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Profondo rosso

film del 1975 diretto da Dario Argento
Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Profondo rosso (disambigua).

Profondo rosso è un film del 1975 diretto da Dario Argento.

Profondo rosso
David Hemmings e Daria Nicolodi in una scena del film
Lingua originaleitaliano, inglese
Paese di produzioneItalia
Anno1975
Durata127 min
Rapporto2,35:1
Generethriller, giallo
RegiaDario Argento
SoggettoDario Argento, Bernardino Zapponi
SceneggiaturaDario Argento, Bernardino Zapponi
ProduttoreSalvatore Argento, Angelo Iacono
Produttore esecutivoClaudio Argento
Casa di produzioneRizzoli Film, Seda Spettacoli
Distribuzione in italianoCineriz
FotografiaLuigi Kuveiller
MontaggioFranco Fraticelli
Effetti specialiGermano Natali,
Carlo Rambaldi
MusicheGiorgio Gaslini, Goblin
ScenografiaGiuseppe Bassan
CostumiElena Mannini
TruccoGiuliano Laurenti,
Giovanni Morosi
Interpreti e personaggi
Doppiatori originali
Logo ufficiale del film

Considerato uno dei capolavori del regista, l'opera segna, all'interno del suo percorso artistico, il passaggio fondamentale tra la fase thriller, incominciata nel 1970 con L'uccello dalle piume di cristallo e quella horror intrapresa nel 1977 con Suspiria.

Fin dalla sua uscita nelle sale la pellicola ebbe un ottimo successo di pubblico: si segnalano gli effetti speciali, cui mise mano anche Carlo Rambaldi, e la musica del gruppo rock progressivo dei Goblin. Alcune composizioni sono firmate anche dal pianista jazz Giorgio Gaslini.

Durante una conferenza sul paranormale, la sensitiva tedesca Helga Ulmann percepisce con orrore la presenza di un omicida tra il pubblico ed è costretta a interrompere. Più tardi il killer, lì presente e che aveva udito le parole della donna allo psichiatra Dottor Giordani, la ucciderà brutalmente in casa, assassinio preceduto dalla registrazione di un'inquietante ninna nanna per bambini, che la stessa sensitiva aveva percepito durante la conferenza.

Il pianista Marc Daly, residente nello stesso stabile, in strada dopo una serata musicale, ode con il suo amico Carlo le urla della vittima e una volta nell'appartamento può solo che constatarne la morte. Interrogato senza alcun esito dal commissario Calcabrini, Marc confida al suo amico di aver notato un quadro misteriosamente scomparso. Carlo commenta che sia stato sottratto perché nasconderebbe qualcosa di importante.

La giovane giornalista Gianna Brezzi, anch'ella interessata alle indagini, sperando di ricavare un buon articolo, inizia a indagare con Marc, che inizialmente mal sopporta il comportamento spregiudicato della ragazza che, al contrario, sembra fin da subito attratta dal lui.

Marc incontra la madre di Carlo, un'ex-attrice teatrale con pelesi segni di demenza, per quindi recarsi dal figlio presso un suo amico omosessuale. L'uomo è visibilmente provato e ubriaco. Marc torna sul particolare del quadro sparito, subendo l'ammonimento dell'altro a dimenticare e fuggire per non essere preso di mira dall'assassino. La sera stessa, infatti subisce un'intrusione in casa dalla quale scampa per una telefonata di Gianna che gli permette di barricarsi. Il killer fugge non prima di averlo minacciato di morte.

Il giorno seguente, lo psichiatra Giordani afferma di trovarsi un paziente affetto da schizofrenia, che si serve della brano musicale per ricreare il clima di un precedente omicidio, motivo che avrebbe un collegamento con la "Leggenda della Villa del Bambino Urlante", come riportato nel saggio dell'autrice Amanda Righetti, alla quale Marc risale per incontrarla ma viene preceduto dall'omicida. La giornalista Gianna, temendo si possa sospettare di lui, lo esorta a scappare. Marc avverte Giordani, il quale a sua volta sembra trovare una traccia sul luogo del delitto.

Marc trova la villa della leggenda, disabitata da anni, e all'interno, coperto dall'intonaco di una parente, un macabro disegno infantile di un omicidio. Giordani temendo per la sua vita, scrive degli appunti e tenta di avvisare Marc ma viene sopraffatto dal killer, in una scena da manuale, preceduta dall'ingresso di un manichino dal riso spettrale.

