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A RC H I V I O DI FILOSOFIA A RC H I V E S O F P H I L O S O P H Y FILOSOFIA E RELIGIONE CIVILE: UN PROBLEMA STORICO Editor Stefano Bancalari, Sapienza Università di Roma, Italia Associate Editors Enrico Castelli Gattinara, già ehess di Parigi, France Francesco Paolo Ciglia, Università di Chieti, Italia Pierluigi Valenza, Sapienza Università di Roma, Italia Editorial Board Francesco Botturi, Università Cattolica di Milano, Italia; Bernhard Casper†, Università di Friburgo in B., Deutschland; Ingolf Dalferth, Università di Zurigo, Suisse; Adriano Fabris, Università di Pisa, Italia; Piergiorgio Grassi, Università di Urbino, Italia; Jean Greisch, Istituto Cattolico di Parigi, France; Marco Ivaldo, Università di Napoli Federico II, Italia; Jean-Luc Marion, Accademia di Francia, France; Virgilio Melchiorre, Università Cattolica di Milano, Italia; Adriaan Peperzak, Università Loyola di Chicago, United States of America; Andrea Poma, Università di Torino, Italia; Richard Swinburne, Università di Oxford, United Kingdom Editorial Assistants Benedetta Catoni, Sapienza Università di Roma, Italia; Lorenzo Palamara, Sapienza Università di Roma, Italia; Federica Pazzelli, Sapienza Università di Roma, Italia; Simone Tarli, Sapienza Università di Roma, Italia * Si invitano gli autori ad attenersi, nel predisporre i materiali da consegnare alla Direzione, alle norme specificate nel volume Fabrizio Serra, Regole editoriali, tipografiche & redazionali, Pisa-Roma, Serra, 20092 (Euro 34,00, ordini a: fse@libraweb.net). Il capitolo Norme redazionali, estratto dalle Regole, cit., è consultabile Online alla pagina «Pubblicare con noi» di www.libraweb.net. The authors are prayed to observe, in preparing the materials for the Editor, the rules stated in the Fabrizio Serra, Regole editoriali, tipografiche & redazionali, Pisa-Roma, Serra, 2009 2 (Euro 34,00, orders to: fse@libraweb.net). Our Editorial Rules are also specified at the page «Publish with Us» of www.libraweb.net. * La rivista «Archivio di Filosofia - Archives of Philosophy» pubblica di norma numeri monografici, i cui testi, selezionati mediante una procedura di ‘Call for papers’, sono tutti – tranne rare e motivate eccezioni – sottoposti a procedura di ‘revisione tra pari’ mediante procedimento cosiddetto ‘a doppio cieco’ (double blind peer review). Nel caso delle suddette eccezioni è la Direzione, nella sua collegialità, che dopo attento esame si assume la responsabilità dell’accettazione dei testi. The Journal ‘Archivio di filosofia – Archives of Philosophy’ publishes volumes centered on specific themes. Contributions are selected following a ‘call for papers’ and all of them – apart from a few exceptions – are double blind peerreviewed. In case an exception is needed, the Board of Editors takes collectively the responsibility to accept the paper after a careful consideration. «Archivio di Filosofia - Archives of Philosophy» is an International Scholarly Journal. I is Indexed in «L’Année philologique», erih plus (European Science Foundation), mla International Bibliography, Scimago Journal & Country Rank and Scopus. The eContent is Archived with Clockss and Portico. anvur: a. A RC H I V I O D I F I LO S O F I A A RC H I V E S O F P H I L O S O P H Y a j o u r na l f o u n d e d i n 1 9 3 1 b y e n r i c o c a s t e l l i f o r m e r ly e d i t e d b y m a r c o m . o l i v et t i x c i · 2 0 2 3 · n. 1 FILOSOFIA E RELIGIONE CIVILE: UN PROBLEMA STORICO a cur a di anna lisa schino e fr ancesco verde pisa · roma fa b r i z i o s e r r a · e d i t o r e mmxxiii http://archiviodifilosofia.libraweb.net * Rivista quadrimestrale · A Four-Monthly Journal * Amministrazione e abbonamenti Fabrizio Serr a editore Uffici di Pisa: Via Santa Bibbiana 28, I 56127 Pisa, tel. 050 542332, fax 050 574888, fse@libraweb.net Uffici di Roma: Via Carlo Emanuele I 48, I 00185 Roma, tel. 06 70493456, fax 06 70476605, fse.roma@libraweb.net * I prezzi ufficiali di abbonamento cartaceo e/o Online sono consultabili presso il sito Internet della casa editrice www.libraweb.net. 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Il sapiente come modello ‘politico’ e ‘religioso’ Flavia Palmieri, Tra religione e politica nell’Accademia antica. Il possibile ruolo dell’anima Selene I. S. Brumana, Aspetti della religione civile stoica Stefano Maso, Religio e officium : il cuore dell’etica civile secondo Cicerone Chiara Rover, Sfuggire agli dei, sfuggire agli uomini. Religio e giustizia in Lucrezio Mariapaola Bergomi, Qualiter fulmen aetheris. Tre voci critiche su profezia politica, apoteosi e divinizzazione del princeps Francesco Verde, La polemica contro il cristianesimo come religione incivile in Minucio Felice e Celso Marco Zambon, Culto cittadino e filosofia negli scritti di Porfirio di Tiro Angela Ulacco, Sacrifici non cruenti, giustizia inter-specie e comunità. Osservazioni su alcuni passaggi della Vita Pitagorica di Giamblico Maria Carmen De Vita, Per la rifondazione di una religione civile : Giuliano, ovvero il nuovo Quirino Giovanni Catapano, Agostino e la religione nelle crisi di civiltà Paola Müller, Autonomia e armonia nella trattazione politica di Dante Massimiliano Lenzi, Dominio, santificazione della politica e glorificazione del mondo in John Wyclif Emanuele Cutinelli-Rendina, Religione civile e cristianesimo in Machiavelli Pietro Secchi, La religione civile nel pensiero di Giordano Bruno Riccarda Suitner, Tolleranza, antitrinitarismo e religione civile nella prima età moderna Anna Lisa Schino, Unità politica e libertà individuale nella religione civile di Hobbes Benedetta Catoni, Il problema della religione civile nel Trattato teologico-politico di Spinoza Giovanni Licata, Racconti storici o favole ? Sul valore dell’historia sacra nel Trattato teologico-politico di Spinoza Fiormichele Benigni, Con o contro Hobbes ? Religione, natura e società in alcuni dibattiti sullo spinozismo fra Sei e Settecento Filippo Marchetti, Il rapporto tra religione naturale e religione civile nel pensiero di John Toland Marco Menin, Come in cielo così in terra. Religione civile e fondamento della morale nel pensiero di Jean-Jacques Rousseau 9 11 21 33 43 57 65 77 93 109 121 133 145 157 169 181 189 199 209 221 233 245 255 265 8 sommario Pierluigi Valenza, Il problema di una religione civile nella modernità in Hegel Federico Lijoi, Nietzsche e Freud sulla religione civile Edoardo Massimilla, Il rifiuto del mondo dell’ascesi e della mistica e la loro differente tensione con gli ordinamenti politici nella Zwischenbetrachtung di Max Weber Rosella Faraone, Le religioni dello spirito. Libertà, etica