I trattatisti dell’ars historica, Napoli, Giannini, 1971 ; Anthony Grafton, What was
History ? The Art of History in Early Modern Europe, Cambridge, Cambridge University Press, 2007.
240
giovanni licata
eventi di cui si narra sono accaduti realmente è necessario conoscere chi sia l’autore
della storia, quali le sue opinioni, le sue intenzioni (oggi diremmo : la sua ideologia) ed
eventualmente i suoi pregiudizi. Anche in questo caso Spinoza, a differenza dei suoi
predecessori, applica in maniera dirompente questo precetto all’historia sacra e non
soltanto a quella profana. Infatti, come si è detto in TTP v, §§14-15 e in TTP vi, §15, si
possono dare due spiegazioni per il fatto che lo storico di res sacrae narri eventi impossibili o inverosimili. La prima spiegazione è che abbia avuto l’intenzione di edulcorare
poeticamente un racconto, al fine di impartire un insegnamento adattato al livello di
comprensione del volgo (ad captum plebis accomodatum). La seconda è che sia stato egli
stesso schiavo dei propri pregiudizi. 1 In entrambi i casi, tuttavia, il risultato non cambia,
perché dal punto di vista della filosofia, cioè della verità, si tratta di storie immaginarie
o fantastiche :
Nella Scrittura si raccontano molte cose come reali – e che tali erano credute – le quali tuttavia
non furono altro che rappresentazioni e cose immaginarie [res imaginariae], come ad esempio
che Dio (l’ente sommo) sia disceso dal cielo [e coelo descenderit] (vedi Esodo 19,18 e Deuteronomio 5,19), che il monte Sinai emettesse del fumo perché Dio, circonfuso di fuoco, era disceso su
di esso [supra eundem descenderat], che Elia salisse in cielo [ad coelum ascenderit] con un carro e con
cavalli di fuoco : tutte cose che, certamente, non furono che rappresentazioni [repraesentationes],
adattate alle opinioni di quanti ce le tramandarono come apparvero a loro, cioè come realtà effettive. […] Numerosissimi accadimenti della Scrittura sono adattati a queste o a simili opinioni
[erronee] : i filosofi non debbono perciò accogliere tali accadimenti come reali. 2
Non bisogna certo essere un lettore particolarmente malizioso per intravedere dietro
all’impossibilità che Dio potesse discendere dal cielo (e coelo descenderit) e che il profeta Elia potesse ascendere in cielo (ad coelum ascenderit) un’allusione ai dogmi cristiani
dell’incarnazione e della resurrezione di Cristo, 3 tanto più che era noto a tutti gli esegeti cristiani, fin dalla Patristica, che l’ascensione in cielo di Elia era figura, in senso
tecnico, dell’ascensione di Cristo. 4 La virulenza anticristiana – e in generale antireligiosa – di questo passo è confermata, oltre che dall’epistolario, 5 da TTP vii, §15 : una delle
pagine più audaci del Trattato, che tuttavia non è stata, a mia conoscenza, compresa
nella sua radicalità dalla maggioranza dei critici moderni, a causa di un banale errore di
stampa dell’editio princeps, la cui emendazione, proposta da Omero Proietti, non è stata
recepita nell’ultima edizione critica a cura di Fokke Akkerman. In questo passo – che
ribadisce l’importanza della regola ermeneutica enunciata in TTP vi, §§17-19 sull’importanza di conoscere la vita e le opinioni dell’autore di un testo letterario e le finalità
1
In quest’ultimo caso è la ‘verità’ storica che è adattata (accomodata) allo storico : cfr. anche TTP vii, §3.
Per le fonti del concetto esegetico di accomodatio, ampiamente adoperato da Spinoza, spesso con l’espressione tradizionale ad captum + genitivo, si veda Arnold Huijgen, Divine Accommodation in John Calvin’s
Theology, Göttingen, Vandenhoeck, 2011 ; The Philosophers and the Bible. The Debate on Sacred Scripture in Early
Modern Thought, Brill, ed. by A. Del Prete, A. Schino, P. Totaro, Leiden, Brill, 2022, pp. 215-291.
2
TTP vi, §19.
