
Emanuele Greco
Università degli Studi di Firenze (University of Florence), Storia delle Arti e dello Spettacolo, Dottore di Ricerca (PhD)
È docente a contratto di Storia dell'arte contemporanea presso il Dipartimento SAGAS (Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo) dell'Università degli Studi di Firenze. Dopo la laurea triennale in Storia e tutela dei beni artistici e la laurea specialistica in Storia dell'arte presso l'Università degli Studi di Firenze, con una tesi in Storia della critica d'arte, si è diplomato in Storia e fenomenologia dell'arte contemporanea alla Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell'Università degli Studi di Siena. Nel 2018 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca presso l'Ateneo fiorentino, svolgendo una ricerca mirata alla ricostruzione del contesto storico-critico in cui ebbe luogo l'esposizione “Fiorentina Primaverile” del 1922, tesi che ha vinto l'VIII Edizione del Premio di Ricerca "Città di Firenze" (2018-2019), ed è stata pubblicata dalla Firenze University Press nel 2020. Nel 2019 ha ottenuto una borsa di studio post-dottorale (Arp-Fellowship 2019) alla Stiftung Arp di Berlino per svolgere una ricerca dal titolo "Arp and Italy: The reception of Hans Arp's work in the Italian artistic and cultural context". Dal 2019 al 2020 è stato assegnista di ricerca presso il Dipartimento SAGAS dell'Università degli Studi di Firenze.
Nel 2021 ha ottenuto l'Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) per il Settore Concorsuale 10/B1 Storia dell'arte, Fascia II, 2018-2020, Sesto Quadrimestre.
Si occupa principalmente della critica e dell'arte in Italia nel Novecento.
Nel 2021 ha ottenuto l'Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) per il Settore Concorsuale 10/B1 Storia dell'arte, Fascia II, 2018-2020, Sesto Quadrimestre.
Si occupa principalmente della critica e dell'arte in Italia nel Novecento.
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Papers by Emanuele Greco
Priva di una linea programmatica definita, la rivista uscì in soli quattro fascicoli, a cui seguì, la pubblicazione della prima monografia dedicata a Primo Conti, introdotta da un testo critico di Pavolini, che rappresentò l'unica uscita di una progettata serie di monografie dedicate all'arte figurativa, edita “a cura della Rivista Il Centone”.
Nonostante la breve durata e le rare uscite, “Il Centone” rappresentò un significativo momento di riflessione culturale, e in un certo senso di ricerca di identità, di alcuni giovani artisti toscani della linea avanguardistica ansiosi di dare una nuova risposta al significato stesso della propria ricerca, all'indomani della Prima guerra mondiale, del tutto in linea, quindi, con alcuni filoni culturali nazionali ed internazionali del tempo, incentrati sulla volontà di ricostruzione dell'unità delle forme e sul superamento delle avanguardie, in un clima diffuso di “ritorno all'ordine”. Questa ambiguità di linea della rivista era rappresentata dalle differenti posizioni dei suoi principali animatori: se Pavolini avvertiva la necessità di un cambiamento rispetto alle posizioni dell'avanguardia, Conti, invece, sentiva ancora forte il legame con il Futurismo, pur esprimendo un desiderio di indipendenza e di ritorno ad un “primitivismo verginale” di matrice toscana. Questa incertezza appare anche nel confronto con la pittura metafisica di Giorgio de Chirico e Carlo Carrà. Infatti se da una parte, dalle pagine di “Il Centone”, sia Pavolini che Conti criticavano duramente la rivista “Valori Plastici”, schierandosi “contro la metafisica in arte”, dall'altra lo stesso Conti sembrava risentire di quel clima “metafisico” di ricostruzione delle forme, arrivando proprio allora a quella che molti anni dopo avrebbe definito come “una specie di Metafisica uscita dal Futurismo come un urlo, un rigurgito da bassa plebe”.
L'articolo mira alla ricostruzione dettagliata della storia e delle dinamiche interne alla rivista “Il Centone”, la quale si inserisce in un momento davvero nodale della storia culturale e artistica italiana e internazionale. Il saggio intende inoltre chiarire quali fossero le linee culturali dei principali animatori della rivista, e allo stesso tempo le affinità e le divergenze con i maggiori esponenti della cultura artistica italiana del tempo, divisa tra una riproposizione dei vecchi schemi avanguardistici dell'anteguerra e un nuovo sentimento di ricostruzione delle forme, secondo un'idea di classicità e di sospensione metafisica.