e politica in Benedetto Croce e Giovanni Gentile Marcello Mustè, « Un’eresia della religione della libertà ». Gramsci e la religione moderna dell’immanenza 277 295 307 327 341 RACCONTI STORICI O FAVOLE ? SUL VALORE DELL’HISTORIA SACRA NEL TRATTATO TEOLOGICO-POLITICO DI SPINOZA Giovanni Licata Abstract · Histories or Fables ? On the Meaning of Historia Sacra in Spinoza’s Theological-Political Treatise · In this essay, I analyze the various meanings of historia in the Theological-Political Treatise, and I argue that, according to Spinoza, (1) sacred, i.e. biblical, history cannot escape rational criticism, in the same way as profane history ; and that (2) since many biblical historiae deal with improbable and unnatural events, such as miracles, they cannot be considered histories in a proper sense, but edifying fables for the common people or, even worse, mere fantastic stories. Keywords · Spinoza, Bible, Sacred History, Historia, Art of Writing. on ben 147 occorrenze il lemma historia è tra i sostantivi più frequenti del Tractatus theologico-politicus. 1 Se, com’è noto, il traduttore di un’opera coincide spesso con il suo più attento lettore, l’imbarazzo nella resa del termine historia (e historiae) in molte traduzioni del Tractatus è sintomo di un nodo problematico che merita di essere dipanato. L’imbarazzo, il più delle volte implicito e, si badi, del tutto giustificato, traspare dal fatto che historia è spesso reso nei modi più diversi, in particolare se riferito alle historiae narrate nella Scrittura : ‘historical narratives’, ‘histories’ o ‘stories’ in inglese ; ‘récits historiques’ o ‘histoires’ in francese ; ‘racconti storici’, ‘storie’, ‘narrazioni’ in italiano. 2 Come vedremo, si possono individuare in realtà almeno quattro significati di historia nel Trattato spinoziano, a volte concentrati a distanza di poche pagine, come accade nel cap. vii. Eccoli qui di seguito distinti : 1. indagine empirica, classificazione o descrizione sincronica ; 2. narrazione di fatti storici realmente avvenuti ; 3. favola, racconto fantastico di fatti immaginari o inverosimili, a volte con valore pedagogico-morale per gli incolti ; 4. fandonia o sciocchezza. Si tratta di significati molto distanti tra loro, ma tutti saldamente attestati all’interno della complessa semantica di historia nel latino in uso nel xvii secolo, ma anche nel latino classico, post-classico e nelle filiazioni di questa C giovanni.licata@uniroma1.it, Sapienza Università di Roma, Italia. 1 Cfr. Gabriella Lamonica, Il lemmario del Tractatus theologico-politicus. Scelte lessicali ed evoluzione teorica, Roma, iliesi-cnr, 2019, pp. 177 e 361. 2 Ho ricavato questi esempi dalle traduzioni di M. Silverthorne e J. Israel per Cambridge University Press (Cambridge, 2007) ; J. Lagrée e P.-F. Moreau per le puf (Paris, 1999) ; O. Proietti per Mondadori (in Spinoza, Opere, a cura di F. Mignini, Milano, 20152). L’ambiguità nella resa delle historiae bibliche è esplicitata en passant in nota : « il s’agit là de récits dont le statut semble hésiter entre histoire et fiction » (p. 735 n. 8). Tuttavia, la pur vasta letteratura secondaria sul Tractatus, a mia conoscenza, non ha dato sufficiente risalto al tema oggetto di questo articolo. Da ora in poi tutte le citazioni latine del Tractatus theologico-politicus (sigla : TTP), seguito dal numero di capitolo e di paragrafo derivano da Spinoza, Œuvres, vol. iii, texte établi par F. Akkerman, Paris, puf, 1999 (rinvio alle pp. 837-857 di questa edizione per l’indicazione degli studi più significativi). Per la traduzione italiana ho utilizzato la versione di O. Proietti, citata sopra, sporadicamente modificata. https://doi.org/10.19272/202308501021 · «archivio di filosofia», xci 1, 2023 http://archiviodifilosofia.libraweb.net submitted : 00 . 00 . 0000 · reviewed : 00 . 00 . 0000 · accepted : 00 . 00 . 0000 234 giovanni licata parola nelle principali lingue romanze (tra cui il portoghese e lo spagnolo – le lingue meglio note a Spinoza – oltre al francese e all’italiano). 1 Il primo significato di historia compare soventemente nel cap. vii, De interpretatione Scripturae, dedicato alla fondazione di una nuova scienza – oggi meglio nota come ‘metodo storico-critico’ – che Spinoza battezza ambiguamente con il nome di historia Scripturae. In analogia all’historia naturae, tale historia è da intendersi nel senso greco del termine ἱστορία, ovvero come ricerca, descrizione o indagine empirica priva di dimensione storica, come l’Historia animalium di Aristotele e l’Historia naturalis di Plinio. E forse più precisamente, come è stato rilevato più volte dalla critica spinoziana, va intesa nel senso baconiano di metodo induttivo : Il metodo di interpretazione della natura consiste soprattutto nell’approntare una historia della natura, da cui concludere, come da dati certi, le definizioni delle cose naturali. Analogamente, per interpretare la Scrittura è necessario approntare la sua historia disinteressata, e ricavare da essa, per mezzo di deduzioni legittime tratte da principi e dati certi, il pensiero dei suoi autori. 2 Ma a destare problema non è tanto questo primo significato di historia, facilmente individuabile, e concentrato sostanzialmente nel cap. vii del Trattato, quanto piuttosto quando Spinoza si riferisce alle historiae narrate nella Bibbia. I primi dubbi emergono nella seconda parte del cap. v (§§14-19), in cui Spinoza si chiede, a partire dal titolo, se la fides nelle historiae sacre 3 sia necessaria, per chi e per quale ragione lo sia. La risposta sembra chiara : la fides historiarum è necessaria unicamente per la massa ignorante – non per i filosofi – perché ha la funzione etico-politica di educare il volgo ad accettare alcuni insegnamenti speculativi, come l’esistenza di Dio, la sua provvidenza, la ricompensa dei buoni e la punizione dei malvagi, imprimendo un abito di devozione e obbedienza. A tal fine la Scrittura fa ricorso ad argomenti retorici e si serve di esempi concreti, sensibili, non di dimostrazioni scientifiche, astratte e universali, che risulterebbero incomprensibili ai più. Si tratta, come ho già dimostrato in un’altra sede, di uno dei luoghi in cui il debito di Spinoza con la tradizione averroistica è più marcato. 