Marciano di Siracusa
Marciano, o Marziano (Antiochia di Siria, I secolo – Siracusa, ...), è stato un vescovo e martire, venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa.
San Marciano di Siracusa | |
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Statua di san Marciano nel duomo di Siracusa | |
Vescovo e martire | |
Nascita | Antiochia di Siria, I secolo |
Morte | Siracusa |
Venerato da | Chiesa cattolica e ortodossa |
Ricorrenza | 30 ottobre: Chiesa cattolica; 30 ottobre e 9 febbraio: Chiesa ortodossa; 2 giugno: città di Gaeta; 14 giugno: arcidiocesi di Siracusa. |
Patrono di | arcidiocesi di Siracusa, Gaeta (compatrono con sant'Erasmo) |
Secondo la tradizione Marciano fu il protovescovo di Siracusa; discepolo dell'apostolo Pietro. Viene considerato il primo vescovo d'Occidente, poiché giunse in Sicilia quando l'apostolo si trovava ancora ad Antiochia.[N 1]
Le fonti su Marciano sono considerate tardive, in quanto vengono riscontrate solo a partire dall'epoca bizantina (VII secolo). Un Kontakion e un Encomio formano le prime due agiografie sul Santo,[N 2] ma la natura elogiativa di queste opere letterarie rende difficile la distinzione degli elementi biografici veritieri da quelli fantastici.[1]
Un presunto anacronismo individuato nel testo dell'autore dell'Encomio — il quale daterebbe il martirio in un'epoca ben più tardiva di quella apostolica — e l'assenza di antiche testimonianze scritte o figurative, ha portato molti studiosi a collocare il vescovo Marciano non prima del III secolo.[2]
La più antica immagine di Marciano si trova nelle catacombe di Santa Lucia: si tratta di un affresco risalente all'VIII secolo. Un'altra sua raffigurazione è stata rinvenuta all'interno della cosiddetta cripta di San Marciano: una basilica bizantina costruita sopra un antico complesso paleocristiano che la tradizione ha identificato come abitazione del santo e in seguito come suo sepolcro. Le sue reliquie non si trovano tuttavia a Siracusa, esse sono infatti custodite nelle città di Gaeta e di Messina.
Fonti agiografiche
modificaNella letteratura
modificaSecoli VII e VIII
modificaLa più antica notizia su Marciano, vescovo e martire, legato a Siracusa, risale alla seconda metà del VII secolo e si tratta di un Kontakion — composto da un'omelia poetica e un inno liturgico, come l'Akathistos in uso nel VI secolo[3] —, attribuito all'innografo Gregorio,[4] anche se il gesuita Gaetani lo aveva erroneamente attribuito al siciliano Giuseppe l'Innografo.[5] Nel Contacio Marciano viene presentato come:
«la prima stella… che dall’Oriente venne ad illuminare i popoli di Occidente[6]»
Segue un Encomio, databile alla fine del VII secolo e inizi dell'VIII secolo, scritto in greco e conservato in Vaticano, intitolato L'encomio di San Marciano,[7] che riprende e amplia le notizie fornite dal Kontakion.[3] L'encomiasta bizantino afferma che per scrivere il suo testo si servì della tradizione orale e dello scritto di un Peregrino (o Pellegrino), dal quale apprese i passaggi su una Passio — non pervenuta — che questo Peregrino, discepolo di Marciano, scrisse sul suo mentore.[8]
La precedenza del Kontakion sull'Encomio non è però accettata in maniera unanime, ad esempio: il filologo e paleografo Mioni ritiene che il Kontakion sia più antico e che risalga ai primi anni dell'introduzione del rito greco a Siracusa (per il Mioni nel 663-VIII secolo).[9] Al contrario lo studioso Amore ritiene invece che ad essere più antico sia l'Encomio, in virtù del suo contenuto e facendone un confronto, oltre che con il Kontakion, con la Vita di San Zosimo (monaco, iniziatore nel 648 della serie episcopale greca[10]). Mentre nei primi due documenti la chiesa siracusana risulta di fondazione petrina, nella Vita di San Zosimo non si fa accenno né al martire né alle origini, risalenti all'età apostolica, della suddetta chiesa. Rimane tuttavia controversa la datazione di questa Vita, ritenuta di poco anteriore alle opere in cui si narra la tradizione marcianea o sua coetanea.[11]
Secondo Magnano la mancata menzione delle origini petrine non rappresenterebbe una prova dell'invenzione di tale tradizione, piuttosto sostiene egli, potrebbero essere state omesse perché non vi era bisogno di ricordarle, essendo comunemente accettate.[12] Il Lanzoni ritiene invece che questo silenzio, da lui individuato anche nella precedente copiosa corrispondenza di lettere tra papa Gregorio Magno e il vescovo siracusano, sia la prova dell'infondatezza di tale pretesa antica origine.[13] Per Amore fu l'Encomio che diede inizio alla tradizione delle origini apostoliche.[14]
Incerta datazione
modificaDiscorso a parte risulta essere il Martyrium sancti Libertini episcopi Agrigenti et s. Peregrini, testo latino,[15] per via della sua controversa data d'origine. Alcuni studiosi fanno risalire il suo autore alla seconda metà del V secolo,[16] mentre secondo altri egli non sarebbe antecedente all'età dell'encomiasta bizantino.[N 3] Il testo di quest'opera fu reso edito per la prima volta nel XVII secolo nelle Vitae Sanctorum Siculorum del Gaetani.[N 4] Nel Martirio in questione, Marciano viene riconosciuto vescovo — Syracusanae ecclesiae Martianus episcopus — ma non si accenna ad un suo ordinamento petrino.
Il Rizzo afferma che proprio l'assenza del richiamo delle origini petrine — secondo lo studioso si tratta di una leggenda nata in epoca bizantina — è l'elemento che permette di datare l'agiografo al V secolo. Egli afferma inoltre che se l'agiografo va collocato realmente in età vandalica, i martiri di cui parla, con memoria già approssimata, sono da considerarsi di età precostantiniana.[17]
Secolo VIII e IX
modificaRedatta nell'VIII secolo, e già diffusa al IX,[18] la Vita Sancti Pancratii di Taormina,[19] contiene le biografie di Marciano, Pancrazio di Taormina e Berillo di Catania. Questa Vita viene definita dalla critica agiografica come favolistica, ricca di elementi fantasiosi.[20] Essa è certamente posteriore all'Encomio,[21] dove non compare ancora Pancrazio, il quale verrà accostato a Marciano partendo proprio da questa Vita.[22][N 5]
«Un ampio Martirio di s. Pancrazio fu diffuso con il nome di un Evagrio, e nel vortice delle leggende che vi erano contenute venne trascinato anche s. Marciano, nonché l'omonimo santo dell'autore»
Il Lanzoni ha supposto che il Sinassario di Costantinopoli abbia tratto la sua fonte siciliana da questo documento.[23]
L'agiografo Van Esbroeck ha però sostenuto che in origine esistesse già una leggenda di Pancrazio, databile al VI-VII secolo, priva degli elementi favolistici inseriti nella Vita redatta in epoca successiva.[24] Essa sarebbe stata nota a Teodoro Studita, il quale nella sua opera sul martire taorminese ignora anch'egli una vita parallela di Marciano e Pancrazio.[25]
Tale leggenda avrebbe contenuto in origine la sola missione petrina, quindi sarebbe stata priva di quel contendere territoriale tra il vescovo siracusano e quello taorminese che invece caratterizza la Vita dello pseudo-Evagrio.[N 6] L'opera letteraria di Marciano e quella di Pancrazio rappresentano comunque la base sulla quale si sono formate diverse altre leggende più tardive.
