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Prima guerra sannitica

La Prima guerra sannitica fu combattuta dai Romani contro i Sanniti, tra il 343 a.C. e il 341 a.C., quando si concluse con un trattato di pace, siglato a Roma. Teatro dello scontro furono la Campania ed il Sannio.

Prima guerra sannitica
parte delle guerre sannitiche
Mappa dei territori che coinvolsero Roma e i Sanniti durante la prima delle tre guerre
Data343 a.C. - 341 a.C.
LuogoCampania
Casus belliLotta per l'egemonia sulla penisola italica
EsitoVittoria romana
Schieramenti
Federazione sanniticaRoma
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Secondo buona parte della storiografia moderna, la prima guerra sannitica, così come è stata ricostruita dalla tradizione antica, potrebbe essere frutto di invenzioni o più semplicemente di una differente cronologia dei fatti.[1] La storica italiana Marta Sordi riteneva, infatti, che la grande guerra latina fosse da anticipare rispetto alla prima guerra sannitica, per una serie di incoerenze cronologiche evidenti;[2] la studiosa daterebbe l'inizio della guerra sannitica al 331 a.C. e la sua fine a dieci anni più tardi nel 321 a.C., quando i Romani furono pesantemente sconfitti alle Forche caudine.[3] La nuova cronologia risulterebbe pertanto come segue:

  • nel 354 a.C. vi sarebbe stato il patto di alleanza tra Romani e Sanniti (foedus);[4]
  • nel 349 a.C. l'inizio della "grande guerra latina" terminata nel 347 a.C., che vide schierati da una parte i Romani e i Sanniti, dall'altra Latini e Campani;[5]
  • nel mezzo della guerra latina la sottoscrizione del trattato tra Roma e Cartagine del 348 a.C., contro anche gli stessi Latini;[4]
  • nel 331 a.C. l'inizio della prima guerra sannitica con la rottura del foedus tra Romani e Sanniti (fino ad allora mai disatteso, come invece vorrebbe la tradizione antica), terminata nel 321 a.C. con una sconfitta romana, che costrinse Roma a rinunciare a difendere i Sidicini e ad abbandonare le colonie di Fregellae e Cales[4][6]

Casus belli

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Il casus belli che fece scoppiare la prima guerra tra Sanniti e Romani fu offerto dalla città di Capua, fiorente centro della Magna Grecia poco lontana dalla costa, situata nella pianura campana e, quindi, nelle mire dei Sanniti. Quando questi la posero sotto assedio, la città di Capua mandò un'ambasceria a Roma chiedendone la protezione.[7].

Il Senato romano però si tirò indietro a causa di un trattato di non belligeranza stipulato in precedenza proprio con i Sanniti (354 a.C.), al che gli ambasciatori tentarono l'ultima carta che avevano per ottenere soccorso: consegnarono la loro città nelle mani di Roma, grazie all'espediente della deditio.[8].

««Dal momento che non volete proteggere le nostre case contro la violenza e l'ingiustizia con giusto uso della forza, difenderete almeno le vostre: perciò, o padri coscritti, noi rimettiamo in potere vostro e del popolo romano il popolo campano e la città di Capua, il territorio, i templi degli dèi, tutte le cose divine e umane, pronti a sopportare sotto la vostra potestà qualunque cosa avremo a sopportare in avvenire». Dette queste parole, tutti, tendendo le mani ai consoli e prorompendo in lacrime, si prosternarono nell'atrio della curia.»

Il Senato accettò, ovviamente, e mandò ambasciatori ai sanniti per informarli della mutata situazione e per chiedere che l'assedio fosse interrotto. I Sanniti, però, rifiutarono e così a Roma non restò che dichiarare loro guerra. Era il 343 a.C.[9]

Prima guerra sannitica

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Manico di un coperchio di cista che illustra due guerrieri che portano un compagno morto in combattimento. Da Palestrina, IV secolo a.C., conservato al Museo nazionale archeologico di Villa Giulia in Roma.

La campagna militare fu affidata ai due consoli in carica Marco Valerio Corvo e Aulo Cornelio Cosso Arvina, entrambi patrizi, ma non per questo in contrasto alle Leggi Licinie Sestie da poco approvate (uno dei due consoli poteva essere un plebeo). In Campania fu inviato Marco Valerio, nel Sannio Aulo Cornelio[10].

Secondo il racconto di Tito Livio, Marco Valerio condusse i Romani alla vittoria nella battaglia del Monte Gauro[10], in quello che fu il primo scontro in campo aperto tra i due popoli.

«I Sanniti cominciarono ad essere catturati e massacrati; e pochi sarebbero scampati, se la notte non avesse interrotta la vittoria, più che la battaglia. Mentre i Romani ammettevano di non aver mai combattuto contro un nemico più tenace, i Sanniti, quando si domandava loro quale fosse stata la causa iniziale della fuga, dopo tanta ostinazione, dicevano che gli occhi dei Romani erano parsi fiammeggiare, e i volti furiosi e presi da pazzia.»

