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Peter Singer

filosofo australiano

Peter Albert David Singer (1946 – vivente), filosofo australiano.

Peter Singer nel 2009
Per approfondire, vedi: Come mangiamo e Diritti animali, obblighi umani.

Citazioni di Peter Singer

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  • [Ci tolga una curiosità: li difende da una vita, ma a lei, personalmente, gli animali piacciono?] In verità non particolarmente, non ho mai avuto un cane o un gatto e non sono tra quelli che si incantano a guardare un documentario sui leoni o gli elefanti nella savana. Quella nei confronti degli animali non è per me una questione di sentimenti ed emozioni. Si tratta di considerare con lucidità le torture che infliggiamo loro e di chiederci se dobbiamo prendere in considerazione la loro sofferenza. La mia convinzione è che qualsiasi essere vivente conta e che la sofferenza non è mai accettabile. Così come non si può restare indifferenti alla povertà che costringe milioni di persone in condizioni di estrema difficoltà. Ultimamente ho lavorato molto anche sui fondamenti etici del suicidio assistito e va detto che in questo campo, almeno in alcuni Paesi, sono stati fatti notevoli progressi. Non altrettanto è accaduto per la povertà né per le sofferenze animali.[1]
  • Il valore della vita è una questione etica famigeratamente ardua.[2]
  • L'analogia tra specismo e razzismo è valida sia in pratica che in teoria nel campo della sperimentazione. Lo spiccato specismo porta a dolorosi esperimenti su altre specie, con la scusa dei loro contributi alla conoscenza. [...] Lo spiccato razzismo ha portato a dolorosi esperimenti su altre razze, con la scusa dei loro contributi alla conoscenza.[3]
  • La gente ha abbastanza buon senso da capire che i "morti cerebrali" non sono veramente morti. La morte cerebrale non è altro che una comoda finzione. Fu proposta e accettata perché rendeva possibile il procacciamento di organi.[4]
  • Le forme di allevamento intensivo rappresentano una applicazione scientifica e tecnologica dell'atteggiamento secondo cui gli animali sono per noi dei semplici oggetti da usare. Per avere sulla tavola carne a un prezzo contenuto, la nostra società tollera metodi di allevamento che costringono animali dotati della capacità di sentire a vivere ammucchiati in condizioni intollerabili per l'intera durata della loro esistenza.[5]
  • Non c'è stato alcun terreno scivoloso verso il disastro [...] nell'assistenza medica alla morte in altri Paesi.[6]
  • Sono vegetariano in quanto utilitarista. Credo che l'applicazione del principio di utilità alla nostra attuale situazione – specialmente con riguardo ai metodi oggi utilizzati per allevare animali a fini alimentari e alla varietà di cibo a nostra disposizione – porti alla conclusione che dovremmo essere vegetariani.[7]
  • Un animale può soffrire di più proprio a causa della sua limitata capacità di comprensione.[8]

Le sofferenze inflitte agli animali

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  • I segni del comportamento e il fatto di sapere che la struttura biologica degli animali è simile alla nostra costituiscono insieme la dimostrazione adeguata che gli animali soffrono. (p. 250)
  • Come noi possiamo comprendere il comportamento del piccolo dell'uomo alla luce del comportamento dell'uomo adulto, così possiamo comprendere il comportamento di altre specie alla luce del nostro (e qualche volta possiamo capire meglio il nostro stesso comportamento alla luce di quello di altre specie). (p. 250)
  • Se non c'è giustificazione morale all'ignorare la sofferenza quando è presente — ed essa è presente nelle altre specie — che cosa dire del nostro atteggiamento nei confronti di queste altre specie? Richard Ryder, un altro collaboratore di Animals, Men and Morals,[9] usa il termine speciesismspecismo») per definire la nostra convinzione di aver diritto a trattare i membri di altre specie in una maniera che non sarebbe ammessa per i membri della nostra stessa specie. Il termine [...] rende bene le analogie tra questo atteggiamento e il razzismo. Il non razzista farà bene a tenerle presenti quando è portato a difendere il comportamento umano nei confronti dei non umani. «Non dobbiamo preoccuparci della condizione della nostra stessa specie prima di occuparci delle altre?» si chiederà, magari, il non razzista. Se sostituiamo «razza» a «specie» vediamo che si tratta di una domanda che è meglio non porsi. «È adeguata, dal punto di vista della nutrizione, una dieta esclusivamente vegetariana?» è una domanda che richiama alla mente l'argomento del proprietario di schiavi secondo cui lui e tutta l'economia del Sud sarebbero andati in rovina senza il sostegno della manodopera schiava. C'è perfino un parallelo con gli scetticismi e i dubbi circa le sofferenze degli animali, perché secondo alcuni schiavisti c'era da dubitare che i negri soffrissero nella stessa misura dei bianchi. (p. 251)

