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Modello atomico di Bohr

modello atomico proposto da Niels Bohr nel 1913

Il modello atomico di Bohr, proposto dal fisico Niels Bohr nel 1913 e successivamente ampliato da Arnold Sommerfeld nel 1916, fu il primo modello atomico ad utilizzare la quantizzazione dell'energia.[Nota 1] Proposto inizialmente solo per l'atomo d'idrogeno, riusciva a spiegarne le caratteristiche righe dello spettro di emissione teorizzando per l'unico elettrone orbite con valori discreti di energia.

Schema del modello atomico di Bohr. Il nucleo atomico centrale contiene protoni (carichi positivamente) e neutroni (elettricamente neutri), mentre gli elettroni (carichi negativamente) ruotano intorno ad esso su orbite quantizzate, con livelli di energia crescenti.

Stato dell'arte prima di Bohr

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Spettroscopia atomica

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All'inizio del XX secolo lo studio della spettroscopia era giunto a un buon livello. Erano noti infatti moltissimi spettri di emissione provenienti da vari atomi, caratterizzati da righe luminose discrete in una successione ben precisa. Mancava tuttavia un inquadramento teorico del fenomeno dell'emissione a righe da parte dei vari elementi chimici. Una prima sistematizzazione dei dati avvenne nel 1885 quando Johann Jakob Balmer, insegnante svizzero, fece notare come le lunghezze d'onda nella parte visibile all'occhio umano (intervallo compreso fra 380 e 750 nm)[1] dello spettro dell'idrogeno potevano essere rappresentate con grande precisione da una formula empirica che le correlava a dei numeri interi:

 
Le prime cinque righe della serie di Balmer.
 

dove

  • λ lunghezza d'onda della luce emessa
  • B limite di Balmer, pari a 3,6456 × 10-7 m o 364,56 nm o 3645,6 Å
  • n = 2
  • m intero con m > n

L'insieme delle righe spettroscopiche ottenibili con la formula di Balmer prende il nome di serie di Balmer. Sostituendo m = 3 nella formula si ottiene la lunghezza d'onda della riga rossa (λ = 656 nm), per m = 4 della riga celeste (λ = 486 nm), per m = 5 della riga blu (λ = 434 nm) e per m = 6 della riga violetta (λ = 410 nm). Basandosi sulla sua formula, Balmer predisse per m = 7 l'esistenza di un'altra riga spettroscopica (λ = 397 nm). Venne poi a sapere che Ångström aveva in effetti da poco osservato tale riga.

Con le sostituzioni successive (m > 8) si ottengono lunghezze d'onda proprie dei raggi UV, non osservarvabili ad occhio nudo.

 
Serie delle righe spettrali dell'atomo d'idrogeno.

Nel 1889 il fisico svedese Johannes Rydberg generalizzò, con la formula di Rydberg, quella di Balmer per tutte le transizioni dell'idrogeno (non solo la serie di Balmer L (n = 2), parzialmente nello spettro visibile, ma anche la serie di Lyman K (n = 1) nell'ultravioletto e quelle di Paschen M (n = 3), Brackett N (n = 4), Pfund O (n = 5) e Humphreys P (n = 6) nell'infrarosso):

 

con

  • λ lunghezza d'onda della radiazione emessa
  • RH = 4/B costante di Rydberg dell'idrogeno, pari a circa (1,097 x 107) m-1
  • n ed m numeri interi positivi con m > n

I due termini, la cui differenza dà una riga spettrale, rappresentano i livelli energetici atomici della transizione.

Per n = 2 si ritrova la serie di Balmer:

 

con m = 3, 4, 5, 6, 7...

Per i numeri quantici   fisso ed   variabile si trovano le diverse serie spettroscopiche dell'idrogeno:

Serie spettroscopiche dell'idrogeno
Orbita Numero quantico   Numero quantico   Serie spettroscopica Lunghezza d'onda minima Lunghezza d'onda massima
  nm Riga    
K     Lyman 91 nm 121 nm
L     Balmer 365 nm 656 nm
M     Paschen 820 nm 1.874 nm
N     Brackett 1.458 nm 4.051 nm
O     Pfund 2.278 nm 7.456 nm
P     Humphreys 3.281 nm 12.365 nm

La formula di Rydberg mostra che la lunghezza d'onda, la frequenza e quindi anche l'energia della radiazione elettromagnetica emessa dall'idrogeno sono quantizzate, cioè non continue. La ragione della quantizzazione delle righe spettrali e il motivo per cui tale formula empirica riproduce con grande accuratezza i numeri d'onda delle serie spettroscopiche dell'idrogeno non verranno compresi fino al 1913, anno in cui Niels Bohr pubblicherà il suo modello atomico quantizzato.

