Mattia Boscarino
Università di Pisa, Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica, Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, Graduate Student
Università di Pisa, Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica, Member of the Anthropology of the Ancient World Workshop
Visiting PhD student in Klassische Philologie (Ruprecht-Karls-Universität Heidelberg)
PhD student in Cultural Studies - Ancient Greek language and literature, ancient Greek history (Università di Palermo)
Member of the Anthropology of the Ancient World workshop (Università di Pisa)
MA in Classical Philology and Ancient History (Università di Pisa)
Research intern at the National Institute of Ancient Drama (Fondazione INDA, Siracusa)
Erasmus+ programme (Durham University)
BA in Classics (Università di Pisa)
Supervisors: Enrico Medda, Jonas Grethlein, Nicola Cusumano, Andrea Taddei, and Andrea Cozzo
PhD student in Cultural Studies - Ancient Greek language and literature, ancient Greek history (Università di Palermo)
Member of the Anthropology of the Ancient World workshop (Università di Pisa)
MA in Classical Philology and Ancient History (Università di Pisa)
Research intern at the National Institute of Ancient Drama (Fondazione INDA, Siracusa)
Erasmus+ programme (Durham University)
BA in Classics (Università di Pisa)
Supervisors: Enrico Medda, Jonas Grethlein, Nicola Cusumano, Andrea Taddei, and Andrea Cozzo
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Attraverso un’analisi dell’espressione ἁβρὰ παθεῖν nel frammento 24 W. di Solone e di alcune ricorrenze eschilee dei derivati della radice ἁβρ- (Pers. 41, 135, 541, 543, 1073, Ag. 690-1, 918-20) questo lavoro si inserisce nel dibattito critico esistente intorno alla nozione di ἁβροσύνη, alle implicazioni ad essa connesse in quanto segno di prestigio sociale, e ai modi in cui essa fu percepita nel contesto culturale ateniese del V secolo. In particolare, si ritiene che tali riferimenti alla ἁβροσύνη, se considerati nel contesto poetico in cui sono impiegati e alla luce di una selezione di altre testimonianze di VI e V secolo, rifletterebbero, nella πόλις di Atene, la presenza di una pluralità di punti di vista diversi nei confronti di tale nozione. A tal proposito, viene messo in evidenza il ruolo svolto dal principio democratico dell’ἰσονοµία nella formazione di posizioni critiche nei confronti della ἁβροσύνη, presso certi ambienti non più sentita come un valore privo di contraddizioni, ma come segno di disparità sociale.
Questo lavoro analizza la rappresentazione dell'invocazione di Dario nei Persiani di Eschilo. Prendendo in esame alcune questioni linguistiche e gli aspetti relativi alla messa in scena del rito di invocazione, si vuole mostrare che il poeta enfatizza l'estraneità rispetto agli spettatori dei costumi persiani a cui allude sulla scena. Allo stesso tempo Eschilo non rinuncia a guidare la ricezione del pubblico, dal momento che ricorrendo al patrimonio di conoscenze condiviso dagli spettatori chiarisce che il defunto invocato presenta tratti insieme umani e divini. Si ritiene dunque che attraverso una commistione di elementi greci più facilmente interpretabili dagli spettatori il poeta intende rendere più comprensibili per questi ultimi le forme di pensiero e di civiltà persiane, compiendo un'operazione di mediazione.
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Attraverso un’analisi dell’espressione ἁβρὰ παθεῖν nel frammento 24 W. di Solone e di alcune ricorrenze eschilee dei derivati della radice ἁβρ- (Pers. 41, 135, 541, 543, 1073, Ag. 690-1, 918-20) questo lavoro si inserisce nel dibattito critico esistente intorno alla nozione di ἁβροσύνη, alle implicazioni ad essa connesse in quanto segno di prestigio sociale, e ai modi in cui essa fu percepita nel contesto culturale ateniese del V secolo. In particolare, si ritiene che tali riferimenti alla ἁβροσύνη, se considerati nel contesto poetico in cui sono impiegati e alla luce di una selezione di altre testimonianze di VI e V secolo, rifletterebbero, nella πόλις di Atene, la presenza di una pluralità di punti di vista diversi nei confronti di tale nozione. A tal proposito, viene messo in evidenza il ruolo svolto dal principio democratico dell’ἰσονοµία nella formazione di posizioni critiche nei confronti della ἁβροσύνη, presso certi ambienti non più sentita come un valore privo di contraddizioni, ma come segno di disparità sociale.
Questo lavoro analizza la rappresentazione dell'invocazione di Dario nei Persiani di Eschilo. Prendendo in esame alcune questioni linguistiche e gli aspetti relativi alla messa in scena del rito di invocazione, si vuole mostrare che il poeta enfatizza l'estraneità rispetto agli spettatori dei costumi persiani a cui allude sulla scena. Allo stesso tempo Eschilo non rinuncia a guidare la ricezione del pubblico, dal momento che ricorrendo al patrimonio di conoscenze condiviso dagli spettatori chiarisce che il defunto invocato presenta tratti insieme umani e divini. Si ritiene dunque che attraverso una commistione di elementi greci più facilmente interpretabili dagli spettatori il poeta intende rendere più comprensibili per questi ultimi le forme di pensiero e di civiltà persiane, compiendo un'operazione di mediazione.