Liberazione animale

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  • Noi non «amavamo» gli animali: semplicemente volevamo che venissero trattati come gli esseri sensibili e indipendenti che sono, e non come mezzi per i fini umani – come era stato trattato il maiale la cui carne era adesso nei panini della nostra ospite. (p. 10)
  • Un movimento di liberazione esige un'espansione dei nostri orizzonti morali. (p. 12)
  • La liberazione animale è anche liberazione umana. (p. 15)
  • Lo specismo – la parola non è elegante, ma non riesco a pensare a un termine migliore – è un pregiudizio o atteggiamento di prevenzione a favore degli interessi dei membri della propria specie e a sfavore di quelli dei membri di altre specie. (p. 22)
  • Tracciare questo confine [la superiorità di una specie su un'altra] tramite caratteristiche come l'intelligenza o la razionalità significherebbe agire in modo arbitrario. Perché non scegliere allora il colore della pelle? (p. 24)
  • Le persone che sostengono la dottrina della «santità della vita» si oppongono all'aborto e all'eutanasia. Dato però che solitamente esse non si oppongono all'uccisione degli animali non umani, sarebbe forse più esatto denominarla dottrina della «santità della vita umana». L'idea che la vita umana, e solo la vita umana, sia inviolabile è una forma di specismo. (p. 33)
  • Il più noto test di tossicità acuta è il DL50. DL50 sta per «dose letale al 50 per cento» – si riferisce cioè alla quantità di sostanza che ucciderà la metà degli animali dell'esperimento. Per arrivare a calcolare questa dose, vengono avvelenati dei gruppi campione di animali. Normalmente, prima di arrivare al punto in cui la metà di essi muore, gli animali si ammalano tutti gravemente e soffrono in modo evidente. Anche nel caso di sostanze relativamente innocue è considerata buona prassi individuare la concentrazione che farà morire metà degli animali; di conseguenza la sostanza deve esser fatta loro ingerire forzatamente in dosi enormi, e la morte può essere provocata semplicemente dalla grande quantità o dall'elevata concentrazione somministrate. Tutto ciò non ha alcuna attinenza con le circostanze in cui gli umani useranno il prodotto. Dal momento che lo scopo di questi esperimenti è proprio quello di misurare la quantità di sostanza che avvelenerà a morte la metà del campione, agli animali agonizzanti non vengono risparmiate sofferenze con una morte rapida, per timore di produrre risultati inesatti. (p. 66)
  • L'uso e l'abuso degli animali allevati a scopo alimentare supera di gran lunga, per il numero totale di animali interessati, ogni altro tipo di maltrattamento. (p. 108)
  • I broilers vengono uccisi quando hanno sette settimane (il ciclo di vita naturale di un pollo è di circa sette anni). Al termine di questo breve periodo, gli uccelli pesano intorno ai due chili; eppure continuano a poter disporre di uno spazio di appena 450 centimetri quadrati a testa – inferiore cioè alla superficie di un normale foglio di carta. In queste condizioni, se l'illuminazione è normale, lo stress dovuto all'affollamento e la mancanza di uno sfogo naturale per le energie provocano esplosioni di aggressività, nel corso delle quali i polli si strappano le penne l'un l'altro e talvolta si uccidono e si divorano a vicenda. (p. 112)
