Talks by ROBERTA RANIERI
XXV World Congress of Philosophy — Rome 2024, 2024
L'obiettivo dei geologi è il progresso nella conoscenza della nostra dimora attraverso lo studio ... more L'obiettivo dei geologi è il progresso nella conoscenza della nostra dimora attraverso lo studio delle configurazioni e dei processi che il pianeta Terra ha attuato e continua ad attuare tutt'oggi. A differenza della fisica o della chimica, la geologia è una scienza storica: attraverso apposite tecniche scientifiche essa raccoglie i dati, determina i processi compiuti dal pianeta e cerca di contestualizzarli nel tempo, ricostruendo così le tappe fondamentali della storia evolutiva del pianeta. Tuttavia, questa disciplina occupa uno spazio molto limitato nella vastissima letteratura concernente la storia e la filosofia della scienza ed è verosimilmente dovuto al metodo adottato giudicato come inadeguato per la ricerca scientifica e alla presunta assenza di universalità. Con questo articolo si vuol compiere una breve indagine preliminare circa il processo di scoperta e di elaborazione di un sapere vero in geologia, considerando il sistema Terra come una realtà a multilivelli di complessità.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
AMICIZIA, VERITÀ E FELICITÀ NELL' "ETICA NICOMACHEA" DI ARISTOTELE, 2023
È possibile una riflessione pratica e, al contempo, teoretica sull’αὐτάρκεια, cioè sulla coscienz... more È possibile una riflessione pratica e, al contempo, teoretica sull’αὐτάρκεια, cioè sulla coscienza di sé, in relazione alla φιλία? Essendo la φιλία un bene per l’uomo per il raggiungimento della verità e, quindi, anche di una vita felice, era necessario, secondo Aristotele, dedicarle parte della sua "Etica Nicomachea". La φιλία è la sola capace di conciliare il divino e l’umano, ed è un nesso logico, dinamico e relazionale che si muove su due direzioni: l’una orizzontale e l’altra verticale. Se quest'ultima è propria del pensiero platonico, la prima si dà negli spazi dell’οἶκος e dell’ἀγορά. È in essi che nascono la morale, le consuetudini e le normali prassi di comportamento ed è ad essi che Aristotele di certo guardava, perché sono gli spazi nei quali nell'Antichità agiva l’uomo che, per essenza, è un animale politico.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Papers by ROBERTA RANIERI
RELAZIONE CICLO SEMINARI "CONFLICTUS", 2022
Il seguente testo è una breve relazione redatta alla fine del ciclo di seminari "Conflictus: fra ... more Il seguente testo è una breve relazione redatta alla fine del ciclo di seminari "Conflictus: fra chimere e abomini, anima e disanima" tenutosi durante il primo semestre dell'a.a. 2022/23. Tratta di semplici accenni che ripartono da alcuni miei recenti studi sulla complessità, teoria che, sebbene sia stata teorizzata in un campo prettamente scientifico, in realtà, è in grado di spiegare quei fenomeni etici, politici ed economici, che fluiscono, senza mai ristagnare, lungo i canali delle nostre ecologie sociali.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
LA CORPOREITÀ TRA ESSENZA ED ESISTENZA NELLE FILOSOFIE DI SCHOPENHAUER E KIERKEGAARD, 2020
Con Schopenhauer e Kierkegaard s'ebbe nell'Ottocento la riscoperta del valore e del ruolo della c... more Con Schopenhauer e Kierkegaard s'ebbe nell'Ottocento la riscoperta del valore e del ruolo della corporeità a livello gnoseologico, etico, ontologico ed esistenziale. Se per secoli in Occidente è prevalsa l'idea di una scissione tra l'essenza e l'esistenza a partire dalla filosofia socratico-platonica, grazie a questi due filosofi ci fu, invece, il ritorno all'originaria e fondativa coincidenza tra le due nel corpo della soggettività. Centrale nelle due filosofie fu la figura di Cristo - l'eroe che si fece corpo! - e la narrazione biblica della sua passione. Filosofie molto diverse, quelle di Schopenhauer e Kierkegaard, ma che trovano ambedue il loro fondamento nell'esperienza della Fede.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Thesis Chapters by ROBERTA RANIERI
Questo saggio è incentrato sulla tecnica della mappatura dei biomi, e in particolare dei biomi an... more Questo saggio è incentrato sulla tecnica della mappatura dei biomi, e in particolare dei biomi antropogenici, la quale secondo la teoria della gerarchia ecologica consiste in una parcellizzazione o divisione delle superficie terrestre in sotto-regioni caratterizzate dall’uniformità regionale geologica, climatica ed ecosistemica dette «biomi» (es: tundra, savana, …) al cui interno è contenuta la vita.