Marc decide di lasciare l'Italia ma viene distolto dalla foto sul libro della villa, notando che nel frattempo una finestra è murata. Tornato sul posto abbatte una parete per scoprire una stanza segreta dove giace un corpo mummificato. Sconvolto indietreggia e viene tramortito per risvergliarsi all'esterno, portato fuori da Gianna, prima che la residenza sia data alle fiamme dall'aggressore. Recatisi in una casa del custode, i due notano un disegno identico a quello nella villa eseguito dalla figlia Olga, la quale confida loro di essersi ispirata a un terzo, rinvenuto nell'archivio della sua scuola. Giunti nell'istituto, Gianna viene attirata da una voce e pugnalata. Egli intanto può risalire all'autore quale è Carlo allora bambino, il quale a sua volta si presenta armato. L'arrivo della Polizia lo metterà in fuga per essere orribilmente ucciso in strada da un camion.

Avendo saputo di Gianna fuori pericolo nonostante la ferita, Marc torna a casa ma rammenta l'estraneità del suo amico al primo omicidio. Ragionando sui dialoghi entra nella scena del crimine per rendersi conto che non c'è mai stato un quadro ma uno specchio, e che quello che Marc aveva visto era il volto dell'assassino, ovvero l'anziana madre di Carlo, la quale a sua volta gli si ripresenta con chiare intenzioni. Affetta da squilibrio sin dall'età giovanile aveva ucciso suo marito davanti agli occhi del bambino. Marc cerca scampo ma viene raggiunto da un colpo di mannaia. Durante la colluttazione, il medaglione di lei s'impiglia nell'inferriata dell'ascensore. L'uomo, sanguinante, preme il pulsante di rimando e la cabina tira con sé la collana, decapitando la donna e ponendo fine alla catena degli efferati omicidi.

L'ultimo fotogramma mostra il volto di un Marc forse morente, riflesso nella pozza di sangue, il "Profondo Rosso" che dà il nome alla pellicola.

Produzione

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Sceneggiatura

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Profondo rosso nasce, come altri film di Argento, durante le battute finali della realizzazione della sua opera precedente, l'atipico Le cinque giornate. L'idea di base, la medium che, durante una seduta, percepisce i pensieri di un assassino, risale addirittura a una prima stesura di 4 mosche di velluto grigio. Argento lavora febbrilmente sulla sceneggiatura ma, insoddisfatto del risultato, si fa aiutare da Bernardino Zapponi, tanto che alla fine ne risulta una sceneggiatura a quattro mani. Zapponi, intervistato, si attribuisce l'idea di aver voluto rendere molto fisico l'orrore del film e di legarlo a un contesto realistico e comune, mentre attribuisce ad Argento il lato fantastico della vicenda (la medium, i fantasmi della villa, il disegno della parete, lo scheletro nella stanza murata, lo svolgimento degli omicidi).[1]

Il film, inoltre, risente della particolare situazione affettiva di Argento, che si era appena separato da Marilù Tolo, con cui aveva convissuto per un anno dopo il divorzio dalla prima moglie Marisa Casale. Argento ricorda quel periodo come ricco di febbrile creatività. Inoltre è sul set del film che la sua relazione con Daria Nicolodi si consolida. La Nicolodi stessa riconosce che nel personaggio di Gianna Brezzi, la giornalista da lei interpretata nel film, c'è molto del suo vero carattere e molto del giovane Dario Argento quando faceva il giornalista[1].

Il titolo del film ha subito diversi cambiamenti: per continuare la tendenza faunistica dei precedenti lavori di Argento ovvero L'uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e 4 mosche di velluto grigio, la pellicola avrebbe dovuto intitolarsi La tigre dai denti a sciabola (ma Argento sostiene che diffuse quel titolo per "prendersi gioco della stampa")[2], poi su un copione comparve il titolo provvisorio Chipsiomega (risultato dell'unione delle ultime tre lettere dell'alfabeto greco); infine si optò per Profondo rosso data la gran predominanza di tinte scarlatte nel film, sia per il sangue sia per scelte di scenografia e fotografia (basti pensare ad esempio alla scena iniziale nel teatro).

