Craig, Christopher; Del Bene, Marco; Fongaro, Enrico (ed. by), Continuity and convergence in revolutionary times. A comparative view of the Long 1960s in Japan and Italy, Mimesis International, 2022
This essay is focused on the relationship between consumption models and the transformation of re... more This essay is focused on the relationship between consumption models and the transformation of retail venues, during the Sixties in Italy. In the past, historiography – especially Marxist-inspired literature – has largely ignored the role of mediation between supply and demand; today, however, it is difficult to view the physical spaces built for business and commerce – small stores and supermarkets, department stores or shopping malls – as merely neutral containers, playing but a passive role in consumerism. On the contrary, when retail venues act as frames around products, showcasing them, they undoubtably play a direct role in influencing people to make purchases, transforming the very psychology of consumption. To apply this understanding to the 1960s means, in practice, asking how the transformation of the consumer model tied to the advent of large-scale retail distribution, and how the latter contributed to influencing the mindset and preferences of consumers
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Uploads
Papers by Elena Papadia
The courtroom as a “school of anarchism”: revolutionaries on trial (1876-1894).
In the late 19th century, Italy became the setting for a series of important political trials in which socialist and anarchist revolutionaries had to defend themselves against accusations of political subversion. This essay investigates the 1876 trial in Bologna that inaugurated the judicial history of the First International in Italy; the trail of 1886 against the organizers of La Boje!; and the trails following the riots of the 1st of May, in Rome and in Naples. The analysis concludes with some notes on the military trials that ended in the condemnation of the organizers of the Siclian Fasci. In each of these cases, the spectacular public potrayal of the trial and the role of the press, the courtrooms became an important place for political propaganda in which the the ideas of the defendants and the arguments defense lawyers were amplified. This is demonstrated by the numerous testimones of those who joined the cause after having witnessed these trials or having been exposed to the ideals of the “sovversivi” through the press or word of mouth.
La ricostruzione del contesto italiano si collocherà all’interno di un’ottica comparativa, coe-rentemente con la dimensione internazionale del fenomeno; si evidenzieranno così connessioni e analogie, ma anche quelle specificità nazionali che, talvolta schiacciate da discorsi troppo appiattiti sul paradigma della modernizzazione (alias americanizzazione), sono invece ormai riconosciute dalla storiografia come elementi vitali e persistenti. Occorrerà confrontarsi qui anche con le difficoltà di radicamento della grande distribuzione in Italia, almeno fino alla grande trasformazione degli anni Sessanta: difficoltà che rimandano non solo alle ragioni oggettive degli indicatori socio-economici, ma anche a specifiche logiche politiche (oltre che, secondo qualcuno, a una radicata attitudine individualistica dei consumatori italiani).
All’interno di questo quadro generale, il primo passaggio da esplorare sarà quello che ha portato a cavallo tra i due secoli alla nascita dei grandi magazzini, da “Alle città d’Italia” alla “Ri-nascente”: ci si soffermerà sulle novità introdotte dalle prime forme di spettacolo della merce (a li-vello di paesaggio urbano e di psicologia del consumo) e di popolarizzazione del lusso (nella ricerca di un difficile equilibrio tra vocazione “espansionistica” e intonazione alta). Il paragrafo successivo sarà riservato al complesso rapporto tra grandi magazzini – Upim e Standa in particolare - e fasci-smo. Si analizzeranno da una parte la sintonia sul piano del processo di standardizzazione / massifi-cazione; dall’altra, le resistenze verso la dimensione materiale, anti-ideologica e individualistica del consumo. Il terzo paragrafo sarà dedicato al take off del secondo dopoguerra, con la definitiva af-fermazione del “comprare all’americana”. Un’attenzione specifica sarà dedicata alla diffusione dei supermarket: dagli abiti pronti, dunque, ai cibi pronti, in un progressivo (ma non incontrastato) ce-dimento del pregiudizio anti-industrialista. Nell’ultimo paragrafo ci si occuperà della diffusione dei discount, approdati in Italia dalla Germania nel 1992 con il marchio Lidl. Dell’imponenza architet-tonica, della lussosità degli interni e degli arredi, della cura dei servizi offerti al cliente tipiche dei primi grandi magazzini, non rimane più traccia: collocazioni periferiche, ambienti spogli, bassi livelli di servizio e limitato assortimento di merci sono fattori che convergono tutti verso l’obiettivo finale del contenimento dei costi.