Nell'elaborato ho tentato di dimostrare come i biomi che individuiamo sulle mappe geografiche non siano tuttavia delle piccole e astratte sotto-unità, bensì dei mosaici di vite concrete abitanti il nostro pianeta all’interno di gerarchie annidate di regioni.
Il saggio si compone di due parti. Nella prima s’intende ricostruire l'evoluzione storica e semantica del concetto di «bioma» tra Otto e Novecento e rintracciare le fondamenta filosofiche che hanno contribuito a costruirne il significato. La seconda è dedicata all’avvento di una nuova forza bio-geomorfologica, ossia l’uomo.
Le figure principali per questo percorso sono state:
1) Il botanico statunitense neo-lamarckiano Frederic Clements, poiché fu lui ad introdurre il metodo della mappatura dei biomi attraverso l’esperimento dei quadrati e a coniare il termine «biome» nel 1916 in "Plant Succession", intendendo con esso gli organismi organizzati in comunità biotiche (vegetali o animali) abitanti le varie aree del pianeta e capaci di modificarle attraverso i modi propri di agire e di operare.
2) L’ecologo tedesco Ernst Haeckel fornì loro, invece, nella "Generelle Morfologie der Organismen", del 1866 le solide basi filosofiche fino ad allora ancora inesistenti, muovendosi lungo il solco tracciato dalla filosofia classica, e in particolar modo, da quella platonica. Dal dialogo platonico del "Timeo" Haeckel riattualizza il concetto di «chora», imponendo una precedenza cronologica e ontologica delle interrelazioni corologiche rispetto a quelle ecologiche, ovvero della categoria di spazio rispetto a quella di sostanza e di relazione, in quanto è dallo spazio che emerge la vita.
3) Il zoologo tedesco Karl Möbius, il quale nel 1877 con il concetto di «biocoenosis» comprese non solo che organismi di specie diverse costruiscono delle gerarchie socio-ecologiche dalle quali dipende la loro stessa vita, ma anche che la realtà è co-costruita da due forze: quelle naturali e geologiche e il lavoro e l’ethos umano. Per cui l’uomo è una forza bio-geomorfologica che ha plasmato sia la morfologia degli organismi sia oltre il 70% della superficie terrestre.
4) Il geografo statunitense Erle Ellis sostiene che le mappe dei biomi tradizionali utilizzate oggi da ecologici e geografi non siano più adeguate poiché non rispecchiano la realtà che oggi ci circonda. Dobbiamo pertanto inserire le persone sulle mappe, e per fare ciò dobbiamo introdurre dei nuovi parametri per descrivere la realtà: (a) l'incremento esponenziale della densità di popolazione umana; (b) l'equivalenza quantitativa fra massa antropogenica e biomassa; (c) il land use a fini prevalentemente agricoli ed edili. Ellis giunse così a conteggiare diciotto nuovi biomi denominati «antromi o biomi antropogenici», quali ci descrivono un mondo eco-corologicamente nuovo caratterizzato da nuovi oggetti ibridi, cioè nati dalla conciliazione delle forze naturali con quelle antropiche. Dunque non è più la natura ad ospitare le persone, ma sono i paesaggi antropizzati ad assorbire e incasellare la natura al loro interno.
Sono giunta alle seguenti conclusioni:
1. La cartografia tradizionale basata sulla geometria euclidea e quindi sui concetti di omogeneità, continuità e isotropia non ci offre una descrizione coerente con l’empiria. Di contro i biomi antropogenici non semplificano, bensì conservano la complessità del reale.