Primi modelli atomici

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La scoperta nel 1897 dell'elettrone, prima particella subatomica isolata in laboratorio, da parte di J. J. Thomson segnò la fine dell'antico concetto di atomo (dal greco ἄτομος átomos: indivisibile) come struttura indivisibile e l'inizio di un periodo di ricerca di nuovi modelli, che includessero gli elettroni come componenti della struttura atomica. Prima di Bohr si era tentato di spiegare la struttura dell'atomo con modelli proposti da

Nel 1901 Perrin aveva ipotizzato che l'atomo fosse un sistema solare in miniatura, in cui gli elettroni si muovono come pianeti attorno a uno o più nuclei carichi positivamente, nei quali è concentrata la quasi totalità della massa atomica. Joseph John Thomson, lo scopritore dell'elettrone, immaginò l'atomo come un corpo compatto (plumcake o panettone) con carica positiva diffusa, contenente al suo interno gli elettroni (canditi o uvette) con carica negativa. Questo modello si basava solo sulla presenza di forze elettrostatiche e non era in grado di spiegare come il sistema rimanesse in uno stato d'equilibrio.[2] Nagaoka suppose invece che la carica positiva fosse concentrata in un'unica, grande e massiccia sfera centrale, il nucleo, circondata dagli elettroni disposti su anelli simili alle fasce del pianeta Saturno (da cui il nome di modello saturniano). La stabilità dell'atomo risultava anche in questo caso un problema irrisolto, che portò presto all'abbandono del modello saturniano.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Esperimento di Rutherford e Scattering Rutherford.
 
Esperimento di Geiger e Marsdsen.

Tra il 1908 e il 1913 Hans Wilhelm Geiger e Ernest Marsden, sotto la supervisione di Ernest Rutherford, realizzarono esperimenti importantissimi per la comprensione della struttura dell'atomo: bombardando una sottile lamina d'oro con particelle alfa notarono che, mentre la maggior parte di esse subiva deviazioni nulle o minime dalla traiettoria iniziale, una minima parte veniva deviata in misura considerevole o respinta dalla lamina.[3] Nell'interpretare i dati sperimentali, Rutherford confermò nel 1911 l'esistenza di un nucleo atomico, anche se estremamente piccolo rispetto all'atomo stesso, circondato dalle cariche negative degli elettroni.[4] Nonostante Rutherford non si fosse sbilanciato sull'eventuale moto degli elettroni, si prese a rappresentarli in orbita attorno al nucleo. Il modello atomico planetario così concepito soffriva però d'instabilità di natura elettromagnetica. L'elettrone infatti, nel suo moto accelerato intorno al nucleo, avrebbe dovuto irradiare energia elettromagnetica fino a ricadere sul nucleo stesso con un moto a spirale. Inoltre, a prescindere dall'irraggiamento, nel caso di atomi più pesanti con tanti elettroni in orbita, una qualsiasi perturbazione esterna sarebbe stata sufficiente ad alterare pesantemente la distribuzione degli stessi, resi instabili dalla forza elettrostatica repulsiva.[3]

Fu Niels Bohr a risolvere, nel 1913, le difficoltà del modello di Rutherford, spiegando anche la struttura dello spettro atomico dell'idrogeno.

I tre postulati di Bohr

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Bohr, che aveva lavorato con Rutherford a Manchester per cinque mesi nel 1912, propose nel 1913 un modello che, applicando al modello atomico planetario di Rutherford la quantizzazione dell'energia introdotta da Planck nel 1900, riusciva a giustificare lo spettro atomico dell'idrogeno.

Il modello atomico di Bohr era fondato su tre postulati, due dei quali non classici e imposti ad hoc come vincoli addizionali al modello planetario classico di Rutherford:[5]

  1. Gli elettroni si muovono attorno al nucleo su orbite ellittiche stazionarie, con energia definita e costante;
  2. Gli elettroni che si muovono su tali orbite non irraggiano e quindi non emettono energia in modo continuo (contrariamente a quanto previsto dall'elettromagnetismo classico);
  3. Un elettrone atomico irraggia energia soltanto quando passa (mediante un salto quantico discontinuo) da un'orbita stazionaria a un'altra. Deve passare ad un'orbita stazionaria più esterna nel caso di assorbimento di radiazione elettromagnetica, mentre salta ad una più interna nel caso di emissione.