4 1 Cfr. Karl Keuck, Historia. Geschichte des Wortes und seiner Bedeutungen in der Antike u. in den romanischen Sprachen, Emsdetten, Lechte, 1934 ; Joachim Knape, Historie in Mittelalter und früher Neuzeit, Baden-Baden, Koerner, 1984. Per l’uso del portoghese historia, oltre che nel senso di ‘storia vera’, nel senso di ‘favola’, con particolare riferimento ad alcune storie bibliche, è fondamentale la testimonianza dell’Exame das tradiçoẽs phariseas di Uriel da Costa (cfr. l’ed. critica a cura di O. Proietti, Macerata, eum, 2014, pp. 152, 164, 173, 227, 307, 329, 334, 338, 340). La stessa ambiguità è attestata nell’olandese geschiedenis, sia nel carteggio tra Spinoza e Boxel (dove le geschiedenissen/historiae di spiriti o fantasmi non sono altro, per Spinoza, che beuzelingen/ nugae e inbeeldingen/imaginationes) sia in Adriaan Koerbagh, A Light Shining in Dark Places, ed. by M. Wielema, Leiden, Brill, 2001, ad es. pp. 286, 416, 436 nota e. 2 TTP vii, §2. Anche per « historia linguae Hebraicae », in TTP vii, §5, Spinoza intende una conoscenza sincronica e non diacronica dell’antica lingua ebraica. Per quest’uso di historia in età rinascimentale e moderna cfr. Historia. Empiricism and Erudition in Early Modern Europe, ed. by G. Pomata and N. Siraisi, Cambridge (Mass.), The mit Press, 2005. L’importanza delle opere di Bacone per l’evoluzione intellettuale di Spinoza è ormai un dato acquisito da più di un secolo di storiografia. Per un recente status quaestionis, rinvio a Jo Van Cauter, Daniel Schneider, Spinoza : A Baconian in the TTP, but Not in the Ethics ?, « Philosophies », vi, 2021, pp. 1-20. 3 L’uso del sintagma historia sacra è attestato in TTP iii, §8 : « Quod revera etiam tam profanae quam sacrae historiae testantur ». 4 Cfr. Giovanni Licata, La via della ragione. Elia del Medigo e l’averroismo di Spinoza, Macerata, eum, 2013, in part. pp. 262-265. Inoltre, sebbene non sia riferito al metodo proprio della Scrittura, ma più in generale al metodo poetico e retorico, questo passo dal manuale dell’aristotelico Franco Burgersdijk, certamente noto a Spinoza, è una fonte primaria, fin dal lessico, di questi paragrafi del Tractatus. Si confronti in particolare TTP v, §14 con l’intero capitoletto intitolato : Methodus arbitraria est, quae, relicto ordine naturae, accomodata l ’ historia sacra nel trattato teologico-politico di spinoza 235 Ma quali sono le historiae a cui il volgo deve prestare fede ? Le traduzioni ‘histories’, ‘récits historiques’ o ‘racconti storici’, che sembrano intendere historia nel senso di un racconto di fatti realmente avvenuti (significato 2), possono indurre in errore il lettore odierno. Tanto più che historiae non si riferisce in alcun modo ai libri ‘storici’ della Bibbia, secondo la divisione quadripartita cristiana dell’Antico Testamento (a differenza della tripartizione ebraica in Torah, Nevi’im e Ketuvim, che ignora il genere dei libri ‘storici’). Dal canto suo Spinoza non fornisce nel cap. v alcun esempio biblico, in positivo, di quale sia un’historia capace di produrre un insegnamento utile e salutare. Afferma invece di sfuggita che alcune historiae – come i litigi di Isacco con i filistei per i pozzi d’acqua (Gen 26,12-25) e i consigli che Achitofel diede ad Assalonne contro il re Davide (2Sam 16,20-17,3) – non sono di alcuna utilità per il volgo, perché non impartiscono alcun insegnamento (doctrina). Lo stesso vale per la storia della guerra civile tra Giudei e Israeliti, narrata nei due libri dei Re (cfr. ad es. 2Re 16,5), che più propriamente appartiene al genere dei chronica. 1 Spinoza precisa soltanto che le historiae sono sparse per tutto l’Antico Testamento, perché la stessa doctrina si può ricavare sia dalle historiae presenti nel Pentateuco che nei libri più tardi scritti al tempo di Ezra. 2 La ragione di questa ambiguità nell’uso del termine historia in relazione alle historiae bibliche – storie vere o favole ? – risiede, a mio parere, in una delle varie forme di art of writing, di cui il Trattato teologico-politico è uno dei capolavori indiscussi, come ha dimostrato Leo Strauss in Persecution and the Art of Writing. 3 Spinoza vuole infatti alludere tra le righe a due tesi considerate nefande nel xvii secolo (e oltre) : (1) l’historia sacra, est ad cognitionem confusam, sive ad captum vulgi, vel ad persuadendum, aut delectandum. 1. Si nobis docendi sint homines […] qui mentem habent bene dispositam, utendum est haud dubie methodo naturali. Sed si nobis res est cum vulgo, et cum hominibus, qui sensum habent exercitatiorem, quam intellectum, consulendum est illorum captui : et priori loco tradenda sunt, non quae natura priora sunt, et simpliciter, sive quoad cognitionem distinctam, notiora ; sed quae illis notiora sunt. 2. Ea methodo utuntur Oratores et Poetae, quibus, praeter docendi institutum, propositum est, ut auditorem lectoremve moveant, atque oblectent, eique persuadeant, quod a sua opinione saepe alienum est. Hos fines non facile assequuntur, nisi quadam crypsi auditorem lectoremve decipiant. Haec crypsis consistit in omissione, additione, et inversione. Omittunt enim Oratores, quaecumque sibi nocitura sunt, aut taedium paritura auditoribus, etiamsi maxime ad causam videantur pertinere : qualia sunt inter caetera, partes argumentationum infirmae, accuratae definitiones, partitiones, transitiones etc. Adhibent etiam digressiones, quae etsi ad causae contentionem non adeo pertineant, faciunt tamen ad auditorem reficiendum et detinendum. Denique probationes miro artificio invertunt, ne ars ab auditore animadversa, suspecta sit, ejusque assensum impediat (F. Burgersdicii Institutionum logicarum libri duo, Lugduni Batavorum, Ex officina A. Commelini, 1645, pp. 381-382). 1 Spinoza dice qui chronica perché l’autore del libro dei Re afferma a più riprese che le gesta (devarim) dei re di Israele e di Giuda sono descritte più approfonditamente nel libro delle cronache dei re di Israele e di Giuda. Cfr. TTP viii, §10. Chronica traduce tradizionalmente l’ebraico divre ha-yamim (lett. ‘le cose dei giorni’), che è il modo più comune in ebraico antico e medievale per intendere il resoconto di fatti realmente avvenuti. Soltanto in ebraico moderno si usa il prestito historia per intendere, come in diverse lingue europee, i fatti del passato (gesta) e il loro racconto storiografico (historia rerum gestarum). In ebraico post-biblico è comune l’uso del termine sippur nel senso generico di ‘racconto’ di fatti reali o immaginari (ad esempio, nella versione ebraica del Commento medio di Averroè alla Poetica, sippur traduce in ultima istanza μῦθος). 2 TTP v, §17. 3 Rinvio al celebre saggio How to Study Spinoza’s ‘Theological-Political Treatise’ per approfondire la questione dell’esoterismo del Trattato. In particolare, presuppongo qui quattro principi ermeneutici già evidenziati da Strauss : 1. il TTP non può essere letto come un ‘trattato’, nel senso di opera coerente e sistematica ; 2. Spinoza si contraddice consapevolmente in diversi luoghi cruciali, alludendo tuttavia a dottrine al suo tempo indicibili ; 3. la principale dottrina esoterica del TTP è la negazione assoluta del soprannaturale e di ogni forma di rivelazione divina ; 4. le affermazioni apparentemente ortodosse e a volte lusinghiere sulla natura di Cristo, che hanno fatto spendere fiumi di inchiostro su un avvicinamento di Spinoza al cristianesimo, sono dottrina puramente essoterica. 