2. La tecnica della mappatura dei biomi antropogenici riesce sia ricostruire il passato di una regione sia a prevedere le sue future possibili configurazioni, e con questo anche la futura localizzazione delle risorse alimentari ed energetiche dalle quali dipendono fenomeni sociali come quelli migratori o bellici.
3. L’Antropocene non è una nuova era geologica in cui s’assiste all’avvento della volontà di potenza dell’uomo o alla sottomissione e spartizione di una natura Andromaca. È una storia di condivisione in cui natura e persone concrescono, cioè co-evolvono e co-dipendono mutualmente e simultaneamente all’interno di regioni, e in cui i viventi mediante un'intenzionalità collettiva costruiscono il senso della realtà. Tutti gli organismi – senza eccezioni – sono dunque dei grandi produttori collettivi di senso.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
STORIA E POTENZIALITÀ DI UN SISTEMA COMPLESSO. Cervello, corpo, ambiente: dalla sindrome afasica alla scienza dell’artificiale. (2° Parte), 2022
Quando tra ‘800–‘900 Jackson e Freud diedero avvio ad una netta distinzione (linguistica e tecnic... more Quando tra ‘800–‘900 Jackson e Freud diedero avvio ad una netta distinzione (linguistica e tecnica) tra localizzazionismo neurologico e localizzazionismo psichico, allora non si poté più delineare dei confini netti tra cervello, corpo e mente. Fisiologia cerebrale (brain) e fisiologia mentale (mind) sono fra loro correlate. Grazie alle teorie psicologiche e proto-psicoanalitiche e alla frenologia scientifica di Ferrier, definiremo il cervello come un organo unitario bifronte, plastico, variabile, policentrica, metamorfica, priva di sede fissa e collettiva, soggetto alle emozioni che esso stesso produce e agli scambi emozionali. A questo punto diremo per sempre addio all’asimmetria emisferica per far posto alla teoria del nuovo millennio avanzata dalla biologia relazionale della co-evoluzione e co-determinazione tra cervello, corpo e ambiente, che ci restituisce l’idea di una realtà organicistica determinata dall’interazione fra suoi singoli elementi. Ed è in funzione di essa che noi costruiamo le nostre identità e le nostre multiple ecologie sociali, poiché non è nello spazio privato che emerge la mente, ma nel dominio sociale.
Formulando modelli dinamici e reticolari delle relazioni intersoggettive, si potrebbe favorire l’introduzione di nuovi attori sociali, quali i robot sociali (o affettivi, emozionali, empatici), nati dall’incontro tra le neuroscienze sociali e la Human–Robot Interaction, uno dei programmi di ricerca più all’avanguardia della robotica contemporanea. Similmente agli animali, i robot generano dinamiche affettive che destano nell’utente umano una proiezione antropomorfica, cioè generano l’impressione di essere con un’alterità pseudo–umana, stimolando l’attività dei neuroni specchio.
Le conseguenze applicative di tale progetto stanno, per esempio, nel facilitare l'ingresso ai soggetti vulnerabili ‹‹in un’ecologia sociale incentrata su relazioni con altri esseri umani››. Al di là delle questioni etiche inerenti alla veridicità delle loro emozioni (che, in realtà, sono semplicemente simulate), ciò che bisognerebbe creare sono dei specifici meccanismi di coordinazione affettiva uomo-robot, che alla fine sarebbero molto simili a quelli sperimentati dai bambini con i loro peluches di pezza.
Se tali agenti artificiali entrassero nelle nostre relazioni sociali, potrebbero fornire prospettive di una svolta nella storia e filosofia della scienza, in generale, e della complessa ecologia della mente, in particolare.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
STORIA E POTENZIALITÀ DI UN SISTEMA COMPLESSO. Cervello, corpo, ambiente: dalla sindrome afasica alla scienza dell’artificiale. (1° Parte), 2022
Questo saggio è il frutto di alcune mie ricerche sul cervello e sugli studi sociali delle scienze... more Questo saggio è il frutto di alcune mie ricerche sul cervello e sugli studi sociali delle scienze e delle tecnologie. È un elaborato filosofico e scientifico il quale, ripercorrendo le principali tappe storiche dell’evoluzione della neurologia e delle neuroscienze dai suoi albori sino al XXI secolo, ambisce a cogliere la complessità biologica del cervello e della mente. Il saggio consta di 2 parti.