Secolo X in avanti
modificaTardive, e quindi con ogni probabilità dipendenti dalle prime opere, sono altre versioni letterarie dove si nomina Marciano di Siracusa.
Simeone Metafraste nel Commentario sui Santi Pietro e Paolo, a lui attribuito (intorno al X secolo), conferma il costante richiamo unitario dei vescovi siciliani. Il Metafraste nel suo testo dice che Marciano di Siracusa venne ordinato vescovo dall'apostolo Pietro insieme a Pancrazio di Taormina e Berillo di Catania. L'agiografo bizantino sostiene inoltre che l'apostolo Pietro, oltre ad ordinare i suddetti vescovi, venne egli stesso sull'isola di Sicilia.[26]
A tal proposito desta curiosità un calendario di Santi Siracusani scritto su pergamena a caratteri gotici o gallici, e perciò detto calendario gallicano, ritrovato nelle catacombe siracusane nel XVII secolo ma risalente al 1152.[27] Esso riporta la visita di San Pietro in città, commemorandola nella data del 30 giugno, specificando che in quel tempo era ancora in vita San Marciano.[28] Stando a racconti tardivi l'apostolo avrebbe visitato molti luoghi in Sicilia, ma ciò non è confermato da nessuna fonte antica.[29] Gli Atti degli Apostoli riportano solamente la sosta dell'apostolo Paolo a Siracusa per tre giorni, senza dire cosa accadde in quel breve arco di tempo, nell'anno 61.[30]
Nella tradizione orientale
modificaIl nome di Marciano martire di Siracusa appare nei libri liturgici orientali sotto la data del 30 o 31 ottobre e del 9 febbraio. Come dipendente dalla liturgia orientale figura il calendario marmoreo di Napoli, redatto nel IX secolo, che lo ricorda al 30 ottobre.[31] Figura anche nel Codice Capuano del 991, nei Menei di Grottaferrata e nel Typikon di san Bartolomeo.[32]
Marciano è inoltre presente nel Menologio dell'imperatore bizantino Basilio II, composto da Simeone Metafraste, intorno al secolo X, alla data 9 febbraio con i vescovi Filagrio di Cipro e Pancrazio di Taormina.[33][N 7] L'attestazione del nome Marcello, o Marco, riferito a Marciano, e la sua collocazione al 9 febbraio, la si ebbe con il Sinassario di Costantinopoli.[34]
«Marciano, in questa memoria collettiva del 9 febbraio - che passa al secondo posto -, si duplica in Marco e Marcello [...]»
Nel maggiore documento per la Chiesa ortodossa, redatto sempre intorno al secolo X, Marciano vi figura con due diverse date e due diversi nomi: al 9 febbraio si ha la celebrazione di Marcello di Siracusa, consacrato vescovo dall'apostolo Pietro, ricordato con Pancrazio di Taormina;[N 8] e figura poi da solo alla data del 31 ottobre.[34]
Nei martirologi occidentali
modificaGli studiosi non sono concordi nello stabilire se Marciano venga menzionato nel più antico martirologio occidentale, ovvero nel Martyrologium Hieronymianum, il cui testo latino risale al IV secolo. Qui appare una coppia di martiri, Rufini et Marciae, attribuita alla città di Siracusa, sotto la data del 21 giugno. Tuttavia non si è certi che quel Marciae possa corrispondere al Marciano vescovo e martire di Siracusa.[N 9]
La coppia Rufini et Marciae, collocata sempre nella civitate di Siracusa, appare in altri quattro martirologi storici al 21 giugno: in quello di Floro,[35] Adone,[36] Usuardo[37] e Notkero.[38]
«Apud Siciliam civitate Syracusis, natale sanctorum Rufini et Marciae»
«In Sicilia nella città di Siracusa, natale dei santi Rufini et Marciae»
La comparsa ufficiale sulle fonti occidentali si ha invece solo nel XVI secolo quando il nome di Marciano viene scritto nel Martyrologium Romanum; opera di Cesare Baronio, approvata da papa Gregorio XIII, dove il santo viene commemorato inizialmente il 14 giugno.[39]
«Syracusis sancti Marciani episcopi, qui a beato Petro ordinatus episcopus, post evangelii praedicationem a Iudaeis occisus est.»
«A Saragozza san Marciano, quale da San Pietro consacrato Vescovo, dopo la predicazione dell'Evangelo fu ammazzato da' Giudei.»
Il particolare sull'uccisione da parte dei Giudei fu tratto dal Sinassario di Costantinopoli.[40] L'ultimo aggiornamento del Martirologio Romano è stato fatto nel 2001; Marciano risulta qui posto al 30 ottobre con la seguente dicitura:
«A Siracusa, san Marciano, ritenuto primo vescovo di questa città.»
Nel Martirologio geronimiano
modificaSiracusa compare diverse volte nel Geronimiano, il 21 giugno vi compare in tre codici diversi, i più importanti del Geronimiano; si tratta dei codici Epternacensis (= E) dall'Inghilterra; Bernensis da Metz; (= B), Wissemburgensis (= W) dalla Normandia:[41]
- codice E: …Sicil(ia) civi(tate) Siracussa Rufini et Marciae…
- codice B: …In Sicilia civit(ate) Siracusa Rufini et Marcie…
- codice W: …In Sicilia civit(ate) Rufini et Marcie…
Il Lanzoni e il Delehaye hanno negato tuttavia attendibilità a tali registrazioni — essi, di tutti i nomi siciliani citati dal Geronimiano ne accettano, come storicamente fondati, solamente quattro: Agata, Euplo, Lucia e Pancrazio.[N 10] Il Delehaye, pur escludendo la coppia Rufino/Marciano asserendo che: «de Rufino Syracusano silent monumenta» — per cui si tratterebbe piuttosto del Rufino vescovo di Capua[N 11] — riconosce però in quel Marciae il nome mutilo di Marcianus; il protovescovo siracusano. La sua ricostruzione è stata però oggetto di discussione.[42]
Diversamente il Lanzoni rigetta totalmente qualsiasi accostamento con la città siciliana, asserendo che: «forse i codici del Gerolimiano contengono sbagli di trascrizione, storpiature di nomi o simili errori»,[43] poiché, continua lo studioso faentino, di questi due martiri non vi è memoria nelle antiche tradizioni siracusane, egli accosta quindi Rufino ad Alessandria d'Egitto, dove viene celebrato il 22 giugno, e Marcia — che egli predilige nella variante femminile — in Africa, nel latercolo dell'8 giugno.[43] Per il Delehaye, tuttavia, le forme Marciani, Marci, Marcianae, Marciae, accostate all'Egitto o alla Mesia, sono tutte riconducibili al nome Marciano.[44]
La medesima coppia, Rufini et Marciae, viene descritta e attribuita a Siracusa, sempre nel 21 giugno, anche da altri quattro Martirologi storici: Floro, Adone, Usuardo e Notkero.
Ciononostante anche lo studioso Amore (autore di uno studio sull'Encomio di san Marciano) non accetta la possibile identificazione di Marciano con quel Marciae che il Geronimiano, per primo, colloca a Siracusa. Amore afferma che Marciano non venne mai nominato dai martirologi occidentali, fino alla tarda stesura del Martirologio Romano (XVI), dove compare al 14 giugno.[45]
La Campione dà invece credito all'attestazione originaria del Geronimiano, supponendo una perdita progressiva del culto dei due martiri in ambiente siracusano. L'inserimento di Marciano al 31 ottobre nel Sinassario di Costantinopoli, avvenuto nel X secolo, ovvero in un periodo in cui le chiese del meridione d'Italia e dell'isola di Sicilia dipendevano dalla Chiesa di Costantinopoli, avrebbe favorito la diffusione della data attestata in ambienti orientali, offuscando quella originale del 21 giugno.