Books by Elena Papadia
The courtroom as a “school of anarchism”: revolutionaries on trial (1876-1894).
In the late 19th century, Italy became the setting for a series of important political trials in which socialist and anarchist revolutionaries had to defend themselves against accusations of political subversion. This essay investigates the 1876 trial in Bologna that inaugurated the judicial history of the First International in Italy; the trail of 1886 against the organizers of La Boje!; and the trails following the riots of the 1st of May, in Rome and in Naples. The analysis concludes with some notes on the military trials that ended in the condemnation of the organizers of the Siclian Fasci. In each of these cases, the spectacular public potrayal of the trial and the role of the press, the courtrooms became an important place for political propaganda in which the the ideas of the defendants and the arguments defense lawyers were amplified. This is demonstrated by the numerous testimones of those who joined the cause after having witnessed these trials or having been exposed to the ideals of the “sovversivi” through the press or word of mouth.
La ricostruzione del contesto italiano si collocherà all’interno di un’ottica comparativa, coe-rentemente con la dimensione internazionale del fenomeno; si evidenzieranno così connessioni e analogie, ma anche quelle specificità nazionali che, talvolta schiacciate da discorsi troppo appiattiti sul paradigma della modernizzazione (alias americanizzazione), sono invece ormai riconosciute dalla storiografia come elementi vitali e persistenti. Occorrerà confrontarsi qui anche con le difficoltà di radicamento della grande distribuzione in Italia, almeno fino alla grande trasformazione degli anni Sessanta: difficoltà che rimandano non solo alle ragioni oggettive degli indicatori socio-economici, ma anche a specifiche logiche politiche (oltre che, secondo qualcuno, a una radicata attitudine individualistica dei consumatori italiani).
All’interno di questo quadro generale, il primo passaggio da esplorare sarà quello che ha portato a cavallo tra i due secoli alla nascita dei grandi magazzini, da “Alle città d’Italia” alla “Ri-nascente”: ci si soffermerà sulle novità introdotte dalle prime forme di spettacolo della merce (a li-vello di paesaggio urbano e di psicologia del consumo) e di popolarizzazione del lusso (nella ricerca di un difficile equilibrio tra vocazione “espansionistica” e intonazione alta). Il paragrafo successivo sarà riservato al complesso rapporto tra grandi magazzini – Upim e Standa in particolare - e fasci-smo. Si analizzeranno da una parte la sintonia sul piano del processo di standardizzazione / massifi-cazione; dall’altra, le resistenze verso la dimensione materiale, anti-ideologica e individualistica del consumo. Il terzo paragrafo sarà dedicato al take off del secondo dopoguerra, con la definitiva af-fermazione del “comprare all’americana”. Un’attenzione specifica sarà dedicata alla diffusione dei supermarket: dagli abiti pronti, dunque, ai cibi pronti, in un progressivo (ma non incontrastato) ce-dimento del pregiudizio anti-industrialista. Nell’ultimo paragrafo ci si occuperà della diffusione dei discount, approdati in Italia dalla Germania nel 1992 con il marchio Lidl. Dell’imponenza architet-tonica, della lussosità degli interni e degli arredi, della cura dei servizi offerti al cliente tipiche dei primi grandi magazzini, non rimane più traccia: collocazioni periferiche, ambienti spogli, bassi livelli di servizio e limitato assortimento di merci sono fattori che convergono tutti verso l’obiettivo finale del contenimento dei costi.