Nell'ipotesi semplificativa che l'elettrone dell'atomo d'idrogeno si muova su un'orbita circolare (un caso particolare di orbita ellittica, con eccentricità  ), il secondo postulato si traduce in una condizione di quantizzazione per il modulo   del momento angolare dell'elettrone che ruota intorno al nucleo, che deve essere un multiplo intero della costante di Planck ridotta:

 

dove   e   sono la massa e la velocità dell'elettrone orbitale,   il raggio dell'orbita,   la costante di Planck ridotta ed   il numero quantico principale   Il valore del momento angolare orbitale   previsto per la prima orbita   risulterà sbagliato. Il valore sperimentalmente accertato è invece  .

 
L'onda elettronica in viola è stazionaria e genera quindi un'orbita atomica stazionaria. Quella in verde non è stazionaria; ad essa non può corrispondere un'orbita stazionaria.

La condizione di quantizzazione di Bohr sarà ricavata in modo semplice nel 1924 da Louis de Broglie, a partire dall'ipotesi del dualismo onda-particella. Secondo de Broglie, sono stazionarie le orbite circolari (con circonferenza  ) che corrispondono a multipli interi della lunghezza d'onda   dell'elettrone:

 

Questa condizione significa che ad onde elettroniche stazionarie corrispondono orbite atomiche circolari e stazionarie.

Siccome la lunghezza d'onda di de Broglie associata all'elettrone è

 

per sostituzione nella formula precedente si ottiene

 

da cui

 

che coincide con la condizione di quantizzazione del modulo   del momento angolare dell'elettrone.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Condizione della frequenza di Bohr.
 
Transizione di un elettrone tra due orbite atomiche, con emissione di radiazione.

Per il terzo postulato, l'elettrone effettua una transizione da un'orbita stazionaria a un'altra solamente quando avviene un assorbimento o un'emissione di radiazione elettromagnetica, ovvero d'energia.[Nota 2] La frequenza   della radiazione è legata all'energia dei livelli atomici   ed  , ovvero all'energia del livello di partenza e di quello di arrivo dell'elettrone, dalla relazione:

 

dove   ed   sono le energie connesse alle orbite finale ed iniziale. È presente il modulo in quanto la frequenza è sempre un numero positivo, mentre   può essere negativo, se l'elettrone emette radiazione di frequenza  . L'energia che l'atomo scambia con il campo elettromagnetico soddisfa sia il principio della conservazione dell'energia, sia la relazione tra energia e frequenza introdotta da Planck.

Quantizzazione delle orbite e raggio di Bohr

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Raggio di Bohr.

Nel modello di Bohr l'energia potenziale di un elettrone a distanza   dal nucleo è di tipo elettrostatico:

 

e la forza attrattiva coulombiana è di conseguenza

 

dove   è la costante di Coulomb,   il numero atomico del nucleo ed   la carica dell'elettrone.

Uguagliando tale forza con quella centripeta:

 

si ricava la velocità dell'elettrone

 

Sostituendo la velocità nella formula della quantizzazione del momento angolare

 

si ottengono i raggi quantizzati delle orbite permesse dal modello atomico di Bohr:[6][7]

 

ove   è la permittività elettrica del vuoto e

 

è il raggio di Bohr del livello fondamentale dell'atomo di idrogeno. In accordo con i valori CODATA del 2010, il raggio di Bohr vale

  m   Å

dove Å sta per Ångström.[8]

La formula derivata da Bohr per i raggi atomici risulta accurata solo per l'idrogeno, e in buon accordo coi dati sperimentali per gli atomi idrogenoidi (quelli con un solo elettrone nel guscio[Nota 3][9] più esterno). Fissato il nucleo   a cui si fa riferimento, i raggi   delle orbite elettroniche quantizzate dipendono solo dal valore del numero quantico principale  .

Raggi ed energie delle orbite dell'atomo d'idrogeno
Numero quantico   Raggio   dell'orbita Energia   dell'orbita
   
     
     
     
     
     
     

Quantizzazione delle energie e formula di Rydberg

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Quantizzazione delle energie orbitali

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Livelli energetici dell'idrogeno secondo il modello atomico di Bohr.