«Ulteriori direttrici di ricerca potrebbero approfondire le motivazioni per le quali, a partire da una certa epoca, si sia verificato per Marciano un meccanismo di “trasferimento” di tradizione cultuale offuscando, fino a dissolverla del tutto, la tradizione del Geronimiano e dei Martirologi storici in riferimento alla data del 21 giugno: di essa non vi è più traccia neanche nel Martirologio Romano che commemora il protovescovo di Siracusa il 14 giugno»
La Campione rivela inoltre la diffusione dell'antroponimo Marcianus in ambiente calabro-siculo, specialmente in ambiente siracusano,[N 12] contrastando quindi l'ipotesi di Amore che vede l'origine e la diffusione di tale antroponimo solamente nella tradizione orientale.
Nell'Encomio
modificaPremessa
modificaL'Encomio viene datato non prima della fine del VII secolo perché il suo anonimo autore menziona nel testo il vescovo siracusano Teodosio II, e lo ricorda come defunto da qualche tempo. Il vescovo Teodosio, presente al concilio di Costantinopoli III del 680,[46] essendo protagonista dell'opera in questione insieme a Marciano, fu, secondo una recente supposizione, il promotore della “riscoperta” del culto del protovescovo martire Marciano.[47] Fu Teodosio, nel racconto dell'encomiasta, a consacrare dinanzi a tutta la cittadinanza un altare nella grotta delle Pelopie: che fu abitazione di Marciano.
L'encomiasta collega inoltre il vescovo del concilio costantinopolitano con il martire d'età apostolica affermando che egli, servendo la Chiesa siracusana, voleva seguire le orme dei suoi due predecessori: Marciano e Zosimo[48] — una nota importante da rilevare è che nella Vita di San Zosimo, all'incirca coeva al periodo della stesura dell'Encomio,[49] non si accenna mai a Marciano.[50]
Agiografia di Marciano
modificaL'Encomio presenta Marciano come discepolo dell'apostolo Pietro.[51] Narra l'encomiasta che l'antiocheno fu inviato a Siracusa dall'apostolo Pietro quando questi si trovava ancora in Antiochia; dunque prima del suo arrivo a Roma.
In città Marciano dimorò in una parte delle spelonche chiamate Pelopie.[52]
«E finalmente questo santo uomo risplendendo come sole nella notte, penetrò in alcune speloche, poste nella parte alta della città, chiamate Pelopie nelle quali adesso si conserva il suo venerato sepolcro.»
Il territorio geografico siracusano è notoriamente ricolmo di profonde cavità, sia naturali che artificiali, usate dagli uomini fin dai primissimi tempi. Queste grotte Pelopie, afferma l'encomiasta, si trovavano di fronte alla sinagoga degli ebrei[53] — tale informazione viene ritenuta utile per collocare geograficamente i luoghi dove realmente risiedette la prima comunità ebraica di Siracusa; presente sul territorio fin dall'epoca romana.[54] Secondo gli studiosi, nell'Encomio si descrive il momento del trasferimento della comunità dal quartiere situato nell'Akradina a quello posto nell'isola di Ortigia.[N 13]
Nel suo percorso di evangelizzazione, Marciano riuscì a battezzare molte persone, convertendoli quindi alla fede cristiana.
Secondo lo studioso Cataudella, nella prima parte dell'Encomio si riscontrano tutti gli elementi descrittivi della prima età cristiana:
L'encomiasta dice che Marciano fu martirizzato dagli ebrei siracusani, la cui comunità, numerosa, si era sentita minacciata dalle capacità persuasive del protovescovo.
Nel paragrafo 6 l'encomiasta narra del martirio subito dal discepolo di Marciano, Peregrino, accompagnato da Libertino; episcopo di Agrigento. Subito dopo, nel paragrafo 7, l'encomiasta prosegue e chiude la sua narrazione, collocando lo scenario del martirio in un contesto di III secolo, destinato a far discutere a lungo gli studiosi.
Egli nomina il tempo degli imperatori romani Valeriano e Gallieno, 254-259, dicendo che è Peregrino a ricordare quelle persecuzioni ai cristiani:
«Per idem tempus, inquit, Valeriano et Gallieno tyrannidem exercentibus missa sunt in universum orbem, ad evertendam funditusque tollendam Christianorum religionem, mandata»
«In quel tempo, egli dice [Peregrino], essendo Valeriano e Gallieno tiranni, furono spediti ordini in tutto il mondo per contrastare e far cessare la religione cristiana»
Ipotesi sull'anacronismo
modificaTale scenario, che spazia dal I secolo al III, ha indotto tra gli studiosi numerosi interrogativi e spiegazioni differenti.
Il syngramma di Peregrino
modificaPoiché la fonte principale dell'encomiasta — oltre la citata tradizione orale — è rappresentata dal syngramma di Peregrino, le parole del presunto discepolo e presunto coetaneo di Marciano, sono di estrema rilevanza.
Diversi studiosi, tra cui il Rizzo, forniscono una spiegazione che eliminerebbe il presunto anacronismo, ponendo Marciano al I secolo e Peregrino al III.[N 14]
Il Rizzo spiega che l'autore dell'Encomio non avrebbe avuto motivo di trasportare il martire Peregrino e il vescovo Libertino di Agrigento (dei quali si parla congiuntamente nel capitolo 6, antecedente al capitolo 7 dove vengono menzionati Valeriano e Gallieno) al I secolo, insieme a Marciano.[17]
A tal proposito va effettivamente rilevata la nota non trascurabile sulla mancata menzione di una missione petrina per i martiri Peregrino e Libertino (nell'Encomio non si accenna mai a una loro ordinazione petrina, essa si ritroverà solo in racconti ben più tardivi),[N 15] situazione che permetterebbe quindi di datare tranquillamente i due martiri al III secolo, senza alcun anacronismo. Così fa l'anonimo autore della Passio di Peregrino e Libertino, che data i due martiri, insieme a Marciano, al tempo di Valeriano e Gallieno, non accennando per nessuno dei tre una missione petrina.[N 16]
Prosegue quindi il Rizzo, affermando la possibilità che l'encomiasta, parlando di Valeriano e Gallieno, volesse solamente riproporre una suggestiva cornice per la fase finale della sua narrazione. In questa cornice verrebbe quindi raccontata la persecuzione attuata dai due imperatori — nella quale non morirono i martiri protagonisti del racconto — uguale a quella che subì Marciano due secoli prima. Peregrino sarebbe stato quindi un discepolo di Marciano, ma non un suo contemporaneo.[17]
«Non contemporaneità, bensì affinità spirituale implicava il nesso dichiarato dall'encomiasta nel paragrafo 6; essere conquistati da un insegnamento si poteva anche a distanza di tempo»
Osserva quindi il Rizzo sulla cronologia della tradizione marcianea:
«assai grossolana sarebbe stata la prima da parte di un autore che aveva registrato con chiarezza due date tanto distanti fra di loro; né avrebbe potuto il medesimo autore retrodatare all'età apostolica anche Peregrino, a lui attribuendo nel medesimo tempo la paternità di un'opera sulla persecuzione di Valeriano e Gallieno, né viceversa togliere al suo Marciano quella gloria.»