 
Clara Calamai, interprete della madre di Carlo

In un primo momento Dario Argento pensò di affidare il ruolo di Marc a Lino Capolicchio. L'attore era ben disposto ad accettare ma cambiò idea dopo un grave incidente automobilistico che lo bloccò in convalescenza per alcuni mesi, nonostante Argento fosse disposto a rimandare le riprese.[3]

La scelta di Clara Calamai (una delle maggiori dive del cinema italiano durante il ventennio fascista) per interpretare l'assassina non è casuale: Argento voleva infatti un'attrice anziana, un tempo famosa ma in seguito dimenticata, in parte per la lunga assenza dallo schermo, in parte perché passata di moda. Nella scena in cui Marc si reca per la prima volta in casa della madre di Carlo, le foto che questa gli mostra non sono immagini fittizie ma sono proprio le vere fotografie di Clara Calamai, che la ritraggono sui set dei suoi film degli anni trenta e quaranta.[4] Profondo rosso fu l'ultima pellicola interpretata dall'attrice prima del suo definitivo ritiro dal cinema. Nella versione in lingua inglese il personaggio della Calamai viene presentato con il nome di Marta (reso graficamente anglicizzato nei crediti in Martha), mentre in quella in lingua italiana il nome di battesimo della donna non è mai menzionato (anche nei titoli di coda il personaggio viene semplicemente indicato come madre di Carlo).

Nella scena della telefonata tra Marc (nel bar) e Gianna (nella sede del giornale) la comparsa che Gianna ferma per prendere appunti è Fabio Pignatelli, bassista dell'epoca della band dei Goblin, già autori della colonna sonora.

Le mani guantate dell'assassino sono in realtà le mani di Dario Argento[5], che aveva utilizzato lo stesso espediente anche in altri film.

Riprese

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Le riprese si sono svolte dal 9 settembre 1974 al 19 dicembre dello stesso anno. Il film è formalmente ambientato a Roma e dintorni, ma le scene esterne sono state girate in prevalenza a Torino, e alcune a Roma e Perugia.

 
Villa Scott a Torino

La scena iniziale del film, con le prove del gruppo jazz di Marc, è stata girata all'interno del mausoleo di Santa Costanza a Roma.[6] La scena del congresso di parapsicologia è stata girata all'interno del Teatro Carignano di Torino, in piazza Carignano 6[7]; questo teatro verrà in seguito riutilizzato dal regista 25 anni dopo per alcune scene di Non ho sonno. Per anni si è erroneamente ritenuto che fra i figuranti in platea ci fosse l'attore Mario Scaccia: in realtà si tratta di una comparsa che gli somiglia.

La fontana dove ha luogo il colloquio tra Carlo ubriaco e Marc è la Fontana del Po, in piazza C.L.N. a Torino[6][8]. Il palazzo dove viene uccisa la sensitiva Helga e dove vive anche Marc è sito sempre nella stessa piazza, di fronte al civico 222.[6] La scena del funerale della medium Helga è stata girata a Perugia, nella sezione ebraica del cimitero monumentale.[6] La scuola media Leonardo da Vinci, dove Marc e Gianna entrano di notte per cercare il disegno, è in realtà il liceo ginnasio statale Terenzio Mamiani che si trova a Roma, in viale delle Milizie 30.[6]

La lugubre Villa del bambino urlante dove Marc rinviene il cadavere e il disegno sotto l'intonaco, che nella finzione del film si trova nelle campagne romane, in realtà è sita nel quartiere torinese di Borgo Po, in corso Giovanni Lanza 57 ed è nota come Villa Scott; all'epoca in cui fu girata la pellicola era di proprietà dell'ordine delle Suore della Redenzione (che avevano adibito la struttura a collegio femminile, con il nome di Villa Fatima), e per girare le scene la produzione pagò un periodo di villeggiatura a Rimini alle suore ed a tutte le ragazze allora ospitate nel collegio[9]. La sperduta casa di campagna di Amanda Righetti si trova a Roma, in via della Giustiniana 773,[6] così come l'abitazione di Rodi e della piccola Olga, in via della Camilluccia 364.

Il Blue Bar dove suona Carlo in realtà non è mai esistito. La scenografia fu costruita in piazza C.L.N., vicino all'abitazione di Marc Daly, ed è un chiaro omaggio al quadro I nottambuli (Nighthawks) di Edward Hopper del 1942.[6]

Gli interni del film furono invece realizzati negli stabilimenti Incir-De Paolis di Roma.