236 giovanni licata per come è narrata nei libri biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento, può e deve essere sottoposta al vaglio della critica razionale, allo stesso modo dell’historia profana ; 1 (2) molte historiae bibliche, poiché narrano di fatti inverosimili, irrazionali o contro le leggi di natura, come i miracoli, non possono essere considerate ‘racconti storici’, ma favole edificanti per il volgo o, ancora peggio, meri racconti fantastici. Ma andiamo con ordine. Verso la fine del cap. v, Spinoza inizia a spiegarsi meglio : la fede nelle historiae, quali che siano, non pertiene alla legge divina, 2 né di per sé rende gli uomini beati, e non possiede alcuna utilità [utilitas] se non in relazione al suo insegnamento [nisi ratione doctrinae], cioè per l’unica ragione per cui alcune historiae eccellono sulle altre. I racconti [narrationes] contenuti nel Vecchio e nel Nuovo Testamento sono dunque superiori a quelli profani, e tra questi racconti alcuni eccellono sugli altri, in ragione delle opinioni salutari che da essi conseguono. Pertanto, chi, avendo letto le historiae della S. Scrittura, avrà fede in esse, ma non considererà l’insegnamento [doctrina] che la Scrittura vuole impartire, né correggerà la sua vita, sarà simile a chi avrà letto, con l’attenzione propria del volgo, il Corano o le favole teatrali dei poeti o almeno le comuni cronache [Alcoranum aut poetarum fabulas scenicas aut saltem communia chronica]. E a sua volta, come dicemmo, chi ignora del tutto tali historiae e nondimeno possiede opinioni salutari e una vera regola di vita, costui è senz’altro beato e ha in sé lo spirito di Cristo. 3 Si noti innanzitutto che qui, come in altri luoghi del Trattato, Spinoza considera sinonimici i termini historiae e narrationes. In secondo luogo, è significativo il climax tra Corano, opere teatrali – rientranti nel campo delle fabulae, sebbene nel primo caso, della fabula perniciosa e non soltanto inutile 4 – e cronache storiche, che, seppur narrando fatti realmente accaduti, non sono strumenti pedagogici efficaci, per la loro intrinseca prolissità e noiosità. Inoltre, l’utilitas 5 delle historiae bibliche, per Spinoza, non è legata al fatto di riferirsi a eventi realmente accaduti, ma è relativa unicamente al fatto che, in chi ci crede, produca un reale cambiamento morale. Nel paragrafo precedente, Spinoza aveva precisato che tali historiae, per potere « movere animos ad obedientiam et devotionem », dovevano essere costituite dal racconto di eventi singolari e inattesi, i quali, molto più dell’insegnamento morale, riescono a catturare l’attenzione del volgo (magis narrationibus, et rerum singulari et inexpectato eventu, quam ipsa historiarum doctrina [vulgus] delectatur »). 6 Soltanto a partire dal cap. vi si inizierà a comprendere che gli eventi singolari e inattesi, a cui fa un po’ oscuramente riferimento Spinoza, non sono altro che gli eventi miracolosi. 7 1 Un punto già acutamente notato da Arnaldo Momigliano in The Classical Foundations of Modern Historiography, Berkeley, University of California Press, pp. 27-28. 2 Per ‘legge divina’ Spinoza si riferisce alla legge morale o religione naturale e razionale che è inscritta nella mente dell’uomo, di cui Spinoza ha parlato nel cap. iv del Trattato. Cfr. Giovanni Licata, Lex naturalis e religio naturalis nel Trattato teologico-politico di Spinoza, in Letture di Spinoza per il nuovo millennio, a 3 cura di P. Totaro e G. Licata, Roma, sue, 2023, pp. 226-243. TTP v, §19. 4 Si tratta dell’unica citazione del Corano nel Trattato. Il giudizio sprezzante sul testo sacro dell’islam è puramente retorico, in linea con il pensiero dell’epoca. Per un giudizio più irenistico, cfr. Epistola xliii-G (in Spinoza, Opere, cit., p. 1441). 5 Come era già stato osservato da Manuel Joël (Spinoza’s Theologisch-politischer Traktat auf seine Quellen geprüft, Breslau, Schletter, 1870, pp. 54-55) i §§17 e 19 del cap. v nascondono un debito cospicuo, solo in parte polemico, con la Guida dei perplessi di Maimonide, iii, 50, sulla questione dell’utilità (to‘elet) dei racconti biblici (sippurim). 6 TTP v, §18. Non è casuale, in TTP v, §§16-18, l’uso dei verbi – docere, delectare, movere – con cui, da Cicerone in poi, si indicavano le qualità richieste al perfetto oratore nella costruzione di discorsi retoricopersuasivi. 7 Il nesso tra inexpectatum e miraculum era già stato posto in TTP iii, §5, in fine. In TTP vi, §5 il miracolo l ’ historia sacra nel trattato teologico-politico di spinoza 237 Nel celebre cap. vi del Tractatus, dedicato alla negazione della possibilità ontologica dei miracoli, Spinoza vuole mostrare, attraverso l’analisi di alcune historiae bibliche, « quae casu, prolixius et pluribus circumstantiis, narrantur » (§12), che molti miracoli sembrano essersi verificati soltanto perché raccontati poeticamente. Infatti, per un verso, in tali racconti si utilizza l’espressione ‘decreto’ o ‘parola di Dio’ in senso figurato, cioè come lo stesso agire o ordine della natura ; per l’altro, si omettono le cause naturali dal racconto in modo da rendere l’evento descritto straordinario e degno di meraviglia (admiratio) agli occhi del volgo. 1 Tra i vari esempi presenti in TTP vi, §§13-14, in cui Spinoza adotta un’interpretazione naturalistica dei miracoli – una prassi esegetica già ampiamente utilizzata dai filosofi ebrei medievali di tendenza razionalistica e averroistica 2 –, viene citato il miracolo forse più spettacolare dell’Antico Testamento : l’apertura del Mar Rosso, narrato in Esodo 13,17-14,31, grazie a cui gli israeliti, guidati da Mosè, riuscirono a fuggire dagli egiziani che li inseguivano. In realtà, secondo Spinoza, il comando di Dio (jussum Dei) non era altro, in questo caso, che la trascrizione poeticoletteraria di un fenomeno naturale : il vento Euro, che soffiò violentemente tutta la notte. Non può essere insignificante l’intromissione della figura mitologica di Euro, la personificazione del violento vento orientale che, secondo Ovidio, dopo la creazione del mondo, « si ritirò dalla parte dell’aurora, nel regno dei Nabatèi [cioè nella regione dell’Antico Egitto] e nella Persia » (Metamorfosi i, v. 61). Con questa commistione di miti, ripresa, come vedremo sotto, in TTP vii, §15, Spinoza voleva alludere al fatto che buona parte delle historiae bibliche aveva lo stesso valore, dal punto di vista della verità storica, della mitologia greco-latina. 