  • Quando è pronta per partorire, la scrofa viene spostata – ma soltanto per andare nel «recinto di figliatura». (Gli umani partoriscono, ma i maiali «figliano».) Qui la scrofa può essere ancor più strettamente limitata nei movimenti di quanto non lo fosse nel box. Un congegno soprannominato «la vergine di ferro», formato da un'intelaiatura di metallo che preclude la libertà di movimento, è stato introdotto e ampiamente adottato in molti paesi. Il preteso scopo è impedire alla scrofa di rotolare sui maialini e schiacciarli, ma questo si potrebbe ottenere anche ponendola in condizioni più naturali. (p. 139)
  • I vitellini sentono terribilmente la mancanza della madre. Sentono anche la mancanza di qualcosa da succhiare. Il bisogno di poppare è forte in un vitello piccolo così come in un bambino. Questi vitelli [da allevamento] non hanno capezzoli da succhiare, né altro che li sostituisca. Dal loro primo giorno di reclusione – che può facilmente essere soltanto il terzo o quarto giorno di vita – essi bevono da un secchio di plastica. Sono stati fatti tentativi di nutrire i vitelli con tettarelle artificiali, ma il problema di mantenerle pulite e sterili a quanto sembra non vale il disturbo del produttore. È comune vedere i vitelli che cercano freneticamente di succhiare qualche parte del loro box, benché non vi si trovi di solito nulla di adatto; e se si dà a un vitello da latte un dito, si vedrà che comincia immediatamente a succhiarlo, come un piccolo umano si succhia il pollice.
    Più tardi il vitello sviluppa il bisogno di ruminare – cioè di ingerire della fibra naturale e rimasticare il bolo. Ma la fibra è rigorosamente proibita perché contiene ferro e fa diventare scura la carne, per cui, ancora una volta, il vitello può ricorrere a vani tentativi di masticare parti del suo box. Disturbi digestivi, comprese ulcere gastriche, sono frequenti nei vitelli a carne bianca. Lo stesso vale per la diarrea cronica. (p. 145)
  • È stato detto che, se dovessimo uccidere personalmente per procurarci la carne, saremmo tutti vegetariani. (p. 162)
  • [Una cosa] sorregge, rende coerenti e dota di senso tutte le nostre altre attività per gli animali. Questa specifica cosa è che ci assumiamo la responsabilità della nostra vita e che la rendiamo quanto più possibile immune da crudeltà. Il primo passo è smettere di mangiare gli animali.
    Molte persone che si oppongono alla crudeltà verso gli animali, si arrestano di fronte alla prospettiva di diventare vegetariane. È di tali persone che Oliver Goldsmith, il pensatore umanitario del diciottesimo secolo, scrisse: «Provano pietà, e mangiano gli oggetti della loro compassione». (p. 170)
  • L'allevamento industriale non è nient'altro che l'applicazione della tecnologia all'idea che gli animali siano mezzi per i nostri fini. (p. 171)
  • Diventare vegetariano non è meramente un gesto simbolico. Non è neanche il tentativo di isolarsi dalle sgradevoli realtà del mondo, di mantenersi puro e senza responsabilità per la crudeltà e per la carneficina che ci circondano. Diventare vegetariano è il passo più concreto ed efficace che si può compiere per porre fine tanto all'inflizione di sofferenze agli animali non umani, quanto alla loro uccisione. (p. 172)