La 1° parte si apre con una domanda, che è poi quella che gli scienziati si posero nell’800, e cioè se le malattie che lenissero le facoltà della mente, in primis il linguaggio, fossero propriamente "malattie della mente". Ma cosa accadde esattamente? Si comprese che alcune lesioni degli emisferi (causate da traumi, ictus, ecc.) aboliscono sì la parola (o altre facoltà), ma non distruggono l'intelligenza del paziente. E questo è il fulcro del localizzazionismo, e in particolare della specializzazione funzionale emisferica (o asimmetrica), teorizzati da Gall. Tuttavia, quel che a noi deve interessare è come si giunse a tale conclusione, e cioè grazie all’introduzione in neurologia del primo metodo scientifico-sperimentale [cioè la pratica autoptica] con Broca e dei modelli teorici dei diagrammi con Wernicke. Questi segnarono un momento di svolta tale da permettere, secondo gli storici della scienza Denis Forest e Carmela Morabito, di riferirci ad esso col termine “rivoluzione”.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Teaching Documents by ROBERTA RANIERI
Da Newton a Bohr: la storia della fisica tra '800 e '900, 2023
Ricostruzione storica, scientifica e filosofica dell'età d'oro della fisica. Questa raccolta di b... more Ricostruzione storica, scientifica e filosofica dell'età d'oro della fisica. Questa raccolta di brevi lezioni sui grandi sconvolgimenti dell’epoca moderna e contemporanea mira ad illustrare in maniera quanto più didascalica e rigorosa il ruolo essenziale svolto dai pensatori e dagli scienziati dei secoli XIX e XX.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Book Reviews by ROBERTA RANIERI
Logoi.ph – Journal of Philosophy, Apr 2024
Pubblicato nel 2023 ed edito da Il Mulino, Filosofia dell’ambiente si presenta ai lettori come un... more Pubblicato nel 2023 ed edito da Il Mulino, Filosofia dell’ambiente si presenta ai lettori come un vero e proprio manuale, ampio e rigoroso sì, ma ben scritto e soprattutto capace di dialogare anche con un pubblico di curiosi non esperti. Chiarezza e linearità da sempre rappresentano la cifra stilistica di Casetta, autrice già di altre monografie – fra le più recenti si ricordano Filosofia della biologia (2013), Filosofia da biodiversidade (2018) e Brill’s Companion to the Philosophy of Biology (2019) –, oltre che di numerosi articoli e saggi pubblicati su riviste come ‘History and Philosophy of the Life Sciences’ o ‘Rivista di Estetica’.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Uploads
Talks by ROBERTA RANIERI
Papers by ROBERTA RANIERI
Thesis Chapters by ROBERTA RANIERI
Nell'elaborato ho tentato di dimostrare come i biomi che individuiamo sulle mappe geografiche non siano tuttavia delle piccole e astratte sotto-unità, bensì dei mosaici di vite concrete abitanti il nostro pianeta all’interno di gerarchie annidate di regioni.
Il saggio si compone di due parti. Nella prima s’intende ricostruire l'evoluzione storica e semantica del concetto di «bioma» tra Otto e Novecento e rintracciare le fondamenta filosofiche che hanno contribuito a costruirne il significato. La seconda è dedicata all’avvento di una nuova forza bio-geomorfologica, ossia l’uomo.
Le figure principali per questo percorso sono state:
1) Il botanico statunitense neo-lamarckiano Frederic Clements, poiché fu lui ad introdurre il metodo della mappatura dei biomi attraverso l’esperimento dei quadrati e a coniare il termine «biome» nel 1916 in "Plant Succession", intendendo con esso gli organismi organizzati in comunità biotiche (vegetali o animali) abitanti le varie aree del pianeta e capaci di modificarle attraverso i modi propri di agire e di operare.
