Giulio Savelli
Sono nato nel 1959 a Roma, dove mi sono laureato in Lettere e dove vivo. Ho dedicato a Italo Svevo una decina di interventi, il volume "L’ambiguità necessaria" (1998) e un’edizione di "Senilità" (2005). Nel 2014 ho dato alle stampe un pamphlet sull'identità nazionale italiana, "Il dolore di essere italiani"; nel 2016 un volumetto che rielabora delle lezioni sul postmoderno e la sua evoluzione, intitolato "Dinamiche della modernità. Quattro lezioni su moderno, postmoderno, globalizzazione". Lavoro in Rai.
less
InterestsView All (30)
Uploads
Books
A fronte di tale articolazione antropologica degli italiani, viene brevemente tracciata l’evoluzione di quella élite anti-italiana che da un lato ha statuito il profilo dei «difetti morali» tipicamente nazionali e dall’altro si è storicamente posta - e si pone - in opposizione alla realtà rappresentata dai «costumi degli italiani». Il limite più grave di tale élite è la sua dipendenza identitaria dagli italiani stessi, senza i cui vizi non esisterebbe. A ciò va sommata la pretesa di dover «fare gli italiani» e l’illusione di una propria egemonia necessaria, assieme all’incapacità di immaginare un futuro che non coincida coi propri ideali e i propri valori. Questa debolezza immaginativa – che, nella cultura letteraria italiana, corrisponde alla debolezza del romanzo – ha infine condotto i critici della realtà italiana nell’attuale condizione di paralisi e di irrilevanza. Oggi, però, per un altro verso e parallelamente all’estinzione degli anti-italiani storici, l’incremento numerico degli emarginati intellettuali — sommariamente radunati nelle statistiche del cosiddetto «precariato intellettuale» — è andato definendo un tipo di anti-italiano nuovo, che, per la prima volta, si confronta con la realtà italiana sulla base delle proprie necessità esistenziali bloccate anziché su quella di un ideale astratto da incarnare.
In definitiva, non si comprende l’Italia senza considerare assieme carattere nazionale e ideale nazionale, la loro opposizione, ma soprattutto la loro congiunzione e perversa complementarità. È in questo intreccio che si concretizza il dolore identitario dell’essere italiani, ed è questa condizione, confusa e atrofizzante, che il saggio si propone di esplorare e descrivere.
Papers
A fronte di tale articolazione antropologica degli italiani, viene brevemente tracciata l’evoluzione di quella élite anti-italiana che da un lato ha statuito il profilo dei «difetti morali» tipicamente nazionali e dall’altro si è storicamente posta - e si pone - in opposizione alla realtà rappresentata dai «costumi degli italiani». Il limite più grave di tale élite è la sua dipendenza identitaria dagli italiani stessi, senza i cui vizi non esisterebbe. A ciò va sommata la pretesa di dover «fare gli italiani» e l’illusione di una propria egemonia necessaria, assieme all’incapacità di immaginare un futuro che non coincida coi propri ideali e i propri valori. Questa debolezza immaginativa – che, nella cultura letteraria italiana, corrisponde alla debolezza del romanzo – ha infine condotto i critici della realtà italiana nell’attuale condizione di paralisi e di irrilevanza. Oggi, però, per un altro verso e parallelamente all’estinzione degli anti-italiani storici, l’incremento numerico degli emarginati intellettuali — sommariamente radunati nelle statistiche del cosiddetto «precariato intellettuale» — è andato definendo un tipo di anti-italiano nuovo, che, per la prima volta, si confronta con la realtà italiana sulla base delle proprie necessità esistenziali bloccate anziché su quella di un ideale astratto da incarnare.
In definitiva, non si comprende l’Italia senza considerare assieme carattere nazionale e ideale nazionale, la loro opposizione, ma soprattutto la loro congiunzione e perversa complementarità. È in questo intreccio che si concretizza il dolore identitario dell’essere italiani, ed è questa condizione, confusa e atrofizzante, che il saggio si propone di esplorare e descrivere.
The paper also claims that narrative thinking offers an effective comprehension of events, and that the core of this ability is in narrative cohesion, whose nature is emotional, not logical, and founded on a feeling of trust.
Meaningful coincidences are therefore a pattern of subjective understanding of reality, based on our narrative comprehension of the world, of which chance events are part.