3 Si noti inoltre che ponendo, sempre in TTP vi, §14, un’analogia formale tra il racconto del ‘miracolo’ del profeta Eliseo, in 2Re 4,34-35, che risuscitò il bambino creduto morto, e il ‘miracolo’ di Gesù nel Vangelo di Giovanni 9,1-11, che fece riacquisire la vista al cieco, Spinoza anticipa (prudentemente) di alcuni decenni la critica ai miracoli del Nuovo Testamento, proseguita dai deisti inglesi e gli illuministi francesi nel xviii secolo. 4 Fino al §14 del cap. vi Spinoza ha riportato alcune historiae di miracoli che, seppur narrate poeticamente, si riferiscono a eventi la cui realtà storica Spinoza non sembra voler negare, come la fuga degli antichi Ebrei dalla schiavitù egiziana (così come le è definito come « opus, cujus causam naturalem exemplo alterius rei solitae explicare non possumus ». In TTP vii, §3, Spinoza dirà esplicitamente che le historiae bibliche consistono in grandissima parte di miracoli, ovvero di narrationes rerum insolitarum naturae. Inoltre, si ricordi che l’admiratio, ovvero la passione provocata dal miracolo (cfr. TTP vi, §7 e 13), è definita nell’Ethica in relazione a una res singularis che ammalia la mente (pars iii, aff. def. iv). 1 Cfr. TTP vi, §§12-14. Si noti in TTP vi, §13 lo stretto nesso tra imaginatio, admiratio e devotio che connette questo passo sulla funzione dei miracoli al passo sulla fides historiarum in TTP v, §§16-18 (con ripresa variata di alcuni sintagmi, tra cui « ad obedientiam et devotionem eorum animis imprimendum »). 2 Cfr. Isaac Barzilay, Yoseph Shlomo Delmedigo (Yashar of Candia), Leiden, Brill, 1974, pp. 302-303 ; O. Proietti, Saggio introduttivo, in Da Costa, Exame das tradiçoẽs phariseas, cit., pp. 45-46, 63. 3 Il ventus fortissimus che scaccia le cavallette e provoca l’apertura del mar Rosso (cfr. TTP vi, §14) è lo stesso ventus fortissimus con cui, secondo Spinoza, deve essere inteso ruach Elohim in Genesi 1,2 (cfr. TTP i, §25), ossia il vento primordiale della creazione biblica. La naturalizzazione di questo ‘miracolo’ era già stata resa possibile dall’interpretazione che Maimonide dà degli stessi versetti nella Guida dei perplessi i, 40. Sebbene non sia esplicitato, con la citazione di Euro, è certo che Spinoza abbia pensato al racconto di creazione parallelo in Metamorfosi i, vv. 5-68. 4 Cfr. per un breve excursus Peter Bietenholz, Historia and Fabula. Myths and Legends in Historical Thought from Antiquity to the Modern Age, Leiden, Brill, 1994, pp. 311-335, che si può consultare con profitto per una più ampia prospettiva sul problema del rapporto tra verità storica e finzione. 238 giovanni licata historiae che si riferiscono all’ordinamento politico degli antichi Ebrei, analizzate nei capp. xvii-xix del Trattato). Invece nel §15 del cap. vi Spinoza prende in considerazione le historiae bibliche che non possono essersi verificate, perché « non si possono affatto spiegare attraverso le loro cause naturali : ad esempio, che i peccati e le preghiere dell’uomo possono causare la pioggia e l’infertilità della terra o che la fede poté sanare i ciechi, e altre cose di questo tipo, che sono narrate nella Bibbia ». 1 E continua con una riflessione che vale qui la pena riportare per intero : La Scrittura non spiega [docere] le cose attraverso le loro cause prossime, ma si limita a raccontarle [narrare] con quell’ordine e quelle frasi, che possono spingere maggiormente gli uomini, in particolare il volgo, alla devozione [ad devotionem movere] ; per questa ragione parla molto impropriamente di Dio e delle cose, perché non cerca di convincere con la ragione, ma di colpire e riempire la fantasia 2 e l’immaginazione [phantasiam et imaginationem] degli uomini. Se la Scrittura narrasse la distruzione di qualche impero come fanno gli storici politici [historici politici], non commuoverebbe [commoveret] affatto la plebe ; otterrebbe invece la massima commozione se dipingesse ogni cosa poeticamente [poetice depingat] e la riferisse a Dio, come appunto suol fare. Quando dunque la Scrittura narra che la terra è sterile per i peccati degli uomini o che i ciechi erano sanati per la fede, non ci deve procurare maggior turbamento di quando narra che Dio si adira per i peccati umani, si contrista, si pente del bene promesso o compiuto, o che vedendo un segno si ricorda della promessa fatta : tutte espressioni, come numerose altre, formulate poeticamente o riferite secondo le opinioni e i pregiudizi dello scrittore [vel poetice dicta sunt vel secundum scriptoris opiniones et praejudicia relata]. 3 Se si hanno presenti le principali opere di teoria della storia del xvii secolo, note o facilmente accessibili a Spinoza, è evidente che i vari passi del TTP citati sono da leggere tenendo presente la distinzione tradizionale tra historia e poesis o tra ufficio dell’historicus e ufficio del poeta. Basta citare, in questa sede, due autori ben noti all’autore del Tractatus, non fosse che per la loro presenza nel catalogo della sua biblioteca. Gerhard Johann Voss(ius) nella sua Ars historica (1623) – uno dei più fortunati manuali di metodo storico del xvii secolo 4 – affermava, ripetendo un’idea rinvenibile in molte artes historicae che proliferarono a partire dal Rinascimento : Sane historicus omnia vero metitur, nec aliter res narrat, quam gestae sunt ; poeta vero imitatur, resque narrat, quomodo fieri potuerunt, aut debuerunt. Adhaec historia actiones plurimas comprehendit, ac pro ordine, quo quaeque gesta est, aliam alii accudit. Poeta vero unam sibi actionem imprimis proponit ; caeterae ei sunt episodia ; nec eas refert, nisi quatenus actioni principi inserviunt. Cumque historicus ordinem temporis fere sectetur ; poeta ordinem eum negligit, saepeque a mediis incipit. Poeta decoro in personis studet ; historicus nihil pensi habet, num decorum servetur, an violetur, dummodo ne a vero aberret. 5 In quegli stessi anni Francis Bacon distingueva l’intero sapere umano sulla base della tripartizione delle facoltà cognitive dell’anima, riconducendo la storia alla memoria, la 1 TTP vi, §15. Accetto l’evidente emendazione proposta da Proietti : « infertilitatis causa » (in Spinoza, Opere, cit., p. 1603 n. 11). 2 Phantasia è hapax nel TTP. Dato il contesto potrebbe essere una reminiscenza del legame che Bacone 3 pone tra poesis e phantasia ? TTP vi, §15. 4 Cfr. Nicholas Wickenden, G. J. Vossius and the Humanist Concept of History, Assen, Van Gorcum, 1993. 