Più difficile fu la situazione in cui si venne a trovare l'altro console, Aulo Cornelio, che si trovò intrappolato con le sue truppe in una stretta valle del Sannio, osservato dall'alto dai Sanniti, pronti alla battaglia. Solo la prontezza del tribuno militare Publio Decio Mure, riuscì ad evitare il peggio ai romani, permettendo a loro di guadagnare, senza perdite, una posizione più favorevole[11].

«Quando fu annunciato ufficialmente che ritornavano incolumi coloro i quali avevano esposto la loro persona a grave rischio per la salvezza comune, tutti si fecero loro incontro lodandoli e congratulandosi, e li chiamavano uno per uno e tutti insieme loro salvatori, rendevano lodi e grazie agli dèi, levavano al cielo Decio. Trionfale fu l'ingresso di Decio nel campo.»

Approfittando dello sconcerto per l'accaduto dei Sanniti, i Romani li attaccarono prontamente in campo aperto, ottenendo una chiara vittoria.[12]

In quel primo anno venne combattuta una terza battaglia nei pressi di Suessula, vinta dai romani guidati da Marco Valerio, che, dopo aver preso il campo nemico lasciato sguarnito per le necessità dell'approvvigionamento, fece strage dei nemici, che si erano avventurati nelle campagne vicine per approvvigionare il campo di cibo.[13]

Ai due consoli fu concesso l'onore del trionfo, cui partecipò anche Decio Mure. La notizia delle prime vittorie dei romani, giunse anche a Cartagine, che inviò degli ambasciatori a Roma, per congratularsi della vittoria.[14]

L'anno successivo, il console Gaio Marcio Rutilo inviato a prendere il comando delle truppe acquartierate vicino Capua a sua difesa, si trovò nella necessità di affrontare comportamenti sediziosi dei soldati, che progettavano di prendere con la forza Capua, per impadronirsi delle sue ricchezze.

Con tattiche diversive, riuscì ad allontanare dagli accampamenti militari gli elementi più pericolosi, fino a quando gli insubordinati ne capirono le mosse, uscendo allo scoperto, e muovendo armati alla volta di Roma. Marco Valerio Corvo, nominato dittatore, riuscì ad evitare lo scontro tra truppe romane, promuovendo un accordo con i rivoltosi.[15]

La guerra si concluse nel 341 a.C., quando al console Lucio Emilio Mamercino Privernate fu affidata la campagna nel Sannio. Entrato in territorio nemico, i romani iniziarono a devastarne le campagne, finché i Sanniti non inviarono ambasciatori a Roma per chiedere la pace.[16]

A Roma gli ambasciatori ottennero la pace con i Romani, ed il permesso di continuare la guerra contro i loro nemici di sempre, i Sidicini. Con questo trattato terminò la prima guerra sannitica, anche se durante lo stesso anno, i Sanniti dovettero subire gli attacchi dei Latini, alleati di Roma.[17]

  1. ^ Brizzi 1997, pp. 96 e 99.
  2. ^ Tra le incoerenze cronologiche si annoverano: il trattato siglato tra Roma e il Sannio del 354 a.C., stranamente disatteso nel 343 a.C. con l'inizio della prima guerra sannitica e poi rinnovato nel corso della guerra latina del 340-338 a.C. (cfr. Brizzi 1997, p. 98); la deditio di Capua a Roma del 343 a.C., mentre pochi anni più tardi la città campana risulterebbe alleata dei Latini contro Roma del 340-338 a.C. (cfr. Brizzi 1997, pp. 97 e 98-99); la consegna dei supplici Sidicini ai Sanniti da parte di Roma, che avrebbe intrapreso una guerra proprio a causa loro (cfr. Brizzi 1997, p. 99).
  3. ^ Sordi 2002, pp. 129-151.
  4. ^ a b c Brizzi 1997, p. 100.
  5. ^ Brizzi 1997, p. 99.
  6. ^ Sordi, pp. 128-129; Brizzi 1997, p. 105.
  7. ^ Livio, VII, 29.
  8. ^ Livio, VII, 30-31.
  9. ^ Livio, VII, 31-32.
  10. ^ a b Livio, VII, 32.
  11. ^ Livio, VII, 34-36.
  12. ^ Livio, VII, 36.
  13. ^ Livio, VII, 37.
  14. ^ Livio, VII, 38.
  15. ^ Livio, VII, 38-39.
  16. ^ Livio, VIII, 1.
  17. ^ Livio, VIII, 2.

Bibliografia

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Fonti antiche
Traduzioni commentate dei principali autori antichi
  • (FR) Annette Flobert, Histoire romaine, vol. II, « Livres VI à X, la conquête de l'Italie », Flammarion, 1999, ISBN 978-2-08-070950-9.
  • (EN) Stephen P. Oakley, A Commentary on Livy Books VI–X, vol. II, « Books VII–VIII », Oxford, Oxford University Press, 1998, ISBN 978-0-19-815226-2.
Fonti storiografiche moderne

Voci correlate

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