The essay examines a picture of a bare-chested young man from the 1930s identified by the author as the American painter Philip Perkins (1907-1970) who painted it during a stay in Florence. The painter was best known in the United States for his post-war abstract works. The study concentrates on the work’s critical significance for Del Bravo who since the early 1980s was interested in the art between the two world wars particularly of the classicistic figurative type which had been neglected mainly for ideological reasons.
The book has an international perception, particularly oriented towards France, a counter-trend from the nationalistic rhetoric diffused in Italy during Fascism. Moreover, Castelfranco analyzes the protagonists of the impressionism era, from Manet to Cézanne; as well as the avant-gardes, from Matisse to Picasso. Only three Italian artists enter the book: Modigliani, Boccioni and de Chirico, which with his unique way of transfigure reality into art starting with perception, fully represents Castelfranco's concept of contemporary art.
Priva di una linea programmatica definita, la rivista uscì in soli quattro fascicoli, a cui seguì, la pubblicazione della prima monografia dedicata a Primo Conti, introdotta da un testo critico di Pavolini, che rappresentò l'unica uscita di una progettata serie di monografie dedicate all'arte figurativa, edita “a cura della Rivista Il Centone”.
Nonostante la breve durata e le rare uscite, “Il Centone” rappresentò un significativo momento di riflessione culturale, e in un certo senso di ricerca di identità, di alcuni giovani artisti toscani della linea avanguardistica ansiosi di dare una nuova risposta al significato stesso della propria ricerca, all'indomani della Prima guerra mondiale, del tutto in linea, quindi, con alcuni filoni culturali nazionali ed internazionali del tempo, incentrati sulla volontà di ricostruzione dell'unità delle forme e sul superamento delle avanguardie, in un clima diffuso di “ritorno all'ordine”. Questa ambiguità di linea della rivista era rappresentata dalle differenti posizioni dei suoi principali animatori: se Pavolini avvertiva la necessità di un cambiamento rispetto alle posizioni dell'avanguardia, Conti, invece, sentiva ancora forte il legame con il Futurismo, pur esprimendo un desiderio di indipendenza e di ritorno ad un “primitivismo verginale” di matrice toscana. Questa incertezza appare anche nel confronto con la pittura metafisica di Giorgio de Chirico e Carlo Carrà. Infatti se da una parte, dalle pagine di “Il Centone”, sia Pavolini che Conti criticavano duramente la rivista “Valori Plastici”, schierandosi “contro la metafisica in arte”, dall'altra lo stesso Conti sembrava risentire di quel clima “metafisico” di ricostruzione delle forme, arrivando proprio allora a quella che molti anni dopo avrebbe definito come “una specie di Metafisica uscita dal Futurismo come un urlo, un rigurgito da bassa plebe”.
L'articolo mira alla ricostruzione dettagliata della storia e delle dinamiche interne alla rivista “Il Centone”, la quale si inserisce in un momento davvero nodale della storia culturale e artistica italiana e internazionale. Il saggio intende inoltre chiarire quali fossero le linee culturali dei principali animatori della rivista, e allo stesso tempo le affinità e le divergenze con i maggiori esponenti della cultura artistica italiana del tempo, divisa tra una riproposizione dei vecchi schemi avanguardistici dell'anteguerra e un nuovo sentimento di ricostruzione delle forme, secondo un'idea di classicità e di sospensione metafisica.
The essay examines a picture of a bare-chested young man from the 1930s identified by the author as the American painter Philip Perkins (1907-1970) who painted it during a stay in Florence. The painter was best known in the United States for his post-war abstract works. The study concentrates on the work’s critical significance for Del Bravo who since the early 1980s was interested in the art between the two world wars particularly of the classicistic figurative type which had been neglected mainly for ideological reasons.
The book has an international perception, particularly oriented towards France, a counter-trend from the nationalistic rhetoric diffused in Italy during Fascism. Moreover, Castelfranco analyzes the protagonists of the impressionism era, from Manet to Cézanne; as well as the avant-gardes, from Matisse to Picasso. Only three Italian artists enter the book: Modigliani, Boccioni and de Chirico, which with his unique way of transfigure reality into art starting with perception, fully represents Castelfranco's concept of contemporary art.
The proposed presentation aims, for the first time, to explore Somaini's interest in African sculpture, highlighting the possible iconographic references of non-European origin, particularly African, in the works of the artist from the early 1950s. This will accomplished done through a direct comparison with images of works from these fascinating and distant cultures, reproduced in volumes, mostly published in France, that the sculptor carefully selected and purchased starting in 1948.
Priva di una linea programmatica definita, la rivista uscì in soli quattro fascicoli, a cui seguì, nell'ottobre dello stesso anno, la pubblicazione della prima monografia dedicata a Primo Conti, introdotta da un testo critico di Pavolini.
