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Maria d'Avalos (Napoli, 1562Napoli, 17 ottobre 1590) è stata una nobildonna italiana e membro della nobiltà del Regno di Napoli del tardo Rinascimento.

Maria d'Avalos
Unico ritratto di Maria
Principessa di Venosa
NascitaNapoli, 1562
MorteNapoli, 17 ottobre 1590
DinastiaD'Avalos
PadreCarlo d'Avalos
MadreSveva Gesualdo
Consorte diFederico Carafa
Alfonso Gioieni
Carlo Gesualdo
FigliFerdinando, Beatrice, Emanuele
Religionecattolicesimo
Palazzo di Sangro, dimora di Carlo e Maria, dove avvenne l'omicidio.

Il suo assassinio, compiuto da sicari inviati da suo marito, il principe e compositore Carlo Gesualdo, è rimasto famoso nelle cronache napoletane.

Biografia

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Figlia di Carlo d'Avalos, principe di Montesarchio, e di Sveva Gesualdo, principessa di Venosa, Maria d'Avalos apparteneva a una delle più prestigiose famiglie del nobiltà napoletana.[1]

Primi matrimoni

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Maria aveva solo tredici anni quando sposò il suo primo marito, il principe Federico Carafa.[2] Da quest'unione nacquero due figli: Ferdinando, morto in età infantile, e Beatrice, che si spense all'età di dodici anni.[3]

Rimasta vedova nel 1581, sposò in seconde nozze il figlio maggiore di una nobile famiglia siciliana, Alfonso Gioieni.[3] Il matrimonio ebbe luogo nel 1583, ma il suo nuovo marito morì nel 1585. Maria si ritirò a quel punto sull'isola di Ischia, dove rimase fino a quando non fu trovato un nuovo spasimante per lei.[4]

Una bella dama e uno spirito libero

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Maria d'Avalos sposò il principe Carlo Gesualdo di Venosa, il 28 aprile 1586. Questo terzo marito, più giovane di lei di quattro anni, era anche suo cugino di primo grado. Infatti, la madre di Maria non era altro che la sorella di Fabrizio Gesualdo, il padre di Carlo. Questa relazione molto stretta rese necessaria l'emissione di una dispensa papale ad opera di papa Sisto V.[5]

All'età di circa ventiquattro anni, la giovane era famosa a Napoli per la sua straordinaria bellezza. Tuttavia, la scelta del principe di Venosa fu motivata dal fatto che Maria, "avendo avuto due mariti in precedenza, aveva dato sufficienti segni di fertilità".[6] Strettamente imparentato con la famiglia dei d'Avalos, Torquato Tasso conobbe personalmente la nobildonna, la cui unione celebrò in un sonetto che termina con questi versi.[7]

«Poi la vostra cintura con maggior luce
Fece il valore e la virtù feconda
E cede a bella donna invitto duce.»

I "segni di fecondità" non furono smentiti e Maria diede alla luce un figlio, di nome Emanuele, nel 1587 (o 1588).[8]

Adulterio e morte

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Pare che la coppia formata da Carlo e Maria visse in maniera felice per due o tre anni, ovvero per Cecil Gray il tempo massimo entro cui Maria riuscì a sopportare l'unione, durante il quale stava vivendo i suoi primi anni Emanuele; nei mesi che anticiparono la morte, tuttavia, l'uomo assunse l'abitudine di picchiare e insultare la consorte.[8]

La relazione col tempo s'incancrenì e Gesualdo cominciò a diventare sospettoso nei confronti della moglie. Maria d'Avalos si concesse, poco dopo la nascita di suo figlio, a una relazione adulterina con il giovane duca di Andria della famiglia dei Carafa, Fabrizio Carafa. Si dice che Gesualdo avesse appreso del tradimento dopo che glielo riferì uno dei suoi zii.[8] La notte in cui Maria fu sorpresa con il suo amante, tra il 16 e il 17 ottobre 1590, è nota grazie a tre diverse testimonianze, le quali riepilogano tra l'altro la vicenda: si tratta dei resoconti delle indagini condotte dai giudici del Gran Tribunale del vicariato del Regno di Napoli, di una lettera di Silvia Albana, la domestica di Maria, e di quella di Pietro Malitiale, detto Bardotto, servo di Carlo (queste ultime due invero più complete di dettagli).[9][10][11]