  • Noi diamo al vitello del cibo che noi stessi potremmo mangiare. [...] Occorrono dieci chili e mezzo di proteine somministrate a un vitello per produrre soltanto mezzo chilo di proteine animali per gli umani. [...] Se mettiamo a confronto il numero totale di calorie prodotte dagli alimenti vegetali con quello riferibile agli alimenti di origine animale, il paragone è di nuovo del tutto a favore dei vegetali. [...] Se gli americani riducessero il loro consumo di carne del solo 10% per un anno, si disimpegnerebbero almeno 12 milioni di tonnellate di cereali per il consumo umano – vale a dire una quantità bastante ad alimentare 60 milioni di persone. [...] Il cibo sprecato dalla produzione animale nei paesi ricchi sarebbe sufficiente, se adeguatamente distribuito, a porre fine tanto alla fame quanto alla malnutrizione in tutto il mondo. (pp. 176-177)
  • Mezzo chilo di bistecca proveniente da un manzo allevato in un feedlot costa due chili e mezzo di cereali, oltre 9 litri d'acqua, l'energia equivalente a quasi 4 litri di benzina e approssimativamente 16 chili di terreno superficiale eroso. Più di un terzo dell'America del Nord è occupato dai pascoli, più di metà delle terre coltivate degli Stati Uniti sono destinate alla produzione di mangime per il bestiame, e più di metà di tutta l'acqua consumata negli Stati Uniti va al bestiame d'allevamento. [...] Un chilo di carne richiede cinquanta volta più acqua di una quantità di grano corrispondente. [...] Le richieste della produzione animale stanno prosciugando le vaste riserve d'acqua sotterranee da cui dipendono tante delle regioni più aride dell'America, dell'Australia e di altri paesi (pp. 178-179)
  • Sarà però la dissipazione delle foreste a rivelarsi la più grande delle follie causate dalla domanda di carne. Storicamente, la ricerca di terra da pascolo per gli animali è stato il motivo dominante del disboscamento. Lo è ancora oggi. [...] Nel corso degli ultimi venticinque anni, quasi la metà delle foreste pluviali tropicali del Centro America è stata distrutta, in gran parte per fornire carne di manzo all'America del Nord. (p. 180)
  • Stiamo letteralmente giocando d'azzardo con il futuro del nostro pianeta – per amore degli hamburger. (p. 181)
  • [Quella vegetariana è] una cucina nuova e interessante, ricca di alimenti freschi così come di inusuali piatti provenienti dall'Europa, dalla Cina e dal Medio Oriente: piatti così diversi da far apparire al confronto stantia e monotona la solita carne, carne e ancora carne della maggior parte delle diete occidentali. Il piacere che dà una simile cucina è accresciuto dal fatto di sapere che il suo sapore e le sue capacità nutritive sono stati mutuati direttamente dalla terra, senza sprecare ciò che essa produce né richiedere la sofferenza e la morte di alcun essere sensibile. (p. 189)
  • Il vegetarianesimo porta con sé un nuovo rapporto con il cibo, le piante e la natura. La carne contamina i nostri pasti. Per quanto cerchiamo di nascondercelo, rimane il fatto che il pezzo forte del nostro pranzo ci arriva dal macello, grondante sangue. Se non viene trattato e refrigerato, comincia presto a putrefarsi e a puzzare. Quando lo mangiamo, ci pesa sullo stomaco, bloccando i processi digestivi fino a che, giorni dopo, lottiamo per espellerlo. Se mangiamo vegetali, il cibo assume una qualità diversa. Prendiamo dalla terra qualcosa che è a portata di mano e non ci oppone resistenza quando lo prendiamo. Senza la carne a rendere insensibile il palato, apprezziamo molto di più gli ortaggi freschi raccolti direttamente dalla terra. (p. 189)
  • Solo coloro che antepongono la fede religiosa alle convinzioni fondate sul ragionamento e sulle prove possono ancora sostenere che la specie umana sia la specie prediletta dell'intero universo, o che gli altri animali siano stati creati per provvederci di cibo, o che abbiamo una divina autorità su di essi nonché il divino permesso di ucciderli. (p. 215)