5 G. J. Vossius, Ars historica, Lugduni Batavorum, Ex officina Joannis Maire, 1653, cap. iii, pp. 12-13. Cfr. anche Luciano, Quomodo historia conscribenda sit, cap. 8 (trad. it. in L. Canfora, Teorie e tecnica della storiografia classica, Roma-Bari, Laterza, 1974, pp. 46-47). Per l’importanza di questo testo e in generale degli scritti di Luciano di Samosata per Spinoza, cfr. O. Proietti, La città divisa. Flavio Giuseppe, Spinoza e i farisei, Roma, Il Calamo, 2003, pp. 229-245. l ’ historia sacra nel trattato teologico-politico di spinoza 239 poesia alla fantasia e la filosofia alla ragione. Distanziandosi dall’autorità di Aristotele (Poetica, 1451a 36 sgg.), oggetto della poesia – per il Verulamio – non sono gli eventi possibili, ma quelli del tutto irreali e impossibili (mentre era del tutto aristotelica l’idea che alla poesis fosse accidentale il verso o la prosa). Sempre contro Aristotele, la poesia non si occupa di universali, ma tratta di individui immaginari a imitazione degli individui reali di cui si occupa la storia. 1 La poesia del genere narrativo (poesis narrativa), inoltre, è quella che si avvicina di più alla storia, se non per il fatto che esagera l’esposizione dei fatti oltre il credibile, e perché a differenza della storia vera, che tende per la sua oggettività e ripetitività ad annoiare il lettore, infarcisce la narrazione di vicende varie e inaspettate (« inexpectata et varia et vicissitudinum plena canens »). E ancora, a differenza della storia, la poesia narrativa corregge l’andamento naturale delle cose, inserendo un messaggio morale : ad esempio che alle azioni meritevoli segua una ricompensa. 2 Ugualmente degno di nota il passaggio dedicato all’importanza della poesia ‘parabolica’ e delle parabolae, di cui, secondo Bacone, la religione si serve per comunicare velatamente sublimi verità teologiche e filosofiche. 3 Tutto il Trattato è stato scritto esplicitamente per confutare questa idea, che Spinoza tuttavia attribuisce a Maimonide. Non può però passare inosservato che, per Spinoza, l’historia sacra abbia gli stessi tratti della poesis narrativa descritta da Bacone : una posizione considerata a quell’epoca radicalmente blasfema e che ovviamente né Bacone né Vossius – per i quali l’historia sacra, in quanto rivelata, era historia vera – potevano minimamente condividere. 4 Bisognerà attendere, com’è noto, il xviii secolo, perché si insinui negli ambienti più disincantati della cultura europea la consapevolezza che la Bibbia appartenga più al dominio della poesis e della fabula che a quello dell’historia. 5 Da questo punto di vista non si può non essere d’accordo con chi ha visto nel Tractatus spinoziano una delle pietre miliari dell’illuminismo radicale. Nei §§17-19 del cap. vi, Spinoza enuncia una regola ermeneutica, che avrebbe potuto ricavare dai teorici e precettisti dell’ars historica, 6 secondo cui, per comprendere se gli 1 Francesco Bacone, De dignitate et augmentis scientiarum Libri ix, apud F. Moyardum et A. Wijngaerde, 1645, Lugd. Batav., ii, 1, pp. 121-122 : « Per Poesim, hoc loco intelligimus non aliud, quam historiam confictam, sive fabulas. Carmen enim styli quidam character est, atque ad artificia orationis pertinet. […] Historia proprie individuorum est, quae circumscribuntur loco et tempore. […] Poesis, eo sensu quo dictum est, etiam individuorum est, confictorum ad similitudinem illorum, quae in historia vera memorantur ; ita tamen ut modum saepius excedat, et, quae in rerum natura nunquam conventura aut eventura fuissent, ad libitum componat et introducat ; quemadmodum facit et Pictoria. Quod quidem Phantasiae opus est ». Si veda anche la trad. italiana in Francesco Bacone, Opere filosofiche, a cura di E. De Mas, Bari, Laterza, 1965, vol. ii, p. 87. 2 3 Ivi, ii, 13, pp. 166-169 (trad. it. pp. 121-123). Ivi, ii, 13, pp. 170-173 (trad. it. pp. 123-125). 4 Cfr. ivi, ii, 1 e 2 ; Vossius, Ars historica, cit., cap. vii ; Wickenden, G. J. Vossius, cit., pp. 110-115. 5 Cfr. Peter Bietenholz, Historia and Fabula, cit. ; Paul Hazard, La crise de la conscience européenne (1680-1715), Paris, Boivin, 1935 ; Jonathan I. Israel, Radical Enlightenment. Philosophy and the Making of Modernity (1650-1750), Oxford, Oxford University Press, 2001 ; Bertram E. Schwarzbach, Voltaire’s Old Testament Criticism, Genève, Droz, 1971. 6 Cfr. Nicholas Wickenden, G. J. Vossius, cit., pp. 90-104. Dal catalogo della sua biblioteca risulta che Spinoza conosceva, oltre alle opere di Vossius, quelle di Bartholomaeus Keckermann. Rimane ancora da indagare l’influenza dei trattati di metodologia e critica storica profana sul metodo di esegesi biblica del TTP. Pionieristica, ma rimasta quasi lettera morta, la ricerca di Stanislaus von Dunin Borkowski, Spinoza, Dritter Teil, Münster, Aschendorff, 1936, pp. 161-308 ; vd. anche Anthony Grafton, Baruch Spinoza Reads the Bible, in Inky Fingers, Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 2020, pp. 232-253. Più in generale, Girolamo Cotroneo, I trattatisti dell’ars historica, Napoli, Giannini, 1971 ; Anthony Grafton, What was History ? The Art of History in Early Modern Europe, Cambridge, Cambridge University Press, 2007. 240 giovanni licata eventi di cui si narra sono accaduti realmente è necessario conoscere chi sia l’autore della storia, quali le sue opinioni, le sue intenzioni (oggi diremmo : la sua ideologia) ed eventualmente i suoi pregiudizi. Anche in questo caso Spinoza, a differenza dei suoi predecessori, applica in maniera dirompente questo precetto all’historia sacra e non soltanto a quella profana. Infatti, come si è detto in TTP v, §§14-15 e in TTP vi, §15, si possono dare due spiegazioni per il fatto che lo storico di res sacrae narri eventi impossibili o inverosimili. La prima spiegazione è che abbia avuto l’intenzione di edulcorare poeticamente un racconto, al fine di impartire un insegnamento adattato al livello di comprensione del volgo (ad captum plebis accomodatum). La seconda è che sia stato egli stesso schiavo dei propri pregiudizi. 1 In entrambi i casi, tuttavia, il risultato non cambia, perché dal punto di vista della filosofia, cioè della verità, si tratta di storie immaginarie o fantastiche : Nella Scrittura si raccontano molte cose come reali – e che tali erano credute – le quali tuttavia non furono altro che rappresentazioni e cose immaginarie [res imaginariae], come ad esempio che Dio (l’ente sommo) sia disceso dal cielo [e coelo descenderit] (vedi Esodo 19,18 e Deuteronomio 5,19), che il monte Sinai emettesse del fumo perché Dio, circonfuso di fuoco, era disceso su di esso [supra eundem descenderat], che Elia salisse in cielo [ad coelum ascenderit] con un carro e con cavalli di fuoco : tutte cose che, certamente, non furono che rappresentazioni [repraesentationes], adattate alle opinioni di quanti ce le tramandarono come apparvero a loro, cioè come realtà effettive. […] Numerosissimi accadimenti della Scrittura sono adattati a queste o a simili opinioni [erronee] : i filosofi non debbono perciò accogliere tali accadimenti come reali. 