[go: up one dir, main page]

Milizia portuaria

specialità della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale

La Milizia portuaria (dal 1940: Milizia nazionale portuaria) costituita nel 1924 e riordinata nel 1927 fu una specialità della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.

Milizia portuaria
Descrizione generale
Attiva20 gennaio 1924 - 6 dicembre 1943[1]
NazioneItalia (bandiera) Regno d'Italia
Servizio Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale
TipoPolizia portuale
Dimensione918 uomini (1939)
MottoFede e silenzio
Colori     Nero
Battaglie/guerreGuerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
Anniversari2 agosto
Voci su gendarmerie presenti su Wikipedia

Storia ed organizzazione

modifica

Svolgeva la propria attività in alcuni porti principali e in quei tratti di litorale dell'Italia dove ne era dimostrata la necessità, per concorre ai servizi di polizia e di sicurezza.

Le singole unità per il loro impiego dipendevano dal Ministero delle comunicazioni o dalle competenti autorità militari o di pubblica sicurezza.

Si componeva da un Comando, quattro Legioni e tre distaccamenti autonomi in Africa Orientale Italiana. Il comando era devoluto al comandante del gruppo legioni ferrovieri coadiuvato dall'ufficiale generale e dal Capo di Stato Maggiore del gruppo stesso[2].

L'organico iniziale comprendeva due consoli, quattro seniori, dieci centurioni, diciotto capimanipolo, cinque aiutanti, quindici capisquadra e cinquecentosettantaquattro militi e allievi militi, un contabile. Gli Ufficiali erano ufficiali di polizia giudiziaria, i graduati e i militi agenti di polizia giudiziaria.

Il servizio nella Milizia Portuaria equivaleva ad ogni effetto come servizio militare di leva, però per coloro che interrompevano la ferma per motivi disciplinari ritornavano nell'obbligo di assolvere la loro ferma di leva, qualunque fosse stata la durata del servizio già prestato.

Comandante generale fu il console Francesco Amilcare Dupanloup[3].

Uniforme

modifica

Il personale della Milizia portuaria vestiva l'uniforme grigioverde della MVSN, con pantaloni lunghi per il servizio di banchina. Si distingueva per le filettature cremisi delle fiamme nere, dei fregi e delle controspalline[4]. Come per tutta la MVSN, i fascetti littori sostituivano sulle fiamme le stellette delle Regie forze armate.

Il fregio, portato sul fez nero e sul berretto rigido, era costituito da un fascio littorio terminante inferiormente con un'ancora, racchiuso tra due rami d'ulivo sormontati dalla corona d'Italia. Nel tondino posto sotto il fascio era riportato il numerale romano del reparto, il medico aveva identico fregio ma il tondino era bianco con la croce rossa.

Ordinamento

modifica

Galleria d'immagini

modifica

Fonti normative

modifica
  1. ^ R.D.L. n. 15 del 6 dicembre 1943 Archiviato il 12 novembre 2013 in Internet Archive..
  2. ^ A. Teruzzi "La Milizia delle Camicie Nere e le sue specialità", A. Mondadori Editore, 1933, pagg. 70-71.
  3. ^ V. Ilari-A. Sema, "Marte in orbace", Casa Editrice Nuove Ricerche, Ancona, 1988, pag. 400.
  4. ^ Regolamento uniformi della MVSN.
  5. ^ La MVSN - di Daniele Lembo Archiviato il 12 novembre 2013 in Internet Archive..

Bibliografia

modifica
  • Attilio Teruzzi. La Milizia delle Camicie Nere. Milano, Mondadori, 1939.
  • Lucas-G. De Vecchi. Storia delle unità combattenti della M.V.S.N. 1923-1943. Roma, Giovanni Volpe Editore, 1976.
  • Indro Montanelli. L'Italia in camicia nera. Milano, Rizzoli, 1976.
  • Lucio Ceva. Storia delle Forze Armate in Italia. Torino, UTET Libreria, 1999.
  • Giorgio Vecchiato, Con romana volontà. Marsilio, 2005
  • Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, 2002
  • Carlo Rastrelli, Un esercito in camicia nera, Storia Militare n.129, giugno 2004