2) L’ecologo tedesco Ernst Haeckel fornì loro, invece, nella "Generelle Morfologie der Organismen", del 1866 le solide basi filosofiche fino ad allora ancora inesistenti, muovendosi lungo il solco tracciato dalla filosofia classica, e in particolar modo, da quella platonica. Dal dialogo platonico del "Timeo" Haeckel riattualizza il concetto di «chora», imponendo una precedenza cronologica e ontologica delle interrelazioni corologiche rispetto a quelle ecologiche, ovvero della categoria di spazio rispetto a quella di sostanza e di relazione, in quanto è dallo spazio che emerge la vita.
3) Il zoologo tedesco Karl Möbius, il quale nel 1877 con il concetto di «biocoenosis» comprese non solo che organismi di specie diverse costruiscono delle gerarchie socio-ecologiche dalle quali dipende la loro stessa vita, ma anche che la realtà è co-costruita da due forze: quelle naturali e geologiche e il lavoro e l’ethos umano. Per cui l’uomo è una forza bio-geomorfologica che ha plasmato sia la morfologia degli organismi sia oltre il 70% della superficie terrestre.
4) Il geografo statunitense Erle Ellis sostiene che le mappe dei biomi tradizionali utilizzate oggi da ecologici e geografi non siano più adeguate poiché non rispecchiano la realtà che oggi ci circonda. Dobbiamo pertanto inserire le persone sulle mappe, e per fare ciò dobbiamo introdurre dei nuovi parametri per descrivere la realtà: (a) l'incremento esponenziale della densità di popolazione umana; (b) l'equivalenza quantitativa fra massa antropogenica e biomassa; (c) il land use a fini prevalentemente agricoli ed edili. Ellis giunse così a conteggiare diciotto nuovi biomi denominati «antromi o biomi antropogenici», quali ci descrivono un mondo eco-corologicamente nuovo caratterizzato da nuovi oggetti ibridi, cioè nati dalla conciliazione delle forze naturali con quelle antropiche. Dunque non è più la natura ad ospitare le persone, ma sono i paesaggi antropizzati ad assorbire e incasellare la natura al loro interno.
Sono giunta alle seguenti conclusioni:
1. La cartografia tradizionale basata sulla geometria euclidea e quindi sui concetti di omogeneità, continuità e isotropia non ci offre una descrizione coerente con l’empiria. Di contro i biomi antropogenici non semplificano, bensì conservano la complessità del reale.
2. La tecnica della mappatura dei biomi antropogenici riesce sia ricostruire il passato di una regione sia a prevedere le sue future possibili configurazioni, e con questo anche la futura localizzazione delle risorse alimentari ed energetiche dalle quali dipendono fenomeni sociali come quelli migratori o bellici.
3. L’Antropocene non è una nuova era geologica in cui s’assiste all’avvento della volontà di potenza dell’uomo o alla sottomissione e spartizione di una natura Andromaca. È una storia di condivisione in cui natura e persone concrescono, cioè co-evolvono e co-dipendono mutualmente e simultaneamente all’interno di regioni, e in cui i viventi mediante un'intenzionalità collettiva costruiscono il senso della realtà. Tutti gli organismi – senza eccezioni – sono dunque dei grandi produttori collettivi di senso.
Formulando modelli dinamici e reticolari delle relazioni intersoggettive, si potrebbe favorire l’introduzione di nuovi attori sociali, quali i robot sociali (o affettivi, emozionali, empatici), nati dall’incontro tra le neuroscienze sociali e la Human–Robot Interaction, uno dei programmi di ricerca più all’avanguardia della robotica contemporanea. Similmente agli animali, i robot generano dinamiche affettive che destano nell’utente umano una proiezione antropomorfica, cioè generano l’impressione di essere con un’alterità pseudo–umana, stimolando l’attività dei neuroni specchio.
Le conseguenze applicative di tale progetto stanno, per esempio, nel facilitare l'ingresso ai soggetti vulnerabili ‹‹in un’ecologia sociale incentrata su relazioni con altri esseri umani››. Al di là delle questioni etiche inerenti alla veridicità delle loro emozioni (che, in realtà, sono semplicemente simulate), ciò che bisognerebbe creare sono dei specifici meccanismi di coordinazione affettiva uomo-robot, che alla fine sarebbero molto simili a quelli sperimentati dai bambini con i loro peluches di pezza.