3
Si notino le stesse espressioni del Simbolo niceno-costantinopolitano : « Propter nos homines et propter
nostram salutem descendit de caelis. […] et resurrexit tertia die […] et ascendit in caelum » (cfr. sul tema,
per come poteva essere noto a Spinoza, G. J. Vossius, Dissertationes tres de tribus symbolis, Amsterdami,
4
Apud I. Blaeu, 1642).
Cfr. Gian Roberto Sarolli, Enciclopedia Dantesca, s.v. Elia.
5
La negazione della realtà storica dell’incarnazione e della resurrezione di Cristo, quest’ultima da interpretare allegoricamente, è affidata alle Epistole lxxiii-G e lxxv-G, dove si noti che Spinoza svela il rebus
di TTP vi, §19, facendo diventare Cristo, e non più Elia, il soggetto di ad coelum ascenderit, pur mantenendo
l’esempio della discesa di Dio sul monte Sinai (cfr. Omero Proietti, Agnostos theos. Il carteggio SpinozaOldenburg (1675-1676), Macerata, Quodlibet, 2006, p. 172 e p. 173 n. 9).
l ’ historia sacra nel trattato teologico-politico di spinoza
241
che si proponeva, soprattutto quando si tratta di libri che contengono « res incredibiles
aut imperceptibiles » – l’historia sacra di Elia viene messa sullo stesso piano delle nugae
raccontate nell’Orlando furioso di Oriosto e delle res poeticae (o fabulae secondo le teorie
estetico-letterarie dell’epoca) 1 narrate nelle Metamorfosi di Ovidio. Merita qui riportare
l’intero passo emendato :
Accade molto spesso di leggere historiae simili in libri diversi, sui quali emettiamo un giudizio
diverso a seconda delle opinioni che abbiamo sugli scrittori. Ricordo di aver letto un tempo, 2 in
un libro intitolato 3 Orlando furioso, di un uomo [i.e. Ruggiero] che era solito cavalcare un mostro alato [i.e. l’ippogrifo], sorvolare qualunque regione volesse, trucidare da solo un numero
ingente di uomini e giganti, e altre fantasie [phantasmata] di questo genere, le quali in relazione
all’intelletto sono del tutto incomprensibili [imperceptibilia]. Un’historia simile a questa avevo già
letto in Ovidio su Perseo, e un’altra, infine, nei Libri dei Giudici [15,9-16] e dei Re [2Re 2,11], su
Sansone (che da solo e disarmato trucidò migliaia di uomini) e su Elia (che volteggiava nell’aria
e infine raggiunse il cielo con un carro e cavalli di fuoco). Queste, io dico, sono historiae del tutto
simili, e tuttavia su ciascuna ci formiamo un giudizio molto dissimile : cioè che il primo autore
[i.e. Ariosto] volle scrivere solo cose futili [nugas], il secondo [i.e. Ovidio] cose poetiche [res poeticas], 4 il terzo cose sacre [res sacras]. 5
In questo caso non ci troviamo di fronte a historiae bibliche capaci di produrre conseguenze salutari dal punto di vista morale, così come Spinoza aveva affermato in TTP v,
§§15-19, ma a racconti del tutto analoghi ai miti greco-latini o alle favole della letteratura
fantastica. 6 Che la distinzione tra nugae, res poeticae e res sacrae non sia soltanto una separazione, in apparenza del tutto sensata, di generi letterari diversi, ma voglia in realtà
alludere al fatto che l’historia sacra – quando narra di eventi incomprensibili o miracolosi – non è diversa dalla fabula, è evidente per le ragioni seguenti : 1. un’historia è vera o
falsa a prescindere da chi l’abbia raccontata, essendo la ragione l’unico criterio di verità
o falsità ; 7 2. se, come Spinoza ha argomentato nel cap. vi del Trattato, i miracoli sono
1
Cfr. ad esempio G. J. Vossius, Poeticarum Institutionum libri tres, Amstelodami, apud L. Elzevirium, 1647,
i, cap. 2, p. 6 : « Poetae itidem imitantur actiones humanas, sed fingunt fabulas, quibus exprimunt actiones
humanas » ; p. 7 : « Fabula dicitur sermo veri imitatione confictus » ; p. 8 : « Fictis potius, quam veris, eo utuntur poetae ; quia mirifica narratione magis animos movent plebeios » (quest’ultimo precetto è da leggere in
connessione con TTP vi, §15 citato sopra).
2
Pur conoscendo l’italiano, è probabile che Spinoza abbia letto l’Orlando furioso in traduzione spagnola.