Scenografie

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In una scena del film, quando Gianna entra in casa di Marc trova la foto di una donna su un mobile. Chiede chi sia, e alle risposte evasive di lui reagisce buttando la foto nel cestino. La donna rappresentata nella foto potrebbe essere scambiata per Marilù Tolo, e in effetti all'epoca alcuni giornali la scambiarono. Ma nella sua autobiografia Paura Argento dice che, fermando il fotogramma, chiunque può vedere che non si tratta di Marilù Tolo e afferma che in realtà la foto ritraeva la fidanzata del direttore di produzione.[2]. Gli inquietanti quadri con i volti appesi nell'appartamento della sensitiva Helga Ulmann sono opera di Enrico Colombotto Rosso.[6]

Colonna sonora

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Profondo rosso (album).

La famosa colonna sonora del film, composta ed eseguita dal gruppo rock progressivo dei Goblin, formato da Claudio Simonetti, Walter Martino, Maurizio Guarini, Massimo Morante e Fabio Pignatelli e integrata da musiche jazz-rock di Giorgio Gaslini, fu scelta da Argento come ripiego: il regista, infatti, avrebbe voluto addirittura i Pink Floyd per comporla. Il gruppo declinò gentilmente l'invito, perché troppo impegnato nella composizione del nuovo album Wish You Were Here, quindi la produzione si rivolse a Gaslini, che aveva già lavorato con Argento ne Le cinque giornate.

 
Claudio Simonetti nel 2010

Tuttavia, Argento sentiva che la musica di Gaslini non andava bene per il film e che occorreva qualcosa di più moderno. La prima stesura dell'ossessiva canzoncina fu definita "semplicemente orrenda" da Argento (la versione definitiva è cantata da una giovanissima Maria Grazia Fontana), cosa che fece irritare non poco Gaslini, che in seguito abbandonò il progetto lasciandolo incompiuto[10]. Il regista, inizialmente, avrebbe voluto che a eseguire le musiche del jazzista fossero gruppi all'epoca celebri come Emerson, Lake & Palmer o i Deep Purple[11] e, per concretizzare le sue aspirazioni, si rivolse all'editore che all'epoca si occupava delle colonne sonore dei suoi film, ovvero Carlo Bixio[11]. Quest'ultimo, rendendosi conto dei costi proibitivi di tali operazioni[11], fece invece ascoltare ad Argento un demo intitolato Cherry Five, opera di un ancora sconosciuto complesso romano: i Goblin. Intrigato dall'ascolto del nastro, il regista contattò il gruppo, che accettò volentieri l'offerta. Uscito Gaslini dal progetto, e mancando i temi principali della colonna sonora, Argento affidò ai più giovani musicisti il compito di completarla[11], ottenendo infine l'album/colonna sonora Profondo rosso. Il celebre e inquietante tema nacque tutto in una notte nella classica cantina che ricorre molto spesso nella storia di molti gruppi dell'epoca. Secondo Argento, il 90% della colonna sonora definitiva è da attribuirsi ai Goblin e solo il resto a Gaslini[1]. Tuttavia nei titoli di testa la colonna sonora è così indicata: «Musiche Giorgio Gaslini eseguite da I Goblin».

All'epoca, per chi aveva appena visto L'esorcista, la colonna sonora di Profondo rosso riecheggiava il brano Tubular Bells, di Mike Oldfield, musica resa celeberrima appunto dal film di William Friedkin, uscito in Italia nella stessa stagione cinematografica, solo cinque mesi prima, il 4 ottobre 1974. Di recente, Argento in effetti ha dichiarato che suggerì ai Goblin di ispirarsi proprio a Tubular Bells.[2]

Tale tema musicale riscosse molto successo anche in termini di vendite, riuscendo addirittura ad arrivare alla prima posizione della classifica dei 45 giri più venduti in Italia di quel periodo.

Doppiaggio

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Pur essendo una produzione tutta italiana il film venne girato in lingua inglese – tranne i dialoghi di Clara Calamai[12], che recita in italiano, come si vede bene dal labiale – e solo successivamente fu doppiato: David Hemmings venne doppiato da Gino La Monica, Clara Calamai da Isa Bellini, Liana Del Balzo da Wanda Tettoni, Furio Meniconi da Corrado Gaipa, Nicoletta Elmi da Emanuela Rossi e Geraldine Hooper da Renato Cortesi; tutti gli altri attori si auto-doppiarono.