2 Non bisogna certo essere un lettore particolarmente malizioso per intravedere dietro all’impossibilità che Dio potesse discendere dal cielo (e coelo descenderit) e che il profeta Elia potesse ascendere in cielo (ad coelum ascenderit) un’allusione ai dogmi cristiani dell’incarnazione e della resurrezione di Cristo, 3 tanto più che era noto a tutti gli esegeti cristiani, fin dalla Patristica, che l’ascensione in cielo di Elia era figura, in senso tecnico, dell’ascensione di Cristo. 4 La virulenza anticristiana – e in generale antireligiosa – di questo passo è confermata, oltre che dall’epistolario, 5 da TTP vii, §15 : una delle pagine più audaci del Trattato, che tuttavia non è stata, a mia conoscenza, compresa nella sua radicalità dalla maggioranza dei critici moderni, a causa di un banale errore di stampa dell’editio princeps, la cui emendazione, proposta da Omero Proietti, non è stata recepita nell’ultima edizione critica a cura di Fokke Akkerman. In questo passo – che ribadisce l’importanza della regola ermeneutica enunciata in TTP vi, §§17-19 sull’importanza di conoscere la vita e le opinioni dell’autore di un testo letterario e le finalità 1 In quest’ultimo caso è la ‘verità’ storica che è adattata (accomodata) allo storico : cfr. anche TTP vii, §3. Per le fonti del concetto esegetico di accomodatio, ampiamente adoperato da Spinoza, spesso con l’espressione tradizionale ad captum + genitivo, si veda Arnold Huijgen, Divine Accommodation in John Calvin’s Theology, Göttingen, Vandenhoeck, 2011 ; The Philosophers and the Bible. The Debate on Sacred Scripture in Early Modern Thought, Brill, ed. by A. Del Prete, A. Schino, P. Totaro, Leiden, Brill, 2022, pp. 215-291. 2 TTP vi, §19. 3 Si notino le stesse espressioni del Simbolo niceno-costantinopolitano : « Propter nos homines et propter nostram salutem descendit de caelis. […] et resurrexit tertia die […] et ascendit in caelum » (cfr. sul tema, per come poteva essere noto a Spinoza, G. J. Vossius, Dissertationes tres de tribus symbolis, Amsterdami, 4 Apud I. Blaeu, 1642). Cfr. Gian Roberto Sarolli, Enciclopedia Dantesca, s.v. Elia. 5 La negazione della realtà storica dell’incarnazione e della resurrezione di Cristo, quest’ultima da interpretare allegoricamente, è affidata alle Epistole lxxiii-G e lxxv-G, dove si noti che Spinoza svela il rebus di TTP vi, §19, facendo diventare Cristo, e non più Elia, il soggetto di ad coelum ascenderit, pur mantenendo l’esempio della discesa di Dio sul monte Sinai (cfr. Omero Proietti, Agnostos theos. Il carteggio SpinozaOldenburg (1675-1676), Macerata, Quodlibet, 2006, p. 172 e p. 173 n. 9). l ’ historia sacra nel trattato teologico-politico di spinoza 241 che si proponeva, soprattutto quando si tratta di libri che contengono « res incredibiles aut imperceptibiles » – l’historia sacra di Elia viene messa sullo stesso piano delle nugae raccontate nell’Orlando furioso di Oriosto e delle res poeticae (o fabulae secondo le teorie estetico-letterarie dell’epoca) 1 narrate nelle Metamorfosi di Ovidio. Merita qui riportare l’intero passo emendato : Accade molto spesso di leggere historiae simili in libri diversi, sui quali emettiamo un giudizio diverso a seconda delle opinioni che abbiamo sugli scrittori. Ricordo di aver letto un tempo, 2 in un libro intitolato 3 Orlando furioso, di un uomo [i.e. Ruggiero] che era solito cavalcare un mostro alato [i.e. l’ippogrifo], sorvolare qualunque regione volesse, trucidare da solo un numero ingente di uomini e giganti, e altre fantasie [phantasmata] di questo genere, le quali in relazione all’intelletto sono del tutto incomprensibili [imperceptibilia]. Un’historia simile a questa avevo già letto in Ovidio su Perseo, e un’altra, infine, nei Libri dei Giudici [15,9-16] e dei Re [2Re 2,11], su Sansone (che da solo e disarmato trucidò migliaia di uomini) e su Elia (che volteggiava nell’aria e infine raggiunse il cielo con un carro e cavalli di fuoco). Queste, io dico, sono historiae del tutto simili, e tuttavia su ciascuna ci formiamo un giudizio molto dissimile : cioè che il primo autore [i.e. Ariosto] volle scrivere solo cose futili [nugas], il secondo [i.e. Ovidio] cose poetiche [res poeticas], 4 il terzo cose sacre [res sacras]. 5 In questo caso non ci troviamo di fronte a historiae bibliche capaci di produrre conseguenze salutari dal punto di vista morale, così come Spinoza aveva affermato in TTP v, §§15-19, ma a racconti del tutto analoghi ai miti greco-latini o alle favole della letteratura fantastica. 6 Che la distinzione tra nugae, res poeticae e res sacrae non sia soltanto una separazione, in apparenza del tutto sensata, di generi letterari diversi, ma voglia in realtà alludere al fatto che l’historia sacra – quando narra di eventi incomprensibili o miracolosi – non è diversa dalla fabula, è evidente per le ragioni seguenti : 1. un’historia è vera o falsa a prescindere da chi l’abbia raccontata, essendo la ragione l’unico criterio di verità o falsità ; 7 2. se, come Spinoza ha argomentato nel cap. vi del Trattato, i miracoli sono 1 Cfr. ad esempio G. J. Vossius, Poeticarum Institutionum libri tres, Amstelodami, apud L. Elzevirium, 1647, i, cap. 2, p. 6 : « Poetae itidem imitantur actiones humanas, sed fingunt fabulas, quibus exprimunt actiones humanas » ; p. 7 : « Fabula dicitur sermo veri imitatione confictus » ; p. 8 : « Fictis potius, quam veris, eo utuntur poetae ; quia mirifica narratione magis animos movent plebeios » (quest’ultimo precetto è da leggere in connessione con TTP vi, §15 citato sopra). 2 Pur conoscendo l’italiano, è probabile che Spinoza abbia letto l’Orlando furioso in traduzione spagnola. La prima traduzione di Jerónimo Jiménez de Urrea (1549) ha avuto almeno diciotto edizioni nel xvi secolo ; cfr. Amos Parducci, Note sulle traduzioni spagnole dell’Orlando Furioso, « Annali della R. Scuola Normale Superiore di Pisa », iv, 3, 1935, pp. 243-254. 3 Come giustamente affermato da Proietti, si deve intendere « in libro quodam […] cui nomen [= titulus] erat Orlandus furiosus » (in Spinoza, Opere, cit., p. 1605). Continua ivi Proietti : « Piuttosto precisa è la conoscenza spinoziana dell’Orlando furioso. In poche righe, Spinoza cita infatti i libri iv, 44-46 ; x, 64-66 (Ruggero e l’ippogrifo) ; il libro x, 67-77 (viaggio volante dall’Asia a Londra) ; il libro xxvii, 23-30 (strage di cristiani) ecc. Giunge anzi a postulare, come fonte del Ruggero ariostesco, Ovidio, Metamorphoses iv, 614-803 ; v, 1-249 ». 