Altro studioso che già diverso tempo prima aveva escluso il presunto anacronismo è stato il Lancia di Brolo, il quale nella sua opera giunse alle medesime conclusioni del Rizzo, ovvero: Peregrino non poteva aver subito il martirio nell'epoca di Valeriano e Gallieno e nel contempo narrarlo, ne deduce quindi che morì tempo dopo; Peregrino era stato discepolo di Marciano, assorbendo i suoi insegnamenti, ma non era suo contemporaneo, poiché egli aveva solo i medesimi ideali della missione petrina di Marciano; inoltre l'autore dell'Encomio, un siracusano sicuramente, non poteva essere talmente digiuno di cultura da non sapere che gli imperatori che stava nominando vissero ben due secoli dopo la fine dell'età apostolica.[55] Afferma il Lancia di Brolo:
«Tanto decaduti gli studi e tanto ignoranti al VII secolo erano in Siracusa che pure pochi anni prima era stata residenza imperiale, da non sapere quanto imperarono Valeriano e Gallieno? Tanto rozzo quest'oratore ed il suo uditorio da credere S. Marciano discepolo di Pietro nel primo secolo e martire nel terzo?»
Per il Lancia di Brolo nel complesso il documento contiene «un nucleo originale non rigettabile criticamente e, come tale, avente valore di testimonianza».[56]
Di visione opposta fu il Lanzoni, contemporaneo del Lancia di Brolo, nella sua opera critica asserisce di non comprendere perché il suo collega affermi che il syngramma di Peregrino non ponga il martirio di Marciano sotto l'epoca degli imperatori succitati. Il Lanzoni infatti nell'arco temporale citato dall'encomiasta vi stabilisce, in maniera inamovibile, il martirio di Marciano.[57] E dubita perfino che questo Peregrino sia mai esistito, asserendo che potrebbe trattarsi di un personaggio immaginario, inventato dall'autore dell'Encomio.[57]
La visione del Lanzoni consiste nel riconoscere all'interno del testo un insormontabile anacronismo, che inficia l'intero documento. Lo studioso faentino lo descrisse in tali termini:
«Insomma l'autore non sembra essersi accorto di aver dato a s. Marciano più di due secoli di vita! [...] Ma l'autore dell'Encomio con un anacronismo mostruoso narrò che Marciano fu contemporaneo di s. Pietro.»
Oltre al Lanzoni, anche i due bollandisti Daniel Papebroch e Guglielmo van Hooff sostennero una collocazione al III secolo per il vescovo Marciano.[58]
Nomi errati
modificaCi sono stati però anche studiosi che per sanare l'anacronismo hanno ritenuto che la spiegazione plausibile risiedesse nel fatto che l'encomiasta abbia citato gli imperatori sbagliati. Così ad esempio il Gaetani che nel XVII secolo, nella sua biografia su Marciano, pensò di dover mutare i nomi di Valeriano e Gallieno in quello di Domiziano o Nerone, imperatori romani risalenti all'età apostolica.
«Così il Gaetani espungeva i nomi degli imperatori, annotando in margine al testo che vi si erano introdotti per errore, e poneva tutta la vicenda nell'epoca di Domiziano, pur concedendo che potesse anticiparsi anche all'epoca di Nerone.»
Gli fece eco il Giovanni di Giovanni che nella sua Storia ecclesiastica di Sicilia trovava ragionevole il lasciare intatta solamente la data di nascita, ovvero il I secolo, mutando però il contesto del martirio.[59]
Due vescovi di nome Marciano
modificaAncora altri studiosi, come il D'Angelo[60] e il Cesare Gaetani,[61] hanno ritenuto che l'encomiasta abbia potuto mettere insieme due biografie: una appartenente a un vescovo d'età apostolica, il Marciano del I secolo, e l'altra appartenente ad un vescovo vissuto sotto l'impero di Valeriano e Gallieno, il Marciano del III secolo.
Anche lo studioso Amore è di questo parere, ma egli data il Marciano dell'encomiasta al V secolo e non al III. Poiché secondo Amore, il Peregrino e il Marciano del Martirio — medesime figure poi riprese dall'encomiasta — morirono in età vandalica.[62] Lo studioso suppone però che il protovescovo di Siracusa fosse realmente anteriore al III secolo e si chiamasse anch'egli Marciano. Da qui dunque la confusione che portò al suddetto anacronismo nel citato testo dell'Encomio.[62]
Non è di questo avviso il Lanzoni che ha escluso totalmente la possibilità di un protovescovo databile ad un secolo anteriore del III, e pone il Marciano dell'Encomio nel tempo dell'impero di Valeriano e Gallieno, prendendo per falsità la presunta collocazione apostolica.[63] Tutt'al più, concede lo studioso, la figura di Marciano è identificabile con quella dell'anonimo destinatario, vescovo, della lettera scritta dal clero romano, giunta in Sicilia nel 250-251, intorno al problema dei Lapsi.[64]
Vita di Marciano in altre versioni
modificaDopo la stesura dell'Encomio sono datate altre opere dove si descrive la vita del martire. In queste opere più tardive appaiono molti nuovi elementi.
Vengono stabilite delle date precise: l'anno 39 o 40 per la partenza, e 68 per l'anno del martirio.
Nella biografia pubblicata postuma dal Gaetani, si afferma anche che Marciano ebbe i genitori di origine ebraica, vissuti ad Antiochia.[65]
L'approdo
modificaDesta stupore, per l'aggiunta di particolari e dettagli, l'aneddoto che vedeva Marciano salpare per la Sicilia su una nave siracusana capitanata da un certo Romillo; congiuntamente ad essa approdava in Antiochia anche una nave taorminese, capitanata da un certo Licaonide. I due capitani avendo udito il vangelo, pronunciato dall'apostolo Pietro, si convertivano alla nuova religione, ed essendo desiderosi di condurre dei nuovi maestri di questa fede nelle loro patrie d'origine, il principe degli apostoli concedeva loro i due protovescovi: il siracusano Romillo portava con sé Marciano, mentre il taorminese Licaonide prendeva a bordo Pancrazio.[66]
Durante il tragitto in mare, Marciano e Pancrazio riuscivano a convertire la ciurma delle due navi. Pare che quella di Marciano approdasse due giorni prima di quella di Pancrazio, al porto di Siracusa.[67]
In altre versioni ancora si narra che questa spedizione venne promossa in realtà dall'apostolo Paolo, per evangelizzare l'Occidente, o che fu Pietro, il quale avendo saputo del consistente numero degli ebrei in Sicilia, mandò i due protovescovi, congiuntamente, per convertire il popolo ebraico e narrare ad esso il vangelo.[66]
Lo storico Di Blasi, che nel suo testo riporta questa leggenda, sottolinea quanto sia significativo il silenzio delle più antiche fonti su una simile impresa, che in teoria sarebbe stata la prima missione evangelizzatrice, effettuata con grande successo, per l'Occidente. Un silenzio che in sostanza conferma la falsità o l'invenzione di simili scritti.[68] Pricoco, al di là dei fantasiosi elementi, vi legge un reale richiamo all'importanza dell'approdo marittimo rappresentato dalla Sicilia, e nota come tutti i primi evangelizzatori vi giunsero dal mare. Molto pochi furono gli autoctoni.[69] Stesso concetto viene espresso dal Lanzoni, il quale ha ipotizzato che i primi evangelizzatori a Siracusa giunsero per via del suo «porto cosmopolita» che favoriva l'approdo di orientali e israeliti.[70]
Il martirio
modificaNella Vita Pancratii viene descritto un martirio di Marciano molto particolareggiato. Il passo, poi ripreso a grandi linee da una tardiva Passio latina dedicata al Santo e sostanzialmente approvato dai menologi bizantini, narrava che il protovescovo Marciano, perseguitato dai pagani — capitanati da Seleuco e Gordio, capi della città[71] —, dagli ebrei, dai montanisti e dai Medi, venne sospinto su un'imbarcazione mentre da una torre, posta sul Porto Grande della città,[N 17] gli veniva lanciato il fuoco con dei sifoni — chiaro richiamo al noto fuoco greco[N 18] — ma un'inondazione impedì che il protovescovo bruciasse. Allora Marciano trovò riparo in un'isola del Plemmirio.[N 19] Morì infine, dopo molti tormenti, strangolato dai suoi oppositori.[72]
Contesto storico delle fonti agiografiche
modificaIl tema ebraico
modificaNel testo dell'Encomio è presente il tema anti-ebraico, un tema che caratterizza l'intera agiografia postuma su Marciano. Alcuni studiosi hanno osservato che la tradizione marcianea fa risultare in maniera alquanto negativa la prima citazione storica sugli ebrei di Siracusa: essi sono così presentati come coloro che uccisero il primo vescovo di questa città.[73]
Tale delineazione è secondo gli studiosi dovuta al fatto che la prima fonte storica accertata su Marciano, ovvero l'encomiasta d'epoca bizantina, visse in un contesto segnato dall'opposizione tra cristiani ed ebrei, dalle restrizioni riguardo l'eterodossia e dalle conversioni forzate.[74]
Ciò avrebbe avuto inizio nella metà del VII secolo quando il vescovo Zosimo (citato dall'encomiasta) vietò agli ebrei l'acquisto di un terreno dove essi volevano costruire la loro sinagoga. Essi poterono infine ottenere la concessione solo grazie all'intervento di un princeps bizantino.[75]
L'encomiasta, per correlare il suo racconto, si sarebbe servito di un contesto storico di III secolo (come del resto dimostra la citazione degli imperatori Valeriano e Gallieno), periodo che corrisponde al momento in cui le testimonianze ebraiche a Siracusa si fanno più consistenti.[74]
La fonte, nel ricordare la località dove sorgeva questa prima sinagoga ebraica, viene considerata attendibile, poiché si tratta in questo caso di memoria geografica. Inoltre l'archeologia ha confermato la presenza giudaica nell'Akradina; il luogo menzionato dall'encomiasta.