Nonostante la breve durata e le rare uscite, “Il Centone” rappresentò un significativo momento di riflessione culturale, e in un certo senso di ricerca di identità, di alcuni giovani artisti toscani della linea avanguardistica ansiosi di dare una nuova risposta al significato stesso della propria ricerca, all'indomani degli stravolgimenti dovuti alla Prima guerra mondiale, del tutto in linea, quindi, con alcuni filoni culturali nazionali ed internazionali del tempo, incentrati sulla volontà di ricostruzione dell'unità delle forme e sul superamento delle avanguardie, in un clima diffuso di “ritorno all'ordine”. Questa ambiguità di linea della rivista era rappresentata dalle differenti posizioni dei suoi principali animatori: se Pavolini avvertiva la necessità di un cambiamento rispetto alle posizioni dell'avanguardia, Conti, invece, sentiva ancora forte il legame con il Futurismo, anche se, sia nei suoi contributi teorico-critici che nelle sue opere figurative, esprimeva un desiderio di indipendenza e di ritorno ad un “primitivismo verginale” di matrice toscana. Questa incertezza appare anche nel confronto con la pittura metafisica di Giorgio de Chirico e Carlo Carrà. Infatti se da una parte, dalle pagine di “Il Centone”, sia Pavolini che Conti criticavano duramente la rivista “Valori Plastici”, schierandosi “contro la metafisica in arte”, dall'altra lo stesso Conti sembrava risentire di quel clima “metafisico” di ricostruzione delle forme, arrivando proprio allora a quella che molti anni dopo avrebbe definito come “una specie di Metafisica uscita dal Futurismo come un urlo, un rigurgito da bassa plebe”.
L'intervento che si intende proporre mira alla ricostruzione dettagliata, attraverso lo studio di materiale archivistico inedito, della storia e delle dinamiche interne alla rivista “Il Centone”, la quale si inserisce in un momento davvero nodale della storia culturale e artistica italiana e internazionale. Con questo intervento si cercherà quindi di chiarire quali fossero le linee culturali dei principali animatori della rivista, e, allo stesso tempo, le affinità e le divergenze con i maggiori esponenti della cultura artistica italiana del tempo, divisa tra una riproposizione dei vecchi schemi avanguardistici dell'anteguerra e un nuovo sentimento di ricostruzione delle forme, secondo un'idea di classicità e di sospensione metafisica.
Nonetheless in most cases the relationship of Arp and the young Italian artists was characterized of being like master and disciple, the relationship between the Alsatian sculptor and Alberto Viani was surely different and certainly more balanced. Moreover, Viani, who had been instructed by Arturo Martini, had developed the sculptural “crisis” of his master, around the mid-1940s, in a vital and personal research of abstract and biomorphic forms, but deeply rooted in the human figure, where coexisted as principal modern sources the lessons of surrealistic sculpture of Picasso and the organic lessons of Arp. Whereas for Viani, Arp represented without a doubt an essential point for the development of his plastic research, for Arp, Viani was so much an admirable artist to dedicate to him, on 1957, one of his poems called Petits poèmes à l'intention de Viani. Moreover, Viani's artworks, as hypothesized by the art historian Carlo Ludovico Ragghianti on 1964, could be a stimulus for some researches of more formal matrix, specially some human torsos realized by Arp during the 1950s.
The lecture proposed for this conference looks to reconstruct in depth, by analyzing some unpublished documents from the archives, the effective nature of the relationship between Arp and Viani between the 1940s to the 1960s. Moreover the proposal aims to make more clear when, how and in which way Arp's work has worked as a stimulus for Viani's artistic research and if, eventually, Viani's works of the human figure, of humanistic tradition, could have been an important source of stimuli for Arp during the 1950s.
After a brief stay in Paris, Moore's trip continued to Italy, stopping in Florence, Siena, Pisa, Rome, Assisi, Ravenna, Padua and Venice. In a completely unexpected manner, the young sculptor was deeply touched by the painting of the Italian Masters of the Trecento and Quattrocento like Giotto, Masaccio, Giovanni Bellini, and Andrea Mantegna. In their work Moore admired the expressiveness and the plastic synthesis that was sculpture-like, as can be seen in several drawings and notes made by Moore at the time. The lessons learnt by the sculptor became a fundamental part of his research and artistic development. In the 1940s, Moore looked to mix the “Mediterranean Classicism” learnt in Italy, with the elementary and primitive art he admired. This led to a new and fertile phase that characterized his work in the post-war period.