L'energia totale di un elettrone, nell'ipotesi semplificativa che si muova su un'orbita circolare con velocità v, è data dalla somma della sua energia cinetica

 

con l'energia potenziale elettrostatica

 

Quindi:

 

Sostituendo l'espressione per la velocità  

 

nella formula per l'energia cinetica  , si ricava che l'energia cinetica risulta essere pari alla metà del valore assoluto   dell'energia potenziale:

 

L'energia totale risulta quindi essere pari a:

 

Sostituendo il raggio quantizzato   nella formula precedente, si ricavano le energie quantizzate di Bohr:

 

Si noti che i possibili valori dell'energia dell'elettrone sono tutti negativi (vedi Figura). Ciò discende dal fatto che l'elettrone si trova in uno stato legato e l'energia di legame è sempre negativa. Fissato il nucleo   a cui si fa riferimento, le energie   delle orbite elettroniche quantizzate dipendono solo dal valore del numero quantico principale  . La formula derivata da Bohr per i livelli energetici degli atomi risulta accurata solo per l'idrogeno, e in buon accordo coi dati sperimentali per gli atomi idrogenoidi (quelli con un solo elettrone nel guscio[Nota 3][9] più esterno).

Si definisce Rydberg ( ) l'unità di misura delle energie atomiche, che coincide con   e vale[10]

 

dove   è il simbolo dell'elettronvolt.[11]   è l'energia di ionizzazione per un elettrone dell'atomo d'idrogeno che si trovi nello stato fondamentale.

Derivazione della formula di Rydberg

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Prime righe della serie di Lyman per l'atomo d'idrogeno.

La transizione   tra due livelli energetici   ed   (con  ) dell'idrogeno   può essere scritta come

 

Il numero d'onda   è correlabile alla frequenza   e all'energia della transizione   tra i due livelli mediante la condizione della frequenza di Bohr:

 

La possibilità di spiegare, a partire da principi primi, la formula di Rydberg segnò la definitiva affermazione del modello atomico di Bohr.

È quindi possibile calcolare, mediante la quantizzazione delle energie, il valore della costante di Rydberg   per un nucleo di massa infinita (CODATA, 2014).[12] Si trova che

 

Tenendo conto del fatto che la massa del nucleo non è infinita e che quindi il nucleo stesso ruota intorno al centro di massa dell'atomo, si introduce una lieve dipendenza della costante di Rydberg dalla massa del nucleo, migliorando così l'accordo con i dati sperimentali. Per l'atomo d'idrogeno

 

con   massa del protone. Il valore teorico di   è in ottimo accordo con il valore numerico ottenuto sperimentalmente in spettroscopia.

Correzione per la massa finita del nucleo

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Nel modello di Bohr si considera la massa del nucleo infinitamente grande rispetto alla massa dell'elettrone, cosicché il nucleo rimane fisso nello spazio; questa è un'approssimazione ragionevole in quanto la massa del protone è circa 1.836 volte quella dell'elettrone. Tuttavia, l'accuratezza raggiunta dalle misurazioni spettroscopiche richiede di tenere conto del fatto che la massa del nucleo è finita e che il nucleo e l'elettrone si muovono attorno al comune centro di massa.

Facendo uso del concetto di massa ridotta si può mostrare che, per tenere conto del fatto che la massa del nucleo è finita, è sufficiente sostituire, nelle equazioni del moto, la massa dell'elettrone con la massa ridotta   del sistema nucleo-elettrone.[13]

 

dove   è la massa dell'elettrone e   la massa del nucleo. In questo modo si introduce un fattore correttivo   alle energie e   ai raggi atomici.

Per tutti gli atomi idrogenoidi (quelli con un solo elettrone nel guscio[Nota 3][9] più esterno), la costante di Rydberg effettiva   può essere derivata dalla costante di Rydberg "all'infinito" (per un nucleo infinitamente pesante), da

 

Limiti del modello di Bohr

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Spostamenti di Stark-Lo Surdo del secondo ordine, relativi all'idrogeno. Ogni livello energetico n si separa in (n - 1) sottolivelli degeneri.

