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Ghetto di Roma

quartiere storicamente riservato alla popolazione ebraica di Roma

Citazioni sul ghetto di Roma.

  • Ammassato in un cupo e triste angolo dell'Urbe, rimpetto al Trastevere, abita qui da più secoli, quasi reietto dal resto del genere umano, il popolo degli ebrei di Roma. (Ferdinand Gregorovius)
Ghetto di Roma, la Sinagoga vista dal Teatro di Marcello
  • Che cosa sia il Ghetto di Roma, lo sanno i Romani e coloro che lo hanno veduto. Ma chi non l'ha visitato sappia che presso il ponte a Quattro Capi s'estende lungo il Tevere un quartiere, o piuttosto un ammasso informe di case e tuguri mal tenuti, peggio riparati e mezzo cadenti (ché ai padroni, per la tenuità delle pigioni che non possono soffrir variazioni in virtù del jus gazagà[1], non mette conto spendervi se non il pretto indispensabile), nei quali si stipa una popolazione di 3900 persone, dove invece ne potrebbe capire una metà malvolentieri. (Massimo d'Azeglio)
  • Il Ghetto di Roma, detto anche «serraglio degli Ebrei», è stato una entità storico-urbanistica limitata a tre secoli di vita, da quel 12 luglio 1555 quando papa Paolo IV Carafa emanò la bolla Cum nimis absurdum, che ne decretava i confini e la chiusura, al 1848 quando, sotto Pio IX, ne vennero definitivamente scardinati i portoni lasciando liberi i movimenti degli Ebrei nel complesso della vita e delle attività di tutti i Romani. (Armando Ravaglioli)
  • Il Ghetto romano è fra tutte le comunità israelitiche d'Europa la più importante, per i rapporti storici del popolo d'Israele con l'Urbe. Altre, soprattutto quelle della Spagna e del Portogallo, e la Sinagoga di Amsterdam, offrono un più vivo interesse, ma tutto teologico, a causa delle loro scuole talmudiche; nessuna però è tanto antica e tanto importante quanto la Sinagoga romana: questa rappresenta la più vetusta radice del cristianesimo nella capitale stessa del mondo cristiano. (Ferdinand Gregorovius)
  • Lo errante e disperso Israele ebbe a patire sotto Leone XII battiture da secoli di mezzo. Fu bandito che gli Ebrei in potestà del papa non potevano possedere, e avevano a vendere in breve termine i possessi presenti, e a contentarsi di vivere chiotti chiotti in quei loro luridissimi ghetti chiusi sotto chiavistello la notte. (Giuseppe Montanelli)
  • [Sul rastrellamento nazista degli ebrei nel Ghetto di Roma il 16 ottobre 1943] Nonostante le apprensioni e i tristi pensieri, le giornate degli ebrei romani trascorrono dunque tra quella fine di settembre e la metà di ottobre come sempre. Nelle vie dell'antico quartiere la gente circola, chiacchiera, ragazzi e ragazze scherzano, amoreggiano, i bambini giocano come di consueto. Gli artigiani non hanno chiuso le loro botteghe. I negozi sono aperti. Anzi gli affari non vanno troppo male. Proprio in quei giorni si affacciano nuovi clienti: ufficiali, sottufficiali, soldati tedeschi. Hanno metodi educati e non contrattano. Questi tedeschi – pensano a Portico d’Ottavia – non fanno nessuna differenza fra negozi di ebrei e di non ebrei, fra un «ariano» e un «giudeo». (Fausto Coen)
  • Tanto singolare, e in qualche modo autonoma, era la vita nel Ghetto, che persino il diritto dovette piegarsi ad introdurre speciali istituti, come il cosiddetto «ius gazagà»: esso contemperava il divieto di possedere in proprietà gli alloggi, che quindi erano di proprietà di Cristiani; ma la corresponsione del fitto, stabilito dall'autorità, consentiva una facoltà d'uso indeterminato che si poteva perfino editare! (Armando Ravaglioli)
  1. Diritto per gli inquilini ebrei all'uso perpetuo dell'abitazione dietro corresponsione di un canone annuo ai proprietari cristiani.

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