La prima traduzione di Jerónimo Jiménez de Urrea (1549) ha avuto almeno diciotto edizioni nel xvi secolo ;
cfr. Amos Parducci, Note sulle traduzioni spagnole dell’Orlando Furioso, « Annali della R. Scuola Normale
Superiore di Pisa », iv, 3, 1935, pp. 243-254.
3
Come giustamente affermato da Proietti, si deve intendere « in libro quodam […] cui nomen [= titulus]
erat Orlandus furiosus » (in Spinoza, Opere, cit., p. 1605). Continua ivi Proietti : « Piuttosto precisa è la conoscenza spinoziana dell’Orlando furioso. In poche righe, Spinoza cita infatti i libri iv, 44-46 ; x, 64-66 (Ruggero e
l’ippogrifo) ; il libro x, 67-77 (viaggio volante dall’Asia a Londra) ; il libro xxvii, 23-30 (strage di cristiani) ecc.
Giunge anzi a postulare, come fonte del Ruggero ariostesco, Ovidio, Metamorphoses iv, 614-803 ; v, 1-249 ».
4
Si emendi qui poeticas al posto dell’assurdo politicas nel testo della princeps (cfr. Omero Proietti, Adulescens luxu perditus. Classici latini nell’opera di Spinoza, « Rivista di filosofia neo-scolastica », lxxvii, 1985 p.
5
256 ; e poi in Spinoza, Opere, cit., p. 1605).
TTP vii, §15.
6
L’accostamento delle storie bibliche alla mitologia greco-latina era una tipica strategia libertina e poi
illuministica per desacralizzare la Scrittura. Cfr. René Pintard, Le libertinage érudit dans la première moité
du xviie siècle, Genève, Slatkine, 1983, pp. 144, 531-533 (in riferimento a La Mothe le Vayer) ; Anna Lisa
Schino, Batailles libertines. La vie et l’œuvre de Gabriel Naudé, Paris, Honoré Champion, 2020, pp. 176-177 ;
Schwarzbach, Voltaire, cit., pp. 179-191. Va infine ricordato come miniera di mitologia comparata il De
theologia gentili di G. J. Vossius (Amsterdami, apud Blaeu, 1641, p. 169 : parallelo tra Sansone ed Ercole).
7
Cfr. il passo già citato di TTP vi, §19 e la distinzione tra senso e verità della Scrittura in TTP vii, 5.
242
giovanni licata
impossibili, tutte le historiae che contengono miracoli o sono false o sono raccontate
poeticamente ; 3. ma poiché, secondo Spinoza, le historiae bibliche consistono in grandissima parte di miracoli, 1 buona parte delle historiae dell’Antico e del Nuovo Testamento, appartengono in realtà al genere della poesis o della fabula ; 4. se si tiene a mente
che nei capitoli viii-x Spinoza dimostrerà, tra le varie cose, che la decisione di includere
alcuni libri della tradizione ebraica all’interno del canone di libri ‘sacri’ fu dovuta ad
un’operazione ideologica dei farisei del secondo Tempio ; e se si aggiunge a ciò, che
nel cap. xii Spinoza affermerà che la Scrittura non è ‘sacra’ per sé stessa, ma soltanto
per la dottrina morale che essa insegna, ne consegue che la categoria di autore ‘sacro’,
utilizzata in TTP vii, §15 in contrapposizione ad autore profano, è del tutto insincera o,
più propriamente, è dottrina essoterica. L’autore di storie ‘sacre’, infatti, esattamente
come l’autore di storie profane, può raccontare fatti inventati, inverosimili o assurdi.