Se tali agenti artificiali entrassero nelle nostre relazioni sociali, potrebbero fornire prospettive di una svolta nella storia e filosofia della scienza, in generale, e della complessa ecologia della mente, in particolare.
La 1° parte si apre con una domanda, che è poi quella che gli scienziati si posero nell’800, e cioè se le malattie che lenissero le facoltà della mente, in primis il linguaggio, fossero propriamente "malattie della mente". Ma cosa accadde esattamente? Si comprese che alcune lesioni degli emisferi (causate da traumi, ictus, ecc.) aboliscono sì la parola (o altre facoltà), ma non distruggono l'intelligenza del paziente. E questo è il fulcro del localizzazionismo, e in particolare della specializzazione funzionale emisferica (o asimmetrica), teorizzati da Gall. Tuttavia, quel che a noi deve interessare è come si giunse a tale conclusione, e cioè grazie all’introduzione in neurologia del primo metodo scientifico-sperimentale [cioè la pratica autoptica] con Broca e dei modelli teorici dei diagrammi con Wernicke. Questi segnarono un momento di svolta tale da permettere, secondo gli storici della scienza Denis Forest e Carmela Morabito, di riferirci ad esso col termine “rivoluzione”.
Teaching Documents by ROBERTA RANIERI
Book Reviews by ROBERTA RANIERI
Nell'elaborato ho tentato di dimostrare come i biomi che individuiamo sulle mappe geografiche non siano tuttavia delle piccole e astratte sotto-unità, bensì dei mosaici di vite concrete abitanti il nostro pianeta all’interno di gerarchie annidate di regioni.
Il saggio si compone di due parti. Nella prima s’intende ricostruire l'evoluzione storica e semantica del concetto di «bioma» tra Otto e Novecento e rintracciare le fondamenta filosofiche che hanno contribuito a costruirne il significato. La seconda è dedicata all’avvento di una nuova forza bio-geomorfologica, ossia l’uomo.
Le figure principali per questo percorso sono state:
1) Il botanico statunitense neo-lamarckiano Frederic Clements, poiché fu lui ad introdurre il metodo della mappatura dei biomi attraverso l’esperimento dei quadrati e a coniare il termine «biome» nel 1916 in "Plant Succession", intendendo con esso gli organismi organizzati in comunità biotiche (vegetali o animali) abitanti le varie aree del pianeta e capaci di modificarle attraverso i modi propri di agire e di operare.
2) L’ecologo tedesco Ernst Haeckel fornì loro, invece, nella "Generelle Morfologie der Organismen", del 1866 le solide basi filosofiche fino ad allora ancora inesistenti, muovendosi lungo il solco tracciato dalla filosofia classica, e in particolar modo, da quella platonica. Dal dialogo platonico del "Timeo" Haeckel riattualizza il concetto di «chora», imponendo una precedenza cronologica e ontologica delle interrelazioni corologiche rispetto a quelle ecologiche, ovvero della categoria di spazio rispetto a quella di sostanza e di relazione, in quanto è dallo spazio che emerge la vita.
3) Il zoologo tedesco Karl Möbius, il quale nel 1877 con il concetto di «biocoenosis» comprese non solo che organismi di specie diverse costruiscono delle gerarchie socio-ecologiche dalle quali dipende la loro stessa vita, ma anche che la realtà è co-costruita da due forze: quelle naturali e geologiche e il lavoro e l’ethos umano. Per cui l’uomo è una forza bio-geomorfologica che ha plasmato sia la morfologia degli organismi sia oltre il 70% della superficie terrestre.