This paper aims to highlight the trip to Italy realized by Moore in 1925, in order to understand better, by analyzing the notes and designs of the artist at that time, which artworks he saw and studied as well as why and how they touched and influenced him and his artistic path. Moreover it intends to trace a relationship, by identifying similarities and differences, between Moore's interest for the Trecento and Quattrocento Italian artists, and the trend for rediscovering that artistic period that also characterized the works of the artists of the roman magazine “Valori Plastici” (1918-1922), such as Giorgio de Chirico, Carlo Carrà, and Arturo Martini.
The proposal highlights this ambiguous interpretation of metaphysical painting given by “Valori Plastici”. Analyzing the exhibition activity of “Valori Plastici”, specifically the tour in Germany in 1921, and the participation at the Fiorentina Primaverile in Florence in 1922, it will be reconstructed how Broglio intended to present the metaphysical painting during the exhibits of “Valori Plastici”, and if it was a stragetic move to propose that language to the public in different ways.
Inaugurated in Florence in 1922, the “Fiorentina Primaverile” was an important exhibition of Italian contemporary art, conceived by the writer Sem Benelli. This exhibition remains unique to Florence because of the number (more than three hundred) and the importance of the participants (from Andreotti and Wildt, to Conti and Bacci; from macchiaioli masters like Lega and Signorini to the young artists of «Valori Plastici») as well as for the moment when it took place: a fruitful period for artistic events, like the great exhibition of the Italian Paintings from the 17th and 18th Centuries. Analyzing the archival documents of the exhibition, that have been unpublished until now, this text aims to reconstruct in a historical and critical manner, for the first time, the “Fiorentina Primaverile”, in order to identify the true nature of the exhibition and, most of all, which kind of idea of Italian contemporary art was intended to be offered to the public.
Nella ricerca, quindi, si intende rileggere la vita, l'opera, ma anche le interpretazioni date dai critici e dagli studiosi sulla scultura di Viani, così da chiarire quali sono realmente – e se ci sono davvero – rapporti d'immaginario organico tra Alberto Viani e Jean Arp, in modo da cercare di superare definitivamente quel luogo comune, divenuto nel frattempo "storico" nella letteratura critica sullo scultore italiano, che lo vedeva come un seguace, se non un imitatore, dello scultore alsaziano, e che, un po' provocatoriamente, si è deciso di definire nel titolo della tesi come una "illazione critica".
Sebbene si tratti, in fondo, di un episodio isolato, la “Fiorentina Primaverile” fu per certi aspetti un unicum per Firenze, per la quantità e lo spessore degli artisti presentati. Infatti, tra gli oltre trecento artisti in mostra, in gran parte toscani, figuravano: Libero Andreotti, Arturo Dazzi, Evaristo Boncinelli, Adolfo Wildt, Primo Conti, Lorenzo Viani, Baccio Maria Bacci. Inoltre, vi erano le retrospettive dei pittori macchiaioli Silvestro Lega e Telemaco Signorini, a sancire il legame di continuità tra l'arte del Novecento, soprattutto quella dei toscani, e la pittura dell'Ottocento, e, infine, un'intera sala dedicata esclusivamente agli artisti appartenenti al gruppo della rivista «Valori Plastici», tra cui Carlo Carrà, Giorgio de Chirico Giorgio Morandi, Edita Walterowna Zur Muehlen, Arturo Martini, a cui si erano uniti per l'occasione anche Riccardo Francalancia, Amerigo Bartoli, Ugo Giannattasio, Armando Spadini, Cipriano Efisio Oppo, Carlo Socrate e Quirino Ruggeri.
Il lavoro di tesi mira alla ricostruzione storico-critica della “Fiorentina Primaverile”, dalla progettazione alla realizzazione, dalla conclusione alla ricezione, attraverso soprattutto lo studio del cospicuo materiale archivistico, finora inedito, relativo alla mostra. In questo modo si intende porre l'attenzione specificatamente sulla “Fiorentina Primaverile”, individuando quale fosse l'idea di mostra proposta da Benelli, e soprattutto quale idea di arte italiana contemporanea lo scrittore, insieme agli altri organizzatori, volesse offrire al pubblico in quell'esposizione.
Allo stesso modo si propone un nuovo punto di vista che si spera possa arricchire il dibattito sui primi anni Venti nel contesto toscano e, in prospettiva, in quello nazionale, uscendo così dalla lettura ormai storica, e fino ad ora predominante, della “Fiorentina Primaverile” come una sorta di pendant “accessorio”, dedicato all'arte contemporanea, della riscoperta d'interesse per l'arte di due secoli “dimenticati”, quali il Seicento e il Settecento, sancita dalla mostra di Palazzo Pitti.