Diversi studiosi, come l'archeologo Cavallari, hanno sostenuto che l'Akradina era il luogo idoneo dove poteva effettivamente sorgere la sinagoga, poiché quando gli ebrei giunsero a Siracusa, la città si era già fortemente ristretta, e il quartiere suddetto ne rappresentava la periferia: il luogo ideale dove le autorità cittadine potevano emarginare ebrei e cristiani, considerati un sol popolo, distanti dai politeisti.[76]
Riguardo poi la possibilità di un insediamento ebraico così precoce a Siracusa, alcuni studiosi sostengono che le grotte Pelopie, nominate dall'encomiasta, prima di Marciano ospitarono probabilmente altri nuclei di giudei, fin dai tempi della diaspora ebraica. Il Lancia di Brolo, cita lo storico antico romano Flavio Giuseppe, vissuto nel I secolo, il quale afferma che dopo la prima guerra giudaica (66-70), 100.000 ebrei furono resi schiavi e venduti ai patrizi romani in Sicilia.[N 20] A ciò si deve aggiungere la secolare, e costante, apertura di Siracusa verso i territori dell'Africa, dell'Asia Minore e della Grecia.[77]
Il legame con Costantinopoli
modificaAltri studiosi hanno ipotizzato che la tradizione marcianea sia stata la conseguenza di eventi storici dell'epoca bizantina.
Siracusa, che nel 663 era divenuta sede imperiale di Costante II, dunque capitale dell'intero Impero bizantino (situazione durata sei anni e culminata con l'assassinio dell'imperatore), ad un certo punto, nella metà dell'VIII secolo, venne sottratta all'autorità della Chiesa latina e posta sotto quella della Chiesa greca.[78] Quindi un Marciano d'origine antiochena, orientale, sarebbe servito a legare tramite la comune origine la chiesa siracusana con quella di Costantinopoli, della quale era divenuta soggetta.[78]
Potrebbe inoltre avere un importante significato storico il rinvenimento del sigillo episcopale di un arcivescovo di nome Marciano vissuto nell'VIII secolo.[N 21] Questo Marciano, assai posteriore a quello maggiormente narrato dalle fonti, è stato individuato come il primo arcivescovo autocefalo di Siracusa,[79] e poteva dunque rappresentare la rinascita di una nuova Siracusa, una volta posta sotto l'autorità del patriarcato di Costantinopoli. Senza dimenticare, tramite il nome Marciano, gli albori della chiesa siciliana che provenivano da Antiochia.[78]
Testimonianze archeologiche
modifica«Qui Marciano è rappresentato in posizione frontale, a mezzobusto, all’interno di un pannello isolato e di dimensioni maggiori rispetto a quello che contiene gli altri Santi. Il protovescovo viene raffigurato con la tonsura monastica, barba e capelli candidi e il capo circondato da un’aureola dorata perlinata. Indossa una stretta tunica di cui si intravede la manica aderente sotto l’ampia veste liturgica, la clamide rossa o phelonion, e un omophorion bianco segnato da tre croci ad estremità patenti, insegna vescovile»
Nell'oratorio dei Santissimi Quaranta Martiri di Sebaste, sito che prende il nome dall'omonimo affresco che lo sovrasta, situato all'interno delle catacombe di Santa Lucia, spicca sulla destra la figura di san Marciano, vestito con paramenti della chiesa orientale; l'omophorion ad esempio era già in uso tra i vescovi orientali nel IV-V secolo. Questa figura di Marciano, che rappresenta la prima riscoperta, la cui didascalia greca venne letta dall'archeologo Paolo Orsi, è stata usata per la datazione complessiva dell'affresco. Il dipinto infatti venne eseguito tra l'VIII e il IX secolo, tale datazione corrisponde con le prime attestazioni letterarie sulla vita di Marciano; testimonianza, quindi, della diffusione del culto del Santo.
L'iconografia di Marciano, l'aspetto maturo conferitogli e la testa canuta, potrebbe rappresentare un richiamo alla figura dell'apostolo Pietro.[80]
Si rivelano inoltre delle analogie con gli affreschi della catacomba di Commodilla, a Roma (VI secolo), e con quelli alto-medievali, sempre romani, delle catacombe di Ponziano e Generosa. Affinità risultano ancora con altri siti romani, tradendo un qualche rapporto privilegiato tra le due culture geografiche.[81]
Nella cosiddetta cripta di San Marciano si può notare nella parte absidale un riquadro contenente al suo interno un affresco che raffigura il santo eponimo, affiancato alla patrona di Siracusa, Lucia.
«La figura di Marciano è affiancata a quella di Santa Lucia, identificata dalla didascalia in latino; entrambi sono entro due riquadri separati e accostati, dipinti sulla irregolare parete dell’abside, impostati in posizione decentrata leggermente a sinistra su una parete palinsesto, i cui strati precedenti sono ormai illeggibili.»
La tradizione attesta in questo luogo sotterraneo la tomba del protovescovo Marciano, ma i dati archeologici non confermano l'antichità del sito al I secolo, bensì stabiliscono elementi a partire dal IV-V secolo. Il sito nacque come ipogeo paleocristiano. In seguito venne restaurato con la venuta dei Bizantini — l'Orsi descrive la cripta come una piccola basilica bizantina.[82] Con la dominazione araba il sito fu probabilmente saccheggiato e abbandonato. Ebbe una trasformazione infine con l'arrivo dei Normanni; i suoi sepolcri divengono dei loca sancta.[83]
L'archeologo Biagio Pace entrando nella cripta vi riconosce il luogo narrato dall'agiografo bizantino, autore del noto Encomio. Gli «antri pelopii» il cui significato vorrebbe dire «costruzione greca».[84] Paolo Orsi, pur riconoscendo la presenza di varie sepolture venerate all'interno della cavità, dubita che in essa potesse trovare collocazione una sepoltura martiriale così antica.[84]
Alcuni secoli dopo, intorno al 1200, compare sulla navata del duomo di Monreale un'effige del protovescovo Marciano, posta nel presbiterio dell'edificio.[85] Tra la sede ecclesiastica di Monreale, adiacente a Palermo, e quella siracusana vi fu anche un forte legame a livello storico. Dopo la conquista islamica mutarono molti equilibri secolari della Sicilia antica. Così con l'arrivo dei Normanni, Siracusa perse il titolo di capitale dell'isola che passò a Palermo: già sede degli emiri. Quindi il re normanno Guglielmo II chiese e ottenne, dalla curia romana, nel 1188 per emendamento di papa Clemente III, che la chiesa siracusana divenisse suffraganea di Monreale. Una situazione che rimarrà immutata fino all'Ottocento.