4) Il geografo statunitense Erle Ellis sostiene che le mappe dei biomi tradizionali utilizzate oggi da ecologici e geografi non siano più adeguate poiché non rispecchiano la realtà che oggi ci circonda. Dobbiamo pertanto inserire le persone sulle mappe, e per fare ciò dobbiamo introdurre dei nuovi parametri per descrivere la realtà: (a) l'incremento esponenziale della densità di popolazione umana; (b) l'equivalenza quantitativa fra massa antropogenica e biomassa; (c) il land use a fini prevalentemente agricoli ed edili. Ellis giunse così a conteggiare diciotto nuovi biomi denominati «antromi o biomi antropogenici», quali ci descrivono un mondo eco-corologicamente nuovo caratterizzato da nuovi oggetti ibridi, cioè nati dalla conciliazione delle forze naturali con quelle antropiche. Dunque non è più la natura ad ospitare le persone, ma sono i paesaggi antropizzati ad assorbire e incasellare la natura al loro interno.
Sono giunta alle seguenti conclusioni:
1. La cartografia tradizionale basata sulla geometria euclidea e quindi sui concetti di omogeneità, continuità e isotropia non ci offre una descrizione coerente con l’empiria. Di contro i biomi antropogenici non semplificano, bensì conservano la complessità del reale.
2. La tecnica della mappatura dei biomi antropogenici riesce sia ricostruire il passato di una regione sia a prevedere le sue future possibili configurazioni, e con questo anche la futura localizzazione delle risorse alimentari ed energetiche dalle quali dipendono fenomeni sociali come quelli migratori o bellici.
3. L’Antropocene non è una nuova era geologica in cui s’assiste all’avvento della volontà di potenza dell’uomo o alla sottomissione e spartizione di una natura Andromaca. È una storia di condivisione in cui natura e persone concrescono, cioè co-evolvono e co-dipendono mutualmente e simultaneamente all’interno di regioni, e in cui i viventi mediante un'intenzionalità collettiva costruiscono il senso della realtà. Tutti gli organismi – senza eccezioni – sono dunque dei grandi produttori collettivi di senso.
Formulando modelli dinamici e reticolari delle relazioni intersoggettive, si potrebbe favorire l’introduzione di nuovi attori sociali, quali i robot sociali (o affettivi, emozionali, empatici), nati dall’incontro tra le neuroscienze sociali e la Human–Robot Interaction, uno dei programmi di ricerca più all’avanguardia della robotica contemporanea. Similmente agli animali, i robot generano dinamiche affettive che destano nell’utente umano una proiezione antropomorfica, cioè generano l’impressione di essere con un’alterità pseudo–umana, stimolando l’attività dei neuroni specchio.
Le conseguenze applicative di tale progetto stanno, per esempio, nel facilitare l'ingresso ai soggetti vulnerabili ‹‹in un’ecologia sociale incentrata su relazioni con altri esseri umani››. Al di là delle questioni etiche inerenti alla veridicità delle loro emozioni (che, in realtà, sono semplicemente simulate), ciò che bisognerebbe creare sono dei specifici meccanismi di coordinazione affettiva uomo-robot, che alla fine sarebbero molto simili a quelli sperimentati dai bambini con i loro peluches di pezza.
Se tali agenti artificiali entrassero nelle nostre relazioni sociali, potrebbero fornire prospettive di una svolta nella storia e filosofia della scienza, in generale, e della complessa ecologia della mente, in particolare.
La 1° parte si apre con una domanda, che è poi quella che gli scienziati si posero nell’800, e cioè se le malattie che lenissero le facoltà della mente, in primis il linguaggio, fossero propriamente "malattie della mente". Ma cosa accadde esattamente? Si comprese che alcune lesioni degli emisferi (causate da traumi, ictus, ecc.) aboliscono sì la parola (o altre facoltà), ma non distruggono l'intelligenza del paziente. E questo è il fulcro del localizzazionismo, e in particolare della specializzazione funzionale emisferica (o asimmetrica), teorizzati da Gall. Tuttavia, quel che a noi deve interessare è come si giunse a tale conclusione, e cioè grazie all’introduzione in neurologia del primo metodo scientifico-sperimentale [cioè la pratica autoptica] con Broca e dei modelli teorici dei diagrammi con Wernicke. Questi segnarono un momento di svolta tale da permettere, secondo gli storici della scienza Denis Forest e Carmela Morabito, di riferirci ad esso col termine “rivoluzione”.