  • È un tratto distintivo delle ideologie quello di resistere alla confutazione. Se i fondamenti di una posizione ideologica vengono distrutti alla base, nuovi fondamenti saranno trovati, altrimenti la posizione ideologica resterà semplicemente in sospeso, sfidando l'equivalente logico della legge di gravità. (p. 220)
  • È interessante notare come molti bambini da principio si rifiutano di mangiare la carne degli animali, e accettano di farlo soltanto a seguito degli strenui sforzi dei genitori, che erroneamente pensano sia necessario alla salute. [...] Noi mangiamo carne molto prima di essere in grado di comprendere che ciò che abbiamo nel piatto è il corpo senza vita di un animale. [...] Nello stesso tempo i bambini hanno un naturale amore per gli animali e la nostra società li incoraggia ad essere affettuosi con i cani e i gatti, e con tenere bestioline di pezza. [...] Il bambino ha due atteggiamenti contrastanti che coesistono, accuratamente divisi in modo che la contraddizione interna raramente causi problemi. [...] L'affetto del bambino viene diretto verso animali che non si mangiano: i cani, i gatti e i pochi altri animali che un bambino che vive in una città o nei sobborghi ha più possibilità di vedere. I suoi teneri giocattoli di pezza tendono ad essere orsacchiotti o leoni più che maiali o mucche. (p. 222)
  • Raramente ci soffermiamo a riflettere che l'animale che uccide con meno ragioni per farlo è l'animale umano. Consideriamo feroci i leoni e i lupi perché uccidono; ma essi devono uccidere, o morire di fame. Noi uccidiamo gli altri animali per divertimento, per soddisfare la nostra curiosità, per adornare il nostro corpo, per compiacere il nostro palato. (p. 230)
  • Si dice spesso, come obiezione al vegetarianesimo, che poiché gli altri animali uccidono per mangiare, noi possiamo fare altrettanto. Tale analogia era già stata superata nel 1785, quando William Paley la confutò sottolineando come, mentre gli umani sono in grado di vivere senza uccidere, gli altri animali non abbiano altra scelta se vogliono sopravvivere. [...] È strano come gli umani, che normalmente si considerano tanto superiori agli altri animali, impieghino, qualora sembri sostenere le loro preferenze dietetiche, un argomento che implica che dovremmo volgerci agli altri animali per riceverne ispirazione ed insegnamento morali. (pp. 232-233)
  • La filosofia dovrebbe mettere in discussione gli assunti fondamentali di ogni epoca. Riflettere, criticamente ed attentamente, su ciò che la maggior parte di noi dà per scontato costituisce, io credo, il compito principale della filosofia, ed è tale compito a farne un'attività di rilievo. Sfortunatamente, non sempre la filosofia è all'altezza del suo ruolo storico. La difesa della schiavitù da parte di Aristotele starà sempre a ricordare che i filosofi sono esseri umani, e sono soggetti a tutti i preconcetti tipici della società cui appartengono. Talvolta essi riescono a liberarsi dell'ideologia dominante; più spesso, ne diventano i più sofisticati difensori. (p. 245)
  • È soltanto quando pensiamo agli esseri umani come a nulla più che un piccolo sottogruppo di tutti gli esseri che abitano il nostro pianeta, che possiamo renderci conto che, elevando la nostra specie, abbassiamo al contempo lo status relativo di tutte le altre. (p. 247)
  • Le belle espressioni sono l'ultima risorsa di chi ha esaurito gli argomenti. (p. 248)