Secondo questo resoconto dei fatti:

«Su la mezza notte ritornò al palaggio il Principe, accompagnato da una truppa di cavalieri amici e parenti tutti armati; ed entrato dentro al Palaggio della Principessa, avanti della quale camera stava di scorta a sentinella la fida di lei cameriera Laura Scala, mezza addormentata su di un letto, che, sentendo il rumore gente, volle gridare; ma minacciata della vita dal Principe si ritrasse più morta che viva, il quale attendeva con un calcio la porta della camera e, tutto furibondo entrando dentro di essa con la continua scorta, trovò che nuda in letto, ed in braccia al Duca giaceva sua moglie (fra tanto la buona cameriera, visto il tempo opportuno, essendo tutti entrati dentro la camera, se ne fuggì via, né si seppe di lei più novella alcuna). A sì vista si può considerare come restasse stupito il povero Principe, il quale scossosi dallo stordimento che l'avea posto tal veduta, prima che li sonnacchiosi potessero rifiatare, si mirarono da più pugnali trafitti. Questo misfatto successe nella notte che si seguiva il giorno del 16 ottobre 1590.[12]»

Un'altra versione riferisce:

«[Bardotto, servitore del principe] quando scese al cortiglio vidde che lo portiello dela porta dela strada stava aperto ch'esso testimonio se ne maravigliò molto, che a quella hora stesse aperto, et lo chiuse, tirò l'acqua dal puzzo, et la portò ad alto al signor don Carlo, che lo trovò che si era vestito, et [...] [gli chiese] dove voleva andare, ch'erano sei ore, e niente più, il quale Signor Don Carlo li disse, che voleva andare a caccia, et esso testimoniali disse, che quella ora non era ora di caccia, il Signor Don Carlo li rispose: «Vedrai, che caccia farò io»[.] Si finì di vestire et ordinò ad esso testimonio, che allumasse due torcie, che stavano alla camera [...] et allumate che furono, detto signor Don Carlo cacciò da sotto il letto una [...] daga con pugnale, et uno archibugetto da due palmi incirca, e pigliato ch'ebbe esto [...] trasì, e salì per questo caracole ad alto (una scala a chiocciola segreta) ad alto che saglie all'appartamento della signora Donna Maria d'Avalos, e sagliendo anche detto Don Carlo disse ad esso testimonio: «Voglio andare ad ammazzare lo duca d'Andria, e quella bagascia di Donna Maria!». E così sagliendo vide esso testimonio tre uomini (tre bravacci) li quali portavano una alabarda per uno ed un archebugetto! [...] Esplosero due colpi, oltre a vari insulti; i tre giovani uscirono e poi fu la volta di Carlo Gesualdo, che aveva le mani coperte di sangue. Chiese subito dove fosse Laura, l'intermediario, visto che era andata via. Bardotto e Gesualdo tornarono quindi in camera da letto, dove quest'ultimo aveva eliminato la coppia morente.[13][14]»

Questo resoconto è ritenuto da alcuni il più affidabile, oltre a figurare tra i più analizzati.[15] Tuttavia, molti dettagli rimangono contraddittori; l'analisi dettagliata dei verbali ha portato Cecil Gray a dubitare della veridicità di alcuni elementi riportati, a cominciare dalla trappola tesa dal giovane principe, che annunciò la sua intenzione di andare a caccia, che sembra ripresa da una frase pronunciata dal sultano Shahriyār in Le mille e una notte, la famosa opera frutto di pura fantasia.[16] Inoltre, dettaglio di non secondaria rilevanza, è plausibile ritenere che Carlo non uccise con le sue mani i due, ma che avesse assoldato qualche mandante che lo facesse per lui.[17][18][19]