Nel caso di Adamo e di Giobbe, Spinoza nega, contro l’esegesi allegorico-filosofica
di Maimonide, che la loro historia sia da intendersi come una parabola, termine latino
che traduce l’ebraico mashal (‘allegoria’ o ‘metafora’). Tuttavia, le historiae di Adamo
e di Giobbe – dove il corrispettivo ebraico di historia, sulla base del Moreh nevukhim
di Maimonide e della tradizione filosofica successiva, è il termine sippur (‘racconto’ o
‘narrazione’) 2 – non vanno intese come una storia vera ma come racconto fantastico o
simplex narratio. 3
In conclusione, nel Trattato Spinoza non ha voluto soltanto mostrare che la Bibbia
non è un’opera filosofica o scientifica – una tesi sostenuta esplicitamente senza alcuna
ambiguità. La Bibbia non è neppure un’opera storiograficamente attendibile. Abbiamo
visto infatti che l’Antico e il Nuovo Testamento sono infarciti di racconti inverosimili,
e sebbene si riferiscano anche a eventi realmente accaduti o a personaggi realmente esistiti, appartengono in realtà più al genere della poesis o della fabula che a quello
della storiografia. Poiché inoltre la storia del popolo ebraico si inserisce pienamente
all’interno della storia universale non si può ricorrere unicamente alla Bibbia – sia per
l’inattendibilità dei racconti o dei miti in essa confluiti sia per l’inaccuratezza della sua
redazione e tradizione testuale – per restituire un quadro storico di ‘come sono andate
veramente le cose’. È necessario, come Spinoza fa più volte, ricorrere a fonti extrabibliche o profane, come Flavio Giuseppe, e anche servirsi, come si è cercato di fare a
partire dal xix secolo e si fa ancora oggi, delle testimonianze archeologiche e letterarie
del Vicino Oriente. 4
1
« historiae miracula potissimum continent, hoc est (ut in superiore capite ostendimus), narrationes
rerum insolitarum naturae, opinionibus et judiciis historicorum, qui eas scripserunt, accomodatas » (TTP
vii, §3).
2
Rinvio ad altra sede lo studio del concetto di sippur nella filosofia ebraica. Anticipo soltanto che per
Maimonide i sippurim sono i racconti della Bibbia ebraica che non contengono leggi ma insegnamenti salutari (cfr. Guida dei perplessi iii, 50). Inoltre, nella traduzione ebraica del Compendio di Averroè alla Repubblica
di Platone, i sippurim sono i miti religiosi con cui si viene educati fin dall’infanzia e che i governanti devono
raccontare ai governati per il bene della comunità politica.
3
Su Giobbe cfr. TTP ii, §19 e x, §8 (in part. si noti l’accostamento tra la storia di Giobbe e il Deorum concilium di Luciano, presente nella biblioteca spinoziana : « Crederei con Aben Ezra che il libro [di Giobbe] sia
stato tradotto da un’altra lingua, dato che sembra tendere alla poesia dei gentili [gentilium poesin] : il padre
degli dei, infatti, convoca due volte un concilio, e Momo, che qui è chiamato Satana, biasima in totale libertà la parola di Dio »). Sull’historia di Adamo come simplex narratio cfr. TTP iv, §11. Per l’implicita polemica
contro Maimonide in questi luoghi del TTP, cfr. Giovanni Licata, La via della ragione, cit., pp. 265-272.
4
Cfr. Mario Liverani, Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele, Roma-Bari, Laterza, 2003 ; Israel Finkelstein, Neil A. Silberman, Le tracce di Mosè, La Bibbia tra storia e mito, Roma, Carocci, 2018.
l ’ historia sacra nel trattato teologico-politico di spinoza
243
La negazione dell’opinione comune che attribuiva assoluta verità all’historia sacra, in
quanto rivelata, è una dottrina esoterica del Trattato. Spinoza si è espresso tra le righe
e ambiguamente, consapevole, forse, di essersi spinto troppo in là rispetto allo spirito
del suo tempo e rispetto al fine principale del Trattato : l’autonomia della filosofia dalla
teologia. La Bibbia, per Spinoza, appartiene dunque al dominio della letteratura universale. Essa inoltre, come tutti i grandi classici, contiene insegnamenti etici – justitia
e charitas – di fondamentale importanza per l’educazione umana e civile. Sotto questo
punto di vista – avrebbe ammesso Spinoza – non c’è differenza alcuna se si legge la
Bibbia, le tragedie greche, il romanzo filosofico di Ibn Tufayl, il teatro di Seneca o di
Shakespeare : « sono parimenti sacri i libri che narrano e insegnano cose ottime, in qualsiasi lingua e da qualsiasi nazione siano stati scritti ». 1
1
TTP x, §9.
co m p osto in ca r atte re serr a dant e dalla
fa b r izio se r r a e dito re, pisa · roma.
sta m pato e ril e gato nella
t i po gr a fia di ag na n o, ag nano pisano (pisa).
*
Settembre 2023
(c z 2 · f g 1 3 )