Gli animali non sono in grado di richiedere da sé la propria liberazione, o di protestare contro la loro condizione con voti, manifestazioni e boicottaggi. Gli umani hanno il potere di continuare a opprimere le altre specie per sempre, o fino al momento in cui renderanno questo pianeta inadatto agli esseri viventi. La nostra tirannia continuerà, dimostrando che la morale non ha alcun peso quando è in conflitto con l'egoismo, come i più cinici tra i poeti e i filosofi hanno sempre sostenuto? O saremo all'altezza della sfida e dimostreremo la nostra capacità di genuino altruismo mettendo fine allo spietato sfruttamento delle specie in nostro potere, non perché siamo costretti a farlo da ribelli o terroristi, ma perché riconosciamo che la nostra posizione è moralmente indifendibile?
Il modo in cui rispondiamo a questa domanda dipende dal modo in cui ciascuno di noi, individualmente, vi risponde.

Citazioni su Liberazione animale

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  • Inaugurata nel 1975 dal celebre pamphlet di Peter Singer, Animal Liberation, la ricerca filosofica su nostri doveri verso gli animali, sui diritti morali da ascrivere loro, su come è giusto trattarli, su quali pratiche — economiche, scientifiche, tecnologiche — siano coerenti con i principî di un'etica normativa che include fra i suoi «clienti» i nipoti di Bentham e di Kant tanto quanto quelli di Fido o di Pluto, è ormai vastissima. (Salvatore Veca)
  • Liberazione animale, il libro più importante degli ultimi decenni nel filone animalista. Impossibile prescinderne. Vi è esposta una riflessione densissima su tutte le implicazioni morali poste dalla pretesa umana di disporre della vita degli animali, pretesa che per Singer non ha alcun fondamento etico. (Lorenzo Guadagnucci)
  • Liberazione animale, l'opera che nel corso degli ultimi trent'anni ha maggiormente e indiscutibilmente contribuito al miglioramento della sorte degli animali. (Matthieu Ricard)
  • Liberazione animale, uscito nel 1975 e continuamente ristampato, ha segnato uno spartiacque, aprendo la stagione dell'animalismo contemporaneo, che oggi comprende un filone – l'antispecismo – che a Singer deve molto, ma che è andato ben oltre le sue concezioni utilitariste. (Lorenzo Guadagnucci)

Citazioni su Peter Singer

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  • Il mio più grosso debito di riconoscenza va a Peter Singer, che ha influenzato tutto il mio pensiero sulla moralità del nostro modo di trattare gli animali non umani. (James Rachels)
  • Non c'è uno scritto sul problema del trattamento degli animali che non abbia debiti enormi nei confronti di Singer. La crescente consapevolezza da parte del grande pubblico dei raccapriccianti dettagli dell'allevamento degli animali su scala industriale va collegata in larga misura alla grande e meritata fortuna delle sue opere, specialmente di Animal Liberation. (Tom Regan)
  • Qualcuno, a un convegno sulla sperimentazione animale, chiese spiritosamente al pensatore australiano Peter Singer, professore di filosofia e direttore del Centro di bioetica dell'Università di Melbourne: «Perché i maiali dovrebbero avere dei diritti e la lattuga no?»
    Singer usò gli stessi argomenti con cui ha conferito autorevolezza al movimento animalista negli ultimi anni: «Perché gli animali soffrono, sia fisicamente se gli si fa del male, sia psicologicamente se gli vengono negati alcuni diritti "naturali": il loro habitat, la loro vita sociale, la loro prole». Problemi che la lattuga non ha... (Una carezza per guarire)
  1. Dall'intervista di Cristina Nadotti, Singer, il filosofo della liberazione animale: mai avuto cane o gatto, ma nessuno deve soffrire, larepubblica.it, 6 luglio 2024.
  2. Citato in AA.VV., Il libro della filosofia, traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 325. ISBN 9788858014165
  3. Citato in de Mori, p. 121.
  4. Citato in Stefano Lorenzetto, Quei dubbi sulla morte censurati da 40 anni, il Giornale.it, 4 settembre 2008.
  5. Da Etica pratica, traduzione di Giampaolo Ferranti, Liguori, Napoli, 1989, p. 63. ISBN 88-207-1688-7
  6. Citato in Come funziona la filosofia, a cura di Marcus Weeks, traduzione di Daniele Ballarini, Gribaudo, 2020, p. 193. ISBN 9788858025598
  7. Da Utilitarismo e vegetarianesimo, in Aa. Vv., Etica e animali, traduzione di Brunella Casalini, Liguori Editore, Napoli, 1998, p. 253. ISBN 88-207-2686-6
  8. Citato in de Mori, p. 69.
  9. Le sofferenze inflitte agli animali è una recensione di Singer al libro Animals, Men and Morals (1973), che costituisce una raccolta di articoli di vari autori contro le crudeltà verso gli animali.

Bibliografia

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  • Barbara de Mori, Che cos'è la bioetica animale, Carocci, Roma, 2007. ISBN 978-88-430-4079-7
  • Peter Singer, Le sofferenze inflitte agli animali (The Sufferings of the Animals), in Comunità, edizione 170, 1973.
  • Peter Singer, Liberazione animale (Animal Liberation), traduzione di Enza Ferreri, a cura di Paola Cavalieri, il Saggiatore, Milano, 2010. ISBN 978-88-565-0180-3 (Anteprima su Google Libri)

Voci correlate

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