Un delitto d'onore

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Carlo fuggì subito dopo il misfatto da Napoli e si rifugiò a Venosa (Principato del padre) e non a Gesualdo (uno dei tanti feudi dello zio) nella provincia di Principato Ultra. Il processo venne archiviato il giorno dopo la sua apertura "per ordine del Viceré, stante la notorietà della causa giusta dalla quale fu mosso don Carlo Gesualdo, Principe di Venosa, ad ammazzare sua moglie e il duca d'Andria".[20] I fatti emersi dalle deposizioni non lasciavano dubbi: Maria d'Avalos era l'amante di Fabrizio Carafa (cosa, del resto, da tempo risaputa da tutti, dallo stesso magistrato, dall'avvocato e dal viceré).[21] L'intero regno di Napoli si appassionò a questa vicenda, così come la nobiltà romana dello Stato Pontificio.[22] Se certi fatti e azioni sono corroborati da diverse testimonianze, come il fatto che Gesualdo abbia gridato ai suoi uomini "Uccideteli, uccidete questo vile e questa puttana! Corna alla famiglia Gesualdo?" prima di tornare da Maria gridando "Non deve essere ancora morta!" per causarle altre ferite nella zona dell'addome inferiore, altri elementi rientrerebbero nella pura finzione.[14][23] È impossibile dire se i corpi degli innamorati siano stati gettati per strada, se fossero stati violentati da un monaco cappuccino, se fossero rimasti impiccati fino a quando la putrefazione dei corpi fosse diventata tale da rendere necessaria la sepoltura, al fine di evitare un'epidemia o se le salme siano state riconsegnate alle rispettive famiglie, "lavate dalle loro ferite, vestite di raso nero e velluto nero", che sembra più probabile secondo i documenti d'archivio dal XVII secolo.[24][25][26]

La colpa di Maria d'Avalos appariva per il diritto del tempo indubbia: suo marito, godendo della facoltà di farlo, aveva agito al fine di vendicare il suo onore e quello della sua famiglia.[11] Glenn Watkins osserva che era usanza degli ambienti spagnoli, dunque anche di Napoli, prodigarsi per uccidere la donna adultera e pure il suo amante, mentre, nel Nord Italia, la tradizione prevedeva solo la morte della moglie.[27] I membri della famiglia Carafa criticavano in particolare Gesualdo per aver fatto ricorso alla servitù per trucidare il loro parente.[28] Per questo, si comprende come una punizione così severa riservata agli amanti, anche se comunemente accettata all'epoca, spronò Carlo a rifugiarsi a Gesualdo, lontano dagli ambienti nobiliari e dalla famiglia delle vittime.[29][30]

Nella cultura di massa

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Toccato da questa morte, così come dalla macchia che a quel punto caratterizzava la memoria di Maria, Tasso compose tre sonetti e un madrigale in cui magnifica la "colpa" dei due amanti colpevoli.[31] Il tema divenne oggetto di studio "dando ai bravi pensatori ampio materiale per poetare", nelle parole di Tommaso Costo, uno studioso umanista dell'epoca.[32] Si diffuse presto la leggenda secondo cui da allora, a Napoli, a palazzo di Sangro, fosse possibile vedere il suo fantasma.[33]

La tragica morte di Maria d'Avalos ispirò il compositore Francesco d'Avalos, principe d'Avalos e suo lontano parente, a scrivere un'opera intitolata Maria di Venosa nel 1992.[34]

Gesualdo - Morte per cinque voci (titolo originale: Gesualdo - Tod für fünf Stimmen), un docu-drama diretto da Werner Herzog per la ZDF nel 1995, rievoca la vita tormentata, la leggenda e l'opera visionaria del compositore in maniera più romanzata (mescolando le analisi di Alan Curtis e Gerald Place alle testimonianze degli attuali abitanti di Napoli, Gesualdo, e discendenti delle famiglie coinvolte nell'omicidio di Maria d'Avalos, tra cui il principe Francesco d'Avalos) che storicamente corretta o rigorosa.[35][36] Maria viene descritta come "una donna molto fiera".