In questo mosaico, Marciano è rappresentato con il pallio e la vesta purpurea, portata con diritto dai martiri. La legenda odierna, in lingua latina, riporta la dicitura di Marcialis invece di Marcianus, a causa di un errore avvenuto durante un restauro.[86] Lo stile e l'iconografia di questo mosaico sembrano richiamare per certi aspetti fisici (longilineità, gestualità e barba) del protovescovo, l'affresco catacombale dei Quaranta martiri di Sebaste.[86]
Il corpo di Marciano
modificaLe reliquie del santo
modificaLa tradizione narra che il corpo di san Marciano venne custodito all'interno della cripta dedicata al santo, in seguito sovrastata dalla basilica d'epoca bizantina.
A favore di una possibile datazione parecchio bassa della cripta vi è il rinvenimento archeologico, condotto da Paolo Orsi,[87] nell'adiacente catacomba di san Giovanni, di una serie di cubicoli e arcosoli risalenti al III secolo, e poiché, fa notare lo studioso Barreca, la cripta si trova al principio di questo complesso catacombale, è molto probabile che la sua fondazione fosse anteriore alle tombe poste davanti ad essa, e che queste fossero sorte per la nota usanza cristiana di seppellire i defunti accanto alla tomba di un martire.[88]
Ad ogni modo la tradizione attesta che qui stette il corpo del martire per otto secoli, fino a quando Siracusa venne conquistata dagli Arabi, nell'878.[89] Altre fonti però affermano che ciò avvenne durante il primo tentativo di conquista della città, nell'827-828.[90]
Per porre dunque il corpo del protovescovo al sicuro, i siracusani presero l'urna con i resti mortali di Marciano e la condussero in Grecia, nella basilica di San Teodoro di Patrasso, nell'Acaia.
Come dall'Acaia le reliquie finirono a Gaeta, resta un mistero che le fonti non contribuiscono a dissolvere. Una tradizione narra che mercanti gaetani, frequentando l'Oriente, giunsero con le loro navi nel luogo in cui si trovava questo sacro deposito e, acquistandolo, lo condussero nella loro città, a Gaeta. I gaetani elessero quindi Marciano come loro primo santo protettore, poiché sant'Erasmo vi sarebbe giunto solamente nel X secolo.[90] In tempi odierni le reliquie di Marciano trovano collocazione nella cattedrale dei Santi Erasmo e Marciano e di Santa Maria Assunta, dedicata ai due santi patroni di Gaeta, all'interno della cappella ipogea denominata succorpo.
Alcune reliquie del santo rimasero però a Siracusa.[91] Nel duomo di questa città venne infatti custodito il braccio-reliquiario di san Marciano, il quale venne donato in seguito, nel XII secolo, dal vescovo inglese Richard Palmer, allora a capo della chiesa siracusana, al tesoro del duomo di Messina; sua collocazione definitiva.
Note
modifica- Note esplicative
- ^ (EN)
«Martyred bishop of Syracuse, Italy, called "the First Bischop of the West".»
(IT)«Vescovo martire di Siracusa, Italia, chiamato "il Primo Vescovo dell'Occidente".»
Medesima definizione ne danno gli studiosi C. J. Stallman, The Past in Hagiographic Texts: S. Marcian of Syracuse, in G. W. Clarke, Reading the Past in Late Antiquity, Singapore 1990, pp. 347-365 e Hugo Buchthal, Art of the Mediterranean World: 100-1400 A. D., 1983, p. 61.
- ^ Non è tuttavia da escludere la presenza di un Marciano di Siracusa nel più antico martirologio occidentale, risalente al IV secolo: nel Martirologio Geronimiano infatti figura più volte la commemorazione di un martire di nome Marciae che diversi storici hanno collegato al protovescovo antiocheno. Cfr. Campione, 2005, p. 23.
- ^ Per la data tardiva vd. ad esempio Biagio Pace, Arte e civiltà della Sicilia antica: Barbari i bizantini, 1949, il quale a p. 18 afferma:
«La leggenda di un Pellegrino, discepolo di Marciano di Siracusa [...] è contenuta in un documento agiografico di incerta ma non antica data. Non è certo più antico dell'encomio greco di Marciano, opera del sec. VII, VIII [...]»
- ^ Il Gaetani lo ricevette dal fratello, Costantino, il quale a sua volta lo aveva trovato in un'Abbazia di Farfa. Il testo recentemente è stato reso edito dall'agiografo Scorza Barcellona. Vd. per approfondire Rizzo, 2003, pp. 399-427.
- ^ Vd. Siracusa e Taormina nell'agiografia italogreca, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, 1990, p. 43:
«Poiché nell'Encomio di Marciano non si parla di Pancrazio di Taormina, è probabile che in questa prima fase la leggenda apostolica di Siracusa non coinvolgesse ancora Taormina, sebbene non si possa escludere che le pretese di quest'ultima siano volutamente ignorate»
- ^ Diversi studiosi affermano che nella Vita Pancratii vi è una palesata volontà di voler dimostrare che la chiesa di Taormina sia più antica di quella di Siracusa. Tale pretesa ha fatto ipotizzare che l'opera sia stata redatta dopo la conquista islamica di Siracusa (878) quando Taormina restò l'ultimo centro di potere dell'impero bizantino in Sicilia. Vd. Rivista di studi bizantini e neoellenici, 1990, p. 52. Potrebbe comunque trattarsi di semplice rivalità municipale trasportata ideologicamente nel confronto tra i due santi:
«Ma l'incontro fra i due santi è stato interpretato anche come occasione ed esemplificazione di una sorta di rivalità municipale. Il conflitto di competenze tra i due vescovi, giuocato su una pretesa superiorità di Pancrazio nei confronti di Marciano...»
- ^ Dal Menologio di Basilio II, estratto dal libro di Giovanni di Giovanni, Storia ecclesiastica di Taormina, ed. 1870, pp. 39-40:
«Commemorazione di S. Marciano Vescovo di Sicilia, di Filagrio Vescovo di Cipro, e di Pancrazio Vescovo di Taormina. Questi furono discepoli di S. Pietro Apostolo.»
- ^ Per approfondire la discussione sul Synax. e la data del 9 luglio riferita al solo Pancrazio o anche a Marciano, vd.: Lanzoni, 1927, p. 618; Rizzo, 2006, p. 87; Pricoco, 1991, p. 146. Pricoco in particolare afferma che:
«Le uniche varianti documentate nel Sinassario sono la consacrazione congiunta di Marciano e di Pancrazio ad opera di Pietro e di Paolo - limitata alla notizia dedicata il 9 luglio al solo vescovo di Taormina - [...]»
- ^ Massara, Francesca Paola, 2012, p. 276:
«Tuttavia, è probabilmente da recepire la proposta di ricostruzione del nome Marcianus nel Martirologium Hyeronimianum (secolo IV), che sarebbe così la più antica menzione del Santo insieme alla Passio del martire Pellegrino [...]»
- ^ Vd. Campione, 2005, p. 17, la quale ritiene forse eccessiva la sfoltitura fatta dai due studiosi, pur riconoscendo valore ai criteri di rigore scientifico da essi utilizzati.