Il modello atomico di Bohr ha difficoltà a spiegare, oppure non spiega del tutto:

  • Il valore del momento angolare orbitale per lo stato fondamentale  . Bohr prevede che valga  , mentre è noto sperimentalmente che il momento angolare dello stato fondamentale è nullo in tutti gli atomi.[Nota 4]
  • Gli atomi multi elettronici non hanno i livelli energetici previsti dal modello. Non funziona, ad esempio per l'elio  .
  • Gli spettri di emissione per atomi con un singolo elettrone nel guscio[Nota 3][9] esterno (atomi idrogenoidi) possono essere previsti approssimativamente. Per gli altri spettri di atomi multi-elettronici il modello di Bohr fa, nella migliore delle ipotesi, previsioni sull'emissione di raggi X delle righe     e, in alcuni casi,     dello spettro atomico, se vengono fatte ipotesi aggiuntive ad hoc. Altre linee spettrali possono essere dedotte tramite il principio di combinazione di Ritz.
  • Le intensità (larghezze) relative delle righe spettrali. La formula di Bohr per i livelli energetici o sue modifiche sono state in grado di fornire stime ragionevoli in alcuni casi semplici, come ad esempio per l'effetto Stark-Lo Surdo.
  • Doppietti[Nota 5] e tripletti appaiono negli spettri di alcuni atomi come linee molto vicine. Il modello di Bohr non spiega perché alcuni livelli energetici siano così vicini tra loro.

Modello di Bohr-Sommerfeld

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Orbite ellittiche di Sommerfeld con la stessa energia e momento angolare quantizzato ( ).

Arnold Sommerfeld migliorò nel 1916 il modello di Bohr. Innanzitutto, vi fu un ritorno alle orbite ellittiche di tipo planetario, che Bohr aveva inizialmente introdotto (prima condizione di Bohr), ma poi sostituito con l'ipotesi semplificativa di un'orbita circolare, caso particolare di ellisse con eccentricità  .

Inoltre questo modello sostituì la condizione del modello di Bohr sul momento angolare quantizzato   con una condizione di quantizzazione suggerita dal principio di corrispondenza e nota come formula di Wilson-Sommerfeld:[14][15] l'azione ridotta sull'orbita deve valere

 

dove   è il momento e   rappresenta il differenziale della generica funzione coordinata  .

I calcoli basati sul modello di Bohr-Sommerfeld sono stati in grado di spiegare accuratamente una serie di effetti spettrali atomici complessi. Ad esempio, fino alle perturbazioni del primo ordine, il modello di Bohr e la meccanica quantistica fanno le stesse previsioni per la divisione di una riga spettrale dovuta all’effetto Stark-Lo Surdo. Nel caso di perturbazioni di ordine superiore, tuttavia, il modello di Bohr e la meccanica quantistica differiscono, e le misurazioni dell’effetto Stark con intensità di campo elettrico elevate hanno contribuito a confermare la correttezza della meccanica quantistica rispetto al modello di Bohr. La spiegazione di questa differenza risiede nella forma degli orbitali degli elettroni, che variano a seconda dello stato energetico dell'elettrone. Il modello di Bohr-Sommerfeld, a differenza di quello di Bohr, riesce a darne conto.

Il modello di Bohr-Sommerfeld, come il precedente di Bohr, aveva limiti e difetti:

  • L'approccio di Sommerfeld non si estendeva ai moti non integrabili; quindi molti sistemi non potevano essere trattati, nemmeno in linea di principio.
  • La quantizzazione di Sommerfeld può essere eseguita in diverse coordinate canoniche e talvolta fornisce risposte diverse.
  • Anche il modello di Bohr-Sommerfeld non è corretto per piccoli numeri quantici, perché mescola concetti classici e quantistici.
  • Anche il modello di Bohr-Sommerfeld, essendo semi-classico, viola la relazione d'indeterminazione posizione/momento lineare di Heisenberg, in quanto assegna agli elettroni orbite precise, con posizione e quantità di moto determinati in ogni punto.
  • Il numero quantico magnetico   misurava l'inclinazione del piano orbitale rispetto al piano XY e poteva assumere solo pochi valori discreti. Ciò ovviamente contraddiceva il fatto che un atomo può essere ruotato senza restrizioni.
  • L'inclusione delle correzioni radiative nel modello è stata difficile, perché richiedeva di trovare le coordinate dell'angolo di azione per un sistema combinato radiazione/atomo, cosa difficile quando la radiazione viene rilasciata.

Il modello fu sostituito dalla moderna trattazione quantomeccanica dell'atomo d'idrogeno, proposta da Wolfgang Pauli nel 1925, utilizzando la meccanica delle matrici. L'immagine attuale dell'atomo d'idrogeno si basa sugli orbitali atomici della meccanica ondulatoria, che Erwin Schrödinger sviluppò nel 1926.