Distribuzione

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Il film venne distribuito nel circuito cinematografico italiano il 7 marzo 1975 con la censura che impose il divieto alla visione ai minori di 14 anni.[13]

In Francia arrivò nelle sale il 17 agosto 1977 con il titolo Les frissons de l'angoisse e venne vietato ai minori di 16 anni. In Giappone il film uscì solo alcuni anni dopo l'uscita italiana, sull'onda del grande successo di Suspiria, e fu quindi intitolato Suspiria Part 2 (サスペリアPART2). Nei paesi anglofoni venne distribuito con i titoli Deep Red e The Hatchet Murder.[14] Nel mercato tedesco venne editato con il titolo Rosso - Farbe des Todes, in quelli ispanici con i titoli Rojo oscuro (per la Spagna) e Rojo profundo (per l'America Latina), mentre in quello portoghese con i titoli O Mistério da Casa Assombrada (per il Portogallo) e Prelúdio para Matar (per il Brasile).

Sulla scia del grande successo che ebbe nelle sale cinematografiche, a fine anni settanta fu stampata e distribuita in Italia una edizione di bassa qualità in super 8, non autorizzata e accorciata di circa 40 minuti. Si tratta tuttavia di una stampa relativamente rara. Analoga sorte toccò ad altri titoli del regista, quali L'uccello dalle piume di cristallo, 4 mosche di velluto grigio e Suspiria[15].

L'8 luglio 2009 è stata organizzata una proiezione pubblica del film a Torino, in quella piazza C.L.N. teatro, nel film, degli incontri notturni tra David Hemmings e Gabriele Lavia oltreché del primo omicidio, alla presenza di Dario Argento; Claudio Simonetti si è occupato della sonorizzazione dal vivo del film.

Il 28 novembre 2014 il film restaurato è stato proiettato al Torino Film Festival. Alla proiezione ha partecipato anche il regista, che ha annunciato il ritorno al cinema, nel 2015, della pellicola restaurata in occasione del quarantennale dall'uscita del film nelle sale. Nel 2018 il film è stato ridistribuito in versione restaurata anche in Francia, con il divieto alla visione che è stato abbassato ai minori di 12 anni.

Nel dicembre 2015, è uscita per il mercato Home video inglese la versione integrale del film in edizione Blu-ray Disc, con traccia audio inglese e italiana, della durata di 127 min, restaurata in 4K, partendo dalla scansione degli originali negativi. L'intero procedimento curato dalla Cineteca di Bologna e dal laboratorio "L'immagine Ritrovata" (laboratorio altamente specializzato nel campo del restauro cinematografico), è stato supervisionato dal direttore della fotografia Luciano Tovoli (Suspiria, Tenebre), e approvato da Dario Argento.

Il 10 luglio 2023 il film è stato ridistribuito nelle sale italiane nella versione restaurata 4K.

Riconoscimenti

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Accoglienza

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Incassi

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Il film in Italia incassò 3 miliardi e 700 milioni di lire dell'epoca, piazzandosi così al 10º posto nella classifica dei film di maggior incasso della stagione cinematografica 1974-75.[16]

Critica

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All'uscita la stampa non riservò giudizi benevoli, oltre a non aver dimostrato un particolare interesse: sui grandi quotidiani, infatti, raramente fu recensito dal critico titolare, e anche il vice in genere non gli dedicò molto spazio. Su La Stampa, per esempio, l.p. (Leo Pestelli) scrisse che il film «non aggiunge molto ai precedenti L'uccello dalle piume di cristallo e Quattro mosche di velluto grigio; anzi fa sospettare di un'ispirazione stanca, convertita in ricetta»; lamenta poi che sia lungo, «allungato da un formalismo che non ha paura del prolisso e perde troppo spesso di vista la concatenazione e l'interesse narrativo.» Lo accusa quindi di ricorrere a «motivi di Grand Guignol», ma definisce «indubitabile la finezza del lavoro registico, del trapunto delle immagini e dei suoni su un canovaccio che disgraziatamente non provoca eccessivo sussulto.» Positivi invece i giudizi su Hemmings, Nicolodi e Calamai. Per ironia della sorte, la recensione era abbinata a quella de L'esorciccio, parodia de L'esorcista diretta e interpretata da Ciccio Ingrassia.[17]