- ^ Va però sottolineato che nei martirologi di Floro, Adone, Usuardo, Notkero viene fatta una netta distinzione tra il Rufino di Siracusa, posto al 21 giugno, e quello di Capua posto al 27 agosto. Vd. Campione, 2005, p. 21.
- ^ Cita gli esempi del Marcianus corrispondente di Gregorio Magno per la Sicilia; il tabularius della chiesa siracusana; un monaco del monastero di San Vito sull’Etna e diversi altri. Cfr. Campione, 2005, pp. 25-26.
- ^ Le indicazioni dell'encomiasta hanno trovato conferma negli scavi archeologici condotti nel '900, i quali hanno riportato alla luce nell'Akradina, elementi tipici della simbologia ebraica risalenti proprio al III o IV secolo. Vd. Gebbia, 1979, pp. 247-248; Cfr. C. Colafemmina, Ipogei ebraici. Cit. in Scandaliato, Mulè, 2002, p. 15.
- ^ Vd. anche la spiegazione dello studioso mons. De Gregorio il quale afferma che Peregrino non può essere contemporaneo di Marciano, e quindi la frase "Marciani doctrina imbutus" deve intendersi come un insegnamento morale, un discepolo ideale. Cit. San Libertino di Agrigento Vescovo e martire, in Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei santi, santiebeati.it. URL consultato il 9 settembre 2015.
- ^ Lo studioso rivela questa assenza anche nel documento agiografico che egli data alla metà del V secolo (Rizzo, 2003, p. 403), confrontando la sua rilevazione con la medesima che già fece lo Scorza Barcellona:
«Lo Scorza Barcellona si mantiene nello stesso ordine di considerazioni, quando rileva che nell'opera manca traccia anche di quella rivendicazione dell'origine petrina che in un certo momento la stessa Chiesa agrigentina avrebbe propugnato per sé.»
- ^ Questo però sarebbe secondo il Rizzo un errore, poiché l'agiografo, servendosi del syngramma di Paregrino (che in seguito sarà utilizzato dall'encomiasta), rivela una data, quella di Valeriano e Gallieno, che invece rappresentava solo un contesto storico narrato dal martire, morto postumo a quella persecuzione. Vd. Rizzo, 2003, p. 418.
- ^ La torre del Porto Grande esisteva realmente, il Gaetani, e prima di lui l'agiografo che scrisse di Marciano, disse che era ancora presente ai suoi tempi (Vitae Sanctorum Siculorum). Vd. anche (DE) Karl Krumbacher, Byzantinische Zeitschrift, 1993, p. 233.
- ^ Proprio questo richiamo sarebbe secondo gli studiosi un chiaro indizio della realtà storica in cui visse l'agiografo autore del testo. Il fuoco greco si sviluppò intorno al VII secolo, mentre in questo caso viene trasportato in un contesto di I secolo. Cfr. Rivista di studi bizantini e neoellenici, 1990, p. 37; Karl Krumbacher, Byzantinische Zeitschrift, 1993, p. 233.
- ^ La tradizione locale ha legato in passato il nome di Marciano ad un'isola del Plemmirio: l'isola di S. Marciano. Tommaso Fazello dice che quest'isoletta era la stessa in cui secoli prima gli Ateniesi posero il loro trofeo dopo aver sconfitto i Siracusani in una battaglia navale (Spedizione ateniese in Sicilia). Fazello, Della storia di Sicilia, ed. 1817, p. 141. Mentre altri storici siracusani dicono che non si sa con certezza quale fosse quest'isola, poiché ve ne erano due poste di fronte al Plemmirio. Vd. Giacomo Buonanni e Colonna, Delle antiche Siracuse, 1717, p. 124. Per il trofeo degli Ateniesei vd. Silvano Vinceti, Area marina protetta del Plemmirio, 2006, p. 50.
- ^ Continua quindi osservando che essi, divenuti coloni liberi e ricchi, per controversia alla religione cristiana, avessero potuto effettivamente fare qualche martire. Vd. D. G. Lancia di Brolo, Storia della Chiesa di Sicilia nei primi dieci secoli del Cristianesimo, Palermo 1880. Vol. 1, p. 47, citato in Scandaliato, Mulè, 2002, p. 14, n. 4.
- ^ Il Marciano dell'VIII secolo è apertamente indicato con il titolo di arcivescovo. Vd. Motta, 2004, p. 216; Rivista di studi bizantini e neoellenici, 1990, p. 47; Rivista di storia della chiesa in Italia, 1982, p. 69.
- Note bibliografiche
- ^ Rizzo, 2003, pp. 399-426; Lancia di Brolo in M. Mastrogregori, Storiografia: rivista annuale di storia, 1997, p. 329; Scandaliato, Mulè, 2002, p. 15.
- ^ Vd. Lanzoni, 1927, p. 620.
- ^ a b Vd. Massara, Francesca Paola, 2012, p. 277.
- ^ E. Mioni, I kontakia di Gregorio di Siracusa, Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata 1, 1947, 204-206; sull’attribuzione del kontakion a Gregorio cfr. Pricoco, Un esempio di agiografia regionale cit., 347, nota 66. Vd. per approfondire Campione, 2005, pp. 23-35.
- ^ Rizzo, 2006, p. 80.
- ^ Vd. Amore, Marciano vescovo, col. 693; Rizzo, 2006, p. 80.
- ^ Bibliotheca hagiographica graeca, n. 1030.
- ^ Vd. Rizzo, 2003, pp. 399-426.
- ^ Vd. I Kontakia di Gregorio di Siracusa, in «Bollettino della Badia greca di Grottaferrata», n.s., 1 (1947), pp. 1-8. e cfr. Rivista di storia della chiesa in Italia, 1982, p. 64.
- ^ vd. Koinōnia. Vol. 15, 1991, p. 80.
- ^ Per la Vita di San Zosimo come terminus post quem; dopo la quale sarebbe nata la tradizione petrina, vd. Daniela Motta, Percorsi dell'agiografia: società e cultura nella Sicilia, 2004, pp. 193-197.
- ^ P. Magnano, Syracusana ecclesia. Vo. I, 1992, p. 63.
- ^ Vd. Lanzoni, 1927, pp. 621-622.
- ^ Vd. Massara, Francesca Paola, 2012, p. 277, n. 5; Rivista di storia della chiesa in Italia, 1982, p. 64. Per la definizione petrina della chiesa siracusana nei documenti citati vd. Koinōnia. Vol. 15, 1991, p. 80.
- ^ Bibliotheca hagiographica latina, n. 4909. Cfr. Acta Sanctorum, nov. I, p. 607.
- ^ Vd. Rizzo, 2003, pp. 402-407.
- ^ a b c Rizzo, 2003, pp. 417-418.
- ^ Vd. Rivista di storia della Chiesa in Italia, 1978, p. 417.
- ^ Bibliotheca hagiographica graeca, n. 1410.
- ^ Vd. ad esempio le menzioni della Vita Pancratii in M. Capaldo, Un insediamento slavo presso Siracusa nel primo millennio d.C. (PDF), su europaorientalis.it. URL consultato il 30 agosto 2015.; Massara, Francesca Paola, 2012, p. 277; Lanzoni, 1927, p. 617 e Efthymiadis, 2013, p. 231, il quale definisce il contenuto del documento come «a hagiographical romance good and proper».
- ^ Vd. Lanzoni, 1927, p. 619; Efthymiadis, 2013, p. 232, i quali collocano la stesura dell'opera durante la persecuzione dell'iconoclastia.
- ^ Vd. osservazioni in Europa orientalis, Vol. 2, 1983, pp. 7-13; Archivio storico siracusano, Vol. 4-6, 1958, p. 179.