4 Si emendi qui poeticas al posto dell’assurdo politicas nel testo della princeps (cfr. Omero Proietti, Adulescens luxu perditus. Classici latini nell’opera di Spinoza, « Rivista di filosofia neo-scolastica », lxxvii, 1985 p. 5 256 ; e poi in Spinoza, Opere, cit., p. 1605). TTP vii, §15. 6 L’accostamento delle storie bibliche alla mitologia greco-latina era una tipica strategia libertina e poi illuministica per desacralizzare la Scrittura. Cfr. René Pintard, Le libertinage érudit dans la première moité du xviie siècle, Genève, Slatkine, 1983, pp. 144, 531-533 (in riferimento a La Mothe le Vayer) ; Anna Lisa Schino, Batailles libertines. La vie et l’œuvre de Gabriel Naudé, Paris, Honoré Champion, 2020, pp. 176-177 ; Schwarzbach, Voltaire, cit., pp. 179-191. Va infine ricordato come miniera di mitologia comparata il De theologia gentili di G. J. Vossius (Amsterdami, apud Blaeu, 1641, p. 169 : parallelo tra Sansone ed Ercole). 7 Cfr. il passo già citato di TTP vi, §19 e la distinzione tra senso e verità della Scrittura in TTP vii, 5. 242 giovanni licata impossibili, tutte le historiae che contengono miracoli o sono false o sono raccontate poeticamente ; 3. ma poiché, secondo Spinoza, le historiae bibliche consistono in grandissima parte di miracoli, 1 buona parte delle historiae dell’Antico e del Nuovo Testamento, appartengono in realtà al genere della poesis o della fabula ; 4. se si tiene a mente che nei capitoli viii-x Spinoza dimostrerà, tra le varie cose, che la decisione di includere alcuni libri della tradizione ebraica all’interno del canone di libri ‘sacri’ fu dovuta ad un’operazione ideologica dei farisei del secondo Tempio ; e se si aggiunge a ciò, che nel cap. xii Spinoza affermerà che la Scrittura non è ‘sacra’ per sé stessa, ma soltanto per la dottrina morale che essa insegna, ne consegue che la categoria di autore ‘sacro’, utilizzata in TTP vii, §15 in contrapposizione ad autore profano, è del tutto insincera o, più propriamente, è dottrina essoterica. L’autore di storie ‘sacre’, infatti, esattamente come l’autore di storie profane, può raccontare fatti inventati, inverosimili o assurdi. Nel caso di Adamo e di Giobbe, Spinoza nega, contro l’esegesi allegorico-filosofica di Maimonide, che la loro historia sia da intendersi come una parabola, termine latino che traduce l’ebraico mashal (‘allegoria’ o ‘metafora’). Tuttavia, le historiae di Adamo e di Giobbe – dove il corrispettivo ebraico di historia, sulla base del Moreh nevukhim di Maimonide e della tradizione filosofica successiva, è il termine sippur (‘racconto’ o ‘narrazione’) 2 – non vanno intese come una storia vera ma come racconto fantastico o simplex narratio. 3 In conclusione, nel Trattato Spinoza non ha voluto soltanto mostrare che la Bibbia non è un’opera filosofica o scientifica – una tesi sostenuta esplicitamente senza alcuna ambiguità. La Bibbia non è neppure un’opera storiograficamente attendibile. Abbiamo visto infatti che l’Antico e il Nuovo Testamento sono infarciti di racconti inverosimili, e sebbene si riferiscano anche a eventi realmente accaduti o a personaggi realmente esistiti, appartengono in realtà più al genere della poesis o della fabula che a quello della storiografia. Poiché inoltre la storia del popolo ebraico si inserisce pienamente all’interno della storia universale non si può ricorrere unicamente alla Bibbia – sia per l’inattendibilità dei racconti o dei miti in essa confluiti sia per l’inaccuratezza della sua redazione e tradizione testuale – per restituire un quadro storico di ‘come sono andate veramente le cose’. È necessario, come Spinoza fa più volte, ricorrere a fonti extrabibliche o profane, come Flavio Giuseppe, e anche servirsi, come si è cercato di fare a partire dal xix secolo e si fa ancora oggi, delle testimonianze archeologiche e letterarie del Vicino Oriente. 4 1 « historiae miracula potissimum continent, hoc est (ut in superiore capite ostendimus), narrationes rerum insolitarum naturae, opinionibus et judiciis historicorum, qui eas scripserunt, accomodatas » (TTP vii, §3). 2 Rinvio ad altra sede lo studio del concetto di sippur nella filosofia ebraica. Anticipo soltanto che per Maimonide i sippurim sono i racconti della Bibbia ebraica che non contengono leggi ma insegnamenti salutari (cfr. Guida dei perplessi iii, 50). Inoltre, nella traduzione ebraica del Compendio di Averroè alla Repubblica di Platone, i sippurim sono i miti religiosi con cui si viene educati fin dall’infanzia e che i governanti devono raccontare ai governati per il bene della comunità politica. 3 Su Giobbe cfr. TTP ii, §19 e x, §8 (in part. si noti l’accostamento tra la storia di Giobbe e il Deorum concilium di Luciano, presente nella biblioteca spinoziana : « Crederei con Aben Ezra che il libro [di Giobbe] sia stato tradotto da un’altra lingua, dato che sembra tendere alla poesia dei gentili [gentilium poesin] : il padre degli dei, infatti, convoca due volte un concilio, e Momo, che qui è chiamato Satana, biasima in totale libertà la parola di Dio »). Sull’historia di Adamo come simplex narratio cfr. TTP iv, §11. Per l’implicita polemica contro Maimonide in questi luoghi del TTP, cfr. Giovanni Licata, La via della ragione, cit., pp. 265-272. 4 Cfr. Mario Liverani, Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele, Roma-Bari, Laterza, 2003 ; Israel Finkelstein, Neil A. Silberman, Le tracce di Mosè, La Bibbia tra storia e mito, Roma, Carocci, 2018. l ’ historia sacra nel trattato teologico-politico di spinoza 243 La negazione dell’opinione comune che attribuiva assoluta verità all’historia sacra, in quanto rivelata, è una dottrina esoterica del Trattato. Spinoza si è espresso tra le righe e ambiguamente, consapevole, forse, di essersi spinto troppo in là rispetto allo spirito del suo tempo e rispetto al fine principale del Trattato : l’autonomia della filosofia dalla teologia. La Bibbia, per Spinoza, appartiene dunque al dominio della letteratura universale. Essa inoltre, come tutti i grandi classici, contiene insegnamenti etici – justitia e charitas – di fondamentale importanza per l’educazione umana e civile. Sotto questo punto di vista – avrebbe ammesso Spinoza – non c’è differenza alcuna se si legge la Bibbia, le tragedie greche, il romanzo filosofico di Ibn Tufayl, il teatro di Seneca o di Shakespeare : « sono parimenti sacri i libri che narrano e insegnano cose ottime, in qualsiasi lingua e da qualsiasi nazione siano stati scritti ». 1 1 TTP x, §9. co m p osto in ca r atte re serr a dant e dalla fa b r izio se r r a e dito re, pisa · roma. sta m pato e ril e gato nella t i po gr a fia di ag na n o, ag nano pisano (pisa). * Settembre 2023 (c z 2 · f g 1 3 )