La poetica modernista della Coscienza di Zeno si forma gradualmente sulla base delle riflessioni che hanno accompagnato l’evoluzione dell’esperienza esistenziale di Svevo nei vent’anni di silenzio letterario fra Senilità e la Prima Guerra Mondiale. Gioca in queste riflessioni una parte essenziale l’identità culturale ebraica – elemento rilevante sebbene nascosto del sostrato biografico da cui Svevo attinge. Il conflitto fra la modernità e la legge dei padri rende la cultura ebraica particolarmente sensibile all’elaborazione del trauma che i “tempi moderni”, la tecnologia, il progresso stesso, impongono a ciascuno. Svevo utilizza alcune matrici tipiche del pensiero ebraico per sviluppare la sua risposta al disagio e ai pericoli del nuovo secolo, inserendosi così a pieno titolo nella letteratura, eterogenea nelle lingue ma unitaria nelle problematiche, prodotta degli ebrei laicizzati del Novecento.
Se si cerca, nel sistema assiologico di Italo Svevo, di individuare una qualche convinzione che abbia caratteri di trascendenza, l’unica rintracciabile è l’imperativo ad essere adeguati al mondo così com’è dato. La salute, cioè, nei termini della Coscienza di Zeno - contrapposta all’inadeguatezza, la famosa inettitudine. Più precisamente, la convinzione che l’essere conformi alle leggi del mondo sia il compito morale ed esistenziale assegnato a ciascuno per essere in armonia con se stesso e con la vita, accanto alla convinzione che tale compito sia impossibile da assolvere.
La necessità di essere conformi alle leggi del mondo e della natura – potremmo chiamrlo ‘principio di adeguatezza’ – attraversa la narrativa occidentale fin dal Decameron. Si tratta essenzialmente di un aspetto del processo di laicizzazione, mondanizzazione e secolarizzazione del pensiero religioso cristiano. In termini molto generici, la natura prende il posto della divinità conservandone la forza prescrittiva, così che adeguarsi al mondo ha lo stesso valore e lo stesso significato morale che ha il seguire la legge divina.
In Svevo la secolarizzazione dell’originario modello religioso si plasma a partire dalla fede ebraica. Il più evidente segno di tale riferimento è il carattere dell’inadeguatezza; il secondo si sgorge nel ruolo della trasgressione.
Che la trasgressione condensi in sé un’ambivalenza fondamentale verso la modernità e la libertà dell’individuo appare evidente quando si consideri come la malattia sia, nella Coscienza, la trasgressione dell’”occhialuto uomo che inventa gli ordigni fuori del proprio corpo”: la colpa e il male, la malattia e l’inadattamento, la libertà, sono cioè il corollario esistenziale della modernità e dall’uscita dal mondo della Legge, che di per sé non è tuttavia attingibile. Tutti temi che la letteratura ebraica del Novecento – da Kafka a Philip Roth a Mordecai Richler – ha variamente sviluppato, e che si riassumono nel problema di quale sia il significato della vita, a fronte all’inevitabile rottura con quella forza prescrittiva trascendente capace di plasmare l’esistenza dell’individuo offrendole un senso.
La relazione ruota attorno alla quartina che apre la raccolta Appunti (1950): «Fe-lice chi è diverso / essendo egli diverso. / Ma guai a chi è diverso / essendo egli comu-ne». Il carattere aforistico della poesia permette di considerare la diversità non sotto il profilo dei contenuti bensì come un segno algebrico in una sorta di formula che defini-sce gli assiomi di un sistema di relazioni. Il commento, attraverso l’analisi delle tensioni fra la poesia e il suo palinsesto intertestuale (il Vangelo di Luca, 6, 20-6), si propone di sciogliere i nodi paradossali del testo - la ridondanza del primo distico, la contradditto-rietà del secondo - e l’ambiguità che caratterizza pressoché tutti i termini impiegati.
Il modello di diversità che risulta dall’analisi della poesia di Penna è caratteriz-zato dalla qualificazione estetica della diversità, con effetti tanto sul versante esistenzia-le che su quello artistico. Si tratta di un modello cresciuto poco a poco a partire dal Ri-nascimento e sviluppato pienamente col Romanticismo. L’evoluzione novecentesca lo perfeziona e lo porta a dissoluzione: Penna ne è uno degli estremi interpreti. Nella con-dizione contemporanea il valore estetico della diversità da un lato si è frammentato, è quasi esploso, in una estetizzazione della vita quotidiana; dall’altro si è reso disponibile come una opzione esistenziale di massa: e il motto della postmodernità potrebbe ben es-sere «felice chi è diverso, essendo egli comune».