- ^ Lanzoni, 1927, pp. 618-619.
- ^ Vd. Rivista di storia e letteratura religiosa, vol. 28, 1992, p. 42.
- ^ Byzantion: Revue Internationale Des Études Byzantines, 2001, p. 201; Rizzo, 2006, p. 77.
- ^ Acta Sanctorum, Junii V, 411ss.
- ^ M. Mancaruso, Kalendarium Sanctorum fidelissimae urbis Syracusarum, Palermo, 1704 e cfr. Serafino Privitera, Storia di Siracusa, ed. 1879, p. 495.
- ^ Vd. Costantino Cajetano in Vita S. Gelasii, Orlend. O. Gaetani, Isagoge, C. Gaetani, De origine...
- ^ Vd. ad esempio L. C. Grasso, Della introduzione e successivo progresso della religione cattolica in Sicilia, ed. 1845, pp. 35-38, nel cui testo si affermano tante testimonianze letterarie di autori tardivi sul presunto passaggio dell'apostolo Pietro in Sicilia.
- ^ At 28, 12-13.
- ^ Delehaye, Hagiographie Napolitaine cit., 36. 38.
- ^ Cfr. Amore, s.v. Marciano, vescovo di Siracusa cit., 694.
- ^ Cod. Vat. Gr. 1613, fol. 388; Menologio di Basilio II, a cura di P. Franchi De’ Cavalieri, Torino-Roma 1907; Menologio di Basilio II, a cura di F. Lollini, Milano, 1994.
- ^ a b Vd. Rivista di storia della Chiesa in Italia, 1976, pp. 71, 417. Cfr. anche Massara, Francesca Paola, 2012, p. 276; Campione, 2005, p. 26.
- ^ (FR) J. Dubois, G. Renaud, Édition pratique des Martyrologes de Béde, de l’Anonyme Lyonnais et de Florus, Paris, 1976, p. 111.
- ^ J. Du-bois, G. Renaud, Le martyrologe d’Adon. Ses deux familles, ses trois recensions. Texte et commentaire, Paris 1984, 200.
- ^ (FR) J. Dubois, Le martyrologe d’Usuard, Bruxelles, 1965, p. 251.
- ^ Patrologia Latina, 131, 1106.
- ^ Vd. ampia bibliografia in Massara, Francesca Paola, 2012, p. 276.
- ^ Cfr. Campione, 2005, p. 26, n. 68.
- ^ Campione, 2005, p. 18, n. 17 e cfr. Dubois, Les martyrologes cit., 30-31; Philippart, Martirologi e leggendari cit., 607-610; vd. anche La Civiltà cattolica, vol. 6, cap. le origini, p. 668-669. 1893.
- ^ Vd. Campione, 2005, p. 19, n. 25 e Rizzo, 2006, p. 8.
- ^ a b Cit. Lanzoni, 1927, p. 633.
- ^ H. Delehaye, Problemi di metodo agiografico: le coordinate agiografiche e le narrazioni, in Agiografia Altomedievale, a cura di S. Boesch Gajano, Bologna, 1976, pp. 49-56.
- ^ A. Amore, S.v. Marciano, vescovo di Siracusa, in Bibliotheca Sanctorum, VIII, Roma, 1967, p. 964, e cfr. Campione, 2005, p. 23.
- ^ Vd. Cit. Lanzoni in Archivio storico per la Sicilia orientale, 1918, p. 71.
- ^ Campione, 2005, p. 27 e Rivista di studi bizantini e neoellenici, 2001, p. 38.
- ^ Cfr. Rivista di studi bizantini e neoellenici, 2001, p. 38.
- ^ Essa generalmente viene datata tra il VII e IX secolo — comunque all'incirca coevo dell'Encomio — non riuscendo a creare un comune accordo sulla sua antichità. Vd. Santi e demoni nell'alto Medioevo occidentale, secoli V-XI, ed. 1989, p. 341; Atti del IX Congresso Internazionale di Studi sulla Sicilia Antica, ed. 43-44, 1999, p. 825.
- ^ Vd. Rivista di storia della chiesa in Italia, 1982, p. 64; Scandaliato, Mulè, 2002, p. 22, n. 43.
- ^ Per tale definizione nella critica moderna vd. Pricoco, 1991, pp. 229-230; S. Olschki, Rivista di storia e letteratura religiosa. Vol. 28, 1992, p. 42; S. Russo, M. Minnella, Siracusa medioevale e moderna, 1992, p. 118.
- ^ Cfr. Atti della Pontificia Accademia romana di archeologia, 1948, pp. 7-8.
- ^ Encomio di S. Marciano, trad. Amore in P. Magnano, Syracusana Ecclesia I: appunti di storia sulla chiesa siracusana, 1992, p. 37.
- ^ Vd. Scandaliato, Mulè, 2002, p. 14
- ^ Vd. D. G. Lancia di Brolo, Storia della Chiesa in Sicilia nei dieci primi secoli del cristianesimo. Vol. 1, 1880.
- ^ Cit. Lancia di Brolo in M. Mastrogregori, Storiografia: rivista annuale di storia, 1997, p. 329.
- ^ a b Cit. Lanzoni, 1927, p. 619.
- ^ Cfr. i bollandisti citati in Pricoco, 1991, p. 231.
- ^ Giovanni di Giovanni, Storia ecclesiastica di Sicilia, vol. 1, 1846, p. 28.
- ^ Tommaso D'Angelo, Annales historico-critici ecclesiæ Siculæ, Messina, 1730, p. 42.
- ^ Cesare Gaetani, Intorno all'origine e fondazione della Chiesa siracusana dal principe degli apostoli, Roma, 1748, pp. 73-74.
- ^ a b Vd. Amore cit. in Pricoco, 1991, pp. 231-232 e in S. Olschki, Rivista di storia e letteratura religiosa. Vol. 28, 1992, p. 36.
- ^ Lanzoni, 1927, p. 620.
- ^ Cita Lanzoni in Archivio storico per la Sicilia orientale, ed. 1904, p. 71.
- ^ Gebbia, 1996, p. 14.
- ^ a b Per tali leggende vd. Giovanni Evangelista Di Blasi, Storia del regno di Sicilia. Vol. 1, 1844, pp. 531-532.
- ^ Per questa leggenda vd. anche Francesco Aprile, Della cronologia universale della Sicilia, 1725, p. 462.
- ^ Giovanni Evangelista Di Blasi, Storia del regno di Sicilia. Vol. 1, 1844, pp. 533-534.
- ^ Pricoco, 1991, pp. 237, 257.
- ^ Cit. Lanzoni, 1927, p. 614.
- ^ Rivista di studi bizantini e neoellenici, 1990, p. 36. Vd. anche I. Aulisa, Giudei e cristiani nell'agiografia dell'alto Medioevo, 2009, p. 229.
- ^ Rivista di studi bizantini e neoellenici, 1990, pp. 36-38, 53. Vd. anche Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili, e prelatizie , Napoli, 1848, p. 635.
- ^ Rosalia La Franca, Architettura judaica in Italia: ebraismo, sito, memoria dei luoghi, 1994, p. 63.
- ^ a b Vd. Scandaliato, Mulè, 2002, p. 15.
- ^ Tratto dalla Vita di San Zosimo: vd. Scandaliato, Mulè, 2002, p. 21; R. Romano, C. Vivanti, Storia d'Italia. Annali. Vol. 11. Parte 1, 1996, p. 49.
- ^ F. S. Cavallari-A. Holm, Topografia archeologica dell'antica Siracusa, Palermo, 1883, pp. 35-36 citato in Scandaliato, Mulè, 2002, p. 23.
- ^ Cfr. Gebbia, 1979, p. 264; Lanzoni, 1927, pp. 613-614.
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