L'Unità liquidò il film in un colonnino siglato d.g. (David Grieco), con parole sprezzanti: «Il film è indescrivibile e inenarrabile, tant'è vacuo: un cruciverba a sensazione senza movente né esito. Questo solo presunto emulo di Hitchcock, massaggia stavolta lo spettatore con il fittizio e l'incongruo per condurlo, quasi ammanettato, in un interminabile, fosco tunnel di Luna Park». Parla poi di «dialoghi insulsi» e conclude che il film, «nonostante gratuiti preziosismi, è un inutile elettrodomestico dell'horror» e stronca anche gli interpreti.[18] Non meno drastico Claudio Quarantotto su Il Giornale d'Italia, secondo cui la regia «non di rado cerca l'effetto e l'effettaccio, allineando coltelli e mannaie da macellaio, occhi sbarrati e bocche ghignanti, ascensori-killer e decapitazioni estemporanee, con grande spreco di sangue, sicché, alla fine sembra di aver sbagliato indirizzo e di essere capitati in un mattatoio, non in una sala cinematografica.»

Per Achille Frezzato, critico del Giornale di Bergamo e collaboratore di Cineforum, l'uso della macchina da presa «unitamente alle tonalità della fotografia, costruisce un clima di autentica suspense che riscatta un poco il ricorso ad abusati ingredienti del genere […] e la scarsa aderenza di alcuni interpreti ai ruoli loro assegnati». Lo stesso aspetto è sottolineato da Momento sera, per cui Argento «dimostra più di tanti giallisti di saper muovere la macchina da presa, di sapersene servire con effetti discutibili, ma formalmente ineccepibile».

Tullio Kezich, allora firma del settimanale Panorama, scrisse che Argento «non rifugge dai modi più plateali per bussare a quattrini» e che se il regista «si proponeva di diventare l'Hitckcock italiano, a questo punto dovrebbe riflettere sulla distanza che separa Profondo rosso da un film come Psycho». Dopo aver definito Argento «incerto», il futuro critico di Repubblica e del Corriere aggiungeva: «A rigor di logica, o di psicologia criminale, il suo giallo fa acqua da tutte le parti» ed elenca, come difetti «situazioni incongrue, pallidi tentativi di giallo rosa nei duetti fra Hemmings e la Nicolodi […] e una superdose di efferatezze che a Hichcock sarebbero bastate per dieci film».[19]

Il clamoroso e duraturo successo di pubblico comportò tuttavia alcuni curiosi ripensamenti da parte di autori o editori: per esempio Giovanni Grazzini (Il Corriere della sera) e Laterza, che non avevano inserito Profondo rosso nella prima, riuscitissima raccolta di recensioni Gli anni settanta in 100 film – pubblicata nell'aprile 1976 e comprendente film usciti fino a dicembre 1975 – lo recuperarono dodici anni dopo nel volume Cinema '75 (Biblioteca Universale Laterza 1988). Grazzini, che poi passò al Messaggero, scrisse fra l'altro: «Se l'estrema ambizione di Dario Argento è di restituire ai reduci dai suoi spettacoli il gaudio di sobbalzare a ogni scricchiolio, di guardare sotto il letto e raddoppiare la dose di tranquillante, il 'terrorista' del cinema italiano può dirsi contento. Era infatti da un bel po' che un film non prendeva altrettanto allo stomaco e popolava i nostri sonni di incubi così barbari».[20] Sempre fra le pubblicazioni antologiche, Morando Morandini, all'epoca critico del quotidiano il Giorno, nel proprio Dizionario dei film 1999 definisce Profondo rosso «thriller di transizione fra la 1ª fase parahitchcockiana di Argento e quella visionaria e occultista di Suspiria, Inferno, ecc. Aumentano l'importanza della cornice scenografica e l'iperbole degli oggetti».[21]

Per l'Enciclopedia del Cinema Garzanti (2006) il film invece «è summa e manifesto del suo thriller barocco e visionario che – per gli elementi di parapsicologia inseriti nel racconto e per la violenza di molte scene – denota già precisi segni della sua successiva virata verso l'horror gotico e crea la formula di un genere misto thriller-horror che influenzerà non pochi autori nazionali e internazionali». (Roberto C. Provenzano).[22]

Opere derivate

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Nel 2000 (a 25 anni dall'uscita del film nei cinema italiani), Dario Argento e il gruppo dei Daemonia realizzarono un cortometraggio ispirato al film: sulle note del tema musicale principale il regista romano, in veste di assassino, uccideva a uno a uno tutti i componenti del gruppo, nello stesso identico modo in cui venivano assassinate le vittime del film. Il cortometraggio fu trasmesso da Rete 4 nell'aprile 2000, in coda alla trasmissione in onda del film, ed è stato inserito come extra nell'edizione USA del film in Bluray.