Ascendenza

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Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Innico II d'Avalos, I marchese del Vasto Innico I d'Avalos, conte di Monteodorisio  
 
Antonella d'Aquino, III marchesa di Pescara  
Alfonso III d'Avalos, II marchese del Vasto  
Laura Sanseverino Roberto Sanseverino, III principe di Salerno  
 
Maria d'Aragona  
Carlo d'Avalos, principe di Montesarchio  
Ferdinando d'Aragona, duca di Montalto Ferran I, re di Napoli  
 
 
Maria d'Aragona  
Catalina Castellana de Cardona i de Requesens Ramon Folc III de Cardona i de Requesens, duca di Somma  
 
Isabel de Requesens i Enríquez, contessa di Palamós  
Maria d'Avalos, principessa di Venosa  
Fabrizio I Gesualdo, principe di Venosa Luigi III Gesualdo, III conte di Conza  
 
Giovanna Sanseverino  
Luigi IV Gesualdo, principe di Venosa  
Sveva Caracciolo Troiano Caracciolo, II conte di Melfi  
 
Ippolita Sanseverino  
Sveva Gesualdo, principessa di Venosa  
Giacomo Alfonso Ferrillo, conte di Acerenza e Muro Lucano Mazzeo Ferrillo, conte di Acerenza e Muro Lucano  
 
Maria Anna Rossi  
Isabella Ferrillo  
Maria Balsha Gojko Balšić  
 
Komnina Arianiti  
 
  1. ^ (EN) Genealogia di Maria d'Avalos, su genealogy.euweb.cz. URL consultato il 1º dicembre 2021.
  2. ^ Cestaro e De Rosa (2021), p. 163.
  3. ^ a b Iudica (1993), p. 52.
  4. ^ Deutsch (2010), p. 20.
  5. ^ Deutsch (2010), p. 19.
  6. ^ Ammirato (1651), p. 13.
  7. ^ Deutsch (2010), p. 21.
  8. ^ a b c Gray e Heseltine (1926), p. 12.
  9. ^ Gray e Heseltine (1926), pp. 18, 24.
  10. ^ Cogliano (2006), pp. 22-23.
  11. ^ a b Watkins (2010), p. 15.
  12. ^ Cogliano (2006), p. 193.
  13. ^ Cogliano (2006), p. 177.
  14. ^ a b Gray e Heseltine (1926), pp. 31-32.
  15. ^ Deutsch (2010), pp. 30-31.
  16. ^ Gray e Heseltine (1926), p. 20.
  17. ^ Vaccaro (1989), p. 90.
  18. ^ Cogliano (2006), p. 46.
  19. ^ (EN) Records in Review, 1975, p. 158.
  20. ^ Cogliano (2006), p. 189.
  21. ^ Iudica (1993), p. 88.
  22. ^ Gray e Heseltine (1926), pp. 34-35.
  23. ^ Watkins (2010), p. 18.
  24. ^ Gray e Heseltine (1926), p. 18, 23, 29.
  25. ^ Watkins (2010), p. 18, 315.
  26. ^ Deutsch (2010), pp. 34-35.
  27. ^ Watkins (2010), p. 19.
  28. ^ Cogliano (2006), p. 26.
  29. ^ Deutsch (2010), pp. 32-33.
  30. ^ Gray e Heseltine (1926), pp. 35-36.
  31. ^ Deutsch (2010), p. 35.
  32. ^ Deutsch (2010), p. 37.
  33. ^ Il fantasma di Maria D'Avalos, su Stylo 24. URL consultato il 1º dicembre 2021.
  34. ^ (EN) Filippo Annunziata e Giorgio Fabio Colombo, Law and Opera, Springer, 2018, p. 166, ISBN 978-33-19-68649-3.
  35. ^ Tod für fünf Stimmen, su Internet Movie Database. URL consultato il 26 maggio 2021.
  36. ^ Watkins (2010), p. 234.

Bibliografia

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