Approfondimenti
  1. ^ Essa fu introdotta in Fisica da Max Planck nel 1900 per la spiegazione teorica della radiazione del corpo nero e quindi utilizzata da Albert Einstein nel 1905 per la comprensione dell'effetto fotoelettrico, dando avvio alla teoria dei quanti che precedette la formulazione della meccanica quantistica.
  2. ^ Oggi si considera l'interazione tra l'elettrone ed il campo elettromagnetico come dovuta allo scambio di un fotone o quanto di luce. Tuttavia Bohr nei suoi articoli non chiama in causa i quanti di luce di Einstein, dei quali sarà un deciso oppositore fino al 1924.
  3. ^ a b c d Bohr aggiornò il suo modello atomico nel 1922, assumendo che a certi numeri di elettroni (2, 8 e 18, ad esempio) corrispondano "gusci chiusi" energeticamente stabili.
  4. ^ Si può immaginare, sebbene le immagini mentali falliscano a livelli di scala microscopici, che un elettrone nell'orbitale atomico fondamentale, privo di momento angolare, non ruoti affatto "intorno" al nucleo come un pianeta attorno al Sole, ma sia localizzato in una regione spaziale a simmetria sferica, centrata sul nucleo. Secondo la descrizione quantomeccanica moderna, l'elettrone del primo orbitale è rappresentato da una nuvola sferica di probabilità di presenza, che diventa più densa man mano che ci si avvicina al suo centro, il nucleo.
  5. ^ In spettroscopia, un doppietto è una coppia di righe spettrali aventi lunghezza d'onda molto prossima, discriminabili solo mediante tecniche ad alta risoluzione.
Fonti
  1. ^ Luce, occhio, visione (PDF), su unirc.it. URL consultato il 4 novembre 2023.
  2. ^ Parodi p.450.
  3. ^ a b Parodi p.451.
  4. ^ (EN) Ernest Rutherford, The Scattering of α and β Particles by Matter and the Structure of the Atom, in Philosophical Magazine, 6, vol. 21, n. 125, 1911, pp. 669–688, DOI:10.1080/14786440508637080.
  5. ^ Parodi pp.453-455.
  6. ^ Parodi pp.455-456.
  7. ^ Catalano p.377.
  8. ^ Paolo Mazzoldi, Massimo Nigro, Cesare Voci, Fisica (Volume II), EdiSES Editore, 2001, ISBN 88-7959-152-5. p.44
  9. ^ a b c d Il modello elettronico a gusci (PDF), su online.scuola.zanichelli.it. URL consultato il 20 ottobre 2023.
  10. ^ Eite Tiesinga, Peter J. Mohr, David B. Newell, and Barry N. Taylor (2019), "The 2018 CODATA Recommended Values of the Fundamental Physical Constants" (Web Version 8.0). Database developed by J. Baker, M. Douma, and S. Kotochigova. Available at http://physics.nist.gov/constants, National Institute of Standards and Technology, Gaithersburg, MD 20899. Link to R, Link to hcR
  11. ^ Mazzoldi, Nigro, Voci p.709.
  12. ^ (EN) Costante di Rydberg all'infinito, su physics.nist.gov. URL consultato il 12 maggio 2019.
  13. ^ Robert Martin Eisberg e Robert Resnick, 4-7 Correction for finite nuclear mas, in Quantum physics of atoms, molecules, solids, nuclei, and particles, Wiley, 1985, ISBN 978-0-471-87373-0, OCLC 10779839.
  14. ^ (DE) Arnold Sommerfeld, Zur Quantentheorie der Spektrallinien, in Annalen der Physik, vol. 51, n. 17, 1916, pp. 1–94, Bibcode:1916AnP...356....1S, DOI:10.1002/andp.19163561702.
  15. ^ (EN) William Wilson, The quantum theory of radiation and line spectra, in Philosophical Magazine, vol. 29, n. 174, 1915, pp. 795–802, DOI:10.1080/14786440608635362.

Bibliografia

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  • Paolo Mazzoldi, Massimo Nigro, Cesare Voci, Fisica (Volume II), EdiSES Editore, 2001, ISBN 88-7959-152-5.
  • Gianpaolo Parodi, Marco Ostili, Guglielmo Mochi Onori, L'evoluzione della Fisica (Volume 3), Paravia, 2006, ISBN 88-395-1611-5.
  • Ferdinando Catalano, Elementi di Ottica Generale, Bologna, Zanichelli, 2014, ISBN 978-88-08-09786-6.

Voci correlate

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