Nel 2007 Profondo rosso è divenuto anche un musical teatrale, con la supervisione artistica dello stesso Argento, musicato da Claudio Simonetti per la regia di Marco Calindri, con l'attore e cantante (scoperto da Luciano Pavarotti) Michel Altieri che interpreta il ruolo di Marc Daly.[23] La trama riprende la versione originale del film. Vengono inoltre aggiunti nuovi brani elettronici scritti da Simonetti per Altieri, raccolti in una nuova colonna sonora.[24]

  1. ^ a b c Nocturno dossier n.18 - Le Porte sul Buio: il cinema, la vita, le opere di Dario Argento
  2. ^ a b c Dario Argento, Paura, Einaudi, 2014.
  3. ^ Aneddoti e curiosità by Dizionario del Turismo Cinematografico: L'occasione mancata di Lino Capolicchio in PROFONDO ROSSO di Dario Argento! | FilmTV.it, su FilmTV, 9 settembre 2017. URL consultato il 18 maggio 2023.
  4. ^ "Spaghetti Nightmares" di Luca M. Palmerini e Gaetano Mistretta
  5. ^ Speciale Profondo Rosso (Dario Argento 1975) - YouTube
  6. ^ a b c d e f g h Le location esatte di Profondo Rosso
  7. ^ Location Esatte E Aneddoti Da "Non Ho Sonno" - Il Davinotti
  8. ^ Negli stessi paraggi (il parcheggio sotterraneo sotto la suddetta piazza, tuttora attivo) furono girate alcune scene dell'inseguimento tra la Porsche 356 e la Fiat 125 che appaiono in un altro film di Dario Argento, Il gatto a nove code.
  9. ^ Dal Tramonto All'Alba: Il nuovo Portale Del Mistero Italiano- paranormale, misteri, criptozoologia, luoghi misteriosi
  10. ^ Profondo Rosso - Mordets Melodi, edizione danese del 2008 in 2 DVD, sezione "Trivia".
  11. ^ a b c d Dati ricavati dall'intervista a Claudio Simonetti durante la puntata di Stracult (Raidue) dell'11/6/2012.
  12. ^ Il personaggio di Clara Calamai nella versione in lingua inglese viene presentato con il nome di Martha mentre in quella italiana il nome di battesimo della donna non viene mai menzionato e anche nei titoli di coda il personaggio viene indicato semplicemente come madre di Carlo.
  13. ^ Profondo Rosso, Dario Argento: “Una storia bellissima scritta in pochi giorni tutta d'un fiato”
  14. ^ (EN) Deep Red. URL consultato il 25 febbraio 2022.
  15. ^ Gian Luca Mario Loncrini
  16. ^ Stagione 1974-75: i 100 film di maggior incasso, su hitparadeitalia.it. URL consultato il 30 novembre 2015.
  17. ^ “Gli assassini nella villa liberty”, su La Stampa, 8 marzo 1975 pag. 8
  18. ^ “Le prime - Profondo rosso”, su L'Unità, 8 marzo 1975 pag. 11
  19. ^ “Panorama ha scelto”, 1975 (poi in “Il MilleFilm”, edizioni Il Formichiere, 1977; pag. 448)
  20. ^ Cinema '75, B. U. Laterza 1988
  21. ^ Dizionario dei film 1999, Zanichelli Editore, pag. 1.030
  22. ^ Enciclopedia del Cinema Garzanti, 2006, vol. A-K, pag. 48
  23. ^ Un mondo di musical - Profondo Rosso, su amicidelmusical.it. URL consultato il 21 gennaio 2018 (archiviato dall'url originale il 21 gennaio 2018).
  24. ^ Tgcom - "Profondo Rosso", brividi in musica, su tgcom.mediaset.it. URL consultato il 28 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 7 gennaio 2010